Il Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini

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Interventi e discorsi

Interventi e discorsi del Presidente della Camera

02/02/2011

Montecitorio, Sala della Regina - Indirizzo di saluto in occasione della lectio magistralis di Edmund Phelps sul tema "L'esigenza di una Banca per l'innovazione" e, a seguire, del convegno dal titolo "Per rifare l'Italia - La grande sfida dell'innovazione

E' con vero piacere che la Camera ospita questo incontro sul grande tema dell'innovazione in campo economico e tecnologico, un tema che rappresenta uno degli ambiti strategici per l'avvenire delle società industriali dell'Occidente.

Rivolgo il benvenuto al Premio Nobel per l'economia Edmund Phelps, che tra breve terrà una lectio magistralis sulla proposta di istituire una Banca per l'Innovazione a sostegno delle imprese decise a investire in produzioni d'avanguardia.

Un cordiale saluto ai relatori: l'Amministratore delegato di Telecom Italia, Franco Bernabé, l'amministratore delegato di Dipixtel Gianluca Dettori, il Vicepresidente del Pd, On. Enrico Letta, il Vicepresidente della Camera, On. Maurizio Lupi, l'Amministratore delegato di Banca Intesa, Corrado Passera, il Rettore del Politecnico di Torino, Francesco Profumo, l'economista Irene Tinagli, docente all'Università Carlos III di Madrid, il direttore di "Wired Italia" Riccardo Luna, che farà da moderatore.

Edmund Phelps è una delle massime autorità scientifiche nel campo degli studi di economia.

Centrale, nel suo pensiero, è il binomio tra sviluppo e innovazione, una combinazione che rappresenta una grande sfida per tutto il mondo industrializzato.

E lo è in modo ancora più accentuato per i Paesi occidentali. Perché solo l'innovazione può restituire futuro a economie che non possono più contare in modo significativo su vantaggi competitivi nel mercato dei prodotti a tecnologia consolidata e standardizzata.

Per il professor Phelps è fondamentale che l'innovazione si svolga, nell'odierna economia globalizzata, su larga scala e attraverso un vasto impiego di risorse. Questa esigenza richiama Governi e Parlamenti a innovative politiche di sviluppo.

La grande questione, nel tempo del rigore finanziario pubblico, è come raccogliere i capitali necessari a sostenere un volume di investimenti tale da imprimere dinamismo a un intero sistema economico.

L'illustre economista propone l'istituzione di una Banca Nazionale per l'Innovazione diretta a finanziare progetti d'avanguardia e strutturata come una rete di merchant bank garantita e incentivata dallo Stato.

Attivata da un fondo pubblico, questa banca avrebbe il compito di raccogliere fondi privati indirizzandoli verso investimenti produttivi e garantendo le competenze necessarie a selezionare i progetti meritevoli di finanziamento.

Si avrebbe così una banca specializzata, che si rivelerebbe un poderoso strumento per promuovere investimenti e imprenditorialità su larga scala in settori tecnologicamente avanzati.

La sfida proposta da Phelps è insomma quella di trasformare l'innovazione nel volano della ripresa economica .

Ma non intendo dilungarmi oltre sulla proposta dell'insigne studioso, che potremo tra qualche minuto apprezzare in tutta la sua ampiezza, originalità e novità dalla sua diretta voce.

Un punto sul quale desidero brevemente soffermarmi è, invece, la essenzialità dell' innovazione nell'idea stessa di produzione industriale.

L'odierna fase di trasformazione della società occidentale si presenta con luci ed ombre, con opportunità e con criticità.

Sull'onda delle difficoltà economiche, s'è però diffuso un certo disagio. Tante certezze di ieri sembrano infatti indebolite e la cifra comune a molti pensatori è quella della sfiducia nella capacità del sistema di continuare a garantire elevati standard di benessere, e possibilità di ascesa e inclusione sociale.

Taluni ritengono che stia segnando il passo il processo di democratizzazione del capitalismo -quello che è stato definito il capitalismo diffuso - dopo la sua massima espressione negli ultimi due decenni del '900.

Il rischio è che ai popoli che maggiormente soffrono le conseguenze della crisi economica il capitalismo stesso possa apparire nell'immagine, unilaterale e deformata, dei giochi speculativi che non producono ricchezza sociale.

Le tesi di Phelps ricordano che la vera essenza del capitalismo è ben diversa. E' l'essenza della modernizzazione. E' l'essenza dell'investimento nell'economia reale. E' l'essenza dell'imprenditorialità che innova.

