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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di venerdì 19 novembre 2010

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 19 novembre 2010.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Berlusconi, Bindi, Bocchino, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Bucchino, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Centemero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, D'Amico, Dal Lago, Di Biagio, Donadi, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lorenzin, Lupi, Lusetti, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Ricardo Antonio Merlo, Miccichè, Migliavacca, Mura, Mussolini, Narducci, Nucara, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Rigoni, Roccella, Romani, Rotondi, Paolo Russo, Saglia, Sardelli, Stefani, Tabacci, Tremonti, Vito, Volontè.

Annunzio di proposte di legge.

In data 18 novembre 2010 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
GHIGLIA: «Riconoscimento dell'inno di Mameli "Fratelli d'Italia" quale inno ufficiale della Repubblica» (3875);
CODURELLI ed altri: «Modifica all'articolo 19 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, in materia di indennità di fine lavoro a favore dei collaboratori coordinati e continuativi» (3876);
CASINI e RICARDO ANTONIO MERLO: «Modifica all'articolo 1 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di cittadinanza per nascita, ai fini dell'eliminazione della discriminazione verso le donne» (3877);
CASINI e RICARDO ANTONIO MERLO: «Istituzione dei comitati di controllo dello svolgimento delle elezioni nella circoscrizione Estero e nuove norme in materia di ineleggibilità nella medesima circoscrizione» (3878);
PETRENGA: «Modifiche all'articolo 15 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e alla tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di detraibilità delle spese e di riduzione dell'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto per la manutenzione e riparazione dei veicoli» (3879);
JANNONE: «Disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili» (3880).

Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

La proposta di legge ANDREA ORLANDO: «Disposizioni concernenti la sistemazione e la manutenzione dei corsi d'acqua nelle province colpite da eventi meteorologici calamitosi nei mesi di dicembre 2009 e gennaio 2010» (3417) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Ceccuzzi, Ferranti, Marantelli e Samperi.
La proposta di legge BRAGANTINI ed altri: «Istituzione del Coordinamento nazionale per il contrasto delle frodi assicurative» (3589) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Stucchi.
La proposta di legge SCHIRRU ed altri: «Interpretazione autentica del comma 2 dell'articolo 1 della legge 23 novembre 1998, n. 407, in materia di applicazione delle disposizioni concernenti le assunzioni obbligatorie e le quote di riserva in favore dei disabili» (3720) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Bossa, Cazzola, Di Biagio, Farina Coscioni, Lenzi, Pedoto, Poli e Porcu.
La proposta di legge NICOLA MOLTENI: «Modifica all'articolo 35 del testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, in materia di accertamento dell'accisa sulla produzione dei piccoli birrifici» (3757) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Stucchi.

Trasmissioni dal Senato.

In data 18 novembre 2010 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza i seguenti disegni di legge:
S. 2178. - «Ratifica ed esecuzione della Convenzione relativa allo sdoganamento centralizzato, concernente l'attribuzione delle spese di riscossione nazionali trattenute allorché le risorse proprie tradizionali sono messe a disposizione del bilancio dell'UE, fatta a Bruxelles il 10 marzo 2009» (approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (3356-B);
S. 2095. - «Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Moldova per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo aggiuntivo, fatta a Roma il 3 luglio 2002» (approvato dal Senato) (3881);
S. 2402. - «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica federativa del Brasile in materia di cooperazione nel settore della difesa, fatto a Roma l'11 novembre 2008» (approvato dal Senato) (3882).

Saranno stampati e distribuiti.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

I Commissione (Affari costituzionali):
GARAVINI e LIVIA TURCO: «Istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, del Sottosegretario di Stato per l'integrazione dei migranti e l'accoglienza dei rifugiati» (3766) Parere delle Commissioni V, XI, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
CARLUCCI: «Modifica all'articolo 27 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di docenti di scuole straniere operanti in Italia» (3810) Parere delle Commissioni VII (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento) e XI.

X Commissione (Attività produttive):
CONSIGLIO REGIONALE DELL'ABRUZZO: «Divieto di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi» (3842) Parere delle Commissioni I, V, VIII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

La Commissione europea, in data 18 novembre 2010, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sul seguito da dare al discarico per l'esercizio 2008 (Sintesi) (COM(2010)650 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio Strategia di preparazione di taluni paesi limitrofi all'adesione alle Convenzioni CE-EFTA del 1987 relative ad un regime comune di transito e alla semplificazione delle formalità negli scambi di merci (COM(2010)668 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull'attuazione del regolamento (CE) n. 1921/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa alla trasmissione di dati statistici sugli sbarchi di prodotti della pesca negli Stati membri (COM(2010)675 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla XIII Commissione (Agricoltura).

Richieste di parere parlamentare su atti del Governo.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 19 novembre 2010, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge 4 giugno 2010, n. 96, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2009/125/CE relativa all'istituzione di un quadro per l'elaborazione di specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti connessi all'energia (294).

Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla X Commissione (Attività produttive) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere il prescritto parere entro il 29 dicembre 2010. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 9 dicembre 2010.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 19 novembre 2010, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 14, della legge 28 novembre 2005, n. 246, e dell'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative al decreto legislativo 1o dicembre 2009, n. 179, recante disposizioni legislative statali anteriori al 1o gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore (295).

Tale richiesta è assegnata, dal Presidente del Senato della Repubblica, d'intesa con il Presidente della Camera dei deputati, alla Commissione parlamentare per la semplificazione, che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 19 dicembre 2010.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B  al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.

Sono pervenute alla Presidenza dai competenti Ministeri risposte scritte ad interrogazioni. Sono pubblicate nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: DISPOSIZIONI PER LA FORMAZIONE DEL BILANCIO ANNUALE E PLURIENNALE DELLO STATO (LEGGE DI STABILITÀ 2011) (A.C. 3778-A)

A.C. 3778-A - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
il meccanismo di rivalutazione delle pensioni vigente da anni determina una perdita di potere d'acquisto dei trattamenti pensionistici (circa l'8 per cento negli ultimi dieci anni), colpendo, in particolare, i pensionati ultrasettantenni, titolari di pensioni mediamente più basse;
tale effetto negativo è stato ulteriormente aggravato, per le pensioni di importo medio-alto - dal blocco della perequazione istituito negli anni 1998-1999-2000 e, in ultimo, nel 2008, per concorrere in modo solidaristico al finanziamento degli interventi di riforma del sistema pensionistico;
con il decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2007, n. 127, sono stati modificati i criteri di applicazione della perequazione automatica delle pensioni in conseguenza dei quali ai trattamenti pensionistici di importo compreso tra tre e cinque volte il minimo Inps l'indice di rivalutazione automatica delle pensioni è stato applicato, per il triennio 2008-2010, nella misura del 100 per cento (anziché del 90 per cento), mentre oltre tale importo la percentuale di adeguamento è ridotta al 75 per cento;
tale intervento legislativo ha rappresentato una, seppure modesta, risposta alle legittime aspettative dei pensionati, nella direzione di un allineamento delle pensioni al costo della vita, compatibilmente con le disponibilità di bilancio pubblico,

impegna il Governo

in prossimità della scadenza del periodo transitorio 2008-2010 previsto dalla citata legge n. 127 del 2007, fatta salva la compatibilità finanziaria della previsione di spesa con la disponibilità delle finanze pubbliche, a valutare interventi al fine di rendere strutturale e definitivo il meccanismo di indicizzazione delle pensioni stabilito dalla legge citata.
9/3778-A/1.Mazzuca, Cazzola, Garagnani, Torrisi.

La Camera,
premesso che:
i vincoli previsti dal patto di stabilità interno sono inevitabilmente connessi ad una manovra finanziaria necessaria per la stabilità dei conti pubblici e quindi per la ripresa economica del Paese;
la riduzione della capacità di spesa disposta anche per gli enti locali «virtuosi» finisce per incidere negativamente sulla capacità di realizzazione da parte degli stessi enti locali dei piani di investi mento pluriennale e per la realizzazione di opere infrastrutturali e di lavori pubblici che, invece, se avviati, potrebbero contribuire positivamente allo sviluppo economico del territorio anche in termini di sostegno all'economia e di creazione di nuovi posti di lavoro,

impegna il Governo

fatte salve le compatibilità della previsione di spesa con gli obiettivi di stabilità delle finanze pubbliche, a consentire agli enti locali di effettuare impegni in conto capitale pluriennali in relazione al loro programma dei lavori e avvalendosi delle loro disponibilità di bilancio, come consentito dal comma 1 dell'articolo 17 della legge 31 dicembre 2009, n. 196.
9/3778-A/2.Garagnani, Cazzola, Mazzuca.

La Camera,
premesso che:
per esigenze di contenimento della spesa pubblica sono stati adottati provvedimenti che limitano la possibilità di nuove assunzioni nelle amministrazioni pubbliche, anche per quanto riguarda le ordinarie politiche di turn-over;
tale situazione, di recente prorogata con il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, determina il sostanziale blocco delle assunzioni anche di quei soggetti che ne hanno titolo in qualità di vincitori di un concorso pubblico e che attendono, in taluni casi anche da molto tempo, la chiamata in servizio da parte delle amministrazioni pubbliche di riferimento,

impegna il Governo

a predisporre quanto prima un piano per l'assunzione dei soggetti vincitori di concorsi pubblici, anche attuando politiche di mobilità straordinaria e definendone le eventualmente necessarie coperture finanziarie.
9/3778-A/3.Scandroglio, Antonino Foti, Cazzola, Saltamartini, Giammanco, Moffa, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Damiano, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.

La Camera,
premesso che:
per esigenze di contenimento della spesa pubblica sono stati adottati provvedimenti che limitano la possibilità di nuove assunzioni nelle amministrazioni pubbliche, anche per quanto riguarda le ordinarie politiche di turn-over;
tale situazione, di recente prorogata con il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, determina il sostanziale blocco delle assunzioni anche di quei soggetti che ne hanno titolo in qualità di vincitori di un concorso pubblico e che attendono, in taluni casi anche da molto tempo, la chiamata in servizio da parte delle amministrazioni pubbliche di riferimento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di a predisporre quanto prima un piano per l'assunzione dei soggetti vincitori di concorsi pubblici, anche attuando politiche di mobilità straordinaria e definendone le eventualmente necessarie coperture finanziarie.
9/3778-A/3.(Testo modificato nel corso della seduta) Scandroglio, Antonino Foti, Cazzola, Saltamartini, Giammanco, Moffa, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Damiano, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.

La Camera,
premesso che:
l'esame del disegno di legge di stabilità in esame, presentato in attuazione della riforma della contabilità e della finanza pubblica, adottata con la legge n. 196 del 2009, rappresenta lo strumento idoneo a comporre il quadro delle grandezze finanziarie, conferendo stabilità al bilancio e assicurando il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica;
la nuova struttura della legge di stabilità recepisce la classificazione delle voci di bilancio presentata per la prima volta con il disegno di legge finanziaria per il 2008 e pertanto le disposizioni normative in essa contenute devono essere, di regola, articolate per missione e devono indicare il programma cui si riferiscono;
per il settore agricolo, la situazione della finanza pubblica e la manovra finanziaria per il 2011 pongono vincoli che condizionano il soddisfacimento delle esigenze prioritarie del medesimo comparto;
le previsioni delle spese per il 2011 del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ammontano per la missione 9 - Agricoltura, politiche agroalimentari e pesca, a 690,3 milioni di euro, con una riduzione pari a 181,4 milioni di euro rispetto alle previsioni assestate per l'anno 2010;
risulta tuttavia essenziale evidenziare come il provvedimento in esame contenga alcune disposizioni che consentono il rilancio del comparto: le agevolazioni per gli sgravi contributivi per l'agricoltura e quelle per la piccola proprietà contadina, che confermano la volontà del Governo di sostenere il settore agricolo nazionale, nonostante i margini d'intervento limitati sotto il profilo finanziario, imposti dagli obiettivi di finanza pubblica,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad incrementare, compatibilmente con le risorse finanziarie a disposizione, entro l'anno 2011, la dotazione finanziaria del Ministero delle politiche agricole e forestali, per le finalità di cui in premessa.
9/3778-A/4.Nastri, Torrisi.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di stabilità, alla luce della ridisegnazione del contenuto attuato dalla nuova legge di contabilità e finanza pubblica, legge n. 196 del 2009, risulta essere più ristretta nella rimodulazione delle misure e appare più difficile inserire nel provvedimento norme finalizzate al sostegno e al rilancio dell'economia;
diverse sono le perplessità che si sono evidenziate nel corso dell'esame nelle Commissioni parlamentari, per i diversi aspetti di competenza, e in generale condiviso è stato l'impegno dei vari gruppi parlamentari ad ampliare la portata delle norme a sostegno dei cittadini;
ad oggi tra le novità introdotte nella manovra finanziaria, grazie al certosino lavoro dei deputati, vi sono i fondi a favore dell'università e degli ammortizzatori sociali e da ultimo l'ecobonus, proroga della detrazione fiscale del 55 per cento per la riqualificazione energetica degli edifici;
purtroppo, nonostante l'impegno profuso, la legge finanziaria appare carente da un punto di vista delle decisioni che attengono alle politiche di sviluppo del Paese, in quanto si è preferito rinviare interventi decisivi per lo sviluppo economico, a futuri provvedimenti, quali quelli a sostegno delle green economy, quindi sottraendosi ad un confronto reale con i comparti economici del Paese e attuando scelte incomprensibili che possano avere una ricaduta devastante sul territorio industriale della piccola e media impresa, vanificando di fatto la bontà degli interventi in tema di occupazione e di ammortizzatori sociali;
sul tema delle energie rinnovabili e della efficienza energetica però si deve fare molto di più, pensando ad una strategia politica a lungo termine e strutturata, non solo procedendo di proroga in proroga di misure per lo sviluppo del paese;
consentire alla PA, per esempio, in tema di ecobonus, di potere riqualificare il patrimonio immobiliare senza anticipare risorse, messe a disposizione del privato, il quale potrà recuperare il proprio investimento nel tempo tramite i risultati di risparmio energetico, fino a quando l'investimento non è ammortizzato, unitamente alla detrazione fiscale in oggetto;
rinunciare a misure di sviluppo significa rinunciare al futuro del Paese, tra l'altro sganciata dagli ultimi interventi della Commissione Europea che ha dettato la strategia energetica per il prossimo decennio. con la Comunicazione Energia 2020, puntando a mettere in campo nel territorio europeo una nuova strategia per un energia competitiva sostenibile e sicura. Per quanto riguarda il risparmio energetico, infatti la Commissione propone di concentrare le iniziative in due settori che presentano le maggiori potenzialità : quello dei trasporti e quello dell'edilizia;
la stessa Confindustria proprio sul tema dell'efficienza energetica ha predisposto un imponente studio, stimando che l'impatto economico per il nostro Paese, se si dovesse puntare sul dualismo rinnovabili-efficienza energetica, sarebbe pari a 14 milioni di euro, simulando una politica di incentivi differenziati per le rinnovabili, oltre che confermando le previsioni di detrazioni fiscali per l'efficienza energetica; alla luce di tali rilievi,

impegna il Governo

a trasformare la misura fiscale di detrazione irpef del 55 per cento ai fini della riqualificazione energetica degli edifici in intervento strutturale stabile, allargandola anche agli edifici nel settore pubblico e a tutte le tecnologie riconosciute effettivamente efficienti, basate su processi tecnologici richiamati dall'Allegato III, Direttiva 2006/32/CE.
9/3778-A/5.Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
il 2 febbraio 2004, a supporto del Progetto IPOCM (Integrazione e Promozione degli Ospedali e dei Centri Sanitari Italiani nel Mondo) e al fine di sostenerne le iniziative e le attività previste, è stata costituita, l'Associazione «Alleanza degli Ospedali Italiani nel Mondo»;
all'Associazione aderiscono 44 Centri Sanitari Italiani nel Mondo e 32 Centri Sanitari Nazionali di Riferimento, a cui possono aggiungersi enti pubblici, amministrazioni statali e regionali, istituzioni sanitarie anche private che hanno come proprio interesse la realizzazione degli scopi dell'Associazione stessa;
l'Associazione è orientata alla cooperazione e alla promozione sociale; tra i suoi obiettivi, che cerca di raggiungere senza finalità di lucro, c'è l'impegno nell'agevolare la dismissione delle apparecchiature sanitarie e tecnologiche giudicate per legge obsolete a beneficio di quei Centri Sanitari Italiani nel Mondo, che ne facciano richiesta;
la legge 23 dicembre 2005, n. 266 (finanziaria 2006), all'articolo 1, comma 287, assegnava, con decreto degli Affari Esteri, 1 milione di euro all'associazione «Alleanza degli Ospedali nel Mondo» al fine di assicurare le risorse necessarie al trasferimento dall'Italia all'estero delle attrezzature donate nonché alla tenuta dell'inventario aggiornato delle attrezzature disponibili;
è doveroso ricordare quanto sia importante il sostentamento di questo tipo di iniziative e tenere presente il bisogno di aiuto di cui necessitano le strutture ospedaliere che aderiscono all'Associazione,

impegna il Governo

a prevedere con apposite iniziative di natura finanziaria l'assegnazione di adeguate risorse all'Associazione «Alleanza degli Ospedali Italiani nel Mondo» per l'anno 2011.
9/3778-A/6.Angeli, Di Biagio, Picchi.

La Camera,
premesso che:
il pieno riconoscimento, agli aventi diritto, dei benefici previsti dalle norme di legge vigenti in favore delle vittime del terrorismo e dei loro familiari è stato in passato, e non solo in questa legislatura, oggetto di numerosi atti parlamentari animati dallo scopo comune di sensibilizzare il Parlamento e, più in generale l'opinione pubblica, su quelle che sono le problematiche che le vittime e i superstiti e i loro familiari si trovano ad affrontare e, quindi, a sollecitare il Governo a porre in essere tutti gli strumenti a sua disposizione per dare piena e completa attuazione alle norme di legge in materia, al fine di garantire la certezza del diritto riconosciuto dalla legge;
su tale delicata materia il Capo dello Stato, in occasione della celebrazione del giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo, ha rivolto l'invito al Governo a «sciogliere i nodi che rendono ancora incerto e precario l'insieme dei diritti pure riconosciuti, per legge a chi è sopravvissuto e ai familiari delle vittime»;
in questa legislatura il Governo ha accolto una serie di ordini del giorno:
in data 13 novembre 2008 l'ordine del giorno 9/1713/14 che lo impegnava, tra l'altro, a rispettare gli impegni assunti con le associazioni delle vittime del terrorismo e dare definitiva attuazione alle norme di legge ancora inattuate a causa delle numerose problematiche più volte portate all'attenzione del Parlamento;
in data 2 ottobre 2009 l'ordine del giorno 9/2714/173 che lo impegnava a destinare un'adeguata quota del gettito prodotto dall'applicazione dello scudo fiscale all'incremento, in via straordinaria per l'anno 2010, delle risorse destinate ai familiari delle vittime del terrorismo e delle stragi;
in data 16 dicembre 2009 due ordini del giorno il 9/2936-A/75 e il 9/2936-A/179 di analogo tenore al precedente del 13 novembre 2008;
in data 21 dicembre 2009, l'ordine del giorno 0/1790-B/36/05 di analogo tenore al precedente del 13 novembre 2008 (9/1713/14) e a quelli del 16 dicembre 2009 (9/2936-A/75 e il 9/2936-A/179);
da ultimo il Governo ha accolto in data 9 giugno 2010 l'ordine del giorno 9/3209-BIS-A-R/2, proposto dai rappresentanti di tutte le componenti parlamentari che lo impegnava ad adottare, tenendo conto delle esigenze di finanza pubblica, iniziative normative, anche di coordinamento e semplificazione degli adempimenti amministrativi, necessarie alla risoluzione delle problematiche che ancora si frappongono al pieno riconoscimento dei diritti delle vittime e dei loro familiari, evitando così l'aggravio dei disagi, anche gravi, per i soggetti interessati e salvaguardando il ruolo delle istituzioni;
infine il 4 agosto 2010, venti deputati - in rappresentanza di tutti i gruppi parlamentari - hanno presentato la mozione 1/00427 di contenuto analogo all'ordine del giorno 9/3209-BIS-A-R/2;
nonostante gli atti del Parlamento sopracitati, permangono diverse problematiche di natura previdenziale, assistenziale, sanitaria e attinenti al mercato del lavoro che ancora incidono sul pieno riconoscimento dei diritti alle vittime del terrorismo e ai loro familiari e, tra queste, vi sono quelle relative alle prestazioni erogate o erogabili dagli enti previdenziali, in merito alle quali, tra l'altro, occorrerebbe dare una interpretazione autentica all'articolo 3, comma 1, della legge 3 agosto 2004, n. 206, e successive modificazioni, al fine di chiarire come il riconoscimento dei benefici previsti al coniuge ed ai figli dell'invalido sia tale anche se il matrimonio sia successivo e/o figli siano nati successivamente all'atto terroristico, al fine di evitare il formarsi, a parità di diritto per le vittime e per i superstiti di atti terroristici, di sperequazioni di trattamento nei confronti dei loro più stetti congiunti, come nei casi di matrimonio e di nascita di figli, successivamente all'atto terroristico, nella impossibilità di risolvere le problematiche esposte, nonostante i tavoli tecnici più volte costituiti, a causa di una errata interpretazione degli enti previdenziali che non trova giustificazione nelle norme,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative volte a risolvere i problemi di natura previdenziale, assistenziale, sanitaria e attinenti al mercato del lavoro emersi nei tavoli tecnici e, pur nel quadro delle esigenze di finanza pubblica, a chiarire, anche con interpretazione autentica o con atti amministrativi nei confronti degli enti interessati, il dettato dell'articolo 3, comma 1, della legge 3 agosto 2004, n. 206, e successive modificazioni, al fine di confermare come i benefici previsti spettino anche al coniuge ed ai figli dell'invalido, anche se il matrimonio sia successivo e/o figli siano nati successivamente all'atto terroristico.
9/3778-A/7.Cazzola

La Camera,
premesso che:
preso atto della necessità di dover purtroppo intervenire per una riduzione dei trasferimenti agli enti locali e rendendosi conto delle difficoltà che predetti tagli comporteranno per la gestione di comuni e province;
a fronte di amministrazioni che possono in passato aver malamente speso i fondi pubblici ve ne sono altre che invece hanno osservato con impegno i «patti di stabilità» man mano stabiliti e che in qualche maniera tali enti locali vanno premiati, ora e in futuro, per l'attenzione dimostrata alle richieste del governo centrale e la corretta gestione dei fondi pubblici,

impegna il Governo

nella predisposizione dei futuri piani di trasferimento di fondi agli enti locali a considerare sempre come punto di riferimento il dimostrato rispetto dei patti di stabilità da parte delle singole amministrazioni in una logica premiante verso chi collabora e collaborerà al mantenimento della gestibilità della spesa pubblica.
9/3778-A/8. Zacchera.

La Camera,
premesso che:
l'immigrazione è sicuramente una delle questioni sociali più importanti attualmente in Italia, in quanto i cittadini stranieri residenti in Italia al 1o gennaio 2009 sono 3.891.295, pari al 6,5 per cento del totale dei residenti e rappresentano il 7 per cento della forza lavoro del nostro Paese;
la realtà dell'immigrazione, se correttamente gestita, può corrispondere alle necessità della nostra economia, delle nostre famiglie, del nostro welfare;
il patto europeo per l'immigrazione invita gli Stati membri a «porre in essere una politica d'integrazione armoniosa, favorendo la partecipazione dell'immigrato alla sfera civica, al mondo del lavoro, all'istruzione, al dialogo interculturale cercando di eliminare ogni diversità di trattamento che risulti discriminatorio per il cittadino terzo»;
il Patto europeo per l'immigrazione di giugno 2008 è stato sottoscritto anche dal Governo italiano e propone una gestione dell'immigrazione incentrata sugli obiettivi della prosperità, della sicurezza e della solidarietà,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di estendere le procedure di regolarizzazione già previste per colf e badanti dal decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, anche a quei settori dell'economia italiana in cui vi sia un'alta incidenza di manodopera irregolare nonché a quei settori ove la domanda di manodopera di lavoratori extracomunitari sia particolarmente richiesta dalle imprese e, comunque, con particolare attenzione ai settori economici dell'edilizia, agricoltura, terziario, pubblici esercizi e assistenza familiare;

ad operare affinché siano effettivamente rispettati i termini previsti dalle leggi vigenti per il rinnovo dei permessi di soggiorno;

ad adottare misure adeguate a favore di quei lavoratori immigrati colpiti da situazioni di crisi e per i quali i soli sei mesi entro cui trovare un'occupazione regolare dopo la perdita dei posto di lavoro precedente rischiano di essere insufficienti, mettendo così a rischio una loro regolare permanenza nel nostro Paese.
9/3778-A/9.Nizzi, Cazzola, Mazzuca.

La Camera,
premesso che:
l'immigrazione è sicuramente una delle questioni sociali più importanti attualmente in Italia, in quanto i cittadini stranieri residenti in Italia al 1o gennaio 2009 sono 3.891.295, pari al 6,5 per cento del totale dei residenti e rappresentano il 7 per cento della forza lavoro del nostro Paese;
la realtà dell'immigrazione, se correttamente gestita, può corrispondere alle necessità della nostra economia, delle nostre famiglie, del nostro welfare;
il patto europeo per l'immigrazione invita gli Stati membri a «porre in essere una politica d'integrazione armoniosa, favorendo la partecipazione dell'immigrato alla sfera civica, al mondo del lavoro, all'istruzione, al dialogo interculturale cercando di eliminare ogni diversità di trattamento che risulti discriminatorio per il cittadino terzo»;
il Patto europeo per l'immigrazione di giugno 2008 è stato sottoscritto anche dal Governo italiano e propone una gestione dell'immigrazione incentrata sugli obiettivi della prosperità, della sicurezza e della solidarietà,

impegna il Governo:

ad operare affinché siano effettivamente rispettati i termini previsti dalle leggi vigenti per il rinnovo dei permessi di soggiorno;

ad adottare misure adeguate a favore di quei lavoratori immigrati colpiti da situazioni di crisi e per i quali i soli sei mesi entro cui trovare un'occupazione regolare dopo la perdita del posto di lavoro precedente rischiano di essere insufficienti, mettendo così a rischio una loro regolare permanenza nel nostro Paese;

a valutare l'opportunità di estendere le procedure di regolarizzazione già previste per colf e badanti dal decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, anche a quei settori dell'economia italiana in cui vi sia un'alta incidenza di manodopera irregolare nonché a quei settori ove la domanda di manodopera di lavoratori extracomunitari sia particolarmente richiesta dalle imprese e, comunque, con particolare attenzione ai settori economici dell'edilizia, agricoltura, terziario, pubblici esercizi e assistenza familiare.
9/3778-A/10.Barani, Cazzola, De Luca.

La Camera,
premesso che:
con la legge 31 dicembre 2009, n. 196, cosiddetta «di stabilità», è stata introdotta la nuova configurazione del bilancio dello Stato secondo una strutturazione «per missioni e per programmi»;
la stessa legge prevede una suddivisione delle spese in «obbligatorie» e «facoltative», suddivisione rilevante ai fini della possibilità di modulazione e rimodulazione di entrambe,

impegna il Governo

nella persona del Ministro dell'Economia e delle finanze a trasmettere alle Camere una relazione che dia conto dei criteri utilizzati ai fini della riallocazione in bilancio delle spese di cui all'articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, entro il 30 giugno 2011, con l'evidenziazione della quota delle spese da considerare obbligatorie ai sensi dell'articolo 21, comma 6, della legge 196 richiamata, indicata dalle singole amministrazioni interessate.
9/3778-A/11.Duilio, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
vi è l'esigenza di far fronte alle difficoltà economiche in cui versano le famiglie, avvalendosi di misure in grado di consentire l'utilizzo delle risorse disponibili nella maniera il più possibile efficace e di iniziative volte alla rettifica di quanto disposto in precedenti provvedimenti;
la legge 24 dicembre 2007, n. 244, (legge finanziaria 2008), all'articolo 2, comma 627, ha stabilito che il Ministero della difesa predisponesse, con criteri di semplificazione, di razionalizzazione e di contenimento della spesa, un programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio;
la stessa legge, pur prevedendo la possibilità di vendita di quella aliquota di alloggi non ulteriormente utili per soddisfare esigenze della difesa, riconosce il diritto di continuazione della locazione agli utenti che non possono sostenerne l'acquisto, assicurando la permanenza negli alloggi ad alcune categorie di conduttori;
malgrado il portato della suindicata legge, nel 2008 la problematica alloggiativa concernente gli immobili della difesa è stata oggetto di analisi di uno specifico gruppo di progetto che è approdato in un apposito documento redatto sulla base del cosiddetto obiettivo 9;
il documento stabilisce un programma di interventi volti a massimizzare la disponibilità abitativa del comparto difesa, anche in deroga alle disposizioni vigenti in materia di gestione degli alloggi e in esso viene ipotizzato il rilascio delle unità abitative da parte degli utenti sine titulo attraverso la loro sottoposizione ad un fitto di libero mercato al fine di rendere critico il prosieguo della conduzione;
dal cosiddetto obiettivo 9 emergerebbe una seria difficoltà per un numero considerevole di utenti sine titulo, che verrebbero indotti a lasciare le unità abitative concesse loro in virtù delle precedenti disposizioni in materia, che legittimavano la conduzione agli occupanti verso il pagamento di un equo canone (per i titolari di minor reddito) e di equo canone maggiorato del 50 per cento (per i titolari di redditi più elevati);
nel maggio 2010 è stato adottato il decreto ministeriale n. 112, recante regolamento per l'attuazione del programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio per il personale militare, di cui all'articolo 2, comma 629, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008);
nello stesso decreto viene stabilito che gli alloggi di servizio non più funzionali sono alienati, con diritto di prelazione per il conduttore. In antitesi rispetto al diritto di continuità della locazione chiaramente sancito dalla legge finanziaria per il 2008, ai conduttori che abbiano manifestato la volontà di continuare nella conduzione dell'alloggio è riconosciuto il diritto di usufruire di un contratto di locazione che abbia la durata di nove anni, se il reddito del nucleo familiare non è superiore a 19.000 euro, ovvero a 22.000 euro nel caso di famiglie con componenti ultrasessantacinquenni o disabili, o di cinque anni, se il reddito del nucleo familiare è superiore a quello suindicato ma non superiore a quello determinato dal decreto di gestione annuale;
in questa prospettiva, si aggiunge l'articolo 6, comma 21-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, che prevede che, a decorrere dal lo gennaio 2011, venga ridefinito il canone di occupazione dovuto dagli utenti sine titulo in atto conduttori di alloggi non compresi tra quelli posti in vendita, fermo restando per l'occupante l'obbligo di rilascio entro il termine fissato dall'amministrazione, anche se in regime di proroga. Tale ridefinizione del canone sarà operata sulla base dei prezzi di mercato, ovvero, in mancanza di essi, delle quotazioni rese disponibili dall'Agenzia del territorio, del reddito dell'occupante e della durata dell'occupazione,

impegna il Governo

a valutare l'ipotesi di introdurre modifiche alla normativa suindicata attualmente in vigore in materia di alloggi militari, tenendo conto della sostenibilità dei nuovi canoni da introdurre in relazione ai redditi complessivi nonché alla sussistenza di condizioni di disabilità familiari dei conduttori degli alloggi, e prevedendo alternative formule di acquisizione e/o conduzione dell'immobile, per i conduttori sine titulo ultrasessantacinquenni che manifestino la volontà di continuare nella conduzione stessa.
9/3778-A/12.Angela Napoli, Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di stabilità, al comma 50, prevede per le regioni già sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi sanitari, sottoscritti ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, e già commissariate alla data di entrata in vigore della presente legge, che non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti delle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni medesime, fino al 31 dicembre 2011;
alcune innovazioni del codice di procedura civile introdotte dalla riforma del 2005 (decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80) hanno determinato una serie di fenomeni distorsivi nei meccanismi di recupero forzoso dei crediti a carico delle amministrazioni pubbliche, in generale, e degli enti del servizi sanitario nazionale, in particolare, la cui entità ha assunto dimensioni allarmanti;
la rinnovata formulazione dell'articolo 499 del codice di procedura civile consente ai creditori dotati di sole fatture contabili (ovvero documenti che non attestano in alcun modo l'esistenza di un credito certo, liquido ed esigibile) di inserirsi nelle procedure intraprese da creditori muniti di titolo esecutivo;
l'entità del fenomeno è tale da essere divenuto il più grave fattore di carenza di liquidità, ad esempio, nelle Regioni che hanno raggiunto livelli di indebitamento elevati: la indisponibilità delle somme a disposizione degli enti del servizio sanitario nazionale, infatti, neutralizza qualunque politica di risanamento e razionalizzazione, poiché la massa debitoria nel frattempo accumulata non può essere estinta e, paradossalmente, si alimenta sempre di più;
sempre più spesso i creditori procedenti notificano l'atto di pignoramento presso terzi, citando l'amministrazione debitrice dinanzi a un Tribunale diverso da quello in cui ha sede la filiale che gestisce il conto di tesoreria, magari con il pretesto di notificare l'atto anche a una filiale periferica del Tesoriere (è il fenomeno del cd. forum shopping): a stretto rigore, il
Giudice dell'esecuzione adito dovrebbe d'ufficio dichiarare l'incompetenza territoriale ai sensi dell'articolo 1-bis della legge 29 ottobre 1984, n. 720 (istituzione del sistema di tesoreria unica per enti ed organismi pubblici) e la nullità del pignoramento. Ciò di fatto non accade, anche (e soprattutto) in ragione di una formulazione della predetta norma che dà adito a speculazioni interpretative di vario tipo;
l'ordinamento già conosce una serie di norme finalizzate a scongiurare il rischio di un improprio ricorso alle procedure esecutive a carico delle amministrazioni pubbliche: ci si riferisce all'articolo 14, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 1997, n. 30, (che, come detto, impedisce l'esecuzione a carico delle «amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici» prima che siano decorsi 120 giorni dalla notifica del titolo esecutivo) e all'articolo 1-bis della legge 29 ottobre 1984, n. 720 (che circoscrive al pignoramento presso il tesoriere dell'ente le modalità di recupero forzoso dei crediti vantati nei confronti di alcune amministrazioni specificamente individuate in un elenco e che prevede la nullità dei pignoramenti non notificati al tesoriere); tali norme, tuttavia, sia per la diversa epoca in cui sono state emanate, sia per una formulazione non scevra da dubbi interpretativi, danno adito a speculazioni ermeneutiche che ne neutralizzano l'efficacia,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative, anche normative, al fine di introdurre, all'interno dell'ordinamento italiano, la previsione che gli interventi con le sole fatture contabili possano essere spiegati solo nei rapporti tra privati e non anche quando il debitore è un'amministrazione pubblica e che non è possibile effettuare pignoramenti dinanzi a tribunali diversi da quelli in cui ha sede l'amministrazione debitrice.
9/3778-A/13.D'Anna, Granata, Zinzi, Bossa, Milo, Cesario, Formisano Aniello, Fallica, Terranova, Moles, Cosentino, Bitonci.

La Camera,
premesso che:
l'elenco 1 di cui al comma 40 prevede una voce relativa ad interventi di carattere sociale con uno stanziamento pari a 350 milioni di euro per l'anno 2011;
tra le finalità previste dalla richiamata voce è prevista la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili di Napoli e Palermo di cui all'articolo 3 del decreto-legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 1997, n. 135;
risulta necessario provvedere al finanziamento integrale delle disposizioni di cui al citato articolo 3 del decreto-legge n. 67 del 1997,

impegna il Governo

a destinare, nello schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da sottoporre alle Commissioni parlamentari per l'espressione del parere di relativa competenza, ai fini dell'assegnazione delle risorse ai sensi dell'articolo 1, comma 40, del provvedimento in esame, per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili di Napoli e Palermo di cui all'articolo 3 del decreto-legge n. 67 del 1997, una quota pari almeno a 110 milioni di euro e comunque non inferiore alle risorse necessarie per tale finalità.
9/3778-A/14.Cesario, Laboccetta.

La Camera,
premesso che:
pur nel quadro degli stretti vincoli finanziari imposti dal provvedimento in esame, nei prossimi mesi potrebbe rivelarsi necessario integrare l'organico del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, a fronte dei passaggi di qualifica previsti per gli anni 2011 e 2012,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare i provvedimenti necessari all'assunzione nelle carriere iniziali del CNVVF degli idonei utilmente collocati nella graduatoria di cui al decreto ministeriale 1996/2008.
9/3778-A/15.Paglia, Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
in seguito alla recente campagna reddituale per gli anni 2006, 2007 e 2008, effettuata dall'INPS nei confronti dei pensionati residenti all'estero allo scopo di verificare la sussistenza del diritto a prestazioni legate al reddito e di aggiornare eventualmente i relativi importi pensionistici, sono state rilevate decine di migliaia di situazioni debitorie;
tali indebiti, che variano da poche centinaia a migliaia di euro, sono stati determinati di norma dalla sporadicità delle campagne reddituali effettuate dall'INPS all'estero (come è noto, invece, in Italia vengono effettuate annualmente) e dai ritardi e dalla farraginosità del sistema adottato dall'Istituto previdenziale per la gestione della rilevazione e del recupero degli indebiti formatisi sulle pensioni erogate all'estero;
per le considerazioni suesposte si può escludere la presenza di dolo da parte dei pensionati interessati nella formazione degli indebiti;
gli indebiti in genere gravano su pensionati emigrati i quali sono titolari di prestazioni legate al reddito e che si trovano quindi in uno stato di disagio economico;
l'INPS non ha ancora approntato un sistema di verifica reddituale annuale per i pensionati residenti all'estero,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare i provvedimenti necessari volti a sanare la situazione degli indebiti pensionistici a carico di pensionati residenti all'estero in assenza di dolo e in presenza di determinati limiti reddituali.
9/3778-A/16.Bucchino, Fedi, Garavini, Porta, Gianni Farina, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9, comma 1, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha introdotto, per il triennio 2011-2013, il cosiddetto «tetto salariale» annuale individuale, coincidente con la retribuzione complessiva in godimento nel 2010, al netto di determinati istituti indicati solo genericamente. Proprio la genericità di tale indicazione rende problematica l'applicazione del «tetto» alla particolare e complessa realtà retributiva del personale delle Forze di Polizia, delle Forze Armate e dei Vigili del Fuoco, realtà che non trova riscontro in altri ambiti e che comprende una serie di compensi legati all'impiego e al servizio prestato senza demerito, l'erogazione dei quali, in assenza di precisazioni, sarebbe fortemente a «rischio» nel triennio 2011-2013;
l'articolo 9, comma 21, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, in legge 30 luglio 2010, n. 122, ha introdotto il blocco degli effetti economici delle promozioni, degli adeguamenti annuali e della progressione economica per classi e scatti;
l'articolo 8, comma 11-bis, del suddetto provvedimento ha previsto per il personale Forze di Polizia, delle Forze Armate e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco l'istituzione di un fondo di 80 milioni di euro da distribuire con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri; tale fondo, tuttavia, risulta totalmente inadeguato e comunque riferito solo al biennio 2011-2012, lasciando senza copertura l'anno 2013;

tenuto conto che, con l'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, è stata riconosciuta la specificità del personale che opera nel comparto Difesa, Sicurezza e Soccorso, specificità che deve tradursi, per il personale dello stesso comparto, sia nel concreto e pieno riconoscimento del trattamento economico dovuto in base alla normativa vigente, anche per il triennio 2011-2013, sia nella piena erogazione dei compensi connessi con l'impiego e la specifica professionalità, con l'effettiva presenza in servizio e con la maturazione di requisiti di anzianità e di merito ai sensi della normativa in vigore,

impegna il Governo:

ad assumere le necessarie iniziative, anche normative, in merito all'applicabilità del «tetto salariale» alla peculiare realtà retributiva personale delle Forze Armate, delle Forze di polizia e dei Vigili del Fuoco, al fine di garantire la corresponsione integrale degli emolumenti connessi con l'impiego e la professionalità, con l'effettiva presenza in servizio e con la maturazione di requisiti di anzianità e di merito ai sensi della normativa in vigore;
ad integrare il Fondo indicato in premessa con risorse adeguate, utilizzando il primo provvedimento utile allo scopo, e ad assumere le necessarie iniziative, anche normative, al fine di riconoscere pienamente al personale delle Forze Armate, delle Forze di polizia e dei Vigili del Fuoco gli effetti economici derivanti dalle promozioni, gli adeguamenti annuali e la progressione economica per classi e scatti.
9/3778-A/17.Rugghia, Villecco Calipari, Amici, Fiano, Garofani, Giacomelli, Fioroni, La Forgia, Laganà Fortugno, Migliavacca, Mogherini, Recchia, Gianni Farina, Rosato, Strizzolo, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, recante disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie, ha stabilito che a decorrere dall'anno 2008 è esclusa dall'imposta comunale sugli immobili, di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo;
la legge 30 dicembre 1992, n. 504, non disciplina tuttavia le unità immobiliari possedute in Italia dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato. Inoltre nella lista delle esenzioni previste dal citato decreto-legge non sono contemplate le unità immobiliari degli italiani residenti all'estero;
il citato decreto-legge ha altresì abrogato l'ulteriore detrazione fiscale sull'ICI introdotta dalla legge finanziaria per il 2008 che era stata estesa anche ai residenti all'estero - già beneficiari della detrazione di base - che aveva praticamente esonerato così la stragrande maggioranza dei nostri connazionali dal pagamento dell'imposta comunale sugli immobili;
per i cittadini italiani residenti all'estero il risultato concreto dell'applicazione della normativa introdotta con il decreto-legge n. 93 è stato quindi l'eliminazione della ulteriore detrazione fino a 200 euro prevista dalla legge finanziaria per il 2008 e la non esenzione dal pagamento dell'ICI;
le unità immobiliari possedute dai cittadini italiani residenti all'estero erano tuttavia già state equiparate dall'articolo 1, comma 4-ter, del decreto legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n. 75, alle abitazioni principali dei cittadini italiani residenti in Italia e quindi il legislatore con il decreto-legge n. 93 del 2008 ha ignorato tale equiparazione omettendo così di estendere esplicitamente l'esenzione dall'ICI anche ai cittadini italiani residenti all'estero;
la facoltà di esonerare dal pagamento dell'ICI i cittadini italiani residenti all'estero proprietari di unità immobiliari in Italia è stata cosi demandata ad eventuali previsioni regolamentari dei singoli comuni e questa decisione arbitraria crea situazioni di disparità di trattamento a seconda del luogo di ubicazione dell'abitazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere con un provvedimento legislativo l'esenzione dall'ICI anche alle unità immobiliari possedute in Italia da cittadini italiani residenti all'estero e già equiparate ad abitazione principale in virtù dell'articolo 1, comma 4-ter, del decreto legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n. 75, a condizione che non risultino locate.
9/3778-A/18.Garavini, Bucchino, Fedi, Porta, Picchi, Gianni Farina, Vaccaro.

La Camera,
premesso che,
l'articolo 20, comma 10, del decreto-legge 25 giugno 2008, n.112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, introduce il requisito di dieci anni continuativi di. soggiorno legale ai fini del perfezionamento del diritto all'assegno sociale;
l'assegno sociale è una prestazione assistenziale il cui obiettivo è quello di garantire un livello minimo di sussistenza alle persone che vivono in Italia e che sono sprovviste di pensioni e sono titolari di reddito pari a zero o di modesto importo;
il requisito di dieci anni continuativi di soggiorno legale è in contrasto con il regolamento comunitario di sicurezza sociale n.1408/71, strumento giuridico sovranazionale e direttamente applicabile agli Stati membri che consente la totalizzazione dei periodi di lavoro o di residenza compiuti nei vari Paesi comunitari ai fini del perfezionamento del diritto alle prestazioni contributive e non contributive, compreso l'assegno sociale;
il requisito di dieci anni continuativi di soggiorno legale penalizza quindi esclusivamente i cittadini extracomunitari e soprattutto i cittadini italiani emigrati che rientrano in Italia definitivamente e che non possono far valere tale requisito,

impegna il Governo

ad assumere tutte le iniziative opportune affinché sia garantito l'assegno sociale a tutti i cittadini italiani emigrati i quali rientrino per risiedere permanentemente in Italia e che soddisfino i requisiti anagrafici e reddituali previsti alla normativa vigente a prescindere da vincoli temporali di residenza.
9/3778-A/19.Porta, Bucchino, Fedi, Garavini, Picchi, Gianni Farina, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
sono migliaia i giovani che, vincitori di concorso pubblico attendono da tempo di essere assunti;siamo di fronte infatti ad una nuova categoria di «disoccupati», vale a dire giovani, che pur avendo sostenuto una prova concorsuale ed avendola vinta, si trovano oggi senza poter accedere al posto per il quale hanno studiato e sostenuto sacrifici anche economici. Una volta superate le prove concorsuali, infatti, e pubblicata la graduatoria definitiva, l'immissione nel posto di lavoro che gli spetta viene continuamente rimandata, anche per anni, al punto di poter dire che si è creata una nuova categoria di disoccupati i cosiddetti «vincitori di concorsi pubblici non assunti»;
tale categoria riguarda tutti i comparti della Pubblica Amministrazione e secondo le notizie diffuse dal «Comitato vincitori non assunti della Pubblica Amministrazione», attraverso l'omonimo sito Internet, sarebbero circa 70.000 i cittadini vincitori ovvero idonei di concorsi pubblici che si trovano dopo mesi e a volte anni in attesa di assunzione;
nelle condizioni descritte si trovano in particolare 319 vincitori ed idonei di un concorso bandito dall'INPS nel 2007 e 404 vincitori di concorso dell'Inail, che da 3 anni attendono il decreto di assunzione,

impegna il Governo:

ad adottare le opportune iniziative affinché ai vincitori di concorso non ancora assunti siano fornite risposte certe circa il loro futuro;

ad effettuare un monitoraggio al fine di stabilire il numero effettivo dei vincitori di concorso della varie amministrazioni dello Stato fornendo i relativi dati.
9/3778-A/20.Madia, Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
come si evince dall'annuario del contribuente 2010, reperibile sul sito ufficiale dell'Agenzia delle entrate, nel capitolo 5 (detrazioni IRPEF per i familiari a carico), viene precisato che per essere considerato a carico e quindi fruire delle relative detrazioni di imposta, il familiare deve possedere un reddito annuo non superiore a 2840,51 euro al lordo degli oneri deducibili. In detto importo si deve considerare anche la rendita dell'abitazione principale;
il suddetto limite di reddito (lire 5.500.000) fu aggiornato per l'ultima volta nel 1995 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 maggio 1995 e da allora non si è più proceduto in tal senso, mentre negli anni ante 1995, il limite di reddito fu aggiornato periodicamente nel 1988 (legge n. 154 del 1988), nel 1989 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 settembre 1989, nel 1990 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 settembre 1990, nel 1991 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 settembre 1991, nel 1992 con decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, nel 1993 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14 dicembre 1993 e infine nel 1995 con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri già richiamato;
in base all'indice ISTAT, l'inflazione reale registrata nel periodo 1995-2009 corrisponde al 35,4 per cento ed è quindi opportuno aggiornare il limite di reddito previsto dal testo unico, per rendere tale importo coerente con la dinamica inflazionistica registrata dall'ISTAT;
ultimamente peraltro la legge finanziaria 2010 ha reintrodotto il lavoro accessorio (modifiche all'articolo 70 del decreto legislativo n. 276 del 2003) con lo specifico intento di promuovere opportunità di lavoro occasionale in modo particolare per le donne e gli studenti e, se si ritiene di considerare «emolumento accessorio» e «collaborazione occasionale» fino a 5.000 euro, bisogna con coerenza adeguare almeno l'importo massimo di reddito per essere considerati a carico. Inoltre un limite di reddito così basso, per rimanere a carico, penalizza oltremodo quegli studenti, nelle famiglie a basso reddito, che fruiscono di borse di studio, non essendo tutte esenti da Irpef,

impegna il Governo

a modificare, innalzandolo significativamente, il limite di reddito per essere considerato a carico, tenendo conto non solo dell'inflazione registrata dall'Istat, dal 1995 all'anno 2009, ma anche per garantire il diritto allo studio, non essendo tutte le borse di studio esenti da Irpef.
9/3778-A/21.Lenzi, Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, Strizzolo, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
articolo 32 della Costituzione recita:«la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti»;
dalla legge di riforma sanitaria del 1978 (legge n. 833 ) fino alla legge finanziaria 2003 (articolo 54) che definisce i livelli essenziali di assistenza, è mantenuto il concetto della tutela della salute a carico del Servizio sanitario nazionale per tutti i cittadini, senza limiti di durata della malattie, compresi gli anziani malati cronici non autosufficienti. Sono inoltre compresi gli interventi di riabilitazione e di lungodegenza;
un anziano malato non autosufficiente, anche se inguaribile, ha sempre il diritto di essere curato dai servizi sanitari;
l'articolo 25 della legge n. 328 del 2000 ha dato piena attuazione alla normativa ISEE che garantisce l'assistenza (quasi) gratuita per i soggetti più deboli in caso di ricovero in case di riposo, o «Residenze sanitarie assistenziali» (Rsa). Da tempo, però, è prassi illegittima di moltissimi comuni d'Italia, che a fronte di ricoveri di soggetti anziani non autosufficienti o disabili gravi, calcolano la quota di retta a carico dell'utente non solo sulla base del suo reddito, come prevede la legge, ma anche del reddito dei suoi familiari, a cui poi viene richiesto il pagamento, per la parte che rimane scoperta. Una prassi che spesso mette in ginocchio famiglie intere, costrette a pagare cifre esorbitanti;
il decreto legislativo n. 109 del 1998 chiarisce invece espressamente all'articolo 3, comma, 2-ter, che la determinazione della quota di compartecipazione deve avvenire con riferimento alla situazione economica del solo assistito;
l'indirizzo della giurisprudenza dei tribunali amministrativi regionali, confermata anche dal Consiglio di Stato ha finora condannato i comuni e ha quindi dato ragione ai ricorrenti;
come indicato nel Rapporto sulla non autosufficienza, presentato il 21 luglio 2010 dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministro della salute, in Italia ci sono almeno 2,6 milioni di persone non autosufficienti, ossia non autonome nel camminare, mangiare, lavarsi, nello svolgere insomma le normali funzioni quotidiane. Un problema, quello della non autosufficienza, che riguarda una famiglia su 10 e che inevitabilmente sarà sempre più rilevante viste le previsioni sul progressivo invecchiamento della popolazione e sul futuro aumento dei costi di assistenza;
con l'ordine del giorno 9/3638/190 accolto dal Governo il 29 luglio 2010 l'esecutivo si è impegnato a considerare tra le sue priorità il problema della non autosufficienza delle persone anziane, sia escludendo tra i tagli ai trasferimenti delle regioni le risorse destinate alla non autosufficienza, sia individuando le risorse necessarie per l'anno 2011, e ad adottare ulteriori iniziative normative volte a riorganizzare l'intera materia, definendo anche i livelli essenziali d'assistenza delle prestazioni sociali (leps), così come previsti all'articolo 22 della legge quadro n. 328 del 2000 e dall'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, inserendovi le prestazioni per la non autosufficienza affinché si possano avere prestazioni uniformi su tutto il territorio nazionale,

impegna il Governo

a tenere conto della giurisprudenza consolidata sul contenzioso fra cittadini e comuni e considerare tra le sue priorità le politiche il problema della non autosufficienza delle persone anziane, nonché a reperire le risorse finanziarie necessarie da destinare ai comuni, attraverso il Fondo per la non autosufficienza istituito dall'articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
9/3778-A/22.Gnecchi, Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, prevede la riduzione del 50 per cento - da parte delle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie, incluse le Agenzie fiscali, delle università e degli enti di cui pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 - della spesa sostenuta nel 2009 per i contratti di somministrazione di lavoro, a tempo determinato, «CO.CO.CO.», formazione lavoro e lavoro accessorio;
tali disposizioni di riduzione della spesa costituiscono, peraltro, principi generali ai fini del coordinamento della finanza pubblica ai quali si adeguano le regioni, gli enti del Servizio sanitario nazionale e gli enti locali;
con tale taglio si determinerà una perdita di posto di lavoro per migliaia di giovani con rapporto di lavoro precario nelle pubbliche amministrazioni;
tali misure comporteranno una drastica riduzione della qualità e quantità dei servizi pubblici ai cittadini e alle imprese o la loro cessazione;
la riduzione dell'impiego dei lavoratori in somministrazione presso il Ministero dell'interno ha già provocato il blocco delle procedure per la regolarizzazione degli immigrati, e tale situazione peggiorerà alla scadenza dei contratti dei lavoratori a tempo determinato che non potranno essere completamente rinnovati;
anche in altri enti come ad esempio INPS e INPDAP, Croce Rossa Italiana e Vigili del Fuoco i lavoratori in somministrazione o comunque con rapporto di lavoro precario rappresentano una risorsa necessaria per garantire i livelli di efficacia ed efficienza del servizio pubblico,

impegna il Governo

anche alla luce delle conseguenze esposte in premessa, ad apportare variazioni legislative alla norma in oggetto, anche al fine di garantire la prosecuzione dell'operatività delle amministrazioni interessate, avvalendosi del personale precario, attualmente impegnato nei servizi della pubblica amministrazione.
9/3778-A/23.Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 19, comma 2, del decreto-legge 28 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, ha previsto in via sperimentale per gli anni 2009, 2010 e 2011 l'erogazione di una somma in un'unica soluzione pari al 10 per cento del reddito percepito l'anno precedente, ai collaboratori coordinati e continuativi di cui all'articolo 61, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, iscritti in via esclusiva alla gestione separata presso l'INPS di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, con esclusione dei soggetti individuati dall'articolo 1, comma 212, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, i quali soddisfino in via congiunta le seguenti condizioni: a) operino in regime di monocommittenza; b) abbiano conseguito l'anno precedente un reddito superiore a 5.000 euro e pari o inferiore al minimale di reddito di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233, e siano stati accreditati presso la predetta gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, un numero di mensilità non inferiore a tre; c) con riguardo all'anno di riferimento sia accreditato presso la predetta gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, un numero di mensilità non inferiore a tre; d) non risultino accreditati nell'anno precedente almeno due mesi presso la predetta gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335; secondo la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del decreto-legge il tetto di reddito di cui alla lettera b) equivale, per l'anno 2008, a circa 13.820 euro;
l'articolo 2, comma 130, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, ha modificato la disposizione in questione per gli anni 2010-2011 elevando la somma al 30 per cento del reddito percepito l'anno precedente, parzialmente modificando i requisiti per l'accesso. In particolare il reddito massimo è stato portato a 20.000 euro; con riguardo all'anno di riferimento il collaboratore deve essere stato accreditato presso la gestione separata INPS per almeno un mese, deve risultare senza lavoro da almeno due mesi e nell'anno precedente, con almeno tre mensilità accreditate presso la predetta gestione separata. Rimangono fermi i requisiti originari per coloro che hanno maturato il diritto all'erogazione entro il 31 dicembre 2009;
per i giovani diventa sempre più difficile l'ingresso nel mondo del lavoro. Quando vi accedono, spesso, per poter vivere in maniera dignitosa, sono costretti a svolgere più lavori e nella maggior parte dei casi si tratta di pluricommittenze, per i quali sono tenuti a versare i contributi previdenziali,

