Sono lieto di aver promosso insieme, alla Fondazione per il Sud, questo interessante incontro che si propone attraverso l'illustrazione della concreta esperienza della Fondazione nei sui primi tre anni di attività di valorizzare il Terzo Settore nel processo di crescita sociale del Mezzogiorno.
Ringrazio il presidente della Fondazione, dott. Carlo Borgomeo, e gli ospiti intervenuti: l'avv. Giuseppe Guzzetti, presidente dell'Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio Italiane (Acri), il dott. Andrea Olivero, Portavoce Unico Forum Terzo Settore, la dott.ssa Marisa Esposito, della NEA onlus (l'acronimo sta per 'Napoli: Europa-Africa') di Napoli, suor Lucia Siragusa, responsabile dell'Oratorio Centro Giovanile Giovanni Paolo II di Catania.
La promozione del capitale sociale è di certo una condizione essenziale per la crescita del Meridione. Fondazioni, associazioni no profit, attività di volontariato, Ong sono fattori di crescita non solo civile e morale ma anche, indirettamente, economica perché stimolano la produzione di ricchezza e una sua più equa distribuzione.
Aiutare e rafforzare il Terzo Settore, che costituisce uno degli strumenti per colmare il divario che separa il Mezzogiorno dal resto del Paese, significa anche sostenere la società civile nella sua opera di affrancamento dal ricatto e dalla intimidazione esercitati dalla criminalità organizzata.
In questa opera di affrancamento, è davvero lodevole l'attività della Fondazione che, come ha ricordato il presidente Borgomeo, intende anche contribuire a correggere l'asimmetria Nord-Sud che caratterizza la distribuzione geografica sul territorio nazionale delle risorse erogate dalle fondazioni di origine bancaria. L'azione congiunta tra fondazioni di origine bancaria e mondo del Terzo Settore e del Volontariato può dare risultati di rilievo specie in considerazione degli ambiti nei quali essa opera, perché diffonde la cultura della legalità e indirizza i propri interventi sulla formazione civica e professionale delle nuove generazioni.
La promozione del senso civico, lo sviluppo del capitale umano di eccellenza per frenare l'esodo dalle terre di origine delle giovani intelligenze meridionali, la riqualificazione dei servizi socio-assistenziali e la mediazione interetnica costituiscono strumenti importanti per rafforzare il sostrato culturale che deve accompagnare la lotta dello Stato alle organizzazioni criminali. In questo quadro, s'inserisce l'attività svolta dalla Fondazione attraverso la valorizzazione dei beni confiscati alla mafia e restituiti alla collettività. Tutto ciò può contribuire a quel cambio di mentalità di cui il Mezzogiorno e l'Italia hanno bisogno per la ricostruzione di un tessuto sociale aperto e solidale che favorisca migliori prospettive individuali e collettive. Possono costituire esempi di questa impostazione i progetti realizzati nel quartiere Scampia di Napoli, nel rione Ballarò di Palermo e a Reggio Calabria per contrastare la dispersione scolastica, il bullismo, la xenofobia.
Va sottolineato come la proficua collaborazione tra Fondazioni di origine bancaria, e le organizzazione di volontariato e del Terzo Settore sia ispirata al principio della sussidiarietà che è uno dei principi fondamentali dell'Unione Europea, sancito dall' art. 5 del Trattato di Maastricht e ribadito nel Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità allegato al Trattato di Lisbona, di recente approvato dalle Camere con voto unanime.
Si tratta in particolare della cosiddetta sussidiarietà orizzontale, cui fa specifico riferimento la nostra Costituzione quando stabilisce all' art. 118 che «Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà».
Trova, in tal modo, riconoscimento costituzionale un parametro imprescindibile che qualifica un'autentica partecipazione democratica, tanto più forte quanto più ramificato è il reticolo delle libere iniziative in sodalizio tra loro. Quelle che Daherndorf chiama 'le infrastrutture della libertà'.
Il quadro della situazione meridionale appare oggi particolarmente complesso e difficile. Le prospettive del Sud sono da tempo tornate a divaricarsi rispetto a quelle di altre parti del Paese. Va a tal proposito ricordato il rapporto Svimez 2009 che, a seguito di una ricerca sull'economia e sulla società del Mezzogiorno, ha rilevato dati inquietanti sull'andamento del divario economico e sociale tra il Sud e il Nord, e ha evidenziato l'ampiezza dei flussi migratori interni segnalando come tra il 1997 e il 2008 circa 700mila persone abbiano abbandonato il Sud per cercare nel Centro-Nord sbocchi occupazionali ed esistenziali più favorevoli.
