Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

30/11/2010

Montecitorio, Sala della Lupa – Convegno sul tema “Africa: speranze e sfide nel cinquantesimo anniversario dell’indipendenza del Continente Africano”

Autorità, Signore e Signori!

Porgo il mio saluto ed il mio benvenuto in Italia al Premio Nobel Wole Soyinka, noto a tutti noi per essere un grande protagonista della drammaturgia africana di lingua inglese ed interprete acuto dell'anima poetica del suo popolo, che ha saputo accostare i temi della cultura tradizionale nigeriana ai canoni teatrali dell'antichità classica. Ma, mi piace ricordarlo, anche importante personalità politica nigeriana - dissidente perseguitato e condannato a morte anni addietro dal regime del Generale Sani Abacha - che ha da pochi mesi fondato un partito politico in viste delle elezioni presidenziali del 2011.

Saluto inoltre con particolare cordialità l'On. Theo-Ben Gurirab, Speaker dell'Assemblea Nazionale namibiana e Presidente dell'Unione Interparlamentare, e l'On. Casini, che in anni recenti ha guidato con passione ed efficacia quella prestigiosa organizzazione parlamentare, indirizzandola verso un'intensa collaborazione con le Assemblee parlamentari africane.

Consentitemi di ringraziare anche l'On. Jean-Léonard Touadi che, da fine conoscitore della realtà africana, mi ha prospettato alcuni mesi fa l'idea, suggestiva quanto stimolante, di un'iniziativa della Camera dei deputati che facesse memoria del 1960, "l'anno dell'Africa", in cui ben diciassette Stati, fino ad allora sotto il controllo europeo, acquisirono la loro piena sovranità.

L'evento di oggi intende testimoniare che l'Africa è al centro dell'attenzione della Camera dei deputati. Non solo la nostra Assemblea è più volte intervenuta con specifici atti d'indirizzo sulle grandi questioni che hanno segnato l'attualità africana, ma anche la Commissione Affari Esteri, attraverso il Comitato permanente sugli Obiettivi di sviluppo del Millennio, segue costantemente i progressi compiuti verso il raggiungimento degli otto grandi obiettivi posti dalle Nazioni Unite dieci anni fa. Il Comitato sta svolgendo, sotto l'autorevole guida dell'Onorevole Enrico Pianetta, un ampio lavoro conoscitivo in vista di un auspicabile riassetto della disciplina legislativa della cooperazione italiano allo sviluppo, che tanti benefici ha apportato a numerosi Paesi del Continente africano.

Quale il bilancio di cinquant'anni d'indipendenza? Alcuni intellettuali, esperti di cooperazione e giornalisti, condizionati forse dagli eterni clichés sull'Africa, ci hanno consegnato un'idea stilizzata e "liquidatoria" delle prospettive di sviluppo del Continente. Tanto da rimettere in auge un certo "afropessimismo", che ha trovato riscontri anche nelle opere di studiosi provenienti dal Sud del pianeta, i quali hanno duramente stigmatizzato le politiche di aiuto allo sviluppo attuate da molti Paesi "occidentali", così come realizzate in questo cinquantennio.

Ritengo tuttavia che questa valutazione non sia né valida nè attuale da un lato perché le politiche di sviluppo non sono più quelle di alcuni decenni fa. Basta ricordare in proposito i già citati obbiettivi di sviluppo del Millennio lanciati dalle Nazioni Unite, e le politiche conseguenti attuate dal G-8. D'altro canto, mezzo secolo dopo il suo accesso all'indipendenza, l'Africa torna ad essere percorsa da nuovi "venti di cambiamento", come disse profeticamente proprio nel 1960 il Primo Ministro britannico Harold Macmillan. A cinquanta anni di distanza si può dire che le sue risorse naturali inestimabili, la freschezza delle sue energie umane, la forza dei suoi migliori valori spirituali potrebbero davvero farne il Continente del XXI Secolo.

Ciò non significa ignorare che la strada sarà lunga o sottovalutare i grandi problemi che oggi vive l'Africa: la povertà, il flagello dell'AIDS, le grandi carestie, la perdita di risorse umane e ambientali, il perdurante isolamento dai grandi scambi commerciali e dai flussi finanziari. Significa piuttosto leggerli in un contesto più ampio che non può essere ricostruito utilizzando esclusivamente le lenti dell'occidentalismo e dell'eurocentrismo.

Molto opportunamente uno degli esponenti più autorevoli degli African Studies, lo storico senegalese Mamadou Diouf, ha recentemente sottolineato la rilevanza dei processi di rielaborazione dei valori e dei metodi democratici nelle società civili africane. Processi che sono nati negli anni Ottanta del secolo scorso e che si arricchiscono continuamente di nuovi apporti provenienti dai movimenti religiosi locali, dalle migrazioni interne e dalla cultura della diaspora africana nel mondo.

Si è così sviluppato, in molti Paesi africani, un originale e spesso positivo modus vivendi nel quale le istituzioni politiche mutuate dal costituzionalismo occidentale si saldano con successo con la legittimità del sistema tradizionale operante a livello locale, correggendo con la dialettica e con i metodi della democrazia, i tratti autoritari che hanno caratterizzato quelle società, che condizionano e limitano soprattutto la vita dei più poveri, dei più giovani e delle donne.

La graduale affermazione di ceti sociali che, a differenza delle élites precedenti, puntano esplicitamente alla stabilità democratica ed alla modernizzazione dei costumi, essenziale per fare entrare i Paesi africani nel giro virtuoso dell'economia globale, dopo decenni di sperimentazione di modelli, in molti casi socialisti, che si sono rivelati fallimentari.

