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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di mercoledì 26 novembre 2008

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 26 novembre 2008.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Aprea, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Castagnetti, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, D'Amico, De Biasi, Donadi, Fitto, Frattini, Galati, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Lisi, Lo Monte, Lucà, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Migliori, Molgora, Palumbo, Pescante, Prestigiacomo, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Scajola, Sereni, Soro, Stefani, Stucchi, Tremonti, Urso, Vegas, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Castagnetti, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Conte, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, D'Amico, Donadi, Fitto, Frattini, Galati, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Lisi, Lo Monte, Lucà, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliori, Molgora, Pescante, Prestigiacomo, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Scajola, Sereni, Soro, Stefani, Stucchi, Tremonti, Urso, Vegas, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

In data 25 novembre 2008 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
VITALI e FRANZOSO: «Istituzione della corte di appello di Taranto» (1946);
BARBIERI: «Disposizioni concernenti la fornitura di protesi e apparecchiature tecnologiche per favorire l'autonomia delle persone affette da disabilità motoria o sensoriale» (1947);
LEHNER: «Disposizioni sull'individuazione di zone idonee all'esercizio del diritto di riunione e allo svolgimento di manifestazioni nell'area urbana di Roma» (1948);
FEDRIGA ed altri: «Modifiche all'articolo 11 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, concernente le deduzioni agli effetti dell'imposta regionale sulle attività produttive, e all'articolo 5 della legge 8 marzo 2000, n. 53, concernente i congedi per la formazione, in favore dei lavoratori studenti» (1949);
EVANGELISTI: «Modifiche all'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, e all'articolo 13 della legge 27 marzo 1992, n. 257, per l'estensione dei benefìci previdenziali previsti per i lavoratori esposti all'amianto, nonché delega al Governo per l'emanazione di un testo unico delle disposizioni legislative in materia di esposizione all'amianto» (1950).

Saranno stampate e distribuite.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
II Commissione (Giustizia):
ANGELA NAPOLI: «Modifiche al codice civile e al codice di procedura civile in materia di affidamento condiviso dei figli» (1304) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria) e XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento);
BERNARDINI ed altri: «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, per favorire i rapporti tra detenute madri e figli minori e per l'istituzione di case-famiglia protette» (1814) Parere delle Commissioni I, V, XI, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
VII Commissione (Cultura):
BITONCI ed altri: «Disposizioni per l'individuazione e la tutela delle città murate e dei centri fortificati» (1576) Parere delle Commissioni I, II, V, X e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
CIRIELLI ed altri: «Disposizioni per la valorizzazione dell'Abbazia della Santissima Trinità di Cava de' Tirreni» (1889) Parere delle Commissioni I, V, VIII, X e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dal ministro per i rapporti con le regioni.

Il ministro per i rapporti con le regioni ha trasmesso, con lettera in data 20 novembre 2008, il parere espresso dalla Conferenza unificata, ai sensi dell'articolo 1-bis, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, sui disegni di legge recanti disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009) e bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009 e bilancio pluriennale per il triennio 2009-2011, sulla Relazione previsionale e programmatica per l'anno 2009 e sulla Nota di aggiornamento del Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) per gli anni 2009-2013.
Questa documentazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).

Annunzio di progetti di atti comunitari e dell'Unione europea.

Il ministro per le politiche europee, con lettera in data 25 novembre 2008, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 3 e 19 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, progetti di atti comunitari e dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Comunicazione di una nomina ministeriale.

Il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettera in data 17 novembre 2008, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 9 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, della nomina dell'ingegner Domenico Totaro a commissario straordinario dell'Ente parco nazionale dell'Appennino Lucano - Val D'Agri - Lagonegrese.

Tale comunicazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente).

Trasmissione da un difensore civico.

Il difensore civico della provincia autonoma di Trento, con lettera in data 7 novembre 2008, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 127, la relazione sull'attività svolta dallo stesso difensore civico relativa al biennio 2006-2007 (doc. CXXVIII, n. 3).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 1072 - CONVERSIONE IN LEGGE, CON MODIFICAZIONI, DEL DECRETO-LEGGE 2 OTTOBRE 2008, N. 151, RECANTE MISURE URGENTI IN MATERIA DI PREVENZIONE E ACCERTAMENTO DI REATI, DI CONTRASTO ALLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA E ALL'IMMIGRAZIONE CLANDESTINA (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 1857)

A.C. 1857 - Articolo unico

ARTICOLO UNICO DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

1. Il decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151, recante misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina, è convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge.
2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

ARTICOLI DEL DECRETO-LEGGE NEL TESTO DEL GOVERNO

Art. 1.
(Modifiche al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 109).

1. All'articolo 6 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 109, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 3 le parole: «ha effetto decorsi tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto.», sono sostituite dalle seguenti: «ha effetto a decorrere dal 31 dicembre 2008.»;
b) al comma 5:
1) le parole: «entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.» sono sostituite dalle seguenti: «a decorrere dal 31 dicembre 2008.»;
2) dopo il primo periodo, è aggiunto, in fine, il seguente: «Fino al 31 dicembre 2008 i predetti fornitori di servizi sono autorizzati a conservare i dati del traffico telematico, di cui all'articolo 6, comma 1, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, in deroga a quanto previsto dal medesimo comma 1, compresi quelli non ancora cancellati.».

Art. 2.
(Impiego del personale delle Forze armate).

1. All'articolo 7-bis del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il comma 1, è inserito il seguente:
«1-bis. Ai fini e con le medesime modalità di cui al comma 1, nelle aree ove siritiene necessario assicurare, in presenza di fenomeni di emergenza criminale, un più efficace controllo del territorio è autorizzato, fino al 31 dicembre 2008, l'impiego di un contingente di 500 militari delle Forze armate.»;
b) al comma 2, dopo la parola: «comma 1» sono inserite le seguenti: «e 1-bis»;
c) al comma 4, le parole: «di cui al comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «di cui ai commi 1, 1-bis e 2».

Art. 3.
(Misure per fronteggiare l'immigrazione clandestina).

1. Per fronteggiare l'intensificarsi del fenomeno di immigrazione clandestina anche al fine di garantire la più rapida attuazione della normativa europea in materia attraverso l'ampliamento ed il miglioramento della disponibilità ricettiva dei centri di identificazione ed espulsione, di cui all'articolo 14 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, è autorizzata la spesa di euro 3.000.000 per l'anno 2008, di euro 37.500.000 per l'anno 2009, di euro 40.470.000 per l'anno 2010 e di euro 20.075.000 a decorrere dall'anno 2011, di cui euro 3.000.000 per l'anno 2008 ed euro 37.500.000 per ciascuno degli anni 2009 e 2010 destinati alla costruzione di nuovi centri di identificazione ed espulsione.
2. All'onere derivante dalla disposizione di cui al comma 1 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando i seguenti accantonamenti:

  2008 2009 2010
Ministero della giustizia - 7.193.000 11.212.000
Ministero dell'interno 3.000.000 30.307.000 19.785.000
Ministero della salute - - 9.473.000
Totale 3.000.000 37.500.000 40.470.000

3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 4.
(Entrata in vigore).

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

A.C. 1857 - Modificazioni

MODIFICAZIONI APPORTATE DAL SENATO

All'articolo 1, comma 1, le parole: «31 dicembre 2008», ovunque ricorrano, sonosostituite dalle seguenti: «31 marzo 2009».

All'articolo 2, comma 1:
nella lettera a), le parole: «di 500» sono sostituite dalle seguenti: «non superiore a 500»;
la lettera b) è sostituita dalla seguente:
«b) al comma 2, le parole: "di cui al comma 1" sono sostituite dalle seguenti: "di cui ai commi 1 e 1-bis"»;
la lettera c) è sostituita dalla seguente:
«c) al comma 4, le parole: "del decreto di cui al comma 2" sono sostituite dalle seguenti: "dei commi 1, 1-bis e 2"».

Dopo l'articolo 2 sono inseriti i seguenti:
«Art. 2-bis. - (Misure per il rafforzamento dell'azione di contrasto alla criminalità organizzata). - 1. È disposto, in via straordinaria, l'incremento, per un importo pari a 30 milioni di euro, del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, di cui all'articolo 1 della legge 22 dicembre 1999, n. 512, con risorse a valere sulla dotazione finanziaria del Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura, di cui all'articolo 18-bis della legge 23 febbraio 1999, n. 44. All'attuazione del presente comma si provvede con decreto del Ministro dell'interno, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
2. Dopo l'articolo 1 della legge 22 dicembre 1999, n. 512, è inserito il seguente:
"Art. 1-bis. - (Altre forme eventuali di finanziamento). - 1. Il Ministro dell'interno, con proprio decreto, può destinare al Fondo una quota del contributo devoluto annualmente al Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura, di cui all'articolo 18-bis della legge 23 febbraio 1999, n. 44, sui premi assicurativi, raccolti nel territorio dello Stato, nei rami incendio, responsabilità civile diversi, auto rischi diversi e furto, ai sensi dell'articolo 18, commi 1 e 2, della citata legge n. 44 del 1999".
Art. 2-ter. - (Modifiche alla legge 22 dicembre 1999, n. 512). - 1. Alla legge 22 dicembre 1999, n. 512, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 4, dopo il comma 4 è aggiunto il seguente:
"4-bis. Le disposizioni di cui ai commi 3 e 4 si applicano anche quando la sentenza di condanna o la misura di prevenzione o i relativi procedimenti in corso si riferiscono al soggetto deceduto in conseguenza della consumazione dei reati indicati al comma 1, salvo che lo stesso abbia assunto, precedentemente all'evento lesivo che ne ha cagionato la morte, la qualità di collaboratore di giustizia ai sensi delle vigenti disposizioni di legge e non sia intervenuta revoca del provvedimento di ammissione ai programmi di protezione per cause imputabili al soggetto medesimo";
b) all'articolo 6, comma 1, dopo la lettera c) sono aggiunte le seguenti:
"c-bis) dell'inesistenza, alla data di presentazione della domanda o dell'evento lesivo che ne ha cagionato la morte, di un procedimento penale in corso o di una sentenza di condanna per uno dei reati di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale nei confronti del soggetto deceduto in conseguenza dei reati di cui al comma 1 dell'articolo 4;
c-ter) dell'inesistenza, alla data di presentazione della domanda o dell'evento lesivo che ne ha cagionato la morte, di una misura di prevenzione, di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, applicata nei confronti del soggetto deceduto in conseguenza della consumazione dei reati indicati al comma 1 dell'articolo 4, o di un procedimento in corso per l'applicazione di una misura di prevenzione a termini della suddetta legge";
c) dopo l'articolo 7 è inserito il seguente:
"Art. 7-bis. - (Ulteriore regolamento di attuazione). - 1. Con regolamento da emanare entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri della giustizia, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico e del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sono adottate le opportune modificazioni al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 maggio 2001, n. 284, con norme che prevedono:
a) la sospensione, fino alla decisione del giudice civile, della ripetizione delle somme già liquidate dal Comitato per effetto di una sentenza di condanna al pagamento della provvisionale, nel caso in cui il giudice dell'impugnazione, ai sensi dell'articolo 129 del codice di procedura penale, abbia dichiarato estinto il reato per morte del reo;
b) la ripetizione delle somme già elargite a titolo di provvisionale, quando, a seguito di estinzione del reato, l'azione risarcitoria esperita in sede civile nei confronti dei successori del reo si sia conclusa con la soccombenza della vittima attrice o dei suoi successori".
Art. 2-quater. - (Modifiche alla legge 20 ottobre 1990, n. 302). - 1. All'articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 20 ottobre 1990, n. 302, e successive modificazioni, dopo le parole: "il soggetto leso risulti essere" le parole: ", al tempo dell'evento," sono soppresse.
Art. 2-quinquies. - (Limiti alla concessione dei benefìci di legge ai superstiti della vittima della criminalità organizzata). - 1. Ferme le condizioni stabilite dall'articolo 4 della legge 20 ottobre 1990, n. 302, e successive modificazioni, i benefìci previsti per i superstiti sono concessi a condizione che:
a) il beneficiario non risulti coniuge, affine o convivente di soggetti nei cui confronti risulti in corso un procedimento per l'applicazione o sia applicata una misura di prevenzione di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, ovvero di soggetti nei cui confronti risulti in corso un procedimento penale per uno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale;
b) il beneficiario risulti essere del tutto estraneo ad ambienti e rapporti delinquenziali, ovvero risulti, al tempo dell'evento, già dissociato dagli ambienti e dai rapporti delinquenziali cui partecipava.

2. Il sopravvenuto mutamento delle condizioni previste dagli articoli 1 e 4 della legge 20 ottobre 1990, n. 302, e successive modificazioni, comporta l'interruzione delle erogazioni disposte e la ripetizione integrale delle somme già corrisposte».

All'articolo 3, comma 2, la tabella è sostituita dalla seguente:

«   2008 2009 2010 2011  
  Ministero della giustizia - 7.193.000 11.212.000 290.000  
  Ministero dell'interno 3.000.000 30.307.000 19.785.000 19.785.000  
  Ministero della salute - - 9.473.000 -  
  Totale 3.000.000 37.500.000 40.470.000 20.075.000 ».

Dopo l'articolo 3 è inserito il seguente:
«Art. 3-bis. - (Norme in materia di indennità spettanti ai giudici onorari di tribunale e ai vice procuratori onorari). - 1. All'articolo 4 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 449, recante norme per l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a quello a carico degli imputati minorenni, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 273, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dai seguenti:
"1. Ai giudici onorari di tribunale spetta un'indennità di euro 98 per le attività di udienza svolte nello stesso giorno.
1-bis. Ai giudici onorari di tribunale spetta un'ulteriore indennità di euro 98 ove il complessivo impegno lavorativo per le attività di cui al comma 1 superi le cinque ore";
b) il comma 2 è sostituito dai seguenti:
"2. Ai vice procuratori onorari spetta un'indennità giornaliera di euro 98 per l'espletamento delle seguenti attività, anche se svolte cumulativamente:
a) partecipazione ad una o più udienze in relazione alle quali è conferita la delega;
b) ogni altra attività, diversa da quella di cui alla lettera a), delegabile a norma delle vigenti disposizioni di legge.

2-bis. Ai vice procuratori onorari spetta un'ulteriore indennità di euro 98 ove il complessivo impegno lavorativo necessario per lo svolgimento di una o più attività di cui al comma 2 superi le cinque ore giornaliere.
2-ter. Ai fini dell'applicazione dei commi 1-bis e 2-bis, la durata delle udienze è rilevata dai rispettivi verbali e la durata della permanenza in ufficio per l'espletamento delle attività di cui al comma 2, lettera b), è rilevata dal procuratore della Repubblica".

2. Dall'attuazione del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».

A.C. 1857 - Proposte emendative

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE AGLI ARTICOLI DEL DECRETO-LEGGE

(Non sono comprese quelle dichiarate inammissibili)

ART. 1.
(Modifiche al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 109).

Al comma 1 premettere i seguenti:
01. All'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 109, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) la lettera b) è sostituita dalla seguente:
«b) per dati relativi al traffico: qualsiasi dato trattato ai fini della trasmissione di una comunicazione su una rete di comunicazione elettronica o della relativa fatturazione ivi compresi i dati necessari per identificare l'origine e la destinazione della comunicazione, ivi compresi la URL (Uniform Resource Locator) e l'indirizzo di protocollo internet (IP), il percorso, l'orario (GMT), la data, la dimensione, la durata e il tipo di servizio implicito, nonché ogni altro dato necessario per identificare l'abbonato o l'utente»;
b) dopo la lettera g) è aggiunta la seguente:
«g-bis) per contenuto delle comunicazioni: le informazioni scambiate tra un numero finito di soggetti tramite un servizio di comunicazione elettronica. Ai fini del presente decreto legislativo, non costituiscono contenuto della comunicazione i dati relativi al traffico di cui alla lettera b);».

02. All'articolo 3, comma 1, lettera a), numero 2), dopo il punto 2.1 è aggiunto il seguente:
«2.2. Ogni altro dato di traffico necessario all'individuazione della fonte della comunicazione, nei casi in cui gli operatori di comunicazione elettronica non possano procedere all'univoca assegnazione dell'indirizzo di protocollo internet (IP) di cui all'articolo 1, comma 1, lettera g);».
1. 1. Ferranti, Amici, Minniti, Tenaglia, Bressa, Bordo, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, D'Antona, Gianni Farina, Ferrari, Fontanelli, Giovanelli, Lanzillotta, Lo Moro, Mantini, Melis, Naccarato, Piccolo, Pollastrini, Rossomando, Samperi, Tidei, Vaccaro, Vassallo.

ART. 2.
(Impiego del personale delle Forze armate).

Al comma 1, lettera a), capoverso, dopo le parole: non superiore a aggiungere la seguente: ulteriori.
2. 20. Zaccaria, Lo Moro.

Al comma 1, lettera a), capoverso, sostituire le parole: 500 militari delle Forze armate con le seguenti: 500 unità preso dalle Forze armate già impiegate ai sensi del comma 1.
2. 1. Vietti, Volontè, Mannino, Tassone, Rao.

ART. 2-bis.
(Misure per il rafforzamento dell'azione di contrasto alla criminalità organizzata).

Sostituirlo con il seguente:
Art. 2-bis. - (Misure per il rafforzamento dell'azione di contrasto alla criminalità organizzata). - 1. Il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, di cui all'articolo 1 della legge 22 dicembre 1999, n. 512, è incrementato di cinquanta milioni di euro. Il Ministro dell'interno, entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, provvede con proprio decreto all'attuazione della presente disposizione. Alla copertura degli oneri di cui al presente articolo si provvede, nel limite massimo di spesa di 50 milioni di euro per l'anno 2009, mediante riduzione lineare degli stanziamenti di parte corrente relativi alle autorizzazioni di spesa come determinate dalla tabella C della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
2-bis. 1. Vietti, Volontè, Mannino, Tassone, Rao.

Sostituirlo con il seguente:
Art. 2-bis. - (Misure a tutela delle vittime dei reati di tipo mafioso). - 1. È disposto, in via straordinaria, l'incremento, per un importo pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, di cui all'articolo 1 della legge 22 dicembre 1999, n. 512.
2. Agli oneri derivanti dall'attuazione della disposizione di cui al comma 1, determinati in euro 5 milioni per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione, in maniera lineare, degli stanziamenti di parte corrente relativi alle autorizzazioni di spesa come determinate dalla tabella C allegata alla legge 24 dicembre 2007, n. 244, per l'anno 2008. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
2-bis. 5. Amici, Ferranti, Minniti, Tenaglia, Bressa, Bordo, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, D'Antona, Gianni Farina, Ferrari, Fontanelli, Giovanelli, Lanzillotta, Lo Moro, Mantini,Melis, Naccarato, Piccolo, Pollastrini, Rossomando, Samperi, Tidei, Vaccaro, Vassallo.

Sostituirlo con il seguente:
Art. 2-bis. - (Misure a tutela delle vittime dei reati di tipo mafioso). - 1. È disposto, in via straordinaria, l'incremento, per un importo pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, di cui all'articolo 1 della legge 22 dicembre 1999, n. 512.
2. Agli oneri derivanti dall'attuazione della disposizione di cui al comma 1, determinati in euro 5 milioni per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'unità previsionale di base «Oneri comuni di parte corrente», istituita nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali», dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
2-bis. 6. Amici, Ferranti, Minniti, Tenaglia, Bressa, Bordo, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, D'Antona, Gianni Farina, Ferrari, Fontanelli, Giovanelli, Lanzillotta, Lo Moro, Mantini, Melis, Naccarato, Piccolo, Pollastrini, Rossomando, Samperi, Tidei, Vaccaro, Vassallo.

Al comma 1, sopprimere le parole da: con risorse a valere fino alla fine del periodo.

