Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute >>

XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 92 di martedì 25 novembre 2008

Pag. 1

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 10,50.

RENZO LUSETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bindi, Brancher, Brunetta, Casero, Catanoso, Cesa, Cirielli, Cota, D'Amico, Di Caterina, Donadi, Fogliato, Gibelli, Lisi, Lo Monte, Migliori, Negro, Oliverio, Pescante, Rigoni, Romani, Paolo Russo, Sereni, Servodio, Soro e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,58).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 9 ottobre 2008, n. 155, recante misure urgenti per garantire la stabilità del sistema creditizio e la continuità nell'erogazione del credito alle imprese e ai consumatori, nell'attuale situazione di crisi dei mercati finanziari internazionali (A.C. 1762-A) (ore 10,59).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 9 ottobre 2008, n. 155, recante misure urgenti per garantire la stabilità del sistema creditizio e la continuità nell'erogazione del credito alle imprese e ai consumatori, nell'attuale situazione di crisi dei mercati finanziari internazionali.
Ricordo che nella seduta del 24 novembre 2008 si è concluso l'esame degli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1762-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ricordo che è stata disposta la ripresa televisiva diretta delle dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giorgio La Malfa. Ne ha facoltà, per tre minuti.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, i repubblicani voteranno a favore della conversione del decreto-legge in esame: sono misure di sostegno del sistema bancario che possono essere, anzi che sono senz'altro necessarie. È in corso Pag. 2una stretta del credito in tutto il mondo e nel nostro Paese, e c'è da auspicare che queste misure possano allentarla. Le banche negano che sia in corso una stretta creditizia ma in realtà, se guardiamo la situazione (vengo da un collegio delle Marche, che è una forte regione industriale), tutte le indicazioni mostrano che le banche chiedono a molte aziende sane di rientrare, creando una condizione di enorme difficoltà all'economia italiana Siccome la politica monetaria della Banca centrale europea è sbagliata e rimarrà sbagliata, signor Presidente, onorevoli colleghi (ho considerato molto gravi le dichiarazioni del Presidente della Banca centrale, che ha detto: la situazione è drammatica, diminuiremo i tassi; è come se un medico, constatando la malattia, dicesse che passerà a portare le medicine tra qualche settimana, con il rischio che il paziente sia nel frattempo morto), penso che spetti al Governo italiano intervenire.
Noi repubblicani abbiamo una proposta, che vogliamo sottoporre al Ministro dell'economia e delle finanze e soprattutto al Presidente del Consiglio: il Governo italiano dichiari autonomamente che, mentre intende rispettare il patto di stabilità per la parte della spesa corrente, considera che la spesa per investimenti, la spesa per le opere pubbliche, la spesa per finanziamenti in conto capitale, è fuori da quello che definiamo il patto di stabilità, e stanzi cifre molto consistenti. L'Italia non ha bisogno di uno, due o tre miliardi di euro: ha bisogno di un gigantesco piano di spesa pubblica per investimenti, che possa consentire di risollevare la domanda. Solo questa è la risposta adeguata a una crisi che altrimenti può diventare veramente molto grave, per noi e per tutta l'Europa (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberal Democratici-Repubblicani).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Milo. Ne ha facoltà, per sei minuti.

ANTONIO MILO. Signor Presidente, come si desume dalla lettura della relazione di accompagnamento, il disegno di legge n. 1762 di conversione del decreto-legge n. 155 del 2008 soddisfa l'esigenza di adottare misure straordinarie, tenuto conto delle conclusioni del Consiglio dei ministri dell'economia e delle finanze dell'Unione europea dello scorso 7 ottobre. Ma la profonda crisi finanziaria internazionale e la concorrenza globale mettono a dura prova la tenuta e lo sviluppo del nostro sistema-Paese. La crisi è certamente seria, e noi del Movimento per l'Autonomia intendiamo affrontarla e non trascurarla. Dobbiamo però prevenire i pesanti effetti negativi che rischiano di coinvolgere l'economia reale dell'Italia, e in particolare quella più debole delle regioni del Mezzogiorno.
Dobbiamo riflettere sulla scelta compiuta dagli Stati Uniti d'America di tornare ad un sistema finanziario, e particolarmente bancario, ancorato all'economia reale e non soltanto e primariamente a quella «virtuale», una scelta che ha dichiarato il sostanziale fallimento di quelle realtà che hanno perpetrato modelli finanziari e pratiche legati piuttosto alla speculazione, che non al soddisfacimento dei bisogni e degli interessi del territorio (bisogni ed interessi che noi del Movimento per l'Autonomia incarniamo e da sempre rappresentiamo).
Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, l'economia reale dell'Italia, ivi compresa quella delle regioni meridionali, si regge sul sistema delle piccole e medie imprese, che ad oggi costituiscono il sistema portante del nostro Paese. In ragione di ciò, siamo perché la politica comprenda velocemente la necessità che tali piccole e medie imprese abbiano garantito un accesso al credito strutturato secondo logiche territoriali.
Lo Stato ed il mercato sono soggetti complementari e certamente integrabili; comprendiamo che in momenti di crisi come quello attuale tali dimensioni possano interrelarsi, ma strategicamente dobbiamo pensare a soluzioni realmente innovative. Il nostro Movimento chiede a gran voce la concretizzazione della banca del Mezzogiorno, come peraltro previsto dal decreto-legge 25 giugno 2008, convertito Pag. 3con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ancora disatteso. Tale proposta - sia chiaro - non deve limitarsi a confortare il sud, ma deve realmente sostenerlo e contribuire a svilupparlo.
Si tratta di una proposta che recuperi e rilanci un sistema bancario territoriale che deve operare esclusivamente nel territorio di appartenenza, in tal modo stabilendo un rapporto virtuoso e diretto fra raccolta ed impiego di risorse, superando l'atteggiamento storico delle grandi banche ed organizzando un accesso al credito efficiente, finalizzato e meno burocratico. Un sistema bancario territoriale deve essere capace di comprendere e di soddisfare con adeguate ed innovative garanzie le esigenze dell'economia reale delle nostre regioni meridionali.
Intendiamo infine sottolineare, sul piano generale, che il quadro degli incentivi è stato fortemente ridimensionato e orientato al sostegno di programmi di investimento complessi e con una dimensione finanziaria elevata, escludendo in tal modo la parte dell'Italia meridionale del nostro sistema Paese caratterizzata principalmente, appunto, da piccole e medie imprese. Auspichiamo fortemente che tali proposte, signor sottosegretario, facciano parte del decreto-legge di prossima approvazione da parte del Governo.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Movimento per l'Autonomia dichiara responsabilmente di votare il proprio assenso alla conversione del presente decreto-legge; desideriamo però specificare che tale nostro assenso è condizionato alla volontà del Governo di definire fin da subito proposte strategiche, come prima dicevo. Le «soluzioni tampone», nate circa due mesi fa con una situazione dei mercati molto diversa da quella di oggi, non possono e non debbono essere confuse con la necessità di ridare alla politica un senso strategico.
Dobbiamo, da un lato, lavorare per uscire dal circolo vizioso della stagnazione e, dall'altro, applicare con grande efficacia e serietà il modello dell'economia sociale di mercato.
L'attuale momento è l'occasione per progettare interventi strutturali a sostegno dell'economia reale del Paese, e per avere la certezza, cari colleghi, che il ruolo della crisi costituisca un'opportunità futura, piuttosto che un rimedio straordinario per la cura di interessi di pochi segmenti dell'intero sistema economico del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, oggi ci troviamo a votare questo provvedimento che riguarda la crisi del mercato finanziario e del sistema bancario. L'Italia dei Valori - lo diciamo subito e con chiarezza - esprimerà un voto contrario su questo decreto-legge, perché credo che gli italiani debbano sapere che questo decreto-legge è davvero, ma davvero, poca cosa.
Dopo due mesi dalla data della sua adozione, tutto quello che, di questo decreto-legge che non stanzia un centesimo e che non opera un solo provvedimento concreto per aiutare l'economia e le famiglie italiane in crisi, resta ancora in piedi è l'affermazione di un principio. Si tratta di un principio importante e condivisibile, ma francamente, dopo sei mesi, un principio ci pare poco.
Il principio è quello per cui la banche vanno salvate. È una cosa giusta: le banche vanno salvate perché dal loro salvataggio dipende il salvataggio dell'economia e dei risparmi degli italiani. Ma il voto contrario dell'Italia dei Valori nasce da due considerazioni. Prima di tutto, dal modo con il quale vi state apprestando ad effettuare questo salvataggio ed, in secondo luogo, per tutto quello - ed è davvero tanto - che, dopo sei mesi dall'inizio di questa crisi, in questo decreto-legge ancora non è previsto.
Andiamo per ordine. Salvare le banche, in questo momento, è una misura giusta, non la mettiamo in discussione, ma noi vi abbiamo presentato una serie di proposte Pag. 4concrete, non enunciazioni di principio, non le solite critiche preconcette che, troppo spesso e troppo facilmente, la maggioranza rinfaccia all'opposizione sotto il profilo degli atteggiamenti che vengono adottati. Vi abbiamo detto che va bene intervenire nei confronti delle banche, ma non dimentichiamoci che le banche, non solo quelle italiane, ma l'intero sistema bancario nel suo complesso, sono proprio quei soggetti che, in questi mesi, in questi anni, ha portato il mondo sull'orlo di una delle più grandi crisi finanziarie che il mondo stesso abbia conosciuto (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Vi abbiamo anche detto di dare prima di tutto i soldi alle famiglie italiane, dando modo di aiutare indirettamente anche le banche. Vi abbiamo fatto una proposta concreta, che ribadiamo qui, oggi, e che riteniamo il Governo avrebbe fatto molto bene - speriamo che ci ripensi - ad attuare. Vi sono in Italia 2,5 milioni di famiglie che hanno contratto un mutuo per l'acquisto della prima casa. Gran parte di queste famiglie si trovano in difficoltà; non ce la fanno più a sostenere le rate di mutui che, guarda caso, sempre le stesse banche, nel 96 per cento dei casi, gli hanno fatto stipulare ad un tasso variabile che, in questi ultimi anni, è molto cresciuto. La nostra proposta è stata questa: se proprio vogliamo dare i soldi alle banche, lo Stato compri i mutui delle famiglie in difficoltà economiche, rinegozi poi con le singole famiglie il tasso di interesse, perché lo Stato ha la possibilità di approvvigionarsi di denaro a costi molto più convenienti delle banche, e soprattutto dilazioni nel tempo (a 15 anni o a 20 anni) la parte residua del mutuo che ancora resta da pagare. Ciò avrebbe avuto un duplice effetto: soldi liquidi nelle casse delle banche, ma non regalati, perché il regalo vero lo facevamo alle famiglie italiane in difficoltà che avrebbero potuto risparmiare, secondo i nostri conti, fino al 50 per cento sulla rata mensile del mutuo. Questo era un provvedimento concreto, ma non lo avete nemmeno voluto prendere in considerazione. Poi, vi abbiamo detto un'altra cosa: se proprio ci devono essere gli aiuti alle banche, almeno che servano a moralizzare un sistema che oggi, proprio per la sua mancanza di trasparenza e di moralità, ha prodotti i danni che tutti vediamo: mettiamo, quindi, un freno ai compensi dei top manager (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Credo che gli italiani debbano sapere che, ogni anno, i dieci top manager più pagati del sistema bancario italiano portano a casa, tra stipendi ed altri compensi, 150 milioni di euro; non è possibile che continuino a prendere questi stipendi, mentre gran parte degli italiani non ce la fa.
Comunque, se proprio dobbiamo dare questi soldi, poniamo delle condizioni: che non aumentino le spese a carico dei correntisti, perché le banche andranno alla ricerca di ulteriori elementi di profitto e che venga mantenuto il livello di credito nei confronti delle piccole e medie imprese (da uno studio di Confindustria risulta che attualmente il 40 per cento delle aziende italiane non riesce più ad approvvigionarsi di credito dalle banche alle condizioni precedenti). Questo Governo ad oggi non ha fatto ancora nulla: solo promesse, solo chiacchiere. La crisi profonda, quella che oggi davvero comincia a preoccupare gli italiani, è quella economica, quella dei redditi, è la crisi delle famiglie.
Diamo allora un po' di numeri, perché il vero problema non è ciò che in questo decreto-legge è previsto, ma ciò che manca; il Governo ha fatto solo promesse, come quelle che oggi abbiamo viste annunciate sui giornali, che non bastano e che sono assolutamente inadeguate. A ottobre vi sono state 23 milioni di ore di cassa integrazione, il 70 per cento in più rispetto allo stesso mese dell'anno scorso. Sono a rischio, secondo uno studio della Sapienza, quasi un milione di posti di lavoro di personale precario e di questi 140 mila sono nel mondo della scuola; altro che riforma Gelmini (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!
Lo abbiamo detto dal primo giorno: si tratta solo di tagli, e non solo alla pubblica istruzione, sono tagli di posti di lavoro. Spiegatelo a questi precari che da quindici, ed in alcuni casi anche venti o più Pag. 5anni, lavorano nel mondo della scuola e che adesso se ne dovranno stare a casa perché il Ministro Tremonti ha deciso di far quadrare così i conti dello Stato!
Vi è poi - lo abbiamo già detto - il problema delle piccole e medie imprese in difficoltà. Molte di queste, che lavorano nel settore manifatturiero, escono da anni durissimi di ristrutturazione. Che cosa diciamo a queste imprese che oggi non trovano più la possibilità di avere nemmeno credito dal sistema bancario? A fronte di tutto questo il Governo che cosa ha fatto? A fronte di tutto questo il Governo ha deciso di stanziare 80 miliardi di euro. Per carità, sarebbe anche una somma rispettabile, anche se non eclatante, peccato che, come questo Governo ci ha abituato, non sia in realtà nient'altro che il solito gioco delle tre carte (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)! Dico ciò perché 40 miliardi di tali risorse sono fondi europei già esistenti, 16 miliardi sono fondi infrastrutturali che già c'erano e già destinati al CIPE per opere approvate, e 10 miliardi, già sussistenti, rappresentano gli obblighi che hanno le concessionarie autostradali per realizzare nuove opere (tali risorse, fra l'altro, voi stavate per eliminarle, come obbligo, a giugno). Restano, come al solito, le briciole: tre o quattro miliardi che dovrebbero servire per la cassa integrazione che oggi non ha più fondi, per dare un qualcosa che assomiglia alla cassa integrazione anche ai precari, e per dare un sostegno che non può consistere nelle misere quaranta euro al mese che volete distribuire con la social card alle due milioni e mezzo famiglie che si trovano in condizioni di povertà (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Per carità, quando i soldi non ci sono anche poco aiuta, ma diciamolo: è poco, è terribilmente poco e non può bastare solo per loro! Servono soldi anche per tutte quelle famiglie che una volta appartenevano al ceto medio ma, mese dopo mese, sempre più si vedono scivolare verso la povertà.
Serviva ben altro tenore di provvedimenti e per farlo avremmo potuto decidere, assieme, anche che per alcuni anni fosse possibile quello che oggi l'Europa ci consente, cioè un parziale e temporaneo sforamento del debito pubblico. Lo avremmo potuto decidere insieme. Ma una cosa la vogliamo dire non solo agli italiani ma a tutti, chiaramente, in questa Aula: non ci si venga a dire che mancano i soldi per gli italiani finché questo Parlamento non avrà fatto quello che, volendo, può fare in un mese e mezzo. Vale a dire dimezzare il numero dei parlamentari, abolire le province, tagliare quei quattrocentomila stipendi o prebende che ogni anno la politica distribuisce in Italia (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Fino a quando non avremo messo le mani sui soldi della casta non andiamo a dire in giro ai precari, ai disoccupati, alle famiglie di poveri pensionati che non arrivano alla fine del mese che in Italia non ci sono soldi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Occhiuto. Ne ha facoltà.

ROBERTO OCCHIUTO. Signor Presidente, oggi il Parlamento si esprime su un decreto che è stato licenziato qualche settimana fa dal Governo con tantissimo clamore, e i cui propositi, ampiamente annunciati attraverso i giornali e le televisioni, dovevano essere quelli di garantire, così com'è scritto nel titolo dello stesso, che le banche potessero continuare ad erogare crediti alle imprese e alle famiglie.
Si sosteneva, e giustamente, che in assenza di provvedimenti utili ad arginare la stretta creditizia in atto ci sarebbero state pesanti ricadute sull'economia reale del Paese e quindi sulla vita delle famiglie e delle imprese. Ebbene, questi effetti temuti sono ormai una realtà con la quale purtroppo il Paese dovrà misurarsi e dovrà misurare il grado di responsabilità e di maturità dei suoi gruppi dirigenti. Io non mi soffermo sui dati perché questi sono stati più volte evocati nel dibattito in quest'Aula nei giorni passati. Sono i dati Pag. 6che raccontano la gravità della crisi in atto, della recessione che avvolge il Paese, la caduta della produzione e dei consumi, e appunto la riduzione del volume dei crediti concessi dalle banche al sistema delle piccole imprese. Non mi soffermo sui dati perché d'altra parte compito della politica non è quello di descrivere i problemi, che i cittadini conoscono benissimo perché vivono direttamente sulla propria pelle. Compito della politica invece è quello di costruire, attraverso appropriati atti legislativi, le soluzioni affinché questi problemi possano trovare soluzione.
Per tale ragione, signor Presidente, riteniamo che il provvedimento in esame rappresenti un'occasione sprecata in quanto non contiene alcuna soluzione rispetto ai problemi del Paese. Non contiene nulla di ciò che interessa gli italiani. È un provvedimento che, dopo il clamore degli annunci iniziali, ormai la stessa maggioranza nel dibattito in Commissione e in Aula ha derubricato a rango di un decreto-legge minore, rinviando ad un altro provvedimento le soluzioni che il Paese attende.
Con i nostri emendamenti avevamo chiesto che vi fossero obblighi precisi per le banche in ordine all'aumento dei crediti. Avevamo chiesto che si impegnassero le banche anche sui tassi dei mutui pagati dalle famiglie. Il Governo e la maggioranza non hanno ascoltato i nostri suggerimenti, mentre noi abbiamo dovuto ascoltare nelle ultime settimane il Presidente del Consiglio ripetere che, nei sondaggi, l'indice dei gradimento per il suo Governo e per lui è così favorevole da essere quasi imbarazzante.
Ebbene, signor Presidente della Camera, non abbiamo particolare passione per i sondaggi. Vorremmo essere i continuatori di una cultura, di una tradizione politica, di una storia che hanno mirato più a ciò che era ritenuto utile e giusto per il Paese piuttosto che ad assecondare gli umori delle piazze o le tendenze prevalenti nei sondaggi.
Comunque sia, se il Presidente del Consiglio è contento così, noi siamo contenti per lui e non ci dispiace neanche per il Paese se è ancora prevalente la fiducia - secondo noi la speranza, più che la fiducia - nei confronti di chi governa. Anzi, sappiamo che in un periodo di tale crisi finanziaria, in un periodo di recessione, con le aspettative per il futuro dell'economia generalmente e fortemente negative, la speranza in chi governa è un fatto positivo: può aiutare il Paese, a condizione però che tale speranza non venga delusa, a condizione che chi governa non si limiti, come è stato finora, soltanto a spot elettorali.
Vogliamo ricordare per un istante i provvedimenti di luglio sulle famiglie e sulle imprese. Che cosa resta dello spot elettorale sulla Robin Hood tax? Avremmo dovuto togliere i soldi alle banche per darli ai poveri. Oggi, con questo provvedimento, costruiamo le condizioni affinché si diano soldi alle banche. Che cosa resta dello spot mirabilmente comunicato nei mesi passati in ordine ai mutui per le famiglie strozzate dei tassi? Avevamo detto che l'intervento che allungava soltanto il debito serviva a poco e oggi i fatti ci danno ragione perché soltanto l'1,5 per cento delle famiglie italiane ha utilizzato quel provvedimento.
Vi è poi lo spot sul decisionismo del Governo che licenzia una manovra triennale in nove minuti, perché tanto si sapeva tutto e non c'era bisogno di un ulteriore approfondimento, salvo poi a non tener conto dello tsunami che si stava abbattendo sull'economia del Paese.
Oggi il Paese avrebbe avuto bisogno di un Governo decisionista e, invece, che cosa ci proponete? Un provvedimento vuoto che voi stessi avete sostenuto essere ormai inutile. Il Paese, le sue famiglie, le sue imprese hanno bisogno di altro e ne hanno bisogno adesso.
Abbiamo provato ad indicare una strada. Abbiamo proposto un contributo di cento euro al mese per ogni figlio o per le famiglie con redditi medio-bassi. Abbiamo proposto la possibilità, sempre per le famiglie, di dedurre dall'imposta parte della rata per il pagamento del mutuo in ragione del numero dei figli. Abbiamo proposto un meccanismo automatico per fare Pag. 7in modo che il sostegno alle banche si trasferisse in un sostegno al sistema delle piccole e medie imprese.
Voi, invece, state facendo credere che realizzerete un intervento da ottanta miliardi di euro. Anzi, negli ultimi giorni, questi ottanta miliardi di euro sono diventati soltanto quattro: un altro spot, l'ennesimo spot! Se troverete ottanta miliardi di risorse nuove da investire in infrastrutture, per lo sviluppo, da investire in interventi per le famiglie e per le imprese, saremo noi i primi a dire «bravi» al Governo.
A proposito, vorrei sommessamente ricordare alla maggioranza che il quoziente familiare, che era contenuto anche nel vostro programma, costerebbe ben meno di ottanta miliardi di euro: perché non lo proponete (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro)? Perché tutti sappiamo che questi 80 miliardi non ci sono! Anzi, per stare in tema, direi che questi ottanta miliardi somigliano un po' alle attività finanziarie nei bilanci di Lehman Brothers: ci sono, ma non sono veri, sono soltanto sulla carta.
Non si tratta di nuove risorse: si tratta sempre delle risorse del FAS, dell'Unione europea, quelle che dovrebbero essere destinate al Mezzogiorno e che state trasferendo verso il nord del Paese.
Quindi, signor Presidente, per questi motivi giudichiamo insufficiente il provvedimento in esame, che non risponde alle aspettative ed ai bisogni del Paese.
Sul tema della crisi finanziaria e del riverbero dei suoi effetti sull'economia reale, però, non ci interessa stare dall'altra parte, né ci interessa tifare per il fallimento del Governo. Esprimiamo con convinzione le nostre perplessità, ma siamo ancora più convinti che la gravità della situazione economica del Paese richieda responsabilità e la richieda a tutti: responsabilità da parte di chi governa (che in questa fase non dovrebbe liquidare i contributi delle opposizioni, per chiudersi in una politica autoreferenziale e per alimentare il proprio consenso attraverso la sterile contrapposizione con l'altra parte) e responsabilità anche dal lato delle opposizioni.
Infatti, se il Governo fallisce sugli interventi per arginare la crisi, fallisce l'intero Paese e noi non tifiamo per il fallimento del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro)! Noi dell'Unione di Centro questa responsabilità la vogliamo esercitare, così come stiamo facendo dall'inizio, dal primo giorno della legislatura, quando il presidente Casini annunciò l'opposizione costruttiva che avremmo svolto nell'interesse esclusivo del Paese.
È così anche oggi perché, signor Presidente, sul provvedimento in esame noi, a differenza dell'Italia dei Valori, oggi ci asterremo per dichiarare la nostra volontà a collaborare, nella distinzione dei ruoli di maggioranza e di opposizione, affinché il Paese possa superare nel miglior modo possibile questa stagione. È la natura stessa del nostro impegno politico di moderati che ce lo richiede.
Concludo dunque, signor Presidente: la nostra astensione e l'esercizio della responsabilità in un momento difficile per il Paese riteniamo debbano essere anche la migliore risposta verso chi, a volte, ci vede come un fastidio, solo perché vogliamo continuare ad essere ciò che siamo sempre stati, ad occupare, nei fatti e nei comportamenti, lo spazio politico del centro moderato, dal quale ci riteniamo disponibili a confrontarci con ciascuno, ma che non lasceremo ad alcun altro (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fugatti. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, la Lega Nord in precedenti interventi ha già avuto modo di dire che questo Governo non è fortunato, perché ogni volta che si insedia si trova di fronte ad una crisi economica: è stato così nel 2001, quando vi fu l'attacco alle Torri gemelle ed è così oggi, con questa crisi economica internazionale che riguarda tutti i Paesi.Pag. 8
Tuttavia per fortuna, per fortuna per il Paese, vi è questo Governo. Oggi, infatti, di fronte a questa crisi economica abbiamo un Governo unito, coeso, che sa prendere decisioni forti e sa prendere decisioni chiare: questa è la fortuna del Paese.
Proviamo solo a pensare se vi fosse ancora il Governo Prodi: oggi, signor Presidente, per governare questa crisi avrebbe dovuto sentire cosa ne pensava Rifondazione Comunista, andare dai Comunisti Italiani e sentire i loro diktat, andare dai Verdi, andare da Di Pietro e cercare di mettere d'accordo tutti, andare dalla Rosa nel Pugno, andare infine da Mastella e forse poi, alla fine, avrebbero trovato «la quadra» della situazione. Sarebbe stata una confusione totale!
Per fortuna, oggi vi è questo Governo chiaro e coeso.
Oggi siamo di fronte ad una recessione, questo lo dicono i dati. L'Italia non è in una situazione facile: ha il terzo debito pubblico del mondo, ma non è la terza economia mondiale. Qui è stata provvidenziale la manovra finanziaria triennale che ha stabilizzato i conti pubblici, una manovra finanziaria che aiuterà ad uscire da questo momento di crisi, una manovra finanziaria che non permette l'assalto alle diligenze e che, quindi, dà stabilità ai conti pubblici. Soprattutto, per la prima volta dopo i Governi di centrosinistra, non sono state messe le mani nelle tasche degli italiani, perché non una sola tassa è stata richiesta ai cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Abbiamo ascoltato, durante le discussioni, attacchi pesanti al mondo della finanza, al mondo dei banchieri, anche a quelli italiani, abbiamo ascoltato proposte che vogliono mettere un po' in difficoltà il mondo bancario: siamo d'accordo su questi aspetti, però occorre avere anche onestà intellettuale, signor Presidente.
Dobbiamo ricordare che presso i gazebo della Lega Nord, interessi bancari e, soprattutto, grandi presidenti di banche non ne abbiamo visti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Invece, alle primarie dell'Ulivo, fino a qualche mese fa, abbiamo visto sempre presente il mondo della finanza italiana e i grandi banchieri che andavano a votare.
Oggi lo Stato in tanti Paesi, non ancora in Italia fortunatamente, sta entrando nel capitale delle banche. Siamo di fronte, fondamentalmente, alla fine di un'epoca. Si è pensato per tanti anni che il mercato fosse in grado di regolamentare tutti i settori e che fosse in grado di autoregolamentarsi. Così si pensava e così, purtroppo, non è stato: non è stato così in America (la sua crisi finanziaria lo dimostra) e non è così in Europa, che si è fatta travolgere dall'impeto globalista e si è fatta prendere da una globalizzazione a tutti i costi, senza volerla regolamentare né regolarizzare.
Quando la Lega, quindici anni fa (cioè, quando è partito questo processo economico), parlava di quote, di limiti, di regolamentazioni e di dazi, voleva dire proprio questo, perché la globalizzazione, se governata, produce aspetti positivi, altrimenti, come oggi, produce più aspetti negativi che positivi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Per fortuna, in questo Paese oggi vi sono le piccole e medie imprese, vi è il mondo dell'artigianato e quello del commercio (che in questo provvedimento cerchiamo di tutelare), che rappresentano - insieme ai loro dipendenti - la spina dorsale della nostra economia. Dobbiamo ricordare che, fino a pochi mesi fa, la sinistra criminalizzava questa struttura produttiva, perché sosteneva che le piccole imprese non potevano competere nel mondo globale, che non serviva avere il settore manifatturiero, perché tanto si sarebbe andati a produrre in altri Paesi. Oggi questo settore, se riusciremo ad uscire dalla crisi, sarà la spina dorsale della nostra economia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Quando voi dicevate che le piccole e medie imprese non erano in grado di competere e volevate promuovere la loro fusione e il loro accorpamento, evidenziando come le imprese familiari e le microimprese fossero troppo piccole e non servissero a niente e che fosse necessario Pag. 9farle crescere, volevate introdurre la finanza all'interno della nostra economia reale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Per fortuna, invece, i nostri «brambilla» di turno hanno creduto ancora nei loro fabbricati, nei loro terreni, nell'economia reale e non in quella cartacea. Se usciremo dalla crisi, sarà grazie a loro e a questa struttura produttiva.
Stiamo tranquilli colleghi, arriverà un provvedimento, che riguarderà le famiglie, le imprese ed i consumi. Arriverà. Il Governo sta solo prendendo tempo, perché vuole capire quanto sia ampia questa crisi. Non intende fare provvedimenti spot e veloci, ma seri e concreti.
Vorremmo ricordare solo due questioni. Oggi le imprese sono strozzate sotto molti aspetti, tra cui, per esempio, l'impossibilità di dedurre gli interessi passivi. Voi avevate proposto tale misura e, attenzione, avevate salvato le banche da questa proposta, perché le avevate esonerate (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). E, poi, ci venite a parlare ancora di studi di settore! Ma con quale coraggio venite in quest'Aula, dopo i flagelli compiuti dal Viceministro Visco attraverso gli studi di settore, a parlare di sostegno alle imprese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)? Se oggi le imprese sono in crisi, è perché i vostri studi di settore hanno alzato verso l'alto l'asticella dei ricavi presunti, perché eravate convinti che fossero evasori. Sono questi i motivi per cui, oggi, le nostre imprese sono in crisi.
Signor Presidente, concludiamo ricordando l'impegno della Lega Nord attraverso ordini del giorno ed emendamenti per quanto riguarda le banche popolari. Abbiamo salvato il voto capitario delle banche popolari, radicate sul territorio, che non pensano tanto alla finanza creativa, quanto piuttosto alla nostra economia territoriale.
In ultimo, vorrei evidenziare che, se lo Stato deve entrare nel capitale delle banche, deve anche garantire il credito alle piccole e medie imprese e alle famiglie (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Per questi motivi, la Lega Nord voterà a favore della conversione in legge del decreto-legge in esame (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bersani. Ne ha facoltà.

PIER LUIGI BERSANI. Signor Presidente, cari colleghi, noi non voteremo questo provvedimento, non per ciò che esso contiene (vi sono norme a tutela del risparmio alle quali anche noi abbiamo contribuito), ma per ciò che questo provvedimento non fa in soccorso al lavoro, alle famiglie e alle imprese.
A tal proposito, noi abbiamo proposto emendamenti ed iniziative che voi avete rifiutato e adesso siamo al riassunto: da luglio ad ora il Governo ha adottato tre decreti-legge e ha prodotto una legge finanziaria. In tre decreti-legge e in una legge finanziaria non c'è una sola misura che possa andare incontro alle esigenze poste da questa crisi: nessuna misura né sulle banche né, tanto meno, sui cittadini, le famiglie e le imprese. E questo sarebbe il Governo delle decisioni?
Ricordo che già a luglio pioveva, non faceva bel tempo; gli indicatori riportavano il segno meno davanti e voi non avete trovato di meglio che buttare via qualche miliardo e abbassare drasticamente l'asticella della fedeltà fiscale (a partire dalla tracciabilità dei pagamenti); non avete pensato di meglio che dare botte micidiali a grandi comparti sociali e ad azzoppare il sistema delle autonomie che in questi frangenti è quello più pronto a spendere in investimenti. Tutte misure, queste, che sono totalmente in controtendenza con le esigenze e che non sono state corrette nei decreti-legge successivi.
Adesso siamo ancora lì. Vedo che non si interviene adducendo a motivo l'Europa, e si dice: aspettiamo l'Europa. Ma la Gran Bretagna, la Germania, la Francia e la Spagna non hanno aspettato l'Europa. Ci dite che non c'è spazio perché siamo sommersi dal debito: lo sappiamo bene, ci piace che lo ricordiate anche voi che dal Pag. 102001 al 2006 lo avete fatto crescere di tre punti. Però, vorremmo dirvi che non si può invocare il debito quando si tratta di mettere due soldi in tasca a chi ne ha bisogno e dimenticarselo quando si parla di proprietari benestanti di Alitalia o di abbassamento della guardia in materia fiscale, che ci costerà qualche miliardo quest'anno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Ci avete detto, fin qui, che il decreto-legge e la legge finanziaria non sono il luogo giusto per discutere: vorremmo capire dov'è il posto in cui si può discutere di crisi. Io credo che le due verità siano queste: la prima, che intendete ridurre l'intervento sulla crisi a una specie di regalo di Natale; la seconda, che non avete ancora ben chiaro cosa mettere in questo pacco di Natale.
Vorrei allora, a beneficio del Governo (se lo ritiene), riassumere le nostre proposte: qui ci vuole una manovra da un punto di PIL quest'anno e un punto di PIL l'anno prossimo, questa è la nostra opinione. Ci vuole un intervento strutturale e non una tantum su salari, pensioni e stipendi medio-bassi (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori). Ci vuole un intervento consistente sugli ammortizzatori che anticipi la riforma degli ammortizzatori stessi, altrimenti non riusciremo ad andare incontro davvero ai contratti a termine e ai lavoratori della piccola impresa. Occorre che, se si dà un soldo solo alle banche, si mettano delle condizioni sulle rate dei mutui: non serve la rinegoziazione, che non funziona (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori), ma un diverso riferimento per le rate dei mutui. Ci vuole un intervento che garantisca l'accesso al credito alle piccole e medie imprese. Ci vuole un intervento che riconsideri tutti i meccanismi di incentivazione del management delle banche. Occorrono sponde per i federconsorzi di garanzia e investimenti, ma non i carri armati di cartone.
Smettiamola di prendere i soldi dal FAS per metterli da tutte le parti (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)! Smettiamo di vendere come immediati interventi che partiranno nel 2012 o nel 2013! Qui ci vogliono le anticipazioni della Cassa depositi e prestiti e un elenco di investimenti spendibili domani mattina, che si possono reperire solo in collaborazione con il sistema delle regioni e delle autonomie locali. Infine, occorrono interventi sulle politiche industriali e sull'accelerazione dei pagamenti della pubblica amministrazione, non entro nel dettaglio.
Voi ci state dicendo: presentate degli ordini del giorno, che qualcosa accogliamo. Bontà vostra: vedete un po' voi cosa volete fare! Noi vi diamo qualche istruzione per l'uso, la diamo a Babbo Natale: in primo luogo, non potete evitare la critica sui tempi e sui ritardi, perché quel che ieri o oggi può essere consumo se si mette un soldo in tasca a qualcuno, domani può essere risparmio e noi abbiamo bisogno di consumo. Bisogna trovare il tempo giusto per tali misure.
In secondo luogo, non inventatevi delle una tantum: ci vogliono interventi strutturali. Soprattutto non inventatevi delle una tantum che valgano la metà di quanto spenderemo per l'Alitalia: non sarebbe accettabile.
In terzo luogo, lo ripeto: non allestite carri armati di cartone (mi riferisco agli investimenti, ma anche ad altro). Non ho capito cosa volete dire a proposito delle tariffe del gas e della luce. Guardate che da dicembre - informiamoci reciprocamente - comincerà a calare in modo consistente la tariffa dell'elettricità e da gennaio quella tariffa del gas. Che cosa volete bloccare? Fatemi capire (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Cerchiamo di non lanciare messaggi che sanno più di demagogia che di altro.
Inoltre, non fate un pacchetto di Natale dove pesa di più l'involucro del contenuto! Per favore! Qui ci vogliono dei soldi veri e piuttosto abbondanti, e non si potrà dare la polpa alle banche e l'osso al lavoro, alla famiglia e alle imprese. Questa è la nostra posizione.
Voi dite che ci vuole compatibilità finanziaria, benissimo: si utilizzino i margini Pag. 11di flessibilità che ci sono, non siamo certo degli irresponsabili, per l'amor di Dio. Voglio concludere con il dato politico di fondo. Queste sono le proposte che abbiamo avanzato e queste sono le critiche; però - scusate la citazione poco dotta - diceva Bob Dylan che non è obbligatorio essere meteorologi per capire che tempo fa: nei prossimi sei mesi avremo certamente dei grossi problemi. Allora, la domanda è questa: il Governo, fin qui, ha colto la serietà di questa situazione? Può andare in continuità con quanto ha fatto finora e, come Tremonti ha detto ieri, mantenere la finanziaria, mantenere tutto il resto e andare avanti così? Può lanciare un messaggio al Paese uguale a quello che ha dato finora? Può fare la stessa politica economica? Mi soffermo sul messaggio: ragazzi, in ventiquattro ore siamo passati dalle barzellette sulla crisi, dal vecchio della montagna, all'appello ai liberi e ai forti. Cerchiamo di avere un minimo di misura! Occorre dare un messaggio serio e non ondivago, chiamare a raccolta le forze e uscire dalla leggerezza. Francamente, è necessario che qualcuno dica al Presidente del Consiglio che, per essere ottimista, non c'è mica bisogno di fare cucù: si può essere ottimisti in modo serio e responsabile (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)! Fin qui il Governo ha avuto una politica espressiva, aggressiva e divisiva.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

PIER LUIGI BERSANI. Ha scelto messaggi simbolici (i fannulloni, il grembiule, l'impronta digitale, il voto in condotta) ed efficaci - certo -, però le cose non sono migliorate e non hanno neanche dato segni labili di miglioramento, né nella pubblica amministrazione né nella scuola.
Per quanto riguarda l'ambito economico è accaduto lo stesso: si sono inviati messaggi espressivi quali la Robin Hood tax, gli 80 miliardi di euro, le divagazioni culturali: siamo passati da Augusta fino in Vestfalia, abbiamo girato per Eliogabalo, siamo passati per Adriano e poi siamo andati all'economia sociale di mercato; adesso si scoprirà il dictatus papae, secondo me, da qui a un paio di settimane (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Abbiamo fatto girare dei palloni, ma dov'è la sostanza di questa politica? Ecco il punto!

