Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

08/10/2010

Palermo, Riunione autunnale dell'Assemblea parlamentare dell'OSCE

Sono molto lieto, nella mia duplice qualità di Presidente della Camera dei deputati e di copresidente di turno dell'Assemblea dell'Unione per il Mediterraneo, di aprire i lavori della Riunione autunnale dell'Assemblea dell'OSCE, anche a nome del collega Renato Schifani, Presidente del Senato della Repubblica che, unitamente alla Camera dei deputati, ha promosso l'evento.

E' la seconda volta che il Parlamento italiano ospita questo importante appuntamento con cui l'Assemblea dell'OSCE intende focalizzare annualmente l'attenzione sui temi del dialogo euro-mediterraneo. Ma è la prima volta che, grazie alla collaborazione dell'Assemblea regionale siciliana, la riunione ha luogo a Palermo, città che esprime compiutamente la vocazione euro mediterranea.

Consolidare uno spazio euro-mediterraneo significa costruire non soltanto una zona di libero-scambio commerciale, una strategia comune dei flussi migratori e degli approvvigionamenti energetici, ma anche uno strumento di dialogo tra le culture e le religioni che contrasti le chiusure ispirate all'intolleranza e alle visioni integraliste che alimentano uno scontro tra civiltà.

L'atmosfera stessa di questo storico Palazzo, che fu la reggia di Federico II, ci restituisce la testimonianza di un miracolo della politica e della cultura di cui ad otto secoli di distanza sembra, talvolta, essersi perduta la formula: la convivenza multi-etnica e multi-religiosa fondata sul riconoscimento della dignità dell'uomo, dignità particolarmente sottolineata nel preambolo delle Costituzioni Melfitane.

Un'organizzazione come l'OSCE, che ha fatto della tolleranza e del rispetto reciproco non solo il suo valore di riferimento, ma anche il suo metodo di lavoro, può allora qui a Palermo riannodare uno dei tanti fili che oggi contribuiscono all'intelaiatura di una comunità internazionale sempre più consapevole dell'unicità del suo destino.

Questa Riunione autunnale dell'Assemblea parlamentare si colloca in una fase particolarmente vivace e foriera di sviluppi per l'OSCE, in vista del vertice dei Capi di Stato e di Governo che si terrà ad Astana ai primi di dicembre, undici anni dopo il precedente di Istanbul, un lungo intervallo che ha sino ad ora - inutile nasconderselo - attenuato la capacità operativa della struttura soprattutto nelle aree dei cosiddetti conflitti congelati.

Ritengo doveroso dare atto alla Presidenza dell'OSCE esercitata dal Kazakhstan di aver impresso particolare vigore a questa prospettiva, che è sembrata a lungo molto difficile da realizzare.

Il trentacinquesimo anniversario dell'Atto finale di Helsinki ha ispirato un'articolata serie di conferenze di riesame che, da Varsavia e Vienna fino ad Astana, nei prossimi mesi metteranno a punto nel dettaglio le potenzialità dell'OSCE in vista delle sfide del XXI secolo.

E' quindi molto importante che l'Assemblea dell'OSCE contribuisca incisivamente a tale processo di riflessione e di rilancio ed abbia occasioni come questa per approfondire e coordinare i punti di vista dei Parlamenti nazionali che vi aderiscono. Lavoriamo, nello spirito del processo di Corfù avviato dalla Presidenza greca, per un ripensamento dell'architettura della sicurezza paneuropea.

Non è un caso che i temi che sono all'ordine del giorno della Riunione autunnale siano tutti presenti nell'agenda delle conferenze di riesame in corso e siano pienamente riferibili all'attività dell'OSCE in quanto trasversali rispetto ai suoi tre volets: il politico-militare, l'economico-ambientale e la dimensione umana.

L'intuizione fondamentale alla base dell'OSCE - la concezione della sicurezza collettiva come un bene globale ed indivisibile - non solo mantiene inalterata la sua validità ed attualità, ma viene anche ormai sempre più percepita da un'opinione pubblica che ha imparato - con forse talora maggiore consapevolezza delle sue classi dirigenti - quanta parte del suo benessere dipenda dalle forze che agiscono a livello globale.

La lotta alla criminalità organizzata - il grande tema che domani affronterete e svilupperete in alcuni suoi aspetti tra i più delicati, come la corruzione e il traffico degli esseri umani - è quindi per eccellenza un tema dell'OSCE. Il crimine organizzato rappresenta infatti una minaccia sul piano politico-militare, un fattore di distorsione del settore economico-ambientale, una limitazione bruciante per l'espansione dei diritti umani e della democrazia.

E' poi assolutamente nello spirito dell'OSCE che la questione sia reputata strategica da tutti i 56 Stati membri, senza distinzione tra est ed ovest, tra paesi di storica e di nuova democrazia.

Nella sua valenza globale, la criminalità mina dalle fondamenta il lavoro quotidiano dei cittadini e delle istituzioni di ogni paese, impoverisce intere comunità e minaccia la sicurezza dei popoli a vantaggio di una ristretta cerchia di veri e propri moderni oppressori.

Le reti criminali transnazionali vogliono soffocare in tal modo la speranza del cambiamento e riportare indietro l'orologio del progresso umano, sedimentando rassegnazione ed apatia.