Conseguentemente, sostituire il comma 2 con il seguente:
2. All'onere derivante dalla disposizione di cui al comma 1 si provvede mediante una riduzione lineare delle dotazioni di parte corrente relative alle autorizzazioni di spesa di cui alla Tabella C, allegata alla legge 24 dicembre 2007, n. 244, per un importo pari a 30 milioni di euro per l'anno 2009.
2-bis. 2. Di Pietro, Pisicchio.

Al comma 2, capoverso, sostituire le parole: può destinare al Fondo una quota con le seguenti: da trasmettere al Parlamento, può destinare al Fondo una quota, in misura non superiore ad un terzo,
2-bis. 20. Zaccaria, Lo Moro.

Al comma 2, capoverso, sostituire le parole: può destinare con la seguente: attribuisce.
2-bis. 3. Ferranti, Amici, Minniti, Tenaglia, Bressa, Bordo, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, D'Antona, Gianni Farina, Ferrari, Fontanelli, Giovanelli, Lanzillotta, Lo Moro, Mantini, Melis, Naccarato, Piccolo, Pollastrini, Rossomando, Samperi, Tidei, Vaccaro, Vassallo.

Al comma 2, capoverso, dopo le parole: una quota aggiungere le seguenti: non inferiore ad un terzo.
2-bis. 4. Ferranti, Amici, Minniti, Tenaglia, Bressa, Bordo, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, D'Antona, Gianni Farina, Ferrari, Fontanelli, Giovanelli, Lanzillotta, Lo Moro, Mantini, Melis, Naccarato, Piccolo, Pollastrini, Rossomando, Samperi, Tidei, Vaccaro, Vassallo.

ART. 2-quinquies.
(Limiti alla concessione dei benefìci di legge ai superstiti della vittima della criminalità organizzata).

Al comma 1, lettera a), dopo la parola: affine aggiungere la seguente:, parente entro il secondo grado.
2-quinquies. 20. Zaccaria, Lo Moro.

Al comma 1, lettera a), dopo la parola: affine aggiungere la seguente:, parente.
2-quinquies. 1. Ferranti, Amici, Minniti, Tenaglia, Bressa, Bordo, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, D'Antona, Gianni Farina, Ferrari, Fontanelli, Giovanelli, Lanzillotta, Lo Moro, Mantini, Melis, Naccarato, Piccolo, Pollastrini, Rossomando, Samperi, Tidei, Vaccaro, Vassallo.

Al comma 1, lettera b), sopprimere le parole:, al tempo dell'evento,
2-quinquies. 2. Ferranti, Amici, Minniti, Tenaglia, Bressa, Bordo, Capano, Cavallaro, Ciriello, Concia, Cuperlo, D'Antona, Gianni Farina, Ferrari, Fontanelli, Giovanelli, Lanzillotta, Lo Moro, Mantini, Melis, Naccarato, Piccolo, Pollastrini, Rossomando, Samperi, Tidei, Vaccaro, Vassallo.

Al comma 2, sostituire le parole: dagli articoli 1 e 4 con le seguenti: dal comma 1, nonché dall'articolo 1.
2-quinquies. 21. Zaccaria, Lo Moro.

ART. 3.
(Misure per fronteggiare l'immigrazione clandestina).

Al comma 1, dopo le parole: e successive modificazioni aggiungere le seguenti:, nonché per garantire l'effettiva fruizione dei diritti e delle garanzie dei cittadini stranieri trattenuti previsti dalla normativa.
3. 21. Pezzotta.

Al comma 1, dopo le parole: e successive modificazioni aggiungere le seguenti:, nonché per garantire l'effettiva fruizione dei diritti e delle garanzie dei cittadini stranieri trattenuti nei suddetti centri.
3. 23. Calvisi, Villecco Calipari, Livia Turco.

Al comma 1, dopo le parole: e successive modificazioni aggiungere le seguenti:, nonché per garantire l'effettiva fruizione dei diritti e delle garanzie dei cittadini stranieri richiedenti asilo e dei minori non accompagnati eventualmente trattenuti nei suddetti centri.
3. 22. Calvisi, Villecco Calipari, Livia Turco, Realacci, Sbrollini, Zampa.

Al comma 1, aggiungere, in fine, le parole:, nonché al potenziamento delle strutture destinate all'accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati.
3. 24. Calvisi, Villecco Calipari, Livia Turco.

Al comma 1, aggiungere, in fine, le parole:, nonché all'istituzione, in tutti i centri di identificazione ed espulsione, di servizi di orientamento ed assistenza legale, da fornirsi, per incarico degli Uffici territoriali del Governo competenti per territorio, da enti diversi dagli enti gestori dei centri.
*3. 20. Pezzotta.

Al comma 1, aggiungere, in fine, le parole:, nonché all'istituzione, in tutti i centri di identificazione ed espulsione, di servizi di orientamento ed assistenza legale, da fornirsi, per incarico degli Uffici territoriali del Governo competenti per territorio, da enti diversi dagli enti gestori dei centri.
*3. 25. Calvisi, Villecco Calipari, Livia Turco.

Dopo il comma 1, aggiungere i seguenti:
1-bis. Per la realizzazione e l'ubicazione delle strutture di cui al comma 1, si provvede dopo aver sentito la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ed i sindaci dei comuni interessati.
1-ter. Il Ministro dell'interno presenta alle Camere una relazione in merito alla costruzione dei nuovi centri di identificazione ed espulsione.
3. 1. Vietti, Volontè, Mannino, Tassone, Rao.

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
1-bis. Ai fini della localizzazione delle strutture di cui al comma 1, si provvede sentiti la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ed i sindaci dei comuni interessati. La realizzazione delle opere è effettuata nel pieno rispetto della normativa comunitaria e nazionale in materia di appalti di lavori pubblici e tutela ambientale, nonché delle competenze regionali in materia di governo del territorio, edilizia e urbanistica.
3. 2. Donadi.

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
1-bis. Al fine di garantire adeguati livelli di sicurezza e favorire l'adozione di idonee misure di assistenza, mediazione e integrazione è autorizzata la spesa di euro 2 milioni per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 a favore delle comunità in cui sorgono i centri di accoglienza per i richiedenti asilo. Il fondo è ripartito in ragione di euro 1.000 per ciascun posto assegnato dal Ministero dell'interno alle singole strutture e suddiviso in parti eguali tra le prefetture, per l'organizzazione di servizi di tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza, e i comuni, per la strutturazione di servizi di accoglienza e integrazione, nei cui territori sorgono tali strutture.

Conseguentemente al comma 2, dopo le parole: comma 1 aggiungere le seguenti: e dalla disposizione di cui al comma 1-bis.
3. 7. Bordo.

ART. 3-bis.
(Norme in materia di indennità spettanti ai giudici onorari di tribunale e ai vice procuratori onorari).

Al comma 1, lettera a), capoverso, sostituire le parole da: per le attività di udienza fino alla fine del comma con le seguenti: per ogni udienza, anche se tenuta in camera di consiglio. Non può essere corrisposta più di un'indennità al giorno, salvo quanto previsto al successivo comma 1-bis.
1-bis. Ai giudici onorari di tribunale spetta un'ulteriore indennità di 50,00 euro per ogni procedimento civile o penale definito con sentenza o con decreto penale di condanna e per ogni causa civile definita con estinzione o cancellazione dal ruolo.";
b) il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Ai vice procuratori onorari spetta un'indennità giornaliera di euro 196,00 per ogni udienza e per ogni altra attività d'ufficio diversa dall'udienza. Non può essere corrisposta più di un'indennità al giorno.»;
c) il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. L'ammontare delle indennità previste dai commi precedenti è adeguata ogni tre anni, con decreto emanato dal Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in relazione alla variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, verificatesi nel triennio precedente».

Conseguentemente, dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
1-bis. Non sono ripetibili le somme corrisposte sulla base dell'articolo 4, commi 1 e 2, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 273, nel testo anteriore alle modifiche apportate dal comma 1.
3-bis. 1. Vietti, Rao, Volontè, Mannino, Tassone.

Dopo l'articolo 3-bis, aggiungere il seguente:
Art. 3-ter. - (Misure per il miglioramento dei servizi di tutela dei diritti fondamentali delle persone trattenute nei centri di identificazione ed espulsione). - 1. Al fine di migliorare la tutela dei diritti fondamentali delle persone trattenute presso i centri di identificazione ed espulsione di cui all'articolo 14 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, con particolare attenzione ai servizi di informazione ed orientamento sulla normativa vigente e sui diritti dello straniero, ai servizi di assistenza psico-sociale con particolare attenzione alle situazioni maggiormente vulnerabili, ai minori stranieri non accompagnati e ai servizi di assistenza e protezione rivolti agli stranieri richiedenti asilo, è autorizzata la spesa di 2.000.000 di euro per l'anno 2008, di 1.000.000 di euro per l'anno 2009 e di 2.000.000 di euro per gli anni 2010 e 2011.
2. Il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno provvede all'attuazione delle finalità di cui al comma 1, anche per mezzo di forme di collaborazione con gli enti locali nel cui territorio sono ubicati i centri, con le aziende sanitarie locali territorialmente competenti, con associazioni ed enti di comprovata affidabilità ed esperienza in materia di immigrazione e di tutela dei diritti dei migranti, con particolare attenzione ai minori stranieri non accompagnati. Tali interventi, che possono comprendere anche iniziative di monitoraggio sullo stato dei servizi rivolti alle persone trattenute, sono da considerarsi migliorativi rispetto agli interventi di ordinaria gestione dei suddetti centri e da essi vanno tenuti distinti, anche per ciò che attiene l'individuazione dei soggetti, che non possono essere individuati tra coloro che svolgano le ordinarie funzioni di gestione dei centri.
3. Il Ministero dell'interno provvede all'emanazione di linee guida che disciplinino gli interventi di cui al comma 1 salvaguardando quanto più possibile il carattere di indipendenza e competenza dell'operato dei soggetti di cui al comma 2.
4. Il Ministro dell'interno riferisce al Parlamento entro il 31 dicembre 2009 ed entro il 31 dicembre 2010 sullo stato dei servizi di cui al comma 1 e sull'efficacia degli interventi migliorativi realizzati.
3-bis. 020. Calvisi, Villecco Calipari, Livia Turco, Gozi.

Dopo l'articolo 3-bis, aggiungere il seguente:
Art. 3-ter. - (Misure per l'incremento delle disponibilità ricettive per i richiedenti asilo e rifugiati nell'ambito del sistema nazionale di protezione). - 1. Per fare fronte al forte intensificarsi delle domande di protezione internazionale e garantire un aumento della disponibilità ricettiva delle strutture destinate all'accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati, nell'ambito del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati di cui all'articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, come modificato dall'articolo 32 della legge 30 luglio 2002, n. 189, è autorizzata la spesa di 1.000.000 di euro per l'anno 2008, di 3.000.000 di euro per l'anno 2009 e di 4.000.000 di euro per gli anni 2010 e 2011.
2. All'onere derivante dalle previsioni di cui al presente articolo si provvede mediante un corrispondente incremento del Fondo nazionale per le politiche ed i servizi per l'asilo di cui all'articolo 1-septiesdel decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, come modificato dall'articolo 32 della legge 30 luglio 2002, n. 189.
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
3-bis. 021. Calvisi, Villecco Calipari, Livia Turco, Gozi, Sarubbi.

A.C. 1857 - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
più volte le rappresentanze degli operatori di polizia hanno palesato le gravi difficoltà in cui operano in Basilicata e in particolar modo in provincia di Matera;
siamo in presenza di un territorio in cui vi sono elementi di criticità sociali;
in particolare il commissariato della Polizia di Stato presente a Pisticci opera su un'area della provincia assai vasta che va dalla costa jonica alla collina materana;
il suddetto commissariato ha competenza sulla più vasta area industriale della Basilicata e controlla grandi arterie viarie di valenza interregionale come la SS 106 Jonica e la SS 407 Basentana;
occorrerebbe un potenziamento dell'organico o quanto meno un adeguamento alle previsioni di legge;
andrebbe rinnovato e potenziato il parco automezzi considerato il chilometraggio di alcune vetture in dotazione che non sono più sicure,

impegna il Governo

a dare seguito a quanto in premessa adeguando l'organico e rinnovando il parco automezzi del commissariato di Polizia di Pisticci (Matera).
9/1857/1. Gaglione.

La Camera,

impegna il Governo

a prendere in considerazione le esigenze di organico e di mezzi del commissariato di Polizia di Stato di Pisticci (Matera).
9/1857/1.(Testo modificato nel corso della seduta). Gaglione.

La Camera,
premesso che:
negli anni dal 1992 al 2006, sono stati avviati ai corsi di formazione, in aggiunta ai posti previsti nei bandi di concorso in atto, anche gli idonei non vincitori delle graduatorie degli anni precedenti relative ai concorsi pubblici ed interni per il ruolo di commissario;
lo scorrimento delle graduatorie per l'assunzione degli idonei in questione deve essere consentito da una specifica disposizione normativa, poiché l'eventuale nomina dei sei aspiranti provenienti dai concorsi interni derogherebbe al limite dettato dall'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo n. 334 del 2000, secondo cui soltanto il 20 per cento dei posti disponibili può essere destinato ai concorsi interni;
l'Amministrazione della pubblica sicurezza sta espletando nel corrente anno due nuovi concorsi per il ruolo dei commissari della Polizia di Stato, rispettivamente a 40 posti con procedura pubblica e a 10 posti con procedura riservata, evidenziando ancora una volta la necessità di ulteriori coperture di posti in organico nel ruolo dei commissari;
l'Amministrazione della pubblica sicurezza negli anni dal 1992 al 2006, hasempre provveduto, per i concorsi analoghi, in base a disposizioni di legge o decreto ministeriale, ad avviare anche gli idonei non vincitori di precedenti graduatorie ancora valide ad integrazione di posti resisi disponibili per allargamento o per defezioni improvvise;
negli anni 2007 e 2008 non si è proceduto con analoghi provvedimenti nei confronti dei candidati risultati idonei al concorso per commissario di polizia, pur a fronte di una carenza di organico ancora da colmare;
la graduatoria relativa al concorso interno dell'anno 2005, con soli 3 idonei, scade nel gennaio 2009;
la questione è stata più volte sottoposta all'attenzione del Governo, in vari atti parlamentari:
a) ordine del giorno 9/1704/1 accolto dal Governo nella seduta della Camera n. 50 del 10 ottobre 2006 (XV legislatura);
b) interrogazione n. 4-02499 a firma Santelli ed altri presentata nella seduta del 7 febbraio 2007 (XV legislatura);
c) ordine del giorno Cirielli n. 9/1366/62 accolto dal Governo nella seduta della Camera n. 36 del 16 luglio 2008;
d) ordine del giorno G200 proposto dalle Commissioni riunite e accolto dal Governo al Senato nella seduta n. 81 del 28 ottobre 2008, nel corso della discussione ed approvazione del disegno di legge di conversione del decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151, attualmente in esame alla Camera,

impegna il Governo

a provvedere affinché l'amministrazione della pubblica sicurezza sia autorizzata ad assumere i candidati risultati idonei nelle procedure concorsuali indette per l'accesso al ruolo dei commissari della Polizia di Stato, con i decreti ministeriali degli anni 2005, 2006 e 2007.
9/1857/2. D'Ippolito Vitale, Cassinelli, Costa, Tassone.

La Camera,

premesso che:
l'articolo 3-bis del decreto-legge in esame, introdotto nel corso dell'esame al Senato, reca norme in materia di indennità in favore di giudici onorari di tribunale (GOT) e vice procuratori onorari (VPO);
la norma prevede un compenso unitario in funzione della durata dell'impegno lavorativo (98 euro) e stabilisce che l'indennità aggiuntiva non scatti più automaticamente in caso di seconda udienza giornaliera, ma solo quando l'impegno lavorativo superi comunque le 5 ore giornaliere;
tale norma mira alla razionalizzazione dell'attuale disciplina contenuta nel decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 273, che, nel tempo e soprattutto a seguito delle nuove competenze attribuibili per delega ai VPO, ha portato ad una disomogeneità della prassi e dei criteri di quantificazione delle indennità dovute a detti magistrati onorari;
va preso atto dell'importanza e del ruolo della magistratura onoraria, che interviene in modo rilevante all'amministrazione della giustizia nel nostro Paese attraverso provvide iniziative e buoni risultati raggiunti in taluni aspetti del processo, così da contribuire ad affrancare i cittadini dalle lungaggini dei processi tanto civili che penali;
si deve ricordare tuttavia come la vetustà e la sopravvenuta improprietà delle norme relative alla magistratura onoraria si rendono sempre più evidenti e confermano come la riforma della categoria rappresenti una questione di primaria importanza;
un intervento normativo del genere non può che essere inserito in un disegno di legge organico e compiuto sulla categoria dove, oltre a prevedere competenze esclusive in piena aderenza al mutato assetto del processo, sia dettata una nuova disciplina che garantisca la corresponsionedi adeguate indennità ai giudici onorari di tribunale e ai vice procuratori onorari,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte a:
provvedere con urgenza ad una riforma organica della categoria e riconoscere ai magistrati onorari una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del loro lavoro, come garantisce la Costituzione a tutti i lavoratori, quindi anche a tale categoria di magistrati, a garanzia della loro indipendenza;
prevedere la non ripetibilità delle somme corrisposte sulla base dell'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 273, nel testo anteriore alle modifiche apportate dal comma 1 dell'articolo 3-bis del decreto in esame;
prevedere che l'ammontare delle indennità previste sia effettivamente adeguato ogni tre anni, con decreto emanato dal Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in relazione alla variazione, accertata dall'ISTAT dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, verificatesi nel triennio precedente;

a verificare che sia data attuazione alle deleghe di cui al comma 2, lettera b), dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 273, come modificato dal decreto in esame.
9/1857/3. Nicola Molteni, Lussana, Brigandì, Follegot, Paolini.

La Camera,

premesso che:
l'articolo 3-bis del decreto-legge in esame, introdotto nel corso dell'esame al Senato, reca norme in materia di indennità in favore di giudici onorari di tribunale (GOT) e vice procuratori onorari (VPO);
la norma prevede un compenso unitario in funzione della durata dell'impegno lavorativo (98 euro) e stabilisce che l'indennità aggiuntiva non scatti più automaticamente in caso di seconda udienza giornaliera, ma solo quando l'impegno lavorativo superi comunque le 5 ore giornaliere;
tale norma mira alla razionalizzazione dell'attuale disciplina contenuta nel decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 273, che, nel tempo e soprattutto a seguito delle nuove competenze attribuibili per delega ai VPO, ha portato ad una disomogeneità della prassi e dei criteri di quantificazione delle indennità dovute a detti magistrati onorari;
va preso atto dell'importanza e del ruolo della magistratura onoraria, che interviene in modo rilevante all'amministrazione della giustizia nel nostro Paese attraverso provvide iniziative e buoni risultati raggiunti in taluni aspetti del processo, così da contribuire ad affrancare i cittadini dalle lungaggini dei processi tanto civili che penali;
si deve ricordare tuttavia come la vetustà e la sopravvenuta improprietà delle norme relative alla magistratura onoraria si rendono sempre più evidenti e confermano come la riforma della categoria rappresenti una questione di primaria importanza;
un intervento normativo del genere non può che essere inserito in un disegno di legge organico e compiuto sulla categoria dove, oltre a prevedere competenze esclusive in piena aderenza al mutato assetto del processo, sia dettata una nuova disciplina che garantisca la corresponsione di adeguate indennità ai giudici onorari di tribunale e ai vice procuratori onorari,

impegna il Governo

ad adottare, nell'ambito della riforma della magistratura onoraria e comunqueentro il 31 dicembre 2009, le opportune iniziative legislative volte a:
riconoscere ai magistrati onorari una indennità proporzionata alla quantità e alla qualità del loro lavoro;
prevedere la non ripetibilità delle somme corrisposte sulla base dell'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 273, nel testo anteriore alle modifiche apportate dal comma 1 dell'articolo 3-bis del decreto in esame;
prevedere che l'ammontare delle indennità previste sia effettivamente adeguato ogni tre anni, con decreto emanato dal Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in relazione alla variazione, accertata dall'ISTAT dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, verificatesi nel triennio precedente;
verificare che sia data attuazione alle deleghe di cui al comma 2, lettera b), dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 273, come modificato dal decreto in esame.
9/1857/3. (Testo modificato nel corso della seduta). Nicola Molteni, Lussana, Brigandì, Follegot, Paolini.