PRESIDENTE. Deve concludere.

PIER LUIGI BERSANI. Cari colleghi, abbiamo una piattaforma e saremo vicini alla gente che patisce questa crisi con le nostre proposte e con la nostra piattaforma. Se questa potrà essere gestita in confronto o in conflitto lo deciderete voi (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori e di deputati del gruppo Unione di Centro - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cicchitto. Ne ha facoltà.

FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Governo italiano nel corso di questi mesi ha messo in atto una serie di interventi (che ricorderò brevemente) per cui non è affatto giustificato l'attacco che la sinistra sta portando avanti affermando che non si è fatto niente. Vorrei anche aggiungere che con i comizi dell'onorevole Bersani non si va da nessuna parte (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
In primo luogo, abbiamo varato una finanziaria anticipata, che fortunatamente è stata anticipata - malgrado le vostre polemiche - perché se fossimo stati a settembre, ottobre e novembre ancora a finanziaria aperta avremmo avuto dei danni molto rilevanti. Essa ha operato forti tagli alla spesa pubblica, che ci hanno messo al riparo dai primi effetti dello tsunami finanziario sviluppatosi e che costituiscono anche un intervento necessario per un Paese - lo dobbiamo ricordare - che ha il terzo debito pubblico del mondo, per evitare un aumento della pressione fiscale, che voi avete praticato largamente Pag. 12nell'altra legislatura e che è una delle cause del vostro fallimento politico ed economico (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) e per creare la premessa per la detassazione di cui oggi si discute.
In secondo luogo, abbiamo adottato i primi interventi strutturali con i provvedimenti collegati in materia di lavoro, di internazionalizzazione delle imprese e di energia nucleare; adesso ci misuriamo con questo provvedimento (che vedo che alcuni sfottono e deridono, non rendendosi conto che esso ha una sua potenzialità che ci auguriamo rimanga potenziale) che ha avuto e ha lo scopo fondamentale di rassicurare i risparmiatori, di evitare situazioni di panico, di garantire la solidità delle banche. Questo provvedimento ha inoltre lo scopo di comunicare alle banche che è disponibile una quantità di denaro per patrimonializzarle (visto che negli altri Paesi questa operazione si è fatta), anche per evitare che le banche italiane, che talora si trovano in condizioni migliori rispetto alle altre banche, evitino questa patrimonializzazione fatta dall'esterno per operarla in una logica interna che, però, si risolverebbe nella contrazione del credito alle imprese ed ai clienti. Quindi, si tratta di un'operazione che in sé e per sé ha una logica espansiva.
Infine, credo che qualche collega abbia sbagliato su quale sia il provvedimento in discussione: tra pochi giorni ci troveremo ad affrontare il problema di quell'intervento sull'economia reale, che poteva realizzarsi solo in conseguenza di una serie di operazioni sulla spesa pubblica e sulla solidità del sistema bancario. Oggi è aperta una discussione esattamente sui temi indicati sia dall'onorevole Donadi, capogruppo dell'Italia dei Valori, sia dall'onorevole Bersani, ossia i temi riguardanti le famiglie a basso reddito, il lavoro e gli ammortizzatori sociali, con delle proposte e delle indicazioni. Ho letto quelle sui precari suggerite ieri dal professor Tiraboschi e le condivido interamente.
Questi temi riguardano anche le imprese ed il problema del rapporto fra le grandi banche e Cofidi e il ruolo che possono svolgere, rispetto agli artigiani e alla piccola impresa, un rilancio degli investimenti pubblici e delle infrastrutture, con l'utilizzazione della Cassa depositi e prestiti.
Il Governo italiano sta sviluppando questa concatenazione di interventi con dei tempi che sono in parallelo a quelli di altri Paesi europei. Non mi sembra che altri Paesi europei abbiano fatto chissà che cosa; anzi dobbiamo preoccuparci, da un lato, per certi ritardi nella riduzione dei tassi di interesse da parte della BCE e, dall'altro lato, della discussione che si è aperta fra la Francia, più espansiva, e la Germania, che segue una politica più restrittiva. Questo ci fa temere circa la capacità dell'Europa, nel suo complesso, di mettere insieme degli interventi che dovrebbero e devono essere adottati a livello non solo nazionale, ma anche internazionale.
Questo provvedimento ha provocato anche una discussione in Commissione e in Aula con interventi che sono stati di alto livello, sia da parte del relatore Conte, sia da parte dell'onorevole Causi, dell'onorevole Tabacci, dell'onorevole Messina, dell'onorevole Fluvi, dell'onorevole Savino e dell'onorevole Stracquadanio. Si tratta di una discussione sulla quale vorrei intervenire, evidenziando due punti. Si deve fare attenzione a mettere nel conto solo di un'area politica - quella cosiddetta di destra - la finanziarizzazione sregolata che ha portato a questa crisi. Il relatore Gianfranco Conte ha giustamente ricordato che la legge fondamentale che ha realizzato, negli Stati Uniti, il massimo di deregolamentazione porta come firmatario un deputato repubblicano, Gramm, ma come suggello quello di Clinton. Quindi, si è verificato un intreccio fra repubblicani e democratici su questo terreno, che si ritrova anche nelle vicende di istituti bancari, tant'è che è di oggi il salvataggio della Citigroup nella quale sono impegnati sia pezzi dell'establishment repubblicano, sia pezzi dell'establishment democratico. Pertanto, visioni ideologizzate di ciò che è avvenuto nel mondo, nel corso di questi anni, sono fortemente sbagliate.Pag. 13
Vorrei concludere su un secondo punto. In effetti, dobbiamo prestare estrema attenzione all'ideologismo, all'estremismo e alla tendenza, poi, a passare da un estremo all'altro sulla base delle mode. Il collettivismo si è suicidato negli anni Ottanta. In parallelo, nell'Occidente si è verificato un eccesso di dirigismo e di interventismo pubblico che, però, ad un certo punto è entrato in crisi. Ad esso è seguito un eccesso di liberismo finanziario, fondato sulla deregolamentazione estrema del sistema bancario e su una deindustrializzazione che, fortunatamente, ha riguardato più altri Paesi che non il nostro che, specialmente nel nord, è caratterizzato da un fortissimo capitalismo molecolare.
Non dobbiamo tornare al dirigismo, ma rimettere in moto la crescita e riscrivere un modello che possiamo definire - me lo consenta l'onorevole Bersani - di economia sociale di mercato, nella quale un libero mercato governato da regole ed equilibrato anche da un intervento pubblico, delimitato in chiave di solidarietà sociale, può essere la via di uscita dagli estremismi di opposto segno che hanno caratterizzato la vicenda economica dagli anni Ottanta a quelli attuali.
Il Presidente del Consiglio e il Ministro Tremonti hanno aperto il confronto con i sindacati, auspicando un'intesa e un confronto aperto e positivo che mi auguro possa svilupparsi in Parlamento e nel Paese.
Da questo punto di vista, però, va detto che la decisione già assunta dalla CGIL di confermare lo sciopero generale è un errore politico che deriva da una scelta, quella di fare uno sciopero politico caratterizzato da una scelta di opposizione pregiudiziale.
Allora, non è il Governo che rompe, non si sa come, l'unità sindacale, visto anche che i segretari di CISL e UIL sono autonomi, adulti e maggiorenni, ma è la CGIL che la rompe per uno schema politico che io mi auguro voi non seguirete. Sulla base di queste valutazioni confermiamo il voto positivo a questo decreto (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto, per le quali è stata disposta la ripresa televisiva diretta.

(Coordinamento formale - A.C. 1762-A)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1762-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 1762-A, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Conversione in legge del decreto-legge 9 ottobre 2008, n. 155, recante misure urgenti per garantire la stabilità del sistema creditizio e la continuità nell'erogazione del credito alle imprese e ai consumatori, nell'attuale situazione di crisi dei mercati finanziari internazionali) (1762-A):

(Presenti 504
Votanti 299
Astenuti 205
Maggioranza 150
Hanno votato
269
Hanno votato
no 30).Pag. 14

Prendo atto che i deputati Porfidia e Razzi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario e che il deputato Papa ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.
Prendo atto che i deputati Losacco, Buttiglione, Pezzotta e Touadi hanno segnalato di non essere riusciti a votare mentre avrebbero voluto astenersi e che la deputata Pollastrini ha segnalato di aver espresso un voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario.
Prendo atto, infine, che il deputato Sanga ha segnalato di avere erroneamente espresso voto favorevole, mentre avrebbe voluto astenersi e che il deputato Scandroglio ha segnalato di non essere riuscito a votare.
Sospendo brevemente la seduta, che riprenderà alle 12 con lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo sul tragico incidente verificatosi al liceo scientifico Darwin di Rivoli e sulle iniziative per garantire la sicurezza degli edifici scolastici.

La seduta, sospesa alle 11,55, è ripresa alle 12,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

PRESIDENTE. Saluto gli studenti del corso di diritto parlamentare della facoltà di giurisprudenza dell'Università statale di Milano, che assistono ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

Informativa urgente del Governo sul tragico incidente verificatosi al liceo scientifico «Darwin» di Rivoli, in provincia di Torino, e sulle iniziative per garantire la sicurezza degli edifici scolastici.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sul tragico incidente verificatosi al liceo scientifico «Darwin» di Rivoli, in provincia di Torino, e sulle iniziative per garantire la sicurezza degli edifici scolastici.
Avverto che, dopo l'intervento del rappresentante del Governo, interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Guido Bertolaso.

GUIDO BERTOLASO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, il Ministro Gelmini mi ha pregato in sua assenza - essendo in questo momento in missione all'estero - di riferire sui tragici eventi che hanno riguardato il 22 novembre intorno alle ore 10 il liceo scientifico Darwin di Rivoli, di proprietà della provincia di Torino, dove si verificava il cedimento di un controsoffitto all'interno di un'aula assegnata alla classe IV, sezione G, ubicata al primo piano del complesso scolastico.
Il crollo, le cui cause sono in corso di accertamento, travolgeva 17 studenti presenti in quel momento. Sono subito intervenuti sul posto i militari dell'Arma dei carabinieri e il personale dei vigili del fuoco e del 118, che hanno provveduto all'immediato soccorso ed al trasferimento presso le strutture sanitarie dei ragazzi coinvolti. I soccorritori, dopo reiterati e ripetuti tentativi di rianimazione, accertavano purtroppo il decesso, causato da politraumi, dello studente Vito Scafidi, nato a Torino il 2 ottobre 1991 e residente a Pianezza, in provincia di Torino. In tempi rapidi, veniva effettuata l'evacuazione di tutte le persone presenti nello stabile, sede anche di un altro istituto, il tecnico commerciale Romero. Inoltre, venivano quantificate tutte le persone complessivamente presenti in circa 1.100 Pag. 15unità: 800 studenti, 100 persone tra personale docente e non docente e anche 200 familiari di studenti di scuole medie inferiori, che partecipavano in quel momento ad un open day illustrativo dell'attività svolta proprio dal liceo scientifico.
Il comando provinciale dei vigili del fuoco disponeva l'inagibilità temporanea dell'intero edificio, in attesa delle verifiche che dovevano essere portate avanti. Di concerto con l'autorità giudiziaria, i carabinieri provvedevano, quindi, al sequestro dei locali presenti al primo e al secondo piano dell'ala dell'istituto dove insiste l'aula interessata dal crollo. Le persone rimaste ferite a causa di tale crollo sono state ricoverate negli ospedali di Rivoli e Orbassano, alle Molinette e al centro traumatologico ortopedico di Torino.
La maggior parte degli studenti è stata dimessa nel frattempo. Al momento risultano ricoverati ancora tre ragazzi: due presso il CTO di Torino e un altro presso le Molinette. Il più grave è lo studente Andrea Macrì, nato Torino il 26 maggio 1991, che è stato giudicato in prognosi riservata per diverse lesioni da schiacciamento, fratture e lussazioni. È stato sottoposto ad intervento chirurgico, e credo che in questo momento sia proprio in sala operatoria per un nuovo intervento.
Nel primo pomeriggio dello stesso 22 novembre giungeva sul luogo dell'evento il Ministro dell'istruzione che, dopo aver incontrato le autorità politiche provinciali e regionali e i vertici delle forze dell'ordine e dei vigili del fuoco, e dopo anche aver fatto una diretta ricognizione sul luogo dell'accaduto, ha incontrato i familiari della vittima e gli studenti ricoverati. In attesa che vengano completate le verifiche da parte dei tecnici della provincia di Torino, ovviamente l'attività didattica è sospesa. Secondo quanto è stato riferito dall'amministrazione provinciale, nel corso di una riunione che si è tenuta ieri pomeriggio, è prevedibile che - una volta conclusi i controlli - dall'inizio della settimana prossima possano riprendere le attività scolastiche nella parte dell'edificio occupata dall'istituto tecnico Romero. Il liceo scientifico Darwin invece verrà ospitato, a partire presumibilmente dalla settimana prossima, presso un altro istituto scolastico di Rivoli.
Per quanto riguarda le cause dell'evento, sono in corso gli accertamenti disposti dall'autorità giudiziaria, che ha nominato tre periti.
In via di prima valutazione, il crollo che ha interessato il liceo Darwin - sulla base delle notizie e delle foto raccolte anche dai miei uffici tecnici, oltre che dei contatti con i tecnici del posto delle diverse istituzioni - sembra che sia stato causato da un cedimento di un controsoffitto pesante, del peso presumibile di circa 100-150 chilogrammi per metro quadro, ancorato alla struttura principale del solaio di copertura, e anche della relativa tubazione metallica appesa al medesimo solaio. Il fenomeno, quindi, non sarebbe stato causato da un cedimento della struttura principale, tanto che il solaio di copertura non è crollato e non risulta apparentemente danneggiato. Piuttosto si potrebbe ipotizzare che ci si trovi di fronte ad un cedimento di elementi non strutturali ma comunque pesanti, alti, fragili e agganciati in modo precario al solaio strutturale, sottoposti inoltre all'azione logorante del tempo, alla ruggine del filo di ferro, all'umidità dei laterizi del solaio.
La provincia di Torino ha riferito anche di aver sostenuto nell'ultimo decennio ingenti investimenti, di circa 626 milioni di euro, per la manutenzione ordinaria e straordinaria delle 163 scuole superiori che sono ubicate nel territorio della provincia. Questo per quanto riguarda il caso specifico; ovviamente, sarà compito dell'autorità giudiziaria stabilire le vere cause del crollo, mentre per quello che riguarda il liceo gli studenti verranno trasferiti in un altro istituto scolastico e si dovrà provvedere ad una dettagliata, puntuale, profonda valutazione e revisione delle strutture.
Ciò che è avvenuto, purtroppo, non costituisce una situazione episodica nelle scuole italiane d'epoca; sappiamo che questo istituto è stato riconvertito come istituto scolastico e che annovera diversi anni di esistenza. Le scuole italiane andrebbero Pag. 16sistematicamente sottoposte a interventi strutturali di manutenzione straordinaria, compresa l'eliminazione dei controsoffitti pesanti e, dove necessario, l'eventuale sostituzione degli stessi con altri composti da materiale leggero. È di tutta evidenza come queste situazioni divengano ancora più pericolose e bisognose di interventi urgenti nelle zone del Paese soggette a rischio sismico, dove anche un terremoto relativamente lieve, e cioè che non provoca crolli o danni rilevanti alle strutture, a causa anche di vibrazioni, può facilmente determinare il crollo sistematico dei controsoffitti pesanti, delle tubazioni e dei vari elementi non strutturali ancorati, a volte, in modo assolutamente precario.
Le scuole pubbliche italiane, intese come sedi scolastiche, sono oggi circa 42 mila (erano 41 mila 705 nel 2004). Il totale degli alunni è di poco inferiore agli 8 milioni. I dati non comprendono le università, né le scuole della regione Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e Bolzano. Le scuole private sono circa 14 mila 800, e quindi il totale porta ad un numero di circa 57 mila scuole esistenti nel nostro Paese. È ovvio che da questo punto di vista la messa in sicurezza, secondo le normative vigenti, compresi i criteri di una corretta messa in sicurezza delle scuole nelle zone a rischio sismico, richiede uno sforzo economico non indifferente. Vi sono diverse stime a questo proposito, stime ufficiose e ufficiali. Da questo punto di vista ci dobbiamo rifare alle stime del piano straordinario per la messa in sicurezza degli edifici scolastici redatto dal Ministero delle infrastrutture, che ha tenuto presenti diversi criteri sulla vulnerabilità degli stessi istituti, avendo sempre come punto di riferimento le zone a rischio sismico e partendo anche dai costi dedotti dall'esperienza della ricostruzione che ha avuto luogo in Umbria e nelle Marche dopo il terremoto di undici anni or sono. Vi sono quindi costi diversi, vi sono cifre anche parecchio importanti e significative.
Se si volesse intervenire in tutti i 57 mila istituti del nostro Paese, considerando in modo particolare le zone sismiche di grado primo, secondo e terzo (ovvero quelle comunque a sismicità alta, media e bassa), dovremmo ritenere necessario un importo pari a circa 13 miliardi di euro per la messa a norma e la messa in sicurezza di tutti gli istituti.
Peraltro, come sappiamo, la vicenda che ha interessato l'istituto Darwin di Rivoli non riguarda territori a rischio sismico, perché la provincia di Torino, e Rivoli in particolare, non sono classificati nell'ambito delle categorie a rischio sismico. Quindi, da questo punto di vista se avessimo dovuto temere un crollo di qualche istituto scolastico probabilmente lo avremmo atteso da qualche altra parte del nostro Paese rispetto, invece, alla località dove è accaduto.
È ovvio che la somma di 13 miliardi di euro è difficilmente sostenibile. Insieme al Ministero delle infrastrutture e agli enti locali abbiamo, quindi, cercato di immaginare una riduzione del fabbisogno economico in modo da garantire comunque interventi per la messa in sicurezza e la messa a norma di quegli istituti che insistono nelle aree considerate a rischio sismico elevato e a rischio sismico moderato. Già per questo genere di interventi il fabbisogno sarebbe comunque pari a circa 4 miliardi di euro. Si tratta in ogni caso di stime approssimative che danno solo un ordine di grandezza del fabbisogno per il miglioramento, soprattutto sismico, e per le forniture connesse.
In ordine agli aspetti relativi ai soldi disponibili, ai finanziamenti che vi sono già e alle modalità della loro utilizzazione, dobbiamo premettere che tutto ciò che attiene alla fornitura e alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici (compresi l'adeguamento e la messa a norma e in sicurezza degli stessi) rientra, come sappiamo, nelle dirette competenze degli enti locali.
Per quanto riguarda i finanziamenti abbiamo un mosaico articolato e complesso delle modalità di finanziamento che sono previste sia per la messa in sicurezza di tutti gli edifici, sia in particolare per la messa in sicurezza degli edifici che insistono nel territorio del nostro Paese a Pag. 17rischio sismico. Vi sono in primo luogo i finanziamenti disposti dall'articolo 4 della legge n. 23 del 1996, che ha assegnato risorse complessive per il triennio 2007-2009 pari a 250 milioni di euro, dei quali 50 milioni di euro per il 2007 e 100 milioni di euro per il 2008 e il 2009.
Sulla base del patto per la sicurezza - che, come sappiamo, è stato firmato nel dicembre dell'anno scorso - l'intero importo è stato dedicato alla messa in sicurezza delle scuole ed è stato integralmente compartecipato con le regioni e con gli enti locali, con uno sviluppo complessivo di investimenti per oltre 940 milioni di euro. Sono già stati attivati i piani del 2007 per 184 milioni di euro e anche quelli del 2008, con un recente decreto del 18 luglio, per circa 300 milioni di euro. Per il 2009, nel marzo-aprile dell'anno prossimo dovrebbe essere definito un analogo importo sulla base del terzo piano.
Vi è, inoltre, il piano straordinario previsto dall'articolo 80, comma 21, della legge n. 289 del 2002. È una legge che nasce sull'onda dell'emozione per la tragedia di San Giuliano di Puglia e che prevedeva un piano straordinario per la messa in sicurezza delle scuole, con particolare riguardo (ma non esclusivo) a quelle insistenti nelle zone a rischio sismico. Per questa legge è stata riservata al piano per la messa in sicurezza delle scuole una percentuale delle risorse destinate al programma complessivo delle infrastrutture strategiche definito dal Ministero delle infrastrutture e dal Ministero dell'economia e delle finanze.
Al momento è stato formulato un piano generale pari a 4 miliardi di euro e sono stati avviati i primi due piani stralcio, rispettivamente di 194 e di 301 milioni di euro circa. Questi due piani stralcio, tuttavia, alla luce delle procedure per l'assegnazione dei fondi, sebbene nati nel 2002 e sebbene vi sia stato il successivo finanziamento di 301 milioni di euro nel 2003, sono ancora piani in corso d'opera.
Il primo piano stralcio ha visto un impegno di spesa pari al 70 per cento della somma che era stata assegnata, e il secondo piano stralcio risulta avere un impegno di spesa pari al 25 per cento di quelli che sono gli interventi previsti. Per quanto riguarda le realizzazioni davvero effettuate sulla base di questo piano, di questa legge e di questi finanziamenti, sono realizzazioni che nel migliore dei casi sono appena iniziate.
Per assicurare la prosecuzione di tale intervento il recente articolo 7-bis della legge n. 169 del 2008 ha previsto la riserva a regime, e quindi stabile, del 5 per cento delle risorse che di volta in volta vengono assegnate al piano generale per le infrastrutture strategiche; e questo credo che sia un aspetto particolarmente significativo, anche perché sempre l'articolo 7-bis di tale legge recentemente approvata ci consente di intervenire sulle somme ingenti che ancora non sono state erogate, a fronte di finanziamenti che erano stati assegnati per l'edilizia scolastica da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Questi dati ci vengono forniti dalla Cassa depositi e prestiti, e ci permettono quindi di disporre la revoca e la riassegnazione di tali risorse, dedicandole in modo particolare alla mitigazione del rischio sismico, all'accelerazione delle procedure e all'identificazione di almeno 100 edifici scolastici, quelli particolarmente bisognosi di interventi urgenti in materia di sicurezza sismica; e si prevede per questo specifico caso anche una forma di commissariamento, con la nomina ad hoc di un soggetto attuatore.
Vi è poi un'altra tipologia di finanziamenti, quella prevista dalla legge n. 296 del 2006, per la quale è stato sottoscritto con l'INAIL un protocollo di intesa per l'avvio a titolo sperimentale nel triennio 2007-2009 di un piano di finanziamento per l'adeguamento a norma delle scuole secondarie. L'INAIL, a seguito di questo protocollo, ha stanziato 100 milioni di euro per il triennio 2007-2009, è stato emesso il primo bando di 30 milioni, che era in verità per il 2007, e sono in fase di emanazione quelli per il biennio successivo per i restanti 70 milioni.
Vi è poi l'ultima tranche di possibili finanziamenti prevista dall'articolo 32-bis della legge 24 novembre 2003, n. 326, che Pag. 18riguarda in modo particolare la Protezione civile e il Fondo per interventi straordinari della Presidenza del Consiglio dei ministri. Questo articolo, che ha avuto una dotazione iniziale di 273 milioni di euro suddivisa su tre annualità, prevede in verità una serie di interventi nei confronti degli edifici cosiddetti strategici che insistono nelle zone a rischio sismico, e quindi non riguardano solamente le scuole ma anche gli ospedali, le caserme dei vigili del fuoco, riguardano insomma l'esigenza di mettere in sicurezza tutte quelle realtà che in caso di terremoto non solo dovrebbero rimanere in piedi, ma dovrebbero rappresentare il punto di riferimento per la realizzazione dei soccorsi alla popolazione da parte della Protezione civile. Anche questo articolo, anche questo budget è ripartito fra competenze regionali e competenze statali; con una serie di ordinanze di protezione civile, sempre definite d'intesa con le regioni, è stato possibile effettuare fino ad oggi 7 mila verifiche tecniche sugli edifici strategici maggiormente a rischio, e adottare una serie di interventi veri e concreti di miglioramento e adeguamento di queste opere, che ad oggi sono stati 230. Le 7 mila verifiche tecniche che abbiamo fatto hanno fornito comunque un quadro preoccupante delle condizioni di rischio cui sono esposti gli edifici di rilevanza pubblica e di importanza strategica in condizioni emergenziali.
Tornando al punto della messa in sicurezza delle prime cento scuole, che si vorrebbe organizzare e lanciare anche come segnale concreto di attenzione e di efficacia, abbiamo già previsto la possibilità di avvalerci di una disponibilità immediata pari a circa 75 milioni di euro.
Per quello che riguarda questa effettuazione, anche in tal caso bisogna passare, ovviamente, attraverso la logica concertazione con gli enti locali. Proprio alcuni giorni or sono, nella seduta del 13 novembre, in sede di Conferenza unificata sono state approvate le modalità di attivazione di questi fondi straordinari, che prevedono comunque criteri da un lato consueti, dall'altro acceleratori.
La ripartizione della somma viene comunque effettuata tra le regioni sulla base dell'indicatore di rischio sismico per ciò che riguarda l'edilizia scolastica. Le regioni debbono preparare un piano finalizzato agli interventi più urgenti e necessari. Il Ministero dell'economia e delle finanze ha dato il suo assenso per quanto riguarda l'istituzione di una contabilità speciale che possa essere affidata ad un soggetto ben individuato, che diventi il responsabile dell'attuazione di tale intervento.
Per stabilire le procedure, nonché per una supervisione delle attività e per la definizione anche dei vari contenziosi e dei vari problemi che potrebbero sorgere, è stata istituita una commissione mista nell'ambito della quale sono presenti i tecnici della Protezione civile, del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Ministero dell'economia e delle finanze e, ovviamente, di tutte le regioni interessate.
Questo è lo stato dell'arte; dovremmo però aggiungere altre considerazioni, rapide ma molto significative.
Quando si parla di sicurezza nelle scuole non possiamo infatti dimenticare, ad esempio, che, con riferimento alle scuole italiane, attraverso tutta una serie di provvedimenti di deroghe che sono stati adottati con i vari decreti-legge di proroga termini di fine anno, i termini per l'entrata in vigore nell'ambito della scuola della normativa contenuta nella legge n. 626 del 1994 - la famosa legge che regolamenta tutte le attività di messa in sicurezza sui luoghi di lavoro (e ovviamente la scuola deve essere considerata un luogo di lavoro) - sono stati prorogati, sempre con l'adozione di decreti-legge in questi ultimi anni.
La motivazione di tali proroghe è sempre stata dettata da gravi carenze economiche per ciò che riguardava, appunto, la messa in sicurezza e la messa a norma di tutte quelle che sono le situazioni presenti in tutte le scuole del nostro Paese.Pag. 19
Su queste proroghe si è sempre registrata l'unanimità da parte sia delle strutture centrali, sia degli enti locali direttamente interessati.
Nell'accordo di programma siglato nel dicembre dell'anno scorso, è stato anche previsto che l'entrata in vigore della legge n. 626 del 1994 venisse comunque prorogata fino al 31 dicembre del 2009, fatti salvi gli interventi di organizzazione dei piani di emergenza per le scuole maggiormente a rischio.
Possiamo quindi affermare che, per ciò che riguarda la «legge-madre» di tutte le norme per la sicurezza sui luoghi di lavoro, essa si applica a tutte le realtà istituzionali del nostro Paese, fatti salvi gli istituti scolastici (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Mi pare che questa condizione e questa situazione siano assolutamente inaccettabili!
Credo insomma che, anche in attesa di nuovi e maggiori finanziamenti, sia necessario utilizzare bene quelli che abbiamo. È ovviamente fondamentale portare avanti il progetto di messa in sicurezza delle nostre scuole: questo deve essere un grande piano, a tutti gli effetti un piano strategico che possa avvalersi di quelle procedure acceleratorie cui ha fatto cenno, anche recentemente, il Ministro dell'economia e delle finanze.
Come avete sentito, disponiamo di diversi canali e di diverse fonti di finanziamento, ognuna delle quali però segue una procedura diversa, una procedura complicata e farraginosa che ritarda di molto le tempistiche in ordine alla possibilità di utilizzare le risorse.
La messa in sicurezza, la ristrutturazione, gli interventi di tecnologia e di ingegneria sismica, l'applicazione della legge n. 626 del 1994 presso i luoghi nei quali mandiamo a crescere i nostri figli, non la fanno i genitori, gli insegnanti e gli studenti (ai quali spetta, comunque, il compito di vigilare e di segnalare, come fanno anche con noi, pure in questi ultimi giorni).
Gli interventi, quelli veri, strutturali, li fanno le imprese, le nostre società, che devono vedere in questi interventi difficili, complessi e molto articolati, le stesse opportunità e le stesse prospettive di rilancio economico che vedono nella costruzione di autostrade, di linee ferroviarie veloci, nelle realizzazioni di viadotti, nelle cosiddette grandi opere. Non mi pare che ci possa essere opera più grande di quella di garantire la sicurezza ai nostri figli e la serenità ai genitori. È sulla base di questi principi che vedo, quindi, possibile un ruolo della Protezione civile e delle sue normative, che sappiamo essere snelle e rapide, per fare quello che già si sta facendo, ma che non è assolutamente sufficiente. Mi domando come mai non sia possibile offrire agli enti locali quelle deroghe alle norme vigenti che hanno permesso di mettere in sicurezza, ad esempio, torrenti e fiumi, dopo l'alluvione del Piemonte, che hanno consentito di gestire anche problematiche diverse, come la siccità del 2003, o come quella appena passata, facendo gestire ai consorzi di bacino cifre non indifferenti per opere di regimazione idraulica e miglioramento degli acquedotti. Se abbiamo potuto ricostruire, con le norme della Protezione civile, il teatro La Fenice a Venezia, la cattedrale di Noto, il Petruzzelli di Bari, se, con queste procedure, stiamo realizzando il passante di Mestre, perché non mettere in sicurezza, con le stesse metodiche, licei, ginnasi, istituti tecnici, scuole elementari e materne?
Ritengo che, da questo punto di vista, sia necessaria la massima attenzione anche da parte del Parlamento. Durante la XIV legislatura, per 83 ore si è parlato di sicurezza nelle scuole (sulla base di 166 richieste di sindacato ispettivo o di altra attività di questo genere), durante la XV legislatura se ne è parlato per 23 ore, in quest'ultima, ovviamente, per sei ore e mezza. Ma quando, l'altro giorno, ho parlato di fronte a due deputati, che mi chiedevano informazioni riguardo all'alluvione in Piemonte, ricordavo che ancora una volta si parlava di prevenzione e di esigenza di mettere in sicurezza il nostro territorio solo dopo una tragedia, mentre, invece, sarebbe dovere di noi tutti riuscire ad avviare un serio di programma di Pag. 20prevenzione sulla base di quelli che sono gli elementi, i soldi, le procedure, la capacità d'intervento di tutto il nostro Paese. Credo che vi sia un grande consenso nell'opinione pubblica, nelle istituzioni, e anche nel Parlamento, per adottare un serio, concreto e rapido piano di intervento. Ovviamente, non si deve fermare quel monitoraggio quotidiano di ogni istituto, al quale tutti noi ci stiamo dedicando, ma deve terminare questa vergogna della proroga della legge n. 626 del 1994 per quello che riguarda le scuole; lo dobbiamo ai bambini di San Giuliano, lo dobbiamo a Vito, ai genitori, abbiamo tutte le potenzialità e le capacità per farlo. Penso che nessuno di noi voglia, o possa, distrarsi in altre vicende, perdendo un'occasione importante che i nostri ragazzi non capirebbero e per la quale non ci perdonerebbero mai (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto tecnico industriale Enrico Mattei di Urbino, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

(Interventi)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Osvaldo Napoli. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

OSVALDO NAPOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, desidero esprimere a nome mio personale, e per conto del gruppo Popolo della Libertà, il più vivo cordoglio ai familiari del giovane ragazzo rimasto vittima del crollo della scuola di Rivoli e i sentimenti di vicinanza ai ragazzi rimasti feriti, con un augurio di pronta guarigione. Di fronte alla tragica vicenda, bisogna subito sgombrare il campo da ogni equivoco: non vi è alcuna correlazione tra il piano programmatico di riorganizzazione del sistema dell'istruzione e gli interventi in tema di edilizia scolastica. Ha molto colpito il tentativo di mettere, invece, in connessione la riqualificazione della spesa dell'intero sistema dell'istruzione e la tragedia di Rivoli.
Se una correlazione vuole essere cercata andrebbe invece cercata esattamente in una prospettiva opposta, vale a dire: non è forse necessario intervenire subito su un bilancio dell'istruzione che assorbe il 97 per cento di tutte le risorse in spese del personale? La necessità di intervento sull'edilizia scolastica è stata subito avvertita dal Ministro Gelmini, che ha già attivato una serie di azioni anche legislative finalizzate proprio ad interventi immediati nell'edilizia scolastica, cercando di recuperare tempi inspiegabilmente perduti. Permettetemi di dire con forza e chiarezza che non è vero che il cosiddetto decreto Gelmini ha tagliato i fondi degli istituti scolastici, anzi la legge n. 169 del 2008 - mi riferisco all'articolo 7-bis del decreto-legge 1o settembre 2008, n. 137, poi convertito appunto della legge richiamata - consente corsie preferenziali per interventi di edilizia e di sicurezza negli istituti. Occorre però che ciascuno si assuma le sue responsabilità. È noto infatti che sull'edilizia scolastica le competenze sono conferite agli enti locali: in particolare devono provvedere alla realizzazione, alla fornitura e alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici i comuni per le scuole materne, elementari e medie, e le province per gli istituti e le scuole di istruzione secondarie e superiori. Permettetemi di dire che rimango colpito nel vedere la lista delle scuole per cui la provincia di Torino, il 12 novembre scorso, aveva approvato lavori di manutenzione per un totale di oltre 5 milioni e mezzo di euro. Vi sono vari istituti e sono elencati interventi di ogni tipo (rifacimento delle facciate, sostituzione delle coperture di amianto, ristrutturazione di servizi igienici, interventi sugli ascensori). Ci sono ventisei scuole superiori cui sono destinati importi che vanno dal milione di euro a 72 mila euro, ma in quella lista non c'è traccia del liceo scientifico Darwin di Rivoli. E per chi come me ha fatto il sindaco per vent'anni non vi sono dubbi che la Pag. 21scelta degli interventi sia una scelta politica. Si può intervenire su una scuola anziché su un'altra, il caso però porta a far dire che quella scuola, cui è successo quello che è successo, non era prevista tra quelle per le quali la provincia di Torino aveva stanziato fondi per ventisei interventi.
Non è sufficiente quindi lamentare genericamente la mancanza di risorse, occorre invece affrontare i temi della scuola senza pregiudizi ideologici, che rischiano di impedire anche la semplice analisi di provvedimenti già adottati. Prevedere che il 5 per cento del programma delle infrastrutture strategiche sia destinato ad interventi di edilizia scolastica è innanzitutto un'affermazione del principio della centralità e della strategicità della scuola nelle politiche di questo Governo. Ovviamente, questa norma provvede a recuperare risorse aggiuntive rispetto agli interventi ordinari che comunque sono stati confermati e che il sottosegretario Bertolaso ha prima elencato in maniera perfetta. Subito dopo il suo insediamento, il Ministro Gelmini ha firmato il decreto di reparto del piano sicurezza 2008 per 300 milioni, e si sta provvedendo in finanziaria a coprire quello del 2009. Inoltre, sono stati recuperati, proprio il 19 novembre, fondi CIPE per le infrastrutture della scuola per 480 milioni per sole otto regioni del sud. La tragedia di Rivoli chiama sul banco dell'accusa, in attesa che le indagini della magistratura facciano il loro corso, la lentocrazia che stritola le istituzioni locali non meno del Governo nazionale.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

OSVALDO NAPOLI. Diceva Bertolaso, pochi giorni fa, per quanto riguarda le risorse del 2003, liberate oggi, che questo è uno dei sei Paesi al mondo avanti a tutti, allora non possiamo permetterci di vivere il paradosso di risorse non impiegate tempestivamente. La messa in sicurezza delle scuole è una questione affiorata dai tempi del crollo della scuola di San Giuliano. Prima di allora mai nessun Governo si era soffermato a guardare lo sfascio e la vetustà di molti edifici scolastici. All'opposizione, o a quella parte di essa, che pensa di cavalcare questa tragedia possiamo rispondere con l'invito a non imbarbarire oltre misura la lotta politica e a lavorare insieme su due versanti.