Ma la speranza del cambiamento trova costante alimento nell'impegno degli uomini liberi che con il loro coraggio ed il loro attivismo sfidano in ogni parte del mondo i poteri criminali. Sono uomini delle Istituzioni e semplici cittadini che combattono con disinteresse e determinazione una battaglia per l'affermazione della legalità contro i poteri delle mafie.

Di questo fenomeno la Sicilia e Palermo costituiscono un esempio. Alla ferocia della mafia la società civile siciliana ha dimostrato di poter reagire con una forza e con una determinazione della quale tutti gli Italiani devono provare orgoglio. Il sacrificio di tanti uomini e di tante donne -magistrati, imprenditori, dirigenti politici e sindacali- non è stato vano e ha posto le basi per una forte risposta della società civile siciliana.

Per tali ragioni, come Presidente della Camera dei deputati e come italiano considero di inestimabile valore il gesto che compirete in memoria dei servitori dello Stato caduti per mafia a conclusione dei vostri lavori (ndr Deposizione da parte dei parlamentari di una corona di fiori presso la Questura di Palermo). Poiché non potrò essere presente allora, vi ringrazio in anticipo.

La vostra presenza in questa città va allora al di là della pur importante ricorrenza decennale della Convenzione per la lotta alla criminalità organizzata che le Nazioni Unite vollero che fosse negoziata e solennemente sottoscritta a Palermo.

Essa rappresenta la testimonianza di una democrazia europea vigile ed operante, che trae dalla rappresentanza politica della sovranità popolare la forza per arginare le infiltrazioni, le lusinghe e le minacce che la criminalità organizzata spesso pone in atto per condizionare gli esponenti delle istituzioni.

La vostra voce farà laicamente eco a quella di Papa Benedetto XVI che, con l'autorità del suo alto magistero, domenica scorsa nel corso della sua visita a Palermo, ha definito la mafia "strada di morte", nel diciassettesimo anniversario dell'uccisione dell'indimenticato padre Pino Puglisi.

Kofi Annan, allora segretario generale dell'ONU, definì la Convenzione di Palermo "una risposta globale ad una sfida globale, in modo che, se la criminalità può attraversare i confini, lo stesso possa fare la legge". Occorre allora che la Convenzione ed i tre protocolli allegati siano ratificati integralmente da tutti gli Stati membri dell'OSCE: senz'altro il più è stato fatto, ma ci sono ancora alcune eccezioni che rischiano di alimentare zone d'inefficienza nella cooperazione internazionale, soprattutto nello scambio delle informazioni.

Sotto questo profilo, desidero sottolineare che in questa legislatura l'Italia ha fatto ulteriori passi avanti. La Camera ed il Senato hanno infatti ratificato l'anno scorso la Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla corruzione e quest'anno la Convenzione del Consiglio d'Europa per la lotta alla tratta degli esseri umani.

Le rappresentanze parlamentari dei Paesi membri sono chiamate ad operare contro la criminalità organizzata anche in altri decisivi ambiti. Mi riferisco innanzitutto alla già accennata priorità di recidere ogni legame tra mafia e politica. Non ci si può affidare a questo riguardo all'eroismo ed al disinteresse personale, che pure dovrebbero essere valori ispiratori dell'etica pubblica. Occorre perfezionare un sistema decisionale improntato alla trasparenza, al rigore ed al controllo che non lasci spazio a carenze ed imperfezioni, capaci di minarne l'efficacia.

Un altro ambito di intervento parlamentare è costituito dalla messa a disposizione delle risorse tecniche necessarie alle forze dell'ordine ed alla magistratura, che devono confrontarsi con la più sofisticata tecnologia oramai nelle mani delle mafie e della malavita.

Più che mai si devono poi promuovere interventi legislativi ed iniziative di carattere formativo e culturale volte a ridurre la propensione delle persone, specie dei giovani, ad alimentare la domanda nei mercati dei beni illeciti, come ad esempio le sostanze stupefacenti, controllati dalla criminalità organizzata.

In ogni caso, la lotta alla criminalità organizzata richiede la mobilitazione degli organi di informazione, presupposto importante per la mobilitazione dell'opinione pubblica che deve passare dalla indignazione morale al concreto coraggio civile.

Al riguardo, per poter realizzare questi obiettivi occorre rafforzare gli spazi di libertà e di pluralismo della stampa e, in generale, dell'informazione. Un grande aiuto può giungere da internet che, attraverso lo sviluppo dei social network, può rafforzare e rendere più coesa la reazione dell'opinione pubblica, agevolando forme di effettivo controllo da parte dei cittadini capaci di impedire o di ridurre le aree grigie che potrebbero consentire infiltrazioni alle forze criminali.

Era questa, del resto, la visione di Leonardo Sciascia, il grande scrittore siciliano che seppe denunziare con forza l'ascesa del potere criminale in Sicilia. Nel 1982 Sciascia, alieno da ogni retorica e non incline al facile ottimismo, intravedeva "nella pace mondiale, nell'operosa e vigile collaborazione degli stati, dei popoli" i soli strumenti davvero capaci di fronteggiare organizzazioni criminali sempre più interconnesse e pervasive.

La collaborazione internazionale contro le mafie è la condizione essenziale per salvaguardare la convivenza democratica.