La Camera,
premesso che:
è apprezzabile l'intensificazione degli sforzi profusi dal Governo nel contrasto alla criminalità organizzata ed all'immigrazione clandestina;
l'eccezionalità della situazione ha indotto il Consiglio dei Ministri a disporre anche l'utilizzo temporaneo delle Forze Armate per potenziare gli strumenti di lotta alla criminalità;
appare opportuno un maggiore coinvolgimento delle polizie municipali e locali nell'attività di lotta al fenomeno criminale in tutte le sue manifestazioni,

impegna il Governo

a porre allo studio l'eventualità di sottrarre le spese per la sicurezza sostenute dai comuni dal vincolo del cosiddetto «patto di stabilità», anche tenendo conto delle percentuali di popolazione straniera residente e del tasso di criminosità riscontrato negli ultimi tre anni nel territorio di competenza.
9/1857/4. Montagnoli, Lanzarin, Bitonci, Negro.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame autorizza la spesa di euro 3.000.000 per l'anno 2008 e di euro 37.500.000 per ciascuno degli anni 2009 e 2010 al fine di costruire 10 nuovi centri di identificazione ed espulsione, allo scopo parzialmente utilizzando gli accantonamenti relativi ai Ministeri della salute, della giustizia, e dell'interno;
la gestione di un CPT presenta indubbi rilievi sul piano economico considerando che, secondo la stessa relazione tecnica, i costi relativi alla permanenza degli stranieri presso i centri di identificazione ed espulsione sono stimati in un costo giornaliero medio di gestione di 55 euro per ospite, rappresentando in tal senso un costo enorme per lo Stato e un potenziale affare economico per chi sarà destinato a gestirlo, come rilevato anche da notizie a mezzo stampa relative ad indagini avviate di recente dai carabinieri del Nucleo operativo ecologico sulle procedure per l'affidamento degli appalti, la concessione di licenze e l'idoneità degli edifici adibiti a CPT;
oltre alle problematiche sul piano economico, la gestione di un CPT presenta complessi rilievi anche sul piano sociale: nella scorsa legislatura venne istituita presso il Ministero dell'interno una commissione di ispezione per verificare le condizioni all'interno dei centri di permanenza temporanea, autorevolmente presieduta dall'ambasciatore Staffan de Mistura, che giunse alle conclusioni, dopo sei mesi di lavoro, che l'attuale sistema di gestione dell'immigrazione tramite i CPT non rispondealle complesse problematiche del fenomeno, non consente una gestione efficace dell'immigrazione irregolare, comporta disagi alle forze dell'ordine e alle persone trattenute e, infine, comporta costi elevatissimi con risultati non commisurati;
la stessa commissione riteneva necessario il superamento di un approccio prevalentemente punitivo e repressivo, individuando un sistema capace di conciliare il legittimo interesse dello Stato di controllare le proprie frontiere, di far rispettare la legge e difendere la sicurezza e l'ordine pubblico con la necessità di garantire il pieno rispetto dei diritti fondamentali di chi proviene da realtà economicamente e socialmente arretrate, e dunque proponeva un superamento dei CPTA attraverso un processo di svuotamento graduale dei centri di tutte le categorie di persone per le quali non c'è alcuna necessità né utilità di trattenimento, come nel caso di chi, entrato legalmente, è semplicemente in attesa di rinnovo del permesso di soggiorno;
proprio la condizione di promiscuità all'interno dei CPT di persone provenienti da situazioni completamente diverse, sia sotto il profilo giuridico che sotto quello dell'ordine pubblico, che comporta la convivenza nel medesimo luogo di ex detenuti trasferiti nei CPT a fine pena per essere identificati e poi espulsi, accanto a badanti in condizione di irregolarità, a persone entrate regolarmente e in attesa di rinnovo del permesso di soggiorno, o a persone bisognose di protezione sociale quali, per esempio, le vittime di tratta e di grave forma di sfruttamento del lavoro, i minori, i richiedenti asilo, è stata indicata dalla commissione come una delle cause di inefficacia di questo sistema, perché tale da accrescere i fattori di devianza e di pericolosità per lo stesso ordine pubblico;
sarebbe stato forse opportuno attendere anche gli esiti dell'indagine che la Commissione libertà, giustizia e affari interni del Parlamento europeo sta svolgendo dal 2005 attraverso visite ai centri di identificazione ed espulsione, in vista della presentazione di una risoluzione sull'opportunità di modificare la direttiva 2003/9/CE; il Parlamento europeo, infatti, dovrebbe pronunciarsi in sessione plenaria entro dicembre 2008 sull'esito di queste visite finora avvenute nei centri che si trovano in Italia, Grecia, Belgio, Regno Unito, Olanda, Polonia e Danimarca;
l'apertura di dieci nuovi CPT non solo sembra essere una misura fortemente inefficace dal punto di vista della gestione del fenomeno migratorio, e ai fini di una maggior garanzia dell'ordine pubblico, ma comporta altresì un innalzamento vertiginoso dei costi per lo Stato,

impegna il Governo

ad adottare quanto prima ogni utile provvedimento atto a garantire l'adeguatezza dei nuovi centri di identificazione ed espulsione, e di quelli già esistenti, dal punto di vista sanitario, del rispetto dei diritti dell'uomo e della sicurezza, nonché ad assicurare la trasparenza e l'efficienza nella gestione dei fondi pubblici.
9/1857/5. Gozi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 del decreto-legge in esame mira ad evitare effetti pregiudizievoli all'attività di prevenzione e di repressione dei reati, derivanti dalla nuova disciplina relativa alla conservazione dei dati del traffico telefonico e telematico;
a tal fine, il citato articolo 1 interviene sul decreto legislativo n. 109 del 2008, in materia di conservazione, da parte degli operatori di telefonia e di comunicazione elettronica, dei dati relativi al traffico telefonico e telematico, posticipando al 31 marzo 2009 l'entrata in vigore delle disposizioni relative alla conservazione dei dati sulle chiamate senza risposta e dei dati del traffico telematico al finedi renderli disponibili in caso di indagine, accertamento e perseguimento di reati gravi;
questo intervento è necessario, da un lato, per consentire agli operatori i necessari adeguamenti tecnici richiesti dalla nuova normativa e, dall'altro, per rivedere tale disciplina al fine di contemperare l'esigenza della tutela della riservatezza con quella dell'efficacia delle indagini di polizia;
la questione dell'obbligo di riservatezza dei dati rileva sempre più in termini di tutela dei diritti e delle libertà altrui, in particolare per il contrasto alla diffusione, tramite internet, di materiale protetto da diritto d'autore, il cui traffico illecito genera danni per centinaia di milioni di euro per autori e produttori;
l'ordinamento comunitario prevede già, all'articolo 15, paragrafo 2, della direttiva 2000/31/CE sul commercio elettronico, che i prestatori di servizi debbano comunicare alle autorità competenti, a loro richiesta, informazioni che consentano l'identificazione dei destinatari dei loro servizi con cui hanno accordi di memorizzazione dei dati;
sulla problematica si è pronunciata la Corte di Giustizia europea, con sentenza del 29 gennaio 2008, precisando che gli Stati membri devono «garantire un giusto equilibrio tra i diversi diritti fondamentali tutelati» e «garantire, nell'ambito della società dell'informazione, l'effettiva tutela della proprietà intellettuale e del diritto d'autore»,

impegna il Governo:

ad assicurare un adeguato bilanciamento tra la tutela della privacy e la tutela giudiziaria, anche in sede civile, dei diritti di proprietà intellettuale in ambito digitale;
a dare seguito agli impegni presi in sede europea a favore di politiche pubbliche di collaborazione tra i prestatori di servizi e i titolari di diritti, in nome della lotta alla pirateria informatica.
9/1857/6. Stracquadanio.

La Camera,
premesso che:
il decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 109, in vigore dal 3 luglio 2008, introduce una nuova disciplina della conservazione dei dati di traffico telefonico e telematico per finalità di accertamento e repressione dei reati, prevedendo, fra l'altro, l'individuazione dei dati da conservare in attuazione della direttiva 2006/24/CE tra i quali è compreso l'indirizzo di protocollo internet (IP) univocamente assegnato all'utente;
per assicurare la disponibilità e l'effettiva univocità degli indirizzi IP i fornitori di servizi di comunicazione elettronica avevano novanta giorni di tempo dalla data di entrata in vigore del predetto decreto e, nel contempo, erano tenuti a cancellare tutti i dati di traffico telematico diversi da quelli indicati nello stesso decreto, già conservati in base alla normativa vigente;
in relazione a esigenze contingenti rappresentate dalla categoria dei fornitori, il Governo e il Parlamento, con il decreto in esame, hanno temporaneamente ripristinato, fino al 31 marzo 2009, la speciale disciplina sulla conservazione dei dati di traffico telematico di cui all'articolo 6, comma 1, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, differendo alla medesima data anche il termine entro il quale i fornitori di servizi devono adempiere all'obbligo di assegnazione di un indirizzo IP univoco;
da una verifica successivamente effettuata in collaborazione con i fornitori risulta che la quasi totalità dei fornitori di servizi è oggi in grado di adempiere all'obbligo descritto e che tuttavia uno, tra i principali fornitori, ha addotto asserite difficoltà ad assegnare rapidamente a tutti i propri utenti un indirizzo IP univoco nei tempi previsti dal decreto legislativo, sebbenetale assegnazione risulti nel frattempo commercializzata on-line al pubblico;
sussiste l'esigenza di salvaguardare l'efficacia delle attività di indagine, di non disperdere dati di traffico telematico utili per il loro prosieguo e di non pregiudicare la posizione dei fornitori che hanno già adempiuto o sono in grado di adempiere presto all'obbligo in questione,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa diretta a favorire la univocità degli indirizzi IP, sollecitando i fornitori di servizi di comunicazione elettronica ad adoperarsi al più presto per garantire detta prestazione nell'interesse della giustizia, rimuovendo, se del caso, le difficoltà tecniche e organizzative secondo la diligenza professionale richiesta e sotto pena, in difetto, dell'applicazione delle sanzioni previste o, ancora, della verifica dei requisiti relativi al rilascio e al permanere degli atti autorizzativi intervenuti.
9/1857/7. Scelli, Santelli.

La Camera,
premesso che:
il 25 luglio 2008 il Governo ha dichiarato lo stato di emergenza nazionale sull'immigrazione;
il Governo, sempre nel luglio scorso, ha emanato un'ordinanza che serve ad evitare il ricorso alle gare pubbliche per affidare le concessioni dei cosiddetti «mini CPT». È stato riconosciuto ai funzionari del Ministero dell'interno il potere di procedere a trattativa diretta per abbreviare i tempi di concessione, sono state però fissate regole precise per eseguire l'accertamento dei requisiti necessari;
i «mini CPT» sono strutture messe a disposizione da comuni, da associazioni religiose e da organizzazioni umanitarie per accogliere gli stranieri senza permesso approdati nel nostro Paese; strutture sostanzialmente di sostegno ai vecchi CPT la cui denominazione è stata trasformata recentemente in CIE centri di identificazione ed espulsione;
nei giorni scorsi è stata aperta un'inchiesta per verificare se l'iter di affidamento dei servizi alle aziende che gestiscono tali strutture sia sempre corretto e regolare e rispetti la normativa, inoltre si deve appurare se i criteri di selezione dei soggetti destinati a gestire tali centri siano stati effettivamente rispettati;
a quanto si apprende, in alcuni casi alcuni soggetti avrebbero avuto l'incarico di gestire uno di questi centri prima di aver presentato le certificazioni necessarie; grazie ad alcune intercettazioni si è appurato, a quanto pare, che i controlli necessari sarebbero stati del tutto aggirati, avrebbero pesato come elementi determinanti sia rapporti con i funzionari del Ministero sia quelli con alcuni politici;
il sistema del doppio binario pensato dal Governo, da una parte i CIE dall'altra i «piccoli CPT» gestiti dai privati, appare essere già entrato in crisi;
nella vicenda si evidenziano diverse «costanti» di questo Governo: la prima è l'inclinazione confermata al ricorso allo stato di emergenza, quando, invece, i fenomeni migratori rappresentano una tipicizzazione degli ultimi venti anni, una realtà destinata a durare nel tempo che i governi europei dovranno gestire costantemente; inoltre appare evidente come il Governo intenda interpretare i fenomeni migratori assimilandoli, non solo ad uno stato emergenziale, ma anche delinquenziale, tanto è che per i vecchi CPT è stata scelta una denominazione emblematica: centri di identificazione ed espulsione. Tale impostazione appare estremamente restrittiva. Inoltre dalla vicenda si evidenza come per il Governo l'idea del ricorso costante ai privati rappresenti uno strumento sempre opportuno e necessario e a quanto pare anche salvifico. Infine, si può confermare l'attitudine governativa ad abbassare il livello delle regole e dei controlli, ad una costante semplificazionetroppo semplicistica delle procedure per assegnare compiti e gestione dei servizi;
quando fu annunciata la scelta di allargare in tutta Italia la gestione straordinaria che fino ad allora riguardava solo alcune regioni meridionali si disse che tale decisione era motivata dalla considerazione che «il persistente afflusso di stranieri extracomunitari irregolari continua ad essere particolarmente rilevante, assumendo su tutto il territorio nazionale dimensioni sempre più preoccupanti»;
tale scelta appariva immotivata ed avrebbe potuto provocare effetti indesiderati, come appunto l'aggiramento delle regole e delle procedure necessarie per gestire un centro di accoglienza per gli immigrati; puntualmente tali effetti si sono verificati;
la gestione dei servizi per gli immigrati può rivelarsi un'attività particolarmente redditizia: per ogni straniero, infatti, lo Stato paga dai 35 ai 50 euro al giorno;
negli emendamenti presentati dal Gruppo Italia dei valori in Commissione ed in Aula si proponeva la creazione di centri di identificazione ideati però come strumento per selezionare la buona dalla cattiva immigrazione, gli stranieri che collaborano alla propria identificazione da quelli che invece non lo fanno, ipotizzando comportamenti differenti tra le categorie,

impegna il Governo

a ritirare la dichiarazione dello stato di emergenza nazionale sull'immigrazione e ad annullare l'ordinanza emessa nel mese di luglio 2008, con la quale si è data la possibilità di evitare le gare pubbliche per affidamento dei centri e dei servizi per gli immigrati, ed infine ad intervenire con gli strumenti legislativi necessari per disegnare un insieme di regole miranti a governare i fenomeni migratori distinguendo la buona immigrazione dalla cattiva immigrazione.
9/1857/8. Evangelisti.

La Camera,
premesso che:
la denominazione «centri di identificazione ed espulsione» (CIE), cui il testo in esame fa riferimento, è stata introdotta dall'articolo 9 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, che ha così sostituito la precedente denominazione «centri di permanenza temporanea ed assistenza» (CPTA) stabilita dal decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, che ha istituito tali centri;
i CIE, ex CPTA, hanno la funzione di consentire accertamenti sull'identità di persone trattenute in vista di una possibile espulsione, ovvero di trattenere persone in attesa di un'espulsione certa;
i CIE sono uno strumento diffuso in tutta Europa in seguito all'adozione di una politica migratoria comune con gli accordi di Schengen del 1995, che miravano da una parte ad una chiusura nei confronti dei crescenti flussi migratori, dall'altra ad esprimere una politica di tolleranza zero per i migranti irregolari;
in Italia, dopo un iter legislativo che ha visto la progressiva clandestinizzazione del migrante, parallelamente alla sua percezione in quanto soggetto pericoloso per la società, si è giunti nel 1998 alla prima legge organica sull'immigrazione (la legge n. 40 del 1998, cosiddetta Turco-Napolitano) che ha istituito i CPTA;
la successiva legge n. 189 del 2002 (cosiddetta Bossi-Fini) ha associato in modo ancora più marcato l'immigrazione clandestina alla criminalità, tralasciando ogni politica dell'integrazione. In poche parole il migrante diventa necessariamente clandestino e quindi perseguibile per legge; la «Bossi-Fini» ha infatti introdotto un sistema troppo rigido e complesso, basato, tra l'altro, sul contratto di soggiorno e sulla «chiamata a distanza», una misura che non ha mai funzionato, tanto che è sempre stata controbilanciata dalle varie sanatorie; un sistema che ha reso solo più facile il passaggio dalla posizione di «regolare»a quella di «irregolare», rendendo invece praticamente impossibile il processo inverso;
il rischio di un atteggiamento di «chiusura» di fronte alle politiche migratorie, senza cercare di favorire quella che è invece la «buona immigrazione» è quello di provocare, in primo luogo, la crescita nella popolazione residente di un diffuso sentimento di insicurezza, ostacolo principale a un processo di coerente integrazione; in secondo luogo, quello di offrire effettivamente il fianco a comportamenti illegali; in terzo luogo, quello di favorire, da un lato, un vero e proprio traffico di esseri umani, e, dall'altro, di lasciare il campo alla crescita del lavoro nero, di cui troppo spesso gli stranieri clandestini diventano vittime;
d'altra parte, però, il fenomeno dell'immigrazione clandestina è comunque un problema evidente, che non va assolutamente sottovalutato e su cui bisogna intervenire innanzitutto con misure idonee ad affrontare la questione «identificazione», regole che avrebbero anche un carattere fortemente dissuasivo fungendo come un forte deterrente nei confronti del ricorso strumentale all'immigrazione clandestina; è fondamentale, infatti, che i cittadini stranieri presenti sul nostro territorio siano facilmente identificabili, proprio nell'ottica di garantire i giusti livelli di sicurezza sociale che abbiamo il dovere di difendere nell'interesse della collettività;
il problema dell'identificazione è più che mai evidente proprio all'interno dei CIE, dove, attualmente, immigrati clandestini, magari anche con precedenti penali, convivono con immigrati identificati, lavoratori onesti passati però, molto spesso per semplici problemi «burocratici», ad essere irregolari;
le diverse tipologie di immigrati che passano per i centri di identificazione ed espulsione rendono le condizioni di questi ultimi ancora più difficili e complesse;
proprio in riferimento alle condizioni dei suddetti centri, le istituzioni europee hanno assunto diverse iniziative; la commissione Libertà civili, giustizia e affari interni (LIBE) del Parlamento europeo sta svolgendo dal 2005 visite ai centri per gli immigrati dei diversi Stati membri; il Parlamento europeo ha inoltre commissionato uno studio esterno, presentato nel dicembre 2007, al fine di approfondire, in particolare, la situazione dei servizi e degli strumenti in favore delle persone vulnerabili;
per quanto riguarda l'Italia, l'inchiesta si è svolta in due missioni, che hanno riguardato i centri di permanenza temporanea e di assistenza (CPTA) di Milano, Torino, Bologna e Roma, Ancona, Bari, Foggia, Crotone e Trapani, il CID di Crotone e il Centro di prima accoglienza e di soccorso di Lampedusa. Lo studio ha rivelato in particolare: cattive condizioni di vita e di igiene e problemi di sovrappopolamento (in alcuni casi sono utilizzate grosse gabbie o container); stretto regime di detenzione di tipo carcerario nei CPT, misure di sicurezza sproporzionate e interventi eccessivi della polizia nella vita dei centri, talvolta applicate anche ai centri di prima accoglienza; mancanza di accesso delle persone trattenute alle informazioni sui loro diritti, al sostegno legale, a servizi di interpretariato, mancanza di apertura dei centri sull'esterno a causa della presenza limitata di organizzazioni non governative, inadeguatezza del sostegno medico, psicologico e sociale,

impegna il Governo:

a monitorare la situazione dei centri di identificazione ed espulsione e a prendere le opportune iniziative affinché migliorino le condizioni igieniche e materiali degli stessi, anche in riferimento al regime troppo rigido e di tipo «carcerario» vigente in alcuni centri, spesso sproporzionato e inadatto, e che conduce ad una criminalizzazione dei migranti;
a migliorare l'individuazione e il sostegno alle persone vulnerabili e/o sofferenti per problemi psicologici, e a creare, altresì, dispositivi di assistenza per personeparticolarmente indebolite, portatori di handicap, minori e donne in gravidanza;
a permettere l'accesso permanente delle organizzazioni non governative per rendere possibile un'assistenza giuridica e sociale.
9/1857/9. Porfidia.