impegna il Governo

a rivedere le norme esposte in premessa al fine di consentire anche ai lavoratori con più committenze, di poter accedere alle prestazioni di sostegno al reddito, dal momento che tali lavoratori versano all'INPS i contributi anche in misura maggiorata.
9/3778-A/24.Gatti, Codurelli, Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, Strizzolo, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 19, comma 2, del decreto-legge 28 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, ha previsto in via sperimentale per gli anni 2009, 2010 e 2011 l'erogazione di una somma in un'unica soluzione pari al 10 per cento del reddito percepito l'anno precedente, ai collaboratori coordinati e continuativi di cui all'articolo 61, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, iscritti in via esclusiva alla gestione separata presso l'INPS di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, con esclusione dei soggetti individuati dall'articolo 1, comma 212, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, i quali soddisfino in via congiunta le seguenti condizioni: a) operino in regime di monocommittenza; b) abbiano conseguito l'anno precedente un reddito superiore a 5.000 euro e pari o inferiore al minimale di reddito di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233, e siano stati accreditati presso la predetta gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, un numero di mensilità non inferiore a tre; c) con riguardo all'anno di riferimento sia accreditato presso la predetta gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, un numero di mensilità non inferiore a tre; d) non risultino accreditati nell'anno precedente almeno due mesi presso la predetta gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335; secondo la relazione tecnica allegata al disegno di legge di conversione del decreto-legge il tetto di reddito di cui alla lettera b) equivale, per l'anno 2008, a circa 13.820 euro;
l'articolo 2, comma 130, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, ha modificato la disposizione in questione per gli anni 2010-2011 elevando la somma al 30 per cento del reddito percepito l'anno precedente, parzialmente modificando i requisiti per l'accesso. In particolare il reddito massimo è stato portato a 20.000 euro; con riguardo all'anno di riferimento il collaboratore deve essere stato accreditato presso la gestione separata INPS per almeno un mese, deve risultare senza lavoro da almeno due mesi e nell'anno precedente, con almeno tre mensilità accreditate presso la predetta gestione separata. Rimangono fermi i requisiti originari per coloro che hanno maturato il diritto all'erogazione entro il 31 dicembre 2009;
per i giovani diventa sempre più difficile l'ingresso nel mondo del lavoro. Quando vi accedono, spesso, per poter vivere in maniera dignitosa, sono costretti a svolgere più lavori e nella maggior parte dei casi si tratta di pluricommittenze, per i quali sono tenuti a versare i contributi previdenziali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rivedere le norme esposte in premessa al fine di consentire anche ai lavoratori con più committenze, di poter accedere alle prestazioni di sostegno al reddito, dal momento che tali lavoratori versano all'INPS i contributi anche in misura maggiorata.
9/3778-A/24.(Testo modificato nel corso della seduta) Gatti, Codurelli, Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, Strizzolo, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il Presidente dell'INPS, in occasione di un convegno di Ania e Consumatori, ha dichiarato «se l'Istituto dovesse simulare il calcolo della pensione per i parasubordinati si rischierebbe un sommovimento sociale»;
per l'Istituto previdenziale è acclarata l'inconsistenza delle future pensioni per i lavoratori iscritti alla gestione separata Inps;
gran parte dei giovani entrano e permangono nel mercato del lavoro attraverso forme contrattuali non standard, causa di crescenti disagi lavorativi e sociali tali da determinare vere e proprie sacche di diffusa precarietà lavorativa;
il prolungarsi dell'esposizione a condizioni di precarietà lavorativa determina la discontinuità nel lavoro, ma anche la discontinuità nel versamento dei contributi previdenziali, sapendo che l'attuale sistema pensionistico fonda la realizzazione della finalità assicurativa su carriere stabili;
l'articolo 1, comma 12, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, prevedeva la costituzione di una commissione di dieci esperti con il compito di proporre entro il 31 dicembre 2008, modifiche dei criteri di calcolo dei coefficienti di trasformazione di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335;
la predetta commissione, nelle modifiche dei criteri di calcolo dei coefficienti di trasformazione, avrebbe dovuto tenere conto dell'incidenza dei percorsi lavorativi anche al fine di verificare l'adeguatezza degli attuali meccanismi di tutela delle pensioni più basse e di proporre meccanismi di solidarietà e garanzia per tutti i percorsi lavorativi, nonché di proporre politiche attive che possano favorire il raggiungimento di un tasso di sostituzione al netto della fiscalità non inferiore al 60 per cento;
dal 1o gennaio 2010 sono entrati in vigore con effetto retroattivo i nuovi coefficienti di trasformazione che determineranno consistenti riduzioni sui futuri importi di pensione;
lo scorso autunno NIdiL CGIL si è fatta promotrice di una iniziativa di raccolta firme sulla petizione «Mandiamo la precarietà in pensione», facendo pervenire a tutti i gruppi parlamentari di Camera e Senato le proprie richieste sottoscritte a loro volta da più di 30.000 lavoratori,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche normative, volte:
ad evitare che un'intera generazione di lavoratori maturi pensioni al di sotto dell'assegno sociale, prevedendo un progressivo aumento delle aliquote previdenziali per i lavoratori iscritti alla gestione separata Inps non pensionati e non iscritti ad altre forme di previdenza obbligatoria;
ad agganciare i compensi minimi dei lavoratori parasubordinati ai minimi del contratto nazionale di lavoro di riferimento per i lavoratori dipendenti con analoga professionalità;
a costituire, rapidamente, la Commissione prevista dal protocollo sul welfare del 23 luglio 2007 per verificare l'incidenza dei percorsi lavorativi discontinui sulle future pensioni, al fine di proporre meccanismi di solidarietà tali da garantire un tasso di sostituzione non inferiore al 60 per cento e per correggere l'incidenza dell'andamento negativo del Pil sulla determinazione dei nuovi coefficienti di trasformazione;
a introdurre meccanismi che permettano la piena totalizzazione degli interi periodi contributivi presenti in diverse casse e gestioni previdenziali;
a prevedere l'aumento della rivalsa previdenziale per i titolari di redditi di lavoro autonomo di cui all'articolo 53, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, in modo da uniformare il riparto dell'onere contributivo già previsto per gran parte dei lavoratori iscritti al fondo di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
9/3778-A/25.Bellanova, Damiano, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, Strizzolo, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la sclerosi laterale amiotrofica, detta SLA, è una malattia neurodegenerativa inguaribile in cui vi è una degenerazione di entrambi i tipi di cellule nervose motorie. In Italia ne sono colpite circa cinquemila persone: circa sei individui ogni centomila abitanti;
negli ultimi mesi sono diverse le manifestazioni promosse dai malati di sclerosi laterale amiotrofica, iniziate un anno fa con lo sciopero della fame di Salvatore Usala, per rivendicare un'assistenza sanitaria adeguata e sufficiente, incentivare la ricerca e la rete di assistenza ramificata sul territorio che consente ai medici un'osservazione costante degli ammalati;
l'ultima, il giorno 16 novembre 2010, ha visto decine di malati in carrozzina, alcuni in ventilazione e nutrizione artificiale, manifestare davanti al Ministero dell'economia e delle finanze in un presidio permanente per avere risposte esaustive da parte del Governo;
provenienti da tutta Italia, i malati di SLA hanno rivendicato il diritto alla salute e ad una vita dignitosa, sancito dalla Costituzione, che non può essere oggetto di contrattazione e, men che meno, di tagli ingiustificati e ancor più crudeli;
i malati di SLA hanno atteso per anni i risultati dei tavoli di lavoro ministeriali, ultimo in ordine di tempo quello della Consulta delle malattie neuromuscolari insediata dal Ministro della salute, senza alcun risultato concreto per le famiglie;
lo scorso 21 giugno sono scesi in piazza e sono stati ricevuti dal sottosegretario Letta che si è reso garante dell'approvazione dei livelli essenziali di assistenza - l'insieme delle cure che devono essere garantite dal Servizio sanitario nazionale su tutto il territorio italiano -, fermi oramai da oltre due anni alla verifica della copertura finanziaria da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;
esattamente un anno fa, l'associazione «Viva la Vita Onlus» ha chiesto al Ministro della salute che, in accordo con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, venissero stanziati dei fondi dedicati per consentire alle famiglie di assumere degli assistenti familiari, debitamente formati, per arginare una vera e propria emergenza sociale: un provvedimento urgente che trasformi la disperazione in speranza e che dia alle famiglie italiane la possibilità di sopravvivere alla malattia dei propri cari. Il Ministro della salute in una nota aveva annunciato che «la richiesta di badanti formate ed esperte per assistere i malati di SLA è giusta e stiamo pensando di rispondere a partire dai 400 milioni di euro per la non autosufficienza messi a disposizione nel Patto per la Salute.» Tuttavia, non risultano provvedimenti in tal senso,

impegna il Governo:

a vincolare quota parte dei fondi per la non autosufficienza alla forma di assistenza sociale indiretta, grazie alla quale le famiglie possano assumere un assistente familiare debitamente formato. Ventimila euro all'anno a famiglia, rendicontati e finalizzati solo ed esclusivamente all'assunzione di un badante, come peraltro avviene in Francia;
ad emanare un provvedimento a carattere di urgenza per i livelli essenziali di assistenza e relativo nomenclatore tariffario, oramai obsoleto e non più al passo con l'attuale offerta tecnologica al servizio dei malati;
a investire con adeguate risorse e maggiore convinzione nella ricerca e nelle sperimentazioni sull'uomo poiché, per una malattia ad oggi inguaribile e incurabile, è l'unica vera speranza di salvezza.
9/3778-A/26.Schirru, Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Strizzolo, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la sclerosi laterale amiotrofica, detta SLA, è una malattia neurodegenerativa inguaribile in cui vi è una degenerazione di entrambi i tipi di cellule nervose motorie. In Italia ne sono colpite circa cinquemila persone: circa sei individui ogni centomila abitanti;
negli ultimi mesi sono diverse le manifestazioni promosse dai malati di sclerosi laterale amiotrofica, iniziate un anno fa con lo sciopero della fame di Salvatore Usala, per rivendicare un'assistenza sanitaria adeguata e sufficiente, incentivare la ricerca e la rete di assistenza ramificata sul territorio che consente ai medici un'osservazione costante degli ammalati;
l'ultima, il giorno 16 novembre 2010, ha visto decine di malati in carrozzina, alcuni in ventilazione e nutrizione artificiale, manifestare davanti al Ministero dell'economia e delle finanze in un presidio permanente per avere risposte esaustive da parte del Governo;
provenienti da tutta Italia, i malati di SLA hanno rivendicato il diritto alla salute e ad una vita dignitosa, sancito dalla Costituzione, che non può essere oggetto di contrattazione e, men che meno, di tagli ingiustificati e ancor più crudeli;
i malati di SLA hanno atteso per anni i risultati dei tavoli di lavoro ministeriali, ultimo in ordine di tempo quello della Consulta delle malattie neuromuscolari insediata dal Ministro della salute, senza alcun risultato concreto per le famiglie;
lo scorso 21 giugno sono scesi in piazza e sono stati ricevuti dal sottosegretario Letta che si è reso garante dell'approvazione dei livelli essenziali di assistenza - l'insieme delle cure che devono essere garantite dal Servizio sanitario nazionale su tutto il territorio italiano -, fermi oramai da oltre due anni alla verifica della copertura finanziaria da parte del Ministero dell'economia e delle finanze;
esattamente un anno fa, l'associazione «Viva la Vita Onlus» ha chiesto al Ministro della salute che, in accordo con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, venissero stanziati dei fondi dedicati per consentire alle famiglie di assumere degli assistenti familiari, debitamente formati, per arginare una vera e propria emergenza sociale: un provvedimento urgente che trasformi la disperazione in speranza e che dia alle famiglie italiane la possibilità di sopravvivere alla malattia dei propri cari. Il Ministro della salute in una nota aveva annunciato che «la richiesta di badanti formate ed esperte per assistere i malati di SLA è giusta e stiamo pensando di rispondere a partire dai 400 milioni di euro per la non autosufficienza messi a disposizione nel Patto per la Salute.» Tuttavia, non risultano provvedimenti in tal senso,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di a vincolare quota parte dei fondi per la non autosufficienza alla forma di assistenza sociale indiretta, grazie alla quale le famiglie possano assumere un assistente familiare debitamente formato. Ventimila euro all'anno a famiglia, rendicontati e finalizzati solo ed esclusivamente all'assunzione di un badante, come peraltro avviene in Francia;
ad emanare un provvedimento a carattere di urgenza per i livelli essenziali di assistenza e relativo nomenclatore tariffario, oramai obsoleto e non più al passo con l'attuale offerta tecnologica al servizio dei malati;
a investire con adeguate risorse e maggiore convinzione nella ricerca e nelle sperimentazioni sull'uomo poiché, per una malattia ad oggi inguaribile e incurabile, è l'unica vera speranza di salvezza.
9/3778-A/26.(Testo modificato nel corso della seduta) Schirru, Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Strizzolo, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la legge n. 68 del 1999 ha come finalità la promozione dell'inserimento lavorativo dei soggetti disabili attraverso un collocamento mirato, vale a dire attraverso un'attenta valutazione delle capacità residue in relazione alla disabilità (a cura degli organismi sanitari competenti) e prevedendo, dove necessario, percorsi di formazione, stage e tutoraggio aziendali. Tale legge rappresenta un importante e prezioso passo avanti verso l'innegabile diritto al lavoro per tutti i cittadini;
grazie alla legge suddetta, nella sola provincia di Arezzo, dal 2000 e fino a Settembre 2010 sono state inserite nel mondo del lavoro 2216 persone con disabilità, di cui 250 malati psichici;
la legge di stabilità per l'anno 2011 ha decurtato il fondo per il diritto al lavoro dei disabili, a fronte di una previsione assestata di 42 milioni di euro per il 2010, presenta un decremento di 30,24 milioni di euro, per cui la previsione 2011 è pari a 11,76 milioni di euro. Inoltre, è previsto uno stanziamento pari a 11,79 milioni di euro per il 2012 e di 2,73 milioni di euro per il 2013. Una decurtazione di oltre tre quarti del finanziamento iniziale previsto. Il fondo nazionale per la non auto sufficienza, invece, nel 2011 sarà completamente azzerato;
queste decurtazioni, se confermate, non solo impediranno alle persone con disabilità di poter accedere al mondo del lavoro ma potrebbero determinare il licenziamento per coloro che hanno usufruito dell'applicazione della legge 68 del 1999,

impegna il Governo

a reperire le risorse necessarie per continuare a favorire l'inserimento delle persone con disabilità nel mondo del lavoro, garantendo loro il rispetto dei diritti costituzionali.
9/3778-A/27.Mattesini, Schirru, Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Strizzolo, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la legge finanziaria 2006 ha introdotto, in via sperimentale, l'istituto del cinque per mille, attraverso il quale il cittadino può scegliere a quale associazione o ente, avente le caratteristiche previste dalla stessa legge e dalle successive modificazioni, destinare la quota del cinque per mille, in sede di dichiarazione dei redditi;
il cinque per mille rappresenta un'applicazione del principio di sussidiarietà orizzontale, poiché promuove la libera iniziativa dei privati, organizzazioni non profit, enti di ricerca, università, associazioni di volontariato, nello svolgimento di attività di interesse generale;
nelle successive leggi finanziarie questo istituto è sempre stato riconfermato, pur senza occupare una voce permanente nei capitoli di spesa del bilancio dello Stato;
dalla ripartizione fatta dal Governo del fondo da 800 milioni di euro contenuto nel «maxiemendamento» presentato nel corso dell'esame in Commissione del disegno di legge in esame, all'istituto del 5 per mille nel 2011 andranno 100 milioni di euro, a fronte dei 400 stanziati nell'anno precedente;
la decurtazione del 75 per cento, pari a circa un quarto delle risorse elargite nel 2008, penalizzerebbe non solo le associazioni di volontariato, ma anche la ricerca scientifica;
sono circa 15 milioni i contribuenti che hanno scelto di destinare la quota prevista dalla legge per sostenere il non profit e gli enti di ricerca scientifica, universitaria e sanitaria,

impegna il Governo

ad adottare le ulteriori opportune iniziative normative, con carattere di assoluta urgenza, volte a incrementare il limite di spesa milioni per la proroga della liquidazione della quota del cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, ai sensi dell'articolo 63-bis, commi da 1 a 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
9/3778-A/28.Bobba, Damiano, Bellanova, Berretta, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, Strizzolo, De Pasquale, Realacci, Lucà, Toccafondi, Argentin, Vaccaro, Monai.

La Camera,
premesso che:
a seguito del terribile terremoto che lo scorso 6 aprile 2009 ha colpito l'Abruzzo e che, come purtroppo tutti ben sappiamo, ha determinato gravissimi lutti e conseguenze drammatiche per l'intera popolazione, per il tessuto produttivo e per le istituzioni, alcune strutture pubbliche fondamentali per l'amministrazione della giustizia sono state gravemente danneggiate;
l'edificio del tribunale di Chieti, ad esempio, ha subìto rilevanti danni strutturali tanto da rendere necessaria, su disposizione delle autorità locali, la chiusura di un'ala del fabbricato con la conseguente inagibilità di numerosi uffici e aule di udienza;
immediatamente dopo l'evento sismico i vertici degli uffici giudiziari teatini, d'accordo con il sindaco, con il presidente della provincia (ente proprietario dello stabile) e con il rappresentante del Ministero della giustizia, individuarono le misure transitorie per sopperire al venir meno della disponibilità di circa la metà dell'edificio, in particolare, provvidero ad individuare un edificio attiguo (sempre di proprietà della provincia) per ospitare uffici e aule di udienza, e gli stessi soggetti responsabili indicarono la necessità di provvedere con urgenza all'esecuzione dei lavori di recupero della porzione di edificio lesionata, ponendo a carico della provincia, quale ente proprietario, l'onere della progettazione mentre al finanziamento doveva provvedere il Ministro della giustizia attingendo alle risorse destinate alla ricostruzione post-sisma; le stesse autorità, e in particolare il comune di Chieti, proposero di avviare un percorso progettuale per realizzare nel medio-lungo periodo, una «cittadella giudiziaria» mediante collegamenti funzionali tra le strutture esistenti (da recuperare), altri edifici da realizzare sui siti pubblici adiacenti e altri spazi esistenti nelle vicinanze;
in seguito, durante la discussione della legge sulla ricostruzione post-terremoto, in Senato fu respinto un emendamento a firma del senatore Legnini con il quale si proponeva uno stanziamento specifico sia per gli uffici giudiziari de L'Aquila che di Chieti. Il Governo nell'occasione dichiarò che il finanziamento delle opere avrebbe trovato capienza nei fondi destinati alla ricostruzione;
il Governo nella seduta dell'Assemblea della Camera dei deputati del 17 giugno 2009, nel corso dell'esame dello stesso decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile, ebbe ad accogliere un ordine del giorno, a prima firma Tenaglia, con il quale si impegnava il Governo, testualmente. « al fine di garantire il funzionamento degli uffici giudiziari di cui al comma 1 dell'articolo 5 del decreto-legge in esame e assicurarne la gestione e la riorganizzazione nella fase di emergenza, nonché per provvedere alla riparazione e al ripristino degli stessi, nonché del tribunale di Chieti, e il recupero della loro piena funzionalità al termine del periodo di sospensione dei processi, a destinare prioritariamente una quota sufficiente delle risorse di cui all'articolo 14, comma 1, del presente decreto, agli scopi predetti»;
in seguito all'accoglimento di quest'ordine del giorno, e nell'attesa che arrivassero le risorse promesse, tecnici incaricati allo scopo dal Ministero della giustizia hanno verificato e attestato che i danni subiti dalla struttura del tribunale di Chieti sono senza dubbio da ricondurre al sisma.
la sostanziale inagibilità del tribunale ha provocato, in questi diciotto mesi, inevitabili disagi, affrontati con senso di responsabilità e sacrificio da parte di tutti gli operatori della giustizia, magistrati, avvocati, personale di cancelleria;
grazie all'organizzazione approntata dai vertici degli uffici giudiziari, di concerto con l'avvocatura, e allo sforzo e all'impegno dispiegati, si è arrivati al lodevole risultato di non interrompere mai il servizio prestato agli utenti e le udienze si sono tenute regolarmente: anzi la produttività dell'attività giudiziaria nel 2009 risulta essersi accresciuta nonostante gli enormi disagi logistici e di lavoro che tutt'ora persistono: ad oggi, però, siamo ancora in fase emergenziale, nonostante l'allocazione del settore civile, che costituisce la parte numericamente più importante del lavoro del tribunale, presso l'immobile retrostante quello danneggiato, con spazi insufficienti allo svolgimento delle udienze e conseguenti gravi disagi per l'utenza;
è necessario adottare una modifica al decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, recante «interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile», convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, volta ad inserire, nel piano di interventi urgenti per il ripristino degli immobili pubblici di cui nell'articolo 4, comma 1, lettera b), le strutture destinate ad uffici giudiziari site nel comune di Chieti,

impegna il Governo

a dare attuazione, in tempi rapidi, a quanto previsto nell'ultimo capoverso delle premesse.
9/3778-A/29.Tenaglia, Toto.

La Camera,
premesso che:
la legge 3 agosto 2004, n. 206 «Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice», non ha, allo stato, trovato una vera e completa attuazione, come è dimostrato anche dai numerosi atti parlamentari presentati, volti a sollecitare il Governo ad agire per venire incontro ad almeno alcune delle legittime istanze dei familiari delle vittime e dei superstiti;
più e più volte il Governo si è impegnato di fronte al Parlamento e all'opinione pubblica, ma, ad oggi, i problemi sono rimasti del tutto insoluti;
nelle disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010), la ripartizione del gettito dello scudo fiscale, disponeva 181 milioni nel 2010 (113 nel 2011 e 60 nel 2012) da dedicare a interventi di carattere sociale e socio-economico per alcune categorie tra cui le vittime del terrorismo;
l'ordine del giorno n. 9/2936-A/179 accolto dal Governo nella seduta della Camera del 16 dicembre 2009, l'ordine del giorno n. 9/1713/14 accolto dal Governo nella seduta della Camera del 13 novembre 2008 e l'ordine del giorno G55.0.100, riferito all'A.S. 1817 e accolto dal Governo nella seduta del Senato del 13 novembre 2007 avevano impegnato gli esecutivi in carica a dare soluzione alle problematiche indicate;
tali proposte erano il risultato di sintesi di numerosi incontri che le Associazioni delle vittime del terrorismo avevano avuto con rappresentanti del Governo Prodi e del Governo Berlusconi presso la Presidenza del Consiglio dei ministri:
tali proposte riguardavano:
l'attuazione di norme pensionistiche agevolative, e corresponsioni di trattamenti di fine rapporto, per i già pensionati al 26 agosto 2004, con decorrenza dalla stessa data per tutte le categorie ancorché introdotte con norme successive alla legge n. 206 del 2004, che prevedevano anche congrui ed uniformi riadeguamenti delle basi di calcolo con criteri semplificati ed uniformi, nonché procedure accelerate di restituzioni fiscali su ogni imposta non dovuta;
l'adeguamento delle pensioni alle retribuzioni dei lavoratori in attività da applicarsi alla data del pensionamento ovvero alla data del 26 agosto 2004, per i già pensionati alla stessa data, stabilendo altresì per tutti i pensionati, a regime, congrui criteri di rivalutazione semplificati su base annuale;
la completa estensione dei diversi benefici pensionistici sui trattamenti diretti riconosciuti ai familiari delle vittime decedute ai familiari degli invalidi ancora in vita;
l'equiparazione dei familiari delle vittime invalide dal punto di vista del riconoscimento dei diritti, a prescindere dalla data in cui si sono verificati gli eventi terroristici;
la completa estensione dei diversi benefici, fra cui gli assegni vitalizi, riconosciuti ai familiari delle vittime decedute ai familiari degli invalidi con inabilità non inferiore al 25 per cento;
la fruizione dei benefici pensionistici agli invalidi con inabilità pari o superiore all'80 per cento prescindendo dalla data di apertura della titolarità della posizione assicurativa;
il riconoscimento di uno speciale assegno integrativo di 500 euro mensili per le vittime, con invalidità oltre il 50 per cento e che non abbiano una posizione assicurativa obbligatoria diretta;
la riliquidazione delle provvidenze sulla base dei valori nominali previsti dalle nuove e vecchie norme;
la rivalutazione delle percentuali di invalidità in sede di aggravamento con la valutazione anche del danno biologico e morale con la determinazione di una percentuale onnicomprensiva pari al raddoppio della percentuale di invalidità riscontrata in sede di aggravamento fisico;
il rimborso delle spese sanitarie private per le patologie invalidanti agli invalidi con percentuale pari o superiore al 25 per cento;
il patrocinio delle vittime a totale carico dello Stato con pagamento diretto al patrocinatore della singola causa;
la soppressione di ogni termine per la costituzione in giudizio della vittima;
il congelamento dei requisiti in vigore al 31 dicembre 2007, per la pensione di anzianità e vecchiaia stabiliti dai singoli enti pensionistici;
la ritrascrizione delle norme riguardanti il collocamento preferenziale e delle borse di studio, riadeguandone importi e procedure, a favore dei familiari degli invalidi e dei caduti,

impegna il Governo

compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, nell'ambito delle sue proprie prerogative, ad adottare iniziative di natura interpretativa, anche legislative, volte a recepire tali proposte nel prossimo provvedimento utile al fine di rispettare gli impegni assunti con gli ordini del giorno citati in premessa e quelli con le Associazioni delle vittime del terrorismo e delle stragi per dare definitiva soluzione a situazioni decorrenti dal 1961 e definitiva attuazione alla legge 3 agosto 2004, n. 206, e successive modificazioni.
9/3778-A/30.Rossa, Villecco Calipari, Amici, Lenzi, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la Commissione VII nel mese di luglio 2010 ha approvato all'unanimità una risoluzione unitaria, firmata dagli onorevoli Mariani, Guido Dussin, Codurelli, e Crosio (dei gruppi PD e Lega Nord Padania), che impegnava il Governo a garantire l'effettivo completamento delle opere necessarie per la funzionalità del sistema viario del territorio della Valtellina e prevedeva che il CIPE deliberasse, in tempi brevissimi, lo stanziamento delle risorse aggiuntive necessarie per permettere l'avvio delle procedure di gara del 1o lotto, 2o stralcio, tratto Cosio Valtellino-Tartano, al fine di assicurare la prosecuzione dei lavori della strada statale n. 38, in primo luogo attraverso l'utilizzo dei 60 milioni di euro già previsti dalla legge obiettivo;
inoltre l'atto di sindacato ispettivo impegnava il Governo a garantire che in sede di attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 46 del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, nessuna risorsa già impegnata venisse distolta dalla prosecuzione dei lavori di realizzazione delle opere necessarie per la funzionalità del sistema viario del territorio della Valtellina, e che, all'opposto, l'applicazione di tali disposizioni consentisse il reperimento di tutte le ulteriori risorse necessarie al completamento di tali lavori, in ragione dell'avanzato stato di realizzazione di una parte degli stessi lavori;
ad oggi la situazione è rimasta immutata e i lavori per ripristinare il sistema viario del territorio della Valtellina sono bloccati,

impegna il Governo

a dare seguito con urgenza agli impegni assunti nella risoluzione approvata all'unanimità in Commissione Ambiente come in premessa.
9/3778-A/31.Codurelli, De Pasquale, Crosio, Gianni Farina, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
le ultime manovre finanziarie hanno prodotto un taglio costante all'autorizzazione di spesa relativa all'aiuto pubblico in favore dei paesi in via di sviluppo, pari a 170 milioni di euro all'anno a decorrere dal 2009;
gravissima e preoccupante è l'ulteriore contrazione dei fondi destinati dalla presente legge di stabilità, in Tabella C, alla legge n. 49 del 1987, per la quale si registra un decremento di 147,8 milioni di euro, rispetto alla legge finanziaria del 2010, con uno stanziamento pari a soli 179 milioni di euro per l'anno 2011 - che al netto di impegni pregressi e spese di gestione, scende al di sotto dei 100 milioni;
nonostante l'accoglimento da parte del Governo nel mese di giugno di un ordine del giorno, con il quale si impegnava a preservare la cooperazione da ulteriori tagli futuri che rischiavano di comprometterne definitivamente l'esistenza, con la presente legge di stabilità gli stanziamenti a favore della legge n. 49 del 1987 giungono a livelli così bassi, mai raggiunti in precedenza, neppure negli anni dei grandi sacrifici sostenuti dall'Italia per entrare nell'euro;
l'attuale legge di stabilità sancisce di fatto la quasi impossibilità di finanziare nuovi progetti di sviluppo e decreta la fine della cooperazione allo sviluppo italiana;
l'Italia, riducendo costantemente le già esigue risorse destinate alla cooperazione e allo sviluppo e alle gestione di sfide globali, decide di privarsi di uno strumento fondamentale di politica estera, determinando un peggioramento dell'attuale tendenza all'allontanamento dall'obiettivo europeo previsto per il 2010, anno della scadenza dell'obiettivo collettivo europeo dello 0,56 per cento del Pil da destinare all'APS, e con il rischio di mettere fortemente in crisi la credibilità internazionale del nostro Paese;
l'aiuto pubblico allo sviluppo dei Paesi europei sta mancando gli Obiettivi del Millennio e - secondo il recente rapporto «AidWatch» 2010 - l'Italia, contrariamente a quanto promesso in sede internazionale, sarà la maggiore responsabile del mancato raggiungimento dell'obiettivo europeo per l'aiuto allo sviluppo, con il 40 per cento dell'dell'ammanco europeo rispetto a quanto promesso nel 2005,

impegna il Governo

a provvedere, con successivi provvedimenti, a ripristinare, almeno in parte, gli stanziamenti atti a rifinanziare la legge 26 febbraio 1987, n. 49, in favore delle risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo e alla gestioni nelle sfide globali.
9/3778-A/32.Maran, Tampestini, Fassino, Barbi, Pistelli, Narducci, Corsini, Mecacci, Losacco, Mogherini Rebesani, Touadi, Sarubbi, Duilio, Strizzolo, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il drastico ridimensionamento delle risorse destinate al Ministero degli affari esteri, attuato con le precedenti manovre finanziarie e confermato anche dall'attuale legge di stabilità 2011-2013, ha comportato anche un grave taglio agli enti a carattere internazionalistico, fra cui rileva la Società Dante Alighieri, che per l'anno in corso ha subìto una contrazione dei contributi della Farnesina, per un importo pari quasi al 53,5 per cento del complessivo bilancio della Società medesima;
lo stanziamento ministeriale in favore della società Dante Alighieri passa da 1.248.000,00 di euro a soli 600 mila euro, al quale occorre aggiungere la riduzione subita lo scorso anno sullo stesso capitolo di 400.000,00 - un taglio consistente tale da comprometterne seriamente il funzionamento e appare del tutto ingiustificato in considerazione dell'indiscusso riconoscimento dell'istituto e della sua straordinaria funzione di promozione della lingua e della cultura italiana;
il Ministero degli affari esteri non ha mai fatto mancare il grande apprezzamento per l'attività svolta dalla Società Dante Alighieri e in numerose occasioni non ha mancato di confermare, anche in occasione della 7a Conferenza degli Ambasciatori, il suo costante impegno volto a rimettere al centro l'attività di promozione della lingua e della cultura italiana. Tuttavia, alle dichiarazioni dell'esecutivo non hanno corrisposto fatti concreti e, sebbene il Governo sia stato più volte richiamato anche da atti di controllo parlamentare, non ha ancora onorato l'impegno con un sostegno adeguato sul piano finanziario;
il forte scarto fra le entità delle manovre finanziarie di Francia e Germania - Paesi che non hanno ridotto ma accresciuto i fondi destinati alla cultura - e il nostro Paese, che riduce costantemente le risorse per la cultura e per la promozione della nostra lingua nel mondo, è reso particolarmente evidente dall'entità delle risorse di cui beneficia un organismo come il British council, dotato di oltre 200 milioni di euro,

impegna il Governo

a prevedere con successivi interventi, anche in sede di attuazione di decreti ministeriali di ripartizione dei contributi agli enti a carattere internazionalistico, di ripristinare la precedente dotazione in favore della Società Dante Alighieri.
9/3778-A/33.Narducci, Tempestini, Porta, Barbi, Colombo, Corsini, Mecacci, Picchi, Strizzolo, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la lotta contro l'AIDS, la tubercolosi, la malaria e le altre malattie infettive è un importante pilastro della politica italiana di aiuto allo sviluppo - sotto il cui impulso, nel corso del Vertice dei G8 di Genova nel 2001, è stato costituito il Fondo Globale - oltre ad essere l'oggetto del sesto Obiettivo di Sviluppo del Millennio dell'ONU;
nonostante le numerose sollecitazioni, non si è ancora giunti alla definitiva approvazione delle proposte di legge (A.C. 1514 Barbi ed altri, A.C. 740 Grassi ed altri), volte ad istituire nello stato di previsione del Ministero degli affari esteri un nuovo Fondo per il finanziamento del Fondo globale per la lotta contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria, allo scopo di finanziare specificamente il Fondo globale e rendere il contributo italiano stabile e certo;
l'Italia si contraddistingue per i ritardi accumulati nel versamento di somme dovute ad organismi internazionali di cui è parte e nei quali ha sottoscritto quote e ha assunto impegni solenni. Tra questi ritardi rileva il mancato versamento di quote dovute per il Fondo globale per la lotta all'AlDS e alle altre pandemie, nel quale il nostro Paese ha un seggio nel consiglio di amministrazione e che ora rischiamo di perdere, secondo anche quanto dichiarato dal sottosegretario agli affari esteri in sede di esame della legge di stabilità 2011-2013 in Commissione esteri, l'Italia risulta in ritardo nei pagamenti delle proprie quote al Fondo globale Aids, per un totale di 260 milioni di euro per gli anni 2009-2010;
la credibilità del nostro Paese e la possibilità di continuare a svolgere un ruolo da protagonista nei consessi internazionali dipende essenzialmente dalla capacità dell'Italia di mantenere effettivamente gli impegni assunti in sede multilaterale,

impegna il Governo

a destinare, nell'ambito del rifinanziamento delle autorizzazioni di spesa, di cui all'allegato 1, comma 40, della presente legge di stabilità, concernente l'adempimento dello Stato italiano derivante dalla partecipazione a banche e fondi internazionali, le risorse pari, a 130 milioni di euro, atte a garantire la quota annuale spettante all'Italia almeno per l'anno 2009, per la quale risulta morosa, quale contributo alla partecipazione del nostro paese al Fondo globale AIDS, la tubercolosi, la malaria e le altre malattie infettive.
9/3778-A/34.Barbi, Tempestini, Maran, Corsini, Narducci, Pistelli, Porta, Losacco, Mecacci, Mogherini Rebesani, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la quota italiana destinata alla cooperazione multilaterale rappresenta circa il 60 per cento dell'intero APS, ivi compresi i contributi obbligatori alle organizzazioni internazionali e quelli per la partecipazione a Banche e Fondi internazionali con la finalità di attuare gli impegni assunti nell'ambito delle Nazioni Unite in materia di cooperazione allo sviluppo;
i fondi stanziati per questa finalità sono gestiti, per la gran parte, dal Ministero dell'economia e delle finanze, in quanto tali attività sono nell'agenda dei ministri finanziari sia in ambito G8 che G20;
tuttavia, la gestione della gran parte della cooperazione internazionale a carattere multilaterale e che riguarda la partecipazione del nostro Paese a banche e fondi internazionali, in particolare per ciò che esula da impegni derivanti da previsioni legislative, evidenzia alcune problematicità;
gli stanziamenti in bilancio, collocati nel Programma «Politica economica e finanziaria in ambito internazionale» (Missione «Italia nel mondo»), soprattutto per ciò che attiene al capitolo «Oneri derivanti dalla partecipazione a banche, fondi ed organismi internazionali» (cap. 7175 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze), non risultano dettagliati ed è difficile ricostruire le specifiche voci di spesa, quanto è stato programmato e quanto poi effettivamente speso; una scarsa trasparenza che rende complessa, in sede di controllo parlamentare, l'individuazione degli effettivi impegni, di eventuali ritardi o inadempienze;
la Relazione annuale sull'attività di banche e fondi di sviluppo a carattere multilaterale e sulla partecipazione finanziaria italiana alle risorse di detti organismi (allegata alla Relazione sull'attuazione della politica di cooperazione allo sviluppo, ai sensi dell'articolo 4, comma 2-bis, della legge 26 febbraio 1987, n. 49) viene presentata con grave ritardo - quella depositata nel 2010 si riferiva alle attività svolte nel 2008 - rendendo tardivo e inefficace il controllo e il monitoraggio che il Parlamento dovrebbe esercitare e sostanzialmente impedendo una tempestiva attività di indirizzo circa la partecipazione dell'Italia alle politiche delle banche e dei fondi internazionali di cui sottoscriviamo il capitale;
il concerto e il coordinamento tra Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero degli affari esteri (pure previsto dall'articolo 4, comma 2-bis, della legge n. 49 del 1987) non avviene in maniera sistematica e adeguata, mancando di una sede autorevole e permanente;
per assicurare una maggiore organicità all'azione di cooperazione allo sviluppo del Paese e in generale una maggiore efficacia e coerenza alla nostra politica estera, occorre rivedere alcune regole circa l'azione d'indirizzo sull'impiego di tali fondi, il momento di controllo e la valutazione delle decisioni assunte, l'attività delle Banche, dei Fondi e delle Organizzazioni internazionali che finanziamo, il ruolo svolto dai rappresentanti italiani in seno a dette istituzioni, affinché tutto ciò possa avvenire con maggiore chiarezza e trasparenza e con un effettivo e adeguato coinvolgimento delle sedi parlamentari,

impegna il Governo:

a riportare nella legge di bilancio annuale gli stanziamenti per la partecipazione alle banche e ai fondi internazionali non in un aggregato onnicomprensivo ma in voci distinte, ovvero ad accompagnare lo stanziamento complessivo con una scheda illustrativa analitica circa la destinazione delle somme, da riportare nella relazione tecnica del Governo e da indicare per singole voci nell'ambito della scheda programma, al fine di assicurare una maggiore trasparenza e consentire l'attività di controllo e di indirizzo propria del Parlamento;
ad assicurare che l'invio al Parlamento della Relazione annuale sull'attività di banche e fondi di sviluppo a carattere multilaterale e sulla partecipazione finanziaria italiana alle risorse di detti organismi avvenga con una cadenza annuale e non biennale come è avvenuto fino ad oggi;
a rendere effettivo il coordinamento tra il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero degli affari esteri al fine di garantire un'intesa tra le due Amministrazioni volte a rendere coerenti le priorità e le modalità di partecipazione dell'Italia a banche e fondi di sviluppo a carattere multilaterale con le scelte di politica internazionale.
9/3778-A/35.Tempestini, Barbi, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il Piano per l'infanzia predisposto dal Governo non conferisce un quadro di riferimento certo per le aspettative e i disagi delle famiglie, nonché per il loro ruolo insostituibile per la crescita e l'educazione dei loro figli. Inoltre non fa chiarezza in merito alla reperibilità ed alle quantità delle risorse affinché il Piano possa essere uno strumento concreto per l'attuazione della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (CRC), della Costituzione, delle direttive europee e delle Convenzioni internazionali;
persistono infatti le difficoltà ad individuare l'esatta rendicontazione delle risorse allocate sia a livello nazionale che regionale. Il superamento della legge n. 285 e del relativo Fondo nazionale infanzia ha determinato l'assenza, ad eccezione delle città riservatarie, di fondi vincolati per la realizzazione di progetti a favore dell'infanzia e dell'adolescenza, creando, di fatto, una sostanziale disparità fra le quindici città riservatarie e il restante territorio nazionale;
con il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, (cosiddetta manovra d'estate per il 2008) sono state realizzate riduzioni di spesa delle missioni nel cui ambito sono finanziate le politiche per l'infanzia e l'adolescenza (cooperazione allo sviluppo, istruzione, diritti sociali, solidarietà sociale e famiglia, giovani e sport, salute, immigrazione) pari a ben 2 miliardi e 600 milioni di Euro. Il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica) ha proseguito sulla strada dei tagli che, relativamente alle missioni attinenti alla scuola, ammontano a ben 564 milioni di euro. Anche il disegno di legge di stabilità 2011 si caratterizza per l'assenza di misure a favore delle famiglie, del lavoro femminile, dei disabili e dei giovani, nonché per l'azzeramento del Fondo per la non autosufficienza;
la mancata scrittura dei livelli essenziali di assistenza sociale (LIVEAS) necessari per l'attuazione della legge n. 328 del 2000, rischia di non garantire pari dignità, pari opportunità, uguaglianza ed omogeneità di trattamento sull'intero territorio nazionale;
secondo i dati del Ministero dell'economia e delle finanze, pubblicati il 28 agosto 2010, in Italia per la famiglia e la maternità si spende 1'1,2 per cento del Pil, uno dei livelli più bassi, insieme a Spagna e Portogallo, rispetto al resto d'Europa dove si spende decisamente di più (2,1 per cento nella Ue a 15 e 2,0 per cento nella Ue a 27); secondo gli ultimi dati Ocse sulla scuola (7 settembre 2010), il nostro Paese spende solo il 4,5 per cento del Pil per le istituzioni scolastiche contro una media europea del 5,7 per cento. Dietro di noi, tra i paesi industrializzati, solo la Repubblica Slovacca. Persino il Brasile, con il 5,2 per cento e l'Estonia (5 per cento) spendono di più; per quanto riguarda la povertà minorile, i dati ISTAT, pubblicati il 19 ottobre 2010, rivelano che i bambini poveri in Italia sono oltre un milione e mezzo;
secondo l'indagine presentata il 20 novembre 2009, realizzata dall'Istituto degli Innocenti di Firenze per conto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - periodo giugno-ottobre 2009 - l'analisi dello stato di attuazione della legge n. 285 del 1997 nelle 15 città riservatarie mette in evidenza alcune tendenze omogenee nelle città, caratterizzate tuttavia da diverse velocità. In tutte le città si segnala una forte riduzione nell'ultimo triennio delle risorse del Fondo destinate a progetti innovativi o sperimentali a vantaggio di scelte finalizzate al consolidamento di servizi di base soggetti a restrizioni dovute a tagli della spesa sociale;
da questo studio emerge con prepotenza la questione del gap tra Centro-Nord e Sud Italia in termini di accessibilità dei servizi e copertura del target nei servizi di cura alla prima infanzia, capacità di accountability nella gestione del Fondo e spesa destinata alle politiche per i minori nelle diverse città. Se consideriamo i dati di bilancio, si osserva che mentre al minore residente a Reggio Calabria e Taranto viene destinata annualmente una somma che oscilla dai 27 ai 90 euro, al minore residente a Bologna, Milano, Firenze o Venezia vengono destinate somme che oscillano dai 679 euro ai 796 euro. Si presenta una analisi comparata con i dati tratti dall'indagine Istat sulla spesa sociale dei comuni che conferma queste tendenze. Le città di Reggio Calabria, Taranto, Brindisi e Palermo sono quelle in cui le politiche per l'infanzia dipendono in modo significativo, oltre il 18 per cento, dall'erogazione del Fondo. Le città del Centro Nord hanno un tasso di dipendenza media molto inferiore e pari mediamente al 4,2 per cento,

impegna il Governo

ad adottare, quanto prima, le disposizioni necessarie per la determinazione dei livelli essenziali di assistenza sociale e a individuare, già in occasione dei prossimi provvedimenti di natura finanziaria, risorse economiche aggiuntive per i servizi per l'infanzia e l'adolescenza.
9/3778-A/36.Zampa, De Pasquale, Sbrollini, Schirru, Strizzolo, Brandolini, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
i commi da 123 a 148 dell'articolo unico del disegno di legge in esame disciplinano il patto di stabilità interno per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per il triennio 2011-2013, le cui norme sono dichiarate principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione;
in tale ambito le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano contribuiscono agli obiettivi di finanza pubblica nella misura di 500 milioni di euro per l'anno 2011 e 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013, secondo la ripartizione indicata nella tabella 1, e il concorso alla manovra di finanza pubblica da parte dei comuni è determinato in ragione delle dimensioni finanziarie dei comuni stessi;
il rinvio alla comunicazione della Ragioneria generale dello Stato, contenuto nel comma 132, non è accettabile per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano che finanziano direttamente oltre la metà del bilancio dei propri comuni, perché originerebbe una duplicazione nell'entità dei concorsi agli obiettivi di finanza pubblica da parte delle stesse regioni e province autonome: tale concorso al bilancio dei propri comuni avviene infatti a carico di un bilancio regionale o provinciale che deve già contribuire a sua volta alla manovra di finanza pubblica, sempre in ragione delle proprie dimensioni;
conseguentemente occorre determinare la quota di contributo a carico dei comuni in questione defalcando dai loro bilanci il finanziamento di provenienza provinciale o regionale, se si vuole evitare una sovrapposizione di risparmi in capo ai medesimi territori,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a evitare la duplicazione nell'entità dei concorsi agli obiettivi di finanza pubblica da parte delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che finanziano direttamente i bilanci dei propri comuni, provvedendo a quantificare in maniera corretta l'entità del concorso agli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2011 - 2013 dei comuni finanziati direttamente dai bilanci delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, anziché dallo Stato, sottraendo dai bilanci degli stessi comuni il finanziamento di provenienza provinciale o regionale.
9/3778-A/37.Nicco, Brugger, Zeller, Strizzolo, Fugatti, Gnecchi, Froner, Fedriga, Follegot.

La Camera,
premesso che:
i commi da 123 a 148 dell'articolo unico del disegno di legge in esame disciplinano il patto di stabilità interno per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per il triennio 2011-2013, le cui norme sono dichiarate principi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione;
in tale ambito le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano contribuiscono agli obiettivi di finanza pubblica nella misura di 500 milioni di euro per l'anno 2011 e 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013, secondo la ripartizione indicata nella tabella 1, e il concorso alla manovra di finanza pubblica da parte dei comuni è determinato in ragione delle dimensioni finanziarie dei comuni stessi;
il rinvio alla comunicazione della Ragioneria generale dello Stato, contenuto nel comma 132, non è accettabile per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano che finanziano direttamente oltre la metà del bilancio dei propri comuni, perché originerebbe una duplicazione nell'entità dei concorsi agli obiettivi di finanza pubblica da parte delle stesse regioni e province autonome: tale concorso al bilancio dei propri comuni avviene infatti a carico di un bilancio regionale o provinciale che deve già contribuire a sua volta alla manovra di finanza pubblica, sempre in ragione delle proprie dimensioni;
conseguentemente occorre determinare la quota di contributo a carico dei comuni in questione defalcando dai loro bilanci il finanziamento di provenienza provinciale o regionale, se si vuole evitare una sovrapposizione di risparmi in capo ai medesimi territori,

impegna il Governo

ad interpretare il comma 132, nel senso di evitare la duplicazione nell'entità dei concorsi agli obiettivi di finanza pubblica da parte delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che finanziano direttamente i bilanci dei propri comuni, provvedendo a quantificare in maniera corretta l'entità del concorso agli obiettivi di finanza pubblica per il triennio 2011 - 2013 dei comuni finanziati direttamente dai bilanci delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, anziché dallo Stato, sottraendo dai bilanci degli stessi comuni il finanziamento di provenienza provinciale o regionale.
9/3778-A/37.(Testo modificato nel corso della seduta) Nicco, Brugger, Zeller, Gottardo, Antonione, Strizzolo, Fugatti, Gnecchi, Froner, Fedriga, Follegot.

La Camera,
premesso che:
nell'ambito dell'esame del disegno di legge recante la legge di stabilità per il 2011 il Governo ha presentato un emendamento contenente un pacchetto di misure volte alla promozione dello sviluppo delle imprese italiane;
l'articolo 122, comma 7-bis, del decreto legislativo n. 163 del 2006, introdotto in funzione anti-crisi dal decreto-legge n. 162 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2008, n. 201, prevede una particolare disciplina per i contratti di lavori pubblici sotto soglia e stabilisce che per i lavori di importo inferiore a 500 mila euro si possa procedere con la così detta procedura ristretta;
il medesimo comma 7-bis prevede peraltro proprio il rispetto dei principi di non discriminazione e di parità di trattamento;
per le medesima finalità anticrisi e di semplificazione, su invito dell'Unione europea, altri Stati membri, come l'Austria e la Germania, hanno provveduto ad innalzare tale soglia a un milione di euro, al di sotto della quale le stazioni appaltanti possano prescindere dalla pubblicazione del bando;
ne è conseguita una penalizzazione delle imprese italiane, che vedono precluso l'accesso ai mercati tedesco e austriaco (non vengono infatti invitate) mentre, viceversa, le imprese con sede in altri paesi UE concorrono per gli appalti pubblici banditi dalle amministrazioni italiane;
la Camera, nell'ambito dell'esame del disegno di legge recante la Carta delle autonomie locali, (AC 3118), ha approvato un emendamento volto ad innalzare la soglia degli appalti pubblici, di cui al comma 7-bis sopra citato, a un milione di euro per i piccoli comuni, e una disposizione analoga è prevista per i comuni montani nel testo unificato all'esame della Commissione Bilancio recante «Disposizioni in favore dei territori di montagna» (AC 41 e abbinati),

impegna il Governo

ad adottare, anche nel corso dell'esame di un prossimo provvedimento legislativo, le opportune iniziative per dare una più rapida attuazione alla disposizione sull'innalzamento della soglia a un milione di euro per la così detta procedura ristretta negli appalti pubblici, rispetto all'iter previsto per i disegni di legge indicati in premessa, al fine di rilanciare tempestivamente lo sviluppo delle imprese italiane e di tutelarle maggiormente sul mercato europeo, rimuovendo le situazioni di disparità di trattamento che si determinano a causa della normativa più restrittiva varata dagli altri Stati membri.
9/3778-A/38.Brugger, Zeller, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
l'EIM, Ente italiano della montagna, è stato soppresso in base all'articolo 7, comma 19, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica;
all'interno dell'Ente esiste un nucleo operativo tecnico che possiede gli strumenti tecnologici e uno storico d'informazioni, dati, modelli ed elaborazioni, utili per la predisposizione di progetti e per operare un valido supporto alle politiche per la montagna italiana. Pertanto è importante cercare di salvaguardare tali competenze, mantenendole al servizio delle aree montane;
in un momento di grande cambiamento nella governance dei territori come quello attuale è strategico disporre di una struttura tecnico-scientifica che lavori in stretta relazione con gli organi di governo locali, regionali e nazionali delle aree montane, in grado di generare scenari complessivi ma descrittivi e rappresentativi delle diverse specificità territoriali, indicatori e modelli previsionali, che favoriscano l'individuazione di azioni e provvedimenti appropriati per la valorizzazione e lo sviluppo di territori peculiari come quelli montani;
strategico è anche il possibile ruolo nell'elaborazione e coordinamento di progetti che intercettino e veicolino verso le aree montane italiane i finanziamenti comunitari dedicati alle aree marginali;
tale servizio, ovviamente, diviene efficace ed efficiente solo se ben coordinato, messo in rete con tutte le realtà istituzionali locali, nazionali ed internazionali che si occupano di montagna concorrendo all'attuazione del federalismo fiscale nei territori montani attraverso il supporto tecnico scientifico alle istituzioni centrali e locali in materia di governo della montagna e, più in generale, in merito agli interventi legislativi su base territoriale, alla definizione delle strategie e progetti innovativi per raccogliere le istanze di sviluppo socio-economico e culturale dei territori montani ed infine facilitare l'accesso dei territori montani alle fonti di finanziamento internazionali e nazionali,

impegna il Governo

a prevedere, in fase di attuazione della suddetta norma, la stipula di una convenzione con il polo universitario dedicato alla montagna decentrato a Edolo (Bs) al fine di mantenere le competenze del personale del servizio per l'informazione geografica e territoriale oltre che della relativa dotazione hardware e software (GIS - Geographic Information System); alla collocazione al Dipartimento per gli affari regionali della competenza economico-legislativa dell'Ente italiano della montagna e di un coordinatore generale di raccordo tra sede decentrata e il Dipartimento per gli affari regionali.
9/3778-A/39.Caparini, Stucchi, Molgora, Consiglio, Volpi, Gidoni.