PRESIDENTE. Deve concludere.

OSVALDO NAPOLI. Da un lato, occorre velocizzare la capacità di spesa degli enti locali - vado verso la conclusione - per la quale sono impegnato a redigere un apposito provvedimento che vorrei, a questo punto, nascesse in uno spirito di larga concordia.
L'altro aspetto - concludo - riguarda la necessità inderogabile per le province di stanziare risorse aggiuntive per la messa in sicurezza. Chiedo anche al Governo, se possibile, di stanziare fondi anche al di fuori del Patto di stabilità interno. È uno sforzo congiunto di province e Governo ma anche dell'opposizione...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Osvaldo Napoli.

OSVALDO NAPOLI. Se davvero l'opposizione crede nel dialogo, è una buona occasione per praticarlo fuori e al riparo di ogni strumentalismo. È il nostro desiderio e ci auguriamo che sia anche il desiderio, al di là del colore politico, anche da parte di tutti voi (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Saluto gli allievi e i docenti dell'Istituto comprensivo generale Gonzaga di Serre (Salerno), che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare l'onorevole Martella. Ne ha facoltà.

ANDREA MARTELLA. Signor Presidente, signor sottosegretario, abbiamo ascoltato con grande attenzione quanto lei ha riferito quest'oggi alla Camera.
Abbiamo apprezzato anche il profilo tecnico del suo intervento. Tuttavia, ci saremmo aspettati maggiore chiarezza e Pag. 22maggiore trasparenza sull'uso delle risorse finanziarie, sui fondi davvero disponibili e sui piani che il Governo intende attivare.
Non vi è dubbio che siamo di fronte ad una tragedia che non è possibile definire: non si può morire a diciassette anni, non si può morire sui banchi di scuola, facendo il proprio dovere di studente: non può accadere nel 2008.
Alla famiglia di Vito Scafidi, ai suoi genitori, vogliamo rivolgere da quest'Aula l'espressione più vera dei nostri sentimenti di solidarietà e di partecipazione commossa per il loro indicibile dolore. Così come vogliamo esprimere la nostra vicinanza alle famiglie degli altri ragazzi rimasti coinvolti, a tutti gli studenti, gli insegnanti e gli operatori del liceo Darwin di Rivoli e all'intera città di Rivoli.
È questo il momento - non è nostro compito: lo ha detto anche lei - di dare rapido corso alle indagini, di accertare al più presto eventuali responsabilità, di capire se ci sono state sottovalutazioni. Insomma, è questo il momento di scoprire la verità e di fare giustizia e deve avvenire in tempi rapidi.
Ma la tragica vicenda di Rivoli impone un'immediata risposta da parte di tutte le forze politiche, che devono dimostrare senso di responsabilità. La politica, di fronte a tragedie come questa deve avere la capacità di dare prova di maturità, di serietà. Deve avere la capacità di decidere di rifuggire da tentazioni polemiche o strumentali, di dare risposte urgenti concentrando i propri impegni su un piano efficace di interventi da realizzare in tempi rapidi affinché queste tragedie non si ripetano mai più.
Per tali ragioni non faremo come l'onorevole Osvaldo Napoli, che ho visto uscire dall'Aula. Non stiamo attribuendo la colpa al Governo, né addosseremo la colpa di quanto è accaduto al Governo stesso ma, allo stesso modo, riteniamo sbagliato affermare che quanto è avvenuto è solo una drammatica fatalità, come ha detto in questi giorni il Presidente del Consiglio. La tragedia di Rivoli dimostra che non si possono tagliare le risorse destinate alla sicurezza degli edifici scolastici, come purtroppo ha fatto l'attuale Governo. La legge finanziaria per l'anno 2009 - lo ricordiamo, lei non lo ha detto, dottor Bertolaso - ha ridotto di 22,8 milioni di euro gli investimenti sui 100 previsti per i piani di edilizia scolastica. Mi ha sorpreso questa sua dimenticanza e questo taglio è tanto più grave perché si riducono i piani regionali, si fanno saltare gli interventi già previsti. Queste risorse - vogliamo dirlo con forza - vanno ripristinate subito.
Anche i 100 milioni a cui ha fatto riferimento, dottor Bertolaso, relativi all'accordo con l'INAIL all'interno dell'ultima legge finanziaria, sono stati ridotti di 23 milioni. Sono stati portati appunto da 100 a 77 milioni. Non solo: il cosiddetto decreto-legge Gelmini a cui lei ha fatto pure riferimento, diventato legge, la cosiddetta legge sul maestro unico, dimezza le risorse sulla sicurezza antisismica negli edifici scolastici. Il precedente Governo, come lei sa bene, aveva destinato a questo scopo 250 milioni, corrispondenti al 10 per cento degli investimenti globali in infrastrutture. Con la vostra «legge Gelmini», questi investimenti si riducono dal 10 al 5 per cento: come lei ha detto, ma senza ricordare che vi è stato un dimezzamento e benché si stia anche facendo credere che si stiano incrementando le risorse.
Inoltre, per uno che si occupa di infrastrutture - me lo faccia dire - poiché si fa riferimento al piano delle opere strategiche, si fa riferimento a 14 miliardi di euro stanziati dallo Stato e a 30 miliardi di euro previsti dai privati di cui il 5 per cento vale per le infrastrutture scolastiche: lei sa meglio di me che, ad oggi, non sappiamo quali sono le risorse pubbliche destinate dallo Stato per le opere strategiche (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Quindi, stiamo parlando di un 5 per cento del nulla.
Anche l'intervento straordinario di manutenzione di cento istituti avverrà grazie al fondo residuo di 20 milioni di euro per tre anni, destinati dalla legge finanziaria per il 2008 del Governo Prodi per gli interventi di edilizia scolastica e derivanti dal taglio dei costi della politica. Quindi, si Pag. 23tratta di risorse che erano state già tutte previste. Queste sono le cifre. I dati molto preoccupanti sono quelli che ha citato lei circa gli edifici scolastici, che richiedono interventi urgenti.
Quindi, oggi vogliamo dire con molta chiarezza che è necessario avviare un piano straordinario per l'ammodernamento e la messa in sicurezza delle infrastrutture scolastiche. Ci vuole un finanziamento certo, ci vuole un finanziamento programmato negli anni, che consenta di non tenere bloccate le risorse, come lei ha detto, e di realizzare interventi nel tempo più rapido possibile. Se sarete in grado di indicare ciò con chiarezza, vi sosterremo, perché questo è un principio fondamentale di uno Stato civile.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.

ANDREA MARTELLA. Concludo, signor Presidente. Questi sono fondi indispensabili per mettere in sicurezza le scuole e per ammodernarle. Riteniamo che vada rilanciato un patto per la sicurezza dell'edilizia scolastica tra Stato, regioni e province per definire, in un clima di leale collaborazione tra istituzioni diverse, investimenti e competenze.
Concludo: queste sono le nostre riflessioni e queste sono le nostre proposte. Se ripristinerete queste risorse vi sosterremo, come ho detto. È necessario che la sicurezza dei nostri studenti e dei nostri ragazzi sia un bene davanti al quale non esiste vincolo di bilancio, un diritto da garantire, un dovere prioritario per uno Stato civile e moderno.
Siamo convinti che questa logica dovrebbe ispirare tutti gli interventi per la sicurezza, sia che si tratti di lavoro sia che si tratti di scuola. In questo modo ci comporteremo e, se farete questo piano straordinario, che indichi in maniera chiara e certa le risorse finanziarie ed i programmi da realizzare, lo sosterremo, in favore dei nostri studenti, della nostra scuola e del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Maccanti. Ne ha facoltà.

ELENA MACCANTI. Signor Presidente, da parlamentare torinese della Lega Nord desidero, innanzitutto, ringraziare il Governo nella persona del Ministro Mariastella Gelmini, che sabato è accorsa immediatamente sul luogo di questa grandissima tragedia, e nella persona del sottosegretario Guido Bertolaso, che sappiamo essere da anni impegnato per la sicurezza dei nostri edifici, delle scuole in particolare e che oggi ci ha fornito un'informativa puntuale.
Quello che è accaduto a Rivoli lascia tutti noi senza parole: è una tragedia che ci ha straziato il cuore. Sabato pomeriggio ero lì e sono rimasta colpita, prima ancora che come esponente politico, come persona, come donna, spero un domani come mamma. È inaccettabile pensare che un giovane abbia perso la vita a diciassette anni in una scuola, per il crollo di un controsoffitto che nascondeva un inutile tubo di ghisa, dimenticato durante non si capisce quale lavoro di ristrutturazione.
Il gruppo della Lega Nord è profondamente vicino alla famiglia di Vito Scafidi, agli studenti feriti ed ai loro parenti. Sappiamo che uno degli studenti proprio in queste ore subirà una nuova operazione per scongiurare la paralisi e a lui va il nostro pensiero.
Nessuno oggi può esimersi dalle sue responsabilità. È vero, la competenza sulle scuole superiori è della provincia e noi forse oggi potremmo innescare una polemica facile contro un'amministrazione provinciale che da decenni è governata dal centrosinistra. Ma siamo certi che il Governo abbia il dovere di intervenire e di lavorare per la sicurezza delle nostre scuole. Le polemiche e le strumentalizzazioni politiche di questi giorni sono state inqualificabili. Di fronte ad una tragedia di questa gravità, la polemica fine a se stessa avrebbe dovuto fermarsi.
Oggi la politica deve avere un unico obiettivo: impedire che una tragedia di questo tipo possa ripetersi e restituire certezza e sicurezza ai tanti studenti ed Pag. 24alle loro famiglie, che oggi hanno paura ad entrare nelle scuole. Esiste, è vero, un problema di croniche carenze di fondi, anche se, come abbiamo sentito, il Governo sta certamente facendo la sua parte.
Ma esiste, soprattutto, un problema di frammentazione delle competenze tra diversi - troppi - livelli di Governo (i comuni, le province, le regioni e lo Stato), che inevitabilmente produce un inaccettabile, quanto penoso, scaricabarile di responsabilità. Esiste, altresì, un problema di burocrazia, come ha denunciato anche il sottosegretario Bertolaso, che rende le procedure farraginose e complicate, una burocrazia figlia di una concezione dello Stato ormai superata.
Anche in questo caso, è evidente che il federalismo, che individua con chiarezza chi fa cosa, è l'unico strumento per individuare competenze e responsabilità, per accelerare le procedure ed anche per verificare come vengano spesi i soldi che si hanno a disposizione per determinati interventi e che, magari, vengono destinati ad altro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Delfino. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi, di fronte ad una vita che scompare e ad un evento così improvviso e così poco aspettato, naturalmente, vi sono i sentimenti più profondi della partecipazione, della solidarietà e della vicinanza alle famiglie di tutti i ragazzi coinvolti. Tuttavia, vi è anche un atteggiamento di sbigottimento. Domandiamoci tutti insieme: come è possibile che oggi, con tutte le tecniche, con tutte le norme, con tutti i soggetti e con tutta la grande attività di formazione ed informazione sulla sicurezza sui luoghi di lavoro e sulla sicurezza della scuola, venga meno un'azione di prevenzione, di verifica e di monitoraggio (e ciò ancora a monte rispetto alla possibilità di intervento)? Credo che, in relazione a ciò, non possiamo che essere tutti d'accordo: non si tratta di un'occasione drammatica per gettare la croce addosso a qualcuno, ma di un'occasione drammatica in cui, oltre alle grandi, forti e convinte parole di condivisione e di partecipazione alle famiglie, vi devono essere la coscienza e la consapevolezza che così non si può continuare.
Vorrei svolgere un commento all'intervento, sempre puntuale del sottosegretario Bertolaso (e, comunque, un dato si può anche dimenticare). A me - e a noi - sono piaciuti l'invito al cambio di marcia e la volontà di intervenire in merito ad una situazione che, non da oggi, ha conosciuto delle deroghe (invocate da più parti e che questo Parlamento ha sempre approvato) alla legge n. 626 del 1994, che, in seguito, gli organi di vigilanza (dai Vigili del fuoco ad altri) hanno anche cercato di lasciare sopravvivere, in relazione alle amministrazioni comunali e provinciali competenti per la manutenzione. Tuttavia, oggi, per l'ennesima volta, dobbiamo assumere un impegno forte: non va più bene che le cose vadano così.
Signor Presidente, abbiamo poche parole da dire, non tanto sulle ragioni del crollo (che le indagini in corso, le commissioni tecniche e la magistratura accerteranno), non tanto sul giudizio che altri hanno espresso in merito alla fatalità o meno dell'evento (io sono più portato a dire che vi sono un'incuria ed un'irresponsabilità complessive, perché l'azione di verifica e di monitoraggio deve essere assolutamente svolta), non tanto sui fondi che oggi sono già disponibili, quanto piuttosto sulla necessità di assumere un impegno in relazione ad una normativa urgente. Un impegno chiaro nel senso di togliere - come affermava il sottosegretario Bertolaso - tutti quei «lacci e lacciuoli», che oggi impediscono di utilizzare le risorse già disponibili (tra l'altro, stanziate in un arco di tempo che ha visto responsabilità sia di Governi di centrodestra che di centrosinistra).
La seconda questione è che oggi, a fronte di un Governo che ha assunto l'impegno di rilanciare un piano infrastrutturale, dobbiamo attribuire priorità alle nostre scuole, perché nelle scuole ci Pag. 25sono i nostri ragazzi e a loro vogliamo assicurare un futuro e non la possibilità di perdere la propria vita mentre compiono il loro dovere.

PRESIDENTE. Onorevole Delfino, deve concludere.

TERESIO DELFINO. Concludo, signor Presidente. Il terzo impegno che rivendichiamo con forza è che il Governo rivolga la propria attenzione ad alcune proposte che, come Unione di Centro, abbiamo avanzato anche nella sessione di bilancio: il patto di stabilità va superato per quanto riguarda gli investimenti, soprattutto per quelli concernenti la sicurezza. Con una scelta da noi giudicata improvvida è stata abolita l'ICI, però i trasferimenti compensativi devono essere assolutamente garantiti.
Anche in questa sede noi abbiamo avanzato una ulteriore proposta, che è stata parzialmente accettata: abbiamo chiesto che i residui di quella prassi e di quella legge «mancia» che sono già stati assegnati all'edilizia scolastica siano immessi nella disponibilità immediata dei comuni e delle province affinché si traducano in interventi immediati per la sicurezza, perché questa è la condizione essenziale.
Concludendo, signor Presidente, abbiamo colto questa occasione per dire che la scuola è un impegno prioritario e fondamentale: la scuola ci deve unire e sulla scuola dobbiamo trovare la forza e la responsabilità di essere pronti a compiere ciò che è necessario perché i nostri ragazzi sono il nostro futuro (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, ringraziamo il dottor Bertolaso soprattutto per essere qui con noi. Personalmente ricordo la sua operosità e il suo impegno per la scuola di San Giuliano di Puglia: mi auguro che riesca a profondere lo stesso impegno per mettere in sicurezza tutte le altre scuole italiane.
Il caso della scuola di Rivoli ha evidenziato, ancora una volta, le disfunzioni e il degrado di molti edifici scolastici. In più occasioni da noi dell'Italia dei Valori è stata posta la questione di una programmazione pluriennale e di interventi con risorse straordinarie su questo argomento; lo abbiamo ripetuto in Aula in occasione delle discussioni del decreto-legge n. 112 e della legge finanziaria e anche quando il Presidente del Consiglio (lo abbiamo sottolineato), insieme al Ministro dell'istruzione, è venuto nella mia regione, il Molise, per inaugurare la nuova scuola di San Giuliano di Puglia. In quella occasione il Ministro ha seguito solo la politica della propaganda, dicendo che avrebbe messo in sicurezza cento edifici in tutto il territorio nazionale, dimenticando però di dire che i punti dove si eroga il servizio scolastico sono oltre 42 mila e quasi tutti si trovano in uno stato preoccupante.
Il Governo nazionale con la legge finanziaria ha ridotto i già esigui fondi a disposizione per l'edilizia scolastica e la situazione è drammatica. Occorre, allora, un piano di interventi straordinari per affrontare seriamente il tema dell'edilizia scolastica; invece, si preferisce fare annunci mediatici e non stanziare le risorse occorrenti per mettere in sicurezza le scuole. Le tragedie conseguenti, purtroppo, sono sempre annunciate: non facciamo finta di non sapere.
L'ultima tragedia è quella del liceo scientifico di Rivoli che ha coinvolto un giovanissimo studente, morto perché è crollato il soffitto dell'aula. Sono rimasti feriti altri venti ragazzi di quella classe situata (pensate) in un primo piano.
Morire durante l'intervallo, morire a scuola. Da quello che abbiamo ascoltato oggi dal dottor Bertolaso pare si sia trattato di un cedimento strutturale, quindi non del vento, di un terremoto o del maltempo: forse, si è trattato del cedimento di un tubo di ghisa posto tra il soffitto e il controsoffitto. Un'altra giovane vita spezzata mentre si trovava a scuola.
Ricordo ancora - questo dovrebbe ricordarlo anche lei, dottor Bertolaso - l'invito fatto dalla madre di uno dei piccoli Pag. 26deceduti per il crollo della scuola Jovine di San Giuliano: «Fate in modo che altre mamme non piangano». Non è ammissibile, quindi che, nel 2008, si debba ancora morire per il semplice fatto di essere a scuola. È inconcepibile che si possa perdere la vita per cedimenti strutturali di un edificio scolastico. Il Governo e gli enti locali hanno il dovere di reperire risorse straordinarie per affrontare, in maniera adeguata e definitiva, un problema che, in un Paese che si dice civile, non dovrebbe neanche esistere.
Ma, si sa, la scuola, al contrario di quello che ha detto l'onorevole del PdL, è considerata da questo Governo un costo da ridurre: degli 8 miliardi di risparmi preventivati dal Governo per i prossimi anni, soltanto le briciole saranno utilizzate per mettere in sicurezza le strutture scolastiche. Non ci saranno, ancora una volta, responsabili o ci sarà qualche capro espiatorio: qualcuno che, magari, aveva la funzione di responsabile della sicurezza, magari il dirigente scolastico o un professore che ricopre questa figura o il sindaco.
Rimane una vita spezzata e il dolore dei genitori, a prescindere dalle responsabilità. È troppo facile, adesso, parlare di fatalità. Non si può parlare di fatalità, signor Presidente, sottosegretario Bertolaso: la scuola è un luogo di formazione e non di dolore e, credetemi, non è retorica questa, perché tutti gli italiani sono convinti di questo! Solo il Governo non ne è convinto (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico). Evitiamo un'altra tragedia, un altro dolore. San Giuliano, Rivoli insegnano: non si può assolutamente risparmiare sulla scuola.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANITA DI GIUSEPPE. Si è trattato di tragedie dichiarate. C'è la consapevolezza che, per la stragrande maggioranza degli istituti scolastici, e questo lo dicono i dirigenti scolastici, mancano i certificati previsti. I parlamentari piemontesi - termino tra un attimo, Signor Presidente - hanno già iniziato ad intervenire sulle province per constatare lo Stato nel quale si trovano le scuole del Piemonte. Noi dell'Italia dei Valori siamo convinti, certo, che debbano essere utilizzati i fondi previsti nell'ultima manovra finanziaria, che contempla l'utilizzo del cinque per cento per la manutenzione ordinaria e straordinaria di tutti gli edifici scolastici, da erogare attraverso le province e comuni. Siamo, tuttavia, altrettanto convinti che occorre manutenere per prevenire. Questo è importante se vogliamo ancora, davvero, prevedere la tragedia. Quindi, occorre una costante manutenzione, ordinaria e straordinaria, sottosegretario Bertolaso, per prevenire (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, il Movimento per l'Autonomia la ringrazia per l'informativa che ha reso, come sempre completa, onesta, rigorosa e non reticente.
Per tutta l'Italia si è trattato di un evento drammatico quello accaduto al liceo Darwin di Rivoli, con la tragica scomparsa di Vito Scafidi e il ferimento grave di altri studenti. Non è accettabile che la vita di un giovane studente si spenga tra i banchi di scuola, nel luogo dove i nostri ragazzi costruiscono il loro futuro e quello del nostro Paese.
Le cifre che abbiamo letto in questi giorni e che sono state riferite anche dal sottosegretario sono allarmanti: in Italia, su 42 mila scuole pubbliche, con un totale di alunni che si avvicina agli 8 milioni, ben il 60 per cento non è dotato di certificati di agibilità statica ed igienico-sanitaria, mentre il 75 per cento non ha quello di prevenzione incendi. Il patrimonio edilizio scolastico presenta punte di estremo degrado nel Mezzogiorno. Di fronte a questi dati, il dovere di una classe politica è quello di non dividersi e di trovare insieme delle soluzioni. Il Parlamento deve essere all'altezza di questa responsabilità.Pag. 27
Nel concitato gioco delle parti si corre il rischio di perdere di vista l'obiettivo principale, che è quello di rendere la nostra scuola sicura per gli studenti e per chi ci lavora.
Troppe scuole sono ubicate in edifici che avevano altre destinazioni, troppe aule di cosiddette succursali sono ospitate in abitazioni, garage, bassi, che non soddisfano il minimo di condizioni di igiene e di sicurezza. Si sprecano troppe risorse per fitti e manutenzione di edifici non idonei.
Meglio sarebbe, signor sottosegretario, ricorrere all'accensione di mutui e ad un forte intervento in tal senso della Cassa depositi e prestiti per realizzare nuovi plessi scolastici con la logica di veri e propri campus che abbiano servizi comuni, palestre e laboratori.
Noi del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia - concludo, signor Presidente - anche durante il dibattito sul cosiddetto decreto-legge Gelmini e sulla legge finanziaria abbiamo evidenziato la necessità di stanziare nuovi fondi per l'edilizia scolastica. Oggi piangiamo la giovane vita di Vito Scafidi.
Noi del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia siamo vicini alla sua famiglia e tristi, infinitamente tristi, per questo ragazzo, che purtroppo non potrà coltivare le sue passioni e realizzare i suoi sogni come i suoi coetanei (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.

Sull'ordine dei lavori (ore 13,05).

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, più volte in quest'Aula sono intervenuto con interrogazioni e interpellanze per evidenziare la vicenda triste che ha visto protagonisti i lavoratori della Cesame di Catania. Si tratta di un'industria storica catanese, un tempo fiore all'occhiello nel settore manifatturiero. Da tre anni, 130 lavoratori sono stati licenziati e i rimanenti 100 da un anno sono senza stipendio.
Disperati, questi operai hanno occupato, proprio ieri, la sede della task force lavoro del comune di Catania: la situazione rischia di precipitare, ci potrebbero essere problemi afferenti all'ordine pubblico. Chiediamo quindi l'intervento tempestivo del Governo e l'intervento del Ministro dello sviluppo economico perché operi nel revocare la proprietà degli ultimi acquirenti, che non hanno dimostrato interesse per l'azienda, anzi spesso qualcuno sottolinea che ci possa essere soltanto un'ipotesi speculativa immobiliare da parte della società che ha acquistato l'azienda Cesame.
Un secondo impegno lo chiediamo al Ministro dell'interno, affinché diffidi gli enti locali, la provincia e il comune di Catania a dare seguito al protocollo di intesa stipulato qualche anno fa per la ricollocazione dei lavoratori licenziati. C'è stato un disimpegno, un voltafaccia scandaloso da parte di questi enti nei confronti dei lavoratori. Le istituzioni non se lo possono permettere, devono essere prossime ai cittadini e devono rispettare la firma quando sottoscrivono un protocollo d'intesa.
Questo è il motivo per cui ho preso la parola: chiedo che lei si faccia interprete di questa problematica e solleciti in maniera forte il Governo nazionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

GIACOMO CHIAPPORI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIACOMO CHIAPPORI. Signor Presidente, la ringrazio per avermi dato la parola.Pag. 28
Sembrerà strano che da questo settore dell'Aula provenga una richiesta in tal senso, ma in ragione del fatto che la tragedia di Torino non ha confini e visto che abbiamo ancora in aula il sottosegretario Bertolaso, vorrei portare alla sua attenzione, affinché eventualmente lo verifichi, se effettivamente a Palermo esista una scuola Einaudi, oggi Almeyda, che, come dice il perito del tribunale, è un edificio scolastico le cui aule non sono a norma. La palestra è abusiva e inagibile, la legge n. 46 del 1990 è parzialmente applicata e manca il nullaosta dei vigili del fuoco.
Ci troviamo di fronte a una scuola presa in locazione dalla provincia, che sembra un edificio che debba crollare da un momento all'altro, e invece poi si ha una scuola, nuova di trinca (dieci anni), nella stessa città (Palermo), che non è usata e che è a norma. Oltretutto, il consulente tecnico d'ufficio ci rende noto un elemento molto più importante, che ho ascoltato oggi da lei, ossia che in caso di terremoto, vi è pericolo di crollo. Lei sa di che cosa stiamo parlando. Pertanto, vorrei sapere se lei può verificare questa situazione e se essa corrisponda al vero.

GIANLUCA BUONANNO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, intervengo molto velocemente. Siccome ho la testa un po' dura, ripeto e faccio presente, ogni settimana, un fatto che non va bene. In questo Parlamento, in questi uffici, nelle sale delle Commissioni, rimangono accese le luci dal mattino alla sera, anche quando non ci sono le riunioni, anche quando non servono e anche quando i dipendenti escono dal lavoro, lasciando computer, fotocopiatrici e stampanti accese. Tutto questo è uno spreco.
Siccome facciamo la morale ai nostri concittadini perché non devono tenere in stand-by la televisione o il computer, perché è costoso e, così facendo, si spreca energia, e poiché gli ambientalisti, che erano qui anche prima di noi, sostengono che è un errore perché è uno spreco che va a discapito dell'ambiente e, inoltre, ho saputo che è un atteggiamento che continua da tanti anni, smettiamola di fare la morale e spegniamo queste benedette luci. Si tratta di uno spreco di centinaia di migliaia di euro ogni anno, che non dobbiamo permetterci. Certamente non salveremo l'Italia, ma almeno faremo vedere ai cittadini italiani che, oltre a fare la morale, siamo anche capaci di fare le cose giuste.
Non è possibile che vi siano otto commessi, ogni sera, che devo fare il giro di tutti gli uffici per spegnere le luci, i computer e le stampanti. Basterebbe una circolare per invitare i dipendenti, quando escono dall'ufficio, a spegnere le macchine, come se fossero a casa propria. Questo Parlamento sta su Marte! Questo Parlamento si deve dare una mossa, perché oltre a fare la morale sulle scuole, giustamente, dobbiamo anche renderci conto che noi politici dobbiamo vergognarci! Se questa è l'Italia, mi vergogno di ciò che si fa qui, perché si dorme in piedi, anzi si dorme sui divani! Infatti, se si va nella sala lettura si possono vedere i deputati che dormono con i giornali sulla faccia! Oppure, se diciamo di essere fiduciosi, non possiamo distribuire i giornali con la stanghetta per la custodia e il lucchetto perché la gente li porta via. Questo è il Parlamento italiano? Non è possibile!

PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15 con il seguito della discussione del disegno di legge di Conversione del decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151, in materia di sicurezza.

La seduta, sospesa alle 13,10, è ripresa alle 15,10.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Caparini, Casero, Cicchitto, Cirielli, Conte, Cota, Donadi, Gregorio Pag. 29Fontana, Alberto Giorgetti, Lo Monte, Mantovano, Menia, Pescante e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantasei, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1072 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151, recante misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina (Approvato dal Senato) (A.C. 1857) (ore 15,11).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151, recante misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina.
Ricordo che nella seduta del 17 novembre 2008 si è conclusa la discussione sulle linee generali ed hanno avuto luogo le repliche dei relatori e del Governo.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 1857)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 1857), nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 1857).
Avverto che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli del decreto-legge nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 1857).
Ricordo che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 1857).
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 7, del Regolamento, le seguenti proposte emendative, identiche a proposte emendative già dichiarate inammissibili in Commissione in quanto non strettamente attinenti alla materia oggetto del decreto-legge: Paladini 2-quinquies.01 e 2-quinquies.02, volti ad autorizzare l'assunzione di volontari in ferma breve risultati idonei non vincitori delle graduatorie per l'immissione nei ruoli del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della Polizia di Stato; Donadi 3.3, volto ad introdurre misure per favorire la funzionalità delle strutture necessarie all'amministrazione della giustizia; Di Pietro 3.4, volto ad introdurre una specifica disciplina in materia di identificazione e di espulsione dei cittadini stranieri che non collaborino con le autorità competenti, prevedendo, a tal fine, l'istituzione dei centri di identificazione amministrativa.
Avverto, inoltre, che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi degli articoli 86, comma 1, e 96-bis, comma 7, del Regolamento, le seguenti proposte emendative non strettamente attinenti alla materia oggetto del decreto-legge e non previamente presentate in Commissione: Paladini 2-quinquies.020, volto ad autorizzare l'assunzione di volontari in ferma breve risultati idonei non vincitori nelle graduatorie per l'immissione nei ruoli della Polizia di Stato; Lo Monte 2-quinquies.022 e 2-quinquies.021, in materia di destinazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata; Landolfi 2-quinquies.023, finalizzato a prevedere una speciale disciplina per l'acquisizione di lavori, servizi e forniture per i comuni sciolti per infiltrazioni mafiose; Lo Monte 3.26, che autorizza stanziamenti a favore di comuni costieri interessati degli sbarchi di immigrati.

Sull'ordine dei lavori (ore 15,15).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 30

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, in realtà avevo chiesto la parola prima che illustrasse le inammissibilità, tuttavia credo sia lo stesso.
Il tema che le voglio sottoporre riguarda il funzionamento dell'Aula. Si tratta, innanzitutto, del tema della puntualità, finché non saranno adottati il nuovo calendario dei lavori e le nuove modalità di funzionamento che dovrebbero riguardare anche le Commissioni, e una maggiore razionalizzazione del voto in Aula e in Commissione.
Credo che la Presidenza abbia deciso di avviare dal mese di gennaio o febbraio la sperimentazione dei lavori dal lunedì al venerdì, con quattro sedute dedicate per mezza giornata all'Aula e le altre alle Commissioni. Vi è una certa irrazionalità nel nostro modo di lavorare, che devo dire non dipende sostanzialmente dalla Presidenza, ma dal fatto che questa Camera è costretta a una farraginosità nei propri lavori perché il Governo ha presentato il trentesimo decreto-legge. È quindi chiaro che, se il Parlamento è chiamato sempre a legiferare con l'urgenza dovuta dai decreti-legge, il rischio è che le Commissioni non possano compiere il loro lavoro. Peraltro, già la scorsa settimana il presidente del mio gruppo ha rappresentato alla Presidenza tale questione.
Le chiedo nuovamente che si renda più razionale il lavoro della Camera per quanto riguarda le Commissioni e contemporaneamente, signor Presidente, le pongo altre due questioni.
In primo luogo, quando la Camera è convocata alle 15, si deve iniziare la seduta alle 15 e non alle 15,15, anche perché i colleghi, diversamente, possono disporre in maniera più adeguata del loro tempo, anziché recarsi in aula per attendere non solo l'arrivo della Presidenza, ma magari la conclusione dei lavori delle Commissioni.
Credo che, da questo punto di vista, sarebbe opportuno che si iniziassero i lavori solo quando sono terminati quelli delle Commissioni. Infatti, se la Camera è convocata alle 15, le Commissioni debbono sconvocarsi alle 15 esatte, ma ciò non avviene da tempo, perché si vuole rubare qualche minuto all'attività dei colleghi per poter concludere in maniera affrettata la discussione ed eventualmente le votazioni sui provvedimenti, per poter garantire che i lavori dell'Aula osservino l'andamento previsto formalmente dal calendario. Ma se si lavora in questo modo, non è possibile.
Quindi, le chiedo di nuovo che le Commissioni e i colleghi siano posti nelle condizioni di poter valutare attentamente il merito dei provvedimenti, soprattutto nel caso di disegni di legge e decreti-legge del Governo. Questa modalità di funzionamento consentirebbe ai colleghi - se adottata nei tempi adeguati - di poter svolgere la propria funzione parlamentare, così come è dovuta per Regolamento e per Costituzione.
L'altra questione è che, signor Presidente, nonostante si attenda ad iniziare i lavori della Camera, in realtà la maggioranza si presenta sempre in numero esiguo. Quindi, non so se lei non ritenga - guardando la presenza dei banchi della maggioranza - che si debba a questo punto apprezzare l'assenza in grande numero dei colleghi della maggioranza e sospendere la seduta fino alle 16, in modo tale che si dia tempo ai colleghi della maggioranza di raggiungere l'aula, per poi iniziare i lavori sul decreto-legge sulla sicurezza e la criminalità, che è una questione di un certo rilievo che non si può affrontare con le assenze assolutamente ben visibili nei banchi della maggioranza.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, posso soltanto confermare ciò che ha detto poco fa il collega Quartiani. Io stesso per poter scendere in aula ho lasciato la Commissione esteri i cui lavori erano ancora in corso. Ovviamente non vi è nessuna responsabilità né del presidente, Pag. 31né dei colleghi della Commissione stessa, ma è evidente che ciò incide sui lavori parlamentari.
Vorrei, signor Presidente, rubare un minuto per segnalare alla sua attenzione una e-mail che probabilmente, oltre che a me, è arrivata anche a tanti altri colleghi, se non a tutti, in cui si riferisce che l'italiano Vittorio Arrigoni è tenuto prigioniero in Israele e ha iniziato uno sciopero della fame, insieme ad altri due pacifisti rapiti delle acque di Gaza.
Non conosco la questione e le sarei grato se volesse segnalarla al Governo per sapere quali provvedimenti intende assumere.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Bruno, che l'ha chiesta, vorrei puntualizzare alcune questioni poste dal collega Quartiani. La prima questione riguarda l'organizzazione dei lavori: lei, onorevole Quartiani, sa benissimo che è già stata sollevata dal suo capogruppo non solo in quest'Aula, ma anche nel corso dell'ultima Conferenza dei presidenti di gruppo, dove si è stabilito che dalla prossima riunione della Conferenza stessa si sarebbe affrontata in toto la questione. Lo stesso Presidente Fini ha raccolto le esortazioni e così si è deciso.
Per quanto riguarda invece la puntualità, le debbo dire che, per la verità, la Commissione interessata al provvedimento che stiamo per affrontare aveva chiesto qualche minuto per completare alcune operazioni.
Per quanto riguarda il collega Evangelisti, sarà rappresentata sicuramente la sua ultima richiesta; faccio comunque presente che non è che non sussistano responsabilità dei presidenti di Commissione: si sa che inizia l'Aula e il presidente di Commissione deve sconvocare la Commissione medesima. Quindi, è una puntualizzazione che lei stesso ha sollecitato.
Prego, presidente Bruno, ha facoltà di parlare.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, voglio scusarmi anche a nome del Presidente della II Commissione: noi eravamo riuniti, oltre che per il provvedimento oggi in esame, perché c'era un emendamento da valutare, anche per un atto urgente che scade il 27 di questo mese e sul quale deve discutere il Parlamento europeo. Abbiamo ritardato di sette minuti e mi scuso - lo ripeto - a nome di tutti i componenti delle Commissioni I e II (siamo più di novanta) se abbiamo fatto attendere per sette minuti l'Aula.

Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 1857 (ore 15,25).

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 1857)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, iniziamo con qualche minuto di ritardo anche per gli interventi a commento dell'iniziale ritardo, per cui abbiamo concorso tutti quanti a determinare una dilatazione del ritardo iniziale di qualche minuto.
Signor Presidente, volevo fare qualche valutazione ulteriore rispetto a ciò che abbiamo evidenziato in quest'Aula in sede di discussione generale del disegno di legge di conversione del decreto-legge al nostro esame. Credo che gli emendamenti vadano ulteriormente ad approfondire alcuni temi e alcuni argomenti che sarebbe bene anche recuperare, non soltanto nel confronto sugli emendamenti, ma anche nel dibattito politico del nostro Paese. Infatti, questo provvedimento - e gli emendamenti si riferiscono anche ad alcuni dati specifici - pone in evidenza, come dicevo poc'anzi, temi ed argomenti che certamente per la loro importanza dispiegano quella che deve essere la strategia di contrasto alla criminalità organizzata.
Quando questo provvedimento affronta, ad esempio, temi ed argomenti come quello del Fondo di solidarietà, che è stato Pag. 32più volte ripreso in sede di discussione generale, pone problemi che riguardano anche il dato importante dei testimoni e dei collaboratori di giustizia. È stato evidenziato giustamente da qualche collega che spostare al Fondo di solidarietà risorse che erano state stanziate per l'estorsione e per l'usura fa pensare; soprattutto ciò stride con una realtà che diventa sempre più articolata e sempre più complessa e difficile in molte regioni del nostro Paese, non soltanto nelle regioni del Mezzogiorno.
Questo Fondo di solidarietà, per il quale il nostro gruppo ha chiesto un aumento di 50 milioni di euro, affronta delle situazioni importanti e fondamentali che non possono chiudersi semplicemente con questo provvedimento d'urgenza, perché quando affrontiamo questo tema, dobbiamo anche capire come sono state gestite, come dicevo poc'anzi, le risorse per i testimoni e i collaboratori di giustizia.
Ritengo che vada fatta anche una rivisitazione di quella normativa in un quadro articolato e complesso, perché quando dobbiamo affrontare il tema del contrasto alla criminalità organizzata, ci troviamo di fronte ad una frammentazione di norme sparse in vari provvedimenti e in varie leggi o decreti-legge. Ritengo che ci sia bisogno di un testo unico o di una raccolta normativa che possa dare una certezza di riferimento e non un percorso frammentato e disarticolato.
Questo è un aspetto che ritengo importante e fondamentale, perché il disegno di legge in discussione è l'ennesimo provvedimento che siamo chiamati ad esaminare, e quindi a valutare, che riguarda la criminalità organizzata.
Un altro tema che viene affrontato anche negli emendamenti è quello della conservazione dei dati telematici sul terrorismo, di cui si chiede la proroga. Non c'è dubbio che il problema del terrorismo e del suo legame con la criminalità organizzata non possa essere esaustivamente definito in questo provvedimento. Si tratta, infatti, di un tema che, a mio avviso, deve richiamare alla necessità di un confronto molto più ampio, considerato che c'è una realtà disseminata all'interno del nostro Paese di forze e di organizzazioni legate al terrorismo che trovano nella criminalità organizzata supporto e basi logistiche sempre più preoccupanti. Sono altresì preoccupanti le connivenze tra criminalità organizzata e organizzazioni segrete, che dispiegano la loro forza, e soprattutto la loro pericolosità, in termini sempre più massicci e incidenti nella realtà e nel tessuto sociale e civile del nostro Paese.
Quindi, il collegamento tra il terrorismo e la criminalità organizzata è un tema importante, così come è importante, quando si discute di criminalità organizzata, non riferirsi semplicemente alle organizzazioni che conosciamo sotto vari titoli, perché la criminalità organizzata si annida anche nella pubblica amministrazione, è anche quella dei colletti bianchi, che è al di sopra di ogni sospetto, ma che mette in atto un'azione di violenza e di mortificazione che va certamente perseguita con forza, non soltanto attraverso una normazione opportuna, ma anche attraverso una presa di coscienza del Paese ed un'azione sempre più efficace di contrasto e di controspinta da parte della magistratura e delle forze di polizia che, per dire la verità, stanno facendo per intero il loro dovere. A tale proposito, devo sottolineare anche i traguardi e i risultati raggiunti in questi giorni nella mia regione, la Calabria, ma anche in altri territori, dove sono state smantellate organizzazioni criminali e mafiose.
Tuttavia, non c'è dubbio che occorra smantellare una situazione che sembra essere radicata e sempre più pervasiva e presente nel territorio delle regioni meridionali, ma non soltanto in esse, perché credo che ormai le organizzazioni criminali siano disseminate e distribuite egualmente su tutto il territorio nazionale. Soprattutto, vi sono collegamenti sempre più forti, pericolosi e intensi con realtà estere ed internazionali, dove si realizzano, non soltanto traffici di droghe e di armi attraverso tutto il territorio nazionale, soprattutto nei porti, ma anche di sostanze pericolose e nocive. Di questo abbiamo parlato l'altro giorno in un confronto Pag. 33con il Governo, quando si è discusso anche della situazione di Crotone.
Non c'è dubbio che questo provvedimento affronti per titoli alcuni aspetti ma, come abbiamo già rilevato, è insufficiente e deve essere inserito in un contesto e in una organicità molto più ampi. Mi rendo conto che le azioni delle forze di polizia o della magistratura addetta a colpire e, soprattutto, a indebolire la presenza di queste organizzazioni non sono sufficienti, ma che è necessario, invece, un coinvolgimento reale e forte del Paese. Occorre, quindi, entrare in una nuova fase culturale e, soprattutto, operare una grande presa di coscienza. Certamente le norme possono accompagnare e favorire questi processi.
Un altro aspetto rilevante è il coinvolgimento dell'Esercito nell'azione di contrasto e di controllo del territorio. Abbiamo presentato un emendamento che non ha avuto successo in Commissione e mi auguro che possa quanto meno far riflettere.
Poiché nel decreto-legge in esame si prevede il coinvolgimento di 500 militari, noi avevamo pensato che questi militari non fossero in aggiunta ai 3 mila già esistenti, ma fossero in loro sostituzione. Il problema che noi dobbiamo chiarire è quale sia il ruolo dell'Esercito: è un fatto occasionale, un fatto dimostrativo, oppure si lega e si raccorda anche con le forze dell'ordine?
È un problema forte quello delle forze dell'ordine e del loro coordinamento, anche con i reparti speciali. Vi sono molte sigle (chiamiamole così) che sono preposte alla lotta alla criminalità organizzata. Certamente GICO, SCICO e SCO sono svincolati - lo abbiamo detto più volte e lo ripetiamo anche in questa occasione - dalle forze di polizia a cui appartengono. Manca, quindi, una visione di insieme e manca a volte un'efficacia rispetto alle forze impiegate: vi è uno squilibrio tra energie impiegate e risultati raggiunti.
Questo è un aspetto che ci richiama anche al ruolo della DIA, che è un'organizzazione di cui non si parla più. Nella DIA vi sono tantissime persone che brillano per la loro professionalità e per la loro capacità, ma essa come si inserisce in questo sistema? Vogliamo specializzarla nella lotta alla criminalità organizzata, ad esempio per i reati economici e finanziari? Ritengo che anche una riflessione profonda sulla DIA vada svolta, come deve essere svolta - e lo dico anche in questa sede - una riflessione esaustiva sulla Procura nazionale antimafia e su come è impostata oggi. La Procura nazionale antimafia, infatti, non ha una potestà di coordinamento o un potere di sostituzione. È sufficiente? Basta il nome «Procuratore nazionale antimafia» per essere soddisfatti, sicuri e garantiti?
Ritengo che una riflessione profonda deve essere svolta, e lo diciamo in quest'Aula e anche al Governo, il quale avrà l'amabilità di leggersi il testo stenografico, perché purtroppo così sono i nostri lavori parlamentari. Sono argomenti e temi che noi vi poniamo non perché siamo nei banchi dell'opposizione, signor Presidente, ma perché sono temi ed argomenti che devono far certamente riflettere non soltanto i colleghi deputati, ma soprattutto il Governo.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi al banco del Governo, per cortesia.

MARIO TASSONE. Se il Governo viene in Aula con disattenzione, forse possiamo fare a meno del Governo e andiamo avanti per i fatti nostri e ci possiamo anche autogestire...

PRESIDENTE. Onorevoli Torrisi, per cortesia.

MARIO TASSONE. Il Presidente richiamava l'attenzione del sottosegretario, al quale noi saremmo infinitamente grati anche per questo scampolo di attenzione che ci vuole dedicare. Noi saremmo grati per tutta la vita anche per l'attenzione, visto e considerato che siamo qui per svolgere il nostro ruolo. Tuttavia, se il Governo facesse altrettanto saremmo abbastanza felici e lieti, per il Governo e per la funzione che chi rappresenta il Governo è chiamato ad assolvere.Pag. 34
Noi siamo oggi impegnati soprattutto ad evidenziare questo aspetto, e parlavo prima della Procura nazionale antimafia, del coordinamento e del ruolo delle polizie municipali che devono essere inserite anche in un contesto di controllo sul territorio. Soprattutto vorrei recuperare e riprendere il tema che avevo già avviato, ovvero quello dei militari. Ricordavo in sede di discussione sulle linee generali che la presenza dell'Esercito ha avuto un ruolo importante anche nelle passate vicende di alcune regioni come la Calabria, la Sicilia e la Campania. Noi siamo per professionalizzare questi militari, tuttavia il discorso sui militari ci fa venire in mente tutti i problemi legati al nuovo modello di difesa, alla riduzione delle Forze armate e, quindi, ad una maggiore professionalizzazione delle nostre Forze armate per quanto riguarda il loro impiego nelle missioni fuori area.

PRESIDENTE. Onorevole Tassone, concluda.

MARIO TASSONE. Questa professionalizzazione nelle missioni fuori area può richiamare anche una professionalizzazione nelle missioni in area, con riferimento al coordinamento e alla collaborazione con le forze dell'ordine.
Queste, signor Presidente, sono le valutazioni che volevo svolgere. Con i colleghi del mio gruppo abbiamo presentato alcune proposte emendative: mi auguro che esse ricevano una valutazione e una considerazione in più, soprattutto per le questioni che oggi poniamo all'attenzione dell'Aula e del Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Minniti. Ne ha facoltà.

MARCO MINNITI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi stiamo affrontando, in sede di discussione sul complesso delle proposte emendative, la conversione in legge del secondo decreto-legge che il Governo ha adottato sui temi della sicurezza, fondamentalmente incentrato sull'invio dei militari in provincia di Caserta. Tuttavia, proprio mentre analizziamo questo secondo strumento d'urgenza nel campo della sicurezza, non sfugge a nessuno che risulta evidente la contraddizione per il fatto che oggi ricorre la giornata dedicata alla violenza contro le donne, che rappresenta una giornata importante per il nostro Paese. La contraddizione risiede nel fatto che il Governo ha inteso intervenire d'urgenza nel campo della sicurezza e non ha inteso intervenire d'urgenza nel campo della violenza contro le donne (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Se vi era un tema sul quale adottare un decreto-legge, era proprio quello della violenza contro le donne. C'è una sottovalutazione del Governo, del Parlamento e del Paese nei confronti di questo tema.
Se guardiamo ai dati degli ultimi anni, c'è un dato che colpisce: l'andamento dei reati può essere più o meno favorevole, ma uno su tutti ha una sequenza permanentemente crescente, ossia quello dei reati contro le donne (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e del deputato Sbai), che crescono sempre: su questo aspetto, però, si discute molto poco.
Consentitemi di dire, quindi, che mi aspetto che su questo tema il Governo intervenga d'urgenza: dai banchi dell'opposizione affermo che, se si interverrà d'urgenza su questi temi, noi saremo a sostegno di quell'iniziativa e non avremo modo di perdere tempo su altre questioni.
La seconda osservazione riguarda il fatto che cresce la violenza contro le donne e all'interno delle famiglie. Ormai abbiamo fatto quasi l'abitudine a queste cifre, ma ciò è drammatico. Se consideriamo gli omicidi in Italia negli ultimi due anni, vediamo, ad esempio, che diminuiscono quelli legati alla criminalità organizzata, mentre crescono drammaticamente quelli all'interno delle famiglie (l'ultimo episodio drammatico è stato quello accaduto a Verona): uomini che ammazzano le mogli, mogli che sono vittime insieme ai figli. Si tratta di drammatiche vicende familiari che, tuttavia, testimoniano un male di vivere del nostro Paese.Pag. 35
Signor Presidente, nel momento in cui discutiamo sulla sicurezza (avrei voluto che il Ministro dell'interno, che pure si è affacciato in quest'Aula, potesse ascoltare questo breve ragionamento) e guardiamo a questo dato sugli omicidi intrafamiliari, notiamo che c'è una realtà che interroga tutta la società italiana: c'è un male di vivere, qualcosa che colpisce. Ciò deve indurci ad affrontare i temi della sicurezza in maniera meno semplificata e, forse, anche meno propagandistica.
Proprio oggi i giornali ci raccontano della vicenda di Rimini: quattro ragazzi della piccola borghesia riminese danno fuoco a un clochard, tanto per divertirsi. Tutto questo fa venire i brividi alla schiena di una democrazia e di un Paese serio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Su questo dovremmo discutere di più e comprendere che queste vicende ci interrogano sui temi della sicurezza e ci chiamano tutti a misurare le parole quando ne discutiamo. Magari non lo facciamo nemmeno apposta, ma il fatto che la politica usi parole spesso non pensate su questi temi può anche portare chiunque a darsi da fare da solo. Sappiamo che il rischio più grande per una democrazia vi è quando si innesca il principio della sicurezza fai da te, di chi pensa di essere giustiziere e di risolvere, quindi, i problemi da sé. La giustizia fai da te è la fine della democrazia e dello Stato. Lo Stato nasce appunto perché gli viene delegato il monopolio della sicurezza e dell'uso della forza. Se lo fanno i singoli cittadini, finisce un principio fondativo dello Stato. Per questo, mi rivolgo ai colleghi parlamentari: quando armeggiamo su temi come quelli delle ronde per la sicurezza, maneggiamoli con cura, perché sappiamo ciò di cui stiamo parlando: rischiamo di mettere in moto un meccanismo che può diventare assolutamente incontrollato per la nostra democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Non lo faccio per spirito di polemica politica. Vorrei che su queste cose ci fosse una riflessione attenta da parte di tutti noi.
Passo ora al secondo tema che vorrei affrontare. Oggi, con questo decreto-legge, ci occupiamo del tema dell'invio dei militari in provincia di Caserta. Sapete che io personalmente e il mio partito abbiamo avuto una posizione fortemente critica per quanto riguarda l'uso dei militari in giro per l'Italia con funzioni di ordine pubblico. Lo ritengo un errore strategico, perché la cosa più sbagliata in questo momento nel nostro Paese è utilizzare i militari con funzioni di ordine pubblico. Diamo il senso di una situazione fuori controllo e, nel contempo, chiamiamo personale professionale a svolgere attività che non è preparato a svolgere. Ma se c'è un compito in cui si possono utilizzare i militari - lo dico con grande chiarezza - questo può essere nell'ambito dell'azione di contrasto nei confronti della criminalità organizzata. Io personalmente e il mio partito siamo favorevoli all'invio dei militari contro la camorra a Caserta, perché pensiamo che su questi temi l'idea straordinaria di una forza dello Stato in alcuni momenti sia assolutamente necessaria.
D'altro canto, la tradizione del nostro Paese ha già previsto queste cose. Ricorderete tutti l'impegno unitario del Parlamento in occasione dell'operazione Vespri siciliani, in Sicilia. Sono particolarmente chiaro e netto nel dire che è giusto e utile l'impiego dei militari in realtà come la provincia di Caserta, ma ciò non ci impedisce di fare qualche osservazione un po' più critica. Penso che nelle politiche di sicurezza ciò che bisogna eliminare, se si vogliono fare cose serie e non una permanente campagna elettorale, sono due termini: il primo è «annuncio», l'altro è «emergenza». Le politiche di sicurezza mal si conciliano con l'annuncio e con l'emergenza. A maggior ragione, l'emergenza è ancora più negativa se la si mette in campo nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata. Sappiamo che la criminalità organizzata ha sempre avuto la capacità di reggere la risposta dello Stato se questa è emergenziale.
Contro la camorra, abbiamo bisogno di uno Stato ordinariamente forte. Pertanto, cari colleghi parlamentari, mi chiedo e vi Pag. 36domando: quando finirà l'effetto di questo decreto-legge, a dicembre, chi penserà al controllo del territorio a Caserta e in quella provincia? Ci penseranno certamente le forze di polizia, ma come, con i tagli operati nei confronti dei Ministeri dell'interno e della difesa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Ho ascoltato e ascolto ogni giorno i sindacati di polizia della provincia di Caserta, che mi dicono che lì la situazione è al limite, che non ce la si fa più.
È presente il sottosegretario alla giustizia. La ringrazio per l'attenzione, signor sottosegretario, tuttavia le voglio dire una cosa: ho ascoltato preoccupazioni in provincia di Caserta, perché mancherebbero uomini e mezzi per celebrare il processo «Spartacus 2», assolutamente decisivo per quanto riguarda la lotta contro la camorra. Cosa pensa di fare il Governo? Quella è una questione che giustifica un provvedimento d'urgenza! Come pensiamo di poter combattere la camorra? Mandiamo i militari e poi non facciamo i processi contro la camorra, perché mancano i soldi (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)!
Stiamo toccando dei punti particolarmente rilevanti. Vorrei anche - sollevo un'ultima questione - che non si sottovalutasse un tema di carattere più generale. L'impegno contro le mafie ha bisogno di un'iniziativa più organica; ciò significa, per esempio, affrontare concretamente il tema della disciplina degli appalti. Non c'è un rigo in questo decreto-legge sulla disciplina degli appalti, e sappiamo perfettamente che essa va chiaramente messa in discussione. Se continuiamo ad avere il massimo ribasso negli appalti, avremo permanentemente le infiltrazioni della camorra, della mafia e della 'ndrangheta dentro gli appalti (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori). Mi sarei aspettato che da un decreto-legge venisse una scelta chiara, cioè quella delle stazioni uniche appaltanti, per impedire che le mafie mettano le mani sugli appalti.
Sappiamo che quello è il punto di collegamento tra mafia e politica e sappiamo anche, con grande chiarezza, che, se vogliamo affrontare il tema delle mafie, dobbiamo separare nettamente la politica dalle mafie. Sappiamo anche che le mafie votano e fanno votare, e mi aspetterei che da quest'Aula venisse una dichiarazione corale: coloro che sono presenti in Parlamento non hanno voluti quei voti delle mafie, ma, soprattutto, non li vogliono in futuro (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori e del deputato Brigandì). Ne parliamo tanto, ma dall'altra parte queste parole non le ascolto mai.
Infine, consentitemi un'ultima considerazione. Caserta non va sottovalutata; quella provincia non va sottovalutata, perché lì ci può essere un intreccio tra questioni molto importanti. C'è una questione criminale, sicuramente, c'è la camorra, ma c'è anche un'acuta questione sociale. A Castel Volturno ci sono migliaia e migliaia di immigrati senza regole, abbandonati a se stessi, senza nome, senza volto; a volte alcuni muoiono e scompaiono, senza che si abbia notizia della loro morte. Attraverso questa loro clandestinità contribuiscono in maniera determinante al funzionamento di un pezzo dell'economia nera nell'agricoltura e nell'edilizia, e sappiamo perfettamente che, a un certo punto, può succedere che la questione criminale e la questione sociale si intreccino insieme. Questo è il senso della strage di Castel Volturno: questione criminale e questione sociale che si intrecciano insieme.
Dobbiamo affrontare questo tema, e va affrontato facendo due cose: per prima cosa, non bisogna dimenticare lo sviluppo del sud e della provincia di Caserta; non c'è lotta alla camorra, se non si affronta il tema dello sviluppo di quella terra. Nei mesi scorsi, il precedente Governo aveva firmato un'intesa istituzionale di programma con la provincia di Caserta. Posso chiedere al Governo di sapere che fine ha fatto quell'intesa istituzionale? Si vuole andare avanti su quegli investimenti oppure si vuole lasciare tutto come prima? Pag. 37Inoltre, va affrontato il tema del governo dell'immigrazione. Lo so che è una parola che a molti, in quest'Aula, può apparire quasi come una bestemmia, ma posso dirvi una cosa? Vedo che questo Governo sta rinunciando al tema del governo dell'immigrazione. Abbiamo praticato fino in fondo la strada della dissuasione verbale, abbiamo urlato tutta l'estate; nonostante le urla che sono venute dal Governo e da una parte del Parlamento, gli sbarchi a Lampedusa sono raddoppiati.
Non si è spaventato nessuno per la dissuasione verbale che è stata praticata. Ma posso dirvi - e concludo - che sull'immigrazione leggo che un pezzo di provvedimento è in questo decreto-legge, un altro pezzo è nel disegno di legge oggi al Senato, un altro lo abbiamo affrontato nel primo decreto-legge sulla sicurezza. Si tratta di una serie di proposte, senza un filo che le tenga insieme; proposte in alcuni casi ragionevoli, in alcuni casi sbagliate, in altri, addirittura, odiose.
È possibile chiedere a questo Parlamento - lo chiedo a lei, signor Presidente - di avere una sessione parlamentare dedicata ai temi dell'immigrazione, per discutere un progetto organico su questi temi?
Il Presidente della Camera è ritornato più volte su tali questioni: ha chiesto di affrontare il tema di una riforma della legge cosiddetta Bossi-Fini, assolutamente urgente; ha chiesto di affrontare il tema della riforma della cittadinanza; ha chiesto di affrontare il tema del voto agli immigrati per le elezioni amministrative.
Le chiedo se sia possibile, signor Presidente, avere una sessione parlamentare su questi temi sganciata dai provvedimenti di legge, che consenta al Parlamento di discutere seriamente su un grande fenomeno, che non può essere affrontato con le bandiere politiche di ogni formazione di partito, perché se affrontiamo - e ho concluso, signor Presidente - i temi della sicurezza con le pure bandiere di partito, facciamo un grave danno all'Italia e un grave danno, se mi è consentito, anche a quei partiti che fanno diventare la sicurezza una loro piccolo bandierina (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e del deputato Mario Pepe (PdL)).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, prediligo, al pari del collega Tassone, intervenire sul merito del provvedimento in esame. Avremo altre occasioni (spero che ce ne saranno date, anche perché abbiamo visto sempre una grande disponibilità da parte del Ministro dell'interno e del sottosegretario) per dibattere sui tanti casi e questioni importanti che sono stati posti dal ministro ombra del Partito Democratico nel corso della seduta, a partire da ciò che è accaduto tragicamente qualche giorno fa a Rimini o da quello che potrebbe accadere, che sta accadendo in alcune regioni del Mezzogiorno. Tuttavia, penso che sia importante fermarsi a riflettere anche solo per un istante sull'importante decreto-legge in esame, sul quale noi seguiremo lo stesso comportamento che abbiamo avuto al Senato.
Si tratta di un decreto-legge che all'articolo 1 mette in evidenza, anche se sollevando alcune perplessità rispetto agli articoli 2 e 21 della Costituzione, un effettivo diritto alla riservatezza e diritto di cronaca. Ci sono perplessità rispetto agli articoli 2, 21, 11 e 17 della Costituzione in quanto mancano a nostro avviso delle indicazioni che possano consentire di apprezzare il rispetto degli obblighi internazionali comunitari, rispetto alla formulazione che viene qui proposta.
C'è il tema dell'impiego dei contingenti militari e delle Forze armate previsto all'articolo 2. C'è soprattutto il tema compreso dall'articolo 3, che potrebbe rendere un po' disomogeneo il provvedimento, perché obiettivamente - lo dico senza pregiudizio - introduce una materia assolutamente estranea al contesto normativo che è invece oggetto del decreto-legge. Mi chiedo anche, lo dico con grande sincerità e tranquillità, come il servizio studi del Senato abbia potuto consentire che materie così disomogenee potessero far parte di uno stesso provvedimento.Pag. 38
Parlavamo prima del limite del 31 dicembre 2008 previsto per l'impiego dei 500 militari delle Forze armate da destinare nelle aree del Paese dove c'è una necessità eccezionale di superare quella criminalità organizzata che sembra in qualche modo imperversare. Esso, è già stato fatto notare dagli interventi che mi hanno preceduto, in particolare dall'onorevole Tassone, è un limite che non farà che riproporre il problema allo scadere della data del 31 dicembre 2008. Contemporaneamente (prendo spunto da chi è intervenuto prima: si tratta di una battaglia che abbiamo sottolineato, noi del gruppo dell'UdC, sia in Commissione che in Aula fin dall'inizio della legislatura) si pone il limite del 31 dicembre, e non si dà, dopo nove mesi, contezza degli impegni presi in Aula sui finanziamenti nei confronti delle forze di polizia per il controllo del territorio.
L'abbiamo detto quindici giorni fa, rispetto alle misure in favore di altre partite di bilancio e altre realtà sociali come le scuole paritarie, da un lato, relativamente alle quali si sono perse le tracce di 134 milioni, e le Forze armate, dall'altro, su cui si era preso un impegno nel mese di luglio. Oggi siamo alla resa dei conti, e, attraverso il decreto-legge in esame, non si dà nessuna spiegazione su questa materia. Bisogna che il Ministero dell'interno prima o poi arrivi a segnalare alla Camera dei deputati, quanto meno, in quali settori ha mantenuto l'impegno preso davanti all'Assemblea di Montecitorio.
Per queste ragioni, abbiamo segnalato con alcuni emendamenti - ne ricordo due significativi - due emergenze migliorative di questo decreto-legge.
Il primo riguarda una più puntuale formulazione del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, la cui formulazione da noi proposta sembra molto più opportuna per il rafforzamento, anche in favore dell'azione di contrasto alla criminalità organizzata (mi riferisco all'emendamento Vietti 2-bis.1 firmato anche dal collega, onorevole Tassone).
Il secondo emendamento, che riteniamo anch'esso assolutamente significativo, si propone invece di dare più criteri di valutazione importanti al Ministero dell'interno per individuare e costruire i nuovi centri di identificazione e di espulsione, evitando cioè che il cambio di nome rappresenti solo un cambio di facciata (nemmeno una tinteggiatura), e vada piuttosto in una direzione migliorativa della funzione che i centri di identificazione e di espulsione devono assolvere (nell'ambito della costruzione dei nuovi centri prevista, appunto, dall'articolo 3).
Riteniamo che il provvedimento al nostro esame possa essere ulteriormente migliorato. Ho citato solo due delle nostre proposte emendative, ma sono stati presentati anche importanti ordini del giorno che cercano di raccogliere quegli aspetti che erano già stati messi in evidenza durante il dibattito in Commissione grazie all'impegno dei nostri colleghi, a partire da quello dell'onorevole Mario Tassone.
Nello stesso tempo, segnaliamo - e continueremo a segnalare da qui alla votazione finale sul provvedimento - che nel corso delle votazioni di oggi pomeriggio, di domani e della giornata di giovedì ci attendiamo da parte del Governo un segnale significativo non solo di riflessione sugli elementi migliorativi che abbiamo proposto, ma anche, se possibile (siamo ormai a buon punto nell'iter dei provvedimenti di bilancio, già approvati alla Camera ed ora all'esame del Senato), un impegno da parte dell'Esecutivo a comunicare a quest'Aula dove sono i miliardi che il Governo si era impegnato a rimettere nella postazione di bilancio relativa al Ministero dell'interno per le forze di polizia e per il controllo del territorio.
Diversamente, anche questo provvedimento - seppur nel merito assolutamente migliorabile ed anche condivisibile - dal 1o gennaio del 2009 ci lascerà esattamente nella situazione di prima, se non peggio, perché avremo perso per l'ennesima volta qualche mese di tempo che sarebbe stato invece utile per poter arrivare ad un più efficace controllo del territorio e ad una Pag. 39più efficace valorizzazione delle forze di polizia (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, io le ho chiesto di intervenire, e lei me ne ha dato la facoltà, sul complesso degli emendamenti. Tutto ciò, in questa legislatura, sta rischiando di diventare paradossale perché, tra emendamenti dichiarati inammissibili con molta dovizia (naturalmente quelli dell'opposizione, non quelli del Governo) ed emendamenti che non vengono mai accolti dalla maggioranza, questa fase procedimentale in cui si discute degli emendamenti - degli emendamenti, ripeto, che sono stati presentati, ma che sono destinati a non contare niente - sembrerebbe quasi ultronea.
È, questa, una caratteristica della legislatura in corso: si blinda tutto, si fa tutto per decreto-legge e non si cambia nemmeno una virgola per una questione spesso, credo, di «lesa maestà». Noi delle opposizioni vi abbiamo infatti più volte rivolto richiami e suggerimenti che erano accettabili - e lo abbiamo fatto al di fuori di una situazione conflittuale -, per darvi un suggerimento e per mettervi sull'avviso rispetto ad alcuni errori che possono essere compiuti.
Ebbene, neanche quando abbiamo proposto emendamenti di carattere tecnico, non politico-conflittuale, li avete accettati. Quindi, diciamo che è quasi un'esercitazione accademica quella di parlare sul complesso degli emendamenti, però tant'è: questa fase c'è e noi la utilizziamo per aggiungere argomentazioni a quelle che già sono state poste sul provvedimento in esame.
Il provvedimento sottoposto alla nostra attenzione è l'ennesimo decreto-legge sulla sicurezza: diciamo che è quasi innocuo, se non fosse assolutamente inutile. Tuttavia, a proposito di sicurezza, vorrei fare due domande: una riguarda la sicurezza percepita, sulla base della quale questa maggioranza ha fondato la propria campagna elettorale, allo scopo di alimentare il senso di insicurezza dei cittadini ed allo scopo di catturare il massimo dei consensi. Improvvisamente, non si sa per quale ragione, benché i reati continuino come prima (l'ultimo, il gravissimo reato di Rimini, è stato appena ricordato), l'insicurezza non c'è più; è scomparsa dalle televisioni, è scomparsa dai giornali, dai vostri giornali, non se ne parla più: sembra che viviamo nel mondo migliore possibile. Eppure, il fenomeno dell'immigrazione clandestina continua e casomai è ancora più rilevante di prima. Perché? Come mai è scomparsa l'insicurezza? Perché ormai non la potete più «cavalcare» per avere consensi. Adesso, casomai, avete l'interesse opposto: quello di dire che tutti i cittadini sono sicuri. Ma così non è, perché il numero dei reati che pongono in pericolo la sicurezza dei cittadini è crescente.
Quindi, sotto il primo profilo veramente non comprendiamo perché, se non vi è più insicurezza, insistete nel proporre decreti-legge per rafforzare la sicurezza, che secondo voi è già forte.
Il secondo punto è il vostro modello di sicurezza, al quale vi state rapportando. È un modello pericoloso per un verso, perché depotenziate gli strumenti ordinari della sicurezza (cioè le forze di polizia di carattere nazionale, che si devono occupare di fare le grandi indagini, di fare i collegamenti ed eventualmente di rapportarsi con l'Interpol, con le forze di sicurezza e col comparto di sicurezza degli altri Stati europei), in funzione del potenziamento delle polizie locali, le quali hanno la possibilità di incidere su alcuni reati minimi, limitati, ma non hanno la possibilità di fare le grandi inchieste, che contrastino effettivamente la criminalità organizzata e, inoltre, ricorrete a mezzi esterni alle forze di polizia tradizionali (carabinieri, polizia e guardia di finanza), ricorrete cioè a forze esterne a questo comparto di sicurezza ordinaria, che invece state depotenziando. Infatti, in tre anni ridurrete di 6.000 unità il comparto sicurezza.
Poi, il terzo modello è quello della sicurezza a macchia di leopardo nel territorio Pag. 40nazionale, un modello di sicurezza patchwork, cioè che è presente in certi punti, dove si applicano delle leggi penali, mentre nel posto vicino le leggi penali non valgono più, con il risultato quindi che la gente andrà a trasgredire altrove, a dieci chilometri da quel ristretto ambito. Siete estremamente confusi, se non vi fosse di peggio: se non si potesse dire che volete appositamente depotenziare le forze di sicurezza ed il comparto sicurezza, quanto meno si potrebbe dire che una buona dose di confusione vi è.
Ma arriviamo al merito del provvedimento in esame, un provvedimento che francamente desta forte perplessità sulla sua efficacia. Per quanto riguarda l'esercito dite che occorrono 500 unità in più, ma perché occorrano queste 500 unità in più non è molto chiaro.
Perché 500, e non 3000 o dieci unità? E perché in rapporto a questa contingenza storica e al problema della sicurezza? Se l'insicurezza non c'è più, non si capisce perché siano necessarie altre 500 unità.
Vi è di più. Prevedete l'ingresso ed il finanziamento - vedremo in seguito come lo finanzierete - di ulteriori 500 unità dell'esercito, ma fino al 31 dicembre, cioè per un periodo breve breve, giusto per dare un simbolo ed un'immagine del fatto che state investendo sulla sicurezza. Dopo il 31 dicembre cosa accadrà? Che, di nuovo, le cose saranno come prima? Che la gente proverà di nuovo il sentimento di insicurezza, che oggi dite - ed avete interesse a dire - non esserci più? Queste 500 unità sono già in azione, sono già state inviate nei territori? E vi resteranno per quanto? Cinquanta, sessanta giorni? Valeva la pena fare tutto ciò? O non valeva la pena, invece, pensare ad un potenziamento forte - ma davvero forte - e strutturale del comparto di sicurezza tradizionale costituito dalle nostre forze di polizia, che hanno dimostrato (e stanno dimostrando) che, se adeguatamente sostenute, sono in condizioni anche di affrontare i problemi della criminalità organizzata (Governo permettendo)?
Vi è, inoltre, il problema dell'imputazione delle risorse, che francamente non è molto chiaro. Si tratta di una questione torbida, nel senso che non si riesce a vedere il fondo. Signor Presidente, il punto è che questa maggioranza sembra priva di una strategia di vero contrasto alla criminalità organizzata. La criminalità organizzata non si vince solo con la repressione. La repressione va bene, ma vi sono tutta una serie di interventi paralleli e convergenti, che devono essere posti in azione, senza i quali non si vince questa guerra contro la criminalità organizzata. Non solo si è accennato al problema degli appalti, della trasparenza e della limpidezza della pubblica amministrazione e non solo si è accennato al rischio di inserimento della criminalità organizzata nel sistema degli appalti pubblici. È necessario, altresì, potenziare l'apparato preventivo e repressivo in materia di reati e di trasgressioni finanziarie.
È noto che la criminalità organizzata, oramai, non è più quella di un tempo, non è più quella che si dedicava solo al taccheggio territoriale, all'usura o all'estorsione. Oggi la criminalità organizzata ragiona in termini planetari e di inserimento nei grandi flussi finanziari, che prevedono lo spostamento, con un semplice click di un computer, di enormi risorse finanziarie da un posto all'altro, da un paradiso fiscale all'altro. Pertanto, ecco come si combatte veramente la criminalità organizzata: non è soltanto con strumenti ed interventi di questo genere, propagandistici, fatti tanto per dire, che ci si occupa della sicurezza, ma anche intervenendo sulle transazioni finanziarie, consentendone la tracciabilità e consentendo che possano tornare all'origine, in modo da avere contezza della limpidezza dei trasferimenti economici.
Come si può realizzare tutto ciò, se questa maggioranza teorizza l'abbattimento delle sanzioni in materia di reati finanziari? Lo ha già fatto per quanto riguarda il falso in bilancio che, ormai, è poco più che un reato bagatellare, magari da considerare a sua volta come trattabile attraverso un affidamento in prova al servizio sociale. Adesso questa maggioranza vuole anche depotenziare l'apparato Pag. 41repressivo e sanzionatorio nei confronti dei reati in materia di insolvenza e di bancarotta.
Il provvedimento che avete proposto da poco conferisce al Governo una delega - assolutamente incostituzionale per la sua estrema ampiezza e per l'assenza di criteri - volta a riordinare tutto l'apparato sanzionatorio relativo ai reati connessi all'insolvenza. Non dimentichiamo, poi, la miriade di condoni e scudi fiscali e quant'altro fa parte dell'apparato culturale (se così si può dire) di questa maggioranza.
In conclusione, una vera strategia politica di contrasto alla criminalità organizzata deve avere una finalità: quella di impedire che il reato possa garantire un profitto a chi lo esercita. Su questo ci farebbe piacere verificare la reale volontà del Governo; noi abbiamo ripresentato una proposta di legge sul falso in bilancio che ripristina il precedente apparato sanzionatorio, ma che per altro verso prevede un aggravamento di pena, di sanzioni per i casi più gravi, per intenderci quelli che hanno riguardato i bond, «bancopoli» e tutti i più grandi scandali. Vedremo se su questo sarete d'accordo: noi temiamo di «no». Questo è il vero problema: capire se questa maggioranza ha davvero la voglia di affrontare la criminalità organizzata e i grandi disastri finanziari che coinvolgono tanti cittadini innocenti con mezzi efficaci, oppure soltanto con mezzi propagandistici, come nel caso del presente decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pelino. Ne ha facoltà.