La Camera,
premesso che:
con il decreto-legge in esame si interviene ancora una volta in modo disorganico sulla magistratura onoraria;
l'incapacità dell'organizzazione giudiziaria di offrire un'efficace risposta alla domanda di giustizia sul piano pratico non può essere fronteggiata con aumenti dell'organico della magistratura professionale;
la riorganizzazione del sistema della giustizia ordinaria, nel settore civile, deve dunque necessariamente passare attraverso l'attribuzione di più ampi compiti alla magistratura onoraria;
la scelta, sul piano costituzionale, rinviene una solida base nell'articolo 106, secondo comma, della Costituzione il quale stabilendo che «la legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli», esprime una chiara e precisa opzione della Costituzione in favore del ricorso alla figura del giudice onorario, che va rettamente intesa ed adeguatamente realizzata,

impegna il Governo

a formulare una proposta organica di riforma della magistratura onoraria in modo da consentire al Parlamento, con un corretto ed approfondito esame, di approvarla entro la data del 31 dicembre 2009.
9/1857/10. Ferranti, Vietti.

La Camera,
premesso che:
secondo il rapporto «SOS Impresa» della Confesercenti, sul fatturato della criminalità organizzata, in crescita del 40 per cento all'anno, incide in maniera sensibile il settore dell'usura, che risulta essere quello in cui si registra la più alta percentuale di crescita;
il giro di affari degli usurai legati alla criminalità organizzata drena alle aziende 12,6 miliardi di euro annui, sugli oltre 30 miliardi del giro complessivo che sarebbe da ricondurre al fenomeno dell'usura;
le regioni più esposte sono quelle meridionali ed in particolare: Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, e cioè regioni in cui l'economia reale e familiare è particolarmente colpita dalla crisi economica, con pesanti ripercussioni sui consumi e sui fatturati delle aziende;
l'usura colpisce, altresì, soggetti e famiglie collocabili nelle fasce della nuova e vecchia povertà;
di fronte a questi dati, l'articolo 2-bis del provvedimento in esame dispone un incremento di 30 milioni di euro delle risorse del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, utilizzando proprio le dotazioni finanziarie del Fondo di solidarietà delle vittime delle richieste estorsive e dell'usura;
è inaccettabile che le giuste misure di implementazione del Fondo a sostegno delle vittime della mafia vengano prese a danno delle vittime dell'usura,

impegna il Governo

a potenziare il Fondo di prevenzione del fenomeno dell'usura e a valutare l'opportunità di assegnare il Fondo al Ministero dell'interno (anziché a quello dell'economia e delle finanze) per un miglior raccordo con il Fondo di solidarietà delle vittime delle richieste estorsive e dell'usura,che fa capo appunto al Ministero dell'interno, istituzionalmente preposto al contrasto delle attività criminose.
9/1857/11. Lo Moro, Amici.

La Camera,
premesso che:
il tema della responsabilità sociale del sistema imprenditoriale rispetto al radicarsi delle organizzazioni criminali mafiose e paramafiose è tornato ad essere di grande attualità grazie, tra l'altro, al coraggio degli imprenditori siciliani e calabresi;
proprio nelle regioni in cui più forte è l'economia mafiosa e più grave la minaccia delle ritorsioni violente, i presidenti delle organizzazioni più rappresentative hanno deciso di rompere ogni legame con chi paga il «pizzo» e non denuncia gli estorsori;
l'iniziativa sta dando ottimi risultati, com'è dimostrato dall'incremento delle denunce all'autorità giudiziaria, dall'elaborazione di codici interni alle aziende che dettano norme e prescrizioni per garantire la legalità e la trasparenza, dalla diffusione di marchi e bollini che trasformano l'impegno antimafia in un positivo elemento di marketing;
è compito dello Stato incentivare queste iniziative a favore degli imprenditori che si ribellano alla criminalità organizzata ma è altrettanto necessario l'intervento dello Stato per sanzionare comportamenti che sono eticamente e socialmente inaccettabili,

impegna il Governo

a formulare un'iniziativa legislativa per punire le imprese che, con acquiescenza e connivenza, concorrono a rafforzare le organizzazioni criminali con sanzioni che vadano dall'interdizione dall'esercizio dell'attività alla sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito; dal divieto di contrattare con la pubblica amministrazione all'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e all'eventuale revoca di quelli già concessi.
9/1857/12. Bordo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 del decreto-legge in esame contiene un'autorizzazione di spesa in gran parte finalizzata alla costruzione di nuovi centri di identificazione ed espulsione (CIE);
il comma 1 stanzia 3 milioni di euro per l'anno 2008, 37,5 milioni di euro per il 2009, 40,47 milioni di euro per il 2010 e 20,075 milioni di euro per il 2011 e gli anni successivi, per l'ampliamento ed il miglioramento della disponibilità ricettiva dei centri di identificazione ed espulsione;
la gran parte delle somme stanziate nei primi anni (3 milioni per il 2008 e 37,5 per ciascuno degli anni 2009 e 2010) è destinata alla costruzione di nuovi centri,

impegna il Governo

a fornire chiarimenti in merito all'effettiva realizzazione dei nuovi centri citati in premessa (di cui è cambiato solo il nome e non la funzione), alle procedure attraverso le quali intende realizzarli, al rispetto delle linee guida che il Ministero dell'interno ha emanato per definire i relativi standard qualitativi.
9/1857/13. Compagnon, Vietti, Volontè, Mannino, Tassone, Rao, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 del decreto-legge in esame contiene un'autorizzazione di spesa in gran parte finalizzata alla costruzione di nuovi centri di identificazione ed espulsione (CIE);
il comma 1 stanzia 3 milioni di euro per l'anno 2008, 37,5 milioni di euro per il 2009, 40,47 milioni di euro per il 2010 e 20,075 milioni di euro per il 2011 e gli anni successivi, per l'ampliamento ed il miglioramento della disponibilità ricettiva dei centri di identificazione ed espulsione;
la gran parte delle somme stanziate nei primi anni (3 milioni per il 2008 e 37,5 per ciascuno degli anni 2009 e 2010) è destinata alla costruzione di nuovi centri,

impegna il Governo

a fornire chiarimenti in merito all'effettiva realizzazione dei nuovi centri citati in premessa, alle procedure attraverso le quali intende realizzarli, al rispetto delle linee guida che il Ministero dell'interno ha emanato per definire i relativi standard qualitativi.
9/1857/13. (Testo modificato nel corso della seduta)Compagnon, Vietti, Volontè, Mannino, Tassone, Rao, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
le forze di polizia italiane sono le più numerose d' Europa;
ognuna svolge autonomamente ed in maniera encomiabile un compito fondamentale nella lotta alla criminalità organizzata, senza però un adeguato coordinamento,

impegna il Governo

a valutare, al fine di un'ottimale impiego delle risorse, le opportune misure volte ad un razionale ed armonico coordinamento tra le forze di polizia, attraverso una riorganizzazione degli assetti attualmente esistenti ed una puntuale definizione dei compiti della Direzione investigativa antimafia.
9/1857/14. Tassone, Vietti, Rao, Mannino, Volontè, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
con la riforma della procedura per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al decreto legislativo 3 ottobre 2008, n. 159, il trattenimento nei centri di identificazione ed espulsione viene disposto non solo nei confronti del destinatario di un provvedimento di espulsione, ma anche di un provvedimento di respingimento;
il cittadino straniero che presenta la richiesta di riconoscimento della protezione internazionale successivamente ad un provvedimento di espulsione o di respingimento, non solo viene comunque trattenuto nei centri, ma non gode nemmeno del beneficio dell'effetto sospensivo di un ricorso al tribunale in caso di diniego da parte della commissione territoriale;
queste restrizioni al diritto di richiedere ed ottenere asilo, sancito dalla Costituzione e dalle Convenzioni internazionali, rischia di privare il cittadino straniero di un diritto elementare;
per effetto della normativa richiamata è prevedibile un aumento dei richiedenti asilo trattenuti nei CIE (ex CPT),

impegna il Governo

ad adottare le opportune misure volte all'istituzione nei centri di identificazione ed espulsione di servizi indipendenti di orientamento ed assistenza legale che attualmente o non vengono forniti affatto, oppure sono erogati dallo stesso ente gestore della struttura.
9/1857/15. Pezzotta, Vietti, Volontè, Mannino, Tassone, Rao.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3-bis del decreto legge in esame, introdotto nel corso dell'esame al Senato, reca norme in materia di indennitàin favore dei giudici onorari di tribunale (GOT) e dei vice procuratori onorari (VPO), stabilendo un compenso unitario in funzione della durata dell'impegno lavorativo (98 euro) e un'indennità aggiuntiva che non scatta più automaticamente in caso di seconda udienza giornaliera, ma solo quando l'impegno lavorativo superi comunque le 5 ore;
la suddetta previsione rischia di premiare una minore efficienza del magistrato onorario nel tenere l'udienza, con conseguenti disagi per gli utenti, e penalizza i giudici onorari civili impegnati nelle udienze di precisazione delle conclusioni che, seppure di durata inferiore alle cinque ore, richiedono come attività conseguente l'esame degli atti di tre-quattro cause già istruite, del valore di decine di migliaia di euro, nonché la motivazione delle relative sentenze;
per i vice procuratori onorari l'ancoraggio all'orario dello scatto della seconda indennità giornaliera è inutile, in quanto, trattandosi di somma corrisposta sia per l'attività d'udienza che per quella d'ufficio, la durata dell'impegno supera sistematicamente le cinque ore, essendo delegabili nello stesso giorno entrambe le attività;
in un momento in cui l'amministrazione della giustizia soffre l'insufficienza degli organici della magistratura di ruolo e l'emergenza sicurezza richiede sempre più efficienza per rendere tempestiva ed effettiva la punizione dei reati da parte dello Stato, l'apporto della magistratura onoraria diventa irrinunciabile,

impegna il Governo

ad inserire, nell'ambito dell'annunciata riforma organica della magistratura onoraria, opportune disposizioni che riconoscano ai magistrati onorari di tribunale una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto.
9/1857/16. Rao, Vietti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3-bis del decreto legge in esame, introdotto nel corso dell'esame al Senato, reca norme in materia di indennità in favore dei giudici onorari di tribunale (GOT) e dei vice procuratori onorari (VPO), stabilendo un compenso unitario in funzione della durata dell'impegno lavorativo (98 euro) e un'indennità aggiuntiva che non scatta più automaticamente in caso di seconda udienza giornaliera, ma solo quando l'impegno lavorativo superi comunque le 5 ore;
la suddetta previsione rischia di premiare una minore efficienza del magistrato onorario nel tenere l'udienza, con conseguenti disagi per gli utenti, e penalizza i giudici onorari civili impegnati nelle udienze di precisazione delle conclusioni che, seppure di durata inferiore alle cinque ore, richiedono come attività conseguente l'esame degli atti di tre-quattro cause già istruite, del valore di decine di migliaia di euro, nonché la motivazione delle relative sentenze;
per i vice procuratori onorari l'ancoraggio all'orario dello scatto della seconda indennità giornaliera è inutile, in quanto, trattandosi di somma corrisposta sia per l'attività d'udienza che per quella d'ufficio, la durata dell'impegno supera sistematicamente le cinque ore, essendo delegabili nello stesso giorno entrambe le attività;
in un momento in cui l'amministrazione della giustizia soffre l'insufficienza degli organici della magistratura di ruolo e l'emergenza sicurezza richiede sempre più efficienza per rendere tempestiva ed effettiva la punizione dei reati da parte dello Stato, l'apporto della magistratura onoraria diventa irrinunciabile,

impegna il Governo

ad inserire, nell'ambito dell'annunciata riforma organica della magistratura onoraria, opportune disposizioni che riconoscanoai magistrati onorari di tribunale una indennità proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto.
9/1857/16. (Testo modificato nel corso della seduta)Rao, Vietti.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina;
l'articolo 3-bis, recante norme in materia di indennità spettanti ai giudici onorari di tribunale e ai vice procuratori onorari, ai commi 2-bis e 2-ter dispone che ai vice procuratori onorari spetti un'ulteriore indennità di euro 98, oltre a quella quotidiana di 98 euro, ove il complessivo impegno lavorativo necessario per lo svolgimento delle attività delegabili superi le cinque ore giornaliere e che ai fini dell'applicazione di tale disposizione, la durata delle udienze sia rilevata dai rispettivi verbali;
la magistratura onoraria nel nostro Paese non ha più un ruolo complementare e occasionale, ma anzi svolge una funzione assolutamente fondamentale nel rispondere ad una domanda di giustizia che sempre più massicciamente viene dai cittadini;
la giurisdizione in Italia si caratterizza ormai da anni per la presenza determinante di oltre 10.000 magistrati onorari e secondo le stime del Ministero, circa il 70 per cento della giurisdizione sarebbe affidata a queste figure «non professionali»,

impegna il Governo:

ad emanare un'apposita circolare ministeriale della Direzione generale della giustizia civile in cui si precisi, in relazione all'articolo 3-bis, commi 2-bis e 2-ter del provvedimento in esame che, ai fini della determinazione del complessivo impegno lavorativo ex articolo 3-bis, comma 2-bis, esso andrà determinato, nel caso di più udienze, calcolando l'orario di apertura del verbale del primo procedimento a cui ha partecipato il vice procuratore e l'orario di chiusura del verbale dell'ultimo procedimento a cui ha preso parte;
ad adottare ulteriori provvedimenti volti a far sì che le somme corrisposte sulla base dell'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 273, nel testo anteriore alle modifiche apportate dal decreto-legge in esame, non siano ripetibili.
9/1857/17. Costa, Cassinelli, Paniz.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge n. 223 del 2006, al comma 1 dell'articolo 21 recita: «Per il pagamento delle spese di giustizia non è ammesso il ricorso all'anticipazione da parte degli uffici postali, tranne che per gli atti di notifiche nei procedimenti penali e per gli atti di notifiche e di espropriazione forzata nei procedimenti civili quando i relativi oneri sono a carico dell'erario»;
tale disposizione sulle spese di giustizia è penalizzante per i cittadini in quanto fino al decreto n. 223 del 2006, le spese di giustizia venivano pagate attraverso l'anticipazione degli uffici postali, mentre oggi vengono pagate secondo le ordinarie procedure in materia di contabilità generale dello Stato;
questo sistema si traduce nel fatto che i pagamenti sono effettuati in tempi molto più lunghi prevedendo l'emissione del mandato di pagamento da parte del funzionario del tribunale, richiesta di fattura al legale, e quindi invio del carteggio delle spese di giustizia alla Corte di appello per il successivo pagamento, mediante utilizzo dei fondi presso la Banca d'Italia;
in tal modo, ad avviso del presentatore, ci rimettono pesantemente, in primo luogo, tutti coloro che lavorano nel «mondo della giustizia» come quegli avvocati che sono obbligati per legge a difendere d'ufficio nei processi civili e penali cittadini. privi di difensori di fiducia e tutte le persone non abbienti che, al fine di essere rappresentate in giudizio sia per agire che per difendersi, possono richiedere la nomina di un avvocato e la sua assistenza a spese dello Stato, usufruendo dell'istituto del patrocinio a spese dello Stato,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte, ferme restando le prerogative del Parlamento, a dare la facoltà al legale interessato di ottenere entro un breve lasso di tempo una certificazione del suo credito, da parte dell'amministrazione della giustizia, che dia diritto alla detrazione di tale credito dalle imposte dovute dal medesimo sul modello di quanto previsto per le imprese dall'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, al fine della compensazione automatica dei crediti d'imposta e contributivi.
9/1857/18. Donadi.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame reca misure urgenti in materia di contrasto alla criminalità organizzata;
sono valutabili positivamente le misure ivi contenute e riferite al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime di reati di tipo mafioso;
nell'attività di prevenzione dei reati riferibili alla criminalità organizzata potrebbe rientrare un'iniziativa diretta ad individuare nelle prefetture competenti per territorio il ruolo di stazione unica appaltante per quelle amministrazioni pubbliche ricostituite a seguito di infiltrazioni e/o condizionamenti malavitosi;
tale individuazione potrebbe essere utile a sottrarre, per l'arco di tempo considerato, gli amministratori degli enti locali alle pressioni della criminalità,

impegna il Governo

ad avviare un'approfondita verifica finalizzata ad accertare la possibilità di inserire nell'ordinamento idonee disposizioni di legge volte al raggiungimento degli obiettivi sopraindicati.
9/1857/19. Landolfi, Contento.

La Camera,
premesso che:
con la Gazzetta Ufficiale 4a serie speciale n. 94, del 12 dicembre 2006 era stato bandito un concorso pubblico per titoli ed esami per il reclutamento di n. 1507 allievi agenti della Polizia di Stato riservato, ai sensi dell'articolo 16 della legge 23 agosto 2004, n. 226, ai volontari in ferma prefissata di un anno ovvero in rafferma annuale in servizio o in congedo;
l'articolo 16, comma 4, della legge 23 agosto 2004, n. 226, richiamato nel citato bando di concorso, prevede che «dei concorrenti giudicati idonei e utilmente collocati nella graduatoria, di cui al comma 3, il cinquantacinque per cento è immesso direttamente nelle carriere iniziali del ruolo degli agenti ed assistenti della Polizia di Stato e che il restante quarantacinque per cento è immesso nel medesimo ruolo dopo aver prestato servizio nelle Forze Armate in qualità di volontario in ferma quadriennale»;
che, l'articolo 13 del bando di concorso, alla voce «Nomina vincitori» recita: «che dei concorrenti giudicati idonei ed utilmente collocati nella graduatoria: a) n. 976 saranno nominati allievi agente della Polizia di Stato ed ammessi direttamente alla frequenza del prescritto corsodi formazione; b) n. 531 saranno nominati allievi agente della Polizia di Stato ed ammessi alla frequenza del prescritto corso di formazione dopo aver prestato servizio nelle Forze Armate in qualità di volontario in ferma prefissata quadriennale»;
che, il 1o ottobre 2008, presso la scuola di Polizia di Trieste, sono stati avviati al previsto corso di formazione i primi 327 allievi agenti in graduatoria;
che, il 20 ottobre 2008, presso le scuole di Polizia di Campobasso e Brescia, sono stati avviati al previsto corso di formazione altri 307 allievi agenti;
dei 1.507 vincitori di questo concorso 650 sono stati già avviati ai corsi di formazione per allievo agente, 342 sono in attesa di chiamata, mentre i rimanenti 540 dovranno effettuare 4 anni VFP presso le Forze armate e solo dopo averli effettuati, permanendo i requisiti, potranno entrare in Polizia;
sarebbe cosa utilissima, per l'ordine pubblico in Italia, se i 342 venissero avviati, in tempi brevi, ai corsi di formazione per allievo agente della Polizia di Stato e che i 540 venissero chiamati nel più breve tempo possibile dal Ministero della difesa per effettuare i previsti 4 anni di ferma e poi essere immessi nelle fila della Polizia di Stato;
anziché assumere i 540 vincitori del concorso del 2006, lo Stato Maggiore dell'Esercito ha, invece, bandito con Gazzetta Ufficiale 4a serie speciale, n. 70 del 9 settembre 2008, un concorso pubblico per il reclutamento di n. 5083 volontari in ferma prefissata quadriennale (VFP4),

impegna il Governo

ad adottare tutti i necessari provvedimenti al fine di dare immediata esecuzione all'incorporamento nelle Forze armate di coloro che sono stati dichiarati vincitori del concorso di cui in premessa.
9/1857/20.Catanoso.

