Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

05/11/2009

Sala della Lupa - Convegno su "Benigno Zaccagnini, la politica come servizio"

Ricordiamo oggi un uomo che ha vissuto la politica con alta tensione morale ed esemplare dedizione al bene comune. Benigno Zaccagnini rimane nella storia del Paese come testimone di una solida fede nella libertà. Una fede che non venne mai meno, anche nei passaggi più drammatici della vicenda italiana dei decenni passati.
Il suo insegnamento rimanda certamente agli ideali e ai valori del suo partito, la Democrazia cristiana, che ebbe la principale responsabilità di governo nei primi quarantacinque anni della storia repubblicana. Ma ci riporta anche a una visione della politica che era propria di un'intera generazione di uomini politici, presenti in tutti gli schieramenti politici e che diedero il loro contributo, nei diversi ambiti in cui operarono e pur attraversando momenti di aspro confronto, alla crescita del Paese nei decenni cruciali della ricostruzione postbellica.
Oggi dobbiamo essere grati a quella generazione per le realizzazioni compiute e per il patrimonio morale che essa consegna alla memoria storica e alla cultura civile dell'Italia.
Zaccagnini visse da protagonista quella fase, onorando sempre la democrazia quando si trovò a ricoprire le più alte responsabilità nel suo partito e servendo lealmente le Istituzioni sia al governo che in Parlamento.
Saluto e ringrazio per gli importanti contributi che sia apprestano a fornire al convegno Giovanni Galloni, Beppe Pisanu, Paolo Pombeni, Dario Franceschini, Enzo Bianchi. Un saluto particolare al figlio di Zaccagnini, Carlo, che è oggi tra noi.
Sua Eminenza il Cardinale Achille Silvestrini ci ha fatto sapere che non potrà essere presente al convegno odierno per ragioni di salute. Formula a tutti i partecipanti i suoi fervidi auguri di buon lavoro. Per parte nostra desideriamo formulare a Sua Eminenza Reverendissima un pronto e completo ristabilimento.

Non sembri né scontato né rituale affermare che l'uomo politico di Ravenna fu sempre circondato da una stima generale, anche da parte degli avversari politici. Ciò era indubbiamente il segno di uno stile di sobrietà e pulizia morale con cui egli connotò la sua azione politica. Non a caso, tra gli stereotipi a lui riferiti, quello che ebbe più fortuna lo descriveva come un politico "atipico" per la sua lontananza dalle contese per il potere e per l'autenticità delle sue convinzioni.
Su questi aspetti della sua personalità potranno offrirci notevoli spunti di riflessione gli oratori che seguiranno, in virtù dei rapporti di amicizia e di conoscenza diretta che ebbero con lui.
Ritengo comunque che, in generale, una regola sempre valida dell'agire politico sia quella che impone all'uomo pubblico di non cessare mai di trasmettere con forza e coerenza la sua fede interiore nelle idee, nei valori e nelle possibilità di trasformazione sociale. Sotto questo aspetto, uomini come Zaccagnini ci insegnano che la politica, se vuole ispirare fiducia, deve innanzi tutto dimostrare di credere in se stessa.

Non spetta a me valutare l'entità dei frutti sociali e politici che l'azione dell'uomo politico democristiano ha prodotto nel Paese. Riterrei comunque limitativo concentrare l'attenzione soltanto sugli anni in cui fu segretario della Democrazia cristiana. Non perché non siano stati anni importanti, ma perché coincidono con il periodo più complesso e drammatico della storia repubblicana. La loro valutazione deve essere pertanto inquadrata in una più generale considerazione della situazione storica del tempo, che continua a essere motivo di dibattito nel mondo della cultura oltre che in quello della politica.
Parliamo infatti degli anni del progressivo inserimento del Pci nella maggioranza e dell'accesa discussione che accompagnò tale processo. Furono anche gli anni dell'attacco più feroce e virulento del terrorismo brigatista allo Stato e alla democrazia. La strage di via Fani e il sequestro di Aldo Moro furono vissuti da Zaccagnini come un intenso dramma personale. Allo statista democristiano era infatti legato da uno stretto rapporto di amicizia personale e di collaborazione politica.

Per quello che specificamente riguarda i rapporti con il Pci, una attenta riflessione sull'azione dell'allora segretario della Dc può forse far risaltare le tensioni interne che accompagnarono l'avvicinamento tra quei due grandi partiti; problemi che oggi dobbiamo valutare con animo sereno quanto lontano dalle forti passioni del tempo e nella consapevolezza che la distinzione dei ruoli tra maggioranza e opposizione, pur nel comune riferimento al senso di responsabilità verso il Paese e le sue Istituzioni, rappresenta un dato acquisito nella cultura politica odierna.
E' però interessante sottolineare come la "politica del confronto" voluta da Zaccagnini fosse cosa diversa dalla politica del "compromesso storico" perseguita da Berlinguer. Se la prima puntava a "un rapporto continuo" tra la Dc e le altre forze politiche per avviare a soluzione i problemi del Paese, la seconda si proponeva l'assai più impegnativo obiettivo di stabilire tra i due partiti una alleanza di governo.
Ripeto. E' ormai compito degli studiosi giudicare quella stagione e i riflessi che essa ebbe sulla vita dell'Italia. Penso comunque che la rilettura dell'opera di Zaccagnini si riveli assai utile a ricostruire sul piano storico il confronto delle idee nel nostro Paese.
Offre in tal senso interessanti spunti di riflessione quanto osserva Gerardo Bianco nell'introduzione al volume, da lui curato, dei "Discorsi parlamentari" di Zaccagnini che è stato appena pubblicato dalla Camera dei deputati: "In definitiva, Zaccagnini chiedeva al Pci, come una volta esplicitamente affermò, una Bad Godesberg, un rovesciamento radicale della teoria sociale comunista, che non venne, ma che riteneva potesse essere avviata con "la politica del confronto", incalzando sui princìpi".
In tal senso non può che apparire una beffa del destino la circostanza che egli non abbia fatto in tempo a vedere il sorgere di una nuova fase storica. La sua morte avvenne infatti quattro giorni prima della caduta del Muro di Berlino.

Il pensiero dell'uomo politico di Ravenna deve essere comunque valutato in tutto l'ampio arco temporale in cui egli svolse la sua azione all'interno delle Istituzioni. Fu un'azione contrassegnata da una costante attenzione ai temi dell'estensione dei diritti, della costruzione dello Stato sociale, della modernizzazione del Paese. Degno di particolare attenzione è il periodo, a cavallo tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, in cui ricoprì prima l'incarico di Ministro del Lavoro per poi assumere la responsabilità del dicastero dei Lavori Pubblici.
Erano anni di grandi e imponenti realizzazioni, a partire dall'attuazione del piano autostradale, del quale Zaccagnini, con lungimiranza, capiva l'enorme portata per lo sviluppo dell'Italia.
Fu un periodo in cui già emerse chiaramente che egli era uomo di forti ideali, ma che aveva di mira anche il profilo concreto dell'agire politico.
In estrema sintesi: attenzione concreta ai problemi delle persone (non a caso Zaccagnini era un medico) e dimensione umana della politica: in questo binomio sta l'essenza della sua lezione, valida anche oggi e parte integrante del patrimonio ideale della Repubblica.