La Camera,
premesso che:
i commi da 627 a 629 dell'articolo 2, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008), hanno previsto la predisposizione da parte del Ministero della difesa di un apposito programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio, di cui alla legge n. 497 del 1978, in relazione alle esigenze derivanti dalla riforma strutturale connessa al nuovo modello delle Forze armate; al fine di agevolare e rendere più rapida la realizzazione di tale programma pluriennale è stata prevista altresì, dalla stessa legge, «l'alienazione della proprietà, dell'usufrutto o della nuda proprietà di alloggi non più funzionali alle esigenze istituzionali», e l'assegnazione dei fondi alla Difesa;
i punti qualificanti del programma di alienazione e rinnovo del patrimonio abitativo riconoscono il diritto di prelazione al conduttore non proprietario di altra abitazione nella provincia, nonché «la permanenza negli alloggi dei conduttori delle unità immobiliari e delle vedove, con basso reddito familiare, non superiore a quello determinato annualmente con apposito decreto del Ministro della difesa, ovvero con componenti familiari portatori di handicap, dietro corresponsione del canone in vigore all'atto della vendita, aggiornato in base agli indici ISTAT»;
l'articolo 6, comma 21-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha stabilito che, con decreto del Ministero della difesa, si provvederà alla rideterminazione, a decorrere dal 1o gennaio 2011, sulla base dei prezzi di mercato del canone di occupazione dovuto dagli utenti non aventi titolo alla concessione di alloggi di servizio del Ministero della difesa, fermo restando per l'occupante l'obbligo di rilascio entro il termine fissato dall'amministrazione, anche se in regime di proroga;
dal coordinatore nazionale del Comitato nazionale utenza e valorizzazione demanio militare di abitazione (CASADIRITTO), si apprende che «dopo il Comando Aeronautica di Milano e quello di Bari, anche quello di Roma dal 25 settembre scorso sta provvedendo all'invio di lettere riportanti "l'invito" a lasciare l'alloggio. Questo procedere prematuro, che mette termine a un periodo almeno di tre anni...è intempestivo anche rispetto all'uscita del Decreto che riporterà l'elenco delle alienazioni degli alloggi, così come stabilito dal Decreto (Regolamento) del Ministro delle Difesa del 18 maggio 2010, previsto all'articolo 6»;
in ogni caso, tale disposizione, a giudizio dei presentatori, non dovrebbe trovare applicazione nei confronti dei soggetti ultrasessantacinquenni, familiari portatori di handicap o per i soggetti con reddito non superiore a quello indicato dal decreto annuale di gestione in quanto destinatari della normativa speciale di cui al comma 4 dell'articolo 7 del decreto ministeriale n. 112 del 2010 sopra richiamata, attuativo del comma 628, lettera b) dell'articolo 1 della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008), sopra richiamata;
peraltro l'applicazione della rideterminazione ai sensi del decreto-legge n. 78 del 2010 del canone risulterebbe incongrua, in quanto, sulla base del comma 5 dell'articolo 6 del decreto ministeriale n. 112 del 2010, la rideterminazione comporterebbe un aumento sensibile del valore dell'usufrutto, in contrasto con le finalità di tutela delle categorie disagiate che sottendono le disposizioni del decreto ministeriale n. 112 del 2010,

impegna il Governo:

a garantire agli utenti che non superano la soglia di reddito familiare annuo lordo stabilita annualmente dal Ministro della difesa con il decreto emanato ai sensi dell'articolo 9, comma 7, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, l'applicazione del canone così come definito con l'articolo 43 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, mirando a contemperare le esigenze dell'amministrazione con le condizioni sociali degli utenti, e la continuazione della conduzione dell'alloggio per i soggetti richiamati citato decreto ministeriale alle condizioni ivi previste;
a predisporre l'elenco degli alloggi di servizio del Ministero della difesa da alienare e procedere all'attuazione del programma di alienazione immobiliare, nel rispetto dei criteri del regolamento sopra richiamato, con particolare riferimento al riconoscimento del diritto di prelazione per gli attuali conduttori, con l'applicazione dei criteri agevolativi previsti per i conduttori appartenenti alla fascia di reddito indicata in premessa.
9/3778-A/40.Di Stanislao, Di Pietro, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
i commi da 627 a 629 dell'articolo 2, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008), hanno previsto la predisposizione da parte del Ministero della difesa di un apposito programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio, di cui alla legge n. 497 del 1978, in relazione alle esigenze derivanti dalla riforma strutturale connessa al nuovo modello delle Forze armate; al fine di agevolare e rendere più rapida la realizzazione di tale programma pluriennale è stata prevista altresì, dalla stessa legge, «l'alienazione della proprietà, dell'usufrutto o della nuda proprietà di alloggi non più funzionali alle esigenze istituzionali», e l'assegnazione dei fondi alla Difesa;
i punti qualificanti del programma di alienazione e rinnovo del patrimonio abitativo riconoscono il diritto di prelazione al conduttore non proprietario di altra abitazione nella provincia, nonché «la permanenza negli alloggi dei conduttori delle unità immobiliari e delle vedove, con basso reddito familiare, non superiore a quello determinato annualmente con apposito decreto del Ministro della difesa, ovvero con componenti familiari portatori di handicap, dietro corresponsione del canone in vigore all'atto della vendita, aggiornato in base agli indici ISTAT»;
l'articolo 6, comma 21-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha stabilito che, con decreto del Ministero della difesa, si provvederà alla rideterminazione, a decorrere dal 1o gennaio 2011, sulla base dei prezzi di mercato del canone di occupazione dovuto dagli utenti non aventi titolo alla concessione di alloggi di servizio del Ministero della difesa, fermo restando per l'occupante l'obbligo di rilascio entro il termine fissato dall'amministrazione, anche se in regime di proroga;
dal coordinatore nazionale del Comitato nazionale utenza e valorizzazione demanio militare di abitazione (CASADIRITTO), si apprende che «dopo il Comando Aeronautica di Milano e quello di Bari, anche quello di Roma dal 25 settembre scorso sta provvedendo all'invio di lettere riportanti "l'invito" a lasciare l'alloggio. Questo procedere prematuro, che mette termine a un periodo almeno di tre anni...è intempestivo anche rispetto all'uscita del Decreto che riporterà l'elenco delle alienazioni degli alloggi, così come stabilito dal Decreto (Regolamento) del Ministro delle Difesa del 18 maggio 2010, previsto all'articolo 6»;
in ogni caso, tale disposizione, a giudizio dei presentatori, non dovrebbe trovare applicazione nei confronti dei soggetti ultrasessantacinquenni, familiari portatori di handicap o per i soggetti con reddito non superiore a quello indicato dal decreto annuale di gestione in quanto destinatari della normativa speciale di cui al comma 4 dell'articolo 7 del decreto ministeriale n. 112 del 2010 sopra richiamata, attuativo del comma 628, lettera b) dell'articolo 1 della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008), sopra richiamata;
peraltro l'applicazione della rideterminazione ai sensi del decreto-legge n. 78 del 2010 del canone risulterebbe incongrua, in quanto, sulla base del comma 5 dell'articolo 6 del decreto ministeriale n. 112 del 2010, la rideterminazione comporterebbe un aumento sensibile del valore dell'usufrutto, in contrasto con le finalità di tutela delle categorie disagiate che sottendono le disposizioni del decreto ministeriale n. 112 del 2010,

impegna il Governo:

a valutare le modalità per a garantire agli utenti che non superano la soglia di reddito familiare annuo lordo stabilita annualmente dal Ministro della difesa con il decreto emanato ai sensi dell'articolo 9, comma 7, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, l'applicazione del canone così come definito con l'articolo 43 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, mirando a contemperare le esigenze dell'amministrazione con le condizioni sociali degli utenti, e la continuazione della conduzione dell'alloggio per i soggetti richiamati citato decreto ministeriale alle condizioni ivi previste;
a predisporre l'elenco degli alloggi di servizio del Ministero della difesa da alienare e procedere all'attuazione del programma di alienazione immobiliare, nel rispetto dei criteri del regolamento sopra richiamato, con particolare riferimento al riconoscimento del diritto di prelazione per gli attuali conduttori, con l'applicazione dei criteri agevolativi previsti per i conduttori appartenenti alla fascia di reddito indicata in premessa.
9/3778-A/40.(Testo modificato nel corso della seduta) Di Stanislao, Di Pietro, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
alcune innovazioni sul pubblico impiego introdotte dal Governo con il decreto n. 78 del 2010 stanno provocando gravi problemi ai conti pubblici e al buon andamento della pubblica amministrazione;
in particolare si è creata una corsa al pensionamento nella scuola, negli enti pubblici e tra i magistrati, per evitare la rateizzazione fino a tre anni della buonuscita;
la misura adottata dal Governo, sulla base di calcoli evidentemente errati, prefigurava l'ottenimento di momentanei risparmi per le casse pubbliche attraverso il rinvio nel tempo del momento in cui gli importi delle buonuscite sarebbero state pagate, ma neppure tale momentaneo beneficio potrà essere conseguito. Infatti, avendo determinato la corsa al pensionamento, si produrrà un risparmio in termini di retribuzioni che però sarà del tutto annullato dalla più forte crescita della spesa pensionistica a causa dell'esodo massiccio;
è del 18 ottobre 2010, inoltre, l'allarme lanciato dal Vice-presidente del Consiglio superiore della magistratura, alla presenza del Ministro della giustizia, per «una situazione di assoluta urgenza» provocata dalla rateizzazione della buonuscita;
ci sono circa 350 magistrati che, avendo già maturato il massimo dell'età pensionabile, e non intendendo vedersi rateizzata la corresponsione della buonuscita, hanno presentato domanda di pensionamento. Parte non trascurabile di costoro lasceranno improvvisamente scoperta la direzione di molti uffici giudiziari;
si tratta di un ulteriore colpo al funzionamento della macchina giudiziaria che andrebbe assolutamente impedito, perché le scoperture, che sono già troppe, paralizzeranno tribunali e procure,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative anche legislative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di eliminare la disposizione che rateizza la corresponsione dell'età pensionabile contenuta nel decreto n. 78 del 2010.
9/3778-A/41.Paladini, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il Governo continua a ridurre le risorse a disposizione delle politiche a favore dell'occupazione femminile;
le leggi di stabilità e di bilancio in esame hanno chiarito definitivamente quanto le iniziative di questo Governo siano di mera propaganda in materia di occupazione femminile, essendo state ridotte le risorse a favore della promozione e la garanzia dei diritti e delle pari opportunità di quasi 6 milioni di euro;
la distanza dell'Italia dai parametri di Lisbona sul tasso di occupazione femminile è preoccupante: non riusciremo a raggiungere entro la fine del 2010 l'obiettivo dell'occupazione femminile al 60 per cento, essendo fermi al 46 per cento (i nostri dati sono inferiori rispetto a quello medio dell'Unione europea di circa dodici punti);
ciò significa che quasi metà delle donne in età da lavoro non ha speranza di ottenere un'autonomia economica; che gran parte delle famiglie italiane, soprattutto al Sud, ma non solo, si reggono su un solo percettore di reddito, dalla stabilità ed adeguatezza del quale dipende la sopravvivenza di tutti; che la mancata valorizzazione dell'occupazione e del ruolo femminile produce declino economico, in quanto il loro ingresso o il loro ritorno nel mondo del lavoro è motore di tutta l'economia, oltre che volano di servizi;
le politiche sociali ancora non affrontano, né riconoscono il valore economico al lavoro di cura, sia sotto forma di congedi coperti da indennità adeguati che sotto forma di contributi figurativi più sostanziosi di quelli attualmente vigenti; al momento attuale solo il congedo di maternità è coperto da contributi figurativi calcolati sulla retribuzione effettiva (e solo per chi ha un lavoro regolare). Il congedo genitoriale, oltre ad essere compensato in maniera poco più che simbolica (30 per cento dello stipendio e solo se preso entro i tre anni di vita del bambino), dà luogo a contributi figurativi ridotti, ancorché riscattabili o integrabili con versamenti volontari, e per un massimo di sei mesi e solo per le lavoratrici dipendenti che abbiano almeno 5 anni di storia contributiva. Invece, nel caso di contributi per il periodo del servizio militare (o civile alternativo a quello militare) basta aver avuto anche un solo contributo nel periodo precedente il servizio; è anche per questo - bassa remunerazione e scarsi o nulli contributi figurativi - che i padri raramente prendono il congedo genitoriale, allargando di fatto il divario con le loro compagne;
il Governo un anno fa aveva lanciato «con la grancassa» il piano «Italia 2020 - Programma di azioni per l'inclusione delle donne nel mercato del lavoro», che, oltre a proporre nei contenuti una politica di familismo esplicito e riportare così il nostro Paese agli anni sessanta, non ha ancora visto la messa in cantiere, a distanza di un anno dal piano e di oltre due dall'avvento di questo Governo, di alcuna misura concreta in favore dell'inclusione delle donne nel mercato del lavoro e non si vede come potranno mai partire, in considerazione della ulteriore riduzione delle risorse messe a disposizione nella legge di stabilità;
al contrario, diversi provvedimenti adottati dal Governo - l'abolizione della legge n. 188 del 2007 sulle dimissioni in bianco, la limitazione del ricorso al part time, il mancato rinnovo degli incentivi fiscali a favore delle donne lavoratrici del Mezzogiorno - hanno di fatto avallato comportamenti scorretti da parte dei datori di lavoro e aumentato la discriminazione nei confronti delle lavoratrici; in sostanza, il rischio è che per le donne e le famiglie italiane l'Italia del 2020 sia tragicamente uguale a quella del 2010;
il Governo aveva promesso che i risparmi derivanti dall'aumento dell'età pensionabile femminile nel pubblico impiego sarebbero stati utilizzati per l'incremento di risorse in favore delle donne medesime, delle politiche di conciliazione tra tempo di lavoro e di cura, delle politiche sociali collegate ai servizi alle famiglie: invece, il Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, nel quale questi risparmi sono confluiti, vengono utilizzati per finalità che non hanno nulla a che vedere con le finalità originarie, come dimostrano le misure contenute nella presente legge di stabilità;
è urgente che il Governo intervenga prontamente con incentivi ad hoc: ad esempio detassando parzialmente il reddito da lavoro dipendente delle donne; dando incentivi diretti alle aziende che assumono donne; favorendo l'accesso al credito delle imprese femminili operanti nel Mezzogiorno; rifinanziando il fondo per il sostegno all'imprenditoria femminile in tutti i settori produttivi, di cui alla legge n. 215 del 1992;

impegna il Governo

a stanziare risorse a favore delle lavoratrici, in particolare istituendo un Fondo ad hoc idoneo a realizzare le misure indicate in premessa.
9/3778-A/42.Mura, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il Governo continua a ridurre le risorse a disposizione delle politiche a favore dell'occupazione femminile;
le leggi di stabilità e di bilancio in esame hanno chiarito definitivamente quanto le iniziative di questo Governo siano di mera propaganda in materia di occupazione femminile, essendo state ridotte le risorse a favore della promozione e la garanzia dei diritti e delle pari opportunità di quasi 6 milioni di euro;
la distanza dell'Italia dai parametri di Lisbona sul tasso di occupazione femminile è preoccupante: non riusciremo a raggiungere entro la fine del 2010 l'obiettivo dell'occupazione femminile al 60 per cento, essendo fermi al 46 per cento (i nostri dati sono inferiori rispetto a quello medio dell'Unione europea di circa dodici punti);
ciò significa che quasi metà delle donne in età da lavoro non ha speranza di ottenere un'autonomia economica; che gran parte delle famiglie italiane, soprattutto al Sud, ma non solo, si reggono su un solo percettore di reddito, dalla stabilità ed adeguatezza del quale dipende la sopravvivenza di tutti; che la mancata valorizzazione dell'occupazione e del ruolo femminile produce declino economico, in quanto il loro ingresso o il loro ritorno nel mondo del lavoro è motore di tutta l'economia, oltre che volano di servizi;
le politiche sociali ancora non affrontano, né riconoscono il valore economico al lavoro di cura, sia sotto forma di congedi coperti da indennità adeguati che sotto forma di contributi figurativi più sostanziosi di quelli attualmente vigenti; al momento attuale solo il congedo di maternità è coperto da contributi figurativi calcolati sulla retribuzione effettiva (e solo per chi ha un lavoro regolare). Il congedo genitoriale, oltre ad essere compensato in maniera poco più che simbolica (30 per cento dello stipendio e solo se preso entro i tre anni di vita del bambino), dà luogo a contributi figurativi ridotti, ancorché riscattabili o integrabili con versamenti volontari, e per un massimo di sei mesi e solo per le lavoratrici dipendenti che abbiano almeno 5 anni di storia contributiva. Invece, nel caso di contributi per il periodo del servizio militare (o civile alternativo a quello militare) basta aver avuto anche un solo contributo nel periodo precedente il servizio; è anche per questo - bassa remunerazione e scarsi o nulli contributi figurativi - che i padri raramente prendono il congedo genitoriale, allargando di fatto il divario con le loro compagne;
il Governo un anno fa aveva lanciato «con la grancassa» il piano «Italia 2020 - Programma di azioni per l'inclusione delle donne nel mercato del lavoro», che, oltre a proporre nei contenuti una politica di familismo esplicito e riportare così il nostro Paese agli anni sessanta, non ha ancora visto la messa in cantiere, a distanza di un anno dal piano e di oltre due dall'avvento di questo Governo, di alcuna misura concreta in favore dell'inclusione delle donne nel mercato del lavoro e non si vede come potranno mai partire, in considerazione della ulteriore riduzione delle risorse messe a disposizione nella legge di stabilità;
al contrario, diversi provvedimenti adottati dal Governo - l'abolizione della legge n. 188 del 2007 sulle dimissioni in bianco, la limitazione del ricorso al part time, il mancato rinnovo degli incentivi fiscali a favore delle donne lavoratrici del Mezzogiorno - hanno di fatto avallato comportamenti scorretti da parte dei datori di lavoro e aumentato la discriminazione nei confronti delle lavoratrici; in sostanza, il rischio è che per le donne e le famiglie italiane l'Italia del 2020 sia tragicamente uguale a quella del 2010;
il Governo aveva promesso che i risparmi derivanti dall'aumento dell'età pensionabile femminile nel pubblico impiego sarebbero stati utilizzati per l'incremento di risorse in favore delle donne medesime, delle politiche di conciliazione tra tempo di lavoro e di cura, delle politiche sociali collegate ai servizi alle famiglie: invece, il Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, nel quale questi risparmi sono confluiti, vengono utilizzati per finalità che non hanno nulla a che vedere con le finalità originarie, come dimostrano le misure contenute nella presente legge di stabilità;
è urgente che il Governo intervenga prontamente con incentivi ad hoc: ad esempio detassando parzialmente il reddito da lavoro dipendente delle donne; dando incentivi diretti alle aziende che assumono donne; favorendo l'accesso al credito delle imprese femminili operanti nel Mezzogiorno; rifinanziando il fondo per il sostegno all'imprenditoria femminile in tutti i settori produttivi, di cui alla legge n. 215 del 1992;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di stanziare risorse a favore delle lavoratrici, in particolare istituendo un Fondo ad hoc idoneo a realizzare le misure indicate in premessa.
9/3778-A/42.(Testo modificato nel corso della seduta) Mura, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
anche quest'anno, puntualmente, assistiamo allo sgretolarsi di alcune Regioni del nostro Paese a causa dei violenti nubifragi che si sono abbattuti su gran parte del Nord Italia e, a seguire, nel Sud;
il maltempo ha colpito sei Regioni italiane, ed in particolare il Veneto, il Friuli Venezia Giulia, la Liguria, la Calabria, la Campania e le due province toscane di Lucca e Massa Carrara la situazione di crisi dovuta all'allagamento richiede la tempestività di un intervento a livello sia nazionale che europeo;
le organizzazioni agricole sono in allarme e stimano danni che ammontano ad una cifra che si aggira attorno al miliardo di euro solo per arginare i deterioramenti più immediati, cui vanno aggiunti i fondi necessari alle opere strutturali;
la Confederazione italiana agricoltori ha attivato un monitoraggio sulle zone colpite e istituito punti di soccorso per venire incontro alle esigenze degli agricoltori, tantissime sono le imprese agricole che hanno subito danni ingenti anche alle strutture (cantine, stalle e serre) inondate sott'acqua;
l'agricoltura registra una vera e propria devastazione nelle cinque regioni colpite già gravemente penalizzate dalla crisi economica. La devastazione di piantagioni e allevamenti è accompagnata dalla distruzione di migliaia di aziende, piccole e medie imprese, i cui opifici e macchinari sono stati resi inservibili dalle inondazioni;
in Campania, in particolare nel salernitano a causa degli allagamenti di questi giorni, centinaia di famiglie sono state costrette a lasciare le proprie abitazioni per trovare un rifugio alternativo, molti agricoltori hanno visto i loro campi allagarsi e i pastori della zona le loro stalle devastate dall'acqua dei fiumi straripati a causa della forte pioggia. E secondo le stime della Coldiretti, oggi è a rischio il 99 per cento dei comuni della provincia di Salerno, soggetti a possibili frane e smottamenti;
nel Nord Est sono andati distrutti cereali, tabacco, piante e fiori e ortaggi, circa 500 ettari di vigneto appartenenti alla DOC del Soave - 7 mila ettari in totale - sono stati coinvolti nelle alluvioni. Secondo la Coldiretti sono letteralmente annegati circa 150 mila capi di bestiame, una vera e propria carneficina che ha colpito principalmente il triangolo di terra compreso nelle province di Padova, Vicenza e Verona dove forte è la concentrazione di allevamenti;
anche in Liguria, la pioggia caduta con eccezionale abbondanza in questi giorni, ha causato allagamenti e smottamenti dei terreni, specie nei terrazzamenti dove vi sono colture di olivi, e ha devastato le coltivazioni orticole (pomodori, zucchine, melanzane, insalate) e gli alberi da frutta. È noto che l'80 per cento dei comuni della Liguria è considerato a rischio frane e alluvioni, anche per effetto della progressiva cementificazione e dell'abbandono delle campagne, che ha lasciato spazio al degrado aumentando l'instabilità del territorio;
si registra un diffuso stato di preallarme per il rischio idrogeologico e idraulico, e vi è inoltre rischio di frane, anche di grosse dimensioni, sul dissesto idrogeologico e sui rischi che ne derivano per il nostro Paese; sul tema è intervenuta anche la Copagri (la Confederazione dei produttori agricoli), sostenendo che se i terremoti sono impossibili da prevedere, le cause di frane e alluvioni sono evidenti nella quasi totalità dei casi, le cui responsabilità sono attribuibili all'abbandono delle aree rurali limitrofe alle città, nonché all'urbanizzazione dei territori agricoli,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di predisporre un giusto indennizzo agli agricoltori in base all'entità delle perdite subite;
a riconoscere lo stato di calamità per i territori agricoli danneggiati dalle avversità atmosferiche e ad attivare i meccanismi di protezione e di risarcimento previsti dal Fondo di solidarietà nazionale;
a valutare l'opportunità di usufruire del Fondo di solidarietà dell'Unione Europea (Fsue) messo a disposizione delle popolazioni colpite da eventi calamitosi.
9/3778-A/43.Rota, Di Giuseppe, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il settore bieticolo-saccarifero italiano rischia di essere definitivamente cancellato, e così aziende agricole e stabilimenti, a causa dei mancati interventi (86 milioni di euro), più volte promessi a parole dal Governo e finora non concretizzati nei fatti, con un danno non solo economico, ma anche sociale di proporzioni enormi;
tale settore è stato fortemente penalizzato, a causa della riforma dell'Organizzazione comune di mercato dello zucchero, che ha ridotto del 67 per cento la produzione italiana di zucchero: oggi solo 4 zuccherifici su 19 sono rimasti in attività. Gli aiuti nazionali e comunitari sono stati autorizzati fino al 2010 per consentire l'adattamento del settore alle nuove condizioni, ma questi sono stati erogati solo fino al 2008 e la mancata assegnazione dei residui sta mettendo in ginocchio il settore. A tutt'oggi occorrono 86 milioni di euro per garantire l'attività dei 4 zuccherifici rimasti, oltre all'immediata riconversione di quelli dismessi, per garantire il lavoro ai lavoratori rimasti senza occupazione. Sia nella manovra finanziaria per il 2010 varata a luglio, sia nella legge di stabilità in esame non vi è alcuna traccia di queste risorse;
l'aspettativa degli impegni assunti dallo Stato in sede comunitaria ha portato le imprese agricole ed industriali ad elaborare propri programmi e ad effettuare investimenti che sono stati poi puntualmente disattesi, con conseguenze disastrose in termini di occupazione e di difficoltà da parte delle aziende del settore;
il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, ha confermato più volte l'impegno a stanziare gli aiuti nazionali autorizzati dalle normative comunitarie relativi agli anni 2009 e 2010, trovando la necessaria copertura finanziaria, ma niente è stato fatto in tal senso. Tutto questo porta all'estinzione di una realtà produttiva molto importante per l'intero sistema agroalimentare nazionale;
il gruppo dell'Italia dei Valori ha presentato nella XVI legislatura diversi emendamenti e ordini del giorno per impegnare il Governo a ristabilire detti aiuti nazionali, proprio per non dismettere un intero comparto di produzione assolutamente italiano, composto da aziende italiane e, soprattutto, destinato a divenire un settore fiorente dell'economia europea. Con un precedente atto di indirizzo, il Governo si era impegnato a prestare maggiore attenzione a questo settore, ma nulla è stato fatto in tal senso;
anche durante l'esame in Assemblea del disegno di legge riguardante «Disposizioni per il rafforzamento della competitività del settore agro-alimentare» il Governo ha accettato un ordine del giorno che lo impegnava ad attivarsi concretamente al fine di reperire tempestivamente le risorse economiche necessarie al fine del rilancio del settore in questione che rappresenta uno dei compatti di punta dell'intero settore agro-alimentare;
in Commissione agricoltura, durante l'iter della legge di stabilità, era stato approvato un emendamento che stanziava 65 milioni di euro per il settore bieticolo-saccarifero, ma in commissione bilancio tal emendamento è stato respinto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative, anche normative, finalizzate ad erogare le risorse finanziarie necessarie a sostenere il comparto bieticolo-saccarifero che rappresenta una filiera strategica e con un indotto economico di grande importanza per l'Italia.
9/3778-A/44.Di Giuseppe, Rota, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
lo stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali per il 2011 prevede spese finali di competenza per complessivi 1.429 milioni di euro; rispetto ai circa 1.718 milioni di euro delle previsioni iniziali del bilancio 2010, le previsioni per il 2011 evidenziano una diminuzione di oltre 281 milioni di euro, dunque, rispetto alle previsioni della legge di assestamento 2010, pari a oltre 1718 milioni di euro, la diminuzione delle spese è pari a circa 461 milioni di euro;
in particolare, la Missione «Tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali», vede un taglio rispetto alle previsioni assestate 2010, di oltre 224 milioni di euro (passando da quasi 1.434 milioni di euro a meno di 1.210 milioni);
nell'ambito delle suddette missioni, il programma Tutela delle belle arti, dell'architettura e dell'arte contemporanee; tutela e valorizzazione del paesaggio, con uno stanziamento in conto competenza pari a 255,7 milioni di euro è tagliato di 31,3 milioni di euro rispetto all'assestamento 2010;
la Valorizzazione del patrimonio culturale, registra un decremento di 2,8 milioni di euro e per la Tutela del patrimonio culturale vengono stanziati 192,8 milioni di euro, inferiore di 62,5 milioni di euro rispetto al dato assestato 2010 e, in particolare, subiscono un taglio di 17,0 milioni di euro le somme destinate agli interventi urgenti al verificarsi di emergenze, relativi alla salvaguardia dei beni culturali e paesaggistici; le somme per conservazione, potenziamento e realizzazione di progetti sperimentali, ivi compresa la manutenzione straordinaria di locali attinenti il patrimonio nazionale archeologico, storico, artistico e architettonico con un totale complessivo di 41,8 milioni di euro sono decurtati di ben 17,2 milioni di euro;
le spese per interventi di restauro e sicurezza in musei, archivi e biblioteche di interesse storico, artistico e culturale, nonché per interventi di restauro della Domus Aurea e le somme destinate specificatamente ad interventi per il restauro e la sicurezza dell'area archeologica centrale di Roma vengono decurtate di 0,7 milioni di euro;
solo per fare un esempio tra tanti, il Colosseo, uno dei monumenti più importanti e più famosi al mondo, avrebbe bisogno di un restauro di 25 milioni di euro;
la missione Ricerca in materia di beni e attività culturali, con uno stanziamento in conto competenza di 77,8 milioni di euro (pari al 5,4 per cento dello stanziamento del Ministero), registra un decremento di 66,4 milioni (-46,0 per cento) rispetto al bilancio assestato 2010;
l'inadeguatezza delle risorse, destinate ai beni culturali, dunque a quei settori che rappresentano una parte importante della cultura italiana, è diventata oltremodo insostenibile e denota un progressivo abbandono dell'intervento pubblico nella cultura; infatti è piuttosto evidente che rispetto alla necessaria valorizzazione dei settori relativi al Ministero per i beni culturali il Governo dimostra di rimanere lontano da qualsiasi iniziativa concreta;
già il crollo delle arcate di Traiano alla Domus Aurea e di alcune parti del Colosseo, ma soprattutto il Crollo della Domus dei gladiatori di Pompei del 6 novembre scorso, rappresenta l'emblema del fallimento della politica di questo governo in materia di tutela dei beni e delle attività culturali;
all'articolo 9 della nostra Costituzione, i costituenti scelsero 2 verbi per esprimere ciò che bisognava fare in relazione a ciò che già c'era e a ciò che si doveva costruire di nuovo: «tutelare» e «promuovere», cioè considerare la storia, l'arte ed il paesaggio italiano come una ricchezza preziosa da proteggere e valorizzare;
peraltro, il settore dei beni culturali rientra tra gli assi principali di riferimento anche a livello europeo, fondandosi esso sul riconoscimento delle ampie potenzialità espresse dalle attività connesse alla conservazione, al restauro e alla gestione del patrimonio culturale;
il nostro Paese detiene gran parte del delle risorse artistiche e archeologiche del mondo e una parte considerevole del prodotto interno lordo è dato dal turismo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reperire risorse più adeguate per la tutela e la promozione del nostro patrimonio artistico culturale, anche al fine di contribuire in modo efficace alla realizzazione di una concreta ed efficace politica di rilancio, con un conseguente positivo effetto sinergico su diversi settori.
9/3778-A/45.Zazzera, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
si assiste ad un progressivo deterioramento delle condizioni delle università italiane, ormai prossime al collasso finanziario ed organizzativo; le cause di tale declino sono molteplici e vanno individuate da un lato nella gestione locale delle risorse da parte dei singoli atenei, non sempre oculata, dall'altro nel quadro nazionale di forte incertezza creato dalle ricorrenti modifiche della legislazione in materia e dalla progressiva riduzione delle risorse statali;
dai dati OCSE emerge una realtà alquanto sconfortante per il nostro Paese: la spesa pubblica annuale per studente in USA è pari a 8400 dollari, in Inghilterra a 9400 dollari, in Germania a 10.200, in Francia a 9300 dollari, mentre in Italia è di 5400 dollari, mentre la media OCSE è pari a 8.400 dollari; le retribuzioni dei docenti sono tra le più basse; in particolare quelle dei ricercatori italiani, nei primi anni di attività, sono più basse del 30-50 per cento di quelle degli altri Paesi europei;
già il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha ridotto drasticamente le risorse finanziarie del sistema universitario, con tagli di 63,5 milioni di euro per il 2009; 190 milioni di euro per il 2010, 316 milioni di euro per il 2011, 417 milioni di euro per il 2012; 455 milioni di euro per 2013; si tratta di un totale di quasi 1.500 milioni di euro di riduzione in cinque anni, una media di 300 milioni di euro per anno, pari circa al trenta per cento dell'intero fondo assegnato all'università; si è passati cioè dalla riduzione dell'ordine dell'i per cento del 2009 ad una del 7,8 per cento fra il 2012 e il 2013;
il finanziamento degli atenei rimane una questione imprescindibile, in quanto si assiste ad un taglio lineare di oltre 1,355 miliardi di euro su un fondo di circa 7 miliardi; basti pensare che, proprio per la mancanza di risorse adeguate è ferma la riforma dell'università che, secondo le intenzioni dei proponenti, avrebbe dovuto ispirarsi a principi di autonomia e di responsabilità (finanziaria, scientifica, didattica);
pesanti tagli si sono registrati inoltre per le borse di studio, per i collegi universitari e gli alloggi, infatti inizialmente per il fondo del finanziamento per il diritto allo studio si prevedevano 96 milioni in meno rispetto al 2010: -74 milioni per il capitolo borse di studio, -13,6 milioni per i collegi universitari, -5,6 milioni per gli alloggi. Dunque con meno del 90 per cento per le borse di studio, su oltre 180 mila studenti che hanno diritto, otto su dieci non avranno la possibilità di ricevere la borsa di studio;
tuttavia, con una disposizione, introdotta nel «maxi-emendamento» presentato in Commissione bilancio, si destinano risorse a favore dell'Università, in particolare sono stati stanziati 800 milioni per il Fondo ordinario per il funzionamento dell'università, 100 milioni per le borse di studio e 100 milioni per crediti d'imposta per le aziende che commissionano ricerche ad istituti universitari; inoltre, vengono stanziati 25 milioni per università private;
è evidente che queste cifre rappresentano poca cosa a fronte del taglio di 1 miliardo e 400 milioni circa, e ancora meno serviranno a finanziare la riforma che giace in attesa di essere ripresa in considerazione, né contribuiranno a dare ossigeno al depauperato diritto allo studio, mortificato e umiliato dai tagli pesanti intervenuti;
tutto ciò conferma il disinteresse del Governo per un settore fondamentale per la crescita del Paese quale quello dell'istruzione in generale e di quella universitaria in particolare, che purtroppo non potrà non continuare a risentire di questa politica di tagli, che ha portato il sistema, già pesantemente sottofinanziato, al di sotto della soglia di sostenibilità;
i proclami non possono bastare, mentre è indiscutibile che l'investimento nella formazione delle nuove generazioni rappresenta un parametro vitale per qualunque Paese voglia elaborare un positivo progetto di crescita per il proprio futuro, anche valorizzando concretamente il merito e promuovendo l'uguaglianza delle opportunità;
è più che necessario investire risorse in maniera da valorizzare le immense risorse culturali e le competenze professionali che risiedono nel Paese, nella consapevolezza piena che l'università deve rappresentare un motore essenziale della mobilità sociale e della crescita dell'intero Paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reperire ulteriori e più adeguate risorse al fine di adottare iniziative concrete per modernizzare le università italiane, che portino senza incertezze a un rilancio e a un rinnovamento del sistema universitario esaltandone l'autonomia finanziaria, garantendo veramente il diritto allo studio e valorizzando i meriti e le professionalità.
9/3778-A/46.Di Pietro, Zazzera, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
l'impatto che in particolar modo potrebbe avere la crisi economica a livello globale sulle già precarie e fragili economie dei Paesi in via di sviluppo e del Terzo mondo (con riguardo soprattutto ai fondi destinati agli aiuti pubblici allo sviluppo) rischia naturalmente di avere ben più gravi conseguenze di quelle che patiscono le società occidentali;
la rinnovata presa di coscienza nei confronti della strutturale instabilità dei mercati monetari e finanziari e dei danni che essa è in grado di provocare, ha riaperto il dibattito sulla necessità di attribuire alla politica rinnovati strumenti di controllo e di governo delle dinamiche economiche;
un primo passo nella direzione del necessario cambiamento di rotta sopra evocato è stato da tempo individuato in una proposta, avanzata per la prima volta nel 1972 dal premio Nobel per l'economia James Tobin, basata sull'istituzione di un'imposta sulle transazioni valutarie, la cosiddetta «Tobin tax» che ha raccolto negli ultimi anni il consenso di gruppi, movimenti politici, parlamento e governi sempre più numerosi e significativi e una straordinaria convergenza a sostegno della stessa da parte di economisti di diversa provenienza culturale e politica;
si tratta di una tassa sulle transazioni valutarie e finanziarie che, oltre a contribuire alla riduzione dell'instabilità sui mercati finanziari, potrebbe simbolicamente rappresentare una netta inversione di tendenza rispetto alle scelte di deregolamentazione dell'ultimo ventennio, uno strumento semplice, dunque, per il perseguimento di molti obiettivi complessi, sia operativi sia politici, non ultimo quello di contribuire a determinare risorse addizionali per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio e per far fronte ai danni sociali causati dalla crisi attuale soprattutto rispetto all'erogazione dell'aiuto allo sviluppo dei Paesi più poveri;
l'introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie finalizzata al sostegno delle politiche di cooperazione allo sviluppo in collaborazione con tutte le istituzioni internazionali che già si sono espresse favorevolmente su tale ipotesi non può certamente essere soltanto una tassa a livello nazionale e quindi servono posizioni armonizzate tra i Paesi, ma anche un'intesa con gli Usa e con gli altri continenti per non vanificare la possibilità di percorrere la strada di un'alternativa praticabile: una tassa sulle transazioni finanziarie che permetterebbe, infatti, di raccogliere fino a 650 miliardi (secondo studi della Oxfam, una confederazione internazionale di ong impegnate nella lotta alla povertà e all'ingiustizia) all'anno da destinare sia ad aiutare i più poveri nel Sud del mondo, sia a finanziare politiche sociali nei paesi del Nord,

impegna il Governo:

a sostenere con forza, in sede europea e internazionale, la praticabilità di un'intesa sulla tassazione delle transazioni finanziarie che permetterebbe di raccogliere fondi sufficienti sia per la lotta alla povertà e all'ingiustizia, soprattutto nel Sud del mondo, sia a finanziare politiche sociali nei paesi del Nord;
a destinare, nelle more di un accordo unitario in tal senso, una significativa percentuale di tale tassazione per il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio che vede proprio il nostro Paese essere in grave ritardo rispetto alle scadenze prefissate, lo 0,51 per cento entro il 2010, già disatteso, e lo 0,7 per cento entro il 2015.
9/3778-A/47.Evangelisti, Leoluca Orlando, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
l'impatto che in particolar modo potrebbe avere la crisi economica a livello globale sulle già precarie e fragili economie dei Paesi in via di sviluppo e del Terzo mondo (con riguardo soprattutto ai fondi destinati agli aiuti pubblici allo sviluppo) rischia naturalmente di avere ben più gravi conseguenze di quelle che patiscono le società occidentali;
la rinnovata presa di coscienza nei confronti della strutturale instabilità dei mercati monetari e finanziari e dei danni che essa è in grado di provocare, ha riaperto il dibattito sulla necessità di attribuire alla politica rinnovati strumenti di controllo e di governo delle dinamiche economiche;
un primo passo nella direzione del necessario cambiamento di rotta sopra evocato è stato da tempo individuato in una proposta, avanzata per la prima volta nel 1972 dal premio Nobel per l'economia James Tobin, basata sull'istituzione di un'imposta sulle transazioni valutarie, la cosiddetta «Tobin tax» che ha raccolto negli ultimi anni il consenso di gruppi, movimenti politici, parlamento e governi sempre più numerosi e significativi e una straordinaria convergenza a sostegno della stessa da parte di economisti di diversa provenienza culturale e politica;
si tratta di una tassa sulle transazioni valutarie e finanziarie che, oltre a contribuire alla riduzione dell'instabilità sui mercati finanziari, potrebbe simbolicamente rappresentare una netta inversione di tendenza rispetto alle scelte di deregolamentazione dell'ultimo ventennio, uno strumento semplice, dunque, per il perseguimento di molti obiettivi complessi, sia operativi sia politici, non ultimo quello di contribuire a determinare risorse addizionali per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio e per far fronte ai danni sociali causati dalla crisi attuale soprattutto rispetto all'erogazione dell'aiuto allo sviluppo dei Paesi più poveri;
l'introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie finalizzata al sostegno delle politiche di cooperazione allo sviluppo in collaborazione con tutte le istituzioni internazionali che già si sono espresse favorevolmente su tale ipotesi non può certamente essere soltanto una tassa a livello nazionale e quindi servono posizioni armonizzate tra i Paesi, ma anche un'intesa con gli Usa e con gli altri continenti per non vanificare la possibilità di percorrere la strada di un'alternativa praticabile: una tassa sulle transazioni finanziarie che permetterebbe, infatti, di raccogliere fino a 650 miliardi (secondo studi della Oxfam, una confederazione internazionale di ong impegnate nella lotta alla povertà e all'ingiustizia) all'anno da destinare sia ad aiutare i più poveri nel Sud del mondo, sia a finanziare politiche sociali nei paesi del Nord,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di sostenere con forza, in sede europea e internazionale, la praticabilità di un'intesa sulla tassazione delle transazioni finanziarie che permetterebbe di raccogliere fondi sufficienti sia per la lotta alla povertà e all'ingiustizia, soprattutto nel Sud del mondo, sia a finanziare politiche sociali nei paesi del Nord;
a destinare, nelle more di un accordo unitario in tal senso, una significativa percentuale di tale tassazione per il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio che vede proprio il nostro Paese essere in grave ritardo rispetto alle scadenze prefissate, lo 0,51 per cento entro il 2010, già disatteso, e lo 0,7 per cento entro il 2015.
9/3778-A/47.(Testo modificato nel corso della seduta) Evangelisti, Leoluca Orlando, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
i continui drammatici effetti prodotti da eventi calamitosi naturali che con cadenza sempre più frequente colpiscono le diverse regioni del nostro Paese sono acuiti dall'incuria e da una gestione dissennata dei suoli e dei bacini idrografici, nonché dall'assenza di una seppur minima politica di pianificazione, manutenzione e prevenzione del territorio. Quello che è avvenuto in queste settimane in Veneto, nella provincia di Massa Carrara e nel Salernitano ne è l'ennesima dimostrazione;
le risorse finanziarie complessivamente assegnate alla difesa del suolo sono del tutto insufficienti, e sempre in costante preoccupante diminuzione in questi ultimi anni;
lo stanziamento complessivo di competenza iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente per il 2011 rispetto al dato assestato per il 2010 registra quindi, una diminuzione di circa il 31,2 per cento;
la Missione a cui sono assegnate la gran parte delle risorse a disposizione del Ministero, ossia quella relativa allo «Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente» quest'anno vede ridurre le risorse a sua disposizione di circa il 35 per cento rispetto allo scorso anno;
il bilancio del Ministero è ormai sotto la soglia di sopravvivenza. Dal 2008 ad oggi, è stato tagliato quasi un miliardo di euro, oltre la metà della somma totale a disposizione del Ministero dell'ambiente;
questo taglio insostenibile al Ministero dell'ambiente e in particolare alle risorse finalizzate alla conservazione e alla tutela del territorio ha registrato nelle scorse settimane la convinta protesta dello stesso Ministro dell'ambiente;
i suddetti numeri, sono più eloquenti di qualsivoglia analisi. Con queste risorse non si può fare nessuna seria politica per la difesa del nostro territorio e la sua tutela dal rischio idrogeologico;
a una grande fragilità idrogeologica del nostro Paese, va aggiunto un abusivismo - specialmente nel Sud del Paese - che raggiunge dimensioni inaccettabili, piani regolatori a dir poco spregiudicati, e comunque facilmente derogati, a cui si aggiungono disboscamenti dissennati;
la legge finanziaria 2010, all'articolo 2, comma 240, ha destinato 900 milioni di euro ai piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico (individuate dal Ministero dell'ambiente, sentite le autorità di bacino e il Dipartimento della protezione civile);
nel corso dell'audizione svolta presso la Commissione ambiente della Camera il 20 ottobre scorso, il Ministro per l'ambiente ha riferito di aver chiesto al Ministro dell'economia l'istituzione del relativo capitolo di spesa, ma di non aver ancora avuto risposta;
sempre nel corso dell'audizione il Ministro ha riportato dei dati a dir poco preoccupanti. I Piani di assetto idrogeologico (PAI) hanno infatti fornito un quadro completo dello stato di dissesto e di rischio idrogeologico sul nostro territorio nazionale: il 9,8 per cento della superficie nazionale è ad alta criticità idrogeologica e sono 6.633 i comuni interessati (l'81,9 per cento dei comuni italiani). Di questi, il 24,9 per cento è interessato da aree a rischio frana, il 18,6 per cento da aree a rischio alluvione e il 38,4 per cento da aree a rischio sia di frana che di alluvione;
sempre il Ministro dell'ambiente, nel corso della suddetta audizione alla Camera, ha confermato che il fabbisogno necessario per la realizzazione degli interventi per la sistemazione complessiva delle situazioni di dissesto su tutto il territorio nazionale è stimato in circa 40 miliardi di euro. Si stima che la spesa dello Stato per le attività di emergenza sia finora stata mediamente tra 2 e 3,5 miliardi di euro l'anno;
a distanza quindi di un anno dall'approvazione della suddetta norma che stanziava 1 miliardo di euro per la difesa del suolo, non è ancora stato istituito il capitolo di bilancio e non è stato ancora avviato alcun programma di spesa a valere su dette risorse, mostrando una assoluta incapacità di individuare e programmare i necessari interventi,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di incrementare le risorse a favore della difesa e della tutela del territorio, individuando quest'ultima come la vera grande opera pubblica a cui destinare prioritariamente energie e risorse finanziarie adeguate;
ad adottare le necessarie iniziative volte ad istituire il capitolo di bilancio nel quale far confluire i 900 milioni di euro stanziati dall'articolo 2, comma 240, della scorsa legge finanziaria per il 2010, avviando in tempi rapidi la programmazione e la realizzazione dei necessari interventi diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico;
a prevedere il necessario costante stretto coordinamento tra gli interventi per la tutela e il risanamento del suolo, con le leggi urbanistiche e con i piani regolatori degli enti locali.
9/3778-A/48.Piffari, Scilipoti, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la non autosufficienza è in forte aumento in tutto il Paese e la famiglia rappresenta ancora oggi la principale risorsa a disposizione delle persone disabili e anziane per fronteggiare la propria non autosufficienza;
le famiglie con almeno un disabile grave sono circa un milione e mezzo, pari a quasi il 7 per cento delle famiglie italiane. I costi della cura sono infatti sostenuti principalmente dalle stesse famiglie attraverso il ricorso a familiari oppure a lavoro privato di cura in gran parte sommerso;
la legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 1264) aveva istituito il Fondo per le non autosufficienze, con una dotazione di 100 milioni di euro per l'anno 2007 e di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. Successivamente la legge finanziaria per il 2008 (articolo 2, comma 465), ne ha incrementato lo stanziamento di 100 milioni di euro per l'anno 2008 e 200 milioni di euro per il 2009. Per il 2010 il Fondo ha potuto contare su 400 milioni di euro. È evidente che il non rifinanziamento adeguato del Fondo obbligherà i parenti dei pazienti non autosufficienti a provvedere da sé alle cure del malato o ricorrendo al «badantato», i cui costi sono comunque a carico delle famiglie;
il disegno di legge di stabilità, nel testo presentato dal Governo all'esame del Parlamento non prevedeva alcun rifinanziamento del Fondo per la non autosufficienza, con la conseguenza che le risorse finora assegnate annualmente al Fondo stesso, peraltro insufficienti e inadeguate, si esaurivano definitivamente il 31 dicembre prossimo;
l'esame in Aula della Camera del disegno di legge ha consentito l'inserimento, all'interno dell'elenco 1, allegato al comma 40 dell'articolo 1, un rifinanziamento del Fondo per la non autosufficienza. Le risorse ad esso assegnate non sono però affatto quantificate, ma saranno però decise solo con un futuro decreto del Presidente del Consiglio dei ministri e ripartite tra il Fondo medesimo e altri interventi di carattere sociale, per un totale complessivo di 350 milioni di euro;
è del tutto evidente quindi l'assoluta inadeguatezza delle risorse finanziarie che presumibilmente saranno assegnate al Fondo suddetto;
l'insufficiente rifinanziamento del Fondo per la non autosufficienza si inserisce peraltro in un contesto nel quale le risorse per il welfare hanno visto una loro sensibile riduzione, principalmente in conseguenza delle recenti misure imposte dal decreto-legge n. 78 del 2010, che ha visto ridurre drasticamente i finanziamenti per le regioni e gli enti locali;
inoltre, un taglio pesantissimo dei trasferimenti alle Regioni sta portando ad una riduzione dei servizi di assistenza alla persona e dei servizi sociali a forte componente sanitaria (disabilità, non autosufficienza, assistenza domiciliare, eccetera),

impegna il Governo

a prevedere, anche con future norme di spesa, un rifinanziamento complessivo del fondo per le non autosufficienze, perlomeno in linea con quanto ad esso assegnato per il 2010, individuando inoltre le opportune risorse per garantire quei servizi socio-assistenziali indispensabili e fortemente compromessi dalla drastica riduzione dei trasferimenti alle Regioni.
9/3778-A/49.Palagiano, Mura, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
l'implementazione della banda larga riveste, nel nostro Paese, fondamentale importanza sia per l'ammodernamento delle imprese, sia per lo sviluppo dei servizi della pubblica amministrazione;
in altri Paesi europei, come la Germania, ove si è appena conclusa la gara per l'assegnazione del «dividendo digitale» agli operatori di telefonia mobile, è stata raggiunta la quota di 3,4 miliardi di euro;
per la modernizzazione del nostro Paese è indispensabile garantire una dotazione adeguata di infrastrutture di comunicazione avanzata su tutto il territorio nazionale puntando a superare il digital divide esistente e soprattutto ad assicurare connessioni ad alta velocità a territori a più alta densità di imprese, quali ad esempio i distretti industriali. Si tratta, infatti, di infrastrutture e tecnologie abilitanti con un chiaro effetto, diretto e indiretto, sullo sviluppo economico complessivo;
da un recente studio condotto della Commissione Europea è emerso che il contributo alla crescita del PIL nei Paesi con una maggiore diffusione della banda larga (crescita media dello 0,89 per cento) è stato il doppio rispetto ai Paesi con una minore diffusione (0,47 per cento);
lo scorso 10 novembre, in occasione dello svolgimento di una audizione sulle prospettive delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni, la Vice Presidente della Commissione Europea e Commissaria Europea per l'Agenda digitale, ha dichiarato espressamente che «L'Italia deve mettersi al passo con gli Stati membri sull'agenda digitale». Inoltre, la stessa Vice Presidente ha aggiunto che esistono molti esempi che dimostrano come le Regioni che investono maggiormente in telematica siano quelle che crescono di più; che numerosissime nostre imprese stanno concedendo vantaggi ad altri Paesi che hanno connessioni internet molto più veloci, quali ad esempio la Corea; che i Paesi europei, tra cui anche l'Italia, devono essere maggiormente concorrenziali con i Paesi dell'Estremo Oriente; che è necessario creare incentivi e condizioni migliori per ottenere sforzi gli concordati del settore pubblico e privato; ed infine che servono piani nazionali per la banda larga, come anche un uso più efficiente dei fondi nazionali ed europei;
il provvedimento in esame interviene in tema di assegnazione di frequenze radioelettriche da assegnare a servizi di comunicazione elettronica, prevedendo che entro 15 giorni dall'entrata in vigore della legge, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni debba avviare le procedure per l'assegnazione di tali frequenze, che saranno destinate a servizi di comunicazione elettronica mobile in banda larga. La data per l'attribuzione delle frequenze dovrà essere individuata dal Ministero dello sviluppo economico, tenendo conto della normativa dell'Unione europea. Il Ministro potrà sostituire frequenze già assegnate con altre che si rendano disponibili ed il Piano di ripartizione delle frequenze e il Piano di assegnazione delle frequenze dovranno essere aggiornati in tal senso;
la Commissione Europea ha proposto nel settembre scorso un piano quinquennale per la concessione e armonizzazione dello spettro radio nell'Unione Europea, con il fine di potenziare il dispiego e l'adozione della banda larga rapida e ultra-rapida e tale indirizzo è stato confermato dallo stesso Commissario per l'Agenda digitale europea, nel corso della citata audizione svoltasi il 10 novembre scorso presso le competenti Commissioni di Camera e Senato;
il provvedimento in esame stima in non meno di 2.400 milioni di euro i proventi derivanti dall'attuazione delle norme relative all'assegnazione dei diritti d'uso di frequenze radioelettriche da destinare a servizi di comunicazione elettronica, prevedendo espressamente che le procedure di assegnazione dei diritti debbano concludersi in termini tali che i relativi introiti siano versati all'entrata dello Stato entro il 30 settembre 2011;
le disposizioni contenute nel provvedimento in esame prevedono inoltre che, nell'ipotesi di maggiori entrate accertate rispetto alla citata stima di 2.400 milioni di euro, queste siano riassegnate nell'anno al Ministero dello sviluppo economico, per essere destinate a misure di sostegno da definire con decreto ministeriale;
il provvedimento al nostro esame, nonostante l'adozione di misure volte ad avviare le procedure per l'asta digitale, omette di prevedere un meccanismo di finanziamento pluriennale degli interventi per la realizzazione della infrastrutture per la banda larga nel territorio nazionale,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare adeguate iniziative, anche normative, volte a prevedere che le eventuali maggiori entrate accertate derivanti dall'applicazione delle disposizioni sull'asta digitale siano destinate a finanziare la realizzazione delle infrastrutture per la banda larga nel territorio nazionale;
a valutare l'opportunità di adottare adeguate iniziative, anche normative, volte a rendere efficace un meccanismo di finanziamento pluriennale degli interventi per la realizzazione delle infrastrutture per la banda larga, sbloccando lo stanziamento di 800 milioni di euro previsti dal decreto legge n. 78 del 2009 per il finanziamento delle nuove reti tecnologiche;
ad adottare le iniziative di propria competenza al fine di garantire che il passaggio definitivo alla trasmissione televisiva in tecnica digitale terrestre conseguente alla chiusura delle procedure di assegnazione previste dal presente provvedimento avvenga senza la possibilità di consolidamento di posizioni dominanti nel mercato del digitale che impediscano la massimizzazione dell'introito economico in favore dello Stato.
9/3778-A/50.Monai, Strizzolo, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
le risorse finanziarie assegnate da questo Governo alle politiche del welfare, di sostegno alla famiglia e alle categorie sociali più deboli, hanno subito in questi ultimi due anni una grave riduzione. Riduzione che si è acuita in modo preoccupante con le misure imposte dal decreto legge n. 78 del 2010 che ha tagliato in modo insostenibile i finanziamenti per gli enti locali, attraverso una riduzione pesantissima dei trasferimenti alle Regioni. E ciò sta portando ad una conseguente inevitabile riduzione dei servizi di assistenza alla persona e dei servizi sociali a forte componente sanitaria (disabilità, non autosufficienza, assistenza domiciliare, eccetera);
quasi tutte le voci di valenza sociale hanno visto ridursi la loro dotazione finanziaria;
il Fondo per le politiche sociali si è andato gradualmente ma inesorabilmente riducendo in questi anni, con un taglio complessivo che si conferma pesante seppur parzialmente mitigato da un aumento (approvato durante l'esame in Commissione bilancio del disegno di legge di stabilità) di 200 milioni di euro per il solo anno 2011;
il Fondo per la non autosufficienza, che aveva uno stanziamento di 400 milioni di euro per il 2010, allo stato attuale non risulta adeguatamente finanziato. È gravissimo che per il 2011 e per gli anni successivi, il Governo non abbia infatti previsto un adeguato rifinanziamento di tale fondo;
nello stato di previsione del Ministero dell'Economia, all'interno del programma «protezione sociale per particolari categorie», è stato del tutto azzerato il capitolo 1639 «Fondo speciale destinato al soddisfacimento delle esigenze alimentari ed energetiche dei cittadini meno abbienti», che finanziava la social card, che risulta così non più finanziata;
nel medesimo stato di previsione del Ministero dell'economia, la Missione «Diritti sociali, politiche sociali e famiglia» vede un taglio drastico delle proprie risorse di competenza. Il bilancio 2011 in esame, stanzia circa 5.362 milioni di euro contro 5.814 milioni delle previsioni assestate 2010, con un taglio di oltre 452 milioni di euro;
le risorse assegnate alla Presidenza del Consiglio e destinate alle politiche di sostegno alla famiglia, subiscono una forte riduzione, passando da 185,3 milioni di euro del bilancio 2010 a 52,5 milioni, con una riduzione di ben 132,8 milioni di euro;
a ciò aggiungiamo il completo svuotamento di un importantissimo strumento a favore degli enti locali per sostenere le famiglie più svantaggiate. Ossia il Fondo per contrastare il disagio abitativo;
il Fondo contributo affitto (articolo 11 della legge n. 431 del 1998), viene di fatto praticamente eliminato dal bilancio statale. La sequenza storica è impressionante: alla sua creazione, nel 1998, il fondo sociale per gli affitti era finanziato dallo Stato con uno stanziamento equivalente a circa 300 milioni di euro; l'ultima finanziaria del Governo Prodi stanziava oltre 205 milioni di euro. Nel 2009 era di 143 milioni, nel 2010 è stato ridotto a 110 milioni; per il prossimo anno è stabilito un taglio ulteriore di oltre i due terzi con una dotazione di 33,5 milioni di euro. Per il 2014 è previsto uno stanziamento che è un decimo di quello che c'era nel 2009 e meno del 5 per cento di quanto era previsto nel 1998;
ricordiamo che tale fondo, istituito con la legge n. 431 del 1998 consente una integrazione economica per quella famiglie con redditi bassi. Attraverso questo fondo, i comuni erogano i contributi direttamente alle famiglie disagiate e con un' incidenza sull'affitto incompatibile con il reddito percepito;
negli anni, a causa dei tagli e malgrado le regioni e comuni siano intervenuti con risorse proprie, sempre meno famiglie, che pure avevano titolo legittimo e erano utilmente collocate nelle graduatorie, hanno avuto la possibilità di accedere al contributo; la tensione abitativa rischierà di esplodere quando verrà alla luce concretamente che meno del 15 per cento delle famiglie che oggi prendono il contributo per l'affitto lo potranno ancora avere e, di conseguenza, molte famiglie non saranno in grado di poter pagare l'affitto;
tutto questo avviene mentre la crisi colpisce non solo l'occupazione ma anche i redditi delle famiglie e soprattutto quelle più numerose,

impegna il Governo

a sostenere concretamente le categorie sociali più esposte alla crisi economica attraverso idonee ed efficaci politiche sociali, adottando ulteriori iniziative volte al rifinanziamento delle voci esposte in premessa la cui dotazione attuale è del tutto insufficiente, con particolare riferimento al Fondo per il contrasto al disagio abitativo.
9/3778-A/51.Scilipoti, Mura, Palagiano, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
le risorse finanziarie assegnate da questo Governo alle politiche del welfare, di sostegno alla famiglia e alle categorie sociali più deboli, hanno subito in questi ultimi due anni una grave riduzione. Riduzione che si è acuita in modo preoccupante con le misure imposte dal decreto legge n. 78 del 2010 che ha tagliato in modo insostenibile i finanziamenti per gli enti locali, attraverso una riduzione pesantissima dei trasferimenti alle Regioni. E ciò sta portando ad una conseguente inevitabile riduzione dei servizi di assistenza alla persona e dei servizi sociali a forte componente sanitaria (disabilità, non autosufficienza, assistenza domiciliare, eccetera);
quasi tutte le voci di valenza sociale hanno visto ridursi la loro dotazione finanziaria;
il Fondo per le politiche sociali si è andato gradualmente ma inesorabilmente riducendo in questi anni, con un taglio complessivo che si conferma pesante seppur parzialmente mitigato da un aumento (approvato durante l'esame in Commissione bilancio del disegno di legge di stabilità) di 200 milioni di euro per il solo anno 2011;
il Fondo per la non autosufficienza, che aveva uno stanziamento di 400 milioni di euro per il 2010, allo stato attuale non risulta adeguatamente finanziato. È gravissimo che per il 2011 e per gli anni successivi, il Governo non abbia infatti previsto un adeguato rifinanziamento di tale fondo;
nello stato di previsione del Ministero dell'Economia, all'interno del programma «protezione sociale per particolari categorie», è stato del tutto azzerato il capitolo 1639 «Fondo speciale destinato al soddisfacimento delle esigenze alimentari ed energetiche dei cittadini meno abbienti», che finanziava la social card, che risulta così non più finanziata;
nel medesimo stato di previsione del Ministero dell'economia, la Missione «Diritti sociali, politiche sociali e famiglia» vede un taglio drastico delle proprie risorse di competenza. Il bilancio 2011 in esame, stanzia circa 5.362 milioni di euro contro 5.814 milioni delle previsioni assestate 2010, con un taglio di oltre 452 milioni di euro;
le risorse assegnate alla Presidenza del Consiglio e destinate alle politiche di sostegno alla famiglia, subiscono una forte riduzione, passando da 185,3 milioni di euro del bilancio 2010 a 52,5 milioni, con una riduzione di ben 132,8 milioni di euro;
a ciò aggiungiamo il completo svuotamento di un importantissimo strumento a favore degli enti locali per sostenere le famiglie più svantaggiate. Ossia il Fondo per contrastare il disagio abitativo;
il Fondo contributo affitto (articolo 11 della legge n. 431 del 1998), viene di fatto praticamente eliminato dal bilancio statale. La sequenza storica è impressionante: alla sua creazione, nel 1998, il fondo sociale per gli affitti era finanziato dallo Stato con uno stanziamento equivalente a circa 300 milioni di euro; l'ultima finanziaria del Governo Prodi stanziava oltre 205 milioni di euro. Nel 2009 era di 143 milioni, nel 2010 è stato ridotto a 110 milioni; per il prossimo anno è stabilito un taglio ulteriore di oltre i due terzi con una dotazione di 33,5 milioni di euro. Per il 2014 è previsto uno stanziamento che è un decimo di quello che c'era nel 2009 e meno del 5 per cento di quanto era previsto nel 1998;
ricordiamo che tale fondo, istituito con la legge n. 431 del 1998 consente una integrazione economica per quella famiglie con redditi bassi. Attraverso questo fondo, i comuni erogano i contributi direttamente alle famiglie disagiate e con un' incidenza sull'affitto incompatibile con il reddito percepito;
negli anni, a causa dei tagli e malgrado le regioni e comuni siano intervenuti con risorse proprie, sempre meno famiglie, che pure avevano titolo legittimo e erano utilmente collocate nelle graduatorie, hanno avuto la possibilità di accedere al contributo; la tensione abitativa rischierà di esplodere quando verrà alla luce concretamente che meno del 15 per cento delle famiglie che oggi prendono il contributo per l'affitto lo potranno ancora avere e, di conseguenza, molte famiglie non saranno in grado di poter pagare l'affitto;
tutto questo avviene mentre la crisi colpisce non solo l'occupazione ma anche i redditi delle famiglie e soprattutto quelle più numerose,

impegna il Governo

a sostenere concretamente le categorie sociali più esposte alla crisi economica attraverso idonee ed efficaci politiche sociali.
9/3778-A/51.(Testo modificato nel corso della seduta) Scilipoti, Mura, Palagiano, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la pressione fiscale per il 2010 è prevista in misura pari al 42,8 per cento del PIL, a fronte del picco del 43,2 per cento registratosi nello scorso anno, per poi ridursi leggermente al 42,4 per cento nel 2011, e quindi risalire al 42,6 per cento nel 2012;
nel 2000 le entrate complessive dello Stato rappresentavano il 45,4 per cento del PIL, mentre nel 2009 questa percentuale era salita al 47,2 per cento;
l'incremento delle entrate dello Stato non è stato determinato da un incremento omogeneo delle diverse fonti di gettito infatti le imposte dirette sono cresciute nel periodo del 33 per cento, le imposte indirette sono diminuite del 2,3 per cento, con una riduzione più accentuata nel 2008 e nel 2009, ed i contributi sociali sono cresciuti addirittura del 46,6 per cento;
in altre parole, è aumentata di molto la pressione fiscale sul fattore lavoro, ed in particolare su quello dipendente, contribuendo alla riduzione della competitività del sistema produttivo;
il calo delle imposte indirette può essere attribuito solo in minima parte alla crisi, mentre è invece per lo più da collegare all'espandersi delle attività in nero ed a meccanismi elusivi se non truffaldini, come quelli, per quanto concerne l'IVA, delle società «carosello» o delle società «cartiere» create al solo scopo di emettere fatture false;
sebbene si preveda una sostanziale stabilità delle entrate (resta costante la pressione tributaria e si riducono leggermente i contributi sociali, in buona parte per il congelamento delle retribuzioni pubbliche), in realtà, le entrate vanno peggio di quanto si poteva prevedere a giugno: tale peggioramento ha vanificato un quarto della correzione effettuata con la manovra (che valeva 0,8 punti percentuali di PIL l'anno), in quanto, nei primi sei mesi dell'anno, le entrate tributarie sono calate del 3,5 per cento;
tale riduzione di circa 3 miliardi di entrate appare molto preoccupante, soprattutto ove si consideri che la manovra adottata dal Governo in primavera contava sulla possibilità di recuperare più di 8 miliardi di evasione fiscale da qui al 2012;
la crescita del Paese viene inoltre frenata dal fenomeno del sommerso, che, secondo un recente rapporto del Centro studi di Confindustria, è bruscamente accelerato nel 2009, superando il 20 per cento del PIL (oltre il 27 per cento se non si considera la pubblica amministrazione, e senza tenere conto che tale percentuale raggiunge al Sud un valore doppio): tale dato porta l'ammontare dell'evasione fiscale su valori molto superiori ai 125 miliardi stimati dal Centro studi Confindustria lo scorso giugno, ed anche la stima della pressione fiscale effettiva è rivista in crescita, ad un livello ben sopra il 54 per cento nel 2009, più del 51,4 per cento stimato dal Centro studi Confindustria lo scorso giugno e del 43,2 per cento della «pressione apparente contenuta nei documenti ufficiali»;
nella situazione attuale i costi dell'evasione fiscale e della corruzione divengono ancor più insopportabili: in particolare, il 30 per cento della base imponibile dell'IVA viene regolarmente evaso, per oltre 30 miliardi di euro l'anno, cifra che sale vertiginosamente ad oltre 100 miliardi se si aggiunge l'evasione di altre imposte come l'IRPEF o l'IRAP;
secondo il Governatore della Banca d'Italia «l'evasione fiscale è un freno alla crescita perché richiede tasse più elevate per chi le paga e riduce le risorse alle politiche sociali»;
fra il 2000 e il 2010 i lavoratori italiani hanno perso - secondo il Centro studi della CGIL, l'IRES - 5.453 euro in termini di potere d'acquisto, in parte a causa di un livello di inflazione più elevato di quanto previsto e conteggiato in sede di rinnovo dei contratti di lavoro (3.384 euro), ed in parte in ragione della mancata restituzione del fiscal drag, che ha comportato per ogni lavoratore un prelievo aggiuntivo medio di 2.000 euro, dovuto al progressivo aumento delle aliquote sui redditi per effetto dell'aumento del costo della vita;
in totale, nei dieci anni presi a riferimento, la perdita del potere di acquisto sulla somma di tutte le retribuzioni ha raggiunto la quota di 44 miliardi, che sono stati sottratti alle famiglie, diminuendo la domanda interna, riducendo i consumi e alimentando la crisi;
di fronte a questa incontestabile situazione, appare prioritaria la necessità di predisporre urgentemente un riequilibrio del carico tributario, per ridurre la pressione fiscale sulle famiglie, sui redditi da lavoro e sulle pensioni, misure che sono invece totalmente assenti nel decreto-legge n. 78 del 2010 e nel disegno di legge di stabilità in esame,