Per questo mi sembra che le tesi di Phelps richiamino l'idea di Joseph Schumpeter sul carattere intrinsecamente innovativo e dinamico dell'economia. Lo studioso austriaco definiva gli imprenditori degli "uomini nuovi" che realizzano concretamente le innovazioni. E' un concetto che va al di là dell'ambito strettamente economico per coinvolgere i modelli culturali e morali della società moderna.

Volendo concentrare l'attenzione sui problemi italiani, ritengo che l'innovazione, intesa in questa più ampia e generale accezione, debba ispirare più compiutamente le grandi mete comuni della nostra società ed è appropriato il titolo del convegno che seguirà la lectio magistralis del professor Phelps: "Per rifare l'Italia- La grande sfida dell'innovazione".

Il riferimento implicito al 150° anniversario dell'unità nazionale indica la necessità di un impegno corale e convinto e soprattutto condiviso tra le forze politiche e sociali più articolate per costruire la nuova Italia del XXI secolo all'insegna del dinamismo, dello sviluppo, dell'energia creativa.

E' una idea di Nazione vitale e moderna, una Nazione non rinchiusa nella paura, nella nostalgia e nel minimalismo, bensì una Nazione aperta, intraprendente, fiduciosa.

Una comunità in cammino animata dalla voglia di costruire e innovare.

Una comunità che non indica le scorciatoie della furbizia e che non vive alla giornata, ma che sa preparare il futuro premiando il merito e l'intraprendenza.

Questa nuova Italia in alcuni casi c'è già e la possiamo scorgere, in particolare, nei giovani ricercatori che non hanno ceduto alla rassegnazione e che lavorano con passione ai loro progetti, nei centri di ricerca di eccellenza che operano nel nostro Paese nonostante l'esiguità delle risorse, nella nuova imprenditorialità che si sta affermando nei settori all'avanguardia della tecnologia, in quei settori della piccola e media impresa che sono riusciti a internazionalizzarsi resistendo alla crisi e all'agguerrita concorrenza delle nuove potenze economiche.

La sfida politica è quella di far crescere quest'Italia dinamica, di sostenerne la creatività e la voglia di fare impresa e innovazione, di facilitarne l'accesso al credito necessario a realizzare gli investimenti.

Le difficoltà e i ritardi del nostro sistema sono noti. Perché purtroppo in Italia non è sufficiente avere una buona idea e la capacità di realizzarla per poi riuscire a far partire una nuova impresa. Perché i vincoli burocratici sono soffocanti e paralizzanti. Perché i fondi pubblici italiani ed europei riservati all'innovazione e alla ricerca risultano spesso male utilizzati o non utilizzati affatto. Perché all'esiguità delle risorse statali destinate alla ricerca (l'apporto pubblico alla spesa in tale settore è pari allo 0,56 del PIL), si unisce una bassa propensione all'investimento di capitali privati, anche per la scarsa diffusione dei più moderni sistemi di finanziamento.

La politica può fare molto per rimuovere questi ostacoli e creare un "sistema" propizio alla crescita delle iniziative più innovative.

Non mi riferisco soltanto alle possibili misure per il rilancio della competitività generale del sistema che sono già oggetto di dibattito, come la semplificazione amministrativa, gli incentivi fiscali, le maggiori risorse da destinare alla ricerca e all'università, l'investimento sulla banda larga necessario per favorire il pieno accesso ai servizi telematici.

Penso anche a politiche specificamente dirette a favorire imprenditorialità e nuove professionalità nei settori più avanzati. L'arco delle possibili misure è ampio e va dagli incentivi alle aziende che investono nell'innovazione tecnologica alla realizzazione di un sistema a rete che coinvolga imprese, università , istituti di ricerca ed enti pubblici.

Desidero in conclusione sottolineare che l'economia dell'innovazione vede per naturali protagonisti i giovani. Far parte delle nuove generazioni vuol dire anche, pur tra tanti problemi, avere il privilegio di possedere una spiccata sensibilità per sfruttare le enormi potenzialità imprenditoriali delle nuove tecnologie. Non per niente, i creatori di "You Tube" e Google sono giovanissimi. E vale la pena ricordare che Google è nato da un progetto di ricerca universitaria.

Ecco, dobbiamo tutti impegnarci a fare in modo che essere nati negli anni Ottanta e Novanta diventi finalmente un privilegio e non una condizione penalizzante nel lavoro e nell'iniziativa economia.

Se aiutiamo i ragazzi italiani a costruire il loro futuro, di certo contribuiamo a costruire il futuro dell'Italia.