I frutti di questa sinergia tra una nuova governance politicamente efficace e lo sviluppo economico si colgono già oggi e delineano il profilo di un'area continentale il cui PIL è cresciuto nel 2009 - in piena crisi finanziaria globale - ad un tasso del 2% e dovrebbe aumentare del 4,8% nel 2010.

Chi avrebbe mai ipotizzato, ancora dieci anni fa, che la Borsa valori di Lagos avrebbe acquistato mezza pagina sul Financial Times per selezionare managers o che gli Stati dell'Africa orientale avrebbero creato la Comunità economica dell'Africa orientale, dando vita alla prima zona di libero scambio del Continente? Non a caso, alcuni economisti cominciano a parlare non più di BRIC (Brasile, Russia, India e Cina), per indicare i paesi a maggior tasso di crescita, ma di "BARIC", per includervi anche l'economia emergente africana.

La nuova positiva immagine del Continente comincia ad imporsi nel mondo anche attraverso manifestazioni di appeal planetario diffuse dai mass media.

In tutti i Paesi africani vi è oggi un crescente ceto medio imprenditoriale con una visione sana e vitale della democrazia e dell'economia di mercato: questi nuclei - che sono oggi alla ricerca di una loro rappresentanza politica - possono rivelarsi preziosi per lo sviluppo civile ed economico del Continente. A questo fine, sarà necessario adottare opportune scelte di politica economica, come la creazione di aree regionali di libero mercato, e misure altrettanto coraggiose a sostegno della crescente domanda, da parte delle giovani generazioni africane, di una formazione universitaria più ricca ed ampia, fino ad oggi intercettata quasi esclusivamente dalla Cina.

Si tratta di un settore altamente strategico al quale si stanno indirizzando progetti come l'Agenzia Senghor per la promozione dell'offerta universitaria italiana in Africa, istituita dalla Fondazione Banco di Sicilia, con il meritorio intento di agevolare la formazione di nuovi quadri dirigenti africani negli atenei del nostro Paese.

La proiezione internazionale del Continente africano si è rafforzata in questi anni anche grazie all'efficace azione dell'Unione africana, divenuta un interlocutore chiave dell'Unione Europea e delle Nazioni Unite: oggi l'Unione Africana svolge per conto dell'intera Comunità internazionale una funzione politica ed operativa di fondamentale importanza, tramite iniziative di mediazione e l'invio di forze di mantenimento della pace.

Sono certo che il processo d'integrazione regionale promosso dall'Unione Africana, che si richiama al percorso compiuto dall'Europa comunitaria, potrà trarre nuova linfa anche al consolidamento istituzionale del Parlamento Panafricano, di cui avevamo invitato all'evento odierno il Presidente, Idriss Ndélé Moussa, impegnato però nel Vertice dell'Unione Africana di Tripoli. Il Parlamento Panafricano sembra destinato a perdere i connotati di un organismo formato da delegazioni nazionali, per diventare, sul modello del Parlamento Europeo, l'Assemblea politica di tutto il Continente.

L'esperienza, largamente positiva, dell'Unione africana evidenzia il forte legame tra sicurezza africana e sicurezza europea. L'instabilità vissuta da alcuni Stati africani - dall'immigrazione illegale al traffico di armi, droga ed esseri umani, fino alla pirateria - rischia di riflettersi in modo preoccupante anche sui Paesi europei. Per questo è importante e necessario rafforzare le forme e gli strumenti di collaborazione tra Unione Africana ed Unione Europea, soprattutto a partire da aree e conflitti "dimenticati" come quello in Somalia.

Ma, soprattutto, è necessario rafforzare il partenariato strategico euro-africano che finora ha stentato a trovare una sua coerenza ed una sua progettualità e che deve costituire, invece, un banco di prova cruciale per la credibilità della politica estera dell'Unione Europea.

Il terzo vertice UE-Africa, che si svolge proprio oggi a Tripoli in concomitanza con il Vertice dei Capi di Stato e di Governo dell'Unione Africana, può rappresentare una sede ideale per definire le premesse di questa strategia, nel cui ambito rimane centrale la realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.

Occorre pertanto ampliare la portata di tale partenariato al di là della sola dimensione della cooperazione allo sviluppo ed oltre la sua mera dimensione istituzionale, per farne uno strumento flessibile ed innovativo, in grado di mobilitare non solo le istituzioni, ma anche i cittadini e le società civili dei due Continenti.

Per far questo dobbiamo aprire il confronto sui grandi temi dell'agenda politica internazionale, incoraggiando al contempo le aspirazioni africane a trovare risposte condivise ad alcune delle più grandi sfide dei nostri tempi, dalla salvaguardia ambientale all'innovazione tecnologica, fino alla gestione dei grandi flussi migratori.

Consentitemi di concludere rinnovando al Presidente Gurirab, nella sua veste di rappresentante di tutti i Parlamenti dei Paesi africani, l'invito rivolto dal presidente Casini nella giornata parlamentare Italia-Africa del 23 maggio del 2002 ad un impegno comune per la crescita delle istituzioni parlamentari. Questo nella convinzione che non vi siano modelli ideali da esportare, ma esperienze concrete da condividere o da criticare. Nella convinzione che - come ha scritto Wole Soyinka, cui do la parola ringraziandolo di nuovo della sua partecipazione - "la più grande minaccia alla libertà è l'assenza di critica", in Africa come in ogni altra parte del pianeta.