La Camera,
premesso che:
i CIE «centri di identificazione ed espulsione», la cui denominazione è stata introdotta dall'articolo 9 del decreto-legge n. 92 del 2008 in sostituzione della precedente denominazione di CPT «centri di permanenza temporanea ed assistenza», sono stati creati con l'intento di distinguere tali strutture dai centri di prima accoglienza, dai centri di accoglienza richiedenti asilo e da altre strutture similari;
tali strutture, a differenza delle altre, sono chiamate a svolgere i compiti di identificazione del clandestino e, qualora ne ricorrano le condizioni, di espulsione dello stesso con accompagnamento coatto nel Paese di provenienza, mirano a rendere più funzionale il sistema di contrasto all'immigrazione clandestina;
i «centri di identificazione ed espulsione» sono luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione di eventuali provvedimenti di espulsione in cui, a tenore dell'articolo 14, comma 2, decreto legislativo n. 286 del 1998 lo straniero deve essere trattenuto con modalità tali da assicurare il pieno rispetto della sua dignità e la necessaria assistenza;
tali centri sono destinati ad accogliere e trattenere un numero considerevole di stranieri cosiddetti irregolari. Invero, oltre ai cittadini in attesa di esecuzione di provvedimenti di espulsione i CIE sono destinati ad accogliere sia coloro i quali fanno richiesta di asilo dopo essere stati oggetto di un provvedimento di espulsione, ad esclusione dell'espulsione a causa di ingresso clandestino o di trattenimento nel territorio nazionale senza aver fatto richiesta del permesso di soggiorno, casi, questi due ultimi, in cui lo straniero viene ospitato in altre strutture denominate CARA (centri di accoglienza richiedenti asilo) che coloro i quali essendo cittadini comunitari vengono colpiti da un provvedimento di allontanamento, nelle more della procedura di convalida;
l'attuale periodo di trattenimento nei CIE, disposto con provvedimento del questore, di un massimo di 60 giorni (30 giorni prorogabile, solo in presenza di gravi difficoltà, di altri 30 giorni) è destinato ad aumentare, presumibilmente, fino ad un massimo di 18 mesi come indicato dalla più recente normativa europea e precisamente dalla cosiddetta «direttiva rimpatri» ormai in fase di una imminente approvazione definitiva;
lo straordinario intensificarsi dei flussi migratori ha reso ormai impellente la necessità di potenziare e rendere sempre più adeguate le strutture di accoglienza dei cittadini stranieri irregolari alla luce di un quadro normativo sempre più internazionale e armonizzato volto ad attuare una più efficace politica comunitaria di contrasto all'immigrazione clandestina;
l'articolo 3 del decreto-legge di cui all'oggetto del presente ordine del giorno, disponendo una autorizzazione di spesa finalizzata all'ampliamento ed al miglioramento della disponibilità ricettiva dei «centri di identificazione ed espulsione» mira ad un indispensabile potenziamento di quelle strutture in grado di contrastare, sulla base di quanto sopra illustrato, l'annoso fenomeno dell'immigrazione clandestina offrendo significative garanzie di salvaguardia di quei diritti assolutamente inviolabili a conservare una più che dignitosa e soddisfacente qualità di vita,

impegna il Governo

a prestare la massima attenzione e diligenza nell'attuazione di tutti quei programmi di rafforzamento e consolidamento delle strutture e degli strumenti idonei ad assicurare da un lato un efficace mezzo di contrasto al drammatico fenomeno dell'immigrazione clandestina e dall'altro l'imprescindibile tutela di tutti quei diritti umani fermamente garantiti da un moderno ed evoluto Paese civile quale il nostro.
9/1857/21.Frassinetti.

La Camera,
premesso che:
il 20 novembre scorso il Comitato parlamentare di controllo Schengen-Europol-Immigrazione, ha ispezionato il CIE di Gradisca (GO), nell'ambito di una ricognizione che parte da Lampedusa ed è volta a valutare le modalità di gestione dei centri di raccolta degli immigrati clandestini;
la struttura di Gorizia, integrata con un CDA e con un CARA, è fonte di viva preoccupazione per la piccola comunità isontina, che conta 6700 abitanti, su cui grava la sproporzionata presenza di circa 300 immigrati; gli immigrati ospitati nella struttura di Gradisca godono di permessi di uscita dalle ore 8 alle 20 e sono indotti a trascorrere le giornate nel centro cittadino percorrendo le vie collegate al centro, creando grave pericolo per loro stessi e per la sicurezza stradale;
il CIE di Gradisca è, infatti, situato in una zona periferica della cittadina e gravita su importanti vie carrabili, prive di adeguata illuminazione pubblica e di marciapiedi (via Udine, via Trieste, via Roma, via Aquileia, via S. Maria Maddalena, via Lungh'Isonzo, la S.S. 351 di Cervignano, borgo Basiol e borgo Trevisan, Case Operaie, p.le dell'Unità e zona castello, borgo Mercatuzzo);
il comune di Gradisca ha predisposto uno studio di fattibilità per realizzare le opere di urbanizzazione necessarie per ridurre i suddetti pericoli, opere del costo stimato in euro 1.870.000, la cui realizzazione potrebbe anche, in qualche modo, compensare i disagi arrecati «per ragione di Stato» dalla struttura di accoglienza alla graziosa cittadina che ha inutilmente richiesto, per una loro riconversione urbanistica, lo svincolo di aree limitrofe, demaniali, abbandonate e fatiscenti e l'intensificazione dei controlli di polizia, in loco ma anche, con pattuglie miste, alle frontiere con la Slovenia e con l'Austria, che sono attraversate da irregolari inmodo parcellizzato, ma non meno preoccupante che al Sud,

impegna il Governo:

ad adottare ulteriori provvedimenti volti ad adeguare la pubblica illuminazione e i marciapiedi prossimi al CIE di Gradisca, ad intensificare i controlli di polizia necessari a garantire la prevenzione, la rassicurazione della comunità residente e la sicurezza degli ospiti del CIE e della circolazione stradale;
a favorire lo svincolo o la concessione degli immobili demaniali richiesti da tempo dal comune di Gradisca per compensare il grave disagio subito da quella comunità e per evitare il degrado ulteriore di edifici pubblici anche di pregio (come il castello di Gradisca);
a promuovere senza indugio il rinnovo della convenzione stipulata tra Italia e Slovenia sulle pattuglie miste che assieme lavorano per contrastare l'immigrazione clandestina e la stipula di un analogo accordo bilaterale con l'Austria.
9/1857/22.Monai, Maran, Rosato, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento legislativo in esame prevede (articolo 3) un piano di investimenti «destinati alla costruzione di nuovi centri di identificazione ed espulsione»;
attualmente i CIE operativi sono 10, per un totale di 1.160 posti disponibili, dislocati nelle seguenti località:
Bari-Palese, area aeroportuale - 196 posti;
Bologna, caserma Chiarini - 95 posti;
Caltanissetta, contrada Pian del Lago - 96 posti;
Catanzaro, Lamezia Terme - 72 posti;
Gorizia, Gradisca d'Isonzo - 136 posti;
Milano, via Corelli - 84 posti;
Modena, località Sant'Anna - 60 posti;
Roma, Ponte Galeria - 300 posti;
Torino, corso Brunelleschi - 90 posti;
Trapani, Serraino Vulpitta - 31 posti;
le nuove strutture, anch'esse nel numero di 10, dovrebbero essere localizzate nelle regioni nelle quali attualmente non esistono CIE e sono in corso le attività di scelta e di valutazione alle quali partecipano anche le regioni e gli enti locali interessati;
è opportuno che, sia al fine della manutenzione straordinaria dei fabbricati demaniali non più utilizzati, sia al fine di preservare il territorio ancora non consumato dall'urbanizzazione, che i nuovi centri da realizzare siano, preferibilmente, scelti favorendo la riconversione di edifici già esistenti, e che la scelta delle localizzazioni sia fatta in sintonia con le autonomie locali è con idonee forme di compensazione con opere pubbliche correlate alla presenza dei nuovi e degli esistenti CIE e con la sorveglianza del caso a garanzia della sicurezza e della prevenzione,

impegna il Governo

a dare priorità di intervento ai nuovi centri realizzati attraverso la riconversione di edifici già esistenti, in sintonia con le autonomie locali, e con idonee forme di compensazione quali quelle sopra suggerite.
9/1857/23.Strizzolo, Monai, Rosato.

La Camera,
premesso che:
il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco ha sempre corrisposto con impegno straordinario, in termini qualitativi equantitativi, alle attese dei cittadini in tutti i compiti di prevenzione, vigilanza e soccorso tecnico urgente cui esso è preposto per legge e cui si trova quotidianamente a intervenire su richiesta di soggetti pubblici e privati;
un elemento di spicco del personale dei Vigili del Fuoco è rappresentato dalla particolare capacità di porre in primo piano i compiti istituzionali, così da diventare uno dei principali punti di riferimento certi per la popolazione;
la valorizzazione del personale del Corpo - che esprime qualifiche professionali anche di altissima specializzazione, quali Nbcr, elicotteristi, sommozzatori, Saf, portuali e aeroportuali - è ormai divenuta condizione necessaria al fine di mantenere gli standard operativi e di rafforzare la qualità del servizio reso ai cittadini;
anche in considerazione delle crescenti esigenze del Paese è fondamentale riconoscere e promuovere l'impegno e la professionalità del personale, che nel corso degli anni è stato investito da un numero notevole di innovazioni connesse allo sviluppo tecnologico e industriale, e quindi da maggiori responsabilità che hanno comportato ulteriori carichi di lavoro;
a fronte dei rilevanti compiti di sicurezza e di tutela della pubblica incolumità, ripetutamente e unanimemente riconosciuti come insostituibili, i Vigili del Fuoco non vedono riconosciuto, sia sotto il profilo retributivo sia sotto quello pensionistico, un trattamento economico assimilabile a quello di cui beneficia il personale degli altri Corpi dello Stato compresi nel comparto sicurezza, con cui pure condivide i doveri,

impegna il Governo

ad attuare i provvedimenti necessari affinché siano avviati, per gli appartenenti al personale operativo e permanente del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, i processi di perequazione delle varie indennità - di funzione, di trasferta, di missione - attualmente riconosciute agli altri Corpi dei comparti sicurezza e difesa, dando al contempo sollievo ad una percezione, peraltro fondata, di minorità del Corpo.
9/1857/24.Rosato.

La Camera,
premesso che:
il corpo nazionale dei Vigili del Fuoco ha sempre corrisposto con impegno straordinario, in termini qualitativi e quantitativi, alle attese dei cittadini in tutti i compiti di prevenzione, vigilanza e soccorso tecnico urgente cui esso è preposto per legge e cui si trova quotidianamente a intervenire su richiesta di soggetti pubblici e privati;
un elemento di spicco del personale dei Vigili del Fuoco è rappresentato dalla particolare capacità di porre in primo piano i compiti istituzionali, così da diventare uno dei principali punti di riferimento certi per la popolazione;
la valorizzazione del personale del Corpo - che esprime qualifiche professionali anche di altissima specializzazione, quali Nbcr, elicotteristi, sommozzatori, Saf, portuali e aeroportuali - è ormai divenuta condizione necessaria al fine di mantenere gli standard operativi e di rafforzare la qualità del servizio reso ai cittadini;
anche in considerazione delle crescenti esigenze del Paese è fondamentale riconoscere e promuovere l'impegno e la professionalità del personale, che nel corso degli anni è stato investito da un numero notevole di innovazioni connesse allo sviluppo tecnologico e industriale, e quindi da maggiori responsabilità che hanno comportato ulteriori carichi di lavoro;
a fronte dei rilevanti compiti di sicurezza e di tutela della pubblica incolumità, ripetutamente e unanimemente riconosciuti come insostituibili, i Vigili del Fuoco non vedono riconosciuto, sia sotto ilprofilo retributivo sia sotto quello pensionistico, un trattamento economico assimilabile a quello di cui beneficia il personale degli altri Corpi dello Stato compresi nel comparto sicurezza, con cui pure condivide i doveri,

impegna il Governo

ad attuare i provvedimenti necessari affinché siano avviati, per gli appartenenti al personale operativo e permanente del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, i processi di perequazione delle varie indennità - di funzione, di trasferta, di missione - attualmente riconosciute agli altri Corpi dei comparti sicurezza e difesa, dando al contempo sollievo ad una percezione, peraltro fondata, di minorità del Corpo, compatibilmente con le esigenze di equilibrio del bilancio.
9/1857/24.(Testo modificato nel corso della seduta)Rosato.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge interviene sul decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 109, in materia di conservazione, da parte degli operatori di telefonia e di comunicazione elettronica, dei dati relativi al traffico telefonico e telematico;
in particolare, il provvedimento modifica la disciplina transitoria, posticipando l'entrata in vigore delle disposizioni relative alla conservazione dei dati sulle chiamate senza risposta e dei dati del traffico telematico;
il decreto legislativo n. 109 del 2008 ha dato attuazione alla direttiva 2006/24/CE, volta ad armonizzare le disposizioni nazionali degli Stati membri con riferimento all'obbligo, da parte dei fornitori di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico e di reti pubbliche di comunicazione, di conservare alcuni dati da questi generati o trattati, al fine di renderli disponibili in caso di indagine, accertamento e perseguimento di reati gravi, quali definiti dalle norme nazionali di ciascuno Stato;
la direttiva 2006/24/CE reca l'obbligo di conservare alcuni specifici dati, attraverso i quali è possibile determinare:
la fonte e la destinazione di una comunicazione (sia per la telefonia fissa o mobile che per la telefonia via internet e la posta elettronica),
la data e la durata della comunicazione,
il tipo di comunicazione (servizio telefonico o servizio internet utilizzato),
il tipo di attrezzatura utilizzata,
l'ubicazione delle apparecchiature (in caso di apparecchiature di comunicazione mobile),
la direttiva citata include, inoltre, i dati generati da tentativi di chiamata non riusciti, ossia chiamate collegate con successo ma che non hanno ricevuto risposta e stabilisce che i suddetti dati debbano essere conservati per un periodo non inferiore a 6 mesi e non superiore ai 2 anni dalla data di comunicazione;
l'articolo 2 del decreto legislativo n. 109 del 2008 ha previsto un periodo unico di conservazione, senza distinzioni in base al tipo di reato, pari a:
24 mesi per i dati di traffico telefonico,
12 mesi per i dati di traffico telematico,
30 giorni per i dati relativi alle chiamate senza risposta (in luogo dei precedenti 24 mesi),
atteso che tali termini appaiono in contrasto con le finalità di prevenzione, di accertamento e di repressione dei reati, sia perché inferiori persino ai minimi stabiliti dalla direttiva, sia perché in conflitto con le difficoltà in cui versa la giustizia italiana, gravata da endemici ritardi che necessiterebbero di interventi strutturali e normativi di sistema, per rendere effettivoil principio della ragionevole durata del processo di cui all'articolo 101 della Costituzione,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative, volte a modificare l'articolo 6 del decreto legislativo n. 109 del 2008, uniformando la disciplina con piena attuazione alla direttiva 2006/24/CE e prevedendo l'obbligo di conservazione dei suddetti dati per un periodo non inferiore ai 6 mesi ma, preferibilmente, individuando per le finalità suddette la soglia massima dei 24 mesi, a garanzia della sicurezza dei cittadini e dell'efficacia dell'azione investigativa della magistratura.
9/1857/25.Palomba, Monai.

La Camera,

impegna il Governo

a garantire l'attuazione della direttiva 2006/24/CE tenendo conto della sicurezza dei cittadini, dell'efficacia dell'azione investigativa della magistratura e dell'esigenza di riservatezza dei dati personali.
9/1857/25.(Testo modificato nel corso della seduta) Palomba, Monai.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3-bis del decreto-legge n. 151 del 2008 reca norme in materia di indennità in favore di giudici onorari di tribunale (GOT) e vice procuratori onorari (VPO) la cui attività è disciplinata nel decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 273;
la norma prevede un compenso unitario di 98 euro lordi in funzione della durata dell'impegno lavorativo e stabilisce che l'indennità aggiuntiva non scatti più in caso di seconda udienza giornaliera (per la quale dunque non è riconosciuta alcuna indennità) ma solo quando l'impegno lavorativo di udienza superi comunque le 5 ore giornaliere e pertanto senza tenere conto del lavoro svolto dai giudici onorari per redigere i provvedimenti definitori quali le sentenze (con evidente disparità rispetto ai giudici di pace) e disincentivando coloro che definiscono il maggior numero di procedimenti apportando così un serio e notevole contributo all'auspicata riduzione dei tempi di risposta dell'apparato giudiziario;
il ruolo della magistratura onoraria non può più dirsi marginale nell'amministrazione della giustizia, avendo tale categoria raggiunto buoni risultati nei settori loro affidati, così da contribuire ad affrancare i cittadini dalle lungaggini dei processi tanto civili che penali;
si rende necessario prevedere una riforma organica della categoria che valorizzi le competenze professionali ormai acquisite ed introduca un sistema retributivo non soltanto adeguato ma che possa anche premiare la produttività dei singoli;
la retribuzione dei provvedimenti emessi dai giudici onorari unitamente al definitivo superamento della anacronistica qualificazione vicaria consentirebbe di ridurre fortemente l'arretrato giudiziario e di conferire dignità e stabilità alla categoria,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte a:
provvedere con urgenza ad una riforma organica della categoria e riconoscere ai magistrati onorari una retribuzione proporzionata sia alla quantità che alla qualità del lavoro svolto in particolare riconoscendo e retribuendo i provvedimenti di definizione dei processi;
prevedere che l'ammontare delle indennità previste sia effettivamente adeguato ogni 3 anni, con decreto emanato dal ministro della giustizia di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, in relazione alla variazione, accertata dall'ISTATdell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, verificatesi nel triennio precedente;
ad emanare un'apposita circolare ministeriale della direzione generale della giustizia civile in cui si precisi, in relazione all'articolo 3-bis, del provvedimento in esame che, ai fini della determinazione del complessivo impegno lavorativo, esso andrà determinato, nel caso di più udienze, calcolando l'orario di apertura del verbale del primo procedimento a cui ha partecipato il giudice onorario o vice procuratore e l'orario di chiusura del verbale dell'ultimo procedimento a cui ha preso parte;
ad adottare ulteriori provvedimenti volti a far sì che le somme corrisposte sulla base dell'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 273, nel testo anteriore alle modifiche apportate dal decreto-legge in esame, non siano ripetibili.
9/1857/26.Pili.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3-bis del decreto-legge n. 151 del 2008 reca norme in materia di indennità in favore di giudici onorari di tribunale (GOT) e vice procuratori onorari (VPO) la cui attività è disciplinata nel decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 273;
la norma prevede un compenso unitario di 98 euro lordi in funzione della durata dell'impegno lavorativo e stabilisce che l'indennità aggiuntiva non scatti più in caso di seconda udienza giornaliera (per la quale dunque non è riconosciuta alcuna indennità) ma solo quando l'impegno lavorativo di udienza superi comunque le 5 ore giornaliere e pertanto senza tenere conto del lavoro svolto dai giudici onorari per redigere i provvedimenti definitori quali le sentenze (con evidente disparità rispetto ai giudici di pace) e disincentivando coloro che definiscono il maggior numero di procedimenti apportando così un serio e notevole contributo all'auspicata riduzione dei tempi di risposta dell'apparato giudiziario;
il ruolo della magistratura onoraria non può più dirsi marginale nell'amministrazione della giustizia, avendo tale categoria raggiunto buoni risultati nei settori loro affidati, così da contribuire ad affrancare i cittadini dalle lungaggini dei processi tanto civili che penali;
si rende necessario prevedere una riforma organica della categoria che valorizzi le competenze professionali ormai acquisite ed introduca un sistema retributivo non soltanto adeguato ma che possa anche premiare la produttività dei singoli;
la retribuzione dei provvedimenti emessi dai giudici onorari unitamente al definitivo superamento della anacronistica qualificazione vicaria consentirebbe di ridurre fortemente l'arretrato giudiziario e di conferire dignità e stabilità alla categoria,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte a:
provvedere con urgenza ad una riforma organica della categoria e riconoscere ai magistrati onorari una indennità proporzionata sia alla quantità che alla qualità del lavoro svolto in particolare riconoscendo e retribuendo i provvedimenti di definizione dei processi;
prevedere che l'ammontare delle indennità previste sia effettivamente adeguato ogni 3 anni, con decreto emanato dal ministro della giustizia di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, in relazione alla variazione, accertata dall'ISTAT dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, verificatesi nel triennio precedente;
a chiarire che, ai ai fini della determinazione del complessivo impegno lavorativo di cui all'articolo 3-bis, esso andrà determinato, nel caso di più udienze, calcolando l'orario di aperturadel verbale del primo procedimento a cui ha partecipato il giudice onorario o vice procuratore e l'orario di chiusura del verbale dell'ultimo procedimento a cui ha preso parte;
ad adottare ulteriori provvedimenti volti a far sì che le somme corrisposte sulla base dell'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 273, nel testo anteriore alle modifiche apportate dal decreto-legge in esame, non siano ripetibili.
9/1857/26.(Testo modificato nel corso della seduta)Pili.