PAOLA PELINO. Signor Presidente, in premessa vorrei accennare a quanto pochi minuti fa l'onorevole Minniti ha dichiarato, dicendo che questo Governo dovrebbe svolgere un'azione molto più incisiva in merito a ciò che riguarda la violenza sulle donne, visto che proprio oggi ricorre l'anniversario che ricorda tutte le donne che subiscono violenza. Mi dispiace, perché egli è persona che da tempo segue l'attività del Parlamento e, in realtà, non è al corrente dell'attività legislativa che si sta compiendo in questo preciso momento. Presso la II Commissione, infatti, sono all'esame diverse proposte di legge (oltre ai disegni di legge del Ministro Carfagna) in materia di violenza, di stalking, di pedofilia e di pedopornografia. Questo tanto per dire che non bisogna parlare se non si ha la cognizione di quanto accade nella nostra attività parlamentare.
Questo Governo sta proseguendo il suo incisivo intervento che certamente non è stato compiuto nella scorsa legislatura, dove assistemmo alla reiterazione di diversi decreti-legge originati dall'omicidio Reggiani, ma mai convertiti. Chi non ricorda il banale inserimento del reato di omofobia in tema di prevenzione dei reati e di contrasto alla criminalità organizzata, tema affrontato anche dal decreto-legge in esame, nonché di controllo del territorio, soprattutto nelle zone ad alta densità criminale?
Con questo decreto-legge il Governo si propone di offrire ulteriori risposte immediate e non differibili alla richiesta di interventi puntuali e concreti nell'ambito del «pacchetto sicurezza». Desidero ricordare che in questo provvedimento si inserisce il precedente decreto-legge n. 92 del 2008 che intervenne come primo significativo passo in materia di espulsione o di allontanamento dello straniero dallo Stato; di distruzione delle merci di cui sono vietati la fabbricazione, il possesso, la detenzione o la commercializzazione quando la custodia risulta pericolosa per la sicurezza, la salute o l'igiene pubblica, con la confisca e il sequestro; di sanzioni per chi ceda a titolo oneroso un immobile di cui abbia la disponibilità ad un cittadino straniero illegalmente presente sul territorio, provvedimento che già ha dato segni di conforto all'allarme dell'opinione pubblica sui gravi fatti di criminalità anche connessa all'immigrazione clandestina.
È questo un ulteriore passo che va ad integrare, per coordinamento, i precedenti varati dalla presente legislatura. Esso, infatti, reca un complesso di disposizioni in materia di sicurezza pubblica, con specifico riguardo, tra l'altro, ai temi dell'immigrazione Pag. 42e del concorso delle Forze armate nel controllo del territorio. Così, alle originarie previsioni, mirate ad evitare effetti pregiudizievoli all'attività di prevenzione e repressione dei reati derivanti dalla nuova disciplina relativa alla conservazione dei dati del traffico telefonico e telematico, a contrastare la criminalità organizzata, prevedendo l'impiego del personale delle Forze armate ed a fronteggiare l'intensificazione del fenomeno dell'immigrazione clandestina, si sono aggiunte, in sede di approvazione al Senato, ulteriori norme: esse riguardano, in particolare, un incremento dei fondi a favore delle vittime della criminalità, in via straordinaria, pari a 30 milioni di euro e l'esclusione, dai benefici previsti per i superstiti delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, di soggetti comunque legati ad ambienti criminali, con l'introduzione di speciali requisiti che si affiancano ai legami di parentela e di convivenza. Appare, dunque, pienamente giustificata la straordinaria necessità ed urgenza, anche al fine di evitare pregiudizi all'attività di accertamento e repressione dei reati, che potrebbero derivare dalla perdita definitiva dei dati del traffico telematico di cui all'articolo unico. Concludo, rammentando un ulteriore intervento del nostro Governo: si tratta del disegno di legge S. 733, in materia di sicurezza pubblica, che si avvia a conclusione al Senato, provvedimento complementare a questi altri, ma non in forma di decretazione d'urgenza, intervenendo su molte altre materie di allarme sociale e sicurezza pubblica. Si può dunque parlare di contrasto all'illegalità diffusa. Tanto era stato promesso, tanto è stato fatto, tanto si sta facendo per il bene della popolazione. È finalmente arrivato il momento dei fatti concreti e i dati sul decremento della criminalità, soprattutto in alcuni settori, parlano chiaro (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Pollastrini. Ne ha facoltà.

BARBARA POLLASTRINI. Signor Presidente, mi domando - e lo chiedo alle colleghe e ai colleghi - quale sia la malattia così grave che sta colpendo le classi dirigenti del nostro Paese. Infatti, le parole della collega Pelino che ho appena ascoltato non possono nascondere un'evidente rimozione. Oggi, lo diceva lei e lo ha detto prima il collega Marco Minniti, è la Giornata mondiale contro la violenza alle donne. Si tratta di una data non solo simbolica, voluta dalle Nazioni Unite per impegnare istituzioni e Governi in una riflessione e, insieme, in un rendiconto dei piani di contrasto della più tragica delle rimozioni del mondo contemporaneo, una piaga ritenuta centrale per una visione della sicurezza che sia efficace, concreta ed insieme umanitaria. Ebbene, le parole della collega Pelino, che io apprezzo, buttate lì frettolosamente, non possono non farci vedere una cosa: proprio in quest'Aula - e sono sincera, lo dico non con piacere ma con amarezza - la Ministra per le pari opportunità non ha sentito il dovere, oggi, di manifestare una propria opinione (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori). Non ha sentito il dovere di farlo con parole che potessero parlare, dando un minimo di fiducia a donne disperate che, nel nostro Paese, stanno lottando, anche in queste ore, credetemi, per la propria dignità, contro umiliazioni, persecuzioni e soprusi che, talvolta, arrivano all'annichilimento finale. Ritengo che, in giornate come questa, non ci sia nulla di più importante e di più prezioso se non il tentativo paziente delle istituzioni nel voler tessere proposte condivise, forti, concrete ed efficaci.
Se qualcuno di voi, di noi, avesse la pazienza di dare un colpo d'occhio ai quotidiani europei, potrebbe verificare che ogni testata autorevole oggi commenta la responsabilità delle élite e delle coscienze su quella che è ritenuta, appunto, la più drammatica delle emergenze democratiche e sociali e sui compiti morali - si voglio usare questo aggettivo: morali innanzitutto - delle istituzioni.
Ma la differenza qual è? La differenza è che i Governi interpellati rispondono; penso alla Francia di Sarkozy, che ha Pag. 43risposto con un programma d'azione di oltre 80 milioni di euro o alla Spagna di Zapatero, che ha risposto con un piano di 120 milioni di euro, mirato a campagne di prevenzione, di formazione e di informazione, di tutela delle vittime e, certo, naturalmente anche a quegli adeguamenti delle leggi che interessano noi stessi in Italia anche in termini di certezza e di efficacia della pena.
Ebbene, l'Italia anche su questo rischia di distinguersi, ahimè, negativamente con questa maggioranza, con una malattia che potrei definire di «dimenticanza patologica», frutto di ripiegamenti culturali, ma anche di cinismo, mascherati sovente di demagogia che sta contagiando le nostre élite.
Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, quando ho avuto l'onore di rappresentare il nostro Paese in una sessione delle Nazioni Unite sui diritti umani, ricordo bene, anche in quell'occasione davvero solenne, la valutazione del segretario delle Nazioni Unite e della Presidente dell'Assemblea delle Nazioni Unite. Le loro parole furono: nessuna riforma dell'ONU, nessun Governo democratico mondiale potrà avere un vero inizio se, alle parole sicurezza e cooperazione, non si aggiungerà il riferimento esplicito ai diritti umani in una sorta di trittico inseparabile. E - aggiungevano - nel nostro presente tutto questo significa innanzitutto i diritti umani delle donne e delle bambine.
Colpisce che, con questa maggioranza, si cerchi di far prevalere come oggi, negli atti spesso declamatori, nelle proposte e così nelle coscienze, cosa che riguarda sempre le classi dirigenti, una visione parziale estemporanea frammentata, come ricordava l'onorevole Minniti, dell'idea di sicurezza, anche per quanto riguarda l'idea di sicurezza delle donne e delle bambine. Donne, e mi rammarico a dirlo qui, i cui drammi emergono e vengono usati quando serve (ci ricordiamo qualche campagna elettorale), per poi essere rimossi quando, in una logica di marketing della politica, non servono più, perché può essere utile attrezzare d'improvviso un'attitudine di ottimismo.
Come gruppo del Partito Democratico ci è sembrato doveroso, oggi, depositare una mozione con la quale chiediamo che questa Aula dedichi una seduta del suoi lavori al tema dei diritti umani e della sicurezza delle donne e soprattutto dedichi una seduta alla discussione di un piano d'azione concreto contro molestie, soprusi e violenze.
Ci auguriamo che altre mozioni e altre voci si aggiungano. Non ci interessa un primato su questo terreno: quello che ci sta a cuore per davvero è una discussione seria, responsabile e propositiva.
Anche per questo, come gruppo dei Democratici e delle Democratiche abbiamo indirizzato una lettera al Presidente Fini affinché, insieme ai presidenti dei gruppi, calendarizzi un confronto al più presto su questi temi.
Il libro nero dei diritti umani delle donne e della loro sicurezza è noto nella sua crudezza e tragicità. È un'emergenza talmente drammatica che le Nazioni Unite sono impegnate per l'introduzione del delitto specifico di femminicidio. È aperto, la dico così, un conflitto nel mondo, una vera e propria guerra sparpagliata che ha come oggetto il dominio sul corpo delle donne.
In interi territori cresce la determinazione femminile per la propria dignità ed autonomia. Si affermano, e lo vediamo ogni giorno, nuove leadership e, anzi, per questo pressioni e rigurgiti fondamentalisti si manifestano con una virulenza inaudita e terribile. Ma un'oppressione maschilista e proprietaria, fatta di umiliazioni, molestie, soprusi, fino ad arrivare allo stupro e all'omicidio, si consuma anche in Europa e nel nostro Paese, nel silenzio delle case, delle famiglie e del circuito affettivo di molte donne e bambine.
Immagini recenti hanno scosso la coscienza dell'opinione pubblica, di istituzioni e non possono non scuotere la coscienza di tutta la nostra Aula. Penso al viso di Aisha, lapidata a morte in Somalia a soli 13 anni lo scorso 27 ottobre, ai volti sfigurati dall'acido delle studentesse di Kandahar, a Hina, uccisa in Italia da un padre padrone, perché voleva vivere la propria esistenza in libertà, alle suore Pag. 44vittime di fanatismo, alle donne e alle bambine vittime di stupri collettivi e alla realtà delle bambine in Cina che non nasceranno mai perché bambine.
Ma sono anche le tragedie in Italia di Sara, di Giovanna (che oggi è stata dimenticata) e altre come loro uccise a seguito di un rifiuto amoroso, di Barbara, quella donna in attesa del terzo figlio incinta di otto mesi, ammazzata dopo mesi e anni di maltrattamento da suo marito. Sono i drammi di donne violate perché omosessuali e transessuali, di giovani percosse e usate nel corpo perché più indifese, e questa forse è la cosa più orribile, in quanto portatrici di diverse abilità.
Sono, insomma, le innumerevoli storie di donne di diverse età e ceti sociali costrette al calvario di molestie e persecuzioni. Parlano le cifre ISTAT: sono 6 milioni e 743 mila le donne che sono rimaste vittima di molestie o violenza fisica, psichica o sessuale nel corso della vita. Nel mondo, per dirla in sintesi, una donna su tre nella sua vita è stata o è destinata ad essere almeno una volta vittima di violenza fisica, sessuale o psicologica. In Europa e in Italia questo numero è una su quattro.
Il rispetto dei diritti umani delle donne, dunque, assurge ancora a volta a simbolo dei diritti umani e civili di ogni persona, a simbolo della responsabilità della politica e, quindi, a simbolo dell'impegno per ogni lotta contro ogni forma di discriminazione per ragioni di razza, religione, diversa abilità, età, orientamento sessuale e identità di genere.
Per tutte queste ragioni è auspicabile in Aula l'approvazione delle proposte di legge contro le molestie inesistenti, la proposta di legge che abbiamo riproposto in discussione, così come la proposta di legge contro la violenza che riconosca e coordini un piano di azione e la proposta di legge contro l'omofobia presentata dalla collega Paola Concia e tutte le proposte di legge legate al rispetto dei diritti della persona presentate e discusse attualmente nella Commissione giustizia.
Insomma, l'obiettivo comune dovrebbe essere dare solidità ad un piano d'azione che affronti il tema della prevenzione, dell'educazione civile, della formazione, dell'informazione, del rispetto della donna nell'immagine pubblica e mediatica della tutela delle vittime, della certezza della pena, del riconoscimento di centri, associazioni e di tutte quelle competenze indispensabili che, in armonia con la Conferenza unificata Stato-Regioni e Stato-città ed autonomie locali, possano veramente svolgere quella funzione che le donne si aspettano.
Non volevo ora intervenire in termini polemici proprio perché sta a cuore a tutti noi davvero che quest'Assemblea abbia uno scatto sul grande tema dei diritti umani. Ma fatemi dire una cosa: se davvero c'è una condivisione minima della centralità della questione dei diritti umani, perché non si è ripristinato un fondo (che peraltro ai miei stessi occhi non sembrava sufficiente) di 20 milioni di euro perché questo piano prenda avvio? Perché ciò è avvenuto? Perché l'osservatorio nazionale che ha il compito di monitorare costantemente l'evoluzione - o meglio, l'involuzione - della tragedia delle molestie e della violenza è stato cancellato? Perché è stato cancellato il forum che doveva coordinare tutti gli operatori e i protagonisti di una battaglia di civiltà? Guardate, questi sono temi che dovrebbero stare a cuore a tutti.
Pertanto, credo che oggi, parlando di sicurezza, su questioni apparentemente diverse, anche noi avremmo compiuto una gravissima rimozione se non avessimo iniziato ad affrontare ciò che noi - credo non solo io - ma tutte le persone civili e per bene, tutti gli uomini e le donne civili di questo Paese ritengono una questione primaria di rispetto, di civiltà, di democrazia e - fatemelo dire per quanto mi riguarda - di sorellanza verso tutte le donne, in particolare quelle che in questo momento soffrono di più (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Congratulazioni).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 45

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, sarò rapidissimo e non voglio abusare anche della pazienza del presidente della Commissione. Noi stiamo affrontando un decreto-legge che nel suo titolo recita, tra l'altro, «accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina». A me dispiace che non sia più in Aula il Ministro Maroni, ma non lo dico polemicamente, va benissimo pure poter interloquire con il presidente della Commissione e con il sottosegretario Mantovano.
Signor Presidente, esattamente una settimana fa (questa è la ragione per la quale intervengo sull'ordine dei lavori) sull'agenzia APCom è apparsa una notizia secondo la quale il Commissario Ue alla giustizia, libertà e sicurezza, Jacques Barrot, intimerà alle autorità italiane di chiarire il calendario delle modifiche del decreto-legge sulla sicurezza che ha introdotto l'allontanamento automatico e l'aggravante di clandestinità per gli immigrati in situazione irregolare che commetteranno reati. Il Commissario lo ha riferito in relazione ad un'interrogazione presentata dagli eurodeputati Cappato e Pannella. Nella sua risposta, ricordando di aver già giudicato, il 23 settembre scorso, come incompatibile con il diritto comunitario questa norma, se applicata ai cittadini della Ue, Barrot ha annunciato che la Commissione chiederà chiarimenti all'autorità italiane circa il calendario previsto per le modifiche.
Signor Presidente, lo dico al presidente della Commissione, il mio non è un ragionamento strumentale, ma un ragionamento che vorrei porre anche al sottosegretario per l'interno qui presente per seguire i lavori. Questa condizione posta dalla Comunità europea, ripetuta molte volte e ancora di recente dal Commissario una settimana fa, chiede la modifica di un decreto-legge nel quale sono state inserite delle norme dichiarate incompatibili con la normativa europea. Si fa richiesta e si danno rassicurazioni al Commissario UE di correggerle attraverso l'utilizzo di successivi provvedimenti.
È l'ennesimo provvedimento sulla sicurezza, è l'ennesimo provvedimento nel quale si richiamano norme che riguardano l'immigrazione clandestina: vorrei sapere, nonostante le critiche e le richieste avanzate da mesi dall'Unione europea, per quale motivo non si utilizza per esempio questa sede, in cui discutiamo di queste questioni, per porre riparo a qualcosa che la Commissione europea ha già chiesto di modificare, che il Governo italiano si è impegnato a modificare, e perché si fanno saltare tutte le occasioni nelle quali si potrebbe modificare.
Vorrei sapere se il sottosegretario intende dare una risposta, non tanto e non solo a noi, al Parlamento italiano, rispetto agli impegni che il Governo ha assunto in questa materia, ma soprattutto alla Commissione europea. È l'ennesimo decreto sulla sicurezza che affrontiamo: vorrei sapere cosa aspettiamo, quale provvedimento aspettiamo per adempiere a quanto ci viene richiesto dalla Comunità europea (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, signor sottosegretario Mantovano, onorevoli colleghi, la tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico sono funzioni primarie ed esclusive dello Stato; tale compito non è né di destra né di sinistra, è un compito che spetta a chiunque governi. Noi dell'Unione di Centro su questo tema da tempo abbiamo dato il nostro contributo di idee e di voti ai provvedimenti del Governo presentati in questo Parlamento, pur stando all'opposizione. La nostra perplessità, quando è stata espressa, ha riguardato la superficialità, la leggerezza, la frammentarietà, il significato meramente propagandistico con cui si è affrontato un tema delicato, serio e sentito dagli italiani. Abbiamo sempre visto con fastidio problemi così importanti ridotti a spot, strumentalizzando paure e preoccupazioni degli italiani.
L'utilizzo dei militari per compiti di sicurezza è sicuramente una scelta da condividere, solo però per situazioni emergenziali Pag. 46e non in termini sostitutivi delle competenze delle forze dell'ordine. È stata ricordata dal collega Rao l'operazione «Vespri siciliani»: in quell'occasione furono previsti ventimila soldati con compiti di supporto logistico in sostituzione di forze dell'ordine così recuperate ai propri compiti istituzionali, per rafforzare il contrasto alla criminalità, soprattutto quella organizzata.
Anche a voler accedere all'impostazione del Governo di un utilizzo occasionale e disorganico dei militari, per quanto riguarda l'articolo 2, che prevede l'utilizzo di un contingente non superiore alle 500 unità oltre le tremila già impiegate, chiediamo che ci sia almeno una coerenza di misure legislative. Si prevede, infatti, che la copertura finanziaria della maggiore spesa sia riferita alle economie derivanti dal ritardato impiego di un mese - ad agosto anziché a luglio di quest'anno, come previsto - del contingente dei tremila uomini. Questo significa che l'impiego non sarà più per sei mesi come previsto, ma solo per cinque mesi, perché se i mesi dovessero essere sei, con lo slittamento in avanti di un mese, allora le risorse aggiuntive per i 500 soldati non ci sarebbero. Questo ulteriore contingente deve essere considerato aggiuntivo con risorse aggiuntive. In tal senso noi dell'Unione di Centro abbiamo presentato un nostro emendamento tendente a trovare una copertura finanziaria adeguata.
Altra questione è quella di rendere più efficiente il sistema giudiziario. Il contrasto alla criminalità prevede un complesso di misure legislative che risolvano le difficoltà del nostro sistema giudiziario. Troppe volte abbiamo assistito ad un'aggressione verbale da parte di esponenti della maggioranza verso l'attuale ordine giudiziario, soprattutto verso gli organi di autogoverno, senza preoccuparsi di rimuovere gli ostacoli di ordine organizzativo e funzionale che determinano gli attuali ritardi per una giustizia rapida. L'Italia registra una serie di condanne da parte della Corte di giustizia europea per i ritardi denunciati dai cittadini italiani in forza della cosiddetta «legge Pinto». La riforma del diritto di procedura civile approvata qualche mese fa è un intervento limitato ed occasionale. Abbiamo bisogno di una riforma organica del processo civile e penale, traducendo in norme il lavoro svolto da commissioni tecniche formate da insigni giuristi nominati proprio dal precedente Governo Berlusconi.
Occorre anche ridefinire i relativi codici per rendere più trasparente e razionale l'utilizzo delle norme che disciplinano i vari riti giudiziari.
Detto questo, il provvedimento in esame si limita a riconoscere alla magistratura onoraria alcuni emolumenti di carattere economico; non ci troviamo di fronte a una ridefinizione del ruolo dei giudici onorari e dei vice procuratori onorari ovvero al potenziamento dei magistrati togati per accelerare i processi civili e penali che per l'80 per cento cadono in prescrizione. No, signor sottosegretario, ci troviamo di fronte al riconoscimento di un compenso di soli 98 euro per la durata dell'impegno lavorativo giornaliero. In base all'articolo 3-bis del provvedimento, l'indennità aggiuntiva non scatta più automaticamente in caso di seconda udienza giornaliera, ma solo se l'impegno lavorativo supera le cinque ore giornaliere. Quindi, non solo non si risolve con un compenso adeguato la qualità di una prestazione che non ha paragoni con i compensi dell'avvocatura per le stesse prestazioni, ma non si soddisfa neanche una rivendicazione economica da tempo sollevata dalla magistratura onoraria, che rimane, quindi, insoddisfatta anche con questo provvedimento.
Riteniamo che per il modo con cui viene affrontato il problema si corra il rischio che il costo sia molto superiore ai risultati attesi; non sfugge, infatti, all'attenzione dei colleghi più avvertiti, la difficoltà di riconoscere il diritto alla relativa indennità, non essendoci ancora un concetto definito del significato da dare alla parola «udienza» nelle rispettive procedure di rito. Tale difficoltà si evince anche dalle numerose e contrastanti circolari ministeriali in risposta ai quesiti sollevati dai vari uffici giudiziari.Pag. 47
Non sfugge nemmeno il fatto del naturale allungamento dei processi in ragione del superamento delle cinque ore per percepire la seconda indennità. Tale questione si risolve in un allungamento irragionevole dei processi, premiando così la minore efficienza del magistrato onorario. La misura proposta dal Governo, quindi, non risolve il problema che abbiamo di fronte ma anzi, va dalla parte opposta rispetto agli obiettivi previsti.
È di tutta evidenza, inoltre, che la seconda indennità sia del tutto inutile per i vice procuratori onorari, ancorati, come sono, all'indennità giornaliera. Non crediamo che questo provvedimento possa costituire un deterrente per la Federmot che ha annunciato una richiesta di apertura di una procedura di infrazione alla Commissione europea.
Queste misure legislative sono necessarie, ma non sufficienti; avvertiamo infatti la necessità di interventi più incisivi. Questo è un Governo che decide e ha una forte maggioranza che consente di decidere; ci troviamo, invece, di fronte ad uno spezzatino di decisioni che dà l'idea di un'attività di Governo che vive alla giornata, rincorrendo gli eventi. La lotta alla criminalità richiede interventi organici, soprattutto sul lato della prevenzione; c'è la necessità di recuperare innanzitutto una cultura della legalità, cominciando da un maggior rigore di amministratori e di rappresentanti politici. È necessario riprendere un indispensabile raccordo tra Stato, regioni ed enti locali; le intese interistituzionali sulla sicurezza delle città, mettendo a rete tutte le forze di polizia e le risorse del volontariato e della partecipazione civica, rappresentano un caposaldo indispensabile per quella cultura della sicurezza senza la quale si rischia di percepire le forze dell'ordine come una componente estranea alla vita civile. Non posso ignorare le scritte sui muri contro le forze dell'ordine e le aggressioni degli agenti di polizia da parte dei cittadini a Napoli come a Torino, al sud come al nord.
Va segnalata a questo Governo la necessità di una maggiore efficienza delle forze di contrasto alla criminalità: abbiamo una criminalità ambientale, alimentare, economico-finanziaria; una criminalità organizzata e una microcriminalità predatoria che colpisce l'incolumità delle persone; nonché una criminalità terroristica e politica: per ogni tipo di criminalità esiste una struttura organizzativa di contrasto, militarizzata o civile.
Molte di queste strutture agiscono in autonomia, pur agendo con competenze sovrapposte funzionalmente e territorialmente. La polizia di Stato svolge i compiti dei carabinieri, i quali fanno cose a cui provvedono i vigili urbani e la guardia di finanza. Troppe polizie: polizia di Stato, carabinieri, guardia di finanza, Corpo forestale dello Stato e polizia penitenziaria sono le cinque polizie di Stato al netto delle capitanerie di porto. Vi sono, inoltre, le polizie locali: provinciali, municipali, fluviali, la polizia per il controllo delle attività venatoria e per il controllo della pesca nelle acque interne. Non parliamo poi degli uomini in divisa che interagiscono nei casi di calamità naturali e nelle situazioni di emergenza. Costi di mezzi e risorse umane che si moltiplicano senza efficacia e in misura esponenziale.
Ministro Maroni o sottosegretario Mantovano, voi siete ben consci di moltiplicazioni e di inefficienze, ma dimostrate di non avere la forza di sfidare le rispettive gerarchie per razionalizzare e per dare maggiore efficienza al sistema. Dimostrate, infatti, troppa timidezza verso la forza di una burocrazia di vertice che vi impone prassi e regole che non sono in sintonia con gli interessi del Paese. Dovete dimostrare a questo Parlamento e al Paese di essere forza di Governo, senza compromessi e senza debolezze.
Vi attendiamo su questi appuntamenti e intanto vi incalziamo su queste riforme di sistema al posto degli spot. Spero che non serva il Ministro Brunetta per mettere d'accordo Tremonti, Alfano, Maroni, Zaia e La Russa, ma spero che basti Berlusconi. Quello che vediamo, però, è che ha il tempo di incontrare gli imprenditori di tutte le vanità (soprattutto quelli che fanno pubblicità televisiva), ma non ha Pag. 48ancora avuto il tempo di mettere intorno ad un tavolo i Ministri di riferimento delle varie polizie per definire un nuovo ordine di contrasto per la criminalità. Intanto il Paese aspetta e noi dell'Unione di Centro ve lo ricorderemo comunque in ogni occasione di dibattito sulla sicurezza e l'ordine pubblico.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Amici. Ne ha facoltà.

SESA AMICI. Signor Presidente, nella discussione sulle linee generali che ha accompagnato il provvedimento in esame sono state illustrate, con dovizia di merito e in modo molto attinente allo schema del provvedimento, i motivi e le condizioni per le quali il Partito Democratico solleva una serie di dubbi e di criticità. Si tratta di alcune questioni note che attengono al metodo, ma molte attengono al merito.
Colleghi, in tema di sicurezza abbiamo ormai una sorta di cronologia e la possiamo citare, in quanto questa, a mio avviso, pare essere l'origine dentro la quale dobbiamo muoverci per svolgere un ragionamento serio di merito. All'avvio di questa legislatura abbiamo iniziato con il decreto-legge n. 92 ed ora siamo al numero 151 alla Camera, mentre è in discussione il numero 733 al Senato. Ma insieme a questo abbiamo approvato una serie di direttive della Comunità europea relative ai ricongiungimenti familiari e ad alcuni elementi che rendevano più difficile l'ingresso in Italia in materia illegale.
All'inizio della legislatura, soprattutto quando discutemmo il decreto-legge n. 92, fu del tutto evidente che si contrapponevano due idee di sicurezza diverse e credo che da lì dobbiamo ripartire. Se vi è una cosa che su questo tema non è assolutamente accettabile è un ragionamento che, mentre dice di non voler assumere l'aspetto ideologico, fa di questo tema un elemento per cui invita lo stesso Parlamento a discuterne, di volta in volta e per pezzi separati, su questioni emergenziali che non danno il senso, invece strategico, di cosa deve essere la sicurezza.
Domenica con un editoriale - che non rileggerò perché è del tutto ovvio che i colleghi lo hanno letto - il sociologo Ilvio Diamanti ha scritto un bellissimo articolo «Come si fabbrica l'insicurezza». Credo che noi dobbiamo ripartire da lì se vogliamo svolgere un ragionamento serio.
È quasi impossibile, infatti (quasi come in uno scenario teatrale), che si sia iniziato questo percorso, con il decreto-legge n. 92 del 2008, avendo la sensazione che questo Paese fosse invaso da immigrati clandestini e che il tema dell'insicurezza costituisse in gran parte la preoccupazione primaria dell'opinione pubblica. Su questo aspetto ci si è mossi, non solo sul piano legislativo; hanno contribuito molto a costruire quel dato dell'insicurezza gli echi di una campagna elettorale che ritengo sia ora che finisca (se la continuiamo, infatti, il danno vero che essa determina sul tema della sicurezza è proprio quello nei confronti dei cittadini e l'inefficacia delle azioni politiche che si pongono in essere).
Sempre in questo articolo, Ilvo Diamanti ci ricorda un dato molto semplice, che non è un dato di opinione, ma un dato reale: improvvisamente, da maggio ad oggi - sono passati appena dodici mesi -, la percezione dell'insicurezza e della paura dei cittadini stranieri subisce un calo del 15 per cento. Ce ne dovremmo rallegrare? Credo di no, perché dietro quel dato (che ha spinto questo Governo e la maggioranza che lo sostiene ad assumere la questione della sicurezza come una delle risposte immediate per dare ordine a quello che sembrava essere il disordine sociale) si è rivelato, come del resto avevamo denunciato, un elemento, quello sì, ideologico e propagandistico.
L'insicurezza di oggi dell'opinione pubblica italiana e delle classi sociali in grande sofferenza, invece, riguarda ben altre questioni: si tratta di quell'insicurezza dettata dall'incertezza sul proprio futuro e dall'impossibilità di guardare al domani con serenità, per trasferire in quel domani disegni, progetti e cambiamenti. Invece, in queste Aule si continua a discutere sui provvedimenti con un metodo che abbiamo più volte denunciato, ossia con lo strumento della decretazione d'urgenza.Pag. 49
Colleghi, la decretazione d'urgenza non è semplicemente lesiva di una funzione di un'Assemblea parlamentare: nella decretazione d'urgenza, infatti, c'è il tentativo di spostare l'asse del ragionamento fra funzione di Governo, sua maggioranza ed estraneità del Parlamento. Quando si interviene con lo strumento della decretazione d'urgenza, addirittura correggendo un decreto-legge adottato dallo stesso Governo, credo che siamo di fronte alla qualità vera della legislazione, ma anche della funzione politica della maggioranza che lo sostiene. Non è possibile che queste Aule siano chiamate ad approvare il diciannovesimo decreto d'urgenza.
Proprio a partire da questo tema, occorre che cominciamo a dirci alcune grandi verità, perché questo provvedimento, come molti altri, reca titoli ai quali non corrisponde la sostanza dei contenuti dello stesso provvedimento: mi riferisco, ad esempio, alla lotta alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina. Lo affermo con grande serenità e franchezza, sottosegretario Mantovano. Il decreto-legge in esame, inizialmente, constava di pochi articoli; come al solito, sulla base dell'urgenza, sono state inserite altre norme. Ci rimane veramente difficile, nonostante la fantasia, capire dove sia l'urgenza dell'inserimento in questo decreto-legge dell'aumento delle indennità ai giudici onorari. Per questo motivo, anche la sostanza di un ragionamento che deve riguardare assetti importanti viene meno.
Non solo: nel provvedimento ci sono alcuni aspetti sui quali vorrei continuare ad avere la forza di poter ragionare. Il decreto-legge - lo ricordava il collega Minniti - nasce, anche questo, da un dato di emergenza, legato alla vicenda della strage di Castel Volturno e alla situazione sociale ed economica di criminalità che aveva investito un'intera provincia, quella di Caserta (non era quella la prima occasione).
La vicenda di Castel Volturno, infatti, ci ha messo di fronte a un problema oggettivo: il ruolo dello Stato nel difendere la sicurezza dei propri cittadini, che vale dal nord al sud di questa nostra Italia, ma soprattutto una presenza dello Stato (fatta non solo di polizia, di carabinieri e delle forze dell'ordine) che in quella fase si avvalesse dell'uso dell'Esercito.
Sottosegretario Mantovano, non siamo contrari a quell'invio, ma esso, unitamente al fatto che a gennaio finiranno il loro compito 500 militari (che sono solo quelli con le regole di ingaggio che avevamo stabilito nel decreto-legge n. 92 del 2008), ci dice che non è quella l'arma con la quale lo Stato, nella provincia di Caserta, assicura la sicurezza dei cittadini.
La vicenda di Castel Volturno e la questione degli immigrati clandestini, che lì sono lo specchio di una realtà fatta di volti anonimi, a volte di illegalità, aprono dentro quel contesto le porzioni del mercato dell'organizzazione criminale. Dentro quel quadro avviene non solo la vicenda dei casalesi, ma quanto comporta una riflessione più profonda su cosa sia la camorra e su come questa si organizzi e si espanda a partire da quei territori, comprendendo altre regioni.
Avremmo bisogno di una discussione vera su come si affronta la lotta alla criminalità, che è basata sulla capacità di mettere insieme forze dell'ordine, intelligenze, notizie, questioni finanziarie, un intreccio di questioni per mettere sul serio in condizione lo Stato, la sua natura, di svolgere, nella funzione di diritto, alcuni elementi di grande liberalità in quelle società.
Quando, invece, in quelle realtà si continua a pensare - e in tal senso si è agito per anni con la complicità di forze politiche che hanno un nome e un cognome - all'assioma «immigrazione uguale criminalità», il risultato è del tutto evidente: la questione si affronta solo sul dato dell'emergenza. Dunque, non bastano 500 soldati, perché le audizioni svolte ci dicono che oggi i soldati - essendo l'Esercito diventato professionale - sono in gran parte impiegati nelle missioni di pace all'estero e che, per svolgere questa funzione di accompagnamento e di controllo dei siti sensibili, hanno bisogno di un periodo di formazione. Come si fa questo, quando nello stesso tempo l'insieme della situazione economica e le vostre scelte Pag. 50sulle questioni finanziarie hanno prodotto tagli che riguardano il personale della difesa e delle forze dell'ordine? Tutto ciò rende questo decreto-legge, nella sua ampollosità, un elemento di estraneità.
Il secondo elemento di criticità è che, proprio perché siamo convinti che il tema della sicurezza riguardi tutti, anche la mia parte politica, è del tutto evidente che sul tema della sicurezza si intrecciano idee e possibilità di costruire un clima che non sia più di campagna elettorale, ma capace sul serio di incidere con provvedimenti reali.
Non ci vogliamo accontentare, perché dentro questo decreto-legge, sottosegretario, si compiono altre due operazioni-manifesto. Questo è il limite della vostra idea della sicurezza, troppo dettata da norme-manifesto. Esse sono fondamentalmente due. Alcune a volte assumono, nella critica e nell'attualità politica, un elemento di farsa, se non di tragedia.
Eravamo d'accordo sulla revisione delle norme che riguardano la possibilità per le vittime della mafia e dell'usura di accedere ai sostegni. Con questo decreto-legge, si è fatta un'operazione di razionalizzazione, si sono definiti meglio alcuni criteri, ma rimangono alcune perplessità nella dizione del testo, come testimoniano alcuni nostri emendamenti. Ciò che, però, non abbiamo condiviso - lo abbiamo detto in Commissione - è soprattutto il fatto che, di fronte a due fondi, si scelga di togliere risorse al Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura per trasferirle al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso.
Ci dobbiamo intendere su cosa sia la sicurezza, perché non è che, siccome in questo Paese a volte non si denuncia (perché troppi sono i vuoti, a volte anche degli stessi testimoni di giustizia - non dei collaboratori di giustizia - che hanno denunciato e hanno assunto su di sé la responsabilità civile e morale di svolgere un'azione a difesa dello Stato di diritto), non c'è più un elemento di denuncia sull'usura.
Tuttavia, i dati ci dicono altro, perché, mentre noi in quei giorni ragionavamo su questo, un'organizzazione di commercianti ha denunciato con grande forza che questo Paese, così diviso, così inquieto, così impaurito, ha un tasso di usura che continua a taglieggiare intere famiglie.
Non è più solo l'azione commerciale, ma riguarda i singoli soggetti. Proprio perché non si denuncia, il compito di uno Stato che vuole produrre sicurezza è costruire le condizioni perché le persone siano messe in grado di denunciare e di avere fiducia in questo Stato.
Credo che sia stato commesso un errore: mentre eravamo disponibili a ragionare sulla razionalità, abbiamo riproposto che i due fondi avessero la stessa dinamica e non ci fosse, invece, quella strana idea per cui, avendo un altro fondo presso il Ministero dell'economia e delle finanze, la stessa organizzazione che denunciava il livello dell'usura chiedeva, al contempo, che quel fondo venisse ritrasferito al Ministero dell'interno. Non solo non ci siamo intesi, ma credo che, proprio per questo elemento, che sta dentro alla logica per cui oggi quei fondi devono andare alle persone che ne hanno effettivamente diritto e si operi con razionalità, abbiate di nuovo, ancora una volta, pasticciato; proprio per questo, su quegli aspetti del vostro testo siamo contrari.
Inoltre, nel decreto-legge c'è il tema dell'anticipo di una delle norme del decreto sicurezza che riguarda la costruzione di nuovi centri; non più centri di permanenza, i famosi CPT, ma centri di identificazione. Sottosegretario Mantovano, anche su questo, credo che dentro alle norme sulla sicurezza l'aumento dei centri di identificazione non possa avvenire pensando che tutti i cittadini stranieri che entrano in questo Paese siano tutti uguali. Non è possibile far vivere nella promiscuità dei centri persone richiedenti asilo, rifugiati politici, cittadini che entrano alla ricerca di un lavoro e, non avendolo trovato prima per le norme della legge Bossi-Fini, vengono considerati immigrati clandestini, nonché persone che devono essere sottoposte alle semplice identificazione.Pag. 51
Non solo avete aumentato la permanenza in quei centri, con tutta la discussione relativa alle direttive europee, ma quello che è ancora più grave, dentro quella costituzione dei centri, è che avremmo bisogno che quei centri avessero la possibilità concreta di essere funzionali in un rapporto diretto con le autonomie locali. C'è una relazione della commissione De Mistura, che diceva che cosa quei centri erano diventati: non garantivano più i diritti di una persona che, seppure entra in un Paese da cittadino straniero, rimane una persona, titolare di diritti inalienabili.
Certo, a noi compete la sicurezza del nostro Stato, la capacità di trovare delle situazioni in cui le regole siano regole che vadano rispettate. Invece, avete assunto una normativa per cui è molto semplice per chi ha una residenza sanitaria per anziani trasformarla in un centro di identificazione.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