A determinare questa scelta, sono fattori quali l'insoddisfacente qualità della vita, la mancanza di opportunità professionali, l'assenza di infrastrutture materiali e di servizi in grado di attirare capitali interni ed esterni. E voglio sottolineare, a tale riguardo, la particolare lentezza della giustizia civile nel Meridione dove la durata media dei processi è di 1200 giorni contro i 750 giorni del Centro-Nord.
La crisi internazionale ha ulteriormente aggravato le condizioni occupazionali: gli ultimi dati Istat relativi al terzo trimestre 2009 segnalano una flessione dell'occupazione meridionale, particolarmente grave nel comparto industriale (-3 per cento, pari a -196mila addetti), percentualmente superiore a quella rilevabile nel Centro-Nord (-1,8 per centro). La crisi ha colpito più il Sud e ha mostrato la vulnerabilità dell'economia meridionale agli attuali andamenti ciclici.
È necessaria una 'svolta', come ha autorevolmente indicato il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, qualche giorno fa, invitando tutti a «guardare all'orizzonte più largo del futuro della nazione italiana».
Sono dell'avviso che far rispettare le regole costituisca una precondizione indispensabile per rispondere positivamente ai bisogni collettivi riguardanti settori cruciali come l'istruzione, la sanità, la giustizia. Affinché il mercato funzioni- e la società sia più giusta - dobbiamo tutti stringere un patto con i cittadini del Mezzogiorno che torni a dare loro fiducia; fiducia che si è affievolita nel corso dei decenni a causa dell'arroganza del crimine organizzato, della disoccupazione, del lavoro sommerso, dello sfruttamento minorile, della mancanza di infrastrutture materiali e immateriali competitive, e, infine, a causa dello spreco di risorse determinato dalla frammentarietà degli interventi statali e locali sovente privi di un quadro strategico, e disperse in mille rivoli.
Molti autorevoli osservatori della realtà economica meridionale sottolineano come la carenza di fiducia tra cittadini e istituzioni, l'esiguo rispetto delle norme, l'insufficiente controllo esercitato dagli elettori nei confronti degli amministratori eletti, la debolezza dello spirito di coesione e cooperazione, siano tutti fattori che determinano l'insufficienza del capitale sociale.
Oggi, la globalizzazione, l' interconnessione sovra-nazionale tra economie e culture, e il forte dinamismo dei Paesi dell'Estremo Oriente pongono nuovi problemi ai quali è necessario dare risposte tempestive e adeguate. Per questa ragione la 'Questione Meridionale' è ora più che mai una questione nazionale di cui lo Stato, promuovendo azioni dirette e indirette, deve farsi carico tenendo conto della storia economica delle varie parti del Paese.
Un Mezzogiorno forte è indispensabile all'Italia per poter essere davvero credibile e autorevole nel contesto internazionale, e specie nel Mediterraneo.
Dare forza alle aree meno sviluppate dell'Italia rappresenta, infatti, la vera terapia per contrastare l'indebolimento della nostra economia e della nostra società. Perché il Meridione, di cui oggi avvertiamo gli aspetti problematici, costituisce una risorsa dalla cui valorizzazione può derivare un complessivo cambio di marcia per il Paese. Ovviamente ciò dipende dalla nostra capacità di cambiare mentalità e prospettiva, ispirandoci a un rinnovato senso civico.
Un grande scrittore del Novecento, Giovanni Papini, affermava «non esistono altezze troppo grandi, ma solo ali troppo corte» per farci intendere che molti dei limiti dell'uomo non insorgono dalla realtà ma dall'uomo stesso e dalla sua insufficiente fiducia nei propri mezzi.
È un discorso che vale a maggior ragione per le collettività che aspirano a godere della pienezza dei diritti: in primis libertà e dignità contro ogni forma di abuso, illegalità e razzismo.
L'uomo ha bisogno di fiducia per crescere e realizzare i propri sogni. La società ha bisogno di fiducia nei propri mezzi per realizzare quei sogni. È un insegnamento valido specie per il nostro Mezzogiorno.