La Camera,
premesso che:
il Governo Prodi aveva stanziato nella Finanziaria 2008, 140 milioni di euro per il rafforzamento degli organici delle Forze dell'ordine, attraverso uno sblocco del turn-over che avrebbe consentito l'inserimento di circa 4.500 nuove unità;
il precedente Governo aveva inoltre recuperato 3.000 unità di personale delle Forze dell'ordine prelevandole da altre amministrazioni dove erano prestate per compiti amministrativi;
in sede di approvazione della Legge finanziaria 2008 aveva accolto un ordine del giorno (n. 9/03256/047) per il potenziamento dei presidi territoriali delle Forze dell'ordine ove maggiormente si avverte la pressione delle attività criminose;
i drastici tagli ai fondi per la sicurezza operati da questo esecutivo rischiano di ripercuotersi negativamente anche nel territorio lecchese, ultimo in Italia per rapporto tra agenti di Polizia e popolazione,

impegna il Governo

a reperire i fondi per poter dare l'attuazione all'ordine del giorno 9/03256/047 accolto nella seduta 259 del 15 dicembre 2007 per costituire una sezione distaccata del commissariato di polizia di Lecco da ubicare a sud della provincia, potenziando così la presenza in un territorio da tempo sofferente per carenze di organico e mezzi.
9/1857/27.Codurelli.

La Camera,
premesso che:
il presente decreto-legge contiene una serie di misure per incrementare la disponibilità, ricettiva dei centri di identificazione ed espulsione per immigrati.
Tali misure si iscrivono nel quadro della necessità di far fronte all'intensificarsi del fenomeno dell'immigrazione clandestina e si inquadrano nell'ambito di una serie di misure adottate a tale riguardo dal Governo, tra le quali in primo luogo l'estensione dello stato di emergenza all'intero territorio nazionale e delle conseguenti misure amministrative;
il complesso di tali misure non può che essere adottato contemperando le esigenze dettate dall'emergenza con quelle delle caratteristiche e delle vocazioni dei territori;
dal 1o ottobre 2008 oltre 100 extracomunitari originari di vari stati africani risultano ospitati in località Altipiani di Arcinazzo, in un centro di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) provvisorio allestito presso l'hotel «Il Caminetto» di Trevi nel Lazio (Frosinone), struttura alberghiera situata al centro della predetta località turistica;
il centro di accoglienza è gestito in regime di convenzione dalla arciconfraternita del Santissimo Sacramento e di San Trifone, con sede in Roma, piazza S. Giovanni in Laterano, stipulata con il Ministero dell'interno, con l'assenso del sindaco del comune di Trevi nel Lazio, nel cui territorio ricade una parte della località degli Altipiani di Arcinazzo;
il centro di accoglienza provvisorio è stato istituito ai sensi dell'ordinanza delPresidente del Consiglio dei ministri del 12 settembre 2008, emanata in conseguenza della sopra ricordata dichiarazione dello stato di emergenza, che consente al capo del dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, anche avvalendosi dei prefetti territorialmente competenti, di adottare tutti gli interventi necessari all'allestimento, all'ampliamento della disponibilità ricettiva, al miglioramento e alla manutenzione dei centri di accoglienza per richiedenti asilo di cui all'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 2004, n. 303 (articolo 1);
la questione ha formato oggetto di una interpellanza urgente presentata dai deputati Iannarilli, Cesa ed altri, cui il Governo ha risposto - ad avviso degli esponenti in modo non sufficientemente rassicurante - alla Camera dei deputati in data 23 ottobre scorso. L'apertura del centro ha provocato una mobilitazione generale e massiccia sia da parte della popolazione residente degli operatori commerciali e delle centinaia di proprietari di seconde case su tutto il comprensorio montano. I cittadini si sono costituiti in comitato spontaneo ed hanno esposto le loro doglianze al prefetto di Frosinone. Tale mobilitazione non è rivolta evidentemente contro le singole persone degli immigrati, che giungono in Italia da situazioni di indubbio disagio e sofferenza, e che come tali meritano aiuto e comprensione ma contro una scelta illogica di politica del territorio che penalizza drammaticamente - soprattutto per le proporzioni dell'iniziativa - una piccola realtà a spiccata vocazione turistica come quella degli Altipiani di Arcinazzo;
il numero degli ospiti extracomunitari ha quasi raddoppiato la popolazione residente: il centro, infatti - con una popolazione di circa 100 immigrati - impatta su un abitato con una popolazione stabile di circa due-trecento persone, alterando fortemente l'equilibrio demografico e sociale del territorio. È ben vero che l'intervento - come è stato sostenuto dal Governo alla Camera - risponde ad una logica emergenziale e come tale non può tenere conto pienamente dei parametri che sono fissati dalla legge in relazione al rapporto numerico tra popolazione residente ed immigrati da ospitare. L'emergenza, tuttavia, deve essere per sua natura limitata nel tempo e non deve essere tale da creare una nuova e diversa emergenza per la popolazione locale. Ciò senza contare che le dimensioni dell'abitato e della popolazione stabile non sono minimamente in grado di creare una qualsivoglia prospettiva di integrazione permanente o quantomeno di lunga durata per gli immigrati ospitati nel centro;
dal punto di vista amministrativo il territorio della località - che si sviluppa, senza soluzioni di continuità, in un vasto pianoro circondato dai monti dell'Appennino - ricade nei confini di tre comuni, uno della provincia di Roma (Arcinazzo Romano) e due della provincia di Frosinone (Trevi nel Lazio e Piglio), i cui nuclei urbani principali sono tutti e tre a distanza di alcuni chilometri dalla località turistica. I confini tra i tre comuni, all'interno dell'abitato degli Altipiani non sono minimamente percepibili, in quanto coincidono con semplici strade urbane. Alla luce di tale configurazione territoriale il centro di accoglienza si situa lontano dal nucleo principale del comune che nominalmente lo ospita e al centro di un abitato che insiste nel territorio di altri due comuni (in sostanza a poche decine di metri dal territorio dei medesimi) che non hanno minimamente partecipato alla decisione e ne subiranno tuttavia tutte le possibili conseguenze negative, in particolare quella relativa alla sicura riduzione del flusso turistico;
l'istituzione del centro di accoglienza rischia, infatti, di produrre gravi conseguenze sull'equilibrio socio-economico della località, che trae la sua principale se non unica fonte dì sussistenza dal turismo. Tutta l'economia della zona ruota attorno al turismo, soprattutto estivo (d'estate gli abitanti arrivano a 25.000). L'insediamento urbano è costituito principalmente, se non esclusivamente da attivitàdi natura turistica quali alberghi, ristoranti, strutture ricreative e sportive e negozi. Tali strutture commerciali sono rivolte altresì a soddisfare le esigenze di una cospicua popolazione di proprietari di seconde case, il cui sviluppo è evidentemente collegato proprio alle caratteristiche del paesaggio e dell'ambiente proprie di un centro di villeggiatura. La preminente vocazione turistica del territorio è stata espressamente riconosciuta fin dal 1983 con delibera della giunta regionale del Lazio. È dunque del tutto evidente che un centro di accoglienza siffatto rappresenta oggettivamente un disincentivo per turisti e vacanzieri e dunque indebolisce drammaticamente il tessuto socio-economico locale;
il soggiorno all'interno della struttura ricettiva per un numero così elevato di persone e per un periodo di tempo significativo richiede che gli standards di sicurezza e di igiene del centro di accoglienza siano perfettamente conformi alle leggi e a tutta la normativa prevista in materia. La struttura in premessa, come è ben noto agli abitanti degli Altipiani di Arcinazzo, da diversi anni non subisce interventi né di tipo strutturale, né alcun tipo di adeguamento per quanto attiene alle norme sulla sicurezza. Secondo quanto risulta agli esponenti, a seguito di una specifica verifica, il competente comando dei Vigili del Fuoco ha riscontrato numerosi profili di inadeguatezza e di non conformità della struttura ai parametri fissati dalla normativa vigente,

impegna il Governo:

a non incrementare, salve situazioni di eccezionale emergenza, il numero degli immigrati ospitati presso la località degli Altipiani di Arcinazzo né presso l'albergo «Il Caminetto», né presso altre strutture alberghiere ricadenti nel territorio della predetta località;
a ribadire la temporaneità del centro di accoglienza provvisorio degli Altipiani di Arcinazzo, a valutare la possibilità - perdurando la situazione di emergenza che ne ha determinato l'istituzione - di trasferirlo, sempre nello stesso territorio, in località e strutture che risultino più idonee all'accoglienza - e comunque a garantirne lo smantellamento in tempi brevi, in vista della prossima stagione turistica.
9/1857/28.Iannarilli.

La Camera,
premesso che:
in sede di esame del disegno di legge A.C. n. 1857: «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151, recanti misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina»
considerato che:
secondo la proroga di termine stabilita dall'articolo 24-bis del cosiddetto decreto «Milleproroghe» n. 248 del 2007, il 31 dicembre 2008 scade la validità della graduatoria dei 1.000 candidati risultati idonei nel concorso indetto con decreto direttoriale in data 6 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, IV serie speciale, n. 24 del 27 marzo 1998 per 184 posti nel profilo professionale di vigile permanente nel CNVVF, alcuni dei quali attendono ancora di essere assunti;
al predetto concorso seguiva nel 2001 un altro riservato ai vigili discontinui a 173 posti di vigile del fuoco, bandito con decreto direttoriale in data 5 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, IV serie speciale, n. 92 del 20 novembre 2001;
quest'ultimo concorso veniva indetto quando non si era ancora raggiunta l'estinzione numerica della prima graduatoria;
si è poi proceduto all'assunzione degli idonei attingendo da entrambe le graduatorie, considerando gli idonei dell'una e dell'altra su uno stesso livello di anzianità rispetto ai bandi di uscita;
la Legge finanziaria 2007 all'articolo 1 comma 519 statuisce che «Nei limiti del presente comma, la stabilizzazione del personale volontario del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco è consentito al personale che risulti iscritto negli appositi elenchi, di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, da almeno tre anni ed abbia effettuato non meno di centoventi giorni di servizio»;
a seguito del suddetto articolo il Ministero dell'interno - dipartimento dei Vigili del Fuoco - ha bandito una procedura selettiva, per titoli ed accertamento dell'idoneità motoria, per la copertura di posti, nei limiti stabiliti dall'articolo 1, comma 519 della legge n. 296 del 2006, nella qualifica di vigile del fuoco nel Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, riservata al personale volontario del CNVVF;
a seguito poi del sopracitato bando gran parte dei precari hanno prodotto domanda di stabilizzazione nei termini previsti;
la Legge finanziaria per il 2008 all'articolo 3 comma 91 recita: «Il limite massimo del quinquennio previsto dal comma 519 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, al fine della possibilità di accesso alle forme di stabilizzazione di personale precario, costituisce principio generale e produce effetti anche nella stabilizzazione del personale volontario del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco nelle forme disciplinate dalla medesima legge. Conseguentemente la disposizione che prevede il requisito dell'effettuazione di non meno di centoventi giorni di servizio, richiesto ai fini delle procedure di stabilizzazione, si interpreta nel senso che tale requisito deve sussistere nel predetto quinquennio»;
il 18 novembre 2008, la Gazzetta Ufficiale ha pubblicato il bando di un nuovo concorso pubblico che vedrà impegnati per oltre due anni i partecipanti;
nelle more dell'espletamento di tutte le procedure del suddetto concorso, il Ministero dell'interno dovrà colmare le vacanze di organico richiedendo l'immissione in ruolo di altro personale degli idonei dell'unico concorso pubblico espletato in precedenza;
non appare pertanto chiaro il criterio di assunzione del personale permanente nel Corpo nazionale dei Vigili del fuoco attuato negli ultimi anni,

impegna il Governo

a rispettare, nelle future assunzioni, la gerarchia cronologica prevedendo la completa estinzione delle graduatorie esistenti a partire da quella del 1998, onorando così le legittime aspettative degli idonei del concorso a 184 posti nel profilo professionale di vigile permanente nel CNVVF indetto con decreto direttoriale in data 6 marzo 1998.
9/1857/29.Belcastro, Lo Monte, Commercio, Iannaccone, Latteri, Lombardo, Milo, Sardelli.

La Camera,

impegna il Governo

a seguire criteri cronologici nell'assunzione dei vincitori e degli idonei di concorso nel Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
9/1857/29.(Testo modificato nel corso della seduta) Belcastro, Lo Monte, Commercio, Iannaccone, Latteri, Lombardo, Milo, Sardelli.

La Camera,
considerato che:
l'articolo 2-bis del provvedimento dispone un incremento di risorse in favore del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, che è alimentato, oltrecchè da contributi dello Stato, anche dai proventi derivanti, a vario titolo, dalla confisca dei beni alla mafia (somme di denaro, vendita beni mobili e immobili, liquidazione beni aziendali);
i beni confiscati alla mafia in forza della legislazione sono, al 31 gennaio 2008, 31.225, di cui il quarantacinque per cento in Sicilia, e dei quali 16.710 sono rappresentati da immobili, 7.059 da beni mobili, 7.486 da titoli di credito. Tra tutti questi soltanto 2.786 sono stati assegnati, e di questi 2.255 ai comuni (per un valore di 528 milioni) e 531 allo Stato;
la criminalità organizzata è notoriamente più radicata ed operativa nelle regioni meridionali, e rappresenta per quei territori un elemento di forte rallentamento dello sviluppo economico, determinandone una condizione alla quale lo Stato deve porre rimedio;
recentemente lo Stato, e prima ancora questo Parlamento, si sono fatti complici di un paradosso, approvando il comma 7 dell'articolo 2 del decreto-legge istitutivo del «Fondo unico giustizia», destinando i proventi derivanti dalla confisca dei beni alla mafia per finalità diverse a tutto vantaggio dell'intera collettività nazionale, e comunque anche di regioni diverse da quelle depredate dalla criminalità organizzata, invece di riversarli nel circuito virtuoso dell'economia dei territori da cui proviene trasformandosi così in segno tangibile di sviluppo, legalità e giustizia;
la normativa attuale prevede che il beneficiario immediato dei provvedimenti di confisca degli immobili non è il contesto delle collettività locali direttamente danneggiate dal fenomeno criminale, ma lo Stato, salvo il successivo e solo eventuale trasferimento di alcuni immobili ai comuni, alle province e alle regioni;
alcuni enti territoriali sono costretti a mettere in vendita i propri immobili di pregio per pagare allo Stato, come abbiamo visto unico titolare per legge dei beni confiscati, ingenti somme a titolo di affitto degli immobili da questi utilizzati per fini istituzionali;
l'imprenditoria mafiosa esercita una notevole forza economica attraverso il controllo economico del territorio ove opera ed impedisce lo sviluppo di energie economiche locali pulite, fino a influenzarne negativamente l'intero sistema produttivo, pertanto il recupero alla collettività di tutte le ricchezze illecitamente accumulate è, da parte di uno Stato, lo strumento più efficace per combattere la mafia ed affermare la legalità,

impegna il Governo:

ad emanare una norma che preveda l'assegnazione gratuita dei beni immobili alle pubbliche amministrazioni locali situate in quel territori ove sono state poste in essere le attività criminose sanzionate, oggetto di confisca per reati di mafia;
ad emanare un provvedimento normativo atto a prevedere che i proventi derivanti dai beni confiscati alla mafia, qualunque sia la loro natura, afferiscano ai bilanci delle regioni ove sono state poste in essere prevalentemente le attività criminose sanzionate.
9/1857/30.Commercio, Lo Monte, Belcastro, Iannaccone, Latteri, Lombardo, Milo, Sardelli.