impegna il Governo:

ad adottare ulteriori iniziative, anche normative, volte a introdurre misure fiscali a favore delle famiglie, tra le quali l'aumento delle detrazioni per carichi familiari, prevedendo un'imposta positiva per i capi famiglia fiscalmente incapienti, e l'alleggerimento del carico IRPEF sui redditi bassi e medi da lavoro e da pensione, operando sul meccanismo delle detrazioni per la produzione di reddito, recuperando le risorse necessarie:
dalla lotta all'evasione, ripristinando le norme di contrasto all'evasione fiscale introdotte dal Governo Prodi;
dall'introduzione di un meccanismo di determinazione sintetica del reddito delle persone fisiche e delle società di capitale minori (nuovo redditometro a riscossione immediata), a rettifica delle dichiarazioni pregresse;
dal recupero con decorrenza immediata delle somme dovute dai contribuenti che hanno aderito ai condoni fiscali 2003-2004 e che non hanno pagato buona parte delle rate da loro dovute, secondo quanto già da tempo denunciato dalla Corte dei conti;
dalla tassazione con aliquota del 20 per cento delle plusvalenze finanziarie speculative, con l'esclusione dei rendimenti dei titoli di Stato.
9/3778-A/52.Cambursano, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la pressione fiscale per il 2010 è prevista in misura pari al 42,8 per cento del PIL, a fronte del picco del 43,2 per cento registratosi nello scorso anno, per poi ridursi leggermente al 42,4 per cento nel 2011, e quindi risalire al 42,6 per cento nel 2012;
nel 2000 le entrate complessive dello Stato rappresentavano il 45,4 per cento del PIL, mentre nel 2009 questa percentuale era salita al 47,2 per cento;
l'incremento delle entrate dello Stato non è stato determinato da un incremento omogeneo delle diverse fonti di gettito infatti le imposte dirette sono cresciute nel periodo del 33 per cento, le imposte indirette sono diminuite del 2,3 per cento, con una riduzione più accentuata nel 2008 e nel 2009, ed i contributi sociali sono cresciuti addirittura del 46,6 per cento;
in altre parole, è aumentata di molto la pressione fiscale sul fattore lavoro, ed in particolare su quello dipendente, contribuendo alla riduzione della competitività del sistema produttivo;
il calo delle imposte indirette può essere attribuito solo in minima parte alla crisi, mentre è invece per lo più da collegare all'espandersi delle attività in nero ed a meccanismi elusivi se non truffaldini, come quelli, per quanto concerne l'IVA, delle società «carosello» o delle società «cartiere» create al solo scopo di emettere fatture false;
sebbene si preveda una sostanziale stabilità delle entrate (resta costante la pressione tributaria e si riducono leggermente i contributi sociali, in buona parte per il congelamento delle retribuzioni pubbliche), in realtà, le entrate vanno peggio di quanto si poteva prevedere a giugno: tale peggioramento ha vanificato un quarto della correzione effettuata con la manovra (che valeva 0,8 punti percentuali di PIL l'anno), in quanto, nei primi sei mesi dell'anno, le entrate tributarie sono calate del 3,5 per cento;
tale riduzione di circa 3 miliardi di entrate appare molto preoccupante, soprattutto ove si consideri che la manovra adottata dal Governo in primavera contava sulla possibilità di recuperare più di 8 miliardi di evasione fiscale da qui al 2012;
la crescita del Paese viene inoltre frenata dal fenomeno del sommerso, che, secondo un recente rapporto del Centro studi di Confindustria, è bruscamente accelerato nel 2009, superando il 20 per cento del PIL (oltre il 27 per cento se non si considera la pubblica amministrazione, e senza tenere conto che tale percentuale raggiunge al Sud un valore doppio): tale dato porta l'ammontare dell'evasione fiscale su valori molto superiori ai 125 miliardi stimati dal Centro studi Confindustria lo scorso giugno, ed anche la stima della pressione fiscale effettiva è rivista in crescita, ad un livello ben sopra il 54 per cento nel 2009, più del 51,4 per cento stimato dal Centro studi Confindustria lo scorso giugno e del 43,2 per cento della «pressione apparente contenuta nei documenti ufficiali»;
nella situazione attuale i costi dell'evasione fiscale e della corruzione divengono ancor più insopportabili: in particolare, il 30 per cento della base imponibile dell'IVA viene regolarmente evaso, per oltre 30 miliardi di euro l'anno, cifra che sale vertiginosamente ad oltre 100 miliardi se si aggiunge l'evasione di altre imposte come l'IRPEF o l'IRAP;
secondo il Governatore della Banca d'Italia «l'evasione fiscale è un freno alla crescita perché richiede tasse più elevate per chi le paga e riduce le risorse alle politiche sociali»;
fra il 2000 e il 2010 i lavoratori italiani hanno perso - secondo il Centro studi della CGIL, l'IRES - 5.453 euro in termini di potere d'acquisto, in parte a causa di un livello di inflazione più elevato di quanto previsto e conteggiato in sede di rinnovo dei contratti di lavoro (3.384 euro), ed in parte in ragione della mancata restituzione del fiscal drag, che ha comportato per ogni lavoratore un prelievo aggiuntivo medio di 2.000 euro, dovuto al progressivo aumento delle aliquote sui redditi per effetto dell'aumento del costo della vita;
in totale, nei dieci anni presi a riferimento, la perdita del potere di acquisto sulla somma di tutte le retribuzioni ha raggiunto la quota di 44 miliardi, che sono stati sottratti alle famiglie, diminuendo la domanda interna, riducendo i consumi e alimentando la crisi;
di fronte a questa incontestabile situazione, appare prioritaria la necessità di predisporre urgentemente un riequilibrio del carico tributario, per ridurre la pressione fiscale sulle famiglie, sui redditi da lavoro e sulle pensioni, misure che sono invece totalmente assenti nel decreto-legge n. 78 del 2010 e nel disegno di legge di stabilità in esame,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative, anche normative, volte a introdurre misure fiscali a favore delle famiglie, tra le quali l'aumento delle detrazioni per carichi familiari, prevedendo un'imposta positiva per i capi famiglia fiscalmente incapienti, e l'alleggerimento del carico IRPEF sui redditi bassi e medi da lavoro e da pensione, operando sul meccanismo delle detrazioni per la produzione di reddito.
9/3778-A/52.(Testo modificato nel corso della seduta) Cambursano, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la pressione fiscale per il 2010 è prevista in misura pari al 42,8 per cento del PIL, a fronte del picco del 43,2 per cento registratosi nello scorso anno, per poi ridursi leggermente al 42,4 per cento nel 2011, e quindi risalire al 42,6 per cento nel 2012;
nel 2000 le entrate complessive dello Stato rappresentavano il 45,4 per cento del PIL, mentre nel 2009 questa percentuale era salita al 47,2 per cento;
l'incremento delle entrate dello Stato non è stato determinato da un incremento omogeneo delle diverse fonti di gettito: infatti le imposte dirette sono cresciute nel periodo del 33 per cento, le imposte indirette sono diminuite del 2,3 per cento, con una riduzione più accentuata nel 2008 e nel 2009, ed i contributi sociali sono cresciuti addirittura del 46,6 per cento;
il calo delle imposte indirette può essere attribuito solo in minima parte alla crisi, mentre è invece per lo più da collegare all'espandersi delle attività in nero ed a meccanismi elusivi se non truffaldini, come quelli, per quanto concerne l'IVA, delle società «carosello» o delle società «cartiere» create al solo scopo di emettere fatture false;
sebbene si preveda una sostanziale stabilità delle entrate (resta costante la pressione tributaria e si riducono leggermente i contributi sociali, in buona parte per il congelamento delle retribuzioni pubbliche), in realtà, le entrate vanno peggio di quanto si poteva prevedere a giugno: tale peggioramento ha vanificato un quarto della correzione effettuata con la manovra (che valeva 0,8 punti percentuali di PIL l'anno), in quanto, nei primi sei mesi dell'anno, le entrate tributarie sono calate del 3,5 per cento;
tale riduzione di circa 3 miliardi di entrate appare molto preoccupante, soprattutto ove si consideri che la manovra adottata dal Governo in primavera contava sulla possibilità di recuperare più di 8 miliardi di evasione fiscale da qui al 2012;
la crescita del Paese viene inoltre frenata dal fenomeno del sommerso, che, secondo un recente rapporto del Centro Studi di Confindustria, è bruscamente accelerato nel 2009, superando il 20 per cento del PIL (oltre il 27 per cento se non si considera la Pubblica Amministrazione, e senza tenere conto che tale percentuale raggiunge al Sud un valore doppio): tale dato porta l'ammontare dell'evasione fiscale su valori molto superiori ai 125 miliardi stimati dal Centro studi Confindustria lo scorso giugno, ed anche la stima della pressione fiscale effettiva è rivista in crescita, ad un livello ben sopra il 54 per cento nel 2009, più del 51,4 per cento stimato dal Centro studi Confindustria lo scorso giugno e del 43,2 per cento della «pressione apparente contenuta nei documenti ufficiali»;
nella situazione attuale i costi dell'evasione fiscale e della corruzione divengono ancor più insopportabili: in particolare, il 30 per cento della base imponibile dell'IVA viene regolarmente evaso, per oltre 30 miliardi di euro l'anno, cifra che sale vertiginosamente ad oltre 100 miliardi se si aggiunge l'evasione di altre imposte come l'IRPEF o l'IRAP;
secondo il Governatore della Banca d'Italia «l'evasione fiscale è un freno alla crescita perché richiede tasse più elevate per chi le paga e riduce le risorse alle politiche sociali»;
di fronte a questa incontestabile situazione, appare prioritaria la necessità di predisporre urgentemente un riequilibrio del carico tributario, per ridurre la pressione fiscale sugli investimenti delle piccole e medie imprese, misure che sono invece totalmente assenti nel decreto-legge n. 78 del 2010 e nel disegno di legge di stabilità in esame,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative al fine di ridurre, per le piccole e medie imprese, il peso del costo del lavoro sul calcolo dell'imponibile IRAP, prevedere il pagamento dell'IVA al momento in cui si incassa effettivamente il corrispettivo della cessione di beni o di servizi e non in anticipo, nonché a prevedere forme di agevolazione fiscale per favorire la capitalizzazione delle piccole e medie imprese, nonché defiscalizzare parzialmente gli utili reinvestiti da parte delle stesse PMI, recuperando le risorse necessarie:
dalla lotta all'evasione, ripristinando le norme di contrasto all'evasione fiscale introdotte dal Governo Prodi;
dall'introduzione di un meccanismo di determinazione sintetica del reddito delle persone fisiche e delle società di capitale minori (nuovo redditometro a riscossione immediata), a rettifica delle dichiarazioni pregresse;
dal recupero con decorrenza immediata delle somme dovute dai contribuenti che hanno aderito ai condoni fiscali 2003-2004 e che non hanno pagato buona parte delle rate da loro dovute, secondo quanto già da tempo denunciato dalla Corte dei conti;
dalla tassazione con aliquota del 20 per cento delle plusvalenze finanziarie speculative, con l'esclusione dei rendimenti dei titoli di Stato.
9/3778-A/53.Borghesi, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la pressione fiscale per il 2010 è prevista in misura pari al 42,8 per cento del PIL, a fronte del picco del 43,2 per cento registratosi nello scorso anno, per poi ridursi leggermente al 42,4 per cento nel 2011, e quindi risalire al 42,6 per cento nel 2012;
nel 2000 le entrate complessive dello Stato rappresentavano il 45,4 per cento del PIL, mentre nel 2009 questa percentuale era salita al 47,2 per cento;
l'incremento delle entrate dello Stato non è stato determinato da un incremento omogeneo delle diverse fonti di gettito: infatti le imposte dirette sono cresciute nel periodo del 33 per cento, le imposte indirette sono diminuite del 2,3 per cento, con una riduzione più accentuata nel 2008 e nel 2009, ed i contributi sociali sono cresciuti addirittura del 46,6 per cento;
il calo delle imposte indirette può essere attribuito solo in minima parte alla crisi, mentre è invece per lo più da collegare all'espandersi delle attività in nero ed a meccanismi elusivi se non truffaldini, come quelli, per quanto concerne l'IVA, delle società «carosello» o delle società «cartiere» create al solo scopo di emettere fatture false;
sebbene si preveda una sostanziale stabilità delle entrate (resta costante la pressione tributaria e si riducono leggermente i contributi sociali, in buona parte per il congelamento delle retribuzioni pubbliche), in realtà, le entrate vanno peggio di quanto si poteva prevedere a giugno: tale peggioramento ha vanificato un quarto della correzione effettuata con la manovra (che valeva 0,8 punti percentuali di PIL l'anno), in quanto, nei primi sei mesi dell'anno, le entrate tributarie sono calate del 3,5 per cento;
tale riduzione di circa 3 miliardi di entrate appare molto preoccupante, soprattutto ove si consideri che la manovra adottata dal Governo in primavera contava sulla possibilità di recuperare più di 8 miliardi di evasione fiscale da qui al 2012;
la crescita del Paese viene inoltre frenata dal fenomeno del sommerso, che, secondo un recente rapporto del Centro Studi di Confindustria, è bruscamente accelerato nel 2009, superando il 20 per cento del PIL (oltre il 27 per cento se non si considera la Pubblica Amministrazione, e senza tenere conto che tale percentuale raggiunge al Sud un valore doppio): tale dato porta l'ammontare dell'evasione fiscale su valori molto superiori ai 125 miliardi stimati dal Centro studi Confindustria lo scorso giugno, ed anche la stima della pressione fiscale effettiva è rivista in crescita, ad un livello ben sopra il 54 per cento nel 2009, più del 51,4 per cento stimato dal Centro studi Confindustria lo scorso giugno e del 43,2 per cento della «pressione apparente contenuta nei documenti ufficiali»;
nella situazione attuale i costi dell'evasione fiscale e della corruzione divengono ancor più insopportabili: in particolare, il 30 per cento della base imponibile dell'IVA viene regolarmente evaso, per oltre 30 miliardi di euro l'anno, cifra che sale vertiginosamente ad oltre 100 miliardi se si aggiunge l'evasione di altre imposte come l'IRPEF o l'IRAP;
secondo il Governatore della Banca d'Italia «l'evasione fiscale è un freno alla crescita perché richiede tasse più elevate per chi le paga e riduce le risorse alle politiche sociali»;
di fronte a questa incontestabile situazione, appare prioritaria la necessità di predisporre urgentemente un riequilibrio del carico tributario, per ridurre la pressione fiscale sugli investimenti delle piccole e medie imprese, misure che sono invece totalmente assenti nel decreto-legge n. 78 del 2010 e nel disegno di legge di stabilità in esame,

impegna il Governo

a prendere le opportune iniziative al fine di ridurre, per le piccole e medie imprese, il peso del costo del lavoro sul calcolo dell'imponibile IRAP, prevedere il pagamento dell'IVA al momento in cui si incassa effettivamente il corrispettivo della cessione di beni o di servizi e non in anticipo, nonché a prevedere forme di agevolazione fiscale per favorire la capitalizzazione delle piccole e medie imprese, nonché defiscalizzare parzialmente gli utili reinvestiti da parte delle stesse PMI, recuperando le risorse necessarie dalla lotta all'evasione.
9/3778-A/53.(Testo modificato nel corso della seduta) Borghesi, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame istituisce un credito d'imposta, nel limite di spesa di 100 milioni di euro per l'anno 2011, in favore delle imprese che affidano attività di ricerca e sviluppo a università o enti pubblici di ricerca;
tale misura spetta per gli investimenti realizzati a decorrere dal 10 gennaio 2011 e fino al 31 dicembre 2011, in una misura percentuale che verrà stabilita con apposito decreto ministeriale e sarà rapportata ai costi sostenuti per i contratti stipulati con università ed enti pubblici di ricerca;
accanto alle istruzioni sull'applicazione del predetto credito d'imposta, le norme dispongono che con decreto non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'istruzione e dell'università, siano individuate le disposizioni di attuazione della norma introdotta, nonché le tipologie di interventi suscettibili di agevolazione, i soggetti beneficiari e le modalità di fruizione dell'agevolazione fiscale nel rispetto del suddetto limite di spesa. Pur tuttavia le predette disposizioni non fissano alcun termine per l'emanazione del suddetto decreto attuativo;
l'obiettivo sotteso al contenuto delle disposizioni citate è quello di stimolare il trasferimento delle tecnologie e delle conoscenze, favorendo la cooperazione tra il mondo delle imprese e quello accademico. La crescita dimensionale e la competitività delle imprese sono infatti spesso ostacolate dalla mancanza di investimenti in ricerca e sviluppo, a causa delle risorse ridotte e dell'inadeguatezza delle strutture. D'altra parte, altrettanto spesso, gli studi dei ricercatori non si traducono in innovazioni utilizzate dalle imprese;
il citato meccanismo introdotto dal provvedimento in esame per la ricerca nelle università e nei centri pubblici di ricerca, seppur condivisibile, non può essere considerato un intervento sufficiente e comunque sostitutivo del credito d'imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo delle imprese;
per la ricerca e l'innovazione, la Commissione Europea nell'ambito del c.d. PNR (Programma nazionale di riforma), nel contesto della strategia Europa 2020, ha indicato nel 3 per cento del prodotto interno lordo il livello minimo di spesa da raggiungere nel prossimo decennio anche attraverso l'adozione di misure fiscali;
oggi l'Italia è ancora molto indietro e sarà difficile perseguire questo obiettivo senza prevedere misure strutturali di sostegno, quali il credito d'imposta, per rafforzare i processi di ricerca ed innovazione in tutti i settori e per tutte le tipologie di impresa;
tutti i Paesi industrializzati stanno sostenendo con misure rilevanti sia la ricerca e l'innovazione tecnologica che l'economia verde quali fondamentali veicoli di crescita e di opportunità per lo sviluppo di nuove imprese e la conseguente creazione di nuova occupazione,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a rifinanziare le disposizioni varate durante il Governo Prodi in materia di credito d'imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo per importi non inferiori a quelli previsti nell'anno 2008 (700 milioni di euro), adottando al contempo politiche pubbliche realmente efficaci che favoriscano lo sviluppo delle imprese che investono nello sviluppo della ricerca e dell'innovazione tecnologica nei settori dell'ambiente, delle energie rinnovabili, del risparmio energetico, dei servizi collettivi ad alto contenuto tecnologico; ovvero nell'ideazione di nuovi prodotti che realizzino un significativo miglioramento della protezione dell'ambiente;
a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a riavviare gli interventi di liberalizzazione dei mercati, allo scopo di ridurre le rendite di posizione e favorire la libera concorrenza fra imprese e diminuire i costi posti a carico del cittadino-consumatore;
a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, volta a sostenere la cooperazione strategica tra le università e le piccole e medie imprese in conformità alle indicazioni espresse dalla Commissione europea nelle comunicazioni sulla modernizzazione delle università COM(2006)2008 del 1o maggio 2006 e COM(2009)158 del 2 aprile 2009, individuando azioni tese a realizzare una concreta sinergia e forme di partenariato tra le università e le piccole e medie imprese nella partecipazione a programmi di ricerca comunitari e internazionali;
a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa, anche normativa, volte ad aumentare la brevettabilità delle innovazioni italiane, considerato che molte delle innovazioni italiane non sono brevettate e ciò rappresenta un doppio handicap nella competizione globale, in quanto rende più facili le imitazioni e impedisce al contempo di incassare le royalties e moltiplicare il valore dello sforzo innovativo.
9/3778-A/54.Porcino, Cimadoro, Scilipoti, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, pur con l'introduzione di apprezzabili modifiche, non fornisce risposte ai problemi aperti dalla finanza locale, su cui agiscono, in combinato disposto, i vincoli del patto di stabilità interno, il blocco delle entrate, il taglio dei trasferimenti, il ritardo dell'attuazione del federalismo fiscale;
il provvedimento in esame ha reiterato l'impossibilità per gli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, addizionali e aliquote, nonché delle loro maggiorazioni, «fino all'attuazione del federalismo fiscale», termine temporale che comporterà oltre un lustro di attesa, senza contare che il sistema finanziario locale complessivo, così come configuratosi anche in forza delle recenti scelte operate dal Governo, appare in contraddizione con i medesimi principi dell'articolo 119 della Costituzione, cardine del federalismo;
i dati economici nazionali indicano che gli enti locali sono l'unico comparto che ha tenuto sotto controllo la spesa corrente di funzionamento, secondo i dati del Censis il 94 per cento dei comuni ha adottato misure straordinarie per aiutare le famiglie e le piccole imprese, in tutti i casi interventi aggiuntivi rispetto a quanto messo in campo dal Governo, contribuendo in misura decisiva alla tenuta della coesione sociale e ad ammortizzare le conseguenze della crisi;
oltre all'entità dei cosiddetti residui passivi del comparto locale - il cui ammontare ha superato i 40 miliardi di euro - che non possono essere utilizzati per non turbare ulteriormente gli squilibri della finanza pubblica, i Comuni risultano essere titolari di crediti pregressi, regolarmente accertati nei propri bilanci, ma fino ad oggi non introitati, nei confronti di Province e Regioni,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative idonee a consentire ai comuni di far fronte alle proprie necessità di cassa, anche con riferimento ai vincoli imposti dal Patto di stabilità interno, la cessione pro soluto alla Cassa depositi e prestiti dei crediti indicati in premessa, certificati dalla provincia e/o dalla regione di riferimento come certi, liquidi ed esigibili.
9/3778-A/55.Favia, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la tutela giurisdizionale costituisce uno strumento imprescindibile per assicurare ai cittadini la garanzia e la piena attuazione dei loro diritti, non solo in sede penale ma anche in ambito civile, tributario e amministrativo;
la garanzia del diritto dei cittadini alla sicurezza presuppone necessariamente - oltre all'efficienza dell'azione delle forze dell'ordine cui vanno assicurati i mezzi indispensabili per il loro operato - un sistema giudiziario efficiente, per il cui miglioramento è necessario stanziare risorse adeguate e idonee a realizzare un effettivo miglioramento della qualità dell'Amministrazione della giustizia;
l'efficienza del sistema giudiziario rappresenta una condizione essenziale per la promozione dello sviluppo economico del Paese, favorendone la competitività e l'attitudine ad attrarre investimenti internazionali, anche in virtù di procedure giurisdizionali capaci di garantire adeguatamente l'attuazione delle obbligazioni contrattuali;
i consistenti tagli operati dai provvedimenti in analisi alle risorse destinate al Dicastero della giustizia dimostrano il carattere meramente simbolico - come tale inefficace - della politica del diritto (e in particolare della politica criminale) del Governo, che a fronte della continua introduzione di nuove norme incriminatrici, non prevede le risorse necessarie alla loro applicazione, sia in sede giudiziaria che penitenziaria, con il rischio di aggravare ulteriormente non solo la disfunzionalità del sistema giudiziario, ma anche di minare la certezza del diritto e la stessa legittimazione e credibilità della funzione dell'Amministrazione della giustizia, con gravi pregiudizi per la sicurezza e la tutela giurisdizionale dei diritti per i cittadini. Si aggiunga che, in occasione della presentazione al Senato del disegno di legge sul cosiddetto «processo breve» era stato assicurato un consistente aumento di risorse volte al potenziamento delle strutture, degli uffici e del personale giudiziario tale da consentire effettivamente la celebrazione dei processi in tempi brevi, mentre di tale aumento non vi è traccia, a dimostrazione delle strumentalità dell'operazione in pura perdita per la certezza del diritto e della pena;
non è previsto nessun impegno, né finanziamento, né in tema di strutture penitenziarie, né di aumento di personale atto a risalire la grandissima crisi del sistema penitenziario, perpetrandosi così la colpevole negligenza del governo;
persiste l'incredibile depotenziamento della giustizia minorile che rende impossibile l'obiettivo costituzionalmente e socialmente raccomandabile costituito dal recupero sociale dei giovani entrati nel circuito penale e in disagio sociale;
rispetto a tali obiettivi il Governo dimostra di rimanere lontano da qualsiasi iniziativa concreta;
inoltre, all'interno dello Stato di previsione del Ministero della giustizia, si segnala una decisa riduzione degli stanziamenti di competenza, della Missione «Giustizia», in particolare, si rileva una riduzione di oltre 231 milioni di euro, delle spese di competenza per l'anno 2011 e seguenti rispetto alle previsioni assestate per il 2010;
in particolare il Programma «Giustizia civile e penale» subisce una riduzione degli stanziamenti di competenza, rispetto alle previsioni assestate 2010, di circa 138,5 milioni di euro, che rischiano di comprometterne il suo minimo funzionamento;
inoltre è stato operato un drastico taglio di oltre 77 milioni di euro (confronto tra il bilancio in esame e le previsioni assestate 2010) subito dal Programma «Amministrazione penitenziaria». Parliamo di tagli alle risorse necessarie al funzionamento minimo quotidiano delle strutture penitenziarie. Tra le voci tagliate ricordiamo quelle relative al mantenimento dei detenuti negli istituti di prevenzione e di pena, l'assistenza, la rieducazione dei medesimi, assistenza agli affidati al servizio sociale, il funzionamento degli asili nido dei figli delle detenute, eccetera;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di riequilibrare, mediante il primo provvedimento utile, le risorse necessarie alla gestione del settore della giustizia, con particolare riferimento al ripristino delle somme necessarie per far fronte all'insostenibile taglio di risorse operato.
9/3778-A/56.Palomba, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
un'indagine condotta nel 2007 da una commissione ministeriale guidata dall'allora Sottosegretario per l'economia e le finanze e dal generale della guardia di finanza Castore Palmerini aveva evidenziato un'enorme truffa nell'ambito della gestione delle slot machine ai danni dello Stato per una cifra ammontante a 88 miliardi di euro;
nel luglio 2006, la Corte dei conti aveva già delegato le attività investigative in merito al Nucleo speciale frodi telematiche della Guardia di finanza di Roma;
oltre al danno erariale, durante l'indagine è emersa la possibile infiltrazione di soggetti appartenenti alla criminalità organizzata in seno ad una delle società concessionarie, mentre risultano pendenti in proposito alcuni procedimenti di carattere penale affidati a diversi pubblici ministeri;
la procura della Corte dei conti ha citato in giudizio dieci concessionari ed i controllori inadempienti dell'Azienda autonoma dei monopoli di Stato (AAMS), contestando violazioni degli obblighi dei concessionari, che non avevano provveduto a collegare gli apparecchi per il gioco d'azzardo per permetterne il controllo in tempo reale, come previsto dalla legge e che non avevano versato all'erario ingenti somme relative al prelievo erariale dovuto sui proventi dei citati apparecchi di gioco;
la mancata connessione delle slot machine ha determinato, infatti, oltre al venir meno delle garanzie del dichiarato «gioco legale», a causa del consistente volume di «giocate» sfuggite al computo delle imposte, un ingente danno erariale;
in fattispecie, l'erario non incamerava il Prelievo erariale unico (PREU) il cui pagamento veniva evaso o eluso con soluzioni forfettarie dalle società concessionarie;
l'articolo 39, comma 13, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito in legge, con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni, prevede, infatti, che agli apparecchi di gioco, collegati in rete, si applichi un prelievo erariale unico;
nel caso in cui gli apparecchi non trasmettano i dati del contatore di gioco viene applicato un PREU forfetario. Tale PREU forfetario non è previsto da alcuna legge e la determinazione della base imponibile desta perplessità in ragione del fatto che viene calcolata sulla media delle giocate degli apparecchi in rete;
in particolare, la convenzione per la concessione ad Atlantis World Rti è stata siglata senza richiedere alla prefettura gli accertamenti ai fini della cosiddetta informativa interdittiva antimafia che solitamente viene chiesta per appalti superiori ai 5,2 milioni di euro mentre in questo caso si parla di centinaia di milioni se non di miliardi di euro;
successivamente, la concessione è stata prorogata due volte (ultimamente fino al maggio 2011) sempre senza alcuna richiesta della cosiddetta informativa interdittiva antimafia, da non confondere con il comune certificato antimafia;
il quadro normativo relativo alla disciplina delle concessioni per la gestione telematica degli apparecchi di gioco risulta particolarmente complesso, ed è stato oggetto di numerose modifiche: in particolare l'articolo 12, comma 1, lettera i), del decreto-legge n. 39 del 2009, ha previsto l'introduzione di un nuovo sistema di gioco costituito dal controllo remoto del gioco attraverso videoterminali, che avrebbe dovuto comportare l'avvio, da parte dell'AAMS, delle procedure per un nuovo affidamento in concessione della rete, entro il termine inizialmente fissato al 15 settembre 2009 dall'articolo 21, comma 7, del decreto-legge n. 78 del 2009, e successivamente prorogato al 16 maggio 2011 dall'articolo 2, comma 2-sexies, del decreto-legge n. 40 del 2010;
l'accavallarsi dei predetti interventi normativi rende quindi necessario eliminare ogni dubbio in merito alla disciplina vigente in materia, in particolare per quanto riguarda la durata delle concessioni in essere ed il loro rinnovo;
la convenzione di concessione sottoscritta da dette società prevede, all'articolo 24, la possibilità di procedere alla revoca della concessione, tra l'altro, nel caso in cui il concessionario non abbia collegato alla rete telematica gli apparecchi:

impegna il Governo:

ad applicare l'articolo 24 della convenzione di concessione in merito alla revoca delle concessioni;
a procedere, nel più breve tempo possibile, ad un nuovo affidamento delle concessioni per la gestione telematica degli apparecchi di gioco ed, in ogni caso, a non rinviare ulteriormente la scadenza prevista per il prossimo 16 maggio 2011;
a prevedere nei bandi per tali concessioni:
il divieto di partecipazione alle gare di appalto per le società i cui soggetti controllanti o partecipanti siano residenti negli Stati o territori non appartenenti alla Comunità economica europea aventi un regime fiscale privilegiato (cosiddetti «Paradisi fiscali») di cui all'articolo 76, comma 7-bis, del TUIR, individuati dai decreti di cui al medesimo comma (cosiddetta black list), oppure non siano residenti negli Stati indicati nel decreto ministeriale 4 settembre 1996 (cosiddetta white list), come risultante da successive modifiche ed integrazioni apportate dai decreti ministeriali del 25 marzo 1998, del 16 dicembre 1998, del 17 giugno 1999, del 20 dicembre 1999, del 5 ottobre 2000 e del 14 dicembre 2000;
che la partecipazione alle gare delle società residenti negli altri paesi sia subordinata alla piena trasparenza dei soggetti proprietari delle medesime società, certificata dalle autorità locali;
il divieto di partecipazione alle gare di trust, di società fiduciarie e di società off-shore;
prendere le opportune iniziative, anche legislative, ferme restando le prerogative del Parlamento, per:
rivalutare in maniera adeguata le aliquote del prelievo erariale;
inserire il mancato collegamento degli apparecchi di gioco alla rete telematica tra i casi di evasione per i quali l'articolo 5 del decreto legislativo n. 74 del 2000 prevede la reclusione da uno a tre anni.
9/3778-A/57.Barbato, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
nella legge n. 244 del 2007 (Finanziaria 2008) all'articolo 1, commi da 325 a 342, sono stati previsti incentivi per il cinema;
le norme citate prevedono una serie di agevolazioni fiscali per il settore cinematografico (crediti d'imposta, esclusione di utili dalla base imponibile);
in particolare veniva disposto quanto segue:
è concesso un credito d'imposta, ai soggetti passivi IRES e IRPEF, non appartenenti al settore cinematografico ed audiovisivo e associati in partecipazione ai sensi dell'articolo 2549 e 2554 del codice civile, per gli anni 2008, 2009 e 2010, nella misura del 40 per cento dell'apporto in denaro effettuato per la produzione di opere cinematografiche riconosciute di nazionalità italiana, fino all'importo massimo di euro 1.000.000 per ciascun periodo d'imposta (comma 325). Le imprese di produzione cinematografica destinatarie dell'agevolazione hanno l'obbligo di utilizzare l'80 per cento di dette risorse, nel territorio nazionale, impiegando mano d'opera e servizi italiani (comma 326);
per le imprese di produzione cinematografica è riconosciuto un credito d'imposta, ai fini delle imposte sul reddito, pari al 15 per cento del costo complessivo della produzione di opere cinematografiche, riconosciute di nazionalità italiana, fino all'ammontare massimo annuo di euro 3500.000 per ciascun periodo d'imposta [comma 327, lettera a)]. Detta agevolazione è condizionata al sostenimento sul territorio italiano di spese di produzione per un ammontare complessivo non inferiore, per ciascuna produzione, all'80 per cento del credito d'imposta stesso;
per le imprese di distribuzione cinematografica è riconosciuto un credito d'imposta, ai fini delle imposte sul reddito, pari [comma 327, lettera b)]:
1. al 15 per cento delle spese complessivamente sostenute per la distribuzione nazionale di opere di nazionalità italiana riconosciute di interesse culturale, fino all'ammontare massimo annuo di euro 1.500.000 per ciascun periodo d'imposta;
2. al 10 per cento delle spese complessivamente sostenute per la distribuzione nazionale di opere di nazionalità italiana, espressione di lingua originale italiana, fino all'ammontare massimo annuo di euro 2.000.000 per ciascun periodo d'imposta;
3. al 20 per cento dell'apporto in denaro effettuato per la produzione di opere filmiche di nazionalità italiana, riconosciute di interesse culturale, fino all'ammontare massimo annuo di euro 1.000.000 per ciascun periodo d'imposta;
per le imprese di esercizio cinematografico è riconosciuto un credito d'imposta, ai fini delle imposte sul reddito, pari [comma 327, lettera c)]:
1. al 30 per cento delle spese complessivamente sostenute per l'introduzione e l'acquisizione di impianti e apparecchiature destinate alla proiezione digitale, per un limite massimo annuo non eccedente, per ciascuno schermo, euro 50.000;
2. al 20 per cento dell'apporto in denaro effettuato per la produzione di opere cinematografiche di nazionalità italiana, riconosciute di interesse culturale, fino all'ammontare massimo annuo di euro 1.000.000 per ciascun periodo d'imposta;
i benefici di cui al comma 327 non sono cumulabili a favore della stessa impresa o dello stesso gruppo societario per la medesima opera filmica (comma 328);
crediti d'imposta di cui ai commi 325 e 327 spettano per il periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007 e per i due periodi d'imposta successivi (comma 329);
gli apporti di cui ai commi 325 e 327, lettera b), numero 3) e lettera c), numero 2), non possono superare complessivamente il limite del 49 per cento del costo di produzione della copia campione dell'opera filmica e la partecipazione complessiva agli utili degli associati non può superare il 70 per cento degli utili derivanti dall'opera filmica (comma 330);
dette agevolazioni possono essere fruite dalla data di rilascio del nulla osta di proiezione al pubblico. Esse non concorrono alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini IRAP e sono utilizzabili esclusivamente in compensazione (comma 331);
è riconosciuto un credito d'imposta alle imprese nazionali di produzione esecutiva e di postproduzione per i periodi di imposta 2008, 2009 e 2010, in relazione a film, o a parti di film, girati sul territorio nazionale, utilizzando mano d'opera italiana, su commissione di produzioni estere, in misura pari al 25 per cento del costo di produzione della singola opera e comunque con un limite massimo, per ciascuna opera filmica, di euro 5.000.000. Il credito d'imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini IRAP ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione (commi 335 e 337);
secondo una ricerca del professor Paolo Bocardelli della Luiss, tali incentivi per il triennio 2008-2010 sono stati particolarmente efficaci: si stima che il valore incrementale degli investimenti favorito dal credito d'imposta riservato ai produttori è di 23 milioni per i soggetti italiani e di 37 per quelli esteri, escluso il valore del credito stesso per altri 61 milioni;
in occasione del Festival del cinema di Roma centinaia di addetti alla produzione cinematografica hanno protestato contro i tagli alla cultura e per il rinnovo di questo credito d'imposta al fine di sostenere la ripresa della produzione cinematografica italiana e la produzione di film stranieri in Italia come è avvenuto per due grandi film americani (The American e The Tourist girati rispettivamente in Abruzzo ed a Venezia, con investimenti sul territorio di 9 e 24 milioni);
secondo il documento stilato unitariamente in occasione di tale protesta è stato denunciato, oltre all'esaurirsi delle risorse per il credito d'imposta, anche il taglio delle risorse pubbliche per la cultura ridotte ai minimi storici, tagli che in due anni hanno provocato tra l'altro il dimezzamento delle ore lavorative delle troupe;
il settore cinematografico non è un settore in crisi, esso impiega nel nostro Paese 250 mila persone ed attualmente rappresenta più del 30 per cento del mercato. Ma le politiche restrittive del Governo nei confronti delle produzioni culturali rischiano di metterlo in seria difficoltà,

impegna il Governo

a rinnovare per il prossimo triennio il credito d'imposta di cui in premessa e di fornire adeguate risorse alle produzioni artistiche e culturali anche fornendo maggiori finanziamento al Fondo unico per lo spettacolo.
9/3778-A/58.Aniello Formisano, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 1, commi 58 e 59, del disegno di legge in esame si prevede un Fondo per i pagamenti dei comuni alle imprese fornitrici;
il comma 58 prevede l'istituzione - nello stato di previsione del Ministero dell'interno - di un Fondo per velocizzare i pagamenti da parte dei comuni verso le imprese fornitrici;
il Fondo, che viene dotato di 60 milioni di euro per il 2011 è finalizzato al pagamento degli interessi passivi maturati dai comuni per il ritardato pagamento dei fornitori;
il comma 59 demanda ad un decreto del Ministro dell'interno l'individuazione dei comuni aventi accesso al Fondo fra quelli virtuosi, con riferimento a quelli che hanno rispettato il patto di stabilità interno nell'ultimo triennio e che evidenziano un rapporto tra le spese per il personale e le entrate correnti inferiore alla media nazionale. Il decreto stabilirà modalità e criteri del riparto;
tale misura appare del tutto insufficiente e corregge «a valle», e parzialmente, una distorsione del Patto di stabilità interno lasciando inalterato il problema di fondo;
uno dei problemi dei comuni è rappresentato anche dai ritardi con i quali regioni e province trasmettono loro le somme dovute. Infatti, i comuni sono titolari di crediti pregressi, regolarmente accertati nei propri bilanci, ma fino ad oggi non introitati, nei confronti di province e regioni;
per permettere ai comuni di far fronte alle proprie necessità di cassa, anche con riferimento ai vincoli imposti dal patto di stabilità interno, si rende necessario consentire la cessione pro soluto alla Cassa depositi e prestiti dei suddetti crediti, certificati dalla provincia e/o regione di riferimento,

impegna il Governo:

a consentire ai comuni, previo rilascio di una certificazione attestante il credito, la cessione pro soluto, a favore della Cassa depositi e prestiti, di crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili nei confronti della provincia e della regione di appartenenza.
9/3778-A/59.Messina, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 1, commi 58 e 59, del disegno di legge in esame si prevede un Fondo per i pagamenti dei comuni alle imprese fornitrici;
il comma 58 prevede l'istituzione - nello stato di previsione del Ministero dell'interno - di un Fondo per velocizzare i pagamenti da parte dei comuni verso le imprese fornitrici;
il Fondo, che viene dotato di 60 milioni di euro per il 2011 è finalizzato al pagamento degli interessi passivi maturati dai comuni per il ritardato pagamento dei fornitori;
il comma 59 demanda ad un decreto del Ministro dell'interno l'individuazione dei comuni aventi accesso al Fondo fra quelli virtuosi, con riferimento a quelli che hanno rispettato il patto di stabilità interno nell'ultimo triennio e che evidenziano un rapporto tra le spese per il personale e le entrate correnti inferiore alla media nazionale. Il decreto stabilirà modalità e criteri del riparto;
tale misura appare del tutto insufficiente e corregge «a valle», e parzialmente, una distorsione del Patto di stabilità interno lasciando inalterato il problema di fondo;
uno dei problemi dei comuni è rappresentato anche dai ritardi con i quali regioni e province trasmettono loro le somme dovute. Infatti, i comuni sono titolari di crediti pregressi, regolarmente accertati nei propri bilanci, ma fino ad oggi non introitati, nei confronti di province e regioni;
per permettere ai comuni di far fronte alle proprie necessità di cassa, anche con riferimento ai vincoli imposti dal patto di stabilità interno, si rende necessario consentire la cessione pro soluto alla Cassa depositi e prestiti dei suddetti crediti, certificati dalla provincia e/o regione di riferimento,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di consentire ai comuni, previo rilascio di una certificazione attestante il credito, la cessione pro soluto, a favore della Cassa depositi e prestiti, di crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili nei confronti della provincia e della regione di appartenenza.
9/3778-A/59.(Testo modificato nel corso della seduta) Messina, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
le violentissime piogge che si sono riversate in Veneto dal 31 ottobre al 2 novembre scorso e che hanno colpito principalmente le tre province di Vicenza, Padova e Verona, hanno provocato l'ennesimo disastro idrogeologico del nostro Paese. Le conseguenze sono state di alcuni morti, migliaia di sfollati, case allagate e invivibili, migliaia di attività economiche bloccate, fabbriche e strutture commerciali inutilizzabili. Un'economia al collasso;
secondo il Presidente di Confindustria Verona, circa il 30 per cento delle aziende ha subito danni diretti, un altro 40 per cento ha subito danni indiretti che hanno però comportato lo stop alla produzione. Solo nel vicentino, la Confcommercio ha calcolato che i danni sono arrivati già a 40 milioni, e in città si contano danni per 150 milioni. Nel padovano sono circa 80 le aziende più colpite, tra industriali e artigiane, con danni che vanno dai 200 mila ai 5 milioni di euro per azienda. La Cia (Confederazione Italiana Agricoltori) stima danni per 250 milioni di euro;
il 2 novembre scorso l'allora sottosegretario Guido Bertolaso, presiedendo a Vicenza una riunione presso la Prefettura per fare il punto degli interventi in Veneto, ha - tra l'altro - dichiarato: «La sciagura in Veneto poteva essere prevenuta se si fossero fatte, non solo in questo territorio ma nel resto d'Italia, opere di messa in sicurezza che noi chiediamo da qualche anno». Di fatto denunciando una gravissima colpevole latitanza del Governo in questo ambito;
la realtà è che in Veneto dal 1966 ad oggi le aree urbanizzate sono più che raddoppiate crescendo negli ultimi trent'anni a un ritmo superiore al 5 per cento ogni anno. Un gigantesco processo di cementificazione che si è riversato su gran parte del territorio veneto;
il 5 novembre scorso il Consiglio dei ministri ha approvato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, la dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza degli eventi meteorologici che hanno colpito il territorio della regione Veneto nei giorni dal 31 ottobre al 2 novembre 2010;
è indispensabile che accanto agli aiuti - anche economici - alle popolazioni colpite, si intervenga per far ripartire il più rapidamente possibile l'economia della regione, sostenendo le migliaia di piccole e medie imprese costrette dall'alluvione a fermare la loro attività;
vale la pena peraltro di ricordare che la stessa disposizione di cui alla lettera c), comma 4, articolo 10, della legge n. 146 del 1998, in materia di studi di settore, dispone quale causa di esclusione dell'applicazione degli studi di settore il non normale svolgimento delle attività di impresa,

impegna il Governo:

a provvedere, con un provvedimento d'urgenza, all'assegnazione di una prima tranche di risorse finanziarie da assegnare ai suddetti territori per fronteggiare le prime necessità;
a prevedere per i residenti con sede operativa o esercenti la propria attività lavorativa e produttiva nei comuni della regione Veneto colpiti dall'alluvione del 31 ottobre 2010 e dei giorni successivi la sospensione dei termini per l'adempimento di obblighi di natura tributaria e contributiva, nonché del pagamento dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali;
a valutare l'opportunità di prevedere che la successiva ripresa della riscossione dei suddetti tributi e contributi avvenga, senza applicazione di sanzioni, interessi e oneri accessori, mediante una opportuna rateizzazione dell'importo;
a valutare la necessità che agli esercenti attività d'impresa e agli esercenti arti e professioni operanti nei territori interessati dai suddetti eventi, gli accertamenti basati sugli studi di settore non si applichino alle dichiarazioni dei redditi relativi ai periodi di imposta 2010-2011;
ad adoperarsi con sollecitudine al fine di poter beneficiare del previsto Fondo di solidarietà dell'Unione europea (Fsue), che la UE, su domanda del Paese interessato, mette a disposizione delle popolazioni colpite da eventi calamitosi.
9/3778-A/60.Donadi, Borghesi, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
le violentissime piogge che si sono riversate in Veneto dal 31 ottobre al 2 novembre scorso e che hanno colpito principalmente le tre province di Vicenza, Padova e Verona, hanno provocato l'ennesimo disastro idrogeologico del nostro Paese. Le conseguenze sono state di alcuni morti, migliaia di sfollati, case allagate e invivibili, migliaia di attività economiche bloccate, fabbriche e strutture commerciali inutilizzabili. Un'economia al collasso;
secondo il Presidente di Confindustria Verona, circa il 30 per cento delle aziende ha subito danni diretti, un altro 40 per cento ha subito danni indiretti che hanno però comportato lo stop alla produzione. Solo nel vicentino, la Confcommercio ha calcolato che i danni sono arrivati già a 40 milioni, e in città si contano danni per 150 milioni. Nel padovano sono circa 80 le aziende più colpite, tra industriali e artigiane, con danni che vanno dai 200 mila ai 5 milioni di euro per azienda. La Cia (Confederazione Italiana Agricoltori) stima danni per 250 milioni di euro;
il 2 novembre scorso l'allora sottosegretario Guido Bertolaso, presiedendo a Vicenza una riunione presso la Prefettura per fare il punto degli interventi in Veneto, ha - tra l'altro - dichiarato: «La sciagura in Veneto poteva essere prevenuta se si fossero fatte, non solo in questo territorio ma nel resto d'Italia, opere di messa in sicurezza che noi chiediamo da qualche anno». Di fatto denunciando una gravissima colpevole latitanza del Governo in questo ambito;
la realtà è che in Veneto dal 1966 ad oggi le aree urbanizzate sono più che raddoppiate crescendo negli ultimi trent'anni a un ritmo superiore al 5 per cento ogni anno. Un gigantesco processo di cementificazione che si è riversato su gran parte del territorio veneto;
il 5 novembre scorso il Consiglio dei ministri ha approvato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, la dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza degli eventi meteorologici che hanno colpito il territorio della regione Veneto nei giorni dal 31 ottobre al 2 novembre 2010;
è indispensabile che accanto agli aiuti - anche economici - alle popolazioni colpite, si intervenga per far ripartire il più rapidamente possibile l'economia della regione, sostenendo le migliaia di piccole e medie imprese costrette dall'alluvione a fermare la loro attività;
vale la pena peraltro di ricordare che la stessa disposizione di cui alla lettera c), comma 4, articolo 10, della legge n. 146 del 1998, in materia di studi di settore, dispone quale causa di esclusione dell'applicazione degli studi di settore il non normale svolgimento delle attività di impresa,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di provvedere, con un provvedimento d'urgenza, all'assegnazione di una prima tranche di risorse finanziarie da assegnare ai suddetti territori per fronteggiare le prime necessità;
a prevedere per i residenti con sede operativa o esercenti la propria attività lavorativa e produttiva nei comuni della regione Veneto colpiti dall'alluvione del 31 ottobre 2010 e dei giorni successivi la sospensione dei termini per l'adempimento di obblighi di natura tributaria e contributiva, nonché del pagamento dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali;
a valutare l'opportunità di prevedere che la successiva ripresa della riscossione dei suddetti tributi e contributi avvenga, senza applicazione di sanzioni, interessi e oneri accessori, mediante una opportuna rateizzazione dell'importo;
a valutare la necessità che agli esercenti attività d'impresa e agli esercenti arti e professioni operanti nei territori interessati dai suddetti eventi, gli accertamenti basati sugli studi di settore non si applichino alle dichiarazioni dei redditi relativi ai periodi di imposta 2010-2011;
ad adoperarsi con sollecitudine al fine di poter beneficiare del previsto Fondo di solidarietà dell'Unione europea (Fsue), che la UE, su domanda del Paese interessato, mette a disposizione delle popolazioni colpite da eventi calamitosi.
9/3778-A/60.(Testo modificato nel corso della seduta) Donadi, Borghesi, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
per quanto attiene alle risorse a sostegno delle comunità italiane all'estero, che fanno capo, sotto il profilo contabile, al Programma 4.8 «Italiani nel mondo e politiche migratorie», si registrano nel disegno di legge in esame stanziamenti complessivi pari a 59,216 milioni di euro per l'anno 2011, con un decremento di 14 milioni rispetto alla legge di bilancio per il 2010;
viene confermata in tal modo la tendenza a una forte contrazione degli stanziamenti proprio nel momento in cui l'italianità all'estero non andrebbe considerata una merce, né qualcosa da cui si può prescindere, e parimenti occorrerebbero interventi legislativi per salvaguardare la lingua e la cultura italiana nel mondo, ivi compresa l'informazione e la stampa italiana all'estero;
la forte riduzione delle risorse destinate delle comunità italiane all'estero rappresenta certamente una scelta miope in quanto potrebbe comportare il venire meno di un investimento per il futuro e, con uno sguardo in prospettiva, anche una perdita economica per l'Italia;
contestualmente non vengono, peraltro, eliminati gli sprechi ma si colpiscono i soggetti deboli, già provati dall'attuale crisi economica internazionale, come accade, per esempio, ai cittadini italiani residenti in Svizzera per garantirsi il mantenimento dei corsi di lingua italiana;
contrariamente a quanto affermato in occasione della conversione in legge del decreto-legge n. 78 del 2010, laddove il Governo aveva assunto impegni in ordine a un incremento a favore delle comunità degli italiani all'estero, non risulta ben chiara la ratio sottesa ai tagli apportati e al mancato mantenimento degli impegni assunti,

impegna il Governo

a sostenere convintamente le comunità degli italiani all'estero e le loro istanze, nonché a valorizzare il patrimonio umano, culturale e economico che i nostri connazionali rappresentano all'estero assicurando loro adeguati e costanti finanziamenti senza ulteriori tagli ai già ridimensionanti fondi ad hoc.
9/3778-A/61.Razzi, Picchi, Strizzolo, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il 5 per mille è stato introdotto a titolo iniziale e sperimentale con la legge finanziaria 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266) e prevede la possibilità per il contribuente di vincolare questa quota della propria imposta IRPEF a sostegno di alcune categorie quali:
1) volontariato, onlus e associazioni di promozione sociale;
2) attività sociali svolte dal comune di residenza;
3) ricerca sanitaria;
4) ricerca scientifica o delle università;
tale facoltà può essere esercitata dal contribuente indicando nella dichiarazione dei redditi del 2006 il codice fiscale dell'ente che intende finanziare;
le modalità di iscrizione per gli enti e le modalità di ripartizione della quota sono state successivamente disciplinate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 gennaio 2006;
a tal proposito va segnalato che le quote del 5 per mille destinate dai cittadini relativamente alle dichiarazioni dei redditi del 2006 sono state erogate solo nel 2008 (328 milioni e 900 mila euro che milioni di cittadini hanno scelto di destinare al no profit) e che di quelle relative al 2007 non si ha alcuna notizia, anzi il portavoce del Forum del terzo settore non ripone grandi aspettative sullo sblocco delle lungaggini amministrative che ancora ne impediscono l'erogazione;
circa il ritardo nell'erogazione delle somme relative al 2007, l'Agenzia delle entrate ha comunicato a suo tempo che occorreva aggiornare gli elenchi definitivi dei beneficiari e degli importi i quali sarebbero stati resi disponibili entro il 31 marzo 2008;
di questi elenchi, un anno e mezzo dopo, neanche l'ombra mentre cresce la domanda di aiuto da parte dei cittadini cui non è possibile erogare i servizi necessari perché le onlus non godono neppure di facilitazioni per l'accesso al credito in attesa che lo Stato rispetti gli impegni;
a rafforzare la preoccupazione delle associazioni del terzo settore, che lamentano l'estremo bisogno di questi fondi, è la mancanza di stabilizzazione a carattere permanente dell'erogazione del 5 per mille;
con orgoglio le associazioni del terzo settore rivendicano di essere la fotografia di un'economia sana, senza sprechi, senza divari retributivi, con il reinvestimento dei soldi nel territorio, con la regolarità di tutti i dipendenti;
l'attuale previsione riferita all'elenco 1 dell'articolo 1, comma 40, riduce a soli 100 milioni di euro il gettito del 5 per mille che, per lo scorso anno, era di 400 milioni, operando così un taglio di circa il 75 per cento,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare le opportune iniziative, anche normative, volte a prevedere la definitiva stabilizzazione del 5 per mille a favore di associazioni, scuole, università, enti di ricerca per consentire di poter programmare le attività di sostegno e di impegno sociale sulla base dei medesimi stanziamenti previsti dalla legge finanziaria 2010 (pari a 400 milioni di euro) nonché certezze e tempestività nell'erogazione dei fondi a loro destinati.
9/3778-A/62.Leoluca Orlando, Evangelisti, Toccafondi, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
l'omicidio del sindaco di Pollica-Acciaroli, Angelo Vassallo, avvenuto nel mese di settembre ha posto in evidenza il problema della penetrazione della criminalità organizzata nel Cilento;
i sindaci locali hanno espresso la propria preoccupazione per la diminuzione dei presidi per la sicurezza pubblica presenti sul proprio territorio;
la manovra in esame ha incrementato gli stanziamenti a disposizione per l'Arma dei Carabinieri ed ha accantonato adeguate risorse per l'attuazione dei piani operativi nazionali (PON) per la sicurezza,

impegna il Governo:

a valutare la possibilità di incrementare le dotazioni organiche e i mezzi a disposizione delle Forze dell'Ordine nel Cilento, con particolare riguardo ai comuni con maggiore presenza turistica;
a rafforzare le tecnologie per il controllo del territorio, valutando la possibilità di adottare iniziative volte ad introdurre specifiche disposizioni nel decreto-legge 12 novembre 2010, n. 187, recante misure urgenti in materia di sicurezza, in corso di conversione.
9/3778-A/63.Mario Pepe (PdL).

La Camera,
premesso che:
la viabilità della regione Sicilia rappresenta uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo economico dell'isola, sia in termini di rapidità dei collegamenti, sia in termini di sicurezza stradale,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di intervenire nei confronti dell'Anas, al fine di adottare un piano per la messa in sicurezza della strada statale n. 115 Sud Occidentale sicula ed in particolare:
a) per la messa in sicurezza del viadotto del Belice;
b) per il miglioramento della viabilità e per consentire lo scorrimento veloce nei tratti Menfi-Castelvetrano, Sciacca-Agrigento e Sciacca-Palermo.
9/3778-A/64.Marinello.

La Camera,
considerato che:
con il progetto Share curato dal CNR, tramite il Comitato Everest K2 CNR, l'Italia si è posta all'avanguardia nelle attività internazionali di monitoraggio climatico e ambientale, nonché di ricerca sui cambiamenti climatici;
tale attività si inquadra nell'ambito degli specifici progetti del World Metereological Organization (WMO), dello United nations environment programme (UNEP) e dello United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC), ottenendo in questi giorni, in forza degli importanti risultati raggiunti, il riconoscimento di technical expert group (TEC) dalla Mountain iniziative promossa dai Paesi montani in via di sviluppo per il contrasto e la mitigazione dei cambiamenti climatici, nonché l'accreditamento della stazione SHAKE-NP quale unica «stazione globale» italiana del Global Atmosphere Watch;
più volte il Parlamento è intervenuto a sostegno dell'iniziativa, mediante approvazione di appositi documenti di indirizzo, concernenti l'assegnazione di adeguati stanziamenti a valere sulle risorse destinate alla ricerca scientifica istituzionale,

impegna il Governo

ad adottare iniziative volte a destinare per gli anni 2011, 2012, 2013 la quantità di risorse necessarie, almeno in misura pari agli anni precedenti, al Comitato Everest K2 CNR per la prosecuzione degli impegni adottati a livello internazionale tramite il progetto SHARE.
9/3778-A/65.Osvaldo Napoli, Lolli, Quartiani, Jannone.

