Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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INIZIO CONTENUTO

Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

07/07/2009

Montecitorio, Sala della Lupa - Conferimento del Premio internazionale "Alexander Langer"

Si rinnova oggi la bella consuetudine di accogliere qui a Palazzo Montecitorio la vincitrice del Premio internazionale "Alexander Langer": ringrazio tutti coloro che hanno reso possibile questa iniziativa e segnatamente la Presidente della Fondazione Langer, Christine Stufferin e l'on. Emilia De Biasi, componente dell'Ufficio di Presidenza, che coordina, con intelligenza e passione, la dimensione parlamentare di questo riconoscimento. Il Premio Langer non è sorto per valorizzare soltanto l'apprezzabile iniziativa di qualche benemerito in favore dei diritti umani, ma ha privilegiato costantemente l'individuazione di personalità che, grazie ad un lavoro prezioso, ma spesso oscuro, sanno dare senso concreto alla dignità umana. In poco più di dieci anni, attraverso il Premio Langer, abbiamo potuto conoscere e riconoscere l'azione innovativa e coraggiosa di personalità come Zackie Achmat, che si batte contro la diffusione del virus HIV nel suo Sudafrica, e l'emblematica testimonianza di solidarietà e di convivenza pacifica trasmessaci dai rappresentanti del villaggio somalo "Ayuub", premiato lo scorso anno. La Fondazione ha così contribuito a diffondere la conoscenza di importanti esperienze nel campo della promozione dei diritti umani e della convivenza multi-etnica, dimostrandosi pienamente coerente con la lezione culturale e civile di Alexander Langer. La cerimonia di quest'anno ha un valore particolare poiché, con una scelta che merita profonda condivisione, il Comitato scientifico della Fondazione Langer ha deciso di conferire il Premio alla Narges Mohammadi, cittadina iraniana, giornalista, vicepresidente e portavoce del Circolo dei difensori dei diritti umani. Narges è una giornalista indipendente che da anni lotta per garantire, a tutti in Iran, senza distinzione di sesso, di opinione politica e di fede religiosa, le più elementari libertà civili. Il 7 settembre scorso è stata eletta presidente del comitato esecutivo del Consiglio iraniano della pace, una vasta organizzazione, alla quale aderiscono scrittori, artisti, giuristi, studenti, sindacalisti, rappresentanti delle minoranze etniche e gruppi politici, che vuole rendere visibile "un altro Iran" che si oppone ad ogni azione violenta e s'impegna per un paese pacifico e democratico. Il marito di Narges, Taghi Rahmani, è un intellettuale noto e stimato anche all'estero che, per i suoi scritti, ha passato un terzo della sua vita in prigione. Purtroppo Narges Mohammadi non può essere qui con noi oggi: pochi giorni fa la polizia l'ha privata, senza un motivo, del suo passaporto ed ha nuovamente arrestato, sempre senza alcuna motivazione ufficiale, suo marito Taghi. Se la sua assenza fisica pesa profondamente sulla celebrazione odierna, non ne intacca minimamente l'elevato valore simbolico. Intendo quindi riproporre le parole con le quali la stessa Mohammadi ha lucidamente intepretato la tragedia che il suo popolo sta vivendo in questi giorni: "La società iraniana sta rivendicando con forza il proprio diritto alla democrazia. Studenti, lavoratori, insegnanti, donne, giovani avanzano richieste precise e il Governo dovrà dare loro una risposta. Una risposta soddisfacente. Non è un problema di un'élite, è il problema di un'intera nazione". In rappresentanza di Narges Mohammadi, sono particolarmente lieto e onorato di poter accogliere alla Camera dei Deputati la giurista iraniana Shirin Ebadi, che, come tutti ricorderanno, nel 2003 ha ricevuto il premio Nobel per la Pace per le sue battaglie in favore della democrazia e dei diritti umani, specie delle donne e dei bambini. Shirin Ebadi, che conosce bene Narges Mohammadi, è oggi attivamente impegnata nel diffondere la voce dei riformisti e dei democratici iraniani nel mondo. Con la sua forza e la sua passione civile, si è fatta portavoce nell'opinione pubblica mondiale di un movimento per la libertà, animato soprattutto da giovani e da donne, che oggi ha l'innocenza e la limpidezza dello sguardo di Neda Agha Soltan, uccisa perchè chiedeva che fosse rispettato nel suo paese il più elementare dei diritti democratici: quello di scegliere, con libere elezioni, i propri governanti. Ma la giovane Neda è morta anche perchè chiedeva di esprimere con il canto - come fanno migliaia e migliaia di ragazzi nel resto del mondo - la propria personalità, le proprie emozioni, i propri sentimenti: un'aspirazione per noi elementare, ma che in Iran -per quanto possa sembrare incredibile - è vietata dalle autorità, essendo in tale Paese proibito alle donne di cantare in pubblico. Al grido di un popolo che chiede libertà, le democrazie europee e occidentali devono rispondere facendo sentire con forza la propria vicinanza e condannando con fermezza ogni forma di repressione. Il mio auspicio è che il tema dei diritti umani si imponga con sempre maggiore decisione nelle relazioni internazionali. La politica deve avere tra i suoi obiettivi principali quello di promuovere con coerenza e convinzione la libertà e la dignità della persona. Credo che non ci possa essere obbligo o convenienza di realpolitik tale da far chiudere gli occhi di fronte alle aberrazioni dei totalitarismi. A Shirin Ebadi mi preme sottolineare che la Camera dei Deputati e, per il suo tramite, tutto il popolo italiano, è convintamente dalla sua parte, dalla parte cioè di chi, come Narges Mohammadi e Taghi Rahmani, si batte per la democrazia facendo leva sulla forza della non violenza, della persuasione e dell'esempio, purtroppo anche sull'esempio di coloro che sono martiri unicamente perché reclamano a giusto titolo di poter essere considerati uomini e donne liberi in un paese finalmente libero dalla peggior teocrazia che i tempi contemporanei abbiano avuto in sorte di vivere.