La Camera,
considerato che:
l'articolo 2-bis del provvedimento dispone un incremento di risorse in favore del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, che è alimentato, oltrecchè da contributi dello Stato, anche dai proventi derivanti, a vario titolo, dalla confisca dei beni alla mafia (somme di denaro, vendita beni mobili e immobili, liquidazione beni aziendali);
i beni confiscati alla mafia in forza della legislazione sono, al 31 gennaio 2008, 31.225, di cui il quarantacinque per cento in Sicilia, e dei quali 16.710 sono rappresentati da immobili, 7.059 da beni mobili, 7.486 da titoli di credito. Tra tutti questi soltanto 2.786 sono stati assegnati, e di questi 2.255 ai comuni (per un valore di 528 milioni) e 531 allo Stato;
la criminalità organizzata è notoriamente più radicata ed operativa nelle regioni meridionali, e rappresenta per quei territori un elemento di forte rallentamento dello sviluppo economico, determinandone una condizione alla quale lo Stato deve porre rimedio;
recentemente lo Stato, e prima ancora questo Parlamento, si sono fatti complici di un paradosso, approvando il comma 7 dell'articolo 2 del decreto-legge istitutivo del «Fondo unico giustizia», destinando i proventi derivanti dalla confisca dei beni alla mafia per finalità diverse a tutto vantaggio dell'intera collettività nazionale, e comunque anche di regioni diverse da quelle depredate dalla criminalità organizzata, invece di riversarli nel circuito virtuoso dell'economia dei territori da cui proviene trasformandosi così in segno tangibile di sviluppo, legalità e giustizia;
la normativa attuale prevede che il beneficiario immediato dei provvedimenti di confisca degli immobili non è il contesto delle collettività locali direttamente danneggiate dal fenomeno criminale, ma lo Stato, salvo il successivo e solo eventuale trasferimento di alcuni immobili ai comuni, alle province e alle regioni;
alcuni enti territoriali sono costretti a mettere in vendita i propri immobili di pregio per pagare allo Stato, come abbiamo visto unico titolare per legge dei beni confiscati, ingenti somme a titolo di affitto degli immobili da questi utilizzati per fini istituzionali;
l'imprenditoria mafiosa esercita una notevole forza economica attraverso il controllo economico del territorio ove opera ed impedisce lo sviluppo di energie economiche locali pulite, fino a influenzarne negativamente l'intero sistema produttivo, pertanto il recupero alla collettività di tutte le ricchezze illecitamente accumulate è, da parte di uno Stato, lo strumento più efficace per combattere la mafia ed affermare la legalità,

impegna il Governo

a tenere in considerazione, nell'assegnazione dei beni confiscati alla criminalità di tipo mafioso, le esigenze degli enti territoriali nel cui comprensorio quei beni insistono.
9/1857/30.(Testo modificato nel corso della seduta)Commercio, Lo Monte, Belcastro, Iannaccone, Latteri, Lombardo, Milo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
la legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modifiche ed integrazioni, prevede che i beni confiscati per reati di mafia sono devoluti allo Stato e che i beni immobili possano essere mantenuti al patrimonio dello Stato ovvero eventualmente trasferiti al patrimonio del comune ove l'immobile è sito o, ancora, al patrimonio della provincia o della regione per fini di utilità sociale;
a venticinque anni dall'adozione delle prime misure normative finalizzate all'ablazione dei patrimoni dei mafiosi, il sistema presenta alcune criticità, primo fra tutti il notevole lasso di tempo intercorrente tra il momento del sequestro dei beni a quello dell'assegnazione e del riutilizzo degli stessi, e determinato anche dalla eccessiva burocrazia legata al procedimento;
il valore simbolico della destinazione a fini socialmente utili dei patrimoni in possesso delle organizzazioni criminali ha rappresentato per le comunità segnate dalla presenza mafiosa, il segnale più forte e concreto della riaffermazione positiva dell'autorità dello Stato che, attraverso il nuovo strumento della confisca, restituiva alla collettività quanto illecitamente era stato ad essa sottratto con l'intimidazione e la violenza e mascherato in forma di legittima disponibilità;
la Commissione antimafia ha avuto molte occasioni per ribadire quanto sia fondamentale l'azione di aggressione dei patrimoni illecitamente costituiti nellastrategia di contrasto alle mafie operanti sul territorio nazionale, ed altresì fondamentale che detti beni, attraverso l'uso sociale di essi, ritornino alla collettività depauperata;
appare invece incongruo rispetto allo scopo risarcitorio delle comunità locali, un aspetto della normativa laddove è previsto che i beni mobili, i crediti e i complessi aziendali siano sempre mantenuti al patrimonio dello Stato, con destinazione delle somme ricavate dal recupero di crediti, dall'affitto, dalla vendita o dalla liquidazione, al finanziamento di interventi di competenza statale, come quelli relativi alla informatizzazione del processo, non vincolati territorialmente alla regione che direttamente ha subito il danno di immagine ed economico, anche indotto, derivante dalle attività delle associazioni di tipo mafioso;
sotto un altro profilo la vigente disciplina legislativa risulta in contrasto anche con i principi di federalismo posti alla base della politica nazionale di riforma istituzionale relativa ai diversi livelli di governo, perché risorse proprie di una regione vengono sottratte alla stessa senza la previsione di un corrispondente o almeno prevalente, ritorno finanziario;
la rilevante funzione di ristoro delle comunità locali direttamente danneggiate propria della destinazione dei beni confiscati e i principi di federalismo impongono, invece, una diversa impostazione di fondo ed una coerente rivisitazione della normativa vigente, rivisitazione che risulti ispirata ad un chiaro e diverso principio regolatore della materia, quello secondo il quale i beni confiscati o le risorse dagli stessi derivanti, qualunque sia la loro natura (beni immobili, mobili, crediti, aziende, partecipazioni sociali, eccetera) devono essere assegnati in via prioritaria e prevalente alla regione nella quale è stata realizzata la condotta criminosa di tipo associativo,

impegna il Governo

ad emanare una norma volta a prevedere che i proventi derivanti dai beni confiscati alla criminalità organizzata, qualunque sia la loro natura, vengano impegnati in via prioritaria e prevalente nelle regioni in cui sono state commesse le corrispondenti attività delittuose, al fine di utilizzarle nel controllo e nella sicurezza del territorio, fornendo altresì alle Forze di Polizia strumenti idonei al contrasto della criminalità.
9/1857/31.Lombardo, Lo Monte, Belcastro, Commercio, Iannaccone, Latteri, Milo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
la legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modifiche ed integrazioni, prevede che i beni confiscati per reati di mafia sono devoluti allo Stato e che i beni immobili possano essere mantenuti al patrimonio dello Stato ovvero eventualmente trasferiti al patrimonio del comune ove l'immobile è sito o, ancora, al patrimonio della provincia o della regione per fini di utilità sociale;
a venticinque anni dall'adozione delle prime misure normative finalizzate all'ablazione dei patrimoni dei mafiosi, il sistema presenta alcune criticità, primo fra tutti il notevole lasso di tempo intercorrente tra il momento del sequestro dei beni a quello dell'assegnazione e del riutilizzo degli stessi, e determinato anche dalla eccessiva burocrazia legata al procedimento;
il valore simbolico della destinazione a fini socialmente utili dei patrimoni in possesso delle organizzazioni criminali ha rappresentato per le comunità segnate dalla presenza mafiosa, il segnale più forte e concreto della riaffermazione positiva dell'autorità dello Stato che, attraverso il nuovo strumento della confisca, restituiva alla collettività quanto illecitamente era stato ad essa sottratto con l'intimidazione e la violenza e mascherato in forma di legittima disponibilità;
la Commissione antimafia ha avuto molte occasioni per ribadire quanto sia fondamentale l'azione di aggressione dei patrimoni illecitamente costituiti nella strategia di contrasto alle mafie operanti sul territorio nazionale, ed altresì fondamentale che detti beni, attraverso l'uso sociale di essi, ritornino alla collettività depauperata;
appare invece incongruo rispetto allo scopo risarcitorio delle comunità locali, un aspetto della normativa laddove è previsto che i beni mobili, i crediti e i complessi aziendali siano sempre mantenuti al patrimonio dello Stato, con destinazione delle somme ricavate dal recupero di crediti, dall'affitto, dalla vendita o dalla liquidazione, al finanziamento di interventi di competenza statale, come quelli relativi alla informatizzazione del processo, non vincolati territorialmente alla regione che direttamente ha subito il danno di immagine ed economico, anche indotto, derivante dalle attività delle associazioni di tipo mafioso;
sotto un altro profilo la vigente disciplina legislativa risulta in contrasto anche con i principi di federalismo posti alla base della politica nazionale di riforma istituzionale relativa ai diversi livelli di governo, perché risorse proprie di una regione vengono sottratte alla stessa senza la previsione di un corrispondente o almeno prevalente, ritorno finanziario;
la rilevante funzione di ristoro delle comunità locali direttamente danneggiate propria della destinazione dei beni confiscati e i principi di federalismo impongono, invece, una diversa impostazione di fondo ed una coerente rivisitazione della normativa vigente, rivisitazione che risulti ispirata ad un chiaro e diverso principio regolatore della materia, quello secondo il quale i beni confiscati o le risorse dagli stessi derivanti, qualunque sia la loro natura (beni immobili, mobili, crediti, aziende, partecipazioni sociali, eccetera) devono essere assegnati in via prioritaria e prevalente alla regione nella quale è stata realizzata la condotta criminosa di tipo associativo,

impegna il Governo

a tenere in considerazione, nell'assegnazione dei beni confiscati alla criminalità di tipo mafioso, le esigenze degli enti territoriali nel cui comprensorio quei beni insistono.
9/1857/31.(Testo modificato nel corso della seduta)Lombardo, Lo Monte, Belcastro, Commercio, Iannaccone, Latteri, Milo, Sardelli.

La Camera,
considerato che:
la legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modifiche ed integrazioni, prevede che i beni confiscati per reati di mafia sono devoluti allo Stato e che per i soli beni immobili l'articolo 2-undecies stabilisce che gli stessi possano essere mantenuti al patrimonio dello Stato ovvero trasferiti al patrimonio del comune ove l'immobile è sito o, ancora, al patrimonio della provincia o della regione;
tale normativa, oltre ad avere come fine immediato quello della sottrazione della criminalità organizzata dei patrimoni di cui dispone, trova giustificazione e fondamento, come generalmente riconosciuto, in esigenze distinte ma fortemente interconesse;
è utile dare visibilità e concretezza all'attività di ripristino della legalità e della lotta alla criminalità organizzata, al fine di riaffermare pubblicamente la primazia dello Stato sul territorio dove la stessa ha dispiegato la propria forza intimidatrice e discorsiva delle regole del mercato e della convivenza sociale;
è opportuno assicurare così anche alla destinazione degli immobili, successivi a confisca, una rilevantissima funzione di contrasto della criminalità di tipo mafioso,attraverso la tangibile e pubblica dimostrazione sul territorio della sua sconfitta di fronte all'azione dello Stato;
è positivo risarcire le collettività direttamente danneggiate, anche sul piano economico, dalla criminalità mafiosa, contribuendo allo sviluppo dell'area geografica interessata da un fenomeno che ha, fra l'altro, disincentivato nella stessa gli investimenti produttivi;
su tali finalità strategiche dell'assegnazione dei beni confiscati alle comunità locali, significativa risulta la relazione della Commissione parlamentare antimafia approvata, nel corso della XV legislatura, nella seduta del 27 novembre 2007 e della quale si riportano qui di seguito le parti di diretto riferimento;
«Uno dei pregi della legge Rognoni-La Torre che, circa venticinque anni or sono, ha concentrato in poche, ma efficaci, parole l'essenza dell'adozione della mafia volta ad acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o il controllo delle attività economiche ed a condizionare l'attività amministrativa, consiste anche nell'aver predisposto gli strumenti per l'aggregazione alle mafie...La necessità di una specifica disciplina che assicurasse la razionale gestione e destinazione dei patrimoni sottratti alle organizzazioni criminali...fu al centro di una intensa mobilitazione, che culminò nella petizione sostenuta da oltre un milione di firme.
L'approvazione della legge 7 marzo 1996, n. 1098 ha rappresentato un passaggio fondamentale che ha finalmente sbloccato i meccanismi che fino ad allora impedivano l'uso sociale dei beni confiscati...L'indifferibile necessità di una legge che affrontasse organicamente la questione...era suggerita almeno da due riflessioni. La prima scaturiva dalla constatazione che i beni confiscati deperivano senza alcuna utilità...Tale situazione accentuava naturalmente l'idea di uno Stato che limitava la propria azione alla fase meramente repressiva e si mostrava incapace di trasformare l'utile mafioso in utile legale. Ciò oltre tutto, induceva ad un'altra riflessione e cioè se l'azione antimafia dello Stato si limita esclusivamente al momento repressivo, essa può apparire allo sviluppo dei territori;
diversa può apparire, invece, l'azione di contrasto alla criminalità mafiosa se essa..., riesce a sottrarre alla struttura mafiosa i beni accumulati ed a restituirli alla collettività, così incentivando l'utilizzazione sociale e dimostrando che legalità e sviluppo sono insieme una grande risorsa: la villa del mafioso che ospita una casa di riposo per anziani, il palazzo del mafioso che accoglie uffici pubblici, in sostanza, inviano un segnale positivo che si aggiunge a quello di avere assicurato alla giustizia il mafioso; segnalano, infatti, la restituzione alla collettività di ciò che la criminalità aveva sottratto ad essa. I beni confiscati rappresentano, dunque, un valore sociale ed economico tangibile e possono costituire, come di fatto è stato in alcune circostanze, uno strumento per far crescere le comunità locali. Il valore simbolico della destinazione a fini socialmente utili dei patrimoni in possesso delle organizzazioni criminali ha rappresentato, per le comunità segnate dalla presenza mafiosa, il segnale più forte e concreto della riaffermazione positiva dell'autorità dello Stato che, attraverso i nuovi strumenti, restituiva alla collettività quanto illecitamente era stato sottratto con l'intimidazione e la violenza e mascherato in forma di legittima disponibilità;
la Commissione antimafia ritiene fondamentale l'azione di aggressione dei patrimoni illecitamente costituiti nella strategia di contrasto alle mafie operanti nel territorio nazionale. E ritiene, altresì, fondamentale che detti beni, attraverso l'uso sociale di essi, ritornino alla collettività depauperata. A fronte di tali puntuali affermazioni della Commissione antimafia le disposizioni vigenti risultano, però, assolutamente inadeguate al raggiungimento dello scopo. Attualmente infatti, beneficiario immediato dei provvedimenti di confisca degli immobili non è il contesto delle collettività locali direttamente danneggiatedal fenomeno mafioso, ma lo Stato, salvo il successivo (e solo eventuale) trasferimento di alcuni immobili ai comuni, alle province ed alle regioni;
ancora più incongrua rispetto allo scopo risarcitorio delle comunità locali risulta, poi, la disciplina riguardante i beni mobili, i crediti e i complessi aziendali che, secondo la legislazione vigente, sono sempre mantenuti al patrimonio dello Stato, con destinazione delle somme ricavate dal recupero dei crediti, dall'affitto, dalla vendita o dalla liquidazione, al finanziamento di interventi di competenza statale (come quelli relativi alla informatizzazione del processo) non vincolati territorialmente alla regione che direttamente ha subito il danno di immagine ed economico (anche indotto) derivante dalle attività delle associazioni di tipo mafioso. Sotto altro profilo la vigente disciplina legislativa risulta in contrasto anche con i principi di federalismo posti alla base della politica nazionale di riforma istituzionale relativa ai diversi livelli di governo, perché risorse proprie di una regione vengono sottratte alla stessa senza la previsione di un corrispondente o almeno prevalente, ritorno finanziario;
la rilevante funzione di ristoro delle comunità locali direttamente danneggiate proprio dalla destinazione dei beni confiscati e i principi di federalismo impongono, invece, una diversa rivisitazione della normativa vigente. Una rivisitazione che risulti ispirata ad un chiaro e diverso principio regolatore della materia, quello secondo il quale i beni confiscati o le risorse dagli stessi derivanti, qualunque sia la loro natura (beni immobili, mobili, crediti, aziende, partecipazioni sociali, eccetera) devono essere assegnati in via prioritaria e prevalente alla regione nella quale è stata realizzata la condotta criminosa di tipo associativo»,

impegna il Governo

ad emanare una norma volta a modificare la legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modifiche e integrazioni, nel senso del riconoscimento espresso dell'assegnazione dei beni confiscati come strumento territoriale di contrasto delle associazioni di tipo mafioso e di ristoro delle comunità locali direttamente danneggiate, nonché dell'assegnazione in via prevalente dei beni confiscati e delle risorse derivanti dal recupero dei crediti, dall'affitto, dall'alienazione o dalla liquidazione, per finalità istituzionali o sociali al patrimonio della regione nella quale l'attività illecita sia stata posta in essere in via esclusiva o prevalente.
9/1857/32.Lo Monte, Belcastro, Commercio, Iannaccone, Latteri, Lombardo, Milo, Sardelli.

La Camera,
considerato che:
la legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modifiche ed integrazioni, prevede che i beni confiscati per reati di mafia sono devoluti allo Stato e che per i soli beni immobili l'articolo 2-undecies stabilisce che gli stessi possano essere mantenuti al patrimonio dello Stato ovvero trasferiti al patrimonio del comune ove l'immobile è sito o, ancora, al patrimonio della provincia o della regione;
tale normativa, oltre ad avere come fine immediato quello della sottrazione della criminalità organizzata dei patrimoni di cui dispone, trova giustificazione e fondamento, come generalmente riconosciuto, in esigenze distinte ma fortemente interconesse;
è utile dare visibilità e concretezza all'attività di ripristino della legalità e della lotta alla criminalità organizzata, al fine di riaffermare pubblicamente la primazia dello Stato sul territorio dove la stessa ha dispiegato la propria forza intimidatrice e discorsiva delle regole del mercato e della convivenza sociale;
è opportuno assicurare così anche alla destinazione degli immobili, successivi a confisca, una rilevantissima funzione di contrasto della criminalità di tipo mafioso,attraverso la tangibile e pubblica dimostrazione sul territorio della sua sconfitta di fronte all'azione dello Stato;
è positivo risarcire le collettività direttamente danneggiate, anche sul piano economico, dalla criminalità mafiosa, contribuendo allo sviluppo dell'area geografica interessata da un fenomeno che ha, fra l'altro, disincentivato nella stessa gli investimenti produttivi;
su tali finalità strategiche dell'assegnazione dei beni confiscati alle comunità locali, significativa risulta la relazione della Commissione parlamentare antimafia approvata, nel corso della XV legislatura, nella seduta del 27 novembre 2007 e della quale si riportano qui di seguito le parti di diretto riferimento;
«Uno dei pregi della legge Rognoni-La Torre che, circa 25 anni or sono, ha concentrato in poche, ma efficaci, parole l'essenza dell'adozione della mafia volta ad acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o il controllo delle attività economiche ed a condizionare l'attività amministrativa, consiste anche nell'aver predisposto gli strumenti per l'aggregazione alle mafie...La necessità di una specifica disciplina che assicurasse la razionale gestione e destinazione dei patrimoni sottratti alle organizzazioni criminali...fu al centro di una intensa mobilitazione, che culminò nella petizione sostenuta da oltre un milione di firme.
L'approvazione della legge 7 marzo 1996, n. 1098 ha rappresentato un passaggio fondamentale che ha finalmente sbloccato i meccanismi che fino ad allora impedivano l'uso sociale dei beni confiscati...L'indifferibile necessità di una legge che affrontasse organicamente la questione...era suggerita almeno da due riflessioni. La prima scaturiva dalla constatazione che i beni confiscati deperivano senza alcuna utilità...Tale situazione accentuava naturalmente l'idea di uno Stato che limitava la propria azione alla fase meramente repressiva e si mostrava incapace di trasformare l'utile mafioso in utile legale. Ciò oltre tutto, induceva ad un'altra riflessione e cioè se l'azione antimafia dello Stato si limita esclusivamente al momento repressivo, essa può apparire allo sviluppo dei territori;
diversa può apparire, invece, l'azione di contrasto alla criminalità mafiosa se essa..., riesce a sottrarre alla struttura mafiosa i beni accumulati ed a restituirli alla collettività, così incentivando l'utilizzazione sociale e dimostrando che legalità e sviluppo sono insieme una grande risorsa: la villa del mafioso che ospita una casa di riposo per anziani, il palazzo del mafioso che accoglie uffici pubblici, in sostanza, inviano un segnale positivo che si aggiunge a quello di avere assicurato alla giustizia il mafioso; segnalano, infatti, la restituzione alla collettività di ciò che la criminalità aveva sottratto ad essa. I beni confiscati rappresentano, dunque, un valore sociale ed economico tangibile e possono costituire, come di fatto è stato in alcune circostanze, uno strumento per far crescere le comunità locali. Il valore simbolico della destinazione a fini socialmente utili dei patrimoni in possesso delle organizzazioni criminali ha rappresentato, per le comunità segnate dalla presenza mafiosa, il segnale più forte e concreto della riaffermazione positiva dell'autorità dello Stato che, attraverso i nuovi strumenti, restituiva alla collettività quanto illecitamente era stato sottratto con l'intimidazione e la violenza e mascherato in forma di legittima disponibilità;
la Commissione antimafia ritiene fondamentale l'azione di aggressione dei patrimoni illecitamente costituiti nella strategia di contrasto alle mafie operanti nel territorio nazionale. E ritiene, altresì, fondamentale che detti beni, attraverso l'uso sociale di essi, ritornino alla collettività depauperata. A fronte di tali puntuali affermazioni della Commissione antimafia le disposizioni vigenti risultano, però, assolutamente inadeguate al raggiungimento dello scopo. Attualmente infatti, beneficiario immediato dei provvedimenti di confisca degli immobili non è il contesto delle collettività locali direttamente danneggiatedal fenomeno mafioso, ma lo Stato, salvo il successivo (e solo eventuale) trasferimento di alcuni immobili ai comuni, alle province ed alle regioni;
ancora più incongrua rispetto allo scopo risarcitorio delle comunità locali risulta, poi, la disciplina riguardante i beni mobili, i crediti e i complessi aziendali che, secondo la legislazione vigente, sono sempre mantenuti al patrimonio dello Stato, con destinazione delle somme ricavate dal recupero dei crediti, dall'affitto, dalla vendita o dalla liquidazione, al finanziamento di interventi di competenza statale (come quelli relativi alla informatizzazione del processo) non vincolati territorialmente alla regione che direttamente ha subito il danno di immagine ed economico (anche indotto) derivante dalle attività delle associazioni di tipo mafioso. Sotto altro profilo la vigente disciplina legislativa risulta in contrasto anche con i principi di federalismo posti alla base della politica nazionale di riforma istituzionale relativa ai diversi livelli di governo, perché risorse proprie di una regione vengono sottratte alla stessa senza la previsione di un corrispondente o almeno prevalente, ritorno finanziario;
la rilevante funzione di ristoro delle comunità locali direttamente danneggiate proprio dalla destinazione dei beni confiscati e i principi di federalismo impongono, invece, una diversa rivisitazione della normativa vigente. Una rivisitazione che risulti ispirata ad un chiaro e diverso principio regolatore della materia, quello secondo il quale i beni confiscati o le risorse dagli stessi derivanti, qualunque sia la loro natura (beni immobili, mobili, crediti, aziende, partecipazioni sociali, eccetera) devono essere assegnati in via prioritaria e prevalente alla regione nella quale è stata realizzata la condotta criminosa di tipo associativo»,

impegna il Governo

a tenere in considerazione, nell'assegnazione dei beni confiscati alla criminalità di tipo mafioso, le esigenze degli enti territoriali nel cui comprensorio quei beni insistono.
9/1857/32.(Testo modificato nel corso della seduta)Lo Monte, Belcastro, Commercio, Iannaccone, Latteri, Lombardo, Milo, Sardelli.