La Camera,
premesso che:
il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, sulla base degli stanziamenti previsti dalla legge 23 dicembre 2009, n 191, legge finanziaria per il 2010, ha presentato alle Camere il decreto interministeriale di ripartizione degli stanziamenti del 2010 a favore di enti, istituti, fondazioni, associazioni e altri organismi, di cui all'articolo 1, comma 43, della legge n. 549 del 1995, stanziando 1 milione di euro per l'Unire, fondi destinati alla ristrutturazione dell'ippodromo di Merano Maia;
questo stanziamento rappresenta una parte dell'impegno che in data 1o agosto 2007 veniva sottoscritto con un protocollo d'intesa tra il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, l'Unire, la provincia di Bolzano e il comune di Merano, con il quale le parti concordavano di avviare i lavori di ristrutturazione dell'ippodromo di Merano, il principale ippodromo d'Italia, la cui struttura necessitava di urgenti interventi di ristrutturazione;
il finanziamento dei lavori, pari a 25 milioni di euro, spettava al Ministero per un importo pari a 6,5 milioni di euro circa, elevato poi a 7,5 nel 2008 con un emendamento dei firmatari del presente ordine del giorno, mentre gli enti locali si impegnavano a finanziare la residua quota;
in data 20 febbraio 2008 veniva sottoscritto un accordo integrativo nel quale il Ministero si impegnava a destinare i 7,5 milioni previsti nella legge finanziaria per il 2008 a proprio favore e l'Unire ribadiva l'impegno a riattivare il Fondo investimenti 2000 e a liquidare a Merano Maia i finanziamenti;
con decreto di riparto degli stanziamenti del 2008, ai sensi dell'articolo 1, comma 43, della legge n. 549 del 1995, il Ministero ha stanziato 2 milioni di euro in luogo dei 2,5 previsti e con un secondo decreto sono stati destinati all'Unire ulteriori 93.000 euro per l'ippodromo di Maia;
attualmente i lavori sono stati avviati grazie ai fondi messi a disposizione degli enti locali, che ancora attendono lo stanziamento statale mancante, pari, con il milione di euro che è attualmente in attesa della firma dei Ministri Galan e Tremonti, a circa 4.500,00 euro;
il Governo nel 2009 ha sottoscritto con la regione Trentino Alto Adige e con le province autonome di Trento e Bolzano l'accordo di revisione dell'ordinamento finanziario contenuto nella legge finanziaria per il 2010. Durante le trattative il Governo ha manifestato esplicitamente la volontà di corrispondere i fondi ancora mancanti per l'ippodromo di Merano, sulla base del protocollo d'intesa del 2007;
questa intenzione è stata poi confermata con l'approvazione dell'ordine del giorno 9/2936-A/122 accolte dal Governo nella seduta del 16 dicembre 2009, durante l'approvazione della legge finanziaria per il 2010;
la legge di stabilità attualmente al nostro esame per gli anni 2011-2013 riporta per quanto riguarda gli stanziamenti del Ministero per le politiche agricole agli enti, una dotazione finanziaria irrisoria, pari a 2,5 milioni di Euro e non contempla alcuno stanziamento per l'ippodromo Merano Maia,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di reperire adeguate risorse per la ristrutturazione dell'ippodromo di Maia per fare in modo che vengano mantenuti gli impegni finanziari già assunti dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
9/3778-A/66.Zeller, Brugger.

La Camera,
premesso che:
ha raggiunto dimensioni tragiche il bilancio dei danni causati dal maltempo dei giorni scorsi che ha colpito il Veneto: tre morti, oltre 3000 sfollati, colpiti 121 Comuni e più di 500 mila persone, devastate le zone agricole e danneggiate irreparabilmente quelle industriali;
nonostante la positiva iniziale risposta data dalle banche in termini di elargizioni di fondi, di contribuzioni speciali, di moratorie sulle rate dei mutui delle prime case, la situazione in cui versano i cittadini è drammatica e rischia di diventare irrecuperabile se non saranno adottate misure straordinarie;
secondo la Confederazione italiana agricoltori ci si trova davanti «ad una vera e propria devastazione nelle cinque regioni colpite, ma soprattutto in quella veneta, che è totalmente in ginocchio, specialmente nelle provincie di Vicenza, Padova e Verona. Tantissime le imprese agricole che hanno subito danni ingenti alle strutture (cantine, stalle e serre) e sono finite sott'acqua. Scenario tragico anche per gli allevamenti e le coltivazioni (cereali, vitigni, oliveti, tabacco, piante e fiori, ortaggi e radicchio), completamente distrutte»;
l'industria in generale ed il settore manifatturiero in particolare, fiore all'occhiello del Veneto e che ha saputo reagire meglio alla crisi, dando concreti segnali di ripresa produttiva e occupazionale, è in ginocchio, con capannoni distrutti e macchine inutilizzabili;
l'esondazione di numerosi fiumi nelle province di Vicenza, Verona e Padova ha invaso e reso inutilizzabili migliaia di abitazioni e di attività commerciali ed imprenditoriali;
il Presidente della regione Veneto ha quantificato in relazione ai danni in un miliardo di euro la somma necessaria per mettere in sicurezza il territorio, per il ripristino delle infrastrutture e dei collegamenti e per un ristoro parziale dei danni subiti dai cittadini e dalle imprese;
dai cittadini, tuttavia, emerge la richiesta di ulteriori interventi dei Governo che alleggeriscano i danni economici subiti a causa dell'alluvione,

impegna il Governo:

a valutare la necessità ed opportunità di adottare iniziative volte a prevedere misure agevolative aggiuntive per i cittadini colpiti dagli eventi alluvionali dei giorni scorsi, in particolare prendendo in considerazione la sospensione degli studi di settore e dei pagamenti dell'IRPEF, dell'IRES e dell'IRAP di novembre e quella dell'IVA di dicembre, nonché dei contributi previdenziali per i cittadini e contribuenti veneti.
9/3778-A/67.De Poli, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la legge finanziaria per il 2006 ha introdotto a titolo sperimentale l'istituto giuridico del cinque per mille, attraverso il quale il contribuente può destinare una quota della propria IRPEF al sostegno di enti che svolgono attività socialmente rilevanti;
tale istituto rappresenta uno strumento concreto di autentica sussidiarietà e al tempo stesso di libera scelta del cittadino, che ha dimostrato negli anni grande apprezzamento nei suoi confronti;
le organizzazioni senza scopi di lucro puntano sulle risorse garantite dal cinque per mille per garantire i loro servizi, soprattutto in un periodo di crisi economica quale quello che stiamo vivendo, in cui l'area dell'emarginazione e della povertà si sta sempre più allargando;
la legge di stabilità ha destinato solo 100 milioni per il rifinanziamento del cinque per mille per il 2011,

impegna il Governo

a procedere in tempi rapidi ad adottare iniziative volte al recupero delle risorse mancanti ai fini dell'erogazione della quota integrale che liberamente i cittadini contribuenti hanno deciso di destinare alle associazioni aventi diritto per lo svolgimento della loro meritoria attività.
9/3778-A/68.Galletti, De Poli, Capitanio Santolini, Ciccanti, Toccafondi, Lupi, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il secondo dei cinque punti programmatici, illustrati dal Presidente del Consiglio dei ministri e sui quali ha chiesto e ottenuto la fiducia nel settembre scorso, riguarda la riduzione della pressione fiscale;
in particolare, il Governo intende pervenire entro legislatura al varo di norme che consentano una graduale riduzione sulla tassazione delle famiglie, a partire da quelle monoreddito e da quelle numerose;
l'Italia lamenta la mancanza di un sistema di equa tassazione dei redditi che rispetti l'articolo 53 della Costituzione e che possa favorire la natalità, nonostante gli annunci e i proclami delle forze politiche che hanno inserito sempre nei loro programmi elettorali l'avvio di una fiscalità a misura di famiglia;
non aiuta certamente l'attuale situazione economica, che ha determinato un crescente impoverimento della famiglia italiana, mentre un corretto uso della leva fiscale basata su il principio dell'equità orizzontale consentirebbe alle famiglie con carichi familiari di far fronte ai propri bisogni e necessità con meno difficoltà,

impegna il Governo

a procedere, nell'ambito della annunciata riforma fiscale e senza ulteriori ritardi, alla introduzione, anche graduale, del «fattore famiglia» che è stato presentato al Forum delle associazioni familiari alla recente Conferenza nazionale della famiglia e che è stato accolto favorevolmente sia dal Governo che dalle parti sociali.
9/3778-A/69.Capitanio Santolini, Galletti, Ciccanti, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il secondo dei cinque punti programmatici, illustrati dal Presidente del Consiglio dei ministri e sui quali ha chiesto e ottenuto la fiducia nel settembre scorso, riguarda la riduzione della pressione fiscale;
in particolare, il Governo intende pervenire entro legislatura al varo di norme che consentano una graduale riduzione sulla tassazione delle famiglie, a partire da quelle monoreddito e da quelle numerose;
l'Italia lamenta la mancanza di un sistema di equa tassazione dei redditi che rispetti l'articolo 53 della Costituzione e che possa favorire la natalità, nonostante gli annunci e i proclami delle forze politiche che hanno inserito sempre nei loro programmi elettorali l'avvio di una fiscalità a misura di famiglia;
non aiuta certamente l'attuale situazione economica, che ha determinato un crescente impoverimento della famiglia italiana, mentre un corretto uso della leva fiscale basata su il principio dell'equità orizzontale consentirebbe alle famiglie con carichi familiari di far fronte ai propri bisogni e necessità con meno difficoltà,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di procedere, nell'ambito della annunciata riforma fiscale e senza ulteriori ritardi, alla introduzione, anche graduale, del «fattore famiglia» che è stato presentato al Forum delle associazioni familiari alla recente Conferenza nazionale della famiglia e che è stato accolto favorevolmente sia dal Governo che dalle parti sociali.
9/3778-A/69.(Testo modificato nel corso della seduta) Capitanio Santolini, Galletti, Ciccanti, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
le organizzazioni impegnate nella cooperazione sono fortemente preoccupate per i continui tagli dei fondi operati dal Governo agli aiuti allo sviluppo, alla solidarietà e alla cooperazione;
lo stato degli aiuti è preoccupante, soprattutto se visto attraverso la prospettiva del raggiungimento degli otto obiettivi di sviluppo del millennio;
meno di un mese, dopo l'Assemblea generale dell'ONU dedicata agli obiettivi del millennio, infatti, il Governo ha deciso di tagliare del 45 per cento i fondi dedicati alla cooperazione allo sviluppo dal nostro Paese, raggiungendo il record negativo di 179 milioni di euro per li 2011;
alla base della cooperazione internazionale vi è il concetto di sviluppo basato sulla reciprocità, sull'interesse comune, sulla vita delle persone e sui valori di solidarietà equità e giustizia sociale;
con questa scelta, invece, il Governo si assume la responsabilità di lasciare milioni di persone a un futuro di fame povertà, pandemie come l'AIDS e la tubercolosi,

impegna il Governo

ad adottare iniziative, anche di tipo normativo, volte a reintegrare le risorse destinate alla cooperazione internazionale, rilanciandone il ruolo sia sul piano politico che economico.
9/3778-A/70.Pezzotta, Adornato, Volontè, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
è prioritario sostenere la ricerca, atteso che essa rappresenta il settore chiave per il rafforzamento dell'economia italiana e per accrescere la capacità di competere del Paese a livello internazionale;
occorre in proposito assicurare un adeguato investimento nelle risorse umane che favorisca il ricambio generazionale nel settore della ricerca, anche in considerazione dell'elevata età media dei ricercatori, in gran parte conseguente al prolungato blocco delle assunzioni;
lo studio è un diritto primario che va garantito a tutti senza distinzioni né carenze e una legge di stabilità che si rispetti deve prevedere risorse in tal merito, per migliorare l'offerta formativa;
è, inoltre, indispensabile contrastare efficacemente il fenomeno della cosiddetta fuga dei cervelli, promuovendo le condizioni per offrire ai giovani ricercatori italiani concrete opportunità professionali, che li attraggano, ne favoriscano la crescita culturale e ne rafforzino l'indipendenza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere interventi normativi che possano contrastare il fenomeno della fuga dei cervelli e offrire ai giovani ricercatori italiani serie ed efficaci risorse al fine di incrementare e incentivare il loro lavoro di ricerca che è conosciuto e stimato in tutto il mondo.
9/3778-A/71.Nunzio Francesco Testa, Capitanio Santolini, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
secondo quanto emerge dal settimo rapporto sulle carceri, presentato dall'associazione Antigone che opera per la difesa dei diritti negli istituti di pena in Italia, i detenuti hanno raggiunto una quota superiore a 68.000, ben 25 mila in più rispetto alla capienza regolamentare e oltre anche la cosiddetta capienza tollerabile, l'indice che individua il limite massimo per la stessa amministrazione penitenziaria;
se il trend dovesse continuare, a fine 2010 la popolazione carceraria raggiungerebbe quota 70 mila detenuti, fino ad arrivare nel giugno 2012 a 100 mila unità, a fronte di un calo di quasi 6 mila agenti già da otto anni, stando alla denuncia delle organizzazioni sindacali della polizia carceraria;
nello specifico, l'organico degli agenti di custodia, fissato l'ultima volta proprio nel 2001, prevedeva un numero di 42.268, a fronte di 55.000 detenuti. Oggi i carcerati, come sopra anticipato, sono diventati più di 68.000 e gli agenti in servizio sono 40.000, ma diventano 38.000 se si considerano i duemila in malattia o in aspettativa per motivi di salute o in via di pensionamento;
con questi numeri, ovviamente pesano le unità, le centinaia, le migliaia di agenti sottratti ai loro compiti principali per essere dirottati su mansioni amministrative o di servizio agli uffici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare efficaci misure finalizzate a garantire le risorse necessarie per una dotazione di polizia penitenziaria adeguata.
9/3778-A/72.Ria, Rao, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la cantieristica navale è un settore strategico dell'economia italiana, caratterizzato da alta intensità di lavoro ed elevati indici di innovazione tecnologica, senza peraltro comportare ripercussioni ambientali di segno negativo;
Fincantieri - Cantieri navali italiani S.p.a. è uno dei maggiori gruppi industriali - per fatturato e numero di addetti - esistenti in Europa e nel mondo, attivo nel settore della cantieristica crocieristica, militare e mercantile e rappresenta, pertanto, una delle più importanti realtà produttive del nostro Paese;
il gruppo industriale Fincantieri, stando ai dati dei bilanci consolidati degli ultimi anni, ha alle proprie dirette dipendenze circa 8.500 addetti, impiegando altresì - nell'ambito dei propri lavori e servizi esternalizzati in appalto e dell'indotto complessivamente considerato - altre migliaia di lavoratori, stimati prudenzialmente in oltre 18.000 unità, distribuiti nelle sedi di Trieste, Monfalcone, Marghera, Genova, Sestri Ponente, Sestri Levante, Muggiano, Ancona, Castellammare di Stabia e Palermo;
in ognuna di tali città ciascun cantiere navale della società Fincantieri costituisce una delle principali aziende cittadine e dunque fonte di occupazione e ricchezza per i rispettivi territori, oltre a rappresentare un elemento caratterizzante e storicamente radicato, avendo segnato e permeato di sé le vicende sociali delle città medesime nel corso degli anni;
la crisi economica in atto rischia di avere ripercussioni drammatiche e ricadute occupazionali gravissime nel settore della cantieristica e, in particolare, sul gruppo industriale Fincantieri, dove già circa 1600 lavoratori sono collocati in cassa integrazione e si stima di poter arrivare all'abnorme cifra di 2000 unità alla fine del 2010. Da parte della società Fincantieri vi è stato l'impegno a non procedere ad alcuna chiusura di cantieri e a ripartire le attività tra le diverse unità produttive per mitigare l'impatto della crisi;
nonostante questo sono circolate allarmanti notizie sulla ventilata chiusura di qualche cantiere, tra cui Riva Trigoso (Sestri Levante), o ridimensionamento di altri, come il Cantiere di Sestri Ponente a Genova,

impegna il Governo

a considerare attentamente l'importanza del settore della cantieristica, sia dal punto di vista occupazionale che del prestigio per il nostro Paese, effettuando, se necessaria, una riorganizzazione che non porti comunque a nessun ridimensionamento della forza lavoro esistente, né alla chiusura di alcuna sede di cantiere, come quella di Riva Trigoso, fonte insostituibile di lavoro per un intero, vasto comprensorio.
9/3778-A/73.Mondello, Libè, Ruggeri, Ciccanti, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
ancora una volta la questione degli italiani all'estero risulta ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo dimenticata dal Governo, che, però, afferma di voler perseguire una strategia che consenta all'Italia di uscire dalla crisi più competitiva e pronta a vincere la sfida della globalizzazione;
già in occasione della discussione della legge finanziaria per il 2010 si era sollevata la necessità di rifinanziare gli interventi a favore delle collettività italiane all'estero;
per quest'anno le risorse destinate al sostegno delle comunità italiane oltre confine, che rientrano sotto il profilo contabile nel Programma 4.8 «Italiani nel Mondo e Politiche migratorie», fanno registrare una riduzione degli stanziamenti del 20 per cento rispetto ai medesimi capitoli del 2010;
un'ulteriore decurtazione delle risorse destinate alle nostre comunità all'estero rappresenta un duro colpo inferto al nostro sistema Paese e alla capacità dell'Italia di poter interagire in maniera corretta e fattiva a livello internazionale e a quella parte di cittadini, che, rappresentando l'Italia all'estero e con eccellenze nei settori più disparati, potrebbe essere quella risorsa fondamentale a cui attingere in questo momento per fronteggiare in parte questa crisi,

impegna il Governo

a monitorare l'attivazione della disposizione citata, valutando l'opportunità di adottare iniziative volte a recuperare quanto prima le risorse necessarie a garantire un adeguato sostegno alle nostre comunità italiane all'estero.
9/3778-A/74.Ricardo Antonio Merlo, Adornato, Volontè, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il sistema del trasporto pubblico locale, strategico per il Paese, è soggetto da molti anni ad un continuo taglio di fondi che non ne permettono il rilancio e lo sviluppo, comportando gravissime ricadute sull'intero sistema della mobilità nazionale;
l'ultima legge di finanza pubblica aveva già operato un taglio consistente alle risorse, con ripercussioni in termini di diminuzione delle vetture su gomma circolanti, tariffe più elevate, tagli al personale e minori investimenti a favore della qualità dei servizi;
il provvedimento in esame prevede ulteriori tagli di spesa al settore, aggravando una situazione già sensibilmente deficitaria;
sul settore del trasporto ferroviario regionale si attendono forti aumenti delle tariffe dei biglietti treni dal 15 al 35 per cento, con ricadute, in particolare, per le fasce più deboli dei cittadini che utilizzano il servizio ferroviario per recarsi a scuola o al lavoro;
il sistema dei trasporti necessita di mezzi più moderni, meno inquinanti e di una pianificazione di largo respiro, in grado di ridurre la congestione del traffico nelle città, possibile solo con una programmazione prioritaria degli investimenti sul lungo periodo e con un impegno di risorse fattibili che ne permettano il rilancio;
la scelta operata dal Governo in termini di diminuzione delle risorse per il settore determinerà ulteriori difficoltà sul fronte occupazionale,

impegna il Governo

a valutare la opportunità di adottare misure e iniziative che favoriscano un rilancio dell'intero sistema del trasporto pubblico locale del Paese attraverso un forte recupero di risorse da destinare al settore.
9/3778-A/75.Compagnon, Mereu, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 10, comma 1-bis, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito con modificazioni dalla legge 24 giugno 2009, n. 77 era previsto il finanziamento di 45 milioni di euro per la zona franca nella città de L'Aquila;
la mozione 1-00244 approvata all'unanimità dalla Camera dei deputati impegnava il Governo ad individuare risorse destinate a finanziare l'istituzione della zona franca urbana anche rimodulando con un impegno economico maggiore l'iniziale finanziamento dei 45 milioni di euro già previsto;
la reale attivazione della zona franca è essenziale per favorire investimenti produttivi, sviluppo economico e ripresa occupazionale che sono decisivi per la rinascita dei comuni terremotati,

impegna il Governo

a provvedere con il prossimo provvedimento utile ad assicurare tale reale incremento di risorse per finanziare la zona franca.
9/3778-A/76.Mantini, Lolli, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
in più di una occasione autorevoli membri dei Governo hanno affermato che è necessario sostenere lo stato sociale;
la legge di stabilità per il 2011, a parte il reintegro di 200 milioni destinati al Fondo per le politiche sociali, conferma sostanzialmente i pesanti tagli alla sanità e ai servizi sociali decisi con la manovra d'estate;
inoltre, il patto di stabilità per regioni ed enti locali non consente di garantire in maniera adeguata alle esigenze i servizi e le politiche di sviluppo locale;
garantendo solo per cinque mesi quanto stabilito dal patto per la salute nel 2011, le regioni rischiano di applicare i super ticket da 10 euro al termine del periodo coperto dalla legge di stabilità;
si registra la mancanza di alcuna misura incisiva per il contrasto alla povertà, nulla è previsto per la non autosufficienza, né è previsto il rifinanziamento della social card;
stante tale situazione non sono assicurati i livelli essenziali di assistenza sanitaria e sociale ai cittadini,

impegna il Governo

ad adottare iniziative volte a prevedere un'adeguata dotazione di risorse finalizzate a sostenere una incisiva azione di sostegno delle politiche sanitarie e sociali, utile anche quale strumento anticiclico e di sviluppo in questa particolare contingenza economica.
9/3778-A/77.Anna Teresa Formisano, De Poli, Binetti, Nunzio Francesco Testa, Capitanio Santolini, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
l'agricoltura italiana vive ormai in piena emergenza con bilanci sempre in rosso e imprese a forte rischio chiusura;
un problema che sta creando grandi incertezze e confusione tra gli agricoltori è quello relativo all'«accisa zero» sul gasolio per le coltivazioni in serra;
nelle coltivazioni sotto serra il riscaldamento incide tra il 15 per cento e il 20 per cento sul totale dei costi aziendali e con l'accisa applicata per il gasolio da riscaldamento delle serre pari a quella prevista per il gasolio ad uso agricolo al 22 per cento, le produzioni italiane sarebbero in una posizione di assoluto svantaggio rispetto a quelle europee ed extra europee, considerato il fatto che gli altri Paesi europei hanno la possibilità di utilizzare energia elettrica e metano a costi bassissimi;
l'abolizione dell'agevolazione sul gasolio provocherebbe gravi danni alla produzione agricola in serra con ripercussioni negative per migliaia di produttori,

impegna il Governo

ad adottare tempestivamente iniziative al fine di contrastare una misura fortemente penalizzante per l'intero comparto agricolo, già duramente colpito dalla crisi di settore.
9/3778-A/78.Cera, Delfino, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il mondo agricolo attraversa da troppo tempo una profonda crisi in tutti i suoi settori;
i lavoratori agricoli non sono più in condizione di avere reddito dall'impresa agricola;
le calamità naturali degli ultimi mesi, sempre più frequenti e sempre più violente, hanno messo letteralmente in ginocchio migliaia di agricoltori che ad oggi non possono essere risarciti;

il Fondo di solidarietà nazionale, allo stato attuale non rappresenta neanche un quarto del fabbisogno necessario agli agricoltori per affrontare una crisi sempre più grave,

impegna il Governo

a monitorare l'attuazione del rifinanziamento del fondo di solidarietà nazionale in agricoltura così come previsto dal disegno di legge in esame, valutando l'opportunità di adottare ulteriori iniziative volte a incrementare le risorse di tale fondo per dare piena attuazione ai meccanismi di gestione del rischio in agricoltura e potenziare il ruolo delle polizze assicurative contro i rischi connessi ad eventi atmosferici e calamitosi.
9/3778-A/79.Naro, Delfino, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la misura agevolativa prevista per le commesse di ricerca a centri pubblici di ricerca è in particolarmente efficace per le piccole e medie imprese che potrebbero non avere al loro interno competenze e/o attrezzature di ricerca e che possono così essere spinte a una maggiore collaborazione con il sistema pubblico di ricerca;
l'esperienza dei primi tre anni di applicazione in Italia di un credito d'imposta per investimenti in ricerca e sviluppo è stato molto positiva in termini di partecipazione e di effetti;
nel 2007 le imprese dichiaranti sono state 12.445 per una spesa complessiva per ricerca e sviluppo dichiarata a fini di sgravio (considerando il limite dei 50 milioni di spesa) pari a 7.116.524.000 di euro, di cui 97.361.000 di euro (1,4 per cento) in collaborazione con soggetti pubblici, con un costo totale presunto della misura di 731.124.000 euro; nel 2008 le imprese dichiaranti sono state 9.719 per una spesa complessiva per ricerca e sviluppo dichiarata a fini di sgravio (considerando il limite dei 50 milioni di spesa) pari a 697.025.000 di euro, di cui 26.434.000 di euro (1,6 per cento) in collaborazione con soggetti pubblici, con un costo totale presunto della misura di 794.989.000 euro;
da un'indagine di Confindustria tra le imprese che nel 2007 hanno utilizzato il credito d'imposta per le attività intra muros, il 72,3 per cento ha aumentato o consolidato la quota di investimenti in ricerca rispetto al 2006; mentre, tra le imprese che hanno utilizzato il credito d'imposta per le commesse, quasi la metà (46,9 per cento ha aumentato la quota di investimenti in ricerca rispetto all'anno precedente;
gli incentivi fiscali sono uno strumento veloce e semplice, capace di agevolare, senza particolari vincoli o difficoltà burocratiche e senza costi di istruttoria elevati per la PA, un numero elevato di imprese;
l'efficacia dello strumento, che va assicurata con controlli puntuali e diffusi per evitare usi impropri, può aiutare a far emergere quella parte di attività di ricerca e innovazione realizzata dalle imprese che normalmente non viene esplicitata nei bilanci, aiutando quindi a dare una fotografia più realistica dell'impegno del Paese;
la combinazione di strumenti di incentivazione fiscale con strumenti a selezione è utilizzata nella maggior parte dei Paesi e suggerita dal documento Europa 2020,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a rinnovare la misura di agevolazioni fiscali per investimenti in ricerca e innovazione delle imprese, al fine di consolidare e far crescere gli investimenti in ricerca e innovazione, nonché al fine di sviluppare la collaborazione con il sistema pubblico di ricerca.
9/3778-A/80.Ciccanti, Galletti, Occhiuto, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il Fondo nazionale delle politiche sociali tra il 2008 e il 2010 è passato da un miliardo 582 milioni di euro a 913 milioni di euro: i fondi per le politiche di sostegno alla famiglia erano 276 milioni nel 2008, 186 milioni nel 2009 e 52 milioni di euro nel 2011;
nel corso dell'esame in Commissione Bilancio per il Fondo per le politiche sociali sono stati stanziati 200 milioni per il 2011;
l'articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), ha istituito il Fondo per le non autosufficienze, al fine di garantire l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni nei confronti delle persone non autosufficienti su tutto il territorio nazionale;
la non autosufficienza espone significativamente la famiglia alla deprivazione e alla solitudine e dal rapporto 2010 sulla non autosufficienza in Italia presentato dal Ministero dei lavoro e delle politiche sociali il 20 luglio 2010 si evince chiaramente quanto la problematica abbia urgente bisogno di essere affrontata in modo organico e strutturale;
concorrono ad aggravare l'esposizione alla povertà e alla fragilità delle famiglie, la frammentazione della rete dei servizi sociosanitari pubblici (gli interventi sono spesso lasciati alla famiglia e alle figure di cura in essa presenti) e l'insufficienza della stessa in larga parte delle regioni italiane, se si considera la copertura del target di riferimento per quanto attiene i servizi domiciliari e semiresidenziali a carattere comunitario;
il mancato rifinanziamento del Fondo per le non autosufficienze per il 2011 avrà delle gravi ripercussioni sulla continuità dei progetti e dei servizi attivati da regioni ed enti locali a sostegno di soggetti e famiglie in cui è presente una persona non autosufficiente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a reperire, nel breve periodo, risorse adeguate per il sociale in generale e per il Fondo per le non autosufficienze in particolare.
9/3778-A/81.Binetti, Nunzio Francesco Testa, De Poli, Capitanio Santolini, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
è stato approvato dalla Camera, il 19 maggio 2010, il testo unificato delle proposte di legge C. 82 e abb., recanti misure in favore dei lavoratori che assistono familiari gravemente disabili;
il provvedimento - che ha visto un lungo e complesso iter approvativo, caratterizzato da un confronto serrato con il Governo, anche sotto il profilo economico e finanziario - ha incontrato l'unanimità dei consensi tra i gruppi parlamentari;
il provvedimento è stato quindi trasmesso al Senato (dove ha assunto il numero S. 2206) e la Commissione Lavoro di quel ramo del Parlamento ne ha avviato l'esame, che si è momentaneamente interrotto in attesa del parere della Commissione Bilancio, la quale ha richiesto una relazione tecnica al Governo;
in esito alla trasmissione della predetta relazione tecnica, sembrano essere sorti nuovi problemi, che invece sembravano ampiamente superati a seguito delle modifiche apportate in Commissione e in Assemblea presso la Camera;
leggendo, tuttavia, la relazione di accompagnamento al disegno di legge di stabilità, si conferma che - ai fini della copertura finanziaria degli oneri recati dal provvedimento - la Tabella A contiene un accantonamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze, diretto proprio a coprire l'approvazione definitiva del progetto di legge;
non sembrerebbero, pertanto, sussistere questioni particolari circa la possibilità di giungere alle definitiva approvazione del testo;
gli interventi previsti dal citato progetto di legge sono ormai indifferibili, trattandosi di andare finalmente incontro alle legittime richieste dei soggetti interessati, che hanno sopportato per una vita intera l'onere di assistenza dei propri familiari disabili e che vedono nell'approvazione del predetto provvedimento un segnale di - sia pur parziale - riconoscimento della loro abnegazione,

impegna il Governo

a confermare con assoluta urgenza, in maniera inequivoca, la copertura finanziaria del provvedimento di cui in premessa - e, se necessario, individuare eventuali risorse alternative a quelle indicate dall'A.S. 2206 - al fine di eliminare ogni ulteriore ostacolo che si pone di fronte alla definitiva approvazione degli interventi in favore dei lavoratori che assistono familiari gravemente disabili.
9/3778-A/82.Delfino, Binetti, Nunzio Francesco Testa, Anna Teresa Formisano, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
è stato approvato dalla Camera, il 19 maggio 2010, il testo unificato delle proposte di legge C. 82 e abb., recanti misure in favore dei lavoratori che assistono familiari gravemente disabili;
il provvedimento - che ha visto un lungo e complesso iter approvativo, caratterizzato da un confronto serrato con il Governo, anche sotto il profilo economico e finanziario - ha incontrato l'unanimità dei consensi tra i gruppi parlamentari;
il provvedimento è stato quindi trasmesso al Senato (dove ha assunto il numero S. 2206) e la Commissione Lavoro di quel ramo del Parlamento ne ha avviato l'esame, che si è momentaneamente interrotto in attesa del parere della Commissione Bilancio, la quale ha richiesto una relazione tecnica al Governo;
in esito alla trasmissione della predetta relazione tecnica, sembrano essere sorti nuovi problemi, che invece sembravano ampiamente superati a seguito delle modifiche apportate in Commissione e in Assemblea presso la Camera;
leggendo, tuttavia, la relazione di accompagnamento al disegno di legge di stabilità, si conferma che - ai fini della copertura finanziaria degli oneri recati dal provvedimento - la Tabella A contiene un accantonamento relativo al Ministero dell'economia e delle finanze, diretto proprio a coprire l'approvazione definitiva del progetto di legge;
non sembrerebbero, pertanto, sussistere questioni particolari circa la possibilità di giungere alle definitiva approvazione del testo;
gli interventi previsti dal citato progetto di legge sono ormai indifferibili, trattandosi di andare finalmente incontro alle legittime richieste dei soggetti interessati, che hanno sopportato per una vita intera l'onere di assistenza dei propri familiari disabili e che vedono nell'approvazione del predetto provvedimento un segnale di - sia pur parziale - riconoscimento della loro abnegazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di confermare con assoluta urgenza, in maniera inequivoca, la copertura finanziaria del provvedimento di cui in premessa - e, se necessario, individuare eventuali risorse alternative a quelle indicate dall'A.S. 2206 - al fine di eliminare ogni ulteriore ostacolo che si pone di fronte alla definitiva approvazione degli interventi in favore dei lavoratori che assistono familiari gravemente disabili.
9/3778-A/82.(Testo modificato nel corso della seduta) Delfino, Binetti, Nunzio Francesco Testa, Anna Teresa Formisano, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
l'attuale crisi economica e finanziaria ha richiesto tempestivamente misure correttive e idonei ed efficaci strumenti di politica economica finalizzati a garantire stabilità al sistema creditizio e a sostenere l'economia reale;
in tale contesto, il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, istituito con l'articolo 2 comma 100, lettera a), della legge n. 662 del 1996, unico fondo nazionale e intersettoriale di garanzia, è uno strumento che ha risposto immediatamente ai requisiti di pronta utilizzazione e di efficacia;
il significativo incremento delle domande pervenute - che è iniziato nel corso del 2009 e si è ulteriormente consolidato nei primi dieci mesi del 2010 - è il risultato di un crescente interesse verso lo strumento anche in ragione delle modifiche normative che hanno interessato il fondo;
tra il 1o gennaio e il 31 ottobre 2010 sono state accolte 40.887 operazioni (+122,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2009), per un volume di finanziamenti pari a euro 7.582,9 milioni (+116,3 per cento) e un importo complessivamente garantito di euro 4.336,1 milioni (+122,7 per cento);
a fronte di tale dinamica, con le attuali disponibilità e le risorse stanziate per il 2011 - risorse FAS (Fondo per le Aree Sottosviluppate) per 270 milioni di euro e versamento di 9,5 milioni di euro da parte degli emittenti degli strumenti finanziari di cui all'articolo 12 del decreto-legge n. 185 del 2008 (cosiddetto «Tremonti Bond») - si rileva una carenza di risorse finanziarie da impegnare per la concessione di nuove garanzie nel corso del prossimo anno,

impegna il Governo

a valutare, previo monitoraggio delle disposizioni in materia del disegno di legge in esame, l'opportunità di adottare iniziative volte a reperire, nel breve periodo, risorse adeguate per il rifinanziamento del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese.
9/3778-A/83.Ruggeri, Anna Teresa Formisano, Ciccanti, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il comma 29 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame incrementa di un miliardo di euro per l'anno 2011 l'autorizzazione di spesa relativa al Fondo sociale per occupazione e formazione;
tale disposizione prevede, inoltre che una quota delle nuove risorse possa essere attribuita alle regioni per le esigenze del trasporto pubblico locale;
questa destinazione avviene con decreti del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con le singole regioni interessate, avendo riguardo alle concrete modalità con le quali le singole regioni concorrono finanziariamente alla concessione di trattamenti di cassa integrazione guadagni, di mobilità e di disoccupazione speciale, secondo quanto stabilito in materia di Fondo sociale europeo con gli accordi tra Stato e regioni del 12 febbraio 2009 e dell'8 aprile 2009;
una tale previsione, se applicata, consentirebbe alle regioni di garantire il trasporto pubblico locale, ma penalizzerebbe l'impiego degli ammortizzatori sociali in un particolare momento di crisi economica;
il trasporto pubblico locale rappresenta, d'altra parte, un'esigenza imprescindibile e non residuale per i cittadini;
come rimarcato dalle regioni è necessario rivedere il taglio operato sul trasferimento dei fondi a valere sulle risorse destinate a finanziare le funzioni assegnate agli enti dal federalismo amministrativo,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a individuare altre voci di finanziamento del trasporto pubblico locale che non incidano su altre destinazioni a carattere sociale;
a valutare altresì l'opportunità, d'intesa con le regioni, di adottare iniziative al fine di una redifinizione dei tagli operati dal Governo con il decreto-legge n. 78 del 2010.
9/3778-A/84.Occhiuto, Ciccanti, Galletti, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di stabilità per il 2011 prevede all'articolo 1, comma 30, in attesa della riforma degli ammortizzatori sociali, la concessione, per l'anno 2011, di trattamenti di cassa integrazione guadagni, di mobilità e di disoccupazione speciale, anche senza soluzione di continuità e con riferimento a settori produttivi e ad aree regionali;
la crisi economica che ha colpito l'Italia dall'ottobre 2008 ha contribuito in modo esponenziale ad evidenziare l'urgenza e la necessità di formalizzare un percorso di riforma degli ammortizzatori sociali;
manca un sistema universale di ammortizzatori sociali, dal momento che l'accesso alle prestazioni di welfare in caso di disoccupazione è differenziato in ragione della tipologia contrattuale, del settore e della dimensione di impresa, dell'età e dell'area dell'individuo;
le indennità sono erogate a chi rispetta determinati requisiti contributivi, restandone pertanto esclusi i neo-entrati nel mercato del lavoro, i giovani in cerca di prima occupazione e i lavoratori autonomi parasubordinati (per i quali non è prevista contribuzione ai fini della protezione dal rischio di disoccupazione), e al termine del periodo di versamento delle indennità non è previsto un sussidio assistenziale per chi non riesca a rientrare nell'occupazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa normativa finalizzata ad introdurre nel nostro ordinamento più adeguate e strutturate forme di ammortizzatori sociali nell'ambito di una più volte annunciata riforma complessiva del sistema delle tutele per i lavoratori.
9/3778-A/85.Poli, Delfino, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
l'attuale assetto della categoria dei magistrati onorari non corrisponde più al modello teorico, in quanto il servizio reso dalle toghe suddette corrisponde invece a una prestazione di lavoro subordinato: questo anche l'orientamento della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione;
la magistratura onoraria non ha, infatti, un ruolo complementare e occasionale, ma anzi svolge una funzione assolutamente fondamentale nel rispondere ad una domanda di giustizia che sempre più massicciamente viene dai cittadini;

sarebbe opportuno assicurare a questi magistrati eque e dignitose retribuzioni, prestazioni di sicurezza sociale che assicurino protezione in caso di maternità, malattia, vecchiaia, nonché ferie retribuite,

impegna il Governo

ad avviare in modo concreto iniziative volte ad una riforma organica che assicuri la stabilizzazione della categoria in questione, in linea con le direttive comunitarie in materia di trattamenti riservati ai giudici onorari, la Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea e la Carta di Strasburgo.
9/3778-A/86.Rao, Ria, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la legge finanziaria in esame riduce le risorse finanziarie previste da assegnare alle missioni per il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare continuando una progressiva e cospicua decurtazione di fondi iniziata da qualche anno e che attesta una riduzione attorno al 60 per cento rispetto all'esercizio 2008;
i dati evidenziano come nei prossimi anni il trend aumenterà riducendo fortemente le risorse disponibili per affrontare tutte le problematiche riguardanti le politiche ambientali del Paese;
le risorse da destinare alle bonifiche, per le attività di controllo e di intervento in mare e per lo sviluppo delle risorse naturali vengono radicalmente tagliate, quasi azzerate;
gli ultimi tragici eventi climatici manifestano, invece, la necessità di un cospicuo impegno di risorse da destinare in particolare per il risanamento e il ripristino delle condizioni di sicurezza sotto il profilo idrogeologico del territorio nazionale;
ogni possibilità di sviluppo e di crescita dell'economia di unse moderno non può essere sostenuta senza essere indirizzata e fondata contemporaneamente alla riduzione degli impatti ambientali,

impegna il Governo

ad assumere iniziative per lo stanziamento di ulteriori risorse da destinare allo sviluppo delle politiche ambientali del Paese in generale e del riassetto idrogeologico del Paese.
9/3778-A/87.Libè, Dionisi, Mondello, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
desta particolare preoccupazione il taglio di 57,2 milioni di euro rispetto alle previsioni assestate per il 2010 del fondo occorrente per gli interventi del Servizio civile nazionale;
con la sentenza storica n. 164 del 24 maggio 1985, la Corte costituzionale riconobbe pari dignità al servizio militare e civile. Entrambi i servizi furono ritenuti modi diversi per realizzare l'unico dovere di difesa della patria sancito dalla Costituzione. Nonostante ciò, i fondi destinati al Servizio civile nazionale istituito nel 2001, e quindi alla difesa non armata e non violenta della patria, sono incomparabilmente minori rispetto a quelli destinati alla difesa armata;
i giovani italiani che chiedono di essere impegnati nelle attività del servizio civile sono sempre molti di più dei progetti che vengono finanziati, ed infatti negli ultimi cinque anni il numero delle posizioni finanziate sono diminuite di oltre il 60 per cento;
vi è il fondato rischio che l'esperienza del servizio civile, apprezzata anche fuori dall'Italia, possa esaurirsi con ricadute negative sui settori dell'assistenza, dell'educazione e della promozione culturale, dell'ambiente e della protezione civile,

impegna il Governo

a monitorare l'attuazione delle disposizioni in materia del disegno di legge in esame, valutando l'opportunità di adottare urgenti iniziative atte a garantire l'operatività del servizio civile, che rappresenta una risorsa fondamentale per il tessuto sociale italiano, un'opportunità di crescita individuale e di gruppo.
9/3778-A/88.Tassone, Mantini, Scanderebech, Ciccanti, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
ammonterebbe a circa 1 miliardo e 200 milioni il totale delle entrate fiscali dovute e non ancora versate alla regione Sardegna;
nonostante le rassicurazioni del Sottosegretario Vegas, che ha previsto un conguaglio per il 2010, si resta ancora lontani d questo previsto dallo statuto speciale;
per il 2010 la giunta regionale aveva previsto un bilancio di circa 7 miliardi, poi ridotto a 6,6 in estate con l'assestamento. I trasferimenti dello Stato, ha confermato il sottosegretario Vegas, sono 4,55 miliardi, con una differenza di oltre 2 miliardi, colmata solo in parte dai 900 milioni di entrate proprie della Regione;
il buco di circa 1.200 milioni si ripercuoterà sui conti 2011, nonostante i 950 milioni in più annunciati dal Governo a conguaglio 2010 (conguaglio, peraltro, promesso ma non erogato),

impegna il Governo

a procedere in tempi brevi all'integrazione delle risorse dovute alla Sardegna, senza la quale verrebbe a configurarsi un'evidente violazione dello statuto della regione Sardegna, oltre a minare la stabilità dei conti regionali, con gravi ripercussioni sulla popolazione su cui graverebbero i costi della perdita di tali entrate.
9/3778-A/89.Mereu, Vaccaro.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
valutate positivamente tutte le disposizioni in esso contenute a favore della lotta all'evasione fiscale;
valutato che occorre porre un freno al fenomeno sempre più diffuso in Italia delle imprese «lampo», che vengono aperte e poi chiuse prima della chiusura del primo esercizio sociale, al fine di evitare il versamento delle imposte e dei contributi previdenziali; le stesse imprese vengono poi riaperte dopo qualche mese da altri personaggi, rendendo, nei fatti, impossibile per l'amministrazione finanziaria l'individuazione degli amministratori responsabili, con conseguente rinuncia a recuperare le imposte ed i contributi dovuti e non versati;
preso atto che le statistiche evidenziano come tale pratica sia condotta in maggior parte da cittadini stranieri, in particolare di nazionalità cinese,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte a prevedere l'introduzione dell'obbligo di presentazione, all'atto dell'apertura della partita Iva da parte di una società o cittadino extracomunitari, di una garanzia fideiussoria bancaria o assicurativa a favore dell'Agenzia delle entrate, al fine di garantire gli eventuali versamenti di imposte e contributi dovuti nell'esercizio dell'attività.
9/3778-A/90.Bitonci, Reguzzoni.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
valutate positivamente tutte le disposizioni in esso contenute a favore della lotta all'evasione fiscale;
preso atto che nell'anno 2011 si prevede un netto incremento del gettito dell'imposta sul valore aggiunto, una crescita del gettito Ire, delle imposte e tasse sugli affari e delle entrate derivanti dai comparti dei monopoli e dei giochi;
considerato che le imprese, soprattutto le medio-piccole, stanno ancora convivendo con gli effetti della crisi economico-finanziaria che ha colpito tutte le economie occidentali e che è per loro fondamentale contare sulle più ampie disponibilità di credito e di cassa per affrontare le situazioni di difficoltà finanziaria;
l'articolo 25 del decreto-legge n. 78 del 2010 ha previsto l'applicazione da parte delle banche e di Poste italiane di una ritenuta d'acconto del 10 per cento sui bonifici disposti in favore delle imprese artigiane nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia o degli interventi per la riqualificazione energetica degli edifici, per i quali spetta la detrazione Irpef;
tale disposizione impone, di fatto, alle imprese un anticipo del versamento delle imposte,

impegna il Governo

ad assumere iniziative volte a rivedere la normativa introdotta con l'articolo 25 del decreto-legge n. 78 del 2010, con il quale si prevede l'applicazione da parte delle banche e di Poste italiane di una ritenuta d'acconto del 10 per cento sui bonifici disposti in favore delle imprese artigiane nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia o degli interventi per la riqualificazione energetica degli edifici, per i quali spetta la detrazione Irpef.
9/3778-A/91.Comaroli, Reguzzoni.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo;
valutata positivamente la volontà del Governo di proseguire nel processo di ottimizzazione delle risorse pubbliche;
considerato che le imprese, soprattutto le medio-piccole, stanno ancora convivendo con gli effetti della crisi economico-finanziaria che ha colpito tutte le economie occidentali e che è per loro fondamentale contare sulle più ampie disponibilità di credito per affrontare le situazioni di difficoltà finanziaria;
valutata la possibilità che gli istituti di credito, a seguito della futura entrata in vigore del nuovo accordo «Basilea 3», avente ad oggetto la patrimonializzazione del sistema bancario, possano ridurre la quantità di credito erogato alle famiglie ed alle imprese, ribaltando, di fatto, i costi dell'adeguamento alla nuova normativa, sui tessuto produttivo del Paese,

impegna il Governo

a tenere costantemente monitorato l'andamento dei tassi di interesse, delle spese e delle commissioni applicate dalle banche alle famiglie ed alle imprese, per impedire che l'accesso al credito venga reso più difficile da un eccessivo inasprimento delle condizioni applicate.
9/3778-A/92.Fugatti, Reguzzoni.

La Camera,
premesso che:
vanno valutate positivamente tutte le disposizioni contenute nel disegno di legge in esame a favore della lotta all'evasione fiscale;
nell'anno 2011 si prevede un netto incremento del gettito dell'imposta sul valore aggiunto;
le imprese, soprattutto le medio-piccole, stanno ancora convivendo con gli effetti della crisi economico-finanziaria che ha colpito tutte le economie occidentali e che è per loro fondamentale contare sulle più ampie disponibilità di credito e di cassa per affrontare le situazioni di difficoltà finanziaria;
in tema di imposta sul valore aggiunto, il meccanismo della compensazione dei debiti/crediti verso l'erario consente alle imprese di non restare esposte a lungo con crediti che, altrimenti, incasserebbero nel medio termine;
le modifiche della normativa interna di territorialità dell'imposta potrebbero generare conseguenze finanziarie negative per le imprese, dal momento che viene limitata la possibilità di compensare l'imposta assolta sugli acquisti in sede di versamento mensile/trimestrale,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere la normativa in materia di imposta sul valore aggiunto, in modo che per le imprese continui ad essere possibile compensare l'imposta assolta sugli acquisti in sede di versamenti infrannuali.
9/3778-A/93.Forcolin.

La Camera,
premesso che:
vanno valutate positivamente tutte le disposizioni contenute nel disegno di legge in esame a favore della lotta all'evasione fiscale;
nell'anno 2011 si prevede un netto incremento del gettito dell'imposta sul valore aggiunto;
le imprese, soprattutto le medio-piccole, stanno ancora convivendo con gli effetti della crisi economico-finanziaria che ha colpito tutte le economie occidentali e che è per loro fondamentale contare sulle più ampie disponibilità di credito e di cassa per affrontare le situazioni di difficoltà finanziaria;
in tema di imposta sul valore aggiunto, il meccanismo della compensazione dei debiti/crediti verso l'erario consente alle imprese di non restare esposte a lungo con crediti che, altrimenti, incasserebbero nel medio termine;
le modifiche della normativa interna di territorialità dell'imposta potrebbero generare conseguenze finanziarie negative per le imprese, dal momento che viene limitata la possibilità di compensare l'imposta assolta sugli acquisti in sede di versamento mensile/trimestrale,

impegna il Governo

ad adottare, in un quadro di compatibilità comunitario, ulteriori iniziative normative volte a rivedere la normativa in materia di imposta sul valore aggiunto, in modo che per le imprese continui ad essere possibile compensare l'imposta assolta sugli acquisti in sede di versamenti infrannuali.
9/3778-A/93.(Testo modificato nel corso della seduta) Forcolin.

La Camera,
premesso che:
vanno valutate positivamente tutte le disposizioni contenute nel disegno di legge in esame a favore della lotta all'evasione fiscale;
il Governo sta attuando un notevole sforzo per fronteggiare la grave crisi che ha colpito tutte le economie occidentali;
le previsioni circa il gettito dell'IRE, dell'IVA e delle altre imposte indirette per l'anno 2011 sono ottimistiche;
i lavoratori stranieri in Italia sono in continua crescita e la quasi totalità dei loro risparmi viene mandata nei loro Paesi di origine per dare sostentamento ai loro familiari, sottraendo, di fatto, tali risorse dal sistema economico-finanziario italiano;

impegna il Governo

a prevedere l'introduzione di un'imposta sui trasferimenti di denaro all'estero effettuati dai cittadini di Paesi extra UE attraverso gli istituti bancari, le agenzie di money transfer e tutti gli altri intermediari finanziari.
9/3778-A/94.Montagnoli, Reguzzoni.

La Camera,
premesso che:
vanno valutate positivamente tutte le disposizioni contenute nel disegno di legge in esame contro il proliferare del gioco illegale, dell'evasione fiscale legata al mondo delle slot, delle VLT e di ogni altra forma di gioco pubblico;
la raccolta in Italia è in continua crescita, tanto che ormai quella dei giochi viene considerata la terza industria italiana per fatturato;
la diffusione sul territorio nazionale dei giochi pubblici sta generando problemi di ordine sociale ed economico, tanto che ormai è generalmente riconosciuta anche nel nostro Paese la figura del giocatore patologico, di quel giocatore, cioè, che aumenta progressivamente la frequenza delle giocate, il tempo trascorso a giocare e le somme spese, arrivando a trascurare le normali attività lavorative e gli affetti familiari,

impegna il Governo

ad utilizzare parte del gettito ottenuto dalla raccolta dei giochi pubblici per implementare nuove e più efficaci campagne di sensibilizzazione al gioco responsabile, coinvolgendo nell'azione le regioni, gli enti locali e le associazioni del privato sociale attive in questo settore.
9/3778-A/95.Polledri, Laura Molteni.

La Camera,
premesso che:
in questi due anni di attività il Governo ha prodotto sforzi per fronteggiare la crisi economico-finanziaria che ha colpito il nostro Paese;
le imprese, soprattutto le medio-piccole, stanno ancora convivendo con gli effetti della crisi e per loro è fondamentale, oltre che contare sulle più ampie disponibilità di credito e di cassa per affrontare le situazioni di difficoltà finanziaria, anche contare sulla certezza dei tempi di pagamento dei loro clienti, soprattutto quando si tratta di pubbliche amministrazioni o aziende della grande distribuzione;
il decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231 ha attuato la direttiva 2000/35/CE, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali e fa si che, per i contratti stipulati dall'8 agosto 2002, i fornitori di merci o servizi non abbiano bisogno di costituire in mora il debitore in ritardo con i pagamenti e prevede che, se il termine per il pagamento non è stabilito nel contratto, gli interessi decorrano, automaticamente, senza che sia necessaria la costituzione in mora, alla scadenza di un termine legale che, per le varie fattispecie individuate, è fissato in trenta giorni; il decreto prevede, per i soli contratti aventi ad oggetto la cessione di prodotti alimentari deteriorabili, che il pagamento del corrispettivo debba essere effettuato entro il termine legale di sessanta giorni dalla consegna o dal ritiro dei prodotti medesimi e gli interessi decorrano automaticamente dal giorno successivo alla scadenza del termine,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative, anche normative, volte a prevedere l'estensione del principio dell'inderogabilità del termine di pagamento e del saggio di interesse a tutti i contratti aventi ad oggetto la cessione di beni o la fornitura di servizi da parte di una micro o piccola impresa.
9/3778-A/96.Bragantini.

La Camera,
premesso che:
molti dei vincitori dei concorsi di accesso alla docenza universitaria, svoltisi ai sensi della legge 3 luglio 1998, n. 210 e successive modificazioni e integrazioni, non hanno ancora potuto prendere servizio a causa dei gravi problemi finanziari in cui versa l'università italiana;
i concorsi di cui sopra hanno riguardato esclusivamente ricercatori e professori associati già in ruolo e, spesso, già confermati che hanno conseguito, rispettivamente, l'idoneità alla seconda e alla prima fascia della docenza universitaria;
negli ultimi anni la gran arte dei suddetti vincitori di concorso sono stati anche oggetto di regolare chiamata da parte delle facoltà di appartenenza e, quindi, la loro presa di servizio è stati ritenuta, a tutti gli effetti, necessaria rispetto alle esigenze didattiche e scientifiche delle facoltà medesime;
molti degli idonei chiamati sono ricercatori e professori associati di età ancora giovane, con brillanti profili curriculari e con rilevanti esperienze didattiche e scientifiche, in Italia e all'estero;
nonostante i ricercatori ed i docenti di cui sopra rappresentino una delle componenti più vitali e brillanti dell'università italiana sono tutti quanti esposti al concreto ed incombente rischio di vedere definitivamente interrotta la loro carriera, in quanto, ad oggi, non hanno potuto prendere servizio per i su richiamati problemi finanziari e le idoneità conseguite tra il 2005 ed il 2006, avendo durata di cinque anni, stanno andando in scadenza inesorabilmente in scadenza;
la situazione di cui sopra, espone l'amministrazione a numerosi contenziosi che, sicuramente, emergeranno alla scadenza delle singole idoneità dei soggetti aventi diritto che - giova evidenziarlo - sono più di mille in Italia, hanno vinto un concorso, sono stati chiamati dalle loro facoltà a ricoprire il posto per il quale hanno conseguito l'idoneità, ma, per cause di forza maggiore (carenza di risorse finanziarie) non hanno potuto prendere servizio,

impegna il Governo

ad adottare con urgenza i provvedimenti necessari per consentire la presa di servizio degli idonei alla docenza di II e I fascia, destinatari di regolare domanda di chiamata da parte delle facoltà di appartenenza e, in ogni caso, a disporre il blocco della decorrenza del periodo di idoneità degli idonei chiamati, alla data della chiamata da parte delle rispettive facoltà e, quindi, a consentire la presa di servizio in qualsiasi momento successivo alla scadenza dell'idoneità medesima, a ciò, prioritariamente, destinando le risorse destinate al turn over.
9/3778-A/97.Goisis, Laura Molteni.

La Camera,
premesso che:
il Governo ha compiuto sforzi per intervenire a tutela del reddito di particolari categorie di lavoratori;
va apprezzato, in particolare, l'ampliamento della platea dei lavoratori collocati in mobilità beneficiari dell'applicazione della normativa previgente al decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni dalla legge n. 122 del 2010 in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici, nonché la previsione che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, possa disporre il prolungamento dell'intervento di tutela del reddito per il periodo di tempo necessario al raggiungimento della decorrenza del trattamento pensionistico;
tuttavia, tale intervento è poco esaustivo della problematica inerente le finestre pensionistiche, in quanto è limitato a coloro che sono stati collocati in mobilità sulla base di accordi stipulati anteriormente al 30 aprile 2010;
va ricordato l'intervento del sussidio straordinario di cui al Messaggio Inps 15953 dell'11 luglio 2008 e 26451 del 26 novembre 2008, rivolto ai lavoratori beneficiari dell'indennità di mobilità ordinaria, per i quali la finestra utile al pensionamento di vecchiaia si apre oltre il termine dell'indennità medesima,

impegna il Governo

ad adottare, compatibilmente con gli impegni di finanza pubblica, strumenti di tutela del reddito per il periodo di tempo intercorrente tra il compimento dell'età per il collocamento a riposo ed il raggiungimento della decorrenza del trattamento pensionistico per tutti i lavoratori privi di occupazione e di ammortizzatori sociali.
9/3778-A/98.Fedriga, Caparini, Munerato, Bonino, Laura Molteni.