SESA AMICI. Tutto questo senza nessun controllo, e non credo di dover ricordare in quest'Aula che, mentre discutevamo di questo, un quotidiano nazionale ci ha parlato della vergogna degli abusi e degli interessi che intorno ai nuovi centri di identificazione stanno avvenendo nel Paese.
Vogliamo discutere di sicurezza, ne vogliamo discutere sul serio, signor sottosegretario, ma lo vogliamo fare in un clima in cui le leggi-manifesto e le norme-manifesto facciano un passo indietro, per avere, sul serio, la possibilità di entrare nel merito (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vietti. Ne ha facoltà.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo decreto-legge è, come al solito, un decreto omnibus, che comprende molte cose, sussunte sotto un titolo che, per la verità, male le sintetizza.
Anzitutto, il tema dell'impiego dei militari in funzione di ordine pubblico. Il nostro gruppo ha presentato un emendamento per chiarire che i 500 militari di cui il decreto-legge parla vanno considerati compresi nel contingente dei 3 mila militari già applicati a funzioni di ordine pubblico. Se così non fosse e se, come una certa lettura del decreto può lasciare intendere, stessimo parlando di ulteriori 500 militari, certamente il provvedimento sarebbe privo di copertura.
Con una sorta di contorsione argomentativa, infatti, si cerca di sostenere che essendo l'impiego dei 3 mila militari entrato in funzione un mese dopo il termine previsto, questo mese di sfasamento consentirebbe di allungare la coperta per dare copertura finanziaria anche a questi ulteriori 500 militari. A parte che è molto discutibile una tecnica legislativa che lascia un equivoco sul punto se stiamo parlando di 500 in più o di 500 compresi, certamente è bene che si sappia che se stiamo parlando di 500 in più si pone seriamente un problema di copertura, che non può essere eluso semplicemente facendo riferimento ad un'entrata in vigore di qualche giorno successiva.
Che dire dell'utilizzo dei militari in questo ruolo? La posizione dell'UdC è nota, e dunque mi limito a ribadirla: ovviamente massima stima per i nostri militari, massima considerazione per la loro capacità, la loro professionalità, la loro dedizione, ma serie perplessità sull'effettiva efficacia che questo impiego può produrre in termini di sicurezza. Mi permetto sul punto di usare argomentazioni non mie, ma argomentazioni dell'ex Ministro della difesa Martino, appartenente al Popolo della Libertà, il quale, interpellato sul suo giudizio sull'impiego dei militari, ha testualmente risposto: i militari per le strade sono un gesto più che altro simbolico. Anzi, ha aggiunto, spero che non sia un gesto dannoso, perché il simbolo ha una ricaduta negativa per l'Italia. Cito testualmente: trasmettiamo all'estero l'idea di un Paese in una situazione di emergenza, che ha bisogno di schierare per le strade i soldati come a Kabul. Ho molte Pag. 52perplessità - prosegue Martino - anche sulle pattuglie miste. Dunque, il sospetto che l'utilizzo dei militari per funzioni di ordine pubblico sia poco più che uno spot non è un pensiero malizioso della sola opposizione, ma è un dubbio che viene anche a chi ha ricoperto il ruolo di Ministro della difesa, dunque a chi i militari li conosce bene. Ed è sempre Martino che aggiunge: peraltro penso che i giovani che fanno i soldati certo non lo fanno per finire a guardia di una discarica o in una pattuglia mista. E aggiungiamo che alla frustrazione che questo impiego produce nei confronti dei militari si somma la frustrazione che questa iniziativa produce nelle forze di polizia, perché, ovviamente, il messaggio, implicito ma non troppo, che trasmettiamo alle forze di polizia è: non siete capaci di fare il vostro mestiere, tanto che avete bisogno che vi mandiamo le pattuglie dei militari per colmare le vostre lacune, perché diversamente non si capirebbe qual è il rapporto tra militari e forza di polizia.
Ma l'incongruenza è ancora maggiore se pensiamo che lo stesso Governo che dispone l'impiego dei militari per le strade è il Governo che non ha coperto gli 8 mila posti di organico delle forze dell'ordine scoperti, che ha tagliato i centinaia di milioni nelle leggi finanziarie destinati a sostenere le forze dell'ordine, e che in sostanza ha tolto con una mano dieci volte quanto ha dato con l'altra (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del gruppo Partito Democratico). Con una mano infatti ha tolto il supporto reale e concreto, professionale, adeguato ed attrezzato per garantire l'ordine pubblico, che sono le forze dell'ordine, le forze di polizia, i loro mezzi, le loro attrezzature, le loro risorse, i soldi per i loro straordinari, la benzina per i loro mezzi.
Con l'altra mano, invece, pensando di coprire in modo artificioso e virtuale questo buco, ha fatto fare a tremila militari un po' di parate per le strade. Ma colleghi, ci ricordiamo quanti erano i militari dell'operazione «Vespri siciliani», che viene talora ricordata come analogia e come precedente? Erano ventimila! Ci ricordiamo quanti erano i militari utilizzati nell'operazione «Domino» dopo l'11 settembre 2001, impiegati a presidiare i punti strategici delle nostre città? Erano sedicimila! Ed erano interventi mirati ad una specifica operazione. Possiamo ora immaginare che con tremila soldati sparpagliati in tutte le città d'Italia noi risolviamo i problemi dell'ordine pubblico? Servono a scattare le fotografie con le mamme che la domenica vanno a spasso nei giardinetti con i bambini, ma quanto meno si faccia grazia alla nostra intelligenza e non si cerchi di far passare questa iniziativa come se fosse seria, concreta e credibile per risolvere davvero i problemi dell'ordine pubblico!
Capisco che la maggioranza abbia giocato sul tema dell'ordine pubblico la sua campagna elettorale, che ne abbia fatto una bandiera da sventolare e che avesse poi bisogno di onorare quella cambiale; ma purtroppo, quella cambiale è stata onorata in modo fittizio, non è stata pagata realmente, ma con uno spot pubblicitario.
Un altro argomento a cui si dedica il decreto-legge al nostro esame è quello dei centri di permanenza temporanea. A questi centri abbiamo cambiato il nome e li abbiamo definiti centri di identificazione e di espulsione. Quando abbiamo discusso il decreto-legge che mutava il nome ai CPT ci è stato spiegato che quella non era, come noi sostenemmo, un'operazione puramente nominalistica, ma che dietro al cambio di nome stava un cambio di politica sul modo di fronteggiare l'immigrazione clandestina, un cambio di strumenti, e che i vecchi centri di permanenza temporanea sarebbero diventati una cosa diversa.
Siamo tuttora in attesa che il Governo ci spieghi questa diversità, di capire dove questi nuovi centri dovrebbero essere costruiti, come dovrebbero essere edificati e con il concerto di chi. Abbiamo presentato un emendamento che chiede che, quanto meno, vi sia il concerto dei sindaci e della Conferenza unificata Stato-città, perché diventa inimmaginabile paracadutare dall'alto, magari in contesti socio-economici Pag. 53già delicati e in equilibri difficili, alloggiamenti e situazioni di questo genere (e spero che su questo il Governo ci dia il suo conforto).
Abbiamo chiesto che il Ministro dell'interno venga a riferire in Parlamento su qual è la politica di costruzione, di istituzione, di organizzazione, di accompagnamento nello sviluppo dei centri di identificazione e di espulsione.
Abbiamo chiesto che il Governo ci chiarisca quali sarebbero gli standard qualitativi che...

ALFREDO MANTOVANO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Sono qui!

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Chiedo scusa al sottosegretario Mantovano, di cui conosco la competenza e che so essere certamente in grado di fare contemporaneamente due cose, ma per la reciproca dignità della nostra funzione gli chiedo scusa se mi sono interrotto.
Vi è dunque il problema di chiarire quali sono gli standard qualitativi a cui questi centri devono rispondere. Non possiamo ignorare che da parte dell'Europa vi sia un'attenzione particolare nei confronti di queste istituzioni; l'Europa ha espresso perplessità sulle condizioni umanitarie di questi centri.
Non abbiamo mai partecipato a campagne scandalistiche, non abbiamo mai contribuito a drammatizzare questo argomento, non abbiamo fatto demagogia a buon mercato su un tema difficile e delicato quale quello dei centri di raccolta degli extracomunitari. Tuttavia, ciò non vuol dire che non siamo consapevoli e non ci facciamo carico del fatto che questi luoghi, in cui in qualche modo persone vivono ristrette, devono essere rigorosamente rispettosi della dignità delle persone, perché il principio che vale per il nostro sistema carcerario e per i nostri detenuti, secondo il quale va anzitutto salvaguardata la dignità della persona, non può non valere anche per i centri di identificazione e di espulsione. Infatti, nella cultura propria del nostro Paese, della nostra storia e della nostra tradizione, anche gli immigrati e gli extracomunitari sono persone e dunque il rispetto della loro dignità è una preoccupazione da cui il legislatore ed il Governo non possono esonerarsi.
Terzo tema affrontato - anzi eluso - dal decreto-legge in esame (per la verità ne parlerà il collega Pezzotta più diffusamente) è il seguente: la costruzione della nuova procedura per i centri di identificazione e di espulsione equipara l'espulsione ed il respingimento anche per chi chiede la protezione internazionale; anzi, chi chiede la protezione internazionale non ha neppure la tutela di una sentenza del TAR (che può dare una sospensiva, in caso di diniego da parte delle commissioni competenti, rispetto alla domanda di protezione internazionale) e dunque si trova esposto a provvedimenti sanzionatori di carattere amministrativo, senza alcuna tutela.
Allora un emendamento del nostro gruppo prevede che, almeno per il caso della richiesta di diritto d'asilo, le persone che si trovano nei centri di identificazione possano ricevere una forma di assistenza e di tutela legale, per renderle edotte dei propri diritti e per consentire di non mettere queste persone (le quali, ricordiamolo, si appellano ad un diritto costituzionale previsto dall'articolo 10 della nostra Costituzione, se ben ricordo) in balia dell'autorità amministrativa o della nostra burocrazia che, con tutto il rispetto, può rischiare di non essere così attenta e così sensibile rispetto a questa esigenza.
Concludo, signor Presidente, con un ultimo tema che occupa il decreto-legge in esame: quello che riguarda la magistratura onoraria. I magistrati onorari (cioè i viceprocuratori onorari ed i giudici onorari di tribunale) sono indispensabili, sono insostituibili: qualunque operatore di giustizia sa che questo è un dato incontrovertibile. Senza queste figure i nostri uffici giudiziari chiuderebbero immediatamente. Ebbene, il decreto-legge in esame interviene in maniera penalizzante sulla retribuzione della magistratura onoraria. Dunque, non solo il Governo non ha fatto - e credo che sia difficile che lo faccia entro Pag. 54la fine dell'anno - come si era invece impegnato a fare accogliendo un ordine del giorno trasversale di maggioranza e di opposizione, la riforma organica della magistratura onoraria. Concludo signor Presidente, perché vedo i suoi gesti di appello al tempo.

PRESIDENTE. Deve concludere onorevole.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Non soltanto non ha fatto la riforma organica, ma anzi oggi interviene, in modo assolutamente estemporaneo, con una misura punitiva dal punto di vista economico, di questa magistratura. Allora, credo che, se non mettiamo i magistrati ordinari in condizione di far bene il proprio lavoro, tutte le parole che sprechiamo sulla ragionevole durata del processo siano ipocrisie (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rossomando. Ne ha facoltà.

ANNA ROSSOMANDO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, come abbiamo già detto nutriamo forti perplessità su questo provvedimento. Più volte ci siamo pronunciati e abbiamo denunciato l'inopportunità della decretazione d'urgenza e di provvedere unitamente su materie eterogenee. Abbiamo anche più volte denunciato il fatto che ciò rappresenta innanzitutto un'espropriazione del ruolo del Parlamento, anche per i colleghi della maggioranza. Tuttavia, oggi vorrei sottolineare - come ha già fatto qualcuno prima di me - che su un tema così delicato, il principale danno che viene operato dalla decretazione d'urgenza, dalla frammentarietà e dal provvedere su materie eterogenee consiste nel fatto che non si riesce ad intravedere quale sia l'idea e quali siano le linee guida sui temi della sicurezza e, in particolar modo, su come si affrontino le gravi questioni che riguardano la criminalità organizzata. Non riusciamo a vedere ciò, anzi notiamo come vi sia un particolarismo e, quindi, un'inadeguatezza dei provvedimenti proposti. Notiamo che dietro i titoli altisonanti, in realtà, le norme contengono dei provvedimenti molto più piccoli e più miseri sotto il profilo concettuale e dell'efficienza. Pertanto, quando parliamo di sicurezza, di annunci e di norme manifesto, rileviamo innanzitutto un aspetto molto grave. Rileviamo, cioè, che la prima conseguenza sarà in termini di inefficacia e di inefficienza. Questo ci preoccupa molto, perché vorremmo condividere con la maggioranza il fatto che i cittadini non soltanto si sentano rappresentati dallo Stato e dalle istituzioni, ma possano stringersi attorno allo Stato e alle istituzioni, nella difesa della legalità e dei valori che lo Stato rappresenta.
Quando i provvedimenti sono altisonanti, ma poi sono inefficaci, la prima ricaduta negativa è un preoccupante allontanamento del cittadino dalle istituzioni. Vorremmo capire perché tutte le volte che si pronuncia la parola «progetto», essa viene interpretata come qualcosa di astratto. La parola «progetto», invece, nella sua accezione corretta, ci richiama, quanto mai, alla concretezza e alla puntualità. Crediamo che la sicurezza sia una questione molto pratica e che, quindi, non sia questione di enunciazioni, seppure non ci sfugge, e non riteniamo di sottovalutare, anche il fatto simbolico.
Perché non si è proseguito sulla linea del Governo precedente, che era quella dei patti per la sicurezza e, quindi, di un rapporto tra Governo e territori? Vorrei soffermarmi un momento su questo aspetto e mi rivolgo anche ai colleghi della Lega Nord. Vi sono molti modi di interpretare e di assumersi la difesa o la rappresentanza del territorio. Credo, però, che il modo più corretto non sia quello di rivendicare e di esasperare l'identità del territorio come difesa da un preoccupante vuoto di valori e, quindi, di valori condivisi. Credo che il territorio debba essere valorizzato, ma attraverso l'interpretazione delle sue esigenze e l'individuazione delle questioni particolari. Questo ha molto a che vedere con la sicurezza, perché significa, in quel progetto a cui Pag. 55facevo riferimento in precedenza, individuare le risorse umane, economiche e finanziarie da destinare in modo adeguato ai singoli territori. Inoltre, poiché si parla di una questione pratica come la sicurezza, significa, soprattutto, verificare sia il raggiungimento degli obiettivi che si sono posti e sia il patto tra i territori ed il Governo centrale.
Ecco perché (come è stato detto prima di me) la questione non è - ad esempio - se vi sia adeguatezza o professionalità delle Forze armate, che non sono assolutamente messe in discussione. La questione è in quale progetto, con quali finalità e con quale coordinamento tra tutte le risorse impiegate si decide di destinare ulteriori unità delle Forze armate (sempre nell'ambito delle tremila) a territori particolarmente colpiti dalla criminalità organizzata. Perché sarebbe così necessario discutere di interventi di ampio respiro in modo unitario? Perché ciò ci consentirebbe di chiarire una volta per tutte alcuni punti che non riusciamo a comprendere e che riguardano l'efficienza del sistema, così come alcune scelte di fondo che possono anche adottarsi ed essere diverse, ma che devono essere dichiarate.
Non comprendiamo, cioè, come sia possibile che si parli di provvedimenti che - a nostro avviso - vengono a ledere l'efficacia investigativa delle forze dell'ordine o l'acquisizione delle prove nei processi necessari a prendere decisioni su fatti anche di criminalità organizzata e, contemporaneamente, si vogliano coordinare tali provvedimenti con prese di posizione della maggioranza e del Governo che sembrano andare in senso diametralmente opposto. Forse, quindi, una discussione in senso unitario servirebbe a chiarire meglio quali sono gli obiettivi e le scelte, soprattutto servirebbe a chiarirle di fronte al Paese, perché noi riteniamo che chi ottiene il voto ed il consenso del Paese (come spesso ci viene ricordato per chiudere ogni obiezione e ogni possibilità di confronto) debba poi rispondere elettoralmente e in termini di consenso delle azioni e dei provvedimenti che mette in campo.
Per entrare nel merito degli argomenti che abbiamo inteso trattare, seppure in queste materie eterogenee, vi sono alcune questioni di carattere quasi formale che vogliamo sottoporvi. Si tratta di alcune dimenticanze (vogliamo interpretarle così) che intervengono in un provvedimento che, in realtà, vorrebbe colmare alcune lacune; in particolar modo, mi riferisco a quella norma sui requisiti necessari per accedere ai benefici riconosciuti alle vittime di fatti di mafia e di camorra. A tale riguardo, ad esempio, individuando la schiera di legami parentali entro i quali ha valenza la norma, si parla di affini e non di parenti; inoltre, si fa un riferimento temporale e non lo si conchiude nell'attualità di questo riferimento. Non comprendiamo come anche in altre sedi su tali proposte emendative vi sia stato un pronunciamento contrario.
Vi è un'altra questione che riguarda l'investigazione di cui parlavo poc'anzi e la conservazione dei dati. Siamo d'accordo sulla proroga del termine. Abbiamo discusso a lungo in Commissione sulla necessità che venga resa possibile l'individuazione dell'indirizzo del sito che viene visitato.
Altra questione di cui si è già discusso e su cui voglio intervenire anch'io è quella che riguarda lo spostamento dei fondi già destinati alle vittime dei reati di usura al Fondo per le vittime di mafia e di camorra. Non siamo favorevoli a un'interpretazione di semplice operazione di bilancio, siamo favorevoli all'incremento; soprattutto, le nostre proposte emendative intendono intervenire sulla genericità e sull'assenza totale di vincoli al Ministro negli interventi che riguardano questa materia che riteniamo non possibile poiché, trattandosi di attività della massima autorità amministrativa, riteniamo che essa in quanto tale (pertanto dotata di totale discrezionalità) non possa non avere alcun vincolo e alcuna linea guida per decidere in merito a questi fondi.
Vi è poi un'altra questione, che è collegata alle premesse di fondo che prima enunciavo: essa riguarda la destinazione dei beni confiscati alle mafie, alle regioni Pag. 56e agli enti locali dei territori nei quali si sono effettivamente verificati i fatti ovvero sono state sanzionate le condotte criminali. A me sembra che si tratti di un modo per affrontare il tema della concretezza ed anche, mi permetto di dire, del valore simbolico, che ha sempre valenza ed importanza quando ha un valore educativo. Non rifuggiamo dal valore simbolico quando esso significa attirare l'attenzione e ricoprire un ruolo educativo. Se si potesse discutere in termini più generali e complessivi ci sarebbero molte altre disposizioni da esaminare, che vanno a coinvolgere il ruolo della politica, che riteniamo assolutamente importante e al centro dell'attenzione quando si parla di legalità e di criminalità.
In ultimo, in termini di merito, affronto la questione dell'immigrazione. È del tutto inappropriato il titolo dell'articolo 3 del provvedimento: «Norme per fronteggiare l'immigrazione clandestina», poiché la norma in questione, da noi appunto emendata, si limita ad aumentare di 1000 unità la capacità di contenere gli immigrati in questi centri di identificazione e di espulsione. Molto si è già detto, anche con riferimento al fatto che non si distingue tra chi rivendica il diritto di asilo e gli altri. Desidero dire quanto segue: è veramente dilettantesco pensare di affrontare - così come sembrerebbe suggerire il titolo della norma - la questione dell'immigrazione clandestina aumentando di mille unità la capacità di tali centri. Forse, più che dilettantesco, ciò tradisce un'impostazione culturale di fondo, che è quella che affronta questi problemi semplicemente come qualcosa da gestire, da sistemare, senza considerare assolutamente la complessità del tema e senza mettere in campo alcuna azione per contrastare realmente il fenomeno dell'immigrazione clandestina. Tra l'altro, tale impostazione ignora tutta una serie di questioni che avevano alimentato il dibattito, quando i centri di accoglienza si chiamavano diversamente, ed in particolare quella del delicatissimo equilibrio tra la possibilità dello Stato di intervenire in maniera coattiva e le libertà personali. Al riguardo era stata prevista, a fronte del raggiungimento di un equilibrio di garanzie, la possibilità di un intervento amministrativo con l'introduzione forte di elementi di controllo giurisdizionale. Mi avvio alla conclusione. Riteniamo che la legalità sia una questione di cultura democratica: pertanto, non soltanto non ci sottraiamo, ma ci appelliamo fortemente al senso della legalità e alla difesa della medesima. Parlo di questione democratica, perché, attraverso la legalità, si attua il principio di libertà contro tutti i soprusi, il principio di uguaglianza, inteso come possibilità di accesso ai diritti, il principio di fratellanza, inteso come solidarietà ossia come non far sentire soli tutti coloro che sono vittime dei fatti di criminalità organizzata, consapevoli che il nemico principale da sconfiggere - e in ciò la politica riveste un ruolo fondamentale - è la solitudine e l'isolamento di chi è vittima di fatti di aggressione e di violenza, allorquando prende in mano la bandiera della ribellione alla prepotenza. Per tutti questi motivi noi confidiamo di vedere accolti gli emendamenti che vi proponiamo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Paladini. Ne ha facoltà.

GIOVANNI PALADINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi oggi affrontiamo in Aula questo secondo decreto-legge che chiamare omnibus sarebbe un privilegio, nel senso che questo problema della sicurezza, tra l'altro strumento di urgenza e tema importante in campagna elettorale, sicuramente un tema primario, è stato affrontato in moltissimi altri provvedimenti.
Oggi stesso è stato affrontato, ad esempio, anche con riferimento all'emergenza rifiuti che ha interessato la questione delle forze dell'ordine oltre ad altre tematiche. Sono talmente articolati questi provvedimenti e soprattutto vari che è anche difficile seguirli tutti all'interno di questo Parlamento.
Bisognerebbe affrontare in maniera non propagandistica, ma reale il problema Pag. 57dei militari, perché, nel modo strumentale con cui voi l'avete affrontato, non può che essere distante da come lo vediamo noi, soprattutto perché mancante di progetti e di finalità.
Vorrei chiedervi una cosa: così come avete previsto i militari nel provvedimento sull'emergenza rifiuti, estendendo le funzioni delle Forze armate addirittura fino al controllo della gestione del ciclo rifiuti (per i militari siamo arrivati al controllo della gestione del ciclo rifiuti!), allo stesso modo non so se in futuro vorrete far dividere loro la plastica dai rifiuti ordinari o li manderete a fare non si sa cosa.
Ad onor del vero, con riferimento alla nuova norma varata pochi giorni fa sul riconoscimento della specificità per le forze dell'ordine, credo che si tratti di temi attuali: la specificità di un militare è quella di andare a gestire il controllo del ciclo dei rifiuti!
Questo provvedimento è singolare anche perché non si prevede nulla nei confronti delle forze dell'ordine e dei magistrati che sono lasciati da soli a contrastare la criminalità organizzata, molte volte privi di mezzi addirittura al di sotto dei dispositivi tecnici usati dalla stessa criminalità organizzata: mi riferisco ai mezzi telematici, ai reati economici e a quelli finanziari.
Credo che sia singolare che in questo Parlamento, e soprattutto da parte del Governo venga varata una manovra, così come al Senato, che riguarda determinati contesti: si spostano nella legge finanziaria le somme per i sindaci e si inventano nuove forme di associazione dei cittadini per concorrere con i servizi di polizia per una sicurezza «fai da te».
Quindi, da una parte, si attribuiscono soldi a sindaci e ad associazioni private e, dall'altra, si depotenziano le forze dell'ordine, togliendo loro ben 3 miliardi per la loro efficienza e per le assunzioni del personale e di ciò di cui avranno bisogno.
Un altro tema molto importante riguarda il fatto che ancora dovete dar loro 200 milioni di euro per la restante coda contrattuale che mi auguro verrà risolta al più presto.
Sempre in questo Parlamento si è parlato dell'assunzione dei volontari in ferma breve, anche questi appartenenti alle categorie dei vigili del fuoco, della polizia di Stato, vincitori di concorso per l'immissione nei ruoli e, soprattutto, gli idonei non ammessi nella polizia, nei carabinieri, nella categoria dei commissari, dei marescialli ed in tutte quelle delle forze dell'ordine. Nonostante vi siano disponibilità di organico e anche economiche, ciò non si è voluto fare, ma si adottano bensì altre misure, chiamando «pacchetti sicurezza» quei pacchetti vuoti che non hanno assolutamente alcun tipo di consistenza se non, naturalmente, lo scopo di fare demagogia, informando i media sulla gestione della sicurezza in questo Paese.
Sempre in questo pacchetto è prevista la gestione dei centri di permanenza temporanea ora denominati centri di identificazione ed espulsione.
Occorre considerare che sul piano economico gli stranieri presso questi centri hanno un costo stimato di circa 55-60 euro giornalieri (costi significativi per lo Stato), oltre agli affari per chi li gestisce, perché in questa sede non si è parlato di chi gestisce questi centri. Avremmo gradito che in questo decreto-legge vi fosse stata più chiarezza specialmente sulle procedure di affidamento degli appalti, compresa la concessione delle licenze e l'idoneità di molti edifici per quel tipo di servizio che in molti casi è inesistente. Parliamo anche dei disagi delle forze dell'ordine, nonché delle condizioni di promiscuità nei centri. Non abbiamo visto, in questo decreto-legge, nulla che riguardi un miglioramento della funzione di questi centri.
Inoltre, il tema del fondo di solidarietà non può essere trattato solo con riferimento all'aspetto economico, senza una rivisitazione della normativa. Avete fatto un pasticcio: avete inserito tematiche come l'estorsione, l'usura ed i collaboratori di giustizia all'interno di un sistema che è completamente diverso: è nato in una certa maniera e adesso è finito in un'altra, anche perché la capacità dello Stato di impegnarsi in questi temi è sparita. In Pag. 58particolare, sono spariti i condizionamenti e, soprattutto, gli aiuti che la gente che subisce le estorsioni e l'usura dovrebbe ricevere in un sistema democratico e che dovrebbero essere all'attenzione del Parlamento e del Governo. Il provvedimento in esame è mancante di un testo unico che permetterebbe una più adeguata attenzione a questi temi e che sia vicino alle esigenze della gente.
Devo aggiungere una considerazione sulla conservazione dei dati telematici sul terrorismo. Si è richiesta la proroga, ma chiediamo un'efficienza migliore anche in ordine a questo aspetto e soprattutto un certo impegno economico, perché, così come proposto, vengono lasciate delle ombre e dei dubbi.
Non si parla, inoltre, di alcun modello di prevenzione, né di nuove tecnologie per combattere la criminalità organizzata. In un provvedimento dove il tema è il contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina, chiamato «pacchetto sicurezza», non vi è una sola parola sul modello di prevenzione che si vuole adottare e su quali siano le tecnologie messe a disposizione delle forze dell'ordine per combattere la criminalità organizzata.
Non si parla del problema delle carceri e del connesso e fondamentale tema della gestione delle stesse. Ormai non ce la fanno più e stanno scoppiando. Anche questo doveva essere un tema interessante e importante che avrebbe visto sicuramente una valorizzazione del cosiddetto «pacchetto sicurezza».
Concludo, dicendo che le iniziative organiche contro le infiltrazioni mafiose e l'azione di contrasto alla criminalità organizzata non possono essere realizzate con i fichi secchi, signori del Governo, e che soprattutto, visto che in questo provvedimento non vediamo una sola lira a favore del Ministero dell'interno e del personale di polizia (che dovrebbe contrastarle), vorremmo sapere oggi in quest'Aula come possiate chiamare «pacchetto sicurezza» questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Colombo. Ne ha facoltà (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

FURIO COLOMBO. Signor Presidente, per prima cosa vorrei offrire la mia solidarietà alla maggioranza di questo Parlamento che, da sei mesi, è qui costretta ad approvare soltanto dei foglietti di decreti-legge d'urgenza e non ha avuto l'autorizzazione ad avere una sola idea originale, a presentare un progetto di legge, ad avere un contributo di qualsiasi tipo che si possa chiamare parlamentare.

AMEDEO LABOCCETTA. Chi te l'ha detto!