La Camera,

impegna il Governo

a porre in essere tutte le iniziative atte a garantire l'effettiva tutela e fruizione dei diritti e delle garanzie dei minori stranieri non accompagnati presenti sul territorio nazionale anche supportando i servizi di informazione e orientamento sulla normativa vigente e sui diritti dello straniero e adeguati servizi di assistenza psico sociale e di mediazione culturale.
9/1857/33.Villecco, Calipari, Calvisi, Livia Turco, Zampa, Sbrollini.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Politiche del Governo per lo sviluppo del Mezzogiorno - 3-00250

NUCARA. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
tutti gli indicatori economici e sociali denunciano lo stato di crisi del Mezzogiorno italiano. Da oltre un decennio, infatti il suo peso relativo sull'economia nazionale è rimasto stazionario, allargando la forbice tra le aree più forti del Paese e quelle più deboli;
le cause di questa regressione relativa sono riconducibili ai cambiamenti intervenuti nel modello di sviluppo dell'economia italiana. Le pratiche dirigistiche di un tempo hanno ceduto il passo a favore di uno sviluppo dell'attività imprenditoriale di tipo molecolare - basata su piccole e medie imprese - che hanno conquistato spazi di mercato, specie all'estero, ed avviato processi autopropulsivi di sviluppo;
in questo nuovo ambiente la dotazione infrastrutturale, seppure insufficiente a livello nazionale, ha tuttavia contribuito notevolmente all'affermazione delle suddette attività imprenditoriali, consentendo a zone del Paese, come il Nord Est, in precedenza emarginate, da un punto di vista economico e sociale, di poter competere con successo sui mercati domestici ed internazionali;
la carenza di investimenti nel Mezzogiorno ha creato, di conseguenza, un'ulteriore frattura. Un vuoto che è stato colmato, almeno in parte, dallo sviluppo di attività criminose, che si nutrono dell'assenza di prospettive capaci di dare al territorio una speranza di riscatto e di emancipazione;
le risorse, che in questi anni sono state pure stanziate, da un lato non hanno avuto riscontro in progetti effettivi (erano, cioè, semplici poste contabili cancellate a fine anno per essere, invece, effettivamente utilizzate in progetti a favore di altri territori del Paese), dall'altro erano disperse in una miriade di piccoli interventi, spesso rispondenti a logiche clientelari, ma non in grado di rappresentare quel volano in grado di imprimere un cambiamento nella prospettiva più generale;
la stessa politica economica del Paese, costretta a fare i conti con il carattere dualistico del suo sviluppo, aveva come punto di riferimento principale le sue aree forti. Il che entrava, inevitabilmente, in contraddizione con le esigenze - fiscalità di vantaggio, differenziazione delle politiche salariali, maggior impegno nella dotazione delle infrastrutture e così via - di un territorio, che aveva, invece, esigenze e problemi diversi, che potevano essere risolti - come mostra l'esperienza internazionale, a partire dalla Germania o dall'Irlanda - solo con un impegno maggiore;
ancora recentemente i tentativi nel delineare una diversa politica economica - a partire dalla fiscalità di vantaggio - sono stati troppo timidi e limitati nel tempo, mentre le risorse stanziate per far fronte alle più gravi strozzature infrastrutturali venivano dirottate a favore di altri interventi;nonostante il fatto che il Mezzogiorno - si pensi al porto di Gioia Tauro - avesse dimostrato grandi capacità di sviluppo autonomo;
nei nuovi equilibri geopolitici (rapporto Nord-Sud, sviluppo dell'area mediterranea e così via) il Mezzogiorno può divenire la piattaforma logistica del commercio internazionale, contribuendo ad allargare il peso politico non solo dell'Italia, ma dell'Europa stessa, nel difficile negoziato per le grandi riforme che saranno necessarie per superare la grave crisi finanziaria internazionale;
affinché tutto ciò si realizzi è necessario che l'impegno dello Stato a favore del Mezzogiorno, in termini di investimenti e di sviluppo indotto dalla presenza pubblica, diventi prioritario -:
quale sia la strategia che il Governo intende adottare per conseguire i risultati indicati e come tutto ciò si concili con la prassi adottata di utilizzare le risorse - a partire dal Fondo per le aree sottoutilizzate - in teoria stanziate a favore del Mezzogiorno, di fatto utilizzate per scopi che nulla hanno a che vedere con la loro destinazione originaria. (3-00250)

Misure per l'erogazione di adeguati finanziamenti a favore delle scuole paritarie - 3-00251

CAPITANIO SANTOLINI, CIOCCHETTI, PEZZOTTA, VIETTI, VOLONTÈ, CICCANTI, COMPAGNON e NARO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la scuola paritaria, già colpita in maniera pesante dal disegno di legge finanziaria per il 2009, attraverso tagli che ammontano a 133 milioni di euro sui 535 complessivamente erogati dallo Stato, rischia di non vedere erogati neanche i finanziamenti stanziati dalla legge finanziaria per il 2008;
gli uffici delle direzioni scolastiche regionali, da cui partono i mandati di pagamento, si sono visti rispondere dalla Ragioneria dello Stato che, non solo «non c'è disponibilità di fondi» per coprire i pagamenti degli ultimi quattro mesi del 2008, ma che tali fondi non sono neanche previsti;
tale scenario sta creando agitazione e preoccupazione nelle associazioni del mondo delle scuole paritarie, già fortemente penalizzate dall'evolversi della questione fondi per l'anno 2009 e dopo la richiesta di ritiro, da parte del Governo alla stessa maggioranza, dell'emendamento tramite il quale si chiedeva l'immediato ripristino dei 535 milioni di euro;
questa situazione, infatti, mette a serio rischio la prosecuzione del servizio di tali scuole, soprattutto materne ed elementari, a cui è dedicato quasi totalmente il capitolo di spesa ministeriale;
lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri, il 5 novembre 2008, aveva dichiarato di non essersi accorto dei tagli alla scuola cattolica e, quindi, la sua intenzione di cercare di evitarli;
inoltre, due settimane fa una circolare del direttore generale per gli ordinamenti del sistema nazionale di istruzione e per l'autonomia scolastica, Mario Dutto, aveva dato il via a questi pagamenti -:
quali misure ritenga opportuno intraprendere immediatamente, al fine di sbloccare i fondi necessari, non solo per il futuro di questi istituti, ma anche per garantire la libertà di scelta delle famiglie in campo educativo. (3-00251)

Misure per l'erogazione delle risorse assegnate per l'anno 2008 a favore delle scuole paritarie - 3-00252

DE PASQUALE, GHIZZONI, SERENI, BRESSA, BACHELET, COSCIA, DE BIASI, DE TORRE, GINEFRA, LEVI, LOLLI, MAZZARELLA, NICOLAIS, PES, PICIERNO,ROSSA, ANTONINO RUSSO e SIRAGUSA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con la legge 10 marzo 2000, n. 62, sono stati definiti i criteri per il riconoscimento delle scuole paritarie, gestite dagli enti locali o da soggetti privati, che sono parte del sistema nazionale di istruzione pubblica unitamente alle scuole statali;
nelle ultime iniziative legislative del Governo sono previsti una serie di tagli delle risorse per le istituzioni scolastiche non statali, con una decurtazione di 133 milioni di euro. A fronte di un taglio medio del 10 per cento imposto agli stati di previsione dei ministeri, quello per le scuole paritarie è del 30 per cento;
nel sistema delle scuole paritarie sono presenti, in prevalenza, quelle primarie e dell'infanzia: in particolare, queste ultime comprendono le numerose istituzioni comunali;
pertanto, i tagli previsti incideranno soprattutto sui suddetti cicli di scuola, che accolgono ben 531.258 bambini su un totale di 1.652.689 di frequentanti la scuola dell'infanzia e 196.776 su 2.820.150 alunni della scuola primaria;
le scuole paritarie, in particolare dell'infanzia e primaria, contribuiscono alla capillare diffusione del sistema d'istruzione nazionale; più precisamente, le scuole materne sono presenti in 4.800 comuni e permettono un'erogazione estesa del servizio educativo dell'infanzia;
negli ultimi anni, a causa dell'aumento degli istituti accreditati, il contributo ad ogni sezione di scuola dell'infanzia e primaria è diminuita progressivamente, mentre è peraltro aumentata la presenza in queste stesse scuole di alunni con bisogni educativi speciali;
se le scuole dell'infanzia paritarie dovessero contrarre o sospendere il servizio erogato per ragioni di carattere economico, i disagi per tante famiglie sarebbero notevoli e lo Stato dovrebbe sostenere una spesa elevatissima per approntare servizi sostitutivi;
in ottemperanza alla nota del ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, protocollo n. 11052 del 17 ottobre 2008, a firma del direttore generale Dutto, con oggetto «Anticipo dei contributi spettanti alle scuole paritarie per l'anno scolastico 2008/2009 - utilizzo dei fondi assegnati dal bilancio 2008», gli uffici scolastici regionali hanno predisposto gli ordinativi di pagamento relativi ai primi 4 mesi dell'anno scolastico 2008/2009 ed afferenti ai fondi del bilancio 2008, ma al momento dell'erogazione non risultavano più disponibili le relative risorse;
la mancata corrispondenza alle scuole paritarie delle somme dovute per l'anno 2008 mette a serio rischio la prosecuzione dell'anno scolastico in corso; nel caso in cui i detti contributi non venissero erogati, il fondo per le scuole paritarie nell'anno in corso risulterebbe di fatto fortemente decurtato -:
se, anche in considerazione del previsto taglio sul bilancio 2009 di 133 milioni di euro dei contributi alle scuole paritarie, non ritenga urgente disporre l'immediata erogazione dell'ultima tranche delle risorse poste al bilancio 2008, al fine di dare seguito al pagamento degli ordinativi già predisposti dagli uffici scolastici regionali. (3-00252)

Iniziative normative per modificare la disciplina del soggiorno obbligato, con particolare riferimento ai condannati per il reato di associazione di tipo mafioso - 3-00253

COTA, LUCIANO DUSSIN, DAL LAGO, REGUZZONI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOGLIATO,FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIBELLI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, LUSSANA, MACCANTI, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MONTAGNOLI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SALVINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 20 novembre 2008, svariate agenzie di stampa e testate giornalistiche riportavano la notizia secondo cui Giuseppe Salvatore Riina, figlio del boss mafioso Salvatore Riina, condannato per associazione mafiosa, attualmente sottoposto alla sorveglianza speciale con soggiorno obbligato e all'obbligo di firma in commissariato per tre anni, in quanto soggetto «socialmente pericoloso», avrebbe presentato istanza al tribunale di Palermo per potersi trasferire da Corleone;
in particolare, il Riina avrebbe espresso la volontà di trasferirsi a Cernusco sul Naviglio (Milano), dove avrebbe ricevuto un'offerta di lavoro presso un'azienda del settore dell'edilizia;
l'applicazione dell'istituto del soggiorno obbligato negli anni '60 e '70, che ha previsto il trasferimento nei comuni del Centro e del Nord di condannati per reati di mafia, ha avuto come unico esito il propagarsi delle cosche mafiose, il radicarsi di questi fenomeni in territori dove allora non esistevano e il costituirsi di nuove reti criminali attorno ai soggetti che venivano trasferiti;
il fatto che Giuseppe Salvatore Riina, che non può essere considerato un delinquente qualunque che tenta di reinserirsi nel mondo del lavoro, ma che per il cognome che porta è un vero e proprio simbolo di Cosa Nostra, abbia ricevuto un'offerta di lavoro da un comune del Nord legittima i sospetti di possibili contatti con reti mafiose presenti sul territorio della provincia di Milano -:
se sia intenzione del Governo adottare iniziative normative al fine di procedere ad una modifica della disciplina del soggiorno obbligato, in particolare per i condannati per il reato di associazione mafiosa, in modo da evitare che la misura in oggetto possa diventare strumento di trasferimento di attività criminali. (3-00253)

Misure a sostegno dei giovani lavoratori, con particolare riferimento ai cosiddetti lavoratori atipici - 3-00254

EVANGELISTI, DONADI, BORGHESI, BARBATO, CAMBURSANO, CIMADORO, COSTANTINI, DI GIUSEPPE, FAVIA, ANIELLO FORMISANO, GIULIETTI, MESSINA, MISITI, MONAI, MURA, LEOLUCA ORLANDO, PALADINI, PALOMBA, PALAGIANO, PIFFARI, PISICCHIO, PORCINO, PORFIDIA, RAZZI, SCILIPOTI, ROTA e ZAZZERA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la crisi finanziaria sviluppatasi negli ultimi mesi si è rapidamente manifestata in tutta la sua entità, evidenziandosi come una vera e propria crisi economica di difficile soluzione perché particolarmente ramificata: gli effetti delle speculazioni finanziarie si sono riverberati con rapidità sui sistemi produttivi di tutti i principali Paesi occidentali e non solo;
la crisi che abbiamo di fronte non può essere considerata esclusivamente come un fenomeno finanziario, relegata all'ambito economico: appare, al contrario, come qualcosa di più profondo, tanto da potersi definire una «crisi di sistema»;
nel determinare tale situazione hanno influito, in particolare, la scarsità di controlli e la debolezza delle regole che erano state congegnate per il sistema finanziario;
in una fase come quella attuale appare quanto mai necessario riuscire agovernare il cambiamento: servono regole nuove e controlli più adeguati e stringenti;
nel nostro Paese è fondamentale garantire il mantenimento di un adeguato livello di consumi; per farlo non servono proclami ideologici, ma misure precise e focalizzate a questo obiettivo: in particolare, serve mantenere il giusto livello di sicurezza economica e sociale;
il cittadino, il consumatore deve essere sostenuto, considerandolo anche nella sua dimensione di lavoratore: in particolare, le nuove generazioni devono essere messe nelle condizioni di poter consumare ed investire sul proprio futuro;
la fascia di consumatori più attiva, quelli chiamati a sostenere gli investimenti nel Paese, sono mediamente i cittadini più giovani, quelli chiamati ad investire sul proprio futuro: ebbene proprio questi sono, in Italia, i lavoratori più instabili ed insicuri;
secondo quando riportato dalla stampa, ci sarebbero quasi un milione di posti di lavoro atipici che rischiano di essere cancellati dalla crisi: solo nella pubblica amministrazione «i contratti destinati a non essere rinnovati sono tra i 250 mila ed i 300 mila»;
la Cgil ha annunciato che, secondo le sue rilevazioni, già entro la fine del 2008 potrebbero essere 400 mila i precari lasciati senza lavoro;
uno studio dell'Università di Roma «La Sapienza» riporta che attualmente in Italia sarebbero oltre 800 mila i lavoratori «stabilmente atipici» e particolarmente a rischio, perché hanno un solo contratto, con un solo committente;
il reddito medio dei lavoratori atipici si attesta intorno ai 16 mila euro l'anno e per le donne lavoratrici la situazione è anche peggiore sia in termini di retribuzione, sia in termini di stabilità lavorativa, alla quale spesso devono sacrificare la maternità;
questa nuova generazione di giovani lavoratori, in larga parte, vive in una situazione di profonda insicurezza, dovuta alla mancanza di continuità nel rapporto di lavoro e di un reddito inadeguato: inoltre, proprio questi nuovi lavoratori sono del tutto carenti di ammortizzatori sociali;
appare davvero complesso che la nuova generazione dei lavoratori italiani, in queste condizioni, possa contribuire a mantenere alto il livello dei consumi;
per garantire il giusto livello dei consumi e degli investimenti è necessario intervenire per rendere più sicuro il lavoro: la deregolamentazione del mercato del lavoro non può essere considerata ad esclusivo vantaggio delle imprese -:
quali siano le misure che il Governo intende adottare, ed in quali tempi, per sostenere i giovani lavoratori, in particolare quelli con contratti atipici, sprovvisti di qualsiasi ammortizzatore sociale, e se non ritenga, in particolare, necessario ipotizzare misure straordinarie, anche temporanee, per sostenerne il reddito.
(3-00254)

Iniziative del Governo in materia di sicurezza stradale, con particolare riferimento alla prevenzione e al contrasto del fenomeno della pirateria stradale - 3-00255

CICCHITTO, BOCCHINO e BOCCIARDO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nell'ultimo periodo, ancora una volta, è stato consegnato al Paese l'ennesimo bollettino di morte sulle strade;
giovani, e in taluni casi giovanissimi, hanno perso drammaticamente la vita o sono stati ricoverati in gravissime condizioni. Si ricordano: 3 ragazzi morti nell'astigiano, un uomo travolto da un immigrato pieno di alcool e cocaina, una ragazzadi 24 anni uccisa da un automobilista che risultava guidare sotto l'effetto di droghe e valium, un rom completamente ubriaco che ha falciato ben 13 persone alla fermata del bus, fortunatamente solo ferite. Recentissimi, invece, sono i 4 morti vicino a Potenza, fra loro un quattordicenne, e un agente di polizia travolto da un furgone pirata nel napoletano o l'immigrato travolto da un avvocato ubriaco e drogato. Questi accadimenti si aggiungono ad una lista interminabile di lutti, che, senza soluzione di continuità, stanno insanguinando le strade del Paese;
nei primi 10 mesi del 2008 gli episodi di pirateria stradale ammontano a 245, con 69 vittime, di cui 32 pedoni. Di questi, 188 episodi hanno un autore «noto». Il 44,9 per cento dei «pirati» è stato trovato positivo all'alcool e a sostanze stupefacenti. Ogni anno le vittime di incidenti stradali ammontano a 7.000, i feriti, invece, sono circa 300.000;
il Governo si è mosso da tempo per inasprire le pene e predisporre maggiori controlli e severità, tanto che le 29 vittime degli incidenti stradali verificatisi nell'ultimo fine settimana sulle strade italiane risultano essere 8 in meno rispetto allo stesso fine settimana del 2007. Questi provvedimenti risultano, però, ancora insufficienti;
esiste una vera «emergenza pirateria», denunciata anche dagli organi di stampa -:
quali ulteriori iniziative il Governo intenda adottare, a supporto di quanto già fatto, al fine di prevenire, sensibilizzare, informare in maniera efficace e reprimere, quindi, il fenomeno segnalato in premessa. (3-00255)