FURIO COLOMBO. È vero, in questa umiliazione siamo coinvolti anche noi.
Ma poiché si tratta di una maggioranza piuttosto ampia, che ha la possibilità di far funzionare davvero un Parlamento, è triste che ciò non accada e che, invece, diventi l'ufficio approvazioni di leggi approvate altrove in 9 minuti (quando sono molto complesse) oppure probabilmente in un minuto o due di svagata attenzione quando sono semplici come queste e riguardano soltanto la sicurezza.
Detto questo, per aiutare tutti noi colleghi dell'opposizione e della maggioranza ad uscire da questo senso di claustrofobia che ci dà sia il legiferare continuamente attraverso decreti-legge d'urgenza, sia il doversi occupare di un'immagine così ristretta, così meschina e modesta della parola «sicurezza», forse può essere utile allargare per un momento la cornice e ricordare alcune cose che avvengono nel mondo in questo momento, mentre noi, in questa claustrofobica Camera, stiamo discutendo questa claustrofobica legge per un presunto claustrofobico territorio che sarebbe pervaso soltanto da pericolosi immigrati (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Proprio in questi giorni, si sta celebrando nel mondo - lo sappiamo perché si farà anche qui alla Camera il 4 dicembre - l'anniversario della Carta dei diritti Pag. 59umani e civili (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Ricordarlo qui, mentre si parla di soldati per le strade come modo per rispondere ai problemi di insicurezza nel cosiddetto territorio mi pare che possa essere utile perché, se non altro, apre porte e finestre e ci fa vedere che esiste un mondo nel quale i diritti umani e civili sono un valore superiore che viene prima delle piccole legislazioni locali.
Il secondo punto che vorrei riportare, tanto per ricordare il mondo, onorevoli colleghi, signor Presidente, è che in questo momento si sta svolgendo nella Repubblica del Ghana in Africa una interessante campagna elettorale perché la candidata principale si chiama Samia Nkrumah, che è la figlia del celebre Presidente Nkrumah inventore della democrazia africana ed è anche cittadina italiana, sposata con un italiano! Porta nella sua campagna elettorale un bambino che tifa per la Roma e che parla con accento romanesco e sta per diventare classe dirigente di quel Paese! Non si conosce nessun ghanese che abbia detto fino ad ora che una signora nera sposata con un italiano non dà sufficiente garanzia per diventare classe dirigente della Repubblica del Ghana!
Infine, una terza cosa è accaduta nel mondo in questo giorni e, benché l'abbiate già sentita dire un po' tormentosamente da me, ho voglia di ripeterla perché mi fa piacere: un immigrato keniota di prima generazione è stato eletto Presidente degli Stati Uniti e questo senza dubbio segna e cambia il mondo per sempre ed è bene tenerne conto e ricordarlo, dal momento che riguarda anche noi che siamo cittadini del mondo e molto più amici di quel grande Paese di quanto non si sia della Russia di Putin.
Ma voi mi dite: esiste il problema della sicurezza e avete ragione. Sentite queste parole: Questa volta o riusciremo a portare a casa ciò che vogliamo oppure ognuno cominci ad oliare il fucile. «Ne abbiamo le scatole piene di lavorare e pagare» (Applausi polemici dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Certo che abbiamo un problema di sicurezza: questa frase è stata detta dal Ministro delle riforme. Vogliamo dire che la frase: È bene che si cominci ad oliare il fucile, sia una metafora? Sarà, ma quale infelice metafora detta da qualcuno che governa con il potere che in questo particolare Governo è stato assegnato alla Lega Nord Padania in quanto braccio armato del berlusconismo e del Governo di Berlusconi.
Poi mi dite: ma esistono altri problemi di sicurezza. Verissimo, pensate al giovane Abdul Guibre, ucciso a bastonate a Milano per aver rubato dei biscotti al grido di «sporco negro». Eccome se esiste un problema di sicurezza! Pensate al giovane Emmanuel Bonsu che mentre stava andando scuola è stato acciuffato dai vigili urbani di Parma ed è stato malmenato al punto da aver bisogno di un intervento chirurgico ad un occhio, dopo essere stato accusato dagli stessi aggressori, i vigili urbani di Parma, di essere un delinquente e un commerciante di droga.

CORRADO CALLEGARI. Ma basta!

FURIO COLOMBO. Esiste un problema di sicurezza! Pensate alla giovane donna che si è vista in una famosa fotografia giacere sul pavimento di un posto di polizia dei vigili urbani nelle condizioni che tutti ricordano. Quella signora, quella giovane donna, signor sottosegretario, dal suo Ministro è stata chiamata quattordici volte «la prostituta in questione» durante l'intervento nel quale avrebbe dovuto renderci conto di un simile comportamento di questi vigili urbani i quali, al servizio di sindaci «sceriffi», si comportano in questo modo indecente.
È vero che esiste un problema di sicurezza, basti pensare al venditore ambulante del Bangladesh che è stato chiuso nel bagagliaio dai vigili urbani di Termoli per portarlo via. C'è una collezione di fenomeni che testimoniano di problemi molto gravi dell'ordine e della sicurezza in questo Paese.

GIOVANNI FAVA. Parla della signora Reggiani!

Pag. 60

FURIO COLOMBO. Qui vorrei chiedere la vostra solidarietà per il prefetto di Roma, Mosca, il primo prefetto, dai tempi del fascismo, rimosso per aver rifiutato un ordine del Ministro dell'interno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Il prefetto Mosca che non ha voluto che si prendessero le impronte digitali ai bambini.

MANUELA DAL LAGO. Ma finiscila!

FURIO COLOMBO. Finalmente abbiamo un personaggio che, lungi dall'essere il «fannullone» di Brunetta, si è dato da fare per salvare le leggi, la faccia, l'immagine e la Costituzione italiana. Celebriamolo in quest'Aula mentre parliamo di ordine pubblico.
Naturalmente il grave equivoco si forma nel momento in cui ci si distacca da quei valori fondamentali che sono nella Costituzione italiana. Invano il Presidente della Repubblica torna a ripeterlo; invano giorni fa, nel momento in cui alcuni cittadini immigrati diventavano cittadini italiani, ha detto: «siete risorsa, freschezza, la vita nuova, il futuro del nostro Paese». Invano, perché quello stesso Ministro per le riforme, che poco dopo avrebbe detto «preparatevi ad oliare i fucili» ha detto: «io non la penso così, gli immigrati sono un fattore negativo». Bene, mandiamo il messaggio a Barack Obama e vediamo che cosa avrà da rispondere l'America a questa osservazione dello statista Umberto Bossi (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

RAFFAELE VOLPI. Chi se ne frega!

FURIO COLOMBO. C'è una notizia del Corriere della sera che vale la pena di essere ricordata mentre si parla di questo decreto-legge; mi rendo conto che comprende un equivoco, il collega che ha detto la frase voleva dire un'altra cosa; la leggerò soltanto perché dimostra il pezzo mancante, non la cattiveria o la iniquità di chi l'ha pronunciata. La fase è la seguente, leggo dallo stampato del Corriere della sera: «Mafia, Buonanno (Lega): ci vorrebbe una Guantanamo italiana» (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Se voi leggete l'intero testo... Loro sono dei poveretti: battono le mani quando si sentono dire delle cose terribili... (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Chiedo scusa, anche lei però non deve...

FURIO COLOMBO. Pazienza, se gli piace, gli piace.

MATTEO BRIGANDÌ. Tu sei uno str...!

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Presidente, ha sentito?

PRESIDENTE. Colleghi!

FURIO COLOMBO. Io invece volevo difendere il collega Buonanno, perché poco dopo nel testo dice: «bisognerebbe farne una italiana per i mafiosi e i camorristi». Quindi intendeva cercare uno strumento che fosse adeguato alla piaga della mafia e della camorra. Questa parte è importante perché l'onorevole Buonanno è un membro della Commissione antimafia.
La cosa su cui gli è slittata l'attenzione è che in mezzo c'è la Costituzione e che se il 70 per cento degli americani si sono opposti a Guantanamo è perché si sono accorti che la loro Costituzione, che è splendida come la nostra, era stata violata e che non si poteva avere una violazione simile della Costituzione americana, come noi non potremmo averla con una Guantanamo italiana. Mi premeva dirlo all'onorevole Buonanno perché non considero la sua un'affermazione inaudita o criminale, ma soltanto sbagliata, laddove ha perso di vista che in mezzo, tra il dire il problema e il fare la soluzione, c'è la Costituzione italiana: questo ci accomuna, non ci divide, deve accomunarci e non dividerci. Spero che questo sia il percorso lungo il quale ritroveremo un modo per lavorare civilmente insieme a rendere migliore, non peggiore, non più odiosa, né astiosa, né Pag. 61fatta di prigioni e di cosiddetti centri di accoglienza, ma adatta alla civiltà che l'Italia, la vita quotidiana di questo Paese ha tante altre volte espresso.
C'è un'altra notizia di questi giorni che è molto più brutta di questa perché è meno spiegabile ed è più drammatica. Giovedì 20 novembre, a Castel Volturno, 300 poliziotti, vigili del fuoco, vigili urbani e carabinieri hanno letteralmente attaccato un edificio (che altro non è che un condominio) chiamato American Palace, in cui abitano prevalentemente immigrati neri, quelli che tengono in piedi l'economia dell'intera regione. Hanno distrutto appartamenti e mobili; hanno preso tutti coloro che erano presenti compresi coloro che stavano aspettando l'autobus per andare al lavoro, ma non hanno trovato nulla, né droga, né refurtiva, né le prove di alcunché. Evidentemente lo devono fare perché il Ministro dell'interno ha dato queste istruzioni, che sono tremende perché puntano al binomio maledetto sicurezza-immigrazione, quando invece, nonostante l'infelice espressione, ha ragione l'onorevole Buonanno a collegare la sicurezza alla mafia e alla camorra.

SOUAD SBAI. Ma basta!

FURIO COLOMBO. Quindi ci sono dei modi radicalmente diversi di affrontare questo problema: quello di puntare sugli immigrati, pensando che essi siano la minaccia del Paese. Mi rivolgo a quelli di voi che non hanno l'ossessione leghista: ma è possibile che vi vada bene un corridoio così stretto, un ambito così angusto, una claustrofobia così insopportabile che chiude l'Italia in uno stivaletto malese di inespressività e di indegnità rispetto agli altri Paesi europei? Ma vi rendete conto che in questo momento nel mondo soldati per le strade ci sono soltanto in Thailandia, Kashmir, Venezuela, Birmania e in certe aree della Colombia, ma non in tutta la Colombia?

LUCIO STANCA. Non è vero! Non è vero!

FURIO COLOMBO. È vero, come hanno detto i colleghi dell'UdC, anzi è verissimo, che 500 soldati (o anche 3 mila soldati) non sono nulla. È stato anche affermato che ciò è un simbolo. Tuttavia, nell'immaginario italiano il simbolo dei soldati italiani va molto al di là del combattere gli zingari; va molto al di sopra del circondare ragazzini immigrati di cui si dubita che siano criminali; va molto al di là dell'impedire che certe cose accadano. I soldati italiani hanno, presso il popolo italiano, come è giusto che sia e come è meritato ...

PRESIDENTE. Onorevole Colombo, lei ha esaurito il suo tempo, la invito a concludere (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

FURIO COLOMBO. Se mi avvisava un attimo prima, le sarei stato grato.

PRESIDENTE. Può essere un'occasione per attaccarmi ulteriormente con qualche altra inesattezza come ha fatto in un'altra occasione. Prego, onorevole Colombo.

FURIO COLOMBO. No, è lei che in un'altra occasione mi ha chiuso il microfono, è tutto un altro discorso e non mi ha lasciato finire la frase del Presidente della Repubblica, quello l'ho trovato particolarmente...

ANTONINO LO PRESTI. Ha fatto bene!

PRESIDENTE. Onorevole Colombo, deve concludere, altrimenti le tolgo la parola.

FURIO COLOMBO. Concludo dicendo che i nostri soldati meritano molto di meglio della caccia agli zingari, meritano molto di meglio che essere ricordati come i protagonisti di questo misero decreto-legge e il Paese merita molto di più dai suoi cittadini e dai suoi legislatori. Questi legislatori che si apprestano - e vi prego di non farlo - ad approvare ancora una volta qualcosa che non hanno scritto, che non hanno pensato e a cui non hanno Pag. 62lavorato, ma a cui semplicemente devono mettere il timbro come in un ufficio postale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Saltamartini. Ne ha facoltà.

BARBARA SALTAMARTINI. Signor Presidente, come non intervenire oggi in un momento particolare, in quanto per un caso fortuito il provvedimento sulla sicurezza in esame in Aula arriva proprio nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne che, come giustamente è stato ricordato da altre colleghe e colleghi, è una giornata particolarmente importante.
Allora su questo aspetto permettetemi pochissime riflessioni, perché credo sia opportuno chiarire alcune posizioni emerse anche in quest'Aula. Io concordo con chi ha detto prima che occorre dare, a partire da oggi, un grande segnale di fiducia alle donne e alle bambine che sono fuori da quest'Aula. Ma permettetemi: la fiducia non si dà con le parole o con organismi creati e che spesso non funzionano. Fiducia alle donne si dà con fatti, con atti concreti, con leggi incisive, garantendo certezza della pena e garantendo che le leggi siano applicate pienamente in tutte le loro parti (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
In questo modo si dà sicurezza alle donne, non certo con organismi all'interno dei quali abbiamo visto (come l'Osservatorio) inserire esponenti di parti estreme (come l'UCOII), di fondamentalisti che certo non ci aiutano in un processo di serenità e di integrazione di cui spesso le donne sono le prime vittime (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Allora, come non giudicare positivamente quanto già fatto da questa maggioranza e soprattutto dal Governo? Il disegno di legge contro la prostituzione, il disegno di legge per istituire il reato di stalking, il disegno di legge contro la violenza sessuale approvato in Consiglio dei Ministri e già in discussione presso la Commissione giustizia della Camera. Le misure contro l'immigrazione clandestina, onorevole Colombo, e mi sorprende che qui in Aula vi è qualcuno che vuole tutelare i clandestini che spacciano.
Queste sono misure, sono atti concreti e sono cose certe che noi abbiamo già realizzato, e lo abbiamo fatto, onorevole Pollastrini, non certo per un mero marketing politico come lei lo ha definito. Se questo è marketing politico, allora non so come definire quello che non è stato fatto l'anno scorso durante l'anno internazionale delle pari opportunità dall'allora Governo di centrosinistra (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
In conclusione, per non rubare ulteriore tempo a quest'Aula, se questa giornata è così importante per tutte le donne e per tutta la classe dirigente, allora questa giornata deve vederci unite tra donne e uniti in Aula, tutti. Soltanto stando uniti noi potremo batterci accanitamente contro questa grave emergenza nazionale (come è stata definita oggi): la violenza sulle donne. Per essere uniti, però, bisogna anche dare il buon esempio che non è certo criticare un ministro, quale il Ministro Carfagna che oggi non è presente in Aula, perché forse è sfuggito che il Ministro Carfagna oggi è a Rio de Janeiro e in queste ore sta partecipando ad una conferenza mondiale contro la violenza sui bambini e sulle bambine (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Si tratta di un fatto importante che non può venire negato in un'Aula seria come vuole essere quella del Parlamento.
Chiudo come ho iniziato il mio intervento. Sono serena perché ogni giorno combattiamo con tutte le donne (e non solo oggi) la battaglia contro la violenza e lo facciamo garantendo certezza della pena e piena attuazione delle leggi. Oggi con il provvedimento che stiamo votando in Aula noi stiamo dando continuità alla nostra opera di Governo, di tutta la maggioranza, dando un segnale serio e chiaro a tutto il Paese, alle donne ed alle bambine italiane (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

Pag. 63

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Gozi. Ne ha facoltà.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto-legge in esame è un altro atto della recita teatrale della maggioranza e del Governo, un altro atto della vostra campagna elettorale permanente: è una recita che non ha un filo conduttore e che ricorda il teatro dell'assurdo di Ionesco, considerato che i risultati ottenuti sono praticamente opposti alle dichiarazioni dei vari attori, del Governo e della maggioranza. Soprattutto in materia di immigrazione, ma in generale in materia di sicurezza, state contribuendo ad un quadro normativo frammentato: una frammentazione che viene aggravata da questo provvedimento e che, certamente, rende ancora più urgente un dibattito ampio, e finalmente organico, sulla questione dell'immigrazione e della sicurezza.
Il problema è che voi non volete questo dibattito ampio e organico (che, tra l'altro, è stato auspicato anche dal Presidente della Camera, Fini): non potete svolgerlo, perché esso farebbe emergere le profonde divisioni che vi sono al vostro interno o farebbe emergere quanto l'attuale maggioranza sia schiacciata sulle posizioni tanto estremiste, quanto inefficaci, della Lega Nord (come del resto abbiamo visto anche oggi, in un dibattito in Commissione, in merito ad un atto sul quale tornerò, considerato che è legato alle questione dell'immigrazione).
Vorrei concentrarmi, però, sull'articolo 3 del provvedimento in esame, ossia sulla questione dei centri di permanenza temporanea: anzi, mi correggo, centri di identificazione e di espulsione (avete introdotto, infatti, la modifica della denominazione dei centri di permanenza temporanea in centri di identificazione e di espulsione). Se le parole hanno un peso, direi che queste la dicono lunga su quale sia veramente il vostro approccio nei confronti del fenomeno dell'immigrazione. Chiariamo un aspetto: non si tratta di essere pro o contro i centri, che di per sé sono obbligatori, come previsto dagli accordi di Schengen, per gestire in maniera efficace l'immigrazione clandestina.
Il problema è che non si può continuare ad aumentare il numero di tali centri con queste modalità di funzionamento, che non corrispondono agli obiettivi perseguiti, né dal lato della sicurezza, né dal lato della tutela di quei diritti fondamentali che - lo ricordo alla maggioranza e alla Lega - sono garantiti dalla Costituzione non solo per gli italiani, ma per tutti gli individui che si trovano sul nostro territorio.
La gestione dei centri pone numerose problematiche sul piano sociale, che hanno determinato la ferma opposizione da parte di quasi tutte le regioni (che, ovviamente, la maggioranza ha cominciato a contattare ex post, a decisione presa) alla prospettiva dell'apertura nei loro territori di nuovi vecchi centri: voi, infatti, proponete di aumentare dei centri che, lo ripeto, non funzionano e hanno già dimostrato di non funzionare.
La gestione dei centri, tra l'altro, oltre che suscitare l'opposizione, per giusti motivi, degli enti locali e regionali, presenta indubbi rilievi anche sul piano economico. I costi relativi alla permanenza degli stranieri presso i centri sono stimati in un costo giornaliero medio di gestione di 55 euro per ospite, che rappresenta un costo enorme per lo Stato e un potenziale affare economico per chi sarà destinato a gestirli. Anche su tale aspetto, alla luce degli eventi recenti, invito il Governo a prestare maggiore cautela al modo in cui i centri vengono gestiti dal punto di vista economico.
Ricordo che, nella scorsa legislatura, la commissione di ispezione presieduta da Staffan de Mistura, un alto funzionario dell'ONU che oggi rappresenta l'ONU in Iraq (non un pericoloso estremista di sinistra), ha svolto un'indagine per verificare le condizioni di funzionamento dei centri di permanenza temporanea.
Dopo sei mesi di lavoro, è chiaramente emerso che l'attuale sistema di gestione dell'immigrazione non corrisponde alle problematiche complesse del territorio, non consente una gestione efficace dell'immigrazione Pag. 64irregolare, comporta disagi alle forze dell'ordine e alle persone trattenute e costi elevatissimi, non commisurati ai risultati ottenuti. È chiaro, quindi, che occorre un nuovo sistema, capace di conciliare il legittimo interesse, anzi il dovere, dello Stato di controllare le proprie frontiere, di far rispettare la legge e di difendere la sicurezza e l'ordine pubblico, con la necessità di garantire un pieno rispetto dei diritti fondamentali.
Tra l'altro, uno dei problemi fondamentali che abbiamo nei centri oggi è la condizione di promiscuità delle persone che si trovano all'interno. È una questione che voi non affrontate affatto e fingete di ignorare. Infatti, nei centri si trovano persone in situazioni completamente diverse, sia sotto il profilo giuridico, sia sotto il profilo dell'ordine pubblico. Oggi, e nei nuovi centri che vi accingete ad aprire, abbiamo la convivenza nel medesimo luogo di ex detenuti, trasferiti nei centri a fine pena per essere identificati e poi espulsi, accanto a badanti in condizione di irregolarità sopravvenuta, a persone entrate regolarmente in attesa del rinnovo del permesso di soggiorno o a persone bisognose di protezione sociale, quali ad esempio le vittime di tratta o di gravi forme di sfruttamento del lavoro, i minori e i richiedenti asilo. È evidente come questa promiscuità, che abbiamo al momento nei centri di identificazione ed espulsione, come li chiamate, sia una delle cause principali dell'inefficacia del nostro sistema. Tale inefficacia è talmente forte da accrescere i fattori di devianza e di pericolosità.
Perché allora teniamo nei centri categorie di persone per le quali non vi è alcuna necessità né utilità di trattenimento, come nel caso di chi è entrato legalmente ed è semplicemente in attesa del rinnovo del permesso di soggiorno? Sono queste le questioni su cui avevamo cominciato a lavorare, che vi sono ben note e che sono note a qualsiasi delegazione parlamentare che vada a visitare i centri, che siano quelli di Lampedusa o di Gradisca, ma che volontariamente ignorate.
Tutto questo per voi deve rimanere lettera morta. Tutti i provvedimenti adottati dal Governo rafforzano il vostro approccio repressivo e inutilmente punitivo. È questo il senso di alcuni dei nostri emendamenti, che mirano almeno a migliorare la tutela dei diritti fondamentali, con particolare attenzione ai servizi di informazione sulla normativa italiana vigente e sui diritti dello straniero, ai servizi di assistenza psico-sociale, e anche ad una particolare tutela per i minori non accompagnati e per i richiedenti asilo. È chiaro che poi dobbiamo favorire quello che ancora è insufficiente, cioè la collaborazione tra centri, enti locali e aziende sanitarie, diffondendo su scala nazionale le migliori prassi locali.
Inoltre, le domande di asilo sono in aumento - è evidente, basta guardare le statistiche - e non possono essere tutte domande abusive. Certamente vanno ben valutate, per garantire l'asilo a chi ne ha diritto e anche per meglio identificare e reprimere i possibili abusi. È per questo che dobbiamo migliorare e aumentare i fondi, come proponiamo nei nostri emendamenti, destinati alle strutture di accoglienza dei rifugiati e dei richiedenti asilo.
È chiaro che questo è ben lontano dalle vostre preoccupazioni. Addirittura, nei giorni scorsi avete evocato il blocco dei flussi a partire dal 2009. È interessante vedere che, nelle vostre dichiarazioni volte a bloccare i flussi, avete affermato che non si può tollerare che ulteriori immigrati vengano in Italia a cercare lavoro. Ma la vostra Bossi-Fini non prevede che si venga in Italia solo con un contratto di lavoro? Allora, anche voi siete coscienti che l'impianto legislativo della Bossi-Fini non funziona, che è una finzione giuridica e che in Italia stiamo gestendo la questione dell'immigrazione attraverso una finzione giuridica.
Infatti, in base alla vostra legge - lo ripeto - si viene in Italia solo con un contratto di lavoro. Ed è emerso molto chiaramente anche stamattina, quando in Commissione abbiamo esaminato una direttiva sulle sanzioni contro i datori di lavoro che assumono lavoratori extracomunitari in Pag. 65nero, come l'impianto legislativo italiano non sia sufficientemente flessibile, sia inutilmente rigido e sia inefficace.
Non lo avete voluto ammettere, anche se è emerso chiaramente. Dall'altra parte, avete deciso di ridurre le sanzioni contro i datori di lavoro che assumono immigrati irregolari. Sapete benissimo, infatti, che, con un irrigidimento della normativa comunitaria, mettiamo in profonda difficoltà tutta una serie di situazioni che, a causa della vostra legge, non riescono a essere regolarizzate.
Ma il vostro approccio formalmente duro, ma nei fatti inefficace, lo state aggravando con una serie di proposte sulle quali abbiamo da tempo espresso la nostra opposizione e sulle quali, tra l'altro, state facendo, attraverso emendamenti del Governo, presentati anche al Senato, marcia indietro.
Avete fatto marcia indietro su tutta una serie di iniziative sulle quali ci siamo confrontati già a luglio. In materia di libera circolazione dei cittadini comunitari, ad esempio, avete ritirato la vostra proposta, dopo che la Commissione europea vi ha detto esattamente quello che noi, nelle Commissioni competenti, avevamo sostenuto. Il nostro parere contrario, che avete respinto e che fu presentato a luglio, è identico alla linea che successivamente il commissario Barrot ha indicato a Maroni, sulla quale avete dovuto, giustamente, dopo tanti proclami, fare marcia indietro.
Lo stesso si dica per la sospensione del provvedimento di espulsione nel caso di ricorso dei richiedenti asilo o per il reato di clandestinità; anche su questo state facendo marcia indietro, come la state facendo al Senato sulla disposizione relativa all'obbligo dei medici di denunciare alle autorità i clandestini che ricorrono all'assistenza medica: lo avete sventolato e lo avete ritirato. Avete sventolato ai quattro venti il reato di clandestinità: non è più previsto nei vostri testi.
Svolgo solo poche riflessioni al riguardo. Avete ritirato queste misure perché anche voi sapete che sono fondamentalmente inutili per gli scopi prefissi, nonché difficilmente attuabili, visto che in Italia giustizia e amministrazione già faticano a tenere il passo delle questioni aperte. Continuate, in sostanza, a presentare delle norme-manifesto, di pura propaganda, ben consapevoli del fatto che, alla fine dell'iter legislativo, dovrete fare molti passi indietro.
Il problema è che così alimentate uno stato di allarme sociale permanente, che rende impossibile svolgere un dibattito serio sull'immigrazione e identificare quelle soluzioni basate sul binomio sicurezza-integrazione di cui il nostro Paese ha un profondo bisogno. Del resto, da una parte decidete l'apertura di dieci nuovi costosissimi centri, senza riflettere e rivederne il funzionamento, dall'altra, avete già soppresso totalmente il fondo per l'inclusione sociale, che noi, invece, avevamo creato. Dimostrate, quindi, come, al di là delle parole, non intendiate fare assolutamente nulla per favorire un'integrazione che, invece, va realizzata innanzitutto a tutela dei valori e delle esigenze della comunità di accoglienza, cioè a tutela dei valori e delle esigenze di tutti noi italiani. Seminate, invece, diffidenza, separazione e ostilità; con voi ben oltre il 90 per cento delle risorse previste per l'immigrazione, ben oltre il 90 per cento, viene destinato a controlli e repressione e si restringe ancora di più il già misero bilancio per l'integrazione.
Come se questo non bastasse e come se non fossero state fatte verifiche delle condizioni dei centri e della loro scarsa efficacia, nel disegno di legge che arriverà alla Camera proponete di prolungare il periodo di soggiorno in questi centri da due sino a 18 mesi, invocando, come avete già fatto a proposito di questo decreto-legge, a sostegno della vostra linea, la direttiva rimpatri dell'Unione europea.
Dite, cioè, che state semplicemente anticipando quello che l'Europa ci richiederà. Voglio di nuovo ricordare - l'ho già fatto durante la discussione sulle linee generali - che nella direttiva in questione questo tempo-limite è indicato come extrema ratio e - cito testualmente - solo se non possano essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno Pag. 66coercitive e solo per i casi di resistenza all'identificazione. Quindi, non semplicemente quando vi siano difficoltà nell'identificazione.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

SANDRO GOZI. Concludo, signor Presidente. Il Parlamento europeo dal 2005 sta svolgendo un'indagine sul funzionamento dei centri. Questa indagine verrà presentata nel dicembre di quest'anno, ed essa riguarda anche l'Italia: perché prima di decidere l'apertura di dieci nuovi vecchi centri non aspettiamo le indicazioni che possono venire dall'indagine del Parlamento europeo, che fa anche una valutazione comparata del funzionamento dei centri nei vari Stati dell'area Schengen?

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.

SANDRO GOZI. Il vostro approccio richiederà mezzi e strumenti sempre più nuovi, sempre più duri, con un'ulteriore regressione dei diritti della convivenza civile, che non tarderà a manifestarsi, e che aggraverà, anziché risolvere, i problemi che dobbiamo affrontare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Calvisi. Ne ha facoltà.

GIULIO CALVISI. Signor Presidente, anch'io mi concentrerò esclusivamente sul complesso degli emendamenti all'articolo 3, come ha fatto l'onorevole Gozi, il cui intervento mi permette di tagliare alcune parti del mio e quindi di alleviare un po' l'Assemblea. Parlerò, quindi, della parte del decreto relativa ai centri di identificazione ed espulsione per gli stranieri in condizione irregolare.
La misura ha per vostra stessa ammissione natura emergenziale: la norma cioè non è inserita in un contesto di riforma organica dei meccanismi di controllo dell'immigrazione irregolare, né tanto meno in misure più generali di riforma della legislazione sull'immigrazione. Di una riforma organica della legislazione sull'immigrazione, quindi non di una legge ma di più leggi, c'è bisogno nel nostro Paese (lo ricordava con forza e passione l'onorevole Minniti nel suo intervento). E se questo fosse stato il tema, noi dell'opposizione ci saremmo confrontati e saremmo stati pronti ad una discussione, perché abbiamo delle proposte compiute che abbiamo presentato da tempo in questa legislatura. È infatti noto a tutti che tali meccanismi hanno mostrato limiti oggettivi e carenze; lo dite voi stessi nella relazione introduttiva al decreto-legge che ci proponete: è cresciuta l'immigrazione irregolare ed è cresciuto il numero di sbarchi, nonostante il sottosegretario Mantovano sappia bene che il numero di sbarchi rappresenta una piccola percentuale del flusso di immigrazione regolare che ha come destinazione di arrivo il nostro Paese.
A questo proposito voglio sottolineare una cosa, non per spirito polemico ma per onore della verità: quando parliamo di limiti dell'azione di contrasto all'immigrazione irregolare parliamo delle difficoltà oggettive che tutti gli Stati dell'Unione europea riscontrano nel contrastare con efficacia l'immigrazione irregolare, ma parliamo anche di limiti di una politica e dei limiti di una legge. Vorrei ricordare che questa legge, la legge vigente nel nostro Paese, è una legge che avete approvato voi nella legislatura 2001-2006, di cui voi portate tutta la responsabilità. Non è vigente nel nostro paese la legge Turco-Napolitano, non è vigente nel nostro Paese una legge approvata dal Governo di centrosinistra.
Ricordo questo aspetto non perché coltivi l'illusione che possano esistere provvedimenti di un singolo Stato che una volta per tutte possano determinare quote zero di immigrazione irregolare. Sappiamo, infatti, che vi è un dato fisiologico di presenza irregolare nei Paesi a forte pressione migratoria in ingresso come il nostro, e conosciamo anche la storia dell'immigrazione di questo Paese, per ricordare che tanta parte dell'immigrazione regolare di oggi è nata come presenza Pag. 67irregolare. Basti pensare a quanti stranieri sono entrati irregolarmente e poi sono diventati regolari con le regolarizzazioni e le sanatorie (700 mila solo con la sanatoria da voi disposta nel 2002). E sappiamo anche che tutti i Paesi avanzati che sono investiti da forti flussi migratori riflettono sull'introduzione nella loro legislazione di meccanismi di cosiddetta regolarizzazione permanente, per permettere appunto alle persone che non hanno problemi e che hanno possibilità di inserimento nel mondo del lavoro di passare dalla zona dell'illegalità alla zona della legalità.
Non vi abbiamo quindi mai inseguito sulla propaganda, sulla demagogia e sulle false promesse, però non sarebbe male ricordare che, quando nel 2002 fu approvata la legge Bossi-Fini, essa fu presentata al Paese come la legge che doveva porre fine al fenomeno della clandestinità e dell'irregolarità. «Con la Bossi-Fini niente più clandestini», questo era lo slogan di allora: oggi, invece, ci ritroviamo con più immigrazione irregolare, come dite voi stessi per giustificare le misure che ci proponete, e con più sbarchi. Le cose quindi sono andate diversamente da come avevate promesso agli italiani, di conseguenza oggi discutiamo dei limiti o del fallimento di una legge e di una politica: sono limiti e fallimenti di cui voi, per primi, portate la responsabilità (non potete, quindi, citare la parentesi di venti mesi del Governo Prodi, considerato che quel Governo si è limitato ad applicare la vostra legge).
Il secondo appunto che muoviamo a questa misura è che essa si basa su un presupposto di incoerenza di fondo che è utile rimarcare e sottolineare. Sempre nella relazione introduttiva, voi affermate che cresce l'immigrazione clandestina, crescono gli sbarchi e dunque chiedete alla Camera l'autorizzazione per l'istituzione di nuovi centri che hanno come finalità il rafforzamento degli strumenti in mano allo Stato per combattere le condizioni di clandestinità. Teoricamente il ragionamento non fa una grinza, è corretto; ci spiegate però perché quando si è parlato di politiche di integrazione e di misure per favorire l'integrazione degli stranieri presenti nel nostro Paese non avete fatto questo ragionamento, anzi avete fatto l'esatto contrario?
In questi anni la presenza straniera regolare in Italia è cresciuta: vi sono, rispetto a qualche anno fa, più stranieri che lavorano, più minori nelle scuole italiane, più donne e più famiglie. Quando fu approvata la legge Turco-Napolitano (nel 1996 ne iniziò la discussione, e fu poi approvata nel 1998, mentre la Bossi-Fini nel 2002), l'Italia non era in testa alle classifiche europee nelle presenze di immigrati, eravamo ben sotto la media europea. Oggi, nel 2008, non è più così, perché gli immigrati residenti nel nostro Paese sono quasi 4 milioni e rappresentano il 6,2 per cento della popolazione complessiva contro una media del 5,6 in Europa (siamo di poco sotto la Germania e la Francia).
Ai tempi in cui venivano approvate la legge Turco-Napolitano e la legge Bossi-Fini, invece, ci trovavamo in una situazione completamente diversa. La logica avrebbe voluto che, seguendo l'ispirazione che ci proponete nel presente decreto-legge, ad una maggiore presenza regolare corrisponda una maggiore necessità di implementare, di mettere in campo e di avere politiche per l'integrazione, per favorire la convivenza, per garantire i diritti di cittadinanza.
Ma tutto questo non lo avete fatto, anzi avete seguito la logica contraria: avete tagliato tutti i fondi per le politiche di integrazione con il decreto-legge n. 112 del 2008, che abbiamo approvato quest'estate, avete tagliato i fondi ai comuni che nel territorio si impegnavano per favorire le politiche di inclusione e di lotta alle condizioni di disagio e di povertà, e continuate in alcuni settori - nella maggior parte dei settori - della maggioranza, con la lodevole eccezione, dobbiamo dirlo, del Presidente Fini, a fomentare un clima di ostilità e di paura nei confronti degli stranieri.
Continuate a non capire che le politiche di integrazione non costituiscono una spesa inutile e assistenziale, ma un formidabile Pag. 68e conveniente investimento sul futuro per le società di arrivo, un investimento sul futuro per una società migliore, per una società più sicura, per una società che promuove la convivenza e che, promuovendo la convivenza, promuove il suo sviluppo, la sua ricchezza.
Anche quando viene proposto di togliere i soldi agli immigrati perché sarebbero il frutto di una politica assistenziale, voglio ricordare quanto riporta l'ultimo dossier della Caritas: esso dice una cosa molto semplice, e cioè che gli immigrati presenti nel nostro Paese danno alla società italiana, in termini di risorse economiche, molto di più di quanto ricevono in termini di servizi sociali.
Secondo l'ISTAT, i nostri comuni spendono per interventi diretti rivolti agli immigrati 136 milioni di euro, il 2,4 per cento della loro spesa sociale, poco più di 50 euro pro capite. Se a questa spesa sommiamo, per gioco, la spesa dei servizi generali di cui gli immigrati usufruiscono, arriviamo forse ad un miliardo di euro, cifra abbondantemente coperta dalle entrate che essi garantiscono. Il gettito fiscale assicurato dagli immigrati nel nostro Paese è stato di quasi 4 miliardi di euro ed oggi il 9 per cento, quasi il 10 per cento del prodotto interno lordo dell'Italia è costituito dal lavoro degli stranieri.
Insomma, voi continuate a pensare che il governo dell'immigrazione si riduca ad una politica delle espulsioni e qui vi è un primo grande errore della vostra politica. Il segno reazionario e retrivo di questa vostra politica lo avvertiamo anche dallo «sferragliare» delle proposte con cui ci siamo confrontati in questi mesi e che hanno fatto anche parte della discussione al Senato: venivano ricordati prima l'aggravante di clandestinità, l'inasprimento delle condizioni per ottenere il ricongiungimento familiare, la previsione di un prelievo del DNA, le ulteriori restrizioni al diritto d'asilo, l'esclusione degli immigrati regolari dal servizio sanitario, la trasformazione della mozione approvata qui alla Camera sulle classi ponte in provvedimento di legge, per non dire della proposta del Ministro Maroni di bloccare i flussi di ingresso per due anni.
La terza considerazione riguarda il tema che è oggetto dell'articolo 3 del provvedimento in esame e su cui abbiamo presentato alcuni emendamenti. Secondo noi si è persa un'occasione importante per una riforma di questi centri di identificazione e di espulsione. Si è persa un'occasione per un superamento dei limiti di queste strutture, che pure sono uno strumento indispensabile per una lotta efficace alle condizioni di clandestinità. Come si ricorderà, i centri per le espulsioni sono stati istituiti nel nostro Paese con la legge Turco-Napolitano e quindi nelle nostre obiezioni non vi è un pregiudizio ideologico, ma una critica ad un'impostazione che non tiene conto dei dati dell'esperienza e dei limiti mostrati da queste strutture negli anni.
Veniva ricordato adesso dal collega Gozi e prima ancora dalla collega Amici: non serve aprire nuovi centri, non serve applicare a tutte le situazioni di irregolarità la detenzione preventiva degli immigrati in queste strutture. Quella commissione che è stata citata, presieduta dall'ambasciatore De Mistura, aveva dato alcune indicazioni, affermando che i problemi dei centri erano questi: venivano ricordati appunto prima e non li voglio elencare per non tediare, però cito la gestione costosa, i costi elevati non commisurati ai risultati ottenuti e la convivenza, nello stesso centro e nella stessa struttura, di persone con uno status giuridico completamente diverso, dalle persone bisognose di protezione sociale ai minori non accompagnati richiedenti asilo.
Questa commissione, che era una commissione ministeriale, dava un consiglio al Governo: suggeriva che per prima cosa, forse, il Governo avrebbe dovuto far uscire gradualmente tutte le categorie di persone per le quali non vi è alcuna necessità di trattenimento in queste strutture. Questo sarebbe stato un provvedimento intelligente e di buonsenso da prendere: scindere le diverse condizioni giuridiche delle persone, scindere tra la badante e l'ex detenuto. Sarebbe Pag. 69stato un contributo importante del Governo per risolvere un problema, per mettere in campo efficaci strumenti di contrasto all'immigrazione clandestina; invece si è deciso di procedere con la logica della carcerazione amministrativa, senza processo, di tutti gli immigrati.
Voglio ricordare che qualche giorno fa l'onorevole Pecorella, polemizzando mi pare con l'onorevole Zaccaria a proposito del decreto-legge sui rifiuti di Napoli, ricordava tra gli applausi della maggioranza che la sanzione penale discende solo dalla norma penale.
Ebbene, dov'è la sanzione penale per trattenere una persona in un centro per l'espulsione per diciotto mesi? Oggi ci fate approvare la misura che prevede di istituire dieci nuovi centri e domani, quando il decreto-legge sarà all'esame del Senato, farete approvare...

PRESIDENTE. Onorevole, deve concludere.

Testo sostituito con errata corrige volante GIULIO CALVISI. ...una misura che prevede che le persone devono essere trattenute per diciotto mesi. Per questo abbiamo presentato emendamenti concernenti il rispetto dei diritti e della dignità delle persone e di tutti i residenti nel centro, il coinvolgimento dei comuni e delle regioni e il superamento della situazione di emergenza. Se state per realizzare nuovi centri, visto che esiste un incremento delle domande d'asilo, prevedete anche nuovi centri per i richiedenti asilo e per favorire una collocazione più dignitosa dei minori stranieri non accompagnati.
Vorremmo affrontare un'ulteriore questione. Se nel decreto-legge n. 159 del 2008 avete previsto che nei citati centri devono essere trattenuti anche i richiedenti asilo...
GIULIO CALVISI. ...una misura che prevede che le persone devono essere trattenute per diciotto mesi. Per questo abbiamo presentato emendamenti concernenti il rispetto dei diritti e della dignità delle persone e di tutti i residenti nel centro, il coinvolgimento dei comuni e delle regioni e il superamento della situazione di emergenza. Se state per realizzare nuovi centri, visto che esiste un incremento delle domande d'asilo, prevedete anche nuovi centri per i richiedenti asilo e per favorire una collocazione più dignitosa dei minori stranieri non accompagnati.
Vorremmo affrontare un'ulteriore questione. Se nel decreto-legge n. 159 del 2008 avete previsto che nei citati centri devono essere trattenuti anche i richiedenti asilo...

PRESIDENTE. Onorevole Calvisi, deve concludere.

GIULIO CALVISI. Sto concludendo, signor Presidente...

PRESIDENTE. Deve chiudere.

GIULIO CALVISI. ...chiediamo che vengano istituite delle commissioni e che in tali centri vi siano dei gruppi, delle associazioni o degli enti indipendenti, diversi da quelli che gestiscono il centro, in grado di tutelare i diritti delle persone (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Drago. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE DRAGO. Signor Presidente, all'inizio del mio intervento non posso non esprimere il nostro disappunto per l'ulteriore ricorso alla decretazione d'urgenza da parte del Governo. Tra l'altro, in questo caso, si tratta di un decreto-legge omnibus (così è stato definito da qualcuno che mi ha preceduto), concernente materie abbastanza eterogenee, su cui sarebbe stato possibile avere in Aula un confronto sereno, che necessitava certamente di maggiore tempo e di maggiore attenzione.
Il decreto-legge in oggetto, infatti, al suo interno, contiene temi legati alla sicurezza, relativamente all'utilizzo di 500 militari delle Forze armate per garantire la prevenzione della criminalità; contiene norme legate alla questione dell'immigrazione, ma soltanto con riferimento alla trasformazione degli ex centri di permanenza temporanea in centri di identificazione e di espulsione; contiene, altresì, norme legate al complessivo sistema della giustizia, che pure si intende riformare, ma che in ogni provvedimento trova riscontro con singoli atti e con singole decisioni. In questo caso, si parla soltanto di magistratura ordinaria, di giudici onorari e di viceprocuratori onorari.
Credo che questi argomenti e questi temi avrebbero richiesto una maggiore attenzione da parte dell'Assemblea e un maggiore confronto, proprio perché riguardano il cuore della nostra convivenza riguardo alla sicurezza, il cuore delle nuove problematiche mondiali legate alla mobilità internazionale delle persone e, comunque, il sistema della giustizia, se è vero che la magistratura ordinaria serve a dirimere tante questioni giudiziarie che, Pag. 70altrimenti, per via ordinaria, non troverebbero soluzioni immediate.
È proprio su tale ultima questione che vogliamo intervenire, accennandola in questa discussione sul complesso degli emendamenti pur senza anticipare ciò che diremo nel corso della presentazione di alcune proposte emendative che come gruppo abbiamo presentato.
Non possiamo assolutamente ignorare che la retribuzione finora corrisposta ai magistrati onorari di tribunale sia assolutamente insufficiente rispetto a qualunque parametro economico attuale; soprattutto, non lo possiamo ignorare se vogliamo realmente assicurare l'indipendenza anche di questa parte della magistratura a garanzia della imparzialità delle proprie funzioni.
In secondo luogo, è chiaro che bisogna assolutamente rendere equo il trattamento economico dei magistrati onorari di tribunale rispetto ai giudici di pace. Anche per questo crediamo che non possa assolutamente ignorarsi l'ingiustificata diversità di trattamento tra le due funzioni. Nel corso dell'esame degli emendamenti avremo modo anche di dire che non possiamo che prevedere un'indennità giornaliera per i viceprocuratori onorari e un'unica indennità di udienza per i giudici onorari. A nostro avviso, infatti, il limite temporale delle cinque ore di udienza è abbastanza irragionevole.
Il decreto-legge, però, oltre a tale questione, affronta le problematiche legate all'immigrazione, come abbiamo già ricordato. Come è stato detto da qualcuno che mi ha preceduto, credo che sia ormai diventato urgente per il Parlamento affrontare la questione dei flussi migratori non più in modo spezzettato, inserendola con piccole norme e piccoli emendamenti in diverse leggi; ravvisiamo ormai la necessità e l'urgenza che il Parlamento affronti in un'unica sessione il confronto sulle politiche migratorie del nostro Paese.
Non ritengo che la questione possa essere affrontata soltanto legando la politica dell'immigrazione alla costruzione di nuovi centri di identificazione e di espulsione. Credo, invece, che vi sia l'esigenza da parte del Parlamento di sapere cosa il Governo stia facendo nel campo della repressione e del rigore, non solo rispetto agli annunci che ha proclamato, ma anche rispetto alle vere politiche che, a nostro avviso, debbono essere portate avanti per affrontare in modo serio e nuovo la questione dell'immigrazione nel nostro Paese quali sono i rapporti che il Governo italiano sta portando avanti con i Paesi di provenienza dei flussi migratori; in che modo stiamo cercando di determinare politiche di sviluppo là dove partono gli immigrati che pure interessano l'Europa e il nostro Paese; quali convenzioni bilaterali relativamente a politiche di sviluppo e di formazione si stanno realizzando con i Paesi di provenienza.
Alcuni anni fa, con il precedente Governo, si era detto che i flussi migratori e gli sbarchi clandestini nel nostro Paese erano aumentati a causa della politica più permissiva che era stata preannunciata. Abbiamo invece visto, in questi mesi, e giornalmente continuiamo a verificare, che gli sbarchi continuano e che abbiamo sempre più clandestini nel nostro Paese. Ciò vuol dire che occorre una politica nuova per affrontare tale problematica.
Parimenti riteniamo che sulla questione della sicurezza non è possibile immaginare che il territorio, il Paese diventino più sicuri esclusivamente ove riusciamo a garantire al territorio (e, tra l'altro, soltanto ad alcune porzioni di esso) la presenza di qualche militare in più. Ritengo che la questione della sicurezza necessiti di un confronto più ampio e sereno, per verificare realmente in che modo il Governo intenda affrontare i nuovi scenari che si stanno delineando in Italia, rispetto a tutto quello che sta accadendo nel mondo.
Un sociologo, Bauman, sostiene, sull'ultimo testo pubblicato alcune settimane fa, che ormai alle parole «liberté», «égalité» e «fraternité» si sono sostituite, rispettivamente, le parole «sicurezza», «opportunità» e «rete». Credo che nel momento in cui parliamo di sicurezza dobbiamo essere consapevoli che, comunque, stiamo parlando di riduzione degli spazi di libertà dei nostri cittadini. Allo stesso modo, nel Pag. 71momento in cui parliamo di opportunità, stiamo comunque dando per scontate alcune situazioni di disparità e di diseguaglianza che esistono nel nostro Paese, disparità tra persone così come tra territori. Parimenti, quando parliamo di uguaglianza, concetto sostituito da quello di rete, che entra nel ragionamento più complessivo concernente i problemi sicurezza ed emigrazione, stiamo rinunciando al concetto di comunità e stiamo facendo sempre di più emergere quelli di individualismo e di anonimato che, a mio avviso, non servono in questo momento. Occorre invece, sempre di più, garantire a tutti un diritto di cittadinanza. Ciò è possibile, sempre di più e meglio, attraverso un sistema Paese che assicuri a tutti il diritto di essere cittadino e di restare in quella parte del Paese nella quale si vive, a prescindere da dove si è nati.
Ecco perché ritengo - lo spiegheremo meglio nel corso dell'esame dei singoli emendamenti - non solo che non sia condivisibile la scelta di affrontare questi temi con un decreto-legge ma anche che tali questioni avrebbero meritato certamente un confronto maggiore tra tutte le forze politiche, un confronto più sereno. Infatti, su questi temi, certamente dobbiamo dimostrare, maggioranza e opposizione, il grande senso di maturità che i cittadini oggi richiedono (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Dal Lago. Ne ha facoltà.

MANUELA DAL LAGO. Signor Presidente, non pensavo di intervenire - le dico la verità - su questo decreto-legge, non tanto perché mi senta in difficoltà a dover votare tanti decreti, né perché mi senta ridotta nel mio ruolo. Sono infatti consapevole, da quando siedo in questi banchi, che non possiamo che muoverci attraverso decreti-legge e molto velocemente, se vogliamo mettere a posto tante storture di questo Paese, che si sono man mano assommate negli anni e che non sono certo responsabilità della Lega Nord (Applausi polemici del deputato Zazzera).
Le devo dire la verità: a fronte di interventi - e ne ho sentiti parecchi in quest'aula oggi - che potevo non condividere (perché il bello è anche avere idee diverse), ma che potevo ascoltare, perché comunque esprimevano opinioni rispettabili, vi è stato quello dell'onorevole Furio Colombo che, mi permetto di dire agli amici democratici, di rispettabile ha molto poco (Commenti dei deputati dei gruppo Partito Democratico).
Ho sentito il dovere di intervenire, perché sono tra coloro che, ad esempio, ha grande rispetto per questo nuovo partito che sta nascendo, che vuole crescere e che, come leggo dai giornali, vuole addirittura copiare il metodo della Lega in termini di presenza nel territorio e di federalismo; questo partito, che si chiama «Democratico» e quindi, come tale, ritengo abbia volontà e intenzione di rispettare la democrazia e, nella democrazia, di rispettare la volontà e il pensiero dei cittadini.
Ripeto, ho deciso di intervenire per invitare il Partito Democratico a far sì che in quest'Aula non dobbiamo più sentire ciò che abbiamo ascoltato. E non dobbiamo più sentirlo, non tanto perché la Lega o il nostro leader Umberto Bossi possono ritenersi offesi dalle dichiarazioni dell'onorevole Colombo. È vero: Umberto Bossi ricorda che o in questo Paese si fanno i cambiamenti che la nostra gente attende da tempo o dice in senso metaforico: «ognuno cominci ad oliare i fucili».
Posso aggiungere che è vero: da ex presidente di provincia, ho invitato tante persone a richiedere il tesserino di caccia e quindi ad avere l'opportunità di tenere un fucile ed è vero che l'onorevole Buonanno, che ama le frasi forti e le battute veraci alla Borghezio (d'altra parte anche lui è piemontese), ha parlato di Guantanamo. Certamente, però, anche lui lo ha inteso nel senso che vogliamo (e intendiamo iniziare a farlo con questo decreto-legge) che i mafiosi rimangano in galera e vadano in galera e non vogliamo che esista più la mafia e dobbiamo operare in questo senso; dobbiamo essere più duri. Né vogliamo (e domani in questo senso vi sarà lo svolgimento di interrogazioni a risposta Pag. 72immediata) che la mafia ritorni al nord, se è vero come è vero che, tanti anni fa, in questo Paese approvammo un referendum, per il quale i mafiosi vanno tenuti in casa loro e non vanno esportati (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e del deputato Cambursano).
Ma è vero anche, caro Presidente, che consideriamo molto importante la carta dei diritti umani e civili; ci crediamo in queste cose, ci crediamo talmente che siamo in questo Parlamento per difendere i diritti umani e civili della gente che ci ha votato, perché ancora, ci pare, siamo cittadini, italiani, non siamo cittadini bulgari, marocchini, kenioti o di qualche altro Paese.
Chi ci ha votato, continua a votarci sempre più (oggi, secondo i sondaggi, il Partito Democratico si trova al terzo posto sia in Veneto che in Liguria, mentre la Lega è prima in Veneto e in Lombardia si sta avvicinando al Popolo della Libertà), se è vero come è vero che lo fanno per difendere i loro interessi di vita, di territorialità, di permanenza.
Siamo d'accordo, infatti, anche con il segretario della CGIL di Treviso che ci ha spiegato, così come vuole Maroni, di cui condividiamo in pieno ciò che dice, che in questo Paese dobbiamo bloccare l'arrivo e il permesso di altre regolarizzazioni di extracomunitari (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Evidentemente, siamo di fronte ad una grave crisi economica; molta gente del nostro Paese sta perdendo il lavoro: oggi, prima di tutto, dobbiamo garantire il lavoro dei cittadini padani, ma anche di quelli siciliani e calabresi, mentre il lavoro degli altri devono garantirlo i Paesi di origine (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Misto-Movimento per l'Autonomia).
Ma è anche vera un'altra cosa: noi siamo d'accordo con il Ministro Maroni, il quale ha spostato il prefetto Mosca, perché i prefetti - che non dovrebbero più esistere (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) - sono dei semplici servitori dello Stato e non sono loro che decidono la politica dello Stato. I prefetti non sono votati dai cittadini, sono solo dei funzionari.
È vera un'altra cosa: noi, cari amici del PD, possiamo accettare anche qualche lezione di morale dai vostri banchi, ma certamente non dall'onorevole Colombo. In questi giorni e in queste settimane siamo stati silenziosi perché ci rendiamo conto che, a volte, l'età, l'età avanzata, può provocare gravi problemi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), ma ci rendiamo altresì conto che abbiamo il diritto al rispetto dei voti che noi rappresentiamo, che non sono pochi, ma molti e rappresentano una grande fetta della maggioranza dei cittadini del Nord (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Per questo rivolgo un invito al Governo, concludendo il mio intervento, legato anche al fatto che chiedo rispetto come parlamentare e chiedo rispetto anch'io all'interno dalla carta dei diritti umani e civili. Chiedo al Governo che venga varato un altro decreto, un decreto di garanzia all'interno di questo Parlamento per cui possano intervenire solo persone che garantiscano il rispetto di tutti i deputati e che soprattutto garantiscano il rispetto dei cittadini italiani.
Vi sono coloro che hanno superato detto limite, perché l'età non permette loro di essere all'interno di regole di rispetto e di regole certe. Forse sarebbe meglio varare un decreto per imporre il silenzio a chi negli anni ha troppo voluto spiegare ad altri la morale, ma forse conosce solo la morale keniota, ma non la morale, la bontà e la validità dei cittadini italiani, veneti e padani (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, passi che in quest'Aula ci si scambino insulti e non ci si rispetti Pag. 73reciprocamente, e dovrebbe competere alla Presidenza richiamare il deputato che si dovesse sottoporre...

PRESIDENTE. O i deputati, per la verità.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. ...o i deputati o le deputate, non è questo il problema... Spetta alla Presidenza di far osservare fino in fondo il Regolamento e il rispetto reciproco in quest'Aula. Che, però, si invochi un decreto per evitare che in quest'Aula parlino persone che non hanno la capacità di ragionare con il proprio cervello, questo, signor Presidente, mi sembra eccessivo.
Più o meno, quando si fa un'affermazione di questo genere, forse bisognerebbe evitare con maggiore energia che, in quest'Aula, nei confronti di alcuni particolari interventi, si consenta questa lasca disponibilità di prosaica indisciplina che non si richiama certamente alle modalità proprie del comportamento in quest'Aula da parte dei deputati.
Quindi, signor Presidente, siccome questo capita spesso, ed in particolare capita all'interno di un gruppo che, tutte le volte, interviene per riprendere in questo modo, non nel merito di ciò che si sostiene, ma attraverso insulti o attraverso proposte che sono indisponibili da parte di un Parlamento, credo che, da questo punto di vista, lei abbia la necessità di apprezzare ciò che si dice, eventualmente intervenire e portare la questione anche all'interno dell'Ufficio di Presidenza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. La ringrazio dell'intervento. Voglio rivolgere un invito a tutti i colleghi. Lei comprenderà che il mio appello non è rivolto solo ad una parte o ad un singolo deputato, ma a più deputati che proprio oggi e questa sera in alcuni momenti hanno travalicato forse il limite che lei stesso ha richiamato.
Per cui l'invito è rivolto a tutti i colleghi. Occorre evitare di "colpire" altri colleghi e rimanere tutti, negli interventi, nell'ambito della decenza parlamentare.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, giusto adesso è il suo dire. Volevo precisare alcune cose tra quelle dette dall'onorevole Dal Lago, che mi ha preceduto. Intanto, non intendo che mi si rivolga a me parlando di un collega, poiché con certa gente non ho alcun rapporto di colleganza, sono totalmente estraneo (Commenti di deputati del gruppo del Partito Democratico).

MASSIMO VANNUCCI. È reciproco!

MATTEO BRIGANDÌ. In secondo luogo, volevo specificare - visto che qui siamo acculturati e facciamo i giornalisti - che esistono delle categorie in italiano che si chiamano aggettivi dimostrativi e parlare di «questo Governo», da parte di un soggetto che fa parte dell'opposizione, è, in italiano, sbagliato.
In terzo luogo, voglio citare a proposito dei rom una frase divertentissima che ho letto nei resoconti: «I rom sono composti per il 50 per cento da italiani, per il 50 per cento da donne e il 50 per cento da bambini». Non faccio commenti sui numeri, ma questo la dice lunga sull'intellettività delle questioni.
Con riferimento al problema che si discute, cioè dei decreti-legge, credo che il Governo ne sia anche costretto, perché chi mi ha preceduto, dall'inizio della legislatura ad oggi, non ha presentato un progetto di legge, né una mozione, né un'interpellanza, né un'interrogazione. Quindi, è evidente che i disegni di legge trovano spazio in mancanza di adeguate proposte.
Con riferimento «all'oliare i fucili», c'è una figura della retorica italiana che si chiama metafora e che all'onorevole Bossi è molto cara e chiunque - con un'intelligenza compresa tra una gardenia e un geranio (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) - avrebbe capito che «l'oliare i fucili» era un'intimazione che veniva fatta ai colleghi del Popolo della Libertà per richiamarli al pressante rispetto del federalismo, accordo su cui è basata la nostra intesa elettorale.Pag. 74
Con riferimento agli immigrati - che sia chiaro, e lo sia una volta per tutte - per noi non si tratta di un problema di immigrato o di colore, ma di legalità e di integrazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Sapete perfettamente che la città che ha il maggior numero di immigrati perfettamente integrati è Verona, con il sindaco Tosi, definito sceriffo. Questo è un dato fondamentale e un altro dato certo è che i problemi che stiamo avendo in Commissione giustizia sul sovraffollamento delle carceri non vi sarebbero, se nella metà degli immigrati che sono lì, certamente non per fare della villeggiatura, non ci fossero coloro che hanno ucciso la moglie di un ammiraglio, coloro che sono andati a fare le rapine in villa e tutte queste cose qui. Non faccio l'elenco perché il tempo lei, signor Presidente, non me lo concederebbe, dal momento che è limitato. Se questi non ci fossero stati si sarebbe risolto quel problema. Tanto per citare dei numeri, in Piemonte, con riferimento ad una parte del territorio cara a chi mi ha preceduto, i soldi che si spendono per mantenere gli extracomunitari in carcere sono esattamente quelli che mancano per dare l'assistenza agli anziani non autosufficienti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Per quanto riguarda questa vicenda di Obama, che ormai non ne possiamo più di sentirla, capisco bene che non avendo vinto le elezioni l'Italia uno può dire che le ha vinte in America. È come quando io ero piccolo ed abitavo a Messina e tifavamo per la Juventus, così potevamo dire che avevamo vinto lo scudetto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Quindi, questo è un dato.
Noi rispettiamo perfettamente Obama, ci dà degli insegnamenti soprattutto per la politica di immigrazione che intende perseguire con i messicani: noi la pensiamo esattamente come lui (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Un'ultima notizia: saranno delusi tutti quanti, Obama ha chiesto di essere iscritto alla sezione di Caporetto, noi stiamo pensando se lo accoglieremo o no (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Un'ultima cosa, signor Presidente, si è parlato di polizia che ha invaso e non ha trovato nulla. Questo può essere vero, non lo so. Dire che il responsabile di ciò è stato l'onorevole Maroni, perché è stato fatto su suo diretto ordine, è apodittico, indimostrato e indimostrabile, quindi gratuito; per dirlo in maniera volgare, è campato per aria, Presidente. Però, vale la pena di citare che non un condominio, ma una nazione che si chiama Iraq è stata invasa nello stesso modo, senza trovare le armi, da un amico, o comunque da una nazione amica di chi mi ha preceduto.
Concludo in tema di istigazione dicendo che nessuno della Lega ha mai detto che Calabresi era un torturatore, e il risultato di quel dire lo conosciamo tutti. Per finire, signor Presidente, vorrei citare il Cyrano de Bergerac, che era un poeta d'amore: occorre che lui taccia, se no gli sculaccio la faccia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

FURIO COLOMBO. Un momento, chiedo di parlare: c'è una minaccia.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FURIO COLOMBO. Signor Presidente, si esprima! C'è una minaccia fisica (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Dica quello che pensa!

MATTEO BRIGANDÌ. Ho detto che ha una faccia da culo!

PRESIDENTE. Chiedo scusa, non l'avevo colta, non l'avevo sentita. Se è vero che l'ha fatta, la richiamo all'ordine e la invito a non usare certi toni e certe minacce. Non so se c'è una minaccia, controlleremo il resoconto stenografico.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 75

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, dato che troppo spesso i precedenti diventano prassi e legge per questa Camera, la vorrei informare (lei non c'era) che l'onorevole Lupi solo qualche giorno fa ha risolto questo problema facilmente: ha preso il resoconto stenografico, ha verificato quanto era stato detto, nella fattispecie dall'onorevole Di Pietro, ed ha pubblicamente e formalmente ripreso il collega Di Pietro censurandolo per quello che aveva detto, avendo letto il resoconto stenografico. Credo che ci vogliano 36 secondi a vedere quello che è stato detto. Lei può fare esattamente la stessa cosa, se non lo fa è una sua decisione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bordo. Ne ha facoltà.

MICHELE BORDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo decreto-legge introduce norme tra loro eterogenee e interviene su materie molto diverse; norme che secondo il Governo servono per contrastare la criminalità organizzata e l'immigrazione clandestina, ma che in realtà sono utili solo per sistemare le incompletezze e le dimenticanze di precedenti decreti che intervenivano sulle stesse materie.
Secondo noi anche in questa circostanza, anche per questo decreto-legge, mancavano i presupposti di necessità e urgenza che giustificano l'emanazione di un provvedimento di questo genere. Lo avete emanato lo stesso perché in fondo per voi il rispetto della Costituzione e del Parlamento costituisce un fastidio. Ne sono testimonianza gli interventi che ci sono stati poc'anzi e che non sono stati condannati dalla Presidenza. Così come, lo voglio ribadire, non sopportate il confronto con l'opposizione, tanto che anche in questa circostanza non avete accolto già in Commissione, e vi apprestate a fare lo stesso anche in Aula, nessuno degli emendamenti che abbiamo proposto.
Eppure, abbiamo presentato proposte di modifiche ragionevoli e di buonsenso che prevedevano, tra l'altro, la possibilità di assumere i testimoni di giustizia nella pubblica amministrazione; un fondo per le indagini in materia di criminalità organizzata, destinato all'acquisto di risorse e mezzi per l'espletamento di indagini di polizia giudiziaria; risorse per favorire la piena funzionalità dell'amministrazione della giustizia nel nostro Paese; l'incremento del Fondo di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso; l'assunzione di nuovi commissari di pubblica sicurezza; premi di produttività per le forze dell'ordine e, inoltre, l'autorizzazione di una spesa minima a favore delle comunità nelle quali sorgono i centri di accoglienza per i richiedenti asilo, che doveva servire per garantire l'ordine pubblico e per assicurare servizi di accoglienza e di integrazione.
Avremmo voluto, insomma, contribuire a rendere più robuste le norme contenute nel decreto-legge in esame per contrastare la criminalità organizzata e l'immigrazione clandestina, invece voi ce lo avete impedito.
Tuttavia, questo decreto-legge è difficile da discutere ed è difficilmente giudicabile sul piano politico per quello che contiene, ossia niente, se non lo si inquadra dentro un pacchetto complessivo di norme relativo alle politiche per la sicurezza predisposto dal Governo fino a questo momento. Noi, in realtà, contestiamo alla radice le vostre politiche sulla sicurezza e per il contrasto all'immigrazione clandestina: fino ad ora avete cavalcato le paure dei cittadini e, soprattutto, avete alimentato un messaggio capzioso, secondo il quale la mancanza di sicurezza nel nostro Paese è dovuta solo ed esclusivamente alla presenza degli immigrati. Non vi rendete conto, invece, che messaggi come questo rischiano di far crescere l'odio, di diffondere episodi di razzismo. Il fenomeno dell'immigrazione, al contrario, va approfondito serenamente, senza fare propaganda né demagogia.
Noi non sottovalutiamo il fenomeno diffuso della clandestinità; vogliamo combatterlo, ma con norme efficaci e che producano effetto. Non è efficace, ad esempio, quella norma che avreste voluto introdurre già un po' di tempo fa e che prevedeva ad esempio il reato di clandestinità. In Europa non c'è alcun Paese che pone Pag. 76sullo stesso piano tutti i clandestini; è necessario distinguere i clandestini che sono delinquenti da quelli che hanno una casa e un lavoro. Se invece fosse passata la vostra idea di introdurre il reato di clandestinità, avremmo dovuto trattare da delinquenti e mandare a casa anche i tanti immigrati che ormai vivono da tempo nel nostro Paese, che meritano diritti, che hanno una casa ed un lavoro.
Se quella norma fosse passata, si sarebbero prodotti effetti pesanti sulla nostra economia, considerato che sono tantissimi gli immigrati che nel nostro Paese svolgono un lavoro che nessun altro italiano svolgerebbe. Se fosse passato il reato di clandestinità, avremmo corso seriamente il rischio di mettere insieme i buoni e i cattivi e di spingere tutti verso i margini della società e verso la criminalità organizzata.
Allora, il problema vero è che fino ad oggi non avete approvato neanche una norma che fosse efficace per combattere l'immigrazione clandestina. D'altronde, pur se non lo volete ammettere, i dati ci dicono che, dopo l'introduzione della cosiddetta legge Bossi-Fini - voi non ve ne rendete conto -, sono stati prodotti nel nostro Paese circa 800 mila irregolari: ciò è il segno, evidentemente, che qualcosa in questa normativa non ha funzionato.
Noi, invece, sosteniamo che le espulsioni dei clandestini devono essere efficaci, ma che accanto ad esse devono esservi serie politiche di integrazione per quegli immigrati che vivono onestamente nel nostro Paese. L'integrazione di questi immigrati è necessaria; invece, voi per l'integrazione non avete previsto assolutamente nulla; anzi - in questa direzione va la mozione approvata qualche settimana fa in quest'Aula - volete introdurre le cosiddette classi separate che possono servire soltanto ad accentuare, ancora di più, le divisioni, evidentemente al fine di creare il presupposto per mettere gli immigrati ai margini della società.
Al contrario, per ottenere risultati nella lotta alla clandestinità noi abbiamo bisogno di misure strutturali, dobbiamo rendere effettive le espulsioni, fare una seria politica per l'integrazione, rafforzare innanzitutto i rapporti bilaterali tra l'Italia e i Paesi da cui gli immigrati provengono, cosa che fino ad oggi questo Governo non ha fatto a sufficienza.
Signori del Governo, state facendo molta demagogia anche in materia di contrasto alla criminalità organizzata. Fino a questo momento avete approvato norme diverse tra di loro e spesso anche in contraddizione, perché da un lato, ad esempio, mandate i militari nelle nostre città e, dall'altro, non incrementate gli organici delle forze dell'ordine; da una parte togliete le risorse alle forze di polizia e, dall'altra, affermate che volete mettere più uomini a pattugliare le nostre strade. Da un lato, inoltre, volete inasprire le pene e, dall'altro, avete provato a sospendere i processi penali.
Insomma, norme in contraddizione tra di loro e che non hanno dato un messaggio univoco ai cittadini del nostro Paese. Per contrastare, invece, la criminalità organizzata abbiamo bisogno di interventi seri, efficaci, di un nuovo modello di distribuzione delle forze di polizia sul territorio, di un maggior coordinamento delle nostre forze dell'ordine, di rendere effettiva la pena. L'effettività della pena è la chiave per produrre risultati nell'attività di contrasto alla criminalità organizzata: chi delinque deve sapere che sconta la sua pena fino a quando essa non scade.
Ed invece spesso anche chi commette reati molto gravi esce dal carcere molto prima. È soprattutto questo che aumenta l'incertezza tra cittadini e fa crescere il senso di ingiustizia. Inoltre, se la sicurezza dei cittadini è una priorità per questo Governo, come avete affermato tutti giorni fino a questo momento, perché continuate (e lo avete fatto con la legge finanziaria che abbiamo approvato in prima lettura quest'anno) a tagliare le risorse destinate al funzionamento delle forze dell'ordine, alla prevenzione dei reati e alle attività di intelligence?
Avete tagliato centinaia di milioni di euro destinati alla sicurezza e molti commissariati non hanno più neanche i soldi per mettere la benzina nelle macchine o Pag. 77per pagare l'affitto delle strutture in cui sono ospitati. Sono tanti i commissariati che sono stati sfrattati nelle ultime settimane. Si tratta di un dato drammatico che dà il senso di quanto voi abbiate a cuore il tema della sicurezza. Che fine hanno fatto le promesse fatte in campagna elettorale quando affermavate di voler aumentare gli stipendi agli operatori del forze dell'ordine? Tutto questo è rimasto solo sulla carta e sono solo le promesse che avete fatto durante la campagna elettorale. È evidente che così facendo non si possono ottenere risultati significativi e in questo modo non si creano le condizioni ottimali per contrastare e combattere la criminalità organizzata.
Noi non condividiamo la vostra politica sulla sicurezza e di contrasto all'immigrazione clandestina. Noi pensiamo che su queste materie non si possa più procedere, come invece voi purtroppo ancora fate, improvvisando con superficialità e facendosi dettare i tempi dall'emergenza. Noi pensiamo, invece, che ci sia bisogno di fare programmazione, di interventi strutturali e che solo così si possono ottenere risultati sia sul fronte della lotta alla criminalità organizzata, sia su quello del contrasto all'immigrazione clandestina.
Concludo: se cambierete le vostre politiche sulla sicurezza, siamo disponibili a collaborare. Se, invece, su queste materie continuerete a fare demagogia e propaganda, senza garantire più sicurezza ai cittadini, la nostra opposizione sarà senza sconti, perché vorrà dire che a voi, in fondo, non importa assolutamente nulla della sicurezza dei cittadini. Di tutto questo vi dovete assumere le responsabilità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ho verificato il tenore delle frasi pronunciate dall'onorevole Brigandì. Anche l'uso della metafora, alla quale egli prima si è richiamato, non può essere esteso fino all'uso di parole non rispettose della dignità dei colleghi o, addirittura, di minacce, quand'anche si tratti di «sculacciate». Comunque, ho immediatamente richiamato all'ordine il collega. Non vedo, quindi, quale altra condanna avrei potuto impartirgli. Lo richiamo all'ordine anche dopo aver verificato quanto accaduto.
Rivolgo a tutti i colleghi, anche per il futuro, l'invito a tenere un comportamento, anche solo verbale, rispettoso di tutti i colleghi.

MATTEO BRIGANDÌ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, avendo lei ritenuto questo, ne prendo atto e mi scuso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Brigandì, prendo atto delle sue scuse. Le fanno onore.
A seguito di intese intercorse tra i gruppi, sospendiamo l'esame del provvedimento, che riprenderà nella seduta di domani, con lo svolgimento degli ulteriori interventi sul complesso delle proposte emendative, a partire dalle 9,30.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 26 novembre 2008, alle 9,30:

(ore 9,30 e ore 16)

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1072 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151, recante misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina (Approvato dal Senato) (1857).
- Relatori: Santelli, per la I Commissione e Scelli, per la II Commissione.

Pag. 78

2. - Seguito della discussione delle mozioni Fassino ed altri n. 1-00065, Cicchitto, Cota, Lo Monte ed altri n. 1-00066, Evangelisti ed altri n. 1-00067 e Vietti ed altri n. 1-00068 sul contributo della Presidenza italiana alla definizione dell'agenda del G8 del 2009.

3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 20 ottobre 2008, n. 158, recante misure urgenti per contenere il disagio abitativo di particolari categorie sociali (1813-A).
- Relatore: Gibiino.

(ore 15)

4. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

(al termine delle votazioni)

5. - Discussione del disegno di legge (per la discussione sulle linee generali):
S. 1083 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, recante disposizioni urgenti per il contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali (Approvato dal Senato) (1891).
- Relatore: Simonetti.

La seduta termina alle 19,25.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 1762-A - voto finale 504 299 205 150 269 30 64 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.