La Camera,
premesso che:
nonostante le scelte adottate dal Governo, che hanno permesso di introitare importanti risorse all'erario e di superare meglio di altri Paesi una crisi finanziaria epocale, l'evasione fiscale rimane uno dei mali peggiori perché, oltre a togliere risorse da destinare ai servizi pubblici, è causa di concorrenza sleale nei confronti di chi rispetta le regole;
ciò è ancora più odioso in questo momento in cui numerose famiglie non riescono a far quadrare il proprio bilancio e sono in difficoltà;
l'evasione in Italia è almeno in parte dovuta alla pressione fiscale troppo elevata ben superiore alla media europea;
in questi due anni di legislatura l'azione del Governo nei confronti dell'evasione fiscale è stata incisiva e ha ottenuto buoni risultati,

impegna il Governo

a destinare una parte consistente delle risorse derivanti dalla lotta all'evasione per ridurre le aliquote fiscali.
9/3778-A/99.Follegot, Laura Molteni.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede, dal comma 8 al comma 13, una serie di misure riguardanti le frequenze televisive e i passaggi da compiere prima del passaggio definitivo dalla tv analogica a quella digitale;
il passaggio dalla televisione di tipo analogico al metodo digitale terrestre dovrebbe avvenire definitivamente su tutto il territorio italiano entro il 31 dicembre 2012, così come previsto dal decreto-legge n. 159 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 222 del 2007;
il Ministro per lo sviluppo economico, così come previsto dall'articolo 8-novies, comma 5, del decreto-legge 8 aprile 2008, n.59, convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 2008, n.101, ha fissato un calendario progressivo di transizione per aree regionali o macroregionali per la completa digitalizzazione del territorio italiano;
la nuova tecnologia di trasmissione permette di fruire di un segnale in qualità audio/video superiore rispetto all'analogico e, nelle aree di copertura, di una più ampia scelta di programmi;
nel piano di conversione si prevede che la Rai coprirà circa il 99 per cento della popolazione;
nelle aree non coperte le trasmissioni della concessionaria saranno visibili sulla piattaforma satellitare gratuita italiana Tivùsat costituita da Rai, Mediaset e Telecom Italia Media;
per avere accesso a Tivùsat è necessario installare una parabola satellitare, un decoder e una smart card, con il conseguente costo a carico degli utenti residenti nelle aree non coperte dal segnale terrestre, effettuando, di fatto, una discriminazione;
la transizione alla televisione digitale terrestre persegue anche l'obiettivo dell'abbattimento del cosiddetto «divario digitale» dovuto principalmente all'ubicazione territoriale, in modo da impedire che l'innovazione tecnologica sia fruita in maniera differenziata dai cittadini;
l'articolo 45, comma 2, del decreto legislativo n. 177 del 2005 (Testo unico della radiotelevisione), individua le attività che il servizio pubblico generale radiotelevisivo deve comunque garantire, fra cui la diffusione di tutte le trasmissioni televisive e radiofoniche di pubblico servizio della società concessionaria con copertura integrale del territorio nazionale;
la RAI ha quindi il dovere, a fronte del canone pagato dai cittadini, di garantire il servizio di copertura del segnale anche alle zone antropizzate con basso numero di abitanti, a prescindere dalla vocazione più o meno turistica delle aree e alle valutazioni di tipo economico,

impegna il Governo

ad intraprendere ogni azione necessaria affinché, alla data del passaggio definitivo dalla televisione analogica a quella digitale, la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo garantisca la visibilità delle principali reti nazionali alla totalità degli utenti regolarmente abbonati, prevedendo, a tal fine, anche l'eventuale installazione di parabole satellitari in grado di trasmettere TVSAT, utilizzando per questo scopo le entrate derivanti dal canone, con l'obiettivo di salvaguardare il diritto di accesso alle reti di trasmissione del segnale per la televisione digitale terrestre almeno nella misura in cui lo stesso accesso era prima assicurato dalla televisione analogica senza che lo stesso diritto ponga in capo agli amministratori locali o agli utenti residenti nelle aree non coperte dal segnale digitale terrestre il costo di installazione della parabola.
9/3778-A/100.Gidoni, Caparini.

La Camera,
premesso che:
in data 18 novembre 2010, il Governo ha risposto all'interrogazione Lanzarin 5-03576, in VIII Commissione, in merito alla cooperativa edilizia a proprietà indivisa «La Brianza Società Cooperativa Edilizia s.r.l.» facendo presente che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha in corso approfondimenti in linea di fatto sulle situazioni dei soci dichiarati decaduti dai benefici;
il riesame della posizione di tali soci è comunque reso più complesso dalla mancanza della documentazione probatoria sulla data di effettiva assegnazione, non essendo disponibile il registro dei verbali delle riunioni del consiglio di amministrazione delle cooperative che hanno effettuato le assegnazioni;
il Governo ha concluso rappresentando l'auspicio che, per quel che riguarda l'accertamento dei requisiti dei soci e la definizione dei rapporti con gli istituti di credito relativamente ai contributi statali per leggi anteriori alla legge n. 457 del 1978, si possa giungere ad una definizione automatica per via normativa e in tal senso il Ministero potrà fornire ogni possibile collaborazione,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche di carattere legislativo, per giungere ad una definizione automatica per via normativa della definizione dei rapporti con gli istituti di credito relativamente ai contributi statali assegnati alle cooperative edilizie per leggi anteriori alla legge n. 457 del 1978.
9/3778-A/101.Lanzarin.

La Camera,
premesso che:
la condizione della donna nel nostro Paese attraversa un momento di estrema e particolare difficoltà, sia sul piano dell'occupazione che di una difficoltà crescente nella gestione della vita quotidiana: fra tutti basti il dato che addirittura il 51 per cento delle donne delle donne italiane non ha un lavoro o ha rinunciato a cercarlo;
questo fenomeno, a nostro avviso del tutto sottovalutato, rischia di portare al collasso il sistema del welfare e di riconsegnare le donne all'antico ruolo di «supplenza» dello stato sociale, e di confinare l'Italia a fanalino di coda rispetto agli obiettivi europei di Lisbona;
è altresì allarmante l'attacco alla dignità femminile che passa da rappresentazioni culturali e da modelli lontani anni luce dalla vita vera delle donne italiane, a partire dal sistema dei media nonché l'impressionante crescita della violenza contro le donne, dentro e fuori la famiglia;
a fronte di tutto questo gli interventi pubblici del Governo appaiono del tutto marginali;
l'articolo 51 della Costituzione parla di pari opportunità per gli uomini e per le donne nell'accesso alla vita pubblica, ed è questa la prima ed irriducibile differenza a cui è urgente che l'azione politica del Governo si conformi,

impegna il Governo

ad esplicitare al Parlamento in modo completo e dettagliato la finalizzazione del Fondo per le pari opportunità.
9/3778-A/102.Amici, Argentin, Bellanova, Bernardini, Bindi, Bossa, Braga, Capano, Cardinale, Cenni, Codurelli, Concia, Coscia, De Biasi, De Micheli, De Pasquale, De Torre, D'Antona, D'Incecco, Farina Coscioni, Ferranti, Froner, Garavini, Gatti, Ghizzoni, Gnecchi, Laganà Fortugno, Lenzi, Lo Moro, Madia, Marchioni, Mariani, Mastromauro, Mattesini, Melandri, Merloni, Miotto, Mogherini Rebesani, Mosca, Motta, Murer, Pedoto, Pes, Picierno, Pollastrini, Rampi, Rossa, Rossomando, Rubinato, Samperi, Sbrollini, Schirru, Sereni, Servodio, Siragusa, Livia Turco, Velo, Villecco Calipari, Zampa, Zamparutti, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
a seguito dell'evento sismico del 15 dicembre 2009, che ha colpito l'intero territorio del comune di Marsciano e porzioni di territorio dei comuni di Collazzone, Deruta, Perugia, Magione, Piegaro, Corciano, Panicale, Montecastello di Vibio, San Venanzo, Torgiano, Fratta Todina, il 22 dicembre 2009 è stato dichiarato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, lo stato di emergenza fino al 31 dicembre 2010 a causa dei gravi ed ingenti danni provocati agli edifici privati, al patrimonio storico, artistico e monumentale, tra cui numerosi edifici di culto, alle opere e infrastrutture pubbliche e in particolare all'edilizia scolastica;
la stima dei danni, concordata tra la Protezione civile della Presidenza del Consiglio e la Regione Umbria, ammonta a circa 350 milioni di euro, a fronte dei quali, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3853 del 3 marzo 2010, sono stati finora messi a disposizione del Presidente della Regione, Commissario delegato, soltanto 15 milioni di euro;
la disponibilità di questa somma ha consentito al Commissario delegato di predisporre un piano stralcio di interventi che prevede, oltre alle somme utilizzate o da utilizzare per l'immediata emergenza (assistenza alla popolazione, autonoma sistemazione e edilizia scolastica d'emergenza), pari a circa 6,4 milioni, l'avvio della ricostruzione cosiddetta «leggera» che consentirà di attivare, con le risorse disponibili pari a circa 8,4 milioni, circa 70 interventi;
in assenza di ulteriori provvedimenti, non sarebbe possibile né concludere la ricostruzione «leggera» né tantomeno programmare e avviare la ricostruzione cosiddetta «pesante», il P.I.R. (piano integrato di recupero) di Spina, gli interventi sulle scuole e i beni culturali, comprese le chiese;
il 14 ottobre scorso, prima della presentazione della legge di stabilità, su iniziativa dei parlamentari umbri di maggioranza e opposizione, la Regione Umbria, i sindaci dei comuni interessati dal sisma, i rappresentanti del Comitato terremotati 15 dicembre, hanno incontrato i Presidenti delle Commissioni Bilancio di Camera e Senato ed il Viceministro per rappresentare ed illustrare dell'economia e delle finanze la necessità di garantire adeguate risorse per l'avvio della ricostruzione, sia delle abitazioni private che degli edifici pubblici, delle attività economiche e, in via prioritaria, degli edifici scolastici;
il 9 novembre il Consiglio Regionale dell'Umbria ha approvato all'unanimità una mozione presentata dai capigruppo di tutte le forze politiche riguardante il terremoto del 15 dicembre 2009, che impegna la Giunta a compiere ogni azione utile affinché il Governo possa rapidamente stanziare ulteriori risorse finanziarie al fine di poter adeguatamente affrontare gli interventi conseguenti ai gravi eventi sismici, nonché ad attivarsi per assicurare finanziamenti pluriennali da destinare alla ricostruzione delle zone colpite ed agevolazioni fiscali e contributive per privati ed imprese ed infine a valutare la praticabilità della riduzione delle addizionali regionali, delle imposte regionali e di tasse e tributi di competenza della Regione;
con la legge di stabilità è stata prevista un'autorizzazione di spesa per 3 milioni di euro nell'anno 2011 e 3 milioni per il 2012 ma non è stato possibile individuare stanziamenti più consistenti e pluriennali al fine di poter adeguatamente affrontare gli interventi conseguenti ai gravi eventi sismici e garantire in tempi certi la ricostruzione,

impegna il Governo:

a prorogare quanto prima lo stato d'emergenza così come richiesto dalla Regione Umbria anche per consentire l'utilizzazione delle risorse già assegnate;
a convocare al più presto un tavolo di lavoro nazionale a cui chiamare a partecipare la regione Umbria, gli enti locali interessati, il Dipartimento della protezione civile nazionale e il Ministero dell'economia e delle finanze finalizzato ad individuare il percorso più congruo per garantire, con il primo provvedimento utile, stanziamenti pluriennali attraverso i quali consentire, da parte della Regione Umbria, la contrazione dei mutui necessari per realizzare la ricostruzione cosiddetta «pesante».
9/3778-A/103.Sereni, Bocci, Girlanda, Gozi, Laffranco, Luciano Rossi, Speciale, Trappolino, Verini.

La Camera,
premesso che:
nel provvedimento in esame risulta una diminuzione delle risorse destinate a finanziare il Fondo Nazionale per il Servizio Civile. Nel 2011 saranno stanziati 112.995.000 di euro rispetto ai 170.261.000 previsti nella finanziaria 2010. L'assegnazione finanziaria del 2011 rimarrà invariata anche per gli anni 2012 e 2013;
il decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77, recante «Disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell'articolo 2 della legge 6 marzo 2001, n. 64 (GU n. 99 del 29-4-2002)», al comma 2 dell'articolo 4, stabilisce che l'Ufficio Nazionale per il Servizio Civile elabora una (o programmazione annuale in cui si stabilisce «c) la quota di risorse del Fondo da destinare ai compensi dei giovani destinati alla realizzazione dei progetti approvati in ambito regionale d) la quota di risorse del Fondo da destinare ai compensi dei giovani destinati alla realizzazione dei progetti approvati in ambito interregionale, nazionale o all'estero»;
la Relazione al Parlamento dell'Ufficio Nazionale per il Servizio Civile per l'anno 2009 recante «Relazione sull'organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del servizio civile» evidenzia come al 31 dicembre 2009 agli albi regionali di servizio civile siano iscritti 3.494 enti, rispetto ai 143 iscritti all'albo nazionale;
da un comunicato ufficiale emesso dall'Ufficio Nazionale per il Servizio Civile, in data 22 marzo 2010, risulta che nel 2010 gli enti iscritti agli albi regionali e nazionale hanno presentato complessivamente 6.580 progetti, di cui 2.533 presentati dagli enti iscritti all'albo nazionale e ben 4.047 presentati dagli enti iscritti agli albi regionali;
nonostante la prevalenza di richieste avanzate dagli enti iscritti agli albi regionali, il documento relativo alla «Programmazione finanziaria per l'anno 2010» dell'Ufficio Nazionale per il Servizio Civile, dopo aver individuato in 18.000 unità il numero di volontari avviabili al servizio civile relativamente ai progetti presentati dagli enti di servizio civile nell'anno 2010, stabilisce che il «54 per cento del contingente riguarderà volontari da assegnare a progetti approvati in ambito nazionale agli Enti iscritti all'Albo nazionale, mentre il restante 46 per cento riguarderà volontari da assegnare a progetti approvati in ambito regionale, agli Enti iscritti agli Albi regionali»;
risulta quindi evidente la disparità di trattamento riservata agli enti iscritti agli albi regionali, disparità in netto contrasto con quel che emerge dai dati ufficiali sul fondamento dell'istituto del servizio civile;
tale immotivata e irrazionale disparità potrebbe ulteriormente aggravarsi nell'anno 2011, alla luce della diminuzione della disponibilità di risorse sopra evidenziata. Ciò sarebbe a tutti gli effetti in contrasto con le linee generali di Governo, volte a sostenere non solo le realtà di piccole e medie dimensioni legate al territorio e gli enti locali, ma anche la capacità di governo del territorio da parte di Regioni e Province Autonome;
a ciò si aggiunge il fatto che la suddivisione delle risorse a favore degli enti iscritti all'albo nazionale nell'anno 2010 risulta in contrasto con quanto indicato nel ODG in Assemblea sul disegno di legge di bilancio 9/2936-A/239, accettato a suo tempo dal Governo,

impegna il Governo

a garantire che per l'anno 2011 la ripartizione del Fondo Nazionale per il Servizio Civile [così come definito alla Tabella C, Ministero dell'economia e delle finanze, missione Organi costituzionali, a rilevanza costituzionale e Presidenza del consiglio dei ministri, programma presidenza del Consiglio dei ministri, voce legge n. 230 del 1998: Nuove norme in materia di obiezione di coscienza - articolo 19: Fondo nazionale per il servizio civile (21.3. - Oneri comuni di parte corrente - cap. 2185)], sia tale per cui almeno il 60 per cento del Fondo sia destinato al contingente di volontari da assegnare a progetti approvati in ambito regionale e di provincia autonoma, e quindi agii enti iscritti agli Albi Regionali e di Provincia Autonoma.
9/3778-A/104.Rivolta, Laura Molteni.

La Camera,
premesso che:
nel provvedimento in esame risulta una diminuzione delle risorse destinate a finanziare il Fondo Nazionale per il Servizio Civile. Nel 2011 saranno stanziati 112.995.000 di euro rispetto ai 170.261.000 previsti nella finanziaria 2010. L'assegnazione finanziaria del 2011 rimarrà invariata anche per gli anni 2012 e 2013;
il decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77, recante «Disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell'articolo 2 della legge 6 marzo 2001, n. 64 (GU n. 99 del 29-4-2002)», al comma 2 dell'articolo 4, stabilisce che l'Ufficio Nazionale per il Servizio Civile elabora una (o programmazione annuale in cui si stabilisce «c) la quota di risorse del Fondo da destinare ai compensi dei giovani destinati alla realizzazione dei progetti approvati in ambito regionale d) la quota di risorse del Fondo da destinare ai compensi dei giovani destinati alla realizzazione dei progetti approvati in ambito interregionale, nazionale o all'estero»;
la Relazione al Parlamento dell'Ufficio Nazionale per il Servizio Civile per l'anno 2009 recante «Relazione sull'organizzazione, sulla gestione e sullo svolgimento del servizio civile» evidenzia come al 31 dicembre 2009 agli albi regionali di servizio civile siano iscritti 3.494 enti, rispetto ai 143 iscritti all'albo nazionale;
da un comunicato ufficiale emesso dall'Ufficio Nazionale per il Servizio Civile, in data 22 marzo 2010, risulta che nel 2010 gli enti iscritti agli albi regionali e nazionale hanno presentato complessivamente 6.580 progetti, di cui 2.533 presentati dagli enti iscritti all'albo nazionale e ben 4.047 presentati dagli enti iscritti agli albi regionali;
nonostante la prevalenza di richieste avanzate dagli enti iscritti agli albi regionali, il documento relativo alla «Programmazione finanziaria per l'anno 2010» dell'Ufficio Nazionale per il Servizio Civile, dopo aver individuato in 18.000 unità il numero di volontari avviabili al servizio civile relativamente ai progetti presentati dagli enti di servizio civile nell'anno 2010, stabilisce che il «54 per cento del contingente riguarderà volontari da assegnare a progetti approvati in ambito nazionale agli Enti iscritti all'Albo nazionale, mentre il restante 46 per cento riguarderà volontari da assegnare a progetti approvati in ambito regionale, agli Enti iscritti agli Albi regionali»;
risulta quindi evidente la disparità di trattamento riservata agli enti iscritti agli albi regionali, disparità in netto contrasto con quel che emerge dai dati ufficiali sul fondamento dell'istituto del servizio civile;
tale immotivata e irrazionale disparità potrebbe ulteriormente aggravarsi nell'anno 2011, alla luce della diminuzione della disponibilità di risorse sopra evidenziata. Ciò sarebbe a tutti gli effetti in contrasto con le linee generali di Governo, volte a sostenere non solo le realtà di piccole e medie dimensioni legate al territorio e gli enti locali, ma anche la capacità di governo del territorio da parte di Regioni e Province Autonome;
a ciò si aggiunge il fatto che la suddivisione delle risorse a favore degli enti iscritti all'albo nazionale nell'anno 2010 risulta in contrasto con quanto indicato nel ODG in Assemblea sul disegno di legge di bilancio 9/2936-A/239, accettato a suo tempo dal Governo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di garantire che per l'anno 2011 la ripartizione del Fondo Nazionale per il Servizio Civile [così come definito alla Tabella C, Ministero dell'economia e delle finanze, missione Organi costituzionali, a rilevanza costituzionale e Presidenza del consiglio dei ministri, programma presidenza del Consiglio dei ministri, voce legge n. 230 del 1998: Nuove norme in materia di obiezione di coscienza - articolo 19: Fondo nazionale per il servizio civile (21.3. - Oneri comuni di parte corrente - cap. 2185)], sia tale per cui almeno il 60 per cento del Fondo sia destinato al contingente di volontari da assegnare a progetti approvati in ambito regionale e di provincia autonoma, e quindi agii enti iscritti agli Albi Regionali e di Provincia Autonoma.
9/3778-A/104.(Testo modificato nel corso della seduta) Rivolta, Laura Molteni.

La Camera,
premesso che:
in attuazione del decreto-legge n. 39 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2009, nel mese di aprile 2009 sono stati emanati vari provvedimenti che hanno prima sospeso e poi prorogato sino al 30 giugno 2010 i pagamenti di tasse e contributi per le popolazioni colpite dal sisma del 6 aprile 2009;
nel mese di luglio 2010 dopo due consistenti manifestazioni di cittadini avvenute a L'Aquila e a Roma e dopo numerose proteste unitarie promosse dai sindaci dei comuni colpiti dal sisma, dalle forze imprenditoriali, sociali e produttive del territorio è stato prorogato al 1o gennaio 2011 l'avvio della restituzione di quanto sospeso fino al 30 giugno 2010, lasciando invariata la data del 30 giugno per la fine della sospensione della tasse e dei contributi correnti escludendo solo i titolari da reddito di impresa o di lavoro autonomo con volume di affari non superiore ai 200.000 euro;
il 29 luglio 2010 il Governo ha accolto, senza alcuna condizione, l'ordine del giorno 9/3638/229 che lo impegnava a predisporre le misure necessarie per prevedere nei confronti dei cittadini colpiti dal sisma del 6 Aprile 2009 lo stesso trattamento riservato ai cittadini delle Marche, dell'Umbria e del Molise colpiti dal terremoto o dei cittadini di Alessandria colpiti dall'alluvione;
dal 1o gennaio 2011 i cittadini colpiti dal sisma dovranno cominciare a restituire le somme sospese;
le condizioni previste per la restituzione di quanto sospeso ai cittadini aquilani colpiti dal sisma sono completamente diverse da quanto previsto per le popolazioni colpite da altre calamità naturali poiché nessuno ha dovuto restituire il 100 per cento di quanto sospeso dopo appena 20 mesi,

impegna il Governo

a concretizzare, nel primo provvedimento utile, quanto si è impegnato a fare accogliendo l'ordine del giorno 9/3638/229 del 29 luglio 2010 prevedendo per i cittadini colpiti dal sisma del 6 aprile 2009 lo stesso trattamento riservato ai cittadini delle Marche, dell'Umbria e del Molise colpiti dal terremoto o dei cittadini di Alessandria colpiti dall'alluvione, cominciando col rimandare l'avvio della restituzione di quanto sospeso dal 1o gennaio 2011 al 1o gennaio 2012.
9/3778-A/105.Lolli, Toto, Di Stanislao, Mantini, Catone, D'Incecco, Ginoble, Tenaglia, Livia Turco, De Pasquale, Strizzolo, Castellani, Pelino, De Angelis.

La Camera,
premesso che:
in attuazione del decreto-legge n. 39 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 77 del 2009, nel mese di aprile 2009 sono stati emanati vari provvedimenti che hanno prima sospeso e poi prorogato sino al 30 giugno 2010 i pagamenti di tasse e contributi per le popolazioni colpite dal sisma del 6 aprile 2009;
nel mese di luglio 2010 dopo due consistenti manifestazioni di cittadini avvenute a L'Aquila e a Roma e dopo numerose proteste unitarie promosse dai sindaci dei comuni colpiti dal sisma, dalle forze imprenditoriali, sociali e produttive del territorio è stato prorogato al 1o gennaio 2011 l'avvio della restituzione di quanto sospeso fino al 30 giugno 2010, lasciando invariata la data del 30 giugno per la fine della sospensione della tasse e dei contributi correnti escludendo solo i titolari da reddito di impresa o di lavoro autonomo con volume di affari non superiore ai 200.000 euro;
il 29 luglio 2010 il Governo ha accolto, senza alcuna condizione, l'ordine del giorno 9/3638/229 che lo impegnava a predisporre le misure necessarie per prevedere nei confronti dei cittadini colpiti dal sisma del 6 Aprile 2009 lo stesso trattamento riservato ai cittadini delle Marche, dell'Umbria e del Molise colpiti dal terremoto o dei cittadini di Alessandria colpiti dall'alluvione;
dal 1o gennaio 2011 i cittadini colpiti dal sisma dovranno cominciare a restituire le somme sospese;
le condizioni previste per la restituzione di quanto sospeso ai cittadini aquilani colpiti dal sisma sono completamente diverse da quanto previsto per le popolazioni colpite da altre calamità naturali poiché nessuno ha dovuto restituire il 100 per cento di quanto sospeso dopo appena 20 mesi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di concretizzare, nel primo provvedimento utile, quanto si è impegnato a fare accogliendo l'ordine del giorno 9/3638/229 del 29 luglio 2010 prevedendo per i cittadini colpiti dal sisma del 6 aprile 2009 lo stesso trattamento riservato ai cittadini delle Marche, dell'Umbria e del Molise colpiti dal terremoto o dei cittadini di Alessandria colpiti dall'alluvione, cominciando col rimandare l'avvio della restituzione di quanto sospeso dal 1o gennaio 2011 al 30 giugno 2011.
9/3778-A/105.(Testo modificato nel corso della seduta) Lolli, Toto, Di Stanislao, Mantini, Catone, D'Incecco, Ginoble, Tenaglia, Livia Turco, De Pasquale, Strizzolo, Castellani, Pelino, De Angelis.

La Camera,
premesso che:
la legge 15 luglio 2003, n. 189, ha attribuito al Comitato Italiano Paralimpico (CIP), compiti di promozione dell'attività sportiva tra le persone disabili e di riconoscimento e coordinamento di tutte le organizzazioni sportive per disabili;
l'articolo 1, comma 580, della legge del 23 dicembre 2005 n. 266, ha previsto per il CIP un contributo di 500.000 euro per ciascuno degli anni 2006, 2007 e 2008, per la promozione della pratica sportiva di base e agonistica;
l'articolo 2, comma 568, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, riconoscendone la funzione di fiore all'occhiello del nostro Paese e di esperienza all'avanguardia in Europa per la promozione e il sostegno all'attività sportiva per i disabili, ha destinato al movimento paralimpico un fondo di 2 milioni di euro per l'anno 2008 e di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010;
il provvedimento in esame, invece, non destina alcuna risorsa al CIP. L'evidente conseguenza di questo definanziamento è l'impossibilità per il Comitato sostenere le proprie attività quotidiane e di programmare quelle internazionali,

impegna il Governo

a considerare tra le proprie priorità il sostegno all'attività del Comitato Italiano Paralimpico rifinanziando, nel primo provvedimento utile, il fondo destinato al suo sostegno.
9/3778-A/106.Argentin, Lolli, Porcu, Di Centa, Barbaro, Concia.

La Camera,
premesso che:
gli istituti culturali, di cui alla legge 17 ottobre 1996, n. 534, contribuiscono attivamente all'attività culturale del nostro Paese;
gli istituti culturali oltre a promuovere importanti attività di ricerca, dispongono di un rilevante patrimonio bibliografico, sviluppano attività di catalogazione e applicazioni informatiche, finalizzate alla costruzione di basi di dati e di immagini che costituiscono strumenti significativi per le attività di programmazione dei Ministeri competenti nei settori dei beni culturali e della ricerca scientifica;
dal provvedimento in esame si registra una riduzione dei finanziamenti agli enti e agli istituti culturali (capp. 3670, 3671), che può portare alla chiusura di molti istituti culturali che svolgono attività fondamentali,

impegna il Governo

a prevedere, in sede di discussione del primo provvedimento utile, l'incremento delle risorse necessarie a garantire la continuità delle attività svolte dai prestigiosi istituti culturali.
9/3778-A/107.Ghizzoni, Bachelet, Nicolais, Coscia, De Biasi, Levi, De Pasquale, De Torre, Lolli, Mazzarella, Melandri, Siragusa, Rossa, Pes, Antonino Russo, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la stabilizzazione, a tempo pieno, dei lavoratori LSU, «Co.Co.Co.» ed ex LSU in cooperativa è ormai questione urgentissima;
il servizio oggi svolto e garantito da oltre 25 mila lavoratori che svolgono funzioni ausiliarie tecniche e amministrative per 3.500 scuole pubbliche è a serio rischio;
il provvedimento in esame stanzia 375 milioni di euro in un fondo unico sotto la voce «interventi di carattere sociale» successivamente da ripartire con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri,

impegna il Governo

ad individuare, in sede di approvazione del suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, le opportune risorse finanziarie che consentano la stabilizzazione, a tempo pieno, dei lavoratori socialmente utili, «Co.Co.Co.» e ex LSU in cooperativa.
9/3778-A/108.Siragusa, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la stabilizzazione, a tempo pieno, dei lavoratori LSU, «Co.Co.Co.» ed ex LSU in cooperativa è ormai questione urgentissima;
il servizio oggi svolto e garantito da oltre 25 mila lavoratori che svolgono funzioni ausiliarie tecniche e amministrative per 3.500 scuole pubbliche è a serio rischio;
il provvedimento in esame stanzia 375 milioni di euro in un fondo unico sotto la voce «interventi di carattere sociale» successivamente da ripartire con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare, in sede di approvazione del suddetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, le opportune risorse finanziarie che consentano la stabilizzazione, a tempo pieno, dei lavoratori socialmente utili, «Co.Co.Co.» e ex LSU in cooperativa.
9/3778-A/108.(Testo modificato nel corso della seduta) Siragusa, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
le misure presenti nel provvedimento in esame non sono all'altezza delle necessità del settore dello spettacolo e annullano l'obiettivo di fare del sistema culturale uno degli elementi fondamentali dello sviluppo del nostro Paese e della sua civiltà;
nel provvedimento in esame non è presente alcuno sforzo per ridurre almeno in parte lo stato di disagio, ormai al limite della crisi dello spettacolo;
nel programma Sostegno, valorizzazione e tutela del settore dello spettacolo, con stanziamento in conto competenza pari a 298,6 milioni di euro (-153,3 milioni di euro, rispetto al dato assestato 2010), gli stanziamenti per il Fondo unico per lo spettacolo (FUS) con 262,9 milioni di euro sono ridotti del 36,6 per cento. Tali cifre renderanno impossibile l'attività della prosa della musica, della danza, delle fondazioni lirico sinfoniche, dei circhi e dello spettacolo viaggiante degli artisti di strada. Per la prima volta è concreto il rischio di chiusura di molte e prestigiose attività di spettacolo dal vivo, parte rilevante della cultura del nostro Paese;
si rileva, altresì, la grave assenza di agevolazioni in favore della filiera cinematografica e in particolare, il mancato rinnovo delle misure di tax credit e tax shelter, (introdotte dal governo Prodi con la legge n. 244 del 2007, finanziaria 2008), che negli ultimi anni hanno prodotto risultati per l'erario per l'occupazione e per gli investimenti dei privati,

impegna il Governo

ad attuare una politica a sostegno del settore dello spettacolo come impresa culturale produttiva del Paese e a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a individuare risorse aggiuntive e a rinnovare agevolazioni in favore della filiera cinematografica come ad esempio le misure di tax credit e tax shelter.
9/3778-A/109.De Biasi, Ghizzoni, Bachelet, Nicolais, Coscia, Levi, De Pasquale, De Torre, Lolli, Mazzarella, Melandri, Siragusa, Rossa, Pes, Antonino Russo, Strizzolo, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
per essere in linea con le indicazione dell'Unione Europea, come previsto dall'Accordo tra Governo, Regioni, Province, Comuni e Comunità Montane, approvato dalla Conferenza Unificata il 2 marzo 2000, sarebbe necessario costruire nel nostro Paese un «sistema integrato di istruzione, formazione e lavoro, con gli obiettivi prioritari di recuperare i bassi livelli di istruzione e formazione, quale premessa per lo sviluppo formativo e l'inserimento lavorativo; di offrire opportunità educative ai cittadini adulti per l'acquisizione di conoscenze e di competenze funzionali di base nei diversi campi per il pieno esercizio del diritto di cittadinanza»;
l'offerta formativa dell'istruzione pubblica per gli adulti non solo va riorganizzata, ma potenziata per colmare i ritardi accumulati dal nostro Paese nella costruzione del sistema integrato finalizzato a promuovere l'apprendimento durante tutto l'arco della vita e per affrontare in modo efficace alcune criticità come l'elevato rischio alfabetico, come testimoniano alcuni dati: analfabetismo funzionale e di ritorno per 2 milioni di cittadini fra i 46 e i 65 anni; il 19,3 per cento dei giovani tra i 18 e i 24 anni privo di diploma o di qualifica e fuori da ogni circuito formativo;
a questi dati vanno aggiunte le difficoltà di inserimento di un numero sempre più crescente di immigrati regolari nel nostro Paese, circa 5 milioni, per i quali l'apprendimento della lingua italiana costituisce un presupposto fondamentale per favorirne la piena integrazione;
lo schema di regolamento recante norme generali per la ridefinizione dell'assetto organizzativo didattico dei centri di istruzione per gli adulti, ivi compresi i corsi serali, approvato in Commissione Cultura, è privo del necessario respiro strategico richiesto dall'Europa ed è fortemente limitato dai vincoli imposti dai drastici tagli lineari stabiliti con l'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, che comportano, per il settore dell'istruzione per gli adulti, un taglio agli organici del personale di ben 2.097 unità, con una ricaduta drammaticamente negativa sulla quantità e qualità dell'offerta formativa assicurata fin qui dai Centri Territoriali Permanenti e dai Corsi Serali;
il provvedimento in esame prevedendo un taglio di circa 8 milioni di euro all'istruzione postsecondaria, degli adulti e al programma istruzione lavoro, si allontana dalle linee europee,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative volte a garantire alla popolazione adulta, anche immigrata, un maggiore livello di istruzione, al fine di rispondere ai nuovi fabbisogni di istruzione indotti dalle rapide trasformazioni in atto della struttura demografica della popolazione.
9/3778-A/110.De Pasquale, Ghizzoni, Bachelet, Nicolais, Coscia, De Biasi, Levi, De Torre, Lolli, Mazzarella, Melandri, Siragusa, Rossa, Pes, Antonino Russo, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la Corte di Appello di Perugia è competente a giudicare sui procedimenti penali che coinvolgono magistrati in servizio nel Distretto della Corte di Appello di Roma e dei ricorsi della «legge Pinto» relativi all'irragionevole durata dei processi civili e penali del medesimo distretto;
il carico di lavoro conseguente è notevole per quantità e difficoltà dei giudizi e a fronte di ciò l'organico della magistratura e del personale amministrativo della Corte di Appello di Perugia è assolutamente sottodimensionato e insufficiente,

impegna il Governo

ad adottare i necessari provvedimenti per far fronte definitivamente alla situazione denunciata.
9/3778-A/111.Bocci, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la Corte di Appello di Perugia è competente a giudicare sui procedimenti penali che coinvolgono magistrati in servizio nel Distretto della Corte di Appello di Roma e dei ricorsi della «legge Pinto» relativi all'irragionevole durata dei processi civili e penali del medesimo distretto;
il carico di lavoro conseguente è notevole per quantità e difficoltà dei giudizi e a fronte di ciò l'organico della magistratura e del personale amministrativo della Corte di Appello di Perugia è assolutamente sottodimensionato e insufficiente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare i necessari provvedimenti per far fronte definitivamente alla situazione denunciata.
9/3778-A/111.(Testo modificato nel corso della seduta) Bocci, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
con il Programma delle infrastrutture strategiche (Allegato alla Decisione di finanza pubblica) il Governo ha indicato quali politiche e quali risorse intende attivare per la realizzazione delle infrastrutture strategiche nazionali confermando che non ha, ancora una volta, intenzione di puntare sullo sviluppo infrastrutturale dell'Italia quale elemento chiave della capacità di crescita del Paese;
uno degli elementi di maggiore gravità appare la drastica riduzione delle spese per investimenti: nel Programma si afferma chiaramente che le risorse pubbliche necessarie per dare avvio e continuità alle scelte strategiche definite nel prossimo triennio ammontano a circa 64 miliardi, mentre le risorse potenzialmente recuperabili sono pari a circa 19 miliardi sbloccati da vecchi progetti ritenuti non più prioritari;
nel prossimo triennio, secondo le dichiarazioni dello stesso Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, servirebbero, in ogni caso, altri 50 miliardi di euro da reperire mediante l'intervento di soggetti privati. In sostanza il quadro delineato dal Governo appare molto ambizioso, ma mancano le risorse per portarlo avanti e c'è il rischio che vengano avviati molti più interventi di quanti non sia possibile realmente portare a compimento;
emerge un grave ritardo che accomuna vicende simili dal Nord al Sud del Paese che non viene in alcun modo colmato dai documenti di bilancio al nostro esame; le dotazioni infrastrutturali - in particolare nelle aree sottoutilizzate - devono essere adeguate alla media europea e integrate con le nuove reti di trasporto dell'Unione e, per questo, sono necessarie ingenti risorse, che possono essere reperite ed attivate attraverso un virtuoso intreccio tra maggiore disponibilità di finanziamenti pubblici, una più efficiente capacità di spesa delle amministrazioni pubbliche locali e la partecipazione di partner privati,

impegna il Governo:

a garantire adeguati finanziamenti pubblici per opere essenziali e prioritarie che non possono essere finanziate mediante ricorso alle risorse dei privati;
a valutare altresì quali opere possano essere realizzate con finanziamento totale (project finance) o parziale (corporate finance) a carico dei privati, valutando il grado di rilevanza imprenditoriale dei progetti di investimento, in relazione alla capacità di ottenere dalla gestione dell'opera un flusso di cassa sufficiente a rimborsare i prestiti e ad assicurare una remunerazione adeguata al capitale investito;
a migliorare la capacità di spesa delle amministrazioni per attrarre capitali privati nella realizzazione di infrastrutture di rilevanza imprenditoriale;
a ridurre i tempi dei procedimenti amministrativi e di realizzazione delle opere, a sviluppare e diffondere la tecnica della finanza di progetto prevedendo, tra le riforme sostanziali e non rinviabili, un apposito provvedimento con innovazioni normative su questioni essenziali, ed in particolare:
modifica ed integrazione della disciplina dei contratti, allo scopo di favorire il montaggio dei progetti finanziabili da privati dal punto di vista tecnico, giuridico, finanziario, e la definizione di tutti gli accordi negoziali principali, in modo che sia pienamente tutelato l'interesse pubblico nella realizzazione e nella gestione dell'infrastruttura;
rafforzamento ed estensione delle competenze dell'Unità tecnica di finanza di progetto, istituita d con la legge n. 144 del 1999, allo scopo di prevedere che questa possa operare come task force di assistenza tecnica alle amministrazioni territoriali e locali, per il montaggio dei progetti, per l'attrazione di risorse private per il finanziamento di infrastrutture, e per l'accelerazione dei procedimenti necessari alla realizzazione delle opere;
introduzione di disposizioni normative utili a ripartire in modo ottimale il rischio e a tutelare le pubbliche amministrazioni coinvolte, definendo impegni contrattuali e responsabilità;
rafforzamento dei contratti di servizio, allo scopo di conseguire maggiori livelli di efficienza nella gestione dei pubblici servizi, senza ingiustificati aumenti di tariffe o di prezzi amministrati.
9/3778-A/112.Viola, Iannuzzi, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Marantelli, Margiotta, Marassut, Motta, De Pasquale, Strizzolo, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
con il Programma delle infrastrutture strategiche (Allegato alla Decisione di finanza pubblica) il Governo ha indicato quali politiche e quali risorse intende attivare per la realizzazione delle infrastrutture strategiche nazionali confermando che non ha, ancora una volta, intenzione di puntare sullo sviluppo infrastrutturale dell'Italia quale elemento chiave della capacità di crescita del Paese;
uno degli elementi di maggiore gravità appare la drastica riduzione delle spese per investimenti: nel Programma si afferma chiaramente che le risorse pubbliche necessarie per dare avvio e continuità alle scelte strategiche definite nel prossimo triennio ammontano a circa 64 miliardi, mentre le risorse potenzialmente recuperabili sono pari a circa 19 miliardi sbloccati da vecchi progetti ritenuti non più prioritari;
nel prossimo triennio, secondo le dichiarazioni dello stesso Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, servirebbero, in ogni caso, altri 50 miliardi di euro da reperire mediante l'intervento di soggetti privati. In sostanza il quadro delineato dal Governo appare molto ambizioso, ma mancano le risorse per portarlo avanti e c'è il rischio che vengano avviati molti più interventi di quanti non sia possibile realmente portare a compimento;
emerge un grave ritardo che accomuna vicende simili dal Nord al Sud del Paese che non viene in alcun modo colmato dai documenti di bilancio al nostro esame; le dotazioni infrastrutturali - in particolare nelle aree sottoutilizzate - devono essere adeguate alla media europea e integrate con le nuove reti di trasporto dell'Unione e, per questo, sono necessarie ingenti risorse, che possono essere reperite ed attivate attraverso un virtuoso intreccio tra maggiore disponibilità di finanziamenti pubblici, una più efficiente capacità di spesa delle amministrazioni pubbliche locali e la partecipazione di partner privati,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di garantire adeguati finanziamenti pubblici per opere essenziali e prioritarie che non possono essere finanziate mediante ricorso alle risorse dei privati;
a valutare altresì quali opere possano essere realizzate con finanziamento totale (project finance) o parziale (corporate finance) a carico dei privati, valutando il grado di rilevanza imprenditoriale dei progetti di investimento, in relazione alla capacità di ottenere dalla gestione dell'opera un flusso di cassa sufficiente a rimborsare i prestiti e ad assicurare una remunerazione adeguata al capitale investito;
a migliorare la capacità di spesa delle amministrazioni per attrarre capitali privati nella realizzazione di infrastrutture di rilevanza imprenditoriale;
a ridurre i tempi dei procedimenti amministrativi e di realizzazione delle opere, a sviluppare e diffondere la tecnica della finanza di progetto prevedendo, tra le riforme sostanziali e non rinviabili, un apposito provvedimento con innovazioni normative su questioni essenziali, ed in particolare:
modifica ed integrazione della disciplina dei contratti, allo scopo di favorire il montaggio dei progetti finanziabili da privati dal punto di vista tecnico, giuridico, finanziario, e la definizione di tutti gli accordi negoziali principali, in modo che sia pienamente tutelato l'interesse pubblico nella realizzazione e nella gestione dell'infrastruttura;
rafforzamento ed estensione delle competenze dell'Unità tecnica di finanza di progetto, istituita d con la legge n. 144 del 1999, allo scopo di prevedere che questa possa operare come task force di assistenza tecnica alle amministrazioni territoriali e locali, per il montaggio dei progetti, per l'attrazione di risorse private per il finanziamento di infrastrutture, e per l'accelerazione dei procedimenti necessari alla realizzazione delle opere;
introduzione di disposizioni normative utili a ripartire in modo ottimale il rischio e a tutelare le pubbliche amministrazioni coinvolte, definendo impegni contrattuali e responsabilità;
rafforzamento dei contratti di servizio, allo scopo di conseguire maggiori livelli di efficienza nella gestione dei pubblici servizi, senza ingiustificati aumenti di tariffe o di prezzi amministrati.
9/3778-A/112.(Testo modificato nel corso della seduta) Viola, Iannuzzi, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Marantelli, Margiotta, Marassut, Motta, De Pasquale, Strizzolo, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
l'edilizia residenziale pubblica dal 2007 non riceve nuove risorse pubbliche per investimenti in alloggi sociali e per la ristrutturazione e la riqualificazione del patrimonio esistente;
la domanda di alloggi «sociali» si sta allargando a dismisura fino a ricomprendere categorie e famiglie che fino a poco tempo fa non potevano essere definite in condizione di bisogno: il problema abitativo riguarda oggi non solo gli indigenti, ma anche una parte consistente delle famiglie con reddito medio-basso che non hanno i requisiti per ottenere un alloggio a canone sociale, né un reddito sufficiente per sostenere un affitto di mercato o accendere un mutuo;
appare evidente l'esigenza di accelerare la realizzazione di alloggi sociali e di ampliare l'offerta di abitazioni in affitto a canoni «sostenibili»;
le risorse indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 luglio 2009, di attuazione del piano nazionale di edilizia abitativa, sono pari a 150 milioni di euro per la costituzione di un sistema di Fondi immobiliari per alloggi sociali, e a 200 milioni di euro per la realizzazione di interventi di competenza dell'edilizia residenziale pubblica o dei Comuni; si tratta, in entrambi i casi, di risorse già previste dal precedente Governo nel programma straordinario di edilizia residenziale pubblica approvato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 28 dicembre 2007; si registra, peraltro, una netta decurtazione di fondi; nel programma straordinario citato i fondi inizialmente stanziati erano infatti pari a 550 milioni di euro; nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del luglio 2009 nessun finanziamento è previsto per l'incremento del patrimonio di edilizia residenziale pubblica;
per fronteggiare la scarsità di risorse degli enti di edilizia residenziale pubblica per nuovi investimenti e manutenzione del patrimonio residenziale, appare urgente quantomeno alleggerire il prelievo fiscale che grava su detti enti, sia mediante detassazione del reddito da canoni di edilizia residenziale pubblica, sia mediante riduzione del prelievo che grava sugli introiti derivanti da alienazione degli alloggi sociali, sia mediante incentivi fiscali al recupero e alla riqualificazione degli alloggi;
gli enti di edilizia residenziale pubblica ex IACP comunque denominati, subiscono tuttora un'imposizione diretta e indiretta del tutto equivalente a quella che incide sull'edilizia privata a destinazione abitativa; tali enti sono pertanto costretti a coprire con gli esigui canoni sociali - pari, in media, a circa 75 euro - tutti i costi, compreso l'ingente prelievo fiscale, come un'impresa che opera sul libero mercato e beneficia di introiti da locazione e da vendita di immobili residenziali dal mercato liberamente determinati;
gli Enti proprietari di alloggi sociali devono affrontare spese molto elevate per la manutenzione del patrimonio, in molti casi fortemente degradato e non adeguato ai regolamenti edilizi e alle norme sulla sicurezza, e per interventi necessari all'assegnazione degli alloggi a nuovi inquilini e conseguenti ad occupazioni abusive;
gli Istituti autonomi case popolari ex IACP comunque denominati o trasformati sono soggetti IRES ai sensi dell'articolo 73, comma 1, lettera b) del TUIR e, come tali, esclusi dalla possibilità di fruire della detrazione sulla ristrutturazione del patrimonio edilizio del 36 per cento, riservata unicamente agli immobili ad uso abitativo in proprietà di soggetti Irpef; parimenti, risultano esclusi anche dal beneficio delle detrazioni del 55 per cento sulle riqualificazioni energetiche, in quanto gli alloggi sociali sono fiscalmente classificati come «beni merce» (e come tali esclusi dalle agevolazioni sulle riqualificazioni energetiche che sono riservate agli immobili residenziali o strumentali); nonostante l'emergenza abitativa renda necessario recuperare, per la locazione sociale, almeno 30.000 alloggi nell'immediato, ora non abitabili - anche in vista dell'imminente scadenza del blocco degli sfratti - gli enti proprietari e gestori non possono pertanto beneficiare di alcuna agevolazione fiscale per il recupero e la riqualificazione di tali alloggi,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di assumere iniziative di incentivazione fiscale per l'edilizia residenziale pubblica che prevedano:
I) riduzioni del prelievo Ires gravante sugli enti di edilizia residenziale pubblica;
II) l'esenzione dall'IRAP, limitatamente agli ex IACP, alle cooperative edilizie e agli altri soggetti che operano nell'ambito dell'housing sociale, dei contributi pubblici che vengono erogati all'edilizia residenziale sociale;
III) il contenimento del prelievo IVA per le transazioni relative alla costruzione e all'acquisizione di fabbricati da destinare all'edilizia residenziale pubblica a canoni sociali;
a valutare l'opportunità di estendere le agevolazioni fiscali previste per il recupero e la riqualificazione delle abitazioni dei privati, con la detrazione del 36 per cento per interventi di ristrutturazione edilizia e con la detrazione del 55 per cento per interventi di riqualificazione energetica, anche alle spese sostenute, per interventi analoghi, dagli enti che hanno in proprietà o gestiscono alloggi di edilizia residenziale pubblica a canone sociale.
9/3778-A/113.Morassut, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Motta, Viola, De Pasquale, Strizzolo, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la tutela del nostro territorio rappresenta un interesse prioritario della collettività e un impegno del Governo e delle amministrazioni territoriali non più rinviabile; gli eventi alluvionali del mese di novembre dimostrano che il dissesto idrogeologico continua a determinare gravi perdite di vite umane, la distruzione di interi paesi, di attività industriali, artigianali, commerciali ed agricole; delle reti necessarie per servizi pubblici essenziali, l'inquinamento e la compromissione di equilibri territoriali precari, con costi elevatissimi per il bilancio dello stato, per la collettività, per l'economia nazionale;
il fabbisogno stimato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per la messa in sicurezza complessiva del territorio italiano dal rischio idrogeologico ammonta a 44 miliardi di euro: 27 per il Centro Nord, 13 per il Sud e 4 per il territorio costiero;
in questi ultimi anni le risorse iscritte a bilancio dal Governo Berlusconi per sostenere questa grande opera di prevenzione e difesa del suolo sono del tutto incongrue rispetto al fabbisogno, e in molti casi risultano gravemente insufficienti anche a fronteggiare l'emergenza;
il 26 gennaio 2010 la Camera dei deputati ha approvato una mozione unitaria che impegnava il Governo a presentare ed a dotare delle opportune risorse pluriennali il piano nazionale straordinario per il rischio idrogeologico; ad oggi nessuna indicazione è formalmente pervenuta al Parlamento da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare circa l'assegnazione delle risorse finanziarie né in merito alla definizione del piano nazionale per la difesa del suolo;
la legge finanziaria 2010 ha destinato, ai piani straordinari per rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico, 1 miliardo di euro, risorse che ad oggi risultano solo parzialmente assegnate alle regioni con cui il Ministero ha già siglato un accordo di programma;
le ultime vicende, di dissesto idrogeologico che hanno interessato il nostro Paese evidenziano la necessità di programmare con adeguate risorse la gestione ordinaria della difesa del suolo, ulteriore rispetto al piano straordinario previsto con la legge finanziaria 2010, stabilendo le priorità di intervento e di messa in sicurezza del territorio che, in accordo con le regioni interessate, individui le soluzioni più adeguate per attuare una efficace politica di prevenzione,

impegna il Governo:

a favorire un rapido e pieno utilizzo delle risorse assegnate dalla legge finanziaria 2010 attraverso la sottoscrizione degli accordi di programma con tutte le regioni a rischio idrogeologico;
a dare immediata attuazione ad un Piano nazionale straordinario per la difesa del suolo, con risorse certe ed adeguate, in particolare per iniziative di medio e lungo termine di prevenzione e riduzione del rischio idrogeologico;
a rendere immediatamente operativi i piani straordinari di emergenza e i piani stralcio di distretto per la tutela dal rischio idrogeologico ai sensi dell'articolo 67 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cosiddetto Codice ambientale) garantendo modalità di gestione degli interventi pubblici - sia per quanto riguarda la programmazione, sia per quanto riguarda l'emergenza - chiari, stabili ed efficaci, anche per evitare di ricorrere a gestioni commissariali che si sottraggono alla necessaria pianificazione concordata e gestiscono fondi fuori bilancio;
a completare il riassetto della governance prevista dal decreto legislativo n. 152 del 2006, evitando la frammentazione di competenze, soggetti e strumenti che appesantiscono, rendendolo meno efficiente, il sistema di prevenzione, programmazione e gestione degli interventi.
9/3778-A/114.Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, De Pasquale, Strizzolo, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la tutela del nostro territorio rappresenta un interesse prioritario della collettività e un impegno del Governo e delle amministrazioni territoriali non più rinviabile; gli eventi alluvionali del mese di novembre dimostrano che il dissesto idrogeologico continua a determinare gravi perdite di vite umane, la distruzione di interi paesi, di attività industriali, artigianali, commerciali ed agricole; delle reti necessarie per servizi pubblici essenziali, l'inquinamento e la compromissione di equilibri territoriali precari, con costi elevatissimi per il bilancio dello stato, per la collettività, per l'economia nazionale;
il fabbisogno stimato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per la messa in sicurezza complessiva del territorio italiano dal rischio idrogeologico ammonta a 44 miliardi di euro: 27 per il Centro Nord, 13 per il Sud e 4 per il territorio costiero;
in questi ultimi anni le risorse iscritte a bilancio dal Governo Berlusconi per sostenere questa grande opera di prevenzione e difesa del suolo sono del tutto incongrue rispetto al fabbisogno, e in molti casi risultano gravemente insufficienti anche a fronteggiare l'emergenza;
il 26 gennaio 2010 la Camera dei deputati ha approvato una mozione unitaria che impegnava il Governo a presentare ed a dotare delle opportune risorse pluriennali il piano nazionale straordinario per il rischio idrogeologico; ad oggi nessuna indicazione è formalmente pervenuta al Parlamento da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare circa l'assegnazione delle risorse finanziarie né in merito alla definizione del piano nazionale per la difesa del suolo;
la legge finanziaria 2010 ha destinato, ai piani straordinari per rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico, 1 miliardo di euro, risorse che ad oggi risultano solo parzialmente assegnate alle regioni con cui il Ministero ha già siglato un accordo di programma;
le ultime vicende, di dissesto idrogeologico che hanno interessato il nostro Paese evidenziano la necessità di programmare con adeguate risorse la gestione ordinaria della difesa del suolo, ulteriore rispetto al piano straordinario previsto con la legge finanziaria 2010, stabilendo le priorità di intervento e di messa in sicurezza del territorio che, in accordo con le regioni interessate, individui le soluzioni più adeguate per attuare una efficace politica di prevenzione,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di favorire un rapido e pieno utilizzo delle risorse assegnate dalla legge finanziaria 2010 attraverso la sottoscrizione degli accordi di programma con tutte le regioni a rischio idrogeologico;
a dare immediata attuazione ad un Piano nazionale straordinario per la difesa del suolo, con risorse certe ed adeguate, in particolare per iniziative di medio e lungo termine di prevenzione e riduzione del rischio idrogeologico;
a rendere immediatamente operativi i piani straordinari di emergenza e i piani stralcio di distretto per la tutela dal rischio idrogeologico ai sensi dell'articolo 67 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (cosiddetto Codice ambientale) garantendo modalità di gestione degli interventi pubblici - sia per quanto riguarda la programmazione, sia per quanto riguarda l'emergenza - chiari, stabili ed efficaci, anche per evitare di ricorrere a gestioni commissariali che si sottraggono alla necessaria pianificazione concordata e gestiscono fondi fuori bilancio;
a completare il riassetto della governance prevista dal decreto legislativo n. 152 del 2006, evitando la frammentazione di competenze, soggetti e strumenti che appesantiscono, rendendolo meno efficiente, il sistema di prevenzione, programmazione e gestione degli interventi.
9/3778-A/114.(Testo modificato nel corso della seduta) Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, De Pasquale, Strizzolo, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
dall'esame della manovra di bilancio 2011 emerge un quadro preoccupante della strategia del Governo in materia di politiche abitative; in particolare, si profila, con evidenza, l'assenza di qualsiasi iniziativa per fronteggiare l'emergenza abitativa, nonostante sia imminente la scadenza, al 31 dicembre, della proroga degli sfratti;
la decisione di bilancio 2011-2013 - diversamente da quanto avveniva negli anni scorsi - nell'allegato infrastrutture, non reca alcun capitolo o alcun riferimento programmatico alle politiche abitative; viceversa, nei documenti di bilancio e, in modo mediato, nel «collegato» decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, vi è una significativa riduzione di risorse, in particolare per gli enti locali e territoriali, che sono i principali enti gestori delle iniziative a sostegno dei soggetti disagiati e delle politiche abitative;
nel Bilancio, nella Tabella n. 10 (Stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per l'anno finanziario 2011) la missione 19 (Casa e assetto urbanistico) subisce una decurtazione, che raggiunge, in termini percentuali, quasi il 34 per cento;
la manovra 2011 opera un drastico e insostenibile taglio sul Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione: il cosiddetto «fondo affitti» di cui all'articolo 11, comma 1, della legge n. 431 del 1998, avrà risorse del tutto insufficienti al fabbisogno per tutto il prossimo triennio: la «previsione» è di 33,55 milioni di euro per il 2011, 33,9 milioni di euro per il 2012 e 14,3 milioni di euro per il 2013; il netto taglio del Fondo affitti evidenziato, in particolare, nel Bilancio di previsione è l'effetto della riduzione operata sulle risorse delle regioni a statuto ordinario dal citato decreto-legge n. 78 del 2010 approvato l'estate scorsa e che ha «anticipato» la manovra 2011;
il Fondo affitti è, tuttora, il principale sostegno alla locazione dei soggetti a medio-basso reddito; il Fondo eroga contributi ai conduttori - privati - a basso reddito per il pagamento dei canoni di locazione, mentre le regioni ed i comuni - che hanno subìto, pressoché integralmente, la manovra del citato decreto-legge n. 78 del 2010 - dovrebbero integrare con propri fondi tali esigue risorse;
il taglio, rispetto alle disponibilità degli anni precedenti, è ingente ed insostenibile: lo stesso Fondo aveva una «dotazione» di oltre 335 milioni nel 2001 che, dieci anni dopo, a fronte di bisogni ben superiori, risulta ridotta al 10 per cento dello stanziamento 2001 e che consentirebbe di soddisfare solo il 15 per cento delle domande previste;
a fronte di tale indebolimento delle politiche abitative si assiste ad un incremento esponenziale del numero di sfratti per morosità che hanno raggiunto il 90 per cento dei provvedimenti di sfratto emessi,

impegna il Governo:

ad adottare ulteriori iniziative, anche normative, volte a:
reintegrare il Fondo affitti con adeguate risorse a soddisfare le richieste di contributi;
finanziare con fondi certi, costanti nel tempo, e commisurati al fabbisogno, in particolare dei comuni ad alta tensione abitativa, le politiche abitative e gli investimenti negli alloggi sociali;
a valutare l'opportunità di incentivare le iniziative degli enti locali che adottano misure di sostegno ai cittadini che si trovano in condizioni di morosità incolpevole contribuendo concretamente al mantenimento degli alloggi.
9/3778-A/115.Braga, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296), ai commi 1110-1115 dell'articolo 1 ha istituito il Fondo rotativo per Kyoto stabilendo che, entro tre mesi dall'entrata in vigore della Finanziaria, avrebbero dovuto essere stabilite le modalità di erogazione dei finanziamenti per il triennio 2007-2009;
solamente il 25 novembre 2008 il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha emanato il decreto che stabilisce le modalità di erogazione dei finanziamenti a tasso agevolato, pubblicato in Gazzetta Ufficiale soltanto il 21 aprile 2009 (supplemento ordinario n. 58 alla Gazzetta Ufficiale n. 92);
il decreto richiede una circolare applicativa da emanarsi entro 60 giorni dalla sua entrata in vigore, che non è stata ancora emanata;
il provvedimento stanzia complessivamente 600 milioni di euro (erano previsti 200 milioni di euro l'anno per il triennio 2007-2009); i campi d'azione cui erano assegnati i finanziamenti sono i seguenti: microgenerazione diffusa, rinnovabili, motori elettrici, usi finali, protossido di azoto, ricerca, gestione forestale sostenibile;
i potenziali destinatari dei finanziamenti sono: imprese, privati, fondazioni, associazioni, enti pubblici, condomini,

impegna il Governo:

a emanare, senza ulteriore indugio, la circolare applicativa di cui in premessa, al fine di «sbloccare» le risorse stanziate per dare un efficace impulso al settore delle energie rinnovabili, dell'efficienza energetica, della ricerca e della corretta gestione delle risorse forestali;
a rafforzare l'azione del Governo in campo ambientale, colmando in primo luogo i gravissimi ritardi fin qui accumulati rispetto alla piena attuazione dell'accordo di Kyoto, individuando nuove risorse da destinare alle politiche di riduzione delle emissioni climalteranti, stimolando la crescita delle energie rinnovabili, sia nelle applicazioni civili che in quelle industriali, incrementando gli interventi per l'efficientamento energetico degli edifici pubblici e privati, mettendo in atto iniziative di sostegno al settore automobilistico, con misure in grado di incentivare la produzione di auto a basso impatto ambientale, l'utilizzo di tecnologie verdi e il sostegno a progetti di auto a idrogeno o elettriche, avviando iniziative volte al potenziamento della rete di distribuzione del metano per autotrazione ad uso pubblico e privato, prevedendo, altresì, incentivi ad enti pubblici e a società commerciali che intendano realizzare impianti di distribuzione di metano.
9/3778-A/116.Margiotta, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Morassut, Motta, Viola, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296), ai commi 1110-1115 dell'articolo 1 ha istituito il Fondo rotativo per Kyoto stabilendo che, entro tre mesi dall'entrata in vigore della Finanziaria, avrebbero dovuto essere stabilite le modalità di erogazione dei finanziamenti per il triennio 2007-2009;
solamente il 25 novembre 2008 il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha emanato il decreto che stabilisce le modalità di erogazione dei finanziamenti a tasso agevolato, pubblicato in Gazzetta Ufficiale soltanto il 21 aprile 2009 (supplemento ordinario n. 58 alla Gazzetta Ufficiale n. 92);
il decreto richiede una circolare applicativa da emanarsi entro 60 giorni dalla sua entrata in vigore, che non è stata ancora emanata;
il provvedimento stanzia complessivamente 600 milioni di euro (erano previsti 200 milioni di euro l'anno per il triennio 2007-2009); i campi d'azione cui erano assegnati i finanziamenti sono i seguenti: microgenerazione diffusa, rinnovabili, motori elettrici, usi finali, protossido di azoto, ricerca, gestione forestale sostenibile;
i potenziali destinatari dei finanziamenti sono: imprese, privati, fondazioni, associazioni, enti pubblici, condomini,

impegna il Governo:

a emanare, senza ulteriore indugio, la circolare applicativa di cui in premessa, al fine di «sbloccare» le risorse stanziate per dare un efficace impulso al settore delle energie rinnovabili, dell'efficienza energetica, della ricerca e della corretta gestione delle risorse forestali;
a rafforzare l'azione del Governo in campo ambientale, colmando in primo luogo i ritardi fin qui accumulati rispetto alla piena attuazione dell'accordo di Kyoto, individuando nuove risorse da destinare alle politiche di riduzione delle emissioni climalteranti, stimolando la crescita delle energie rinnovabili, sia nelle applicazioni civili che in quelle industriali, incrementando gli interventi per l'efficientamento energetico degli edifici pubblici e privati, mettendo in atto iniziative di sostegno al settore automobilistico, con misure in grado di incentivare la produzione di auto a basso impatto ambientale, l'utilizzo di tecnologie verdi e il sostegno a progetti di auto a idrogeno o elettriche, avviando iniziative volte al potenziamento della rete di distribuzione del metano per autotrazione ad uso pubblico e privato, prevedendo, altresì, incentivi ad enti pubblici e a società commerciali che intendano realizzare impianti di distribuzione di metano.
9/3778-A/116.(Testo modificato nel corso della seduta) Margiotta, Mariani, Realacci, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Morassut, Motta, Viola, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il rilancio del settore strategico delle telecomunicazioni e l'innovazione e modernizzazione della rete di telecomunicazioni italiana, una infrastruttura di fondamentale importanza per l'Italia, sono potenti fattori di crescita della produttività e di sviluppo di ogni altro settore dell'economia, ovvero di competitività complessiva del Paese;
nella recente audizione congiunta Camera e Senato sulle prospettive delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni, il Commissario europeo alle Telecomunicazioni, Neelie Kroes, ha chiaramente denunciato il ritardo dell'Italia in tale settore affermando che è urgente per il nostro Paese mettersi al livello degli altri paesi europei sull'utilizzo degli strumenti telematici;
in particolare il Commissario europeo ha ribadito l'importanza dell'Agenda digitale sviluppata dalla Commissione europea, in virtù del suo valore economico che sarà pari a 1000 miliardi di euro per ogni anno di Pil europeo; il prezzo più caro del ritardo nazionale sarà a carico delle piccole e medie imprese che stanno concedendo un vantaggio competitivo alle imprese estere che hanno connessioni molto più veloci;
risulta fondamentale partecipare attivamente all'attuazione dell'Agenda digitale centrando gli obiettivi che prevedono per il 2013 la banda larga di base per tutti e al 2020 la banda larga veloce al fine di creare un mercato unico digitale;
servono, quindi, investimenti per lo sviluppo del settore a cominciare dalla effettiva disponibilità delle risorse promesse per lo sviluppo della banda larga e mai erogate; è urgente che gli 800 milioni già riservati alla banda larga siano spesi tra il 2010 e il 2013, così come è opportuno che gli introiti derivanti dell'asta sulle frequenze che si liberano nel passaggio dall'analogico al digitale siano in parte destinate allo sviluppo delle infrastrutture a banda larga e non spesi in altri settori;
al contrario di quanto auspicato anche dal Commissario, il Governo non solo non ha ancora stanziato le risorse promesse per colmare il digital divide in Italia ma ora si impossessa anche delle risorse provenienti dallo stesso settore, senza reinvestire nella banda larga neanche un euro;
il Commissario aveva infatti commentato l'inserimento dell'asta nella legge di stabilità come una buona notizia presupponendo che essa prevedesse anche che una parte dei proventi fossero reinvestiti proprio per lo sviluppo del digitale;
a fronte di un Paese che galleggia drammaticamente da mesi nell'incertezza di investimenti pubblici, con gli 800 milioni per la banda larga dirottati su altri obiettivi, e nell'assenza di iniziativa pubblica per quanto riguarda le risorse messe in campo dagli operatori di telecomunicazioni che si stanno dotando di progetti per lo sviluppo delle reti di nuova generazione, il Governo appare ancora una volta in ritardo e in controtendenza rispetto alle esigenze di sviluppo di un settore che consentirebbe, come indicato dagli studi dell'Ocse, al Pil nazionale di aumentare di 1,5 punti percentuali, circa 25 miliardi di euro, solo grazie agli investimenti in banda larga;
è urgente che il Governo si impegni al massimo al fine di rispettare le scadenze indicate dall'Unione europea, che ci chiede di garantire l'accesso veloce ad internet entro il 2013, e dare una risposta concreta alle esigenze delle imprese e degli italiani che trovano un freno insopportabile nell'attuale digital divide che colpisce allo stesso modo il nord ed il sud del Paese,

impegna il Governo:

ad adottare le ulteriori opportune iniziative volte a:
reinvestire un terzo delle risorse ricavate dall'asta sulle frequenze nel settore delle telecomunicazioni, in particolare, su interventi tesi a combattere il digital divide e a promuovere la diffusione della banda larga;
dare finalmente seguito all'impegno di stanziare gli 800 milioni di euro previsti dal decreto-legge n. 78 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009, per il finanziamento delle nuove reti tecnologiche a banda larga.
9/3778-A/117.Meta, Velo, Lovelli, Fiano, Boffa, Bonavitacola, Cardinale, Gasbarra, Gentiloni Silveri, Ginefra, Laratta, Pierdomenico Martino, Giorgio Merlo, Tullo, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
una adeguata politica dei trasporti, delle infrastrutture e della mobilità rappresenta un potente fattore di crescita della produttività e di sviluppo di ogni altro settore dell'economia, ovvero di competitività complessiva del Paese;
le politiche del Governo sulla mobilità - sia persone, che merci - sono del tutto insoddisfacenti e sbilanciate sugli investimenti in infrastrutture che stimolano il trasporto su gomma, e appare paradossale e poco credibile la «presa di coscienza» - affermata negli ultimi documenti programmatici - della necessità di investire in modo rilevante su misure per ridurre lo squilibrio modale, su forme di mobilità sostenibile e su misure per potenziare il trasporto pubblico collettivo, sia in ambito prettamente urbano, sia per quanto riguarda il cosiddetto «pendolarismo», fenomeno che caratterizza marcatamente le grandi aree urbane;
l'enorme costo della congestione urbana (10 miliardi di euro nel 2009), il costo della congestione nel trasporto merci (56 miliardi di euro), il costo, economico e sociale, dell'incidentalità in ambito urbano (2200 morti nell'ultimo anno), i costi sanitari di un modello inadeguato di mobilità urbana (con il superamento dei valori limiti di inquinamento in 62 capoluoghi di provincia per un numero di giorni di gran lunga più elevato di quanto preveda la normativa comunitaria: 54 giorni a fronte dei 35 stabiliti dalla direttiva UE) e i costi energetici, con un quinto del consumo energetico globale del Paese dovuto alla mobilità in ambito urbano, non hanno determinato, fino ad ora, una inversione di tendenza nelle politiche del Governo che destina alle politiche della mobilità pubblica risorse decisamente insufficienti dopo averle irresponsabilmente diminuite, con la manovra economica della scorsa estate (decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010) che ha ridotto del 15 per cento il budget destinato al trasporto pubblico locale ed in particolare ha tagliato i fondi del trasporto ferroviario regionale per un importo pari a 1.200 milioni di euro;
mentre si riducono drasticamente i servizi essenziali per i cittadini, contestualmente si aumenta il costo della mobilità sia con l'incremento delle tariffe autostradali sia con l'introduzione di nuovi pedaggi; il Governo ha infatti aumentato le tariffe dei pedaggi delle tratte autostradali e raccordi gestiti da ANAS stimando, nell'Allegato infrastrutture, un maggior gettito pari a 4,5 miliardi nel triennio, di cui 3,8 miliardi dai nuovi pedaggiamenti del Sud e 700 dai nuovi pedaggiamenti del Nord; si apprende, così, che i cittadini italiani si pagheranno le opere pubbliche infrastrutturali di rilevanza nazionale di tasca propria;
la penalizzazione per le tasche degli italiani è notevole: i cittadini italiani non hanno un servizio di trasporto pubblico adeguato agli standard europei e pertanto sono costretti a ricorrere ai mezzi privati per percorrere strade che, con le nuove tariffe, avranno pedaggi più cari, mentre sui beni di consumo si traslerà l'effetto inflazionistico che i nuovi pedaggi determineranno sul trasporto merci su gomma che in Italia rappresenta la modalità prevalente di trasporto di tali beni;
nelle politiche del Governo sono, quindi, del tutto assenti le necessarie misure di sostegno economico ai pendolari: secondo i dati CENSIS, i pendolari in Italia sono oltre 13 milioni (pari al 22,2 per cento della popolazione residente); di questi il 14,8 per cento - circa due milioni di persone - utilizza normalmente il treno, come unico mezzo di trasporto o in combinazione con altri mezzi, per spostarsi in ambito locale e metropolitano;
gli utenti dei servizi di trasporto pubblico locale, in gran parte, rappresentano quella fascia di cittadinanza che più delle altre risente degli effetti della crisi economica; nella manovra 2011 non è prevista alcuna agevolazione fiscale per l'acquisto di abbonamenti mensili ed annuali ai servizi di trasporto pubblico urbano e ferroviario, una che misura scaduta il 31 dicembre 2009, non è stata più prorogata nonostante le insistenti pressioni dei gruppi di opposizione,

impegna il Governo:

ad adottare le opportune iniziative volte a:
predisporre un piano di investimenti mirato al rafforzamento del servizio di trasporto pubblico locale e al concreto sviluppo delle reti metropolitane con un investimento annuale pari almeno ad 1 miliardo di euro;
focalizzare le risorse su un numero limitato di interventi, con l'obiettivo di ridurre considerevolmente l'inaccettabile divario esistente tra Nord e Sud nelle infrastrutture dei trasporti e negli standard del servizio di trasporto pubblico collettivo;
contenere il costo del trasporto pubblico che grava sulle famiglie mediante la detrazione dall'imposta lorda ai fini IRPEF, per le spese sostenute, per l'acquisto di ciascun abbonamento ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale ed interregionale.
9/3778-A/118.Lovelli, Meta, Velo, Fiano, Boffa, Bonavitacola, Cardinale, Gasbarra, Gentiloni Silveri, Ginefra, Laratta, Pierdomenico Martino, Giorgio Merlo, Tullo, De Pasquale, Strizzolo, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
nel sistema economico italiano l'agroalimentare rappresenta uno dei maggiori comparti produttivi, offrendo un bacino occupazionale insostituibile, specie nel Mezzogiorno e nelle aree più marginali, e al tempo stesso assicura la gestione di oltre 14 milioni di ettari di terreni ed il presidio di un territorio ben più ampio;
l'attuale situazione dell'economia e il dibattito sulla riforma della PAC evidenziano nuove sfide ed opportunità per il settore che può continuare ad offrire un contributo rilevante al rilancio economico ed allo sviluppo dei territori italiani;
in tale contesto assumono un'importanza strategica le misure connesse al rilancio degli investimenti, dell'innovazione e della ricerca e le misure per agevolare il ricambio generazionale quale componente avanzata e qualificata nel quadro di una politica agricola nazionale tesa a sviluppare un sistema agroalimentari di qualità capace di competere a livello mondiale;
muovendo da tali considerazioni nel 2007 è stato istituito un apposito Fondo per lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile in agricoltura con una dotazione di 50 milioni di euro per il quinquennio 2007-2011;
tale dotazione rappresentava, nelle intenzioni del legislatore, un primo passo per porre come centrale la questione dell'imprenditorialità giovanile in agricoltura;
in realtà la questione è stata pian piano abbandonata e i relativi finanziamenti o non sono stati spesi oppure sono stati rimodulati al ribasso dirottando le risorse su altri interventi estranei alla finalità del ricambio generazionale;
così è stato per l'anno 2009, il cui stanziamento è stato ridotto da 10 a 5 milioni di euro senza peraltro che siano stati emanati i bandi per utilizzare le residue risorse, così è per l'anno 2010, che reca uno stanziamento di competenza pari a soli 4,986 milioni di euro ancora del tutto inutilizzati,

impegna il Governo

a predisporre i necessari interventi affinché le risorse già stanziate per il ricambio generazionale delle imprese agricole vengano utilizzate mediante appositi bandi e a ridare centralità alla questione dell'imprenditorialità giovanile in agricoltura sia attraverso l'immissione nel sistema di nuove risorse sia attraverso innovazioni legislative che consentano un effettivo ricambio generazionale nelle imprese agricole.
9/3778-A/119.Trappolino, Cenni, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
nel sistema economico italiano l'agroalimentare rappresenta uno dei maggiori comparti produttivi, offrendo un bacino occupazionale insostituibile, specie nel Mezzogiorno e nelle aree più marginali, e al tempo stesso assicura la gestione di oltre 14 milioni di ettari di terreni ed il presidio di un territorio ben più ampio;
l'attuale situazione dell'economia e il dibattito sulla riforma della PAC evidenziano nuove sfide ed opportunità per il settore che può continuare ad offrire un contributo rilevante al rilancio economico ed allo sviluppo dei territori italiani;
in tale contesto assumono un'importanza strategica le misure connesse al rilancio degli investimenti, dell'innovazione e della ricerca e le misure per agevolare il ricambio generazionale quale componente avanzata e qualificata nel quadro di una politica agricola nazionale tesa a sviluppare un sistema agroalimentari di qualità capace di competere a livello mondiale;
muovendo da tali considerazioni nel 2007 è stato istituito un apposito Fondo per lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile in agricoltura con una dotazione di 50 milioni di euro per il quinquennio 2007-2011;
tale dotazione rappresentava, nelle intenzioni del legislatore, un primo passo per porre come centrale la questione dell'imprenditorialità giovanile in agricoltura;
in realtà la questione è stata pian piano abbandonata e i relativi finanziamenti o non sono stati spesi oppure sono stati rimodulati al ribasso dirottando le risorse su altri interventi estranei alla finalità del ricambio generazionale;
così è stato per l'anno 2009, il cui stanziamento è stato ridotto da 10 a 5 milioni di euro senza peraltro che siano stati emanati i bandi per utilizzare le residue risorse, così è per l'anno 2010, che reca uno stanziamento di competenza pari a soli 4,986 milioni di euro ancora del tutto inutilizzati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di predisporre i necessari interventi affinché le risorse già stanziate per il ricambio generazionale delle imprese agricole vengano utilizzate mediante appositi bandi e a ridare centralità alla questione dell'imprenditorialità giovanile in agricoltura sia attraverso l'immissione nel sistema di nuove risorse sia attraverso innovazioni legislative che consentano un effettivo ricambio generazionale nelle imprese agricole.
9/3778-A/119.(Testo modificato nel corso della seduta) Trappolino, Cenni, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
l'agricoltura italiana vive un momento di grave crisi che necessita di un impegno più deciso rispetto a quello che si è fatto in questo primo scorcio di legislatura;
la crisi ha prodotto quattro effetti principali: una diminuzione dei prezzi agricoli e del fatturato delle imprese; un peggioramento sensibile del margine di filiera; un allargamento della forbice tra prezzi al consumo e prezzi agricoli alla produzione e, ancora, una diminuzione dei redditi;
i dati Eurostat certificano che il reddito agricolo reale per ogni singolo lavoratore nel 2009 ha subito una diminuzione del 25 per cento rispetto al 2008. La contrazione dei redditi in Europa è stata del 12 per cento, quindi l'Italia ha un record negativo, superiore del doppio rispetto alla media europea; anche la situazione del credito in agricoltura è notevolmente peggiorata: il tasso di crescita tendenziale del credito nel settore agricolo si è più che dimezzato, passando dal 6 per cento del 2007 al 2,7 per cento dei primi nove mesi del 2009;
a fronte dello scenario delineato, le questioni poste dagli agricoltori rimangono senza risposta e le misure per il settore contenute nella legge di stabilità appaiono del tutto parziali e insufficienti rispetto alle necessità; in particolare continua ad essere rimandata una soluzione per la situazione, ormai disperata, delle imprese del settore bieticolo-saccarifero, abbandonato senza nessuna prospettiva di rilancio;
in Italia tutto il settore bieticolo è caratterizzato da una fortissima frammentazione produttiva, che colloca il Paese in una situazione di forte svantaggio strutturale rispetto ai concorrenti nordeuropei. Il numero di aziende bieticole, infatti, si aggira attorno alle 70.000 unità, con una superficie media che si attesta su livelli di gran lunga inferiori alla media dei Paesi dell'Unione europea. La bieticoltura è prevalentemente localizzata nel Nord, ove si concentra circa il 62 per cento della superficie nazionale e il 68 per cento della produzione;
al contrario di quanto avviene nella fase produttiva, il settore della trasformazione industriale dei prodotti saccariferi ha subito un intenso processo di concentrazione e risulta attualmente caratterizzato dalla presenza di pochissimi grandi gruppi, processo favorito anche da un piano pubblico di risanamento del settore, varato nel 1983 per far fronte a una grave crisi di sovrapproduzione;
tutti i parametri di produttività, riferiti sia alla resa agricola sia alla resa industriale, vedono il nostro Paese largamente al di sotto degli standard di riferimento dei Paesi nordeuropei. Proprio in ragione di tali difficoltà strutturali, la regolamentazione comunitaria ha concesso all'Italia un livello di protezione anche superiore rispetto a quello garantito agli altri Paesi;
i piani varati dai Governi che si sono avvicendati nell'ultimo decennio, si sono essenzialmente basati sul mantenimento della produzione di barbabietole da zucchero nelle tre aree del Paese di maggiore produttività;
ora per la prima volta il Governo di centro destra non mantiene gli impegni presi, relativamente agli aiuti nazionali al settore derivanti dall'attuazione dell'organizzazione comune di mercato dello zucchero, e ancora oggi, al settore mancano 65 milioni di euro per finanziare le ultime due campagne produttive, 2009 e 2010;
il Parlamento, ormai da più di due anni, incalza il Governo con emendamenti, risoluzioni, mozioni e ordini del giorno per tentare di immettere liquidità nel settore bieticolo-saccarifero e scongiurare la crisi del sistema. La risposta del Governo è stata solo parziale individuando solo 21 milioni di euro a fronte di un fabbisogno del settore di 86 milioni;
la XIII Commissione della Camera dei Deputati ha approvato, il 12 maggio 2010 una risoluzione in Commissione, firmata sia dalla maggioranza che dall'opposizione, a prima firma Zucchi (PD) che impegnava il Governo «ad adottare tutte le iniziative necessarie per consentire il rifinanziamento per 86 milioni di euro della dotazione del Fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera al fine di fronteggiare le esigenze relative alle campagne 2009 e 2010»;
il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, in tale occasione, esprimendo parere favorevole sulla risoluzione e faceva presente di aver già dato disposizioni affinché venissero immediatamente messi a disposizione 21 milioni di euro da parte dell'AGEA e si impegnava a completare l'intervento nell'ambito dell'esame del disegno di legge A.C. 2260 - cosiddetto disegno di legge sull'etichettatura - recante disposizioni per la competitività del settore agroalimentare. Di fatto questo non è avvenuto e la promessa non è stata mantenuta;
il Senato della Repubblica, nella seduta della Commissione agricoltura del 2 agosto 2010, ha affrontato di nuovo la questione del settore bieticolo saccarifero approvando all'unanimità la Risoluzione della Bertuzzi (PD) sull'erogazione degli aiuti nazionali riferiti al 2009 e al 2010;
tale conclusione vale alla luce, tra l'altro, della considerazione per cui le imprese hanno già assunto i loro impegni e stanziato le risorse sulla base delle proprie scelte industriali e degli investimenti, facendo affidamento sulla rapida e completa erogazione degli aiuti in questione;
il 6 ottobre scorso in sede di approvazione del provvedimento sull'etichettatura, A.C. 2260, il Governo ha accettato l'ordine del giorno Zucchi che lo impegnava ad intervenire in maniera urgente al fine di assicurare alle imprese del settore bieticolo-saccarifero il finanziamento integrale delle ultime due campagne di produzione;
nella giornata del 13 ottobre 2010 la Commissione agricoltura ha audito i rappresentanti nazionali del settore bieticolo saccarifero. In tale sede è stato chiarito al momento nessuna risorsa è stata sbloccata e anche i 21 milioni di euro promessi nel mese di maggio sono ancora bloccati,

impegna il Governo

a chiarire le cause che non consentono l'effettiva erogazione dei 21 milioni di euro promessi a maggio e ad intervenire in maniera urgente, con il primo provvedimento utile, al fine di assicurare alle imprese del settore bieticolo-saccarifero il finanziamento integrale delle ultime due campagne di produzione per i restanti 65 milioni di euro.
9/3778-A/120.Zucchi, Marco Carra, Oliverio, Agostini, Brandolini, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
le misure inserite nella legge di stabilità per il settore agricolo sono parziali e insufficienti a determinare quell'innalzamento di competitività di cui necessita il settore primario;
in realtà la manovra tenta di risolvere alcuni dei problemi ordinari del settore agricolo e non contiene nessun piano di sviluppo per il settore, fornendo risposte, per lo più parziali, solo sulla gestione ordinaria;
manca del tutto un ragionamento sul Fondo di solidarietà Nazionale il cui rifinanziamento è avvenuto con modalità e risorse insufficienti nella legge finanziaria 2010;
il fondo, rifinanziato annualmente nel periodo del Governo Prodi, è stato successivamente abbandonato da questo Governo. Tale comportamento ha generato l'insorgere di ingenti debiti pregressi nei confronti di quegli agricoltori che, avendo assicurato le proprie produzioni, non hanno percepito alcun contributo al verificarsi dei danni coperti da assicurazione a causa delle risorse mancanti;
sono ormai due anni che si chiede al Governo di risolvere la questione con adeguati stanziamenti. La risposta, data con la legge finanziaria 2010 è stata mediocre; infatti modeste sono state le risorse effettivamente nuove, pari a 85 milioni nel triennio mediante rifinanziamento del fondo nella vecchia Tabella D, mentre il di più, 140 milioni in ragione d'anno 2010-2012, sono derivanti dalla rimodulazione di cofinanziamenti e finanziamenti già disposti dalla UE (articolo 68 dell'health check della Pac) per il settore agricolo, non solo per le assicurazioni del rischio in agricoltura, ma anche per altri obiettivi, creando così un effetto spiazzamento verso altri comparti che sono stati, di fatto, definanziati;
quindi, oltre il danno dovuto al fatto che per la prima volta anziché soldi veri si utilizzano, per finanziare il FSN, risorse (articolo 68) prese dagli agricoltori (una sorta di partita di giro) anche la beffa dovuta al fatto che si sono «tagliate» risorse già destinate ad altri settori;
anche i 20 milioni dell'organizzazione comune del mercato (OCM) vino, interamente finanziati dalla UE, sono andati a finanziare il FSN. Tali risorse erano state negoziate con successo dal precedente Governo Prodi. Si tratta di un plafond nazionale previsto dall'accordo finale sulla riforma dell'OCM vino. Ovviamente destinare tale plafond alle assicurazioni significa privarsene per altri utilizzi (ad esempio attività di promozione sui mercati esteri, eccetera);
in termini assoluti il Fondo di solidarietà dispone, per nuove coperture assicurative di risorse pari a 191,9 milioni per il 2010, 156,7 milioni di euro per il 2011 e 156,7 milioni di euro per il 2012,

impegna il Governo

a chiarire le prospettive future del Fondo di solidarietà nazionale e con quali modalità e con quante risorse si intende finanziare una misura che si è rivelata di estrema importanza per la modernizzazione del settore e per la difesa del reddito degli agricoltori.
9/3778-A/121.Fiorio, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il settore agroalimentare è in grado di fornire un apporto fondamentale alla ripresa economica del Paese offrendo un bacino imprenditoriale ed occupazionale rilevante con riflessi positivi anche sulla gestione e sulla tutela del territorio;
la filiera agroalimentare riveste un compito importantissimo anche nell'assicurare le garanzie sanitarie e la qualità dei prodotti alimentari ai consumatori;
lo scenario attuale presenta notevoli difficoltà ed incertezze che acuiscono i gravi ritardi strutturali e competitivi presenti nella fase agricola, in quella cooperativa ed industriale - sottoposte alla concorrenza delle multinazionali e dei produttori di paesi a basso costo - ed anche nel commercio e nella distribuzione moderna, sovrastata dalle grandi catene spesso estere;
una grande opportunità di tutela, consolidamento e crescita degli agricoltori è rappresentata da misure che consentendo di accorciare la filiera, creino le condizioni per la crescita imprenditoriale degli addetti e ne aumentino il reddito;
per tali motivi è necessario dedicare un'attenzione prioritaria alle misure tese a rendere più efficace e completa l'integrazione nel mercato delle imprese e delle filiere agroalimentari;
le nostre produzioni ortofrutticole hanno già raggiunto dei buoni livelli di qualità e quantità dei prodotti, tuttavia le riconosciute organizzazioni dei produttori (OP) che operano nel settore dell'ortofrutta ancora non riescono ad esprimere fino in fondo le proprie potenzialità connesse alla commercializzazione di prodotti già confezionati;
la possibilità per le OP di commercializzare direttamente i propri prodotti lavorati e confezionati accorcerebbe notevolmente la filiera agroalimentari e rappresenterebbe un elemento positivo tanto per i consumatori, che vedrebbero i costi dei prodotti ridursi, quanto per gli agricoltori che vedrebbero aumentare il reddito derivante dalla vendita dei prodotti;
tale possibilità è impraticabile per la maggior parte degli agricoltori a causa delle notevoli risorse necessarie per effettuare quegli investimenti utili a consentire lo stoccaggio ed il confezionamento dei propri prodotti al fine di venderli direttamente agli esercizi di vendita al dettaglio;
una OP che intendesse proporsi autonomamente sui mercato come produttrice e venditrice dovrebbe investire per creare o adeguare le proprie strutture logistiche, realizzare impianti di condizionamento e di trasformazione, avere magazzini di lavorazione e stoccaggio nonché acquisire strumenti di gestione e di analisi dei sistemi di rintracciabilità;
le potenzialità ancora inespresse del settore agroalimentare impongono un'attenta riflessione sulle possibilità di sviluppo economico derivanti da un sostegno agli investimenti che consenta ai nostri agricoltori di non rimanere schiacciati dalle inevitabili contrapposizioni derivanti dalla concorrenza delle multinazionali e delle grandi catene di distribuzione,

impegna il Governo

a prevedere specifiche risorse per sostenere le organizzazioni dei produttori (OP) finalizzate allo sviluppo di iniziative per la concentrazione e valorizzazione dell'offerta dei prodotti agricoli degli associati, per la creazione di appositi centri specializzati nella commercializzazione dei prodotti degli associati e per la realizzazione di progetti commerciali e di promozione qualitativa per l'export dei prodotti sui mercati internazionali.
9/3778-A/122.Servodio, Oliverio, Fiorio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Trappolino, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
l'agricoltura italiana vive un momento di grave crisi che necessita di un impegno più deciso rispetto a quello che si è fatto in questo primo scorcio di legislatura;
i dati Eurostat certificano che il reddito agricolo reale per ogni singolo lavoratore nel 2009 ha subito una diminuzione del 25 per cento rispetto al 2008. La contrazione dei redditi in Europa è stata del 12 per cento, quindi l'Italia ha un record negativo, superiore del doppio rispetto alla media europea; anche la situazione del credito in agricoltura è notevolmente peggiorata: il tasso di crescita tendenziale del credito nel settore agricolo si è più che dimezzato, passando dal 6 per cento del 2007 al 2,7 per cento dei primi nove mesi del 2009;
la risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 7 settembre 2010 sulle entrate eque per gli agricoltori: migliore funzionamento della filiera alimentare in Europa, evidenzia un funzionamento scorretto della catena alimentare;
in particolare in tale risoluzione si sottolinea che dal 1996 i prezzi dei prodotti alimentari sono aumentati del 3,3 per cento l'anno, mentre i prezzi pagati agli agricoltori sono aumentati solo del 2,1 per cento e le spese di gestione del 3,6 per cento e che la globalizzazione e i processi di concentrazione, soprattutto a livello di commercio al dettaglio, hanno condotto a una situazione di squilibrio tra i diversi soggetti operanti nella catena di distribuzione alimentare, e che la realtà odierna è caratterizzata dalla presenza di un ristrettissimo numero di dettaglianti estremamente influenti, che negoziano direttamente o indirettamente con 13,4 milioni di agricoltori e 310.000 imprese agroalimentari in tutta l'UE;
secondo quanto affermato dalla Commissione europea in una Comunicazione sul tema, gli squilibri contrattuali uniti all'ineguale potere negoziale hanno ripercussioni negative sulla competitività della filiera alimentare, giacché operatori piccoli ma efficienti possono talora ritrovarsi costretti ad operare con margini di profitto ridotti, il che ne limita la capacità e l'incentivazione ad investire per migliorare la qualità del prodotto e innovare i processi di produzione;
l'enorme differenza numerica e di potere economico tra gli agricoltori e i dettaglianti è un chiaro indicatore dello squilibrio esistente nella filiera alimentare, che ai fini di un bilanciamento numerico è necessario promuovere lo sviluppo di organizzazioni economiche di agricoltori, e che le cooperative svolgono un ruolo cruciale poiché rafforzano l'influenza e il potere negoziale degli agricoltori;
la citata Risoluzione del Parlamento europeo invita la Commissione e gli Stati membri ad affrontare d'urgenza il problema dell'ingiusta distribuzione dei profitti lungo la filiera alimentare, specialmente al fine di garantire agli agricoltori entrate adeguate, riconoscendo che per promuovere sistemi di produzione sostenibili ed etici occorre indennizzare gli agricoltori per i loro investimenti e impegni in tali ambiti e che occorre sostituire i rapporti di forza con rapporti di collaborazione,

impegna il Governo

ad intervenire per la definizione di un patto interprofessionale che coinvolga per intero la filiera agroalimentare, dal produttore alla grande distribuzione organizzata, che sulla base della proposta avanzata e approvata dalla Conferenza Stato-regioni fronteggi la crisi dei prezzi e aumenti il reddito disponibile per i lavoratori del settore agricolo anche con l'obiettivo di pervenire nel medio periodo ad un sistema efficiente ed efficace di assicurazione dell'impresa agricola contro i rischi economici e ambientali.
9/3778-A/123.Brandolini, Oliverio, Zucchi, Agostini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
le imprese del settore ittico sono al centro di una grave e prolungata crisi di redditività imputabile ai problemi di eccessivo sfruttamento, ad un insostenibile aumento dei costi di produzione (+240 per cento dal 2006 al 2009) e alla impossibilità di incidere sul meccanismi di formazione del prezzo con una adeguata presenza nella rete distributiva;
la filiera ittica è caratterizzata da forti limiti strutturali come, ad esempio, le ridotte dimensioni aziendali, la frammentazione dell'offerta, l'assenza di forme di organizzazione commerciale e di vendita, che ostacolano l'avvio di urgenti forme di integrazione, innovazione e sviluppo della filiera;
è in scadenza la proroga, concessa per l'anno 2010, del primo Programma nazionale della pesca e dell'acquacoltura 2007/2009, unico strumento di programmazione a disposizione del settore secondo quanto previsto dal decreto legislativo 154/04;
la scadenza a giugno 2010 di una serie di deroghe comunitarie previste dal Regolamento sulla pesca mediterranea (Reg. 1967/2006) su attrezzi, dimensione delle maglie delle reti e distanza dalla costa, sta generando una situazione emergenziale e di crescente tensione nelle marinerie italiane, non solo per i pesanti impatti socioeconomici che interessano tutte le realtà costiere, ma soprattutto per una serie di problemi lasciati aperti dal processo di adeguamento alle disposizioni comunitarie;
in particolare nel suddetto Regolamento è prevista la possibilità per gli Stati membri di adottare autonomi Piani di gestione volti a disciplinare attività di pesca specifiche coniugando la sostenibilità ambientale, in linea con gli obiettivi della Politica comune della Pesca (PCP), con quella economica e con il diritto al lavoro,

impegna il Governo:

a prorogare anche per l'anno 2011 l'applicazione del Programma triennale della pesca e dell'acquacoltura per dare tempo all'Amministrazione di redigere il nuovo Programma triennale che dovrà tenere conto degli attuali mutamenti di scenario in atto;
a caldeggiare una rapida approvazione dei Piani di gestione inviati a Bruxelles, in materia di pesche speciali per scongiurare il ritardato o addirittura mancato avvio della campagna di pesca 2010-2011 che tradizionalmente inizia a novembre;
ad attivare nuove forme di supporto agli investimenti delle imprese ittiche ed allo sviluppo di azioni innovative, anche attraverso nuove modalità di intervento, in linea con la più recente normativa europea sugli aiuti di Stato per le piccole e medie imprese di settore, favorendo gli investimenti orientati alla crescita delle dimensioni aziendali, alle ristrutturazioni e ai salvataggi, alle concentrazioni e alle fusioni e ai prestiti partecipativi.
9/3778-A/124.Agostini, Sani, Oliverio, Zucchi, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Servodio, Trappolino, De Pasquale, Strizzolo, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la sostenibilità di un gran numero di aziende zootecniche è seriamente minacciata dalla recente impennata dei prezzi dei cereali nell'Unione Europea, causate sia dalle condizioni climatiche avverse sia dalla speculazione;
la produzione zootecnica è strettamente connessa ai costi dei mangimi e l'Italia dipende fortemente dalle importazioni di soia e mais da paesi terzi e tali importazioni stanno conquistando quote di mercato dell'Unione europea ed esercitano ulteriori pressioni sui prezzi di mercato dei prodotti di origine animale;
il settore zootecnico necessita di investimenti su larga scala che lo rendono particolarmente vulnerabile alle crisi di mercato;
il Parlamento europeo, l'11 novembre scorso, ha approvato una Risoluzione, P7-TA-(2010) 0402, da trasmettere al Consiglio e alla Commissione, sulla crisi nel settore dell'allevamento dell'Unione europea in cui, tra le altre cose, si chiede di introdurre urgentemente meccanismi di mercato efficienti e flessibili nel settore zootecnico e a mettere in atto le misure necessarie per limitare, per il settore agricolo nel suo insieme, l'incidenza della volatilità dei prezzi e della speculazione;
una misura di sicuro impatto per ridurre l'incidenza della volatilità dei prezzi dei mangimi è quella connessa all'applicazione di un piano proteico che promuova la coltivazione di proteaginose e leguminose per l'alimentazione animale che, tra l'altro, potrebbe svolgere un ruolo importante anche per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra,

impegna il Governo

a predisporre i necessari investimenti per la realizzazione di un piano che consenta la coltivazione di proteaginose e leguminose per l'alimentazione animale al fine di tutelare il comparto zootecnico dalla speculazione dei prezzi dei mangimi e, nello stesso tempo, concorrere in maniera incisiva alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.
9/3778-A/125.Cenni, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il settore zootecnico è stato già assoggettato nel corso del 2009 ad una profonda crisi che è stata particolarmente profonda per alcuni comparti quale il lattiero-caseario;
a seguito della situazione di crisi in cui si è venuto a trovare tutto il mercato lattiero nell'anno 2009, il Commissario europeo all'agricoltura e lo sviluppo rurale Dacian Cioloş ha istituito un gruppo di esperti di alto livello sul latte, incaricato di analizzare i provvedimenti da adottare a medio e lungo termine per il settore lattiero-caseario al fine di presentare proposte legislative entro la fine dell'anno 2010;
risulta pertanto fondamentale che vengano individuate le misure necessarie per fronteggiare l'emergenza e per offrire prospettive efficaci di rilancio e sviluppo produttivo del settore zootecnico al fine di negoziare con l'Europa un pacchetto di misure specifiche da inserire nelle proposte legislative che il Commissario Dacian Cioloş intende presentare entro il 2010,

impegna il Governo

a riferire nelle competenti commissioni parlamentari su quali misure di rilancio del settore lattierocaseario nazionale si intenda avviare un negoziato con la Commissione europea nell'ambito dell'obiettivo dichiarato dal commissario Dacian Cioloş di predisporre proposte legislative entro il 2010 di sostegno e rilancio dell'intero settore lattiero-caseario.
9/3778-A/126.Marco Carra, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la Legge di Stabilità presentata dal Governo contiene delle misure la cui sostenibilità da parte delle amministrazioni pubbliche nonché l'effettiva realizzabilità dei risparmi attesi si riflette sull'inadeguatezza dei tagli indifferenziati e non selettivi che potrebbero tradursi o in un rallentamento della spesa in conto capitale o in meri slittamenti nel tempo di pagamenti o nella formazione di debiti sommersi e, certamente, nella riduzione della funzionalità della pubblica amministrazione e dei servizi ai cittadini;
si tratta, in ogni caso, di misure che avranno effetti recessivi e porteranno ad una riduzione del tasso di crescita del PIL pari a 0,5 punti percentuali nel periodo di riferimento 2010-2012;
nel prossimo biennio sull'attività economica potrebbe continuare a gravare una dinamica debole dei consumi, frenati dalla stazionarietà del reddito disponibile, la previsione di un tasso di crescita del 2 per cento nel biennio 2012-2013 appare fin troppo ottimistica;
il riequilibrio duraturo dei conti pubblici passa soprattutto per il rafforzamento del potenziale di crescita dell'economia. L'uscita dalla crisi deve essere un'opportunità per porre le basi per attuare riforme strutturali che accrescano la produttività e la competitività del nostro Paese;
pur non avendo indicato nella DFP alcun disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, il Governo sta annunciando, negli incontri con le parti sociali e gli attori economici, la presentazione a fine anno dell'ennesimo decreto riducendo così al minimo il ruolo, il dibattito e la capacità di intervento del Parlamento;
il perdurare dell'assenza di una vera e concreta politica di lotta alla povertà e alle disuguaglianze, nel momento in cui, il potere d'acquisto delle famiglie, in particolare del lavoro dipendente e dei pensionati è fortemente in crisi e, nonostante che la Commissione europea abbia designato il 2010 quale Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale al fine di riaffermare e rafforzare l'iniziale impegno politico dell'UE formulato all'avvio della strategia di Lisbona per «imprimere una svolta decisiva alla lotta contro la povertà»;
il punto di riferimento in un programma di lotta alla povertà sarebbe dovuto essere l'Agenda sociale europea, i cui obiettivi erano: creazione di una strategia integrata che garantisca un'interazione positiva delle politiche economiche, sociali e dell'occupazione, promuovendo la qualità dell'occupazione, delle politiche sociali e delle relazioni industriali, consentendo infine il miglioramento del capitale umano e sociale anche attraverso migliori e innovativi sistemi di protezione sociale;
il riconoscimento del diritto fondamentale delle persone in condizioni di povertà e di esclusione sociale di vivere dignitosamente e di far parte a pieno titolo della società è elemento fondante di ogni società che si definisca avanzata così come è elemento fondante quello di promuovere una società che sostenga e sviluppi la qualità della vita, ivi compresa la qualità delle competenze e dell'occupazione, il benessere sociale, compreso quello dei bambini e la parità di opportunità per tutti e, invece la stessa social card, salutata solo un anno fa come la panacea per tutti mali della povertà, nella nuova legge di stabilità per il 2011 non trova collocazione non essendo previsto un solo centesimo di finanziamento;
a fronte di una situazione così drammatica, vi è, ancora una volta la conferma da parte del governo di tutte le decurtazioni già avvenute in particolare con il decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122 di tutti i principali Fondi relativi alla spesa sociale, primo fra tutti, il Fondo nazionale per le politiche sociali che vede per il 2011 uno stanziamento da ripartire per le regioni pari solo a 200 milioni di euro;
i tagli hanno riguardato anche: il Fondo per l'infanzia e l'adolescenza che passa nel giro di tre anni da 44.467 a 39.964, il Fondo per le politiche della famiglia che passa dai 280.000 del 2008 agli attuali 52.466, il Fondo nazionale per il servizio civile che passa dai 303.422 per il 2008 ai 170.261 per il 2010, agli attuali 112, al totale azzeramento del Fondo per la non autosufficienza di cui all'articolo 1, comma 1264, della legge finanziaria 27 dicembre 2006, n. 296 il cui finanziamento per il 2011 non è previsto; non finanziamento del Fondo per l'inclusione degli immigrati; ed ancora il Fondo per le pari opportunità a cui vengono assegnati per il 2011 17 milioni di euro togliendoli però al Fondo per le politiche giovanili e niente viene detto per il Fondo contro la violenza alle donne, completamente dimenticato, come dimenticato è il fondo per l'inclusione sociali degli immigrati ed infine il 5 per mille ridotto di ben 300 milioni, di fatto annullato, ed ancora viene predisposto un taglio lineare alle politiche sociali di ben 40 milioni di euro,

impegna il Governo:

a valutare l'adozione di misure di sistema in linea con la necessità di costruire politiche reali, strutturali di sostegno per i giovani e le famiglie, tanto italiane quanto migranti, che prendano in considerazione, oltre a misure di carattere prettamente economico e una tantum anche lo sviluppo della rete dei servizi sul territorio, a partire dai consultori familiari, dagli asili nido, dal sostegno alla non autosufficienza, allo sviluppo generale delle azioni per la domiciliarità;
ad individuare con particolare attenzione gli indirizzi, gli strumenti e le risorse per un Piano nazionale contro le povertà prendendo in carico le persone e le famiglie che sono in condizioni disagiate anche attraverso una politica universalistica di lotta alle povertà superando la giungla attuale di interventi settoriali, categoriali e locali che il più delle volte accentuano le diseguaglianze perché tutelano alcuni e non altri nelle stesse condizioni di bisogno;
a ripristinare anche per il 2011 non solo il finanziamento per il fondo per la non autosufficienza di cui all'articolo 1, comma 1264 della legge n. 296/06 quale strumento di aiuto alle famiglie ma anche il bonus famiglia introdotto dall'articolo 1 del decreto-legge n. 185/08, nonché il Fondo per le politiche della famiglia di cui al decreto-legge n. 223/06.
9/3778-A/127.Murer, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la Legge di Stabilità presentata dal Governo contiene delle misure la cui sostenibilità da parte delle amministrazioni pubbliche nonché l'effettiva realizzabilità dei risparmi attesi si riflette sull'inadeguatezza dei tagli indifferenziati e non selettivi che potrebbero tradursi o in un rallentamento della spesa in conto capitale o in meri slittamenti nel tempo di pagamenti o nella formazione di debiti sommersi e, certamente, nella riduzione della funzionalità della pubblica amministrazione e dei servizi ai cittadini;
si tratta, in ogni caso, di misure che avranno effetti recessivi e porteranno ad una riduzione del tasso di crescita del PIL pari a 0,5 punti percentuali nel periodo di riferimento 2010-2012;
nel prossimo biennio sull'attività economica potrebbe continuare a gravare una dinamica debole dei consumi, frenati dalla stazionarietà del reddito disponibile, la previsione di un tasso di crescita del 2 per cento nel biennio 2012-2013 appare fin troppo ottimistica;
il riequilibrio duraturo dei conti pubblici passa soprattutto per il rafforzamento del potenziale di crescita dell'economia. L'uscita dalla crisi deve essere un'opportunità per porre le basi per attuare riforme strutturali che accrescano la produttività e la competitività del nostro Paese;
pur non avendo indicato nella DFP alcun disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, il Governo sta annunciando, negli incontri con le parti sociali e gli attori economici, la presentazione a fine anno dell'ennesimo decreto riducendo così al minimo il ruolo, il dibattito e la capacità di intervento del Parlamento;
il perdurare dell'assenza di una vera e concreta politica di lotta alla povertà e alle disuguaglianze, nel momento in cui, il potere d'acquisto delle famiglie, in particolare del lavoro dipendente e dei pensionati è fortemente in crisi e, nonostante che la Commissione europea abbia designato il 2010 quale Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale al fine di riaffermare e rafforzare l'iniziale impegno politico dell'UE formulato all'avvio della strategia di Lisbona per «imprimere una svolta decisiva alla lotta contro la povertà»;
il punto di riferimento in un programma di lotta alla povertà sarebbe dovuto essere l'Agenda sociale europea, i cui obiettivi erano: creazione di una strategia integrata che garantisca un'interazione positiva delle politiche economiche, sociali e dell'occupazione, promuovendo la qualità dell'occupazione, delle politiche sociali e delle relazioni industriali, consentendo infine il miglioramento del capitale umano e sociale anche attraverso migliori e innovativi sistemi di protezione sociale;
il riconoscimento del diritto fondamentale delle persone in condizioni di povertà e di esclusione sociale di vivere dignitosamente e di far parte a pieno titolo della società è elemento fondante di ogni società che si definisca avanzata così come è elemento fondante quello di promuovere una società che sostenga e sviluppi la qualità della vita, ivi compresa la qualità delle competenze e dell'occupazione, il benessere sociale, compreso quello dei bambini e la parità di opportunità per tutti e, invece la stessa social card, salutata solo un anno fa come la panacea per tutti mali della povertà, nella nuova legge di stabilità per il 2011 non trova collocazione non essendo previsto un solo centesimo di finanziamento;
a fronte di una situazione così drammatica, vi è, ancora una volta la conferma da parte del governo di tutte le decurtazioni già avvenute in particolare con il decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122 di tutti i principali Fondi relativi alla spesa sociale, primo fra tutti, il Fondo nazionale per le politiche sociali che vede per il 2011 uno stanziamento da ripartire per le regioni pari solo a 200 milioni di euro;
i tagli hanno riguardato anche: il Fondo per l'infanzia e l'adolescenza che passa nel giro di tre anni da 44.467 a 39.964, il Fondo per le politiche della famiglia che passa dai 280.000 del 2008 agli attuali 52.466, il Fondo nazionale per il servizio civile che passa dai 303.422 per il 2008 ai 170.261 per il 2010, agli attuali 112, al totale azzeramento del Fondo per la non autosufficienza di cui all'articolo 1, comma 1264, della legge finanziaria 27 dicembre 2006, n. 296 il cui finanziamento per il 2011 non è previsto; non finanziamento del Fondo per l'inclusione degli immigrati; ed ancora il Fondo per le pari opportunità a cui vengono assegnati per il 2011 17 milioni di euro togliendoli però al Fondo per le politiche giovanili e niente viene detto per il Fondo contro la violenza alle donne, completamente dimenticato, come dimenticato è il fondo per l'inclusione sociali degli immigrati ed infine il 5 per mille ridotto di ben 300 milioni, di fatto annullato, ed ancora viene predisposto un taglio lineare alle politiche sociali di ben 40 milioni di euro,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di valutare l'adozione di misure di sistema in linea con la necessità di costruire politiche reali, strutturali di sostegno per i giovani e le famiglie, tanto italiane quanto migranti, che prendano in considerazione, oltre a misure di carattere prettamente economico e una tantum anche lo sviluppo della rete dei servizi sul territorio, a partire dai consultori familiari, dagli asili nido, dal sostegno alla non autosufficienza, allo sviluppo generale delle azioni per la domiciliarità;
ad individuare con particolare attenzione gli indirizzi, gli strumenti e le risorse per un Piano nazionale contro le povertà prendendo in carico le persone e le famiglie che sono in condizioni disagiate anche attraverso una politica universalistica di lotta alle povertà superando la giungla attuale di interventi settoriali, categoriali e locali che il più delle volte accentuano le diseguaglianze perché tutelano alcuni e non altri nelle stesse condizioni di bisogno;
a ripristinare anche per il 2011 non solo il finanziamento per il fondo per la non autosufficienza di cui all'articolo 1, comma 1264 della legge n. 296/06 quale strumento di aiuto alle famiglie ma anche il bonus famiglia introdotto dall'articolo 1 del decreto-legge n. 185/08, nonché il Fondo per le politiche della famiglia di cui al decreto-legge n. 223/06.
9/3778-A/127.(Testo modificato nel corso della seduta) Murer, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la Legge di Stabilità presentata dal Governo contiene delle misure la cui sostenibilità da parte delle amministrazioni pubbliche nonché l'effettiva realizzabilità dei risparmi attesi si riflette sull'inadeguatezza dei tagli indifferenziati e non selettivi che potrebbero tradursi o in un rallentamento della spesa in conto capitale o in meri slittamenti nel tempo di pagamenti o nella formazione di debiti sommersi e, certamente, nella riduzione della funzionalità della pubblica amministrazione e dei servizi ai cittadini;
si tratta, in ogni caso, di misure che avranno effetti recessivi e porteranno ad una riduzione del tasso di crescita del PIL pari a 0,5 punti percentuali nel periodo di riferimento 2010-2012;
nel prossimo biennio sull'attività economica potrebbe continuare a gravare una dinamica debole dei consumi, frenati dalla stazionarietà del reddito disponibile, la previsione di un tasso di crescita del 2 per cento nel biennio 2012-2013 appare fin troppo ottimistica;
il riequilibrio duraturo dei conti pubblici passa soprattutto per il rafforzamento del potenziale di crescita dell'economia. L'uscita dalla crisi deve essere un'opportunità per porre le basi per attuare riforme strutturali che accrescano la produttività e la competitività del nostro Paese;
pur non avendo indicato nella DFP alcun disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, il Governo sta annunciando, negli incontri con le parti sociali e gli attori economici, la presentazione a fine anno dell'ennesimo decreto riducendo così al minimo il ruolo, il dibattito e la capacità di intervento del Parlamento;
il perdurare dell'assenza di una vera e concreta politica di lotta alla povertà e alle disuguaglianze, nel momento in cui, il potere d'acquisto delle famiglie, in particolare del lavoro dipendente e dei pensionati è fortemente in crisi e, nonostante che la Commissione europea abbia designato il 2010 quale Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale al fine di riaffermare e rafforzare l'iniziale impegno politico dell'UE formulato all'avvio della strategia di Lisbona per «imprimere una svolta decisiva alla lotta contro la povertà»;
il punto di riferimento in un programma di lotta alla povertà sarebbe dovuto essere l'Agenda sociale europea, i cui obiettivi erano: creazione di una strategia integrata che garantisca un'interazione positiva delle politiche economiche, sociali e dell'occupazione, promuovendo la qualità dell'occupazione, delle politiche sociali e delle relazioni industriali, consentendo infine il miglioramento del capitale umano e sociale anche attraverso migliori e innovativi sistemi di protezione sociale;
il riconoscimento del diritto fondamentale delle persone in condizioni di povertà e di esclusione sociale di vivere dignitosamente e di far parte a pieno titolo della società è elemento fondante di ogni società che si definisca avanzata così come è elemento fondante quello di promuovere una società che sostenga e sviluppi la qualità della vita, ivi compresa la qualità delle competenze e dell'occupazione, il benessere sociale, compreso quello dei bambini e la parità di opportunità per tutti e invece, la stessa social card, salutata solo un anno fa come la panacea per tutti mali della povertà, nella nuova legge di stabilità per il 2011 non trova collocazione non essendo previsto un solo centesimo di finanziamento;
a fronte di una situazione così drammatica, vi è, ancora una volta la conferma da parte del governo di tutte le decurtazioni già avvenute in particolare con il decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122 di tutti i principali Fondi relativi alla spesa sociale, primo fra tutti, il Fondo nazionale per le politiche sociali che vede per il 2011 uno stanziamento da ripartire per le regioni pari solo a 200 milioni di euro;
il Fondo per le politiche sociali di cui alla legge 328/00 è il principale strumento di finanziamento delle politiche sociali italiane, strumento per superare la logica delle singole leggi di settore e concepire gli interventi di politica sociale come azioni integrate in un quadro di coerenza con le politiche sanitarie e socio lavorative;
il Fondo Sociale a sua volta finanzia un sistema articolato di Piani Sociali Regionali e Piani Sociali di Zona, che descrivono, per ciascun territorio, una rete integrata di servizi alla persona rivolti all'inclusione dei soggetti in difficoltà, o comunque all'innalzamento del livello di qualità della vita;
il Fondo di cui alla legge 328/00 viene ripartito annualmente tra lo Stato e le Regioni e che a partire dal 2003, a seguito della riforma del Titolo Vo della Costituzione, questa ripartizione avviene senza vincolo di destinazione;
oltre al taglio al Fondo per le politiche sociali, le decurtazioni hanno riguardato: il Fondo per l'infanzia e l'adolescenza che passa nel giro di tre anni da 44.467 a 39.964, il Fondo per le politiche della famiglia che passa dai 280.000 del 2008 agli attuali 52.466, il Fondo nazionale per il servizio civile che passa dai 303.422 per il 2008 ai 170.261 per il 2010, agli attuali 112, al totale azzeramento del Fondo per la non autosufficienza di cui all'articolo 1, comma 1264, della legge finanziaria 27 dicembre 2006, n. 296 il cui finanziamento per il 2011 non è previsto; non finanziamento del Fondo per l'inclusione degli immigrati; ed ancora il Fondo per le pari opportunità a cui vengono assegnati per il 2011 17 milioni di euro togliendoli però al Fondo per le politiche giovanili e niente viene detto per il Fondo contro la violenza alle donne, completamente dimenticato, come dimenticato è il fondo per l'inclusione sociali degli immigrati ed infine il 5 per mille ridotto di ben 300 milioni, di fatto annullato ed ancora viene predisposto un taglio lineare alle politiche sociali di ben 40 milioni di euro,

impegna il Governo:

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a:
considerare tra i suoi obiettivi anche le politiche sociali quali strumento d'integrazione di tutte le fasce della popolazione e di tutti i ceti sociali esistenti affinché anche in Italia si possa avere una reale politica dell'integrazione e non dell'esclusione;
individuare le risorse finanziarie necessarie affinché il Fondo per le politiche sociali di cui all'articolo 20 della legge 328/00 abbia almeno uno stanziamento da ripartire tra le regioni pari o superiore a quello dello scorso anno;
attuare entro il 31 dicembre 2010 l'articolo 22 della legge 328/00 individuando un sistema integrato di interventi e servizi sociali che costituiscano i livelli essenziali delle prestazioni sociali erogabili a tutti sotto forma di beni e servizi tra cui in particolar modo, al fine di realizzare l'obiettivo della convergenza degli obiettivi di servizio ai livelli essenziali delle prestazioni e alle funzioni fondamentali di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera m) e p) della Costituzione così come previsto dall'articolo 18 della legge 5 maggio 2009, n. 42, «Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione»;
adottare le opportune iniziative volte ad individuare le risorse necessarie affinché anche per il 2011 Fondo per le non autosufficienze di cui all'articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, abbia uno stanziamento almeno pari o superiore a quello che era previsto per il 2010.
9/3778-A/128.Miotto, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la Legge di Stabilità presentata dal Governo contiene delle misure la cui sostenibilità da parte delle amministrazioni pubbliche nonché l'effettiva realizzabilità dei risparmi attesi si riflette sull'inadeguatezza dei tagli indifferenziati e non selettivi che potrebbero tradursi o in un rallentamento della spesa in conto capitale o in meri slittamenti nel tempo di pagamenti o nella formazione di debiti sommersi e, certamente, nella riduzione della funzionalità della pubblica amministrazione e dei servizi ai cittadini;
si tratta, in ogni caso, di misure che avranno effetti recessivi e porteranno ad una riduzione del tasso di crescita del PIL pari a 0,5 punti percentuali nel periodo di riferimento 2010-2012;
nel prossimo biennio sull'attività economica potrebbe continuare a gravare una dinamica debole dei consumi, frenati dalla stazionarietà del reddito disponibile, la previsione di un tasso di crescita del 2 per cento nel biennio 2012-2013 appare fin troppo ottimistica;
il riequilibrio duraturo dei conti pubblici passa soprattutto per il rafforzamento del potenziale di crescita dell'economia. L'uscita dalla crisi deve essere un'opportunità per porre le basi per attuare riforme strutturali che accrescano la produttività e la competitività del nostro Paese;
pur non avendo indicato nella DFP alcun disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, il Governo sta annunciando, negli incontri con le parti sociali e gli attori economici, la presentazione a fine anno dell'ennesimo decreto riducendo così al minimo il ruolo, il dibattito e la capacità di intervento del Parlamento;
il perdurare dell'assenza di una vera e concreta politica di lotta alla povertà e alle disuguaglianze, nel momento in cui, il potere d'acquisto delle famiglie, in particolare del lavoro dipendente e dei pensionati è fortemente in crisi e, nonostante che la Commissione europea abbia designato il 2010 quale Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale al fine di riaffermare e rafforzare l'iniziale impegno politico dell'UE formulato all'avvio della strategia di Lisbona per «imprimere una svolta decisiva alla lotta contro la povertà»;
a fronte di una situazione così drammatica, vi è, ancora una volta la conferma da parte del governo di tutte le decurtazioni già avvenute in particolare con il decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122 di tutti i principali Fondi relativi alla spesa sociale, primo fra tutti, il Fondo nazionale per le politiche sociali che vede per il 2011 uno stanziamento da ripartire per le regioni pari solo a 200 milioni di euro;
i tagli hanno riguardato anche: il Fondo per l'infanzia e l'adolescenza che passa nel giro di tre anni da 44.467 a 39.964, il Fondo per le politiche della famiglia che passa dai 280.000 del 2008 agli attuali 52.466, il Fondo nazionale per il servizio civile che passa dai 303.422 per il 2008 ai 170.261 per il 2010, agli attuali 112, al totale azzeramento del Fondo per la non autosufficienza di cui all'articolo 1, comma 1264, della legge finanziaria 27 dicembre 2006, n. 296 il cui finanziamento per il 2011 non è previsto; non finanziamento del Fondo per l'inclusione degli immigrati; ed ancora il Fondo per le pari opportunità a cui vengono assegnati per il 2011 17 milioni di euro togliendoli però al Fondo per le politiche giovanili e niente viene detto per il Fondo contro la violenza alle donne, completamente dimenticato, come dimenticato è il fondo per l'inclusione sociali degli immigrati ed infine il 5 per mille ridotto di ben 300 milioni, di fatto annullato ed ancora viene predisposto un taglio lineare alle politiche sociali di ben 40 milioni di euro;
in particolare il Fondo nazionale per il servizio civile ha visto nel giro di tre anni decurtare di oltre il 50 per cento i suoi finanziamenti, riducendo così drasticamente i progetti ed i posti disponibili;
nel corso degli anni il servizio civile è stato ed è una risorsa fondamentale per il tessuto sociale italiano, dando un aiuto concreto a settori cruciali delle politiche sociali come l'assistenza, l'educazione, la promozione culturale, la tutela dell'ambiente e la protezione civile, ha avvicinato i giovani al volontariato, alla vita sociale, ha creato coesione sociale e solidarietà,

impegna il Governo:

a considerare il servizio civile nazionale quale strumento necessario di crescita civile e sociale dei giovani, essendo, ad oggi l'unica possibilità che lo Stato offre a questi di crescere come cittadini in un'ottica di solidarietà e responsabilità, ad adottare le opportune iniziative normative volte a individuare le risorse finanziarie necessarie affinché il Fondo nazionale per il servizio civile di cui all'articolo 19 della legge n. 230 del 1998 abbia almeno uno stanziamento pari o superiore a quello dello scorso anno;
a rivedere il progetto della mini-naia, visto che in un periodo di austerità come quello attuale, dove si tagliano le risorse essenziali per il servizio civile per esigenze di bilancio non è auspicabile finanziare ed istituire stages formativi presso le caserme, in quanto, se proprio un ragazzo vuole sperimentare per un periodo limitato che cosa significhi servire lo Stato da militare, esiste già la possibilità della ferma breve di un anno;
9/3778-A/129.Sarubbi, De Pasquale, Strizzolo, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di stabilità presentata dal Governo contiene delle misure la cui sostenibilità da parte delle amministrazioni pubbliche nonché l'effettiva realizzabilità dei risparmi attesi si riflette sull'inadeguatezza dei tagli indifferenziati e non selettivi che potrebbero tradursi o in un rallentamento della spesa in conto capitale o in meri slittamenti nel tempo di pagamenti o nella formazione di debiti sommersi e, certamente, nella riduzione della funzionalità della pubblica amministrazione e dei servizi ai cittadini;
si tratta, in ogni caso, di misure che avranno effetti recessivi e porteranno ad una riduzione del tasso di crescita del PIL pari a 0,5 punti percentuali nel periodo di riferimento 2010-2012;
nel prossimo biennio sull'attività economica potrebbe continuare a gravare una dinamica debole dei consumi, frenati dalla stazionarietà del reddito disponibile, la previsione di un tasso di crescita dei 2 per cento nel biennio 2012-2013 appare fin troppo ottimistica;
il riequilibrio duraturo dei conti pubblici passa soprattutto per il rafforzamento del potenziale di crescita dell'economia. L'uscita dalla crisi deve essere un'opportunità per porre le basi per attuare riforme strutturali che accrescano la produttività e la competitività del nostro Paese;
pur non avendo indicato nella DFP alcun disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, il Governo sta annunciando, negli incontri con le parti sociali e gli attori economici, la presentazione a fine anno dell'ennesimo decreto riducendo così al minimo il ruolo, il dibattito e la capacità di intervento del Parlamento;
il perdurare dell'assenza di una vera e concreta politica di lotta alla povertà e alle disuguaglianze, nel momento in cui, il potere d'acquisto delle famiglie, in particolare del lavoro dipendente e dei pensionati è fortemente in crisi e, nonostante che la Commissione europea abbia designato il 2010 quale Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale al fine di riaffermare e rafforzare l'iniziale impegno politico dell'UE formulato all'avvio della strategia di Lisbona per «imprimere una svolta decisiva alla lotta contro la povertà»;
il punto di riferimento in un programma di lotta alla povertà sarebbe dovuto essere l'Agenda sociale europea, i cui obiettivi erano: creazione di una strategia integrata che garantisca un'interazione positiva delle politiche economiche, sociali e dell'occupazione, promuovendo la qualità dell'occupazione, delle politiche sociali e delle relazioni industriali, consentendo infine il miglioramento del capitale umano e sociale anche attraverso migliori e innovativi sistemi di protezione sociale;
il riconoscimento del diritto fondamentale delle persone in condizioni di povertà e di esclusione sociale di vivere dignitosamente e di far parte a pieno titolo della società è elemento fondante di ogni società che si definisca avanzata così come è elemento fondante quello di promuovere una società che sostenga e sviluppi la qualità della vita, ivi compresa la qualità delle competenze e dell'occupazione, il benessere sociale, compreso quello dei bambini e la parità di opportunità per tutti e, invece la stessa social card, salutata solo un anno fa come la panacea per tutti mali della povertà, nella nuova legge di stabilità per il 2011 non trova collocazione non essendo previsto un solo centesimo di finanziamento;
a fronte di una situazione così drammatica, vi è, ancora una volta la conferma da parte del governo di tutte le decurtazioni già avvenute in particolare con il decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122 di tutti i principali Fondi relativi alla spesa sociale, primo fra tutti, il Fondo nazionale per le politiche sociali che vede per il 2011 uno stanziamento da ripartire per le regioni pari solo a 200 milioni di euro;
i tagli hanno riguardato anche: il Fondo per l'infanzia e l'adolescenza che passa nel giro di tre anni da 44.467 a 39.964, il Fondo per le politiche della famiglia che passa dai 280.000 del 2008 agli attuali 52.466, il Fondo nazionale per il servizio civile che passa dai 303.422 per il 2008 ai 170.261 per il 2010, agli attuali 112, al totale azzeramento del Fondo per la non autosufficienza di cui all'articolo 1, comma 1264, della legge finanziaria 27 dicembre 2006, n. 296 il cui finanziamento per il 2011 non è previsto; non finanziamento del Fondo per l'inclusione degli immigrati; ed ancora il Fondo per le pari opportunità a cui vengono assegnati per il 2011 17 milioni di euro togliendoli però al Fondo per le politiche giovanili e niente viene detto per il Fondo contro la violenza alle donne, completamente dimenticato, come dimenticato è il fondo per l'inclusione sociali degli immigrati ed infine il 5 per mille ridotto di ben 300 milioni, di fatto annullato ed ancora viene predisposto un taglio lineare alle politiche sociali di ben 40 milioni di euro;
in questo manovra economica come in quelle precedentemente presentate da questo governo non è mai stata introdotta nessuna norma che abbia aiutato a condurre una vita più dignitosa ed integrata per quei quasi 3 milioni di cittadini, pari al 5 per cento della popolazione dai 6 anni in su che convivono con una disabilità ma, nel contempo si è visto le politiche verso gli invalidi solo come lotta ai falsi invalidi, spostando di fatto così l'attenzione dal problema principale, che non sono i controlli da effettuare ma la debolezza degli interventi per i non-autosufficienti in Italia,

impegna il Governo

ad individuare ed adottare tutte le misure economiche e normative necessarie a favorire una reale e piena integrazione nel tessuto sociale, scolastico e lavorativo delle persone disabili anche attraverso:
a) la sollecita emanazione di disposizioni legislative volte a fare chiarezza sull'interpretazione del quarto periodo del comma 2 dell'articolo 1 della legge 23 novembre 1998, n. 407, introdotto dall'articolo 5, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126, in modo tale che le quote a favore dei lavoratori disabili, così come previste dall'articolo 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68 siano mantenute inalterate e non ridotte a favore di altre categorie se pur anche queste svantaggiate;
b) l'emanazione di direttive chiare all'Inps in modo tale che siano esclusi dagli ulteriori controlli sui requisiti di invalidità tutti quei soggetti già individuati affetti da patologie di cui al decreto ministeriale 2 agosto 2007 recante Individuazione delle patologie rispetto alle quali sono escluse visite di controllo sulla permanenza dello stato invalidante;
c) il ripristino dei Fondi di cui alla legge n.13 del 1989 volta a favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati;
d) l'uniformità dei trattamenti economici previsti per le persone disabili totali o parziali indipendentemente dall'età, ponendo così fine ad una discriminazione fra invalidi infra e ultrasessantenni nonché l'innalzamento degli stessi affinché il trattamento previsto dalla pensione di invalidità non sia ridotto agli attuali 8 euro al giorno per far si che anche gli invalidi possano avere le risorse economiche per condurre una vita dignitosa;
e) una reale integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap garantendo a ciascuno di loro un numero appropriato di ore di sostegno nonché una continuità didattica tanto più necessaria a bambini e ragazzi che più degli altri necessitano di aiuto.
9/3778-A/130.Bossa, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di stabilità presentata dal Governo contiene delle misure la cui sostenibilità da parte delle amministrazioni pubbliche nonché l'effettiva realizzabilità dei risparmi attesi si riflette sull'inadeguatezza dei tagli indifferenziati e non selettivi che potrebbero tradursi o in un rallentamento della spesa in conto capitale o in meri slittamenti nel tempo di pagamenti o nella formazione di debiti sommersi e, certamente, nella riduzione della funzionalità della pubblica amministrazione e dei servizi ai cittadini;
si tratta, in ogni caso, di misure che avranno effetti recessivi e porteranno ad una riduzione del tasso di crescita del PIL pari a 0,5 punti percentuali nel periodo di riferimento 2010-2012;
nel prossimo biennio sull'attività economica potrebbe continuare a gravare una dinamica debole dei consumi, frenati dalla stazionarietà del reddito disponibile, la previsione di un tasso di crescita dei 2 per cento nel biennio 2012-2013 appare fin troppo ottimistica;
il riequilibrio duraturo dei conti pubblici passa soprattutto per il rafforzamento del potenziale di crescita dell'economia. L'uscita dalla crisi deve essere un'opportunità per porre le basi per attuare riforme strutturali che accrescano la produttività e la competitività del nostro Paese;
pur non avendo indicato nella DFP alcun disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, il Governo sta annunciando, negli incontri con le parti sociali e gli attori economici, la presentazione a fine anno dell'ennesimo decreto riducendo così al minimo il ruolo, il dibattito e la capacità di intervento del Parlamento;
il perdurare dell'assenza di una vera e concreta politica di lotta alla povertà e alle disuguaglianze, nel momento in cui, il potere d'acquisto delle famiglie, in particolare del lavoro dipendente e dei pensionati è fortemente in crisi e, nonostante che la Commissione europea abbia designato il 2010 quale Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale al fine di riaffermare e rafforzare l'iniziale impegno politico dell'UE formulato all'avvio della strategia di Lisbona per «imprimere una svolta decisiva alla lotta contro la povertà»;
il punto di riferimento in un programma di lotta alla povertà sarebbe dovuto essere l'Agenda sociale europea, i cui obiettivi erano: creazione di una strategia integrata che garantisca un'interazione positiva delle politiche economiche, sociali e dell'occupazione, promuovendo la qualità dell'occupazione, delle politiche sociali e delle relazioni industriali, consentendo infine il miglioramento del capitale umano e sociale anche attraverso migliori e innovativi sistemi di protezione sociale;
il riconoscimento del diritto fondamentale delle persone in condizioni di povertà e di esclusione sociale di vivere dignitosamente e di far parte a pieno titolo della società è elemento fondante di ogni società che si definisca avanzata così come è elemento fondante quello di promuovere una società che sostenga e sviluppi la qualità della vita, ivi compresa la qualità delle competenze e dell'occupazione, il benessere sociale, compreso quello dei bambini e la parità di opportunità per tutti e, invece la stessa social card, salutata solo un anno fa come la panacea per tutti mali della povertà, nella nuova legge di stabilità per il 2011 non trova collocazione non essendo previsto un solo centesimo di finanziamento;
a fronte di una situazione così drammatica, vi è, ancora una volta la conferma da parte del governo di tutte le decurtazioni già avvenute in particolare con il decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122 di tutti i principali Fondi relativi alla spesa sociale, primo fra tutti, il Fondo nazionale per le politiche sociali che vede per il 2011 uno stanziamento da ripartire per le regioni pari solo a 200 milioni di euro;
i tagli hanno riguardato anche: il Fondo per l'infanzia e l'adolescenza che passa nel giro di tre anni da 44.467 a 39.964, il Fondo per le politiche della famiglia che passa dai 280.000 del 2008 agli attuali 52.466, il Fondo nazionale per il servizio civile che passa dai 303.422 per il 2008 ai 170.261 per il 2010, agli attuali 112, al totale azzeramento del Fondo per la non autosufficienza di cui all'articolo 1, comma 1264, della legge finanziaria 27 dicembre 2006, n. 296 il cui finanziamento per il 2011 non è previsto; non finanziamento del Fondo per l'inclusione degli immigrati; ed ancora il Fondo per le pari opportunità a cui vengono assegnati per il 2011 17 milioni di euro togliendoli però al Fondo per le politiche giovanili e niente viene detto per il Fondo contro la violenza alle donne, completamente dimenticato, come dimenticato è il fondo per l'inclusione sociali degli immigrati ed infine il 5 per mille ridotto di ben 300 milioni, di fatto annullato ed ancora viene predisposto un taglio lineare alle politiche sociali di ben 40 milioni di euro;
in questo manovra economica come in quelle precedentemente presentate da questo governo non è mai stata introdotta nessuna norma che abbia aiutato a condurre una vita più dignitosa ed integrata per quei quasi 3 milioni di cittadini, pari al 5 per cento della popolazione dai 6 anni in su che convivono con una disabilità ma, nel contempo si è visto le politiche verso gli invalidi solo come lotta ai falsi invalidi, spostando di fatto così l'attenzione dal problema principale, che non sono i controlli da effettuare ma la debolezza degli interventi per i non-autosufficienti in Italia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare ed adottare tutte le misure economiche e normative necessarie a favorire una reale e piena integrazione nel tessuto sociale, scolastico e lavorativo delle persone disabili anche attraverso:
a) la sollecita emanazione di disposizioni legislative volte a fare chiarezza sull'interpretazione del quarto periodo del comma 2 dell'articolo 1 della legge 23 novembre 1998, n. 407, introdotto dall'articolo 5, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2010, n. 126, in modo tale che le quote a favore dei lavoratori disabili, così come previste dall'articolo 3 della legge 12 marzo 1999, n. 68 siano mantenute inalterate e non ridotte a favore di altre categorie se pur anche queste svantaggiate;
b) l'emanazione di direttive chiare all'Inps in modo tale che siano esclusi dagli ulteriori controlli sui requisiti di invalidità tutti quei soggetti già individuati affetti da patologie di cui al decreto ministeriale 2 agosto 2007 recante Individuazione delle patologie rispetto alle quali sono escluse visite di controllo sulla permanenza dello stato invalidante;
c) il ripristino dei Fondi di cui alla legge n.13 del 1989 volta a favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati;
d) l'uniformità dei trattamenti economici previsti per le persone disabili totali o parziali indipendentemente dall'età, ponendo così fine ad una discriminazione fra invalidi infra e ultrasessantenni nonché l'innalzamento degli stessi affinché il trattamento previsto dalla pensione di invalidità non sia ridotto agli attuali 8 euro al giorno per far si che anche gli invalidi possano avere le risorse economiche per condurre una vita dignitosa;
e) una reale integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap garantendo a ciascuno di loro un numero appropriato di ore di sostegno nonché una continuità didattica tanto più necessaria a bambini e ragazzi che più degli altri necessitano di aiuto.
9/3778-A/130.(Testo modificato nel corso della seduta) Bossa, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera
premesso che:
il disegno di legge di stabilità presentato dal Governo contiene delle misure la cui sostenibilità da parte delle amministrazioni pubbliche nonché l'effettiva realizzabilità dei risparmi attesi si riflette sull'inadeguatezza dei tagli indifferenziati e non selettivi che potrebbero tradursi o in un rallentamento della spesa in conto capitale o in meri slittamenti nel tempo di pagamenti o nella formazione di debiti sommersi e, certamente, nella riduzione della funzionalità della pubblica amministrazione e dei servizi ai cittadini;
si tratta, in ogni caso, di misure che avranno effetti recessivi e porteranno ad una riduzione del tasso di crescita del PIL pari a 0,5 punti percentuali nel periodo di riferimento 2010-2012;
nel prossimo biennio sull'attività economica potrebbe continuare a gravare una dinamica debole dei consumi, frenati dalla stazionarietà del reddito disponibile, la previsione di un tasso di crescita del 2 per cento nel biennio 2012-2013 appare fin troppo ottimistica;
il riequilibrio duraturo dei conti pubblici passa soprattutto per il rafforzamento del potenziale di crescita dell'economia. L'uscita dalla crisi deve essere un'opportunità per porre le basi per attuare riforme strutturali che accrescano la produttività e la competitività del nostro Paese;
pur non avendo indicato nella DFP alcun disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, il Governo sta annunciando, negli incontri con le parti sociali e gli attori economici, la presentazione a fine anno dell'ennesimo decreto riducendo tosi al minimo il ruolo, il dibattito e la capacità di intervento del Parlamento;
il perdurare dell'assenza di una vera e concreta politica di lotta alla povertà e alle disuguaglianze, nel momento in cui, il potere d'acquisto delle famiglie, in particolare del lavoro dipendente e dei pensionati è fortemente in crisi e, nonostante che la Commissione europea abbia designato il 2010 quale Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale al fine di riaffermare e rafforzare l'iniziale impegno politico dell'UE formulato all'avvio della strategia di Lisbona per «imprimere una svolta decisiva alla lotta contro la povertà»;
il punto di riferimento in un programma di lotta alla povertà sarebbe dovuto essere l'Agenda sociale europea, i cui obiettivi erano: creazione di una strategia integrata che garantisca un'interazione positiva delle politiche economiche, sociali e dell'occupazione, promuovendo la qualità dell'occupazione, delle politiche sociali e delle relazioni industriali, consentendo infine il miglioramento del capitale umano e sociale anche attraverso migliori e innovativi sistemi di protezione sociale;
il riconoscimento del diritto fondamentale delle persone in condizioni di povertà e di esclusione sociale di vivere dignitosamente e di far parte a pieno titolo della società è elemento fondante di ogni società che si definisca avanzata così come è elemento fondante quello di promuovere una società che sostenga e sviluppi la qualità della vita, ivi compresa la qualità delle competenze e dell'occupazione, il benessere sociale, compreso quello dei bambini e la parità di opportunità per tutti e, invece la stessa social card, salutata solo un anno fa come la panacea per tutti mali della povertà, nella nuova legge di stabilità per il 2011 non trova collocazione non essendo previsto un solo centesimo di finanziamento;
a fronte di una situazione così drammatica, vi è, ancora una volta la conferma da parte del governo di tutte le decurtazioni già avvenute in particolare con il decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122 di tutti i principali Fondi relativi alla spesa sociale, primo fra tutti, il Fondo nazionale per le politiche sociali che vede per il 2011 uno stanziamento da ripartire per le regioni pari solo a 200 milioni di euro;
i tagli hanno riguardato anche: il Fondo per l'infanzia e l'adolescenza che passa nel giro di tre anni da 44.467 a 39.964, il Fondo per le politiche della famiglia che passa dai 280.000 del 2008 agli attuali 52.466, il Fondo nazionale per il servizio civile che passa dai 303.422 per il 2008 ai 170.261 per il 2010, agli attuali 112, al totale azzeramento del Fondo per la non autosufficienza di cui all'articolo 1, comma 1264, della legge finanziaria 27 dicembre 2006, n. 296 il cui finanziamento per il 2011 non è previsto; non finanziamento del Fondo per l'inclusione degli immigrati; ed ancora il Fondo per le pari opportunità a cui vengono assegnati per il 2011 17 milioni di euro togliendoli però al Fondo per le politiche giovanili e niente viene detto per il Fondo contro la violenza alle donne, completamente dimenticato, come dimenticato è il fondo per l'inclusione sociali degli immigrati ed infine il 5 per mille ridotto di ben 300 milioni, di fatto annullato ed ancora viene predisposto un taglio lineare alle politiche sociali di ben 40 milioni di euro:
il mancato finanziamento del Fondo per l'inclusione sociale degli immigrati come tutte le politiche fino ad ora adottate si inquadrano in un'ottica di immigrazione vista solo sul piano della sicurezza e non dell'integrazione;
l'immigrazione è sicuramente una delle questioni sociali più importanti attualmente in Italia, in quanto i cittadini stranieri residenti in Italia al 1o gennaio 2009 sono 3.891.295, pari al 6,5 per cento del totale dei residenti e rappresentano nonché del 7 per cento della forza lavoro del nostro paese;
la realtà dell'immigrazione del nostro paese è un fatto positivo, strutturale e duraturo se correttamente gestita perché può corrispondere alle necessità della nostra economia, delle nostre famiglie, del nostro welfare;
il patto europeo per l'immigrazione invita gli Stati membri a «porre in essere una politica d'integrazione armoniosa, favorendo la partecipazione dell'immigrato alla sfera civica, al mondo del lavoro, all'istruzione, al dialogo interculturale cercando di eliminare ogni diversità di trattamento che risulti discriminatorio per il cittadino terzo»;
il Patto Europeo per l'immigrazione del giugno 2008, è stato sottoscritto anche dal Governo italiano e propone una gestione dell'immigrazione incentrata attorno agli obiettivi della prosperità, della sicurezza e della solidarietà. «Le migrazioni internazionali possono rappresentare un'opportunità, costituendo un fattore di scambio culturale, umano, sociale ed economico. Il potenziale dell'immigrazione può essere considerato maggiormente positivo soltanto con un'integrazione riuscita nelle società dei paesi ospitanti»,

impegna il Governo:

a) ad adottare ulteriori iniziative normative volte a: estendere la regolarizzazione prevista per colf e badanti dalla legge n.102 del 2009 che convertiva con modificazioni il decreto-legge n. 78 dello stesso anno anche a quei settori dell'economia italiana in cui vi sia un'alta incidenza di manodopera irregolare nonché in quei settori ove la domanda di manodopera di lavoratori extracomunitaria sia particolarmente richiesta dalle imprese e, comunque, con particolare attenzione ai settori economici di cui all'edilizia, agricoltura, terziario, pubblici esercizi e assistenza familiare;
b) aumentare dagli attuali sei mesi ad un anno il tempo necessario per il rinnovo dei permessi di soggiorno per quei lavoratori immigrati colpiti da situazioni di crisi e per i quali i soli sei mesi entro cui trovare un'occupazione regolare dopo la perdita del posto di lavoro precedente rischiano di essere insufficienti, mettendo così a rischio una loro regolare permanenza nel nostro Paese;
convocare un tavolo istituzionale sul tema delle truffe a danno degli immigrati nonché a prevedere una normativa in tempi brevi che permetta a questi stranieri di denunciare la truffa subita senza il pericolo di essere espulsi dal territorio italiano;
attuare tutte le misure per combattere ogni forma di sfruttamento del lavoro, attraverso una rigorosa applicazione della normativa vigente, in modo particolare dell'articolo 18 del decreto legislativo 286 del 1998 che prevede un permesso di soggiorno per le persone che denunciano i propri sfruttatori prevedendo anche l'introduzione nel nostro ordinamento del reato per grave sfruttamento del lavoro, un'autonoma fattispecie incriminatrice del caporalato, aggravata quando.
9/3778-A/131.Livia Turco, De Pasquale, Lo Moro, Vaccaro.

La Camera
premesso che:
il disegno di legge di stabilità presentato dal Governo contiene delle misure la cui sostenibilità da parte delle amministrazioni pubbliche nonché l'effettiva realizzabilità dei risparmi attesi si riflette sull'inadeguatezza dei tagli indifferenziati e non selettivi che potrebbero tradursi o in un rallentamento della spesa in conto capitale o in meri slittamenti nel tempo di pagamenti o nella formazione di debiti sommersi e, certamente, nella riduzione della funzionalità della pubblica amministrazione e dei servizi ai cittadini;
si tratta, in ogni caso, di misure che avranno effetti recessivi e porteranno ad una riduzione del tasso di crescita del PIL pari a 0,5 punti percentuali nel periodo di riferimento 2010-2012;
nel prossimo biennio sull'attività economica potrebbe continuare a gravare una dinamica debole dei consumi, frenati dalla stazionarietà del reddito disponibile, la previsione di un tasso di crescita del 2 per cento nel biennio 2012-2013 appare fin troppo ottimistica;
il riequilibrio duraturo dei conti pubblici passa soprattutto per il rafforzamento del potenziale di crescita dell'economia. L'uscita dalla crisi deve essere un'opportunità per porre le basi per attuare riforme strutturali che accrescano la produttività e la competitività del nostro Paese;
pur non avendo indicato nella DFP alcun disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, il Governo sta annunciando, negli incontri con le parti sociali e gli attori economici, la presentazione a fine anno dell'ennesimo decreto riducendo tosi al minimo il ruolo, il dibattito e la capacità di intervento del Parlamento;
il perdurare dell'assenza di una vera e concreta politica di lotta alla povertà e alle disuguaglianze, nel momento in cui, il potere d'acquisto delle famiglie, in particolare del lavoro dipendente e dei pensionati è fortemente in crisi e, nonostante che la Commissione europea abbia designato il 2010 quale Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale al fine di riaffermare e rafforzare l'iniziale impegno politico dell'UE formulato all'avvio della strategia di Lisbona per «imprimere una svolta decisiva alla lotta contro la povertà»;
il punto di riferimento in un programma di lotta alla povertà sarebbe dovuto essere l'Agenda sociale europea, i cui obiettivi erano: creazione di una strategia integrata che garantisca un'interazione positiva delle politiche economiche, sociali e dell'occupazione, promuovendo la qualità dell'occupazione, delle politiche sociali e delle relazioni industriali, consentendo infine il miglioramento del capitale umano e sociale anche attraverso migliori e innovativi sistemi di protezione sociale;
il riconoscimento del diritto fondamentale delle persone in condizioni di povertà e di esclusione sociale di vivere dignitosamente e di far parte a pieno titolo della società è elemento fondante di ogni società che si definisca avanzata così come è elemento fondante quello di promuovere una società che sostenga e sviluppi la qualità della vita, ivi compresa la qualità delle competenze e dell'occupazione, il benessere sociale, compreso quello dei bambini e la parità di opportunità per tutti e, invece la stessa social card, salutata solo un anno fa come la panacea per tutti mali della povertà, nella nuova legge di stabilità per il 2011 non trova collocazione non essendo previsto un solo centesimo di finanziamento;
a fronte di una situazione così drammatica, vi è, ancora una volta la conferma da parte del governo di tutte le decurtazioni già avvenute in particolare con il decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122 di tutti i principali Fondi relativi alla spesa sociale, primo fra tutti, il Fondo nazionale per le politiche sociali che vede per il 2011 uno stanziamento da ripartire per le regioni pari solo a 200 milioni di euro;
i tagli hanno riguardato anche: il Fondo per l'infanzia e l'adolescenza che passa nel giro di tre anni da 44.467 a 39.964, il Fondo per le politiche della famiglia che passa dai 280.000 del 2008 agli attuali 52.466, il Fondo nazionale per il servizio civile che passa dai 303.422 per il 2008 ai 170.261 per il 2010, agli attuali 112, al totale azzeramento del Fondo per la non autosufficienza di cui all'articolo 1, comma 1264, della legge finanziaria 27 dicembre 2006, n. 296 il cui finanziamento per il 2011 non è previsto; non finanziamento del Fondo per l'inclusione degli immigrati; ed ancora il Fondo per le pari opportunità a cui vengono assegnati per il 2011 17 milioni di euro togliendoli però al Fondo per le politiche giovanili e niente viene detto per il Fondo contro la violenza alle donne, completamente dimenticato, come dimenticato è il fondo per l'inclusione sociali degli immigrati ed infine il 5 per mille ridotto di ben 300 milioni, di fatto annullato ed ancora viene predisposto un taglio lineare alle politiche sociali di ben 40 milioni di euro:
il mancato finanziamento del Fondo per l'inclusione sociale degli immigrati come tutte le politiche fino ad ora adottate si inquadrano in un'ottica di immigrazione vista solo sul piano della sicurezza e non dell'integrazione;
l'immigrazione è sicuramente una delle questioni sociali più importanti attualmente in Italia, in quanto i cittadini stranieri residenti in Italia al 1o gennaio 2009 sono 3.891.295, pari al 6,5 per cento del totale dei residenti e rappresentano nonché del 7 per cento della forza lavoro del nostro paese;
la realtà dell'immigrazione del nostro paese è un fatto positivo, strutturale e duraturo se correttamente gestita perché può corrispondere alle necessità della nostra economia, delle nostre famiglie, del nostro welfare;
il patto europeo per l'immigrazione invita gli Stati membri a «porre in essere una politica d'integrazione armoniosa, favorendo la partecipazione dell'immigrato alla sfera civica, al mondo del lavoro, all'istruzione, al dialogo interculturale cercando di eliminare ogni diversità di trattamento che risulti discriminatorio per il cittadino terzo»;
il Patto Europeo per l'immigrazione del giugno 2008, è stato sottoscritto anche dal Governo italiano e propone una gestione dell'immigrazione incentrata attorno agli obiettivi della prosperità, della sicurezza e della solidarietà. «Le migrazioni internazionali possono rappresentare un'opportunità, costituendo un fattore di scambio culturale, umano, sociale ed economico. Il potenziale dell'immigrazione può essere considerato maggiormente positivo soltanto con un'integrazione riuscita nelle società dei paesi ospitanti»,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di:
a) adottare ulteriori iniziative normative volte a: estendere la regolarizzazione prevista per colf e badanti dalla legge n.102 del 2009 che convertiva con modificazioni il decreto-legge n. 78 dello stesso anno anche a quei settori dell'economia italiana in cui vi sia un'alta incidenza di manodopera irregolare nonché in quei settori ove la domanda di manodopera di lavoratori extracomunitaria sia particolarmente richiesta dalle imprese e, comunque, con particolare attenzione ai settori economici di cui all'edilizia, agricoltura, terziario, pubblici esercizi e assistenza familiare;
b) aumentare dagli attuali sei mesi ad un anno il tempo necessario per il rinnovo dei permessi di soggiorno per quei lavoratori immigrati colpiti da situazioni di crisi e per i quali i soli sei mesi entro cui trovare un'occupazione regolare dopo la perdita del posto di lavoro precedente rischiano di essere insufficienti, mettendo così a rischio una loro regolare permanenza nel nostro Paese;
convocare un tavolo istituzionale sul tema delle truffe a danno degli immigrati nonché a prevedere una normativa in tempi brevi che permetta a questi stranieri di denunciare la truffa subita senza il pericolo di essere espulsi dal territorio italiano;
attuare tutte le misure per combattere ogni forma di sfruttamento del lavoro, attraverso una rigorosa applicazione della normativa vigente, in modo particolare dell'articolo 18 del decreto legislativo 286 del 1998 che prevede un permesso di soggiorno per le persone che denunciano i propri sfruttatori prevedendo anche l'introduzione nel nostro ordinamento del reato per grave sfruttamento del lavoro, un'autonoma fattispecie incriminatrice del caporalato, aggravata quando.
9/3778-A/131.(Testo modificato nel corso della seduta) Livia Turco, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la Legge di Stabilità presentata dal Governo contiene delle misure la cui sostenibilità da parte delle amministrazioni pubbliche nonché l'effettiva realizzabilità dei risparmi attesi si riflette sull'inadeguatezza dei tagli indifferenziati e non selettivi che potrebbero tradursi o in un rallentamento della spesa in conto capitale o in meri slittamenti nel tempo di pagamenti o nella formazione di debiti sommersi e, certamente, nella riduzione della funzionalità della pubblica amministrazione e dei servizi ai cittadini;
si tratta, in ogni caso, di misure che avranno effetti recessivi e porteranno ad una riduzione del tasso di crescita del PIL pari a 0,5 punti percentuali nel periodo di riferimento 2010-2012;
nel prossimo biennio sull'attività economica potrebbe continuare a gravare una dinamica debole dei consumi, frenati dalla stazionarietà del reddito disponibile, la previsione di un tasso di crescita del 2 per cento nel biennio 2012-2013 appare fin troppo ottimistica;
il riequilibrio duraturo dei conti pubblici passa soprattutto per il rafforzamento del potenziale di crescita dell'economia. L'uscita dalla crisi deve essere un'opportunità per porre le basi per attuare riforme strutturali che accrescano la produttività e la competitività del nostro Paese;
pur non avendo indicato nella DFP alcun disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, il Governo sta annunciando, negli incontri con le parti sociali e gli attori economici, la presentazione a fine anno dell'ennesimo decreto riducendo così al minimo il ruolo, il dibattito e la capacità di intervento del Parlamento;
il perdurare dell'assenza di una vera e concreta politica di lotta alla povertà e alle disuguaglianze, nel momento in cui, il potere d'acquisto delle famiglie, in particolare del lavoro dipendente e dei pensionati è fortemente in crisi e, nonostante che la Commissione europea abbia designato il 2010 quale Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale al fine di riaffermare e rafforzare l'iniziale impegno politico dell'UE formulato all'avvio della strategia di Lisbona per «imprimere una svolta decisiva alla lotta contro la povertà»;
il punto di riferimento in un programma di lotta alla povertà sarebbe dovuto essere l'Agenda sociale europea, i cui obiettivi erano: creazione di una strategia integrata che garantisca un'interazione positiva delle politiche economiche, sociali e dell'occupazione, promuovendo la qualità dell'occupazione, delle politiche sociali e delle relazioni industriali, consentendo infine il miglioramento del capitale umano e sociale anche attraverso migliori e innovativi sistemi di protezione sociale;
il riconoscimento del diritto fondamentale delle persone in condizioni di povertà e di esclusione sociale di vivere dignitosamente e di far parte a pieno titolo della società è elemento fondante di ogni società che si definisca avanzata così come è elemento fondante quello di promuovere una società che sostenga e sviluppi la qualità della vita, ivi compresa la qualità delle competenze e dell'occupazione, il benessere sociale, compreso quello dei bambini e la parità di opportunità per tutti e, invece la stessa social card, salutata solo un anno fa come la panacea per tutti mali della povertà, nella nuova legge di stabilità per il 2011 non trova collocazione non essendo previsto un solo centesimo di finanziamento;
a fronte di una situazione così drammatica, vi è, ancora una volta la conferma da parte del governo di tutte le decurtazioni già avvenute in particolare con il decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122 di tutti i principali Fondi relativi alla spesa sociale, primo fra tutti, il Fondo nazionale per le politiche sociali che vede per il 2011 uno stanziamento da ripartire per le regioni pari solo a 200 milioni di euro;
i tagli hanno riguardato anche: il Fondo per l'infanzia e l'adolescenza che passa nel giro di tre anni da 44.467 a 39.964, il Fondo per le politiche della famiglia che passa dai 280.000 del 2008 agli attuali 52.466, il Fondo nazionale per il servizio civile che passa dai 303.422 per il 2008 ai 170.261 per il 2010, agli attuali 112, al totale azzeramento del Fondo per la non autosufficienza di cui all'articolo 1, comma 1264, della legge finanziaria 27 dicembre 2006, n. 296 il cui finanziamento per il 2011 non è previsto; non finanziamento del Fondo per l'inclusione degli immigrati; ed ancora il Fondo per le pari opportunità a cui vengono assegnati per il 2011 17 milioni di euro togliendoli però al Fondo per le politiche giovanili e niente viene detto per il Fondo contro la violenza alle donne, completamente dimenticato, come dimenticato è il fondo per l'inclusione sociali degli immigrati ed infine il 5 per mille ridotto di ben 300 milioni, di fatto annullato ed ancora viene predisposto un taglio lineare alle politiche sociali di ben 40 milioni di euro,

impegna il Governo:

ad individuare tutte le risorse economiche necessarie affinché il Fondo per le politiche giovanili di cui all'articolo 19, comma 2 del decreto-legge n. 223 del 2006 nonché il Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza di cui alla legge n. 285 del 1997 siano adeguatamente rifinanziati;

a considerare le politiche giovanili come parte integrante, sostanziale e strategica delle politiche di sviluppo del nostro stato e della nostra società;
a predisporre le basi per la stesura di una legge quadro nazionale sulle politiche giovanili, visto che L'Italia è uno dei pochi Paesi dell'Unione europea in cui non sia ancora in vigore una legge quadro che fissi gli indirizzi e gli standard (all'interno di un Piano Nazionale) per gli interventi a favore delle giovani generazioni;
ad individuare nell'approvazione a livello nazionale dei livelli essenziali delle prestazioni sociali di cui all'articolo 22 della legge n. 328 del 2000 quelle che si riferiscono ai giovani con particolare attenzione allo sviluppo di una rete integrata di servizi che permetta a tutti i giovani, di qualsiasi ceto sociale di provenienza, un inserimento reale e completo nel tessuto sociale del nostro paese;
ad adottare tutte le misure necessarie affinché, sempre in un ottica di contenimento della spesa pubblica, le spese sociali o almeno parti di esse, come quella relativa alle politiche giovanili, ai servizi domiciliari e quelle inerenti al disagio familiare possano essere escluse dai vincoli del patto di stabilità così come avviene per le spese sanitarie.
9/3778-A/132.Sbrollini, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la Legge di Stabilità presentata dal Governo contiene delle misure la cui sostenibilità da parte delle amministrazioni pubbliche nonché l'effettiva realizzabilità dei risparmi attesi si riflette sull'inadeguatezza dei tagli indifferenziati e non selettivi che potrebbero tradursi o in un rallentamento della spesa in conto capitale o in meri slittamenti nel tempo di pagamenti o nella formazione di debiti sommersi e, certamente, nella riduzione della funzionalità della pubblica amministrazione e dei servizi ai cittadini;
si tratta, in ogni caso, di misure che avranno effetti recessivi e porteranno ad una riduzione del tasso di crescita del PIL pari a 0,5 punti percentuali nel periodo di riferimento 2010-2012;
nel prossimo biennio sull'attività economica potrebbe continuare a gravare una dinamica debole dei consumi, frenati dalla stazionarietà del reddito disponibile, la previsione di un tasso di crescita del 2 per cento nel biennio 2012-2013 appare fin troppo ottimistica;
il riequilibrio duraturo dei conti pubblici passa soprattutto per il rafforzamento del potenziale di crescita dell'economia. L'uscita dalla crisi deve essere un'opportunità per porre le basi per attuare riforme strutturali che accrescano la produttività e la competitività del nostro Paese;
pur non avendo indicato nella DFP alcun disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, il Governo sta annunciando, negli incontri con le parti sociali e gli attori economici, la presentazione a fine anno dell'ennesimo decreto riducendo così al minimo il ruolo, il dibattito e la capacità di intervento del Parlamento;
per quanto attiene al settore della sanità, anche questo è caratterizzato solo da tagli o da mancati rifinanziamenti, prima fra tutti l'Istituto Superiore di sanità a cui gli vengono decurtati 5 milioni di euro; la lotta al randagismo, che nonostante la Commissione stia esaminando da ormai lungo tempo una riforma per debellare tale odioso fenomeno presente nel nostro paese che in alcune zone mette addirittura a rischio la vita e la sicurezza delle persone, prevede solo uno stanziamento pari a 0,7 milioni rispetto ai 3,4 dello scorso anno; le somme destinate alle regioni e alle province autonome per la procreazione medicalmente assistita ridotte a solo 1,2 milioni di euro e ancora il non sufficiente finanziamento delle risorse relative alle somme per la liquidazione delle transazioni da stipulare con i soggetti emotrasfusi, danneggiati da sangue infetto o emoderivati infetti che abbiano instaurato azioni di risarcimento danni, decurtazioni subisce anche l'Agenzia Italiana del Farmaco a tutto questo bisogna aggiungere il fatto che il nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui Livelli essenziali d'assistenza, dopo la revoca di quello del 2008 non è stato ancora emanato;
il mancato aggiornamento dei LEA da almeno due anni sta avendo gravi ripercussioni sui cittadini in particolar modo quelli più deboli che si sono visti costretti in tutto questo tempo a far fronte da soli alle mancate ed auspicate novità previste nel 2008 e mai entrate in vigore, quali il nuovo «nomenclatore Tariffario delle Protesi dei Presidi e degli Ausili» l'aggiornamento dell'elenco delle malattie croniche e rare esentate dal pagamento del ticket, l'introduzione del vaccino anti papilloma virus contro il cancro alla cervice uterina, l'analgesia epidurale che consente di partorire senza dolore, la diagnosi neonatale della sordità congenita e della cataratta congenita, il potenziamento dell'assistenza odontoiatrica attraverso la visita di controllo per tutti e il trattamento delle urgenze, le cure domiciliari soprattutto per i malati nella fase terminale, i servizi socio sanitari come i consultori familiari, i centri di salute mentale, i servizi di neuropsichiatria per i minori, i servizi per i disabili gravi e quelli per le persone con dipendenze patologiche,

impegna il Governo

visto l'invecchiamento della popolazione e la prevalenza delle malattie croniche che rendono obsoleto un sistema sanitario ospedalocentrico, in un ottica di razionalizzazione dei costi sanitari, a promuovere l'incentivazione di politiche volte a porre al centro del sistema sanitario la medicina territoriale centrata sul paziente, suoi bisogni e in cui il momento della cura sia integrato con quello della promozione della salute e della prevenzione delle malattie, sul lavoro in team e in grado di assicurare, attraverso strutture dedicate, presa in carico, continuità di cura e integrazione socioassistenziale;
9/3778-A/133.Grassi, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la Legge di Stabilità presentata dal Governo contiene delle misure la cui sostenibilità da parte delle amministrazioni pubbliche nonché l'effettiva realizzabilità dei risparmi attesi si riflette sull'inadeguatezza dei tagli indifferenziati e non selettivi che potrebbero tradursi o in un rallentamento della spesa in conto capitale o in meri slittamenti nel tempo di pagamenti o nella formazione di debiti sommersi e, certamente, nella riduzione della funzionalità della pubblica amministrazione e dei servizi ai cittadini;
si tratta, in ogni caso, di misure che avranno effetti recessivi e porteranno ad una riduzione del tasso di crescita del PIL pari a 0,5 punti percentuali nel periodo di riferimento 2010-2012;
nel prossimo biennio sull'attività economica potrebbe continuare a gravare una dinamica debole dei consumi, frenati dalla stazionarietà del reddito disponibile, la previsione di un tasso di crescita del 2 per cento nel biennio 2012-2013 appare fin troppo ottimistica;
il riequilibrio duraturo dei conti pubblici passa soprattutto per il rafforzamento del potenziale di crescita dell'economia. L'uscita dalla crisi deve essere un'opportunità per porre le basi per attuare riforme strutturali che accrescano la produttività e la competitività del nostro Paese;
pur non avendo indicato nella DFP alcun disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, il Governo sta annunciando, negli incontri con le parti sociali e gli attori economici, la presentazione a fine anno dell'ennesimo decreto riducendo così al minimo il ruolo, il dibattito e la capacità di intervento del Parlamento;
per quanto attiene al settore della sanità, anche questo è caratterizzato solo da tagli o da mancati rifinanziamenti, prima fra tutti l'Istituto Superiore di sanità a cui gli vengono decurtati 5 milioni di euro; la lotta al randagismo, che nonostante la Commissione stia esaminando da ormai lungo tempo una riforma per debellare tale odioso fenomeno presente nel nostro paese che in alcune zone mette addirittura a rischio la vita e la sicurezza delle persone, prevede solo uno stanziamento pari a 0,7 milioni rispetto ai 3,4 dello scorso anno; le somme destinate alle regioni e alle province autonome per la procreazione medicalmente assistita ridotte a solo 1,2 milioni di euro e ancora il non sufficiente finanziamento delle risorse relative alle somme per la liquidazione delle transazioni da stipulare con i soggetti emotrasfusi, danneggiati da sangue infetto o emoderivati infetti che abbiano instaurato azioni di risarcimento danni, decurtazioni subisce anche l'Agenzia Italiana del Farmaco a tutto questo bisogna aggiungere il fatto che il nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui Livelli essenziali d'assistenza, dopo la revoca di quello del 2008 non è stato ancora emanato;
il mancato aggiornamento dei LEA da almeno due anni sta avendo gravi ripercussioni sui cittadini in particolar modo quelli più deboli che si sono visti costretti in tutto questo tempo a far fronte da soli alle mancate ed auspicate novità previste nel 2008 e mai entrate in vigore, quali il nuovo «nomenclatore Tariffario delle Protesi dei Presidi e degli Ausili» l'aggiornamento dell'elenco delle malattie croniche e rare esentate dal pagamento del ticket, l'introduzione del vaccino anti papilloma virus contro il cancro alla cervice uterina, l'analgesia epidurale che consente di partorire senza dolore, la diagnosi neonatale della sordità congenita e della cataratta congenita, il potenziamento dell'assistenza odontoiatrica attraverso la visita di controllo per tutti e il trattamento delle urgenze, le cure domiciliari soprattutto per i malati nella fase terminale, i servizi socio sanitari come i consultori familiari, i centri di salute mentale, i servizi di neuropsichiatria per i minori, i servizi per i disabili gravi e quelli per le persone con dipendenze patologiche,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, visto l'invecchiamento della popolazione e la prevalenza delle malattie croniche che rendono obsoleto un sistema sanitario ospedalocentrico, in un ottica di razionalizzazione dei costi sanitari, di promuovere l'incentivazione di politiche volte a porre al centro del sistema sanitario la medicina territoriale centrata sul paziente, suoi bisogni e in cui il momento della cura sia integrato con quello della promozione della salute e della prevenzione delle malattie, sul lavoro in team e in grado di assicurare, attraverso strutture dedicate, presa in carico, continuità di cura e integrazione socioassistenziale;
9/3778-A/133.(Testo modificato nel corso della seduta) Grassi, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la Legge di Stabilità presentata dal Governo contiene delle misure la cui sostenibilità da parte delle amministrazioni pubbliche nonché l'effettiva realizzabilità dei risparmi attesi si riflette sull'inadeguatezza dei tagli indifferenziati e non selettivi che potrebbero tradursi o in un rallentamento della spesa in conto capitale o in meri slittamenti nel tempo di pagamenti o nella formazione di debiti sommersi e, certamente, nella riduzione della funzionalità della pubblica amministrazione e dei servizi ai cittadini;
si tratta, in ogni caso, di misure che avranno effetti recessivi e porteranno ad una riduzione del tasso di crescita del PIL pari a 0,5 punti percentuali nel periodo di riferimento 2010-2012;
nel prossimo biennio sull'attività economica potrebbe continuare a gravare una dinamica debole dei consumi, frenati dalla stazionarietà del reddito disponibile, la previsione di un tasso di crescita del 2 per cento nel biennio 2012-2013 appare fin troppo ottimistica;
il riequilibrio duraturo dei conti pubblici passa soprattutto per il rafforzamento del potenziale di crescita dell'economia. L'uscita dalla crisi deve essere un'opportunità per porre le basi per attuare riforme strutturali che accrescano la produttività e la competitività del nostro Paese;
pur non avendo indicato nella DFP alcun disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, il Governo sta annunciando, negli incontri con le parti sociali e gli attori economici, la presentazione a fine anno dell'ennesimo decreto riducendo così al minimo il ruolo, il dibattito e la capacità di intervento del Parlamento;
per quanto attiene al settore della sanità, anche questo è caratterizzato solo da tagli o da mancati rifinanziamenti, prima fra tutti l'Istituto Superiore di sanità a cui vengono decurtati 5 milioni di euro; la lotta al randagismo, che nonostante la Commissione stia esaminando da ormai lungo tempo una riforma per debellare tale odioso fenomeno presente nel nostro paese che in alcune zone mette addirittura a rischio la vita e la sicurezza delle persone, prevede solo uno stanziamento pari a 0,7 milioni rispetto ai 3,4 dello scorso anno; le somme destinate alle regioni e alle province autonome per la procreazione medicalmente assistita ridotte a solo 1,2 milioni di euro e ancora il non sufficiente finanziamento delle risorse relative alle somme per la liquidazione delle transazioni da stipulare con i soggetti emotrasfusi, danneggiati da sangue infetto o emoderivati infetti che abbiano instaurato azioni di risarcimento danni, decurtazioni subisce anche l'Agenzia Italiana del Farmaco, a tutto questo bisogna aggiungere il fatto che il nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui Livelli essenziali d'assistenza, dopo la revoca di quello del 2008 non è stato ancora emanato;
il mancato aggiornamento dei LEA da almeno due anni sta avendo gravi ripercussioni sui cittadini in particolar modo quelli più deboli che si sono visti costretti in tutto questo tempo a far fronte da soli alle mancate ed auspicate novità previste nel 2008 e mai entrate in vigore, quali il nuovo «nomenclatore Tariffario delle Protesi dei Presidi e degli Ausili» l'aggiornamento dell'elenco delle malattie croniche e rare esentate dal pagamento del ticket, l'introduzione del vaccino anti papilloma virus contro il cancro alla cervice uterina, l'analgesia epidurale che consente di partorire senza dolore, la diagnosi neonatale della sordità congenita e della cataratta congenita, il potenziamento dell'assistenza odontoiatrica attraverso la visita di controllo per tutti e il trattamento delle urgenze, le cure domiciliari soprattutto per i malati nella fase terminale, i servizi socio sanitari come i consultori familiari, i centri di salute mentale, i servizi di neuropsichiatria per i minori, i servizi per i disabili gravi e quelli per le persone con dipendenze patologiche;
in data 27 luglio 2010 alla Camera dei Deputati, in sede di Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 maggio 2010, 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, il governo ha accettato il mio ordine del giorno n. 9/3638/312 con il quale si impegnava ad emanare il decreto sui LEA entro il mese di settembre 2010, termine da considerarsi perentorio salvo che il ministro dell'economia non avesse comunicato al Parlamento le ragioni che considerasse ostative all'emanazione del decreto in questione entro il termine indicato;
il mese di settembre nonché quello di ottobre e parte di quello di novembre 2010 sono passati senza che né sia stato emanato il nuovo DPCM sull'introduzione dei nuovi LEA né che il Ministro delle Finanze comunicasse al Parlamento le ragioni ostative all'emanazione dei nuovi LEA,

impegna il Governo

al rispetto degli impegni precedentemente assunti con questa Assemblea e ad emanare il nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sull'introduzione dei nuovi LEA entro e non oltre la fine del mese di novembre 2010.
9/3778-A/134(Versione corretta).Farina Coscioni.

La Camera,
premesso che:
la Legge di Stabilità presentata dal Governo contiene delle misure la cui sostenibilità da parte delle amministrazioni pubbliche nonché l'effettiva realizzabilità dei risparmi attesi si riflette sull'inadeguatezza dei tagli indifferenziati e non selettivi che potrebbero tradursi o in un rallentamento della spesa in conto capitale o in meri slittamenti nel tempo di pagamenti o nella formazione di debiti sommersi e, certamente, nella riduzione della funzionalità della pubblica amministrazione e dei servizi ai cittadini;
si tratta, in ogni caso, di misure che avranno effetti recessivi e porteranno ad una riduzione del tasso di crescita del PIL pari a 0,5 punti percentuali nel periodo di riferimento 2010-2012;
nel prossimo biennio sull'attività economica potrebbe continuare a gravare una dinamica debole dei consumi, frenati dalla stazionarietà del reddito disponibile, la previsione di un tasso di crescita del 2 per cento nel biennio 2012-2013 appare fin troppo ottimistica;
il riequilibrio duraturo dei conti pubblici passa soprattutto per il rafforzamento del potenziale di crescita dell'economia. L'uscita dalla crisi deve essere un'opportunità per porre le basi per attuare riforme strutturali che accrescano la produttività e la competitività del nostro Paese;
pur non avendo indicato nella DFP alcun disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, il Governo sta annunciando, negli incontri con le parti sociali e gli attori economici, la presentazione a fine anno dell'ennesimo decreto riducendo così al minimo il ruolo, il dibattito e la capacità di intervento del Parlamento;
per quanto attiene al settore della sanità, anche questo è caratterizzato solo da tagli o da mancati rifinanziamenti, prima fra tutti l'Istituto Superiore di sanità a cui gli vengono decurtati 5 milioni di euro; la lotta al randagismo, che nonostante la Commissione stia esaminando da ormai lungo tempo una riforma per debellare tale odioso fenomeno presente nel nostro Paese che in alcune zone mette addirittura a rischio la vita e la sicurezza delle persone, prevede solo uno stanziamento pari a 0,7 milioni rispetto ai 3,4 dello scorso anno; le somme destinate alle regioni e alle province autonome per la procreazione medicalmente assistita ridotte a solo 1,2 milioni di euro e ancora il non sufficiente finanziamento delle risorse relative alle somme per la liquidazione delle transazioni da stipulare con i soggetti emotrasfusi, danneggiati da sangue infetto o emoderivati infetti che abbiano instaurato azioni di risarcimento danni, decurtazioni subisce anche l'Agenzia Italiana del Farmaco e a tutto questo bisogna aggiungere il fatto che il nuovo DPCM sui Livelli essenziali d'assistenza, dopo la revoca di quello del 2008 non è stato ancora emanato;
il mancato aggiornamento dei LEA da almeno due anni sta avendo gravi ripercussioni sui cittadini in particolar modo quelli più deboli che si sono visti costretti in tutto questo tempo a far fronte da soli alle mancate ed auspicate novità previste nel 2008 e mai entrate in vigore, quali il nuovo «nomenclatore Tariffario delle Protesi dei Presidi e degli Ausili» l'aggiornamento dell'elenco delle malattie croniche e rare esentate dal pagamento del ticket, l'introduzione del vaccino anti papilloma virus contro il cancro alla cervice uterina, l'analgesia epidurale che consente di partorire senza dolore, la diagnosi neonatale della sordità congenita e della cataratta congenita, il potenziamento dell'assistenza odontoiatrica attraverso la visita di controllo per tutti e il trattamento delle urgenze, in particolare il mancato aggiornamento dei LEA sta avendo forti ripercussioni su quei circa 2 milioni di persone affette da malattie rare, moltissimi dei quali in età pediatrica;
l'Unione europea ha indicato le malattie rare, quelle che colpiscono «solo» tra il 6 e l'8 per cento della popolazione nel corso della vita, che in Europa significa circa 30 milioni di persone, tra i temi prioritari delle politiche sanitarie, al fine di stabilire l'uguaglianza del trattamento dei cittadini rispetto ai livelli essenziali di assistenza stabiliti dagli Stati membri;
l'80 per cento delle malattie rare è di origine genetica, per il restante 20 per cento dei casi si tratta di malattie acquisite;
la rarità della malattia fa scaturire un'altra conseguenza per la stessa, ovvero l'essere «orfana», in quanto non riceve le attenzioni e il sostegno economico-sociale adeguati,

impegna il Governo:

a porre in essere tutte le misure necessarie per garantire la presa in carico dei malati affetti da malattie rare e delle loro famiglie, in particolare attraverso l'accesso alle cure e all'assistenza materiale, economica e psicologica, in modo da ottemperare alle indicazioni dell'Unione europea predisponendo un Piano nazionale per le malattie rare, da allegarsi al Piano sanitario nazionale che abbia come obiettivo l'indicazione delle aree prioritarie d'intervento e le azioni necessarie alla sorveglianza delle malattie rare, la diffusione dell'informazione, la formazione dei medici e delle figure professionali interessate a tale materia nonché l'aggiornamento delle stesse;
a predisporre tutti gli strumenti economici e normativi necessari affinché vi sia un allargamento degli screening neonatali su tutti i nati indipendentemente se il parto sia stato effettuato in strutture ospedaliere a domicilio al fine di garantire una diagnosi precoce delle malattie metaboliche di origine genetica;
ad istituire un comitato nazionale per le malattie rare, in grado di monitorare la fenomenologia e l'incidenza delle malattie rare e gestire i fondi relativi;
ad agevolare la predisposizione di una normativa che preveda l'autorizzazione temporanea di utilizzo per favorire l'accesso ai farmaci innovativi cosiddetti orfani;
recepire le raccomandazioni del Consiglio europeo in forma tempestiva, partendo dall'istituzione di un fondo ad hoc per garantire che i farmaci innovativi cosiddetti «orfani» nonché i parafarmaci e farmaci di fascia C indispensabili per la cura delle patologie rare siano posti a carico del Servizio sanitario nazionale con una gestione trasparente tramite l'inserimento, in modo omogeneo, in tutti i prontuari regionali, in tempi prestabiliti, una volta ottenuta l'autorizzazione alla commercializzazione.
9/3778-A/135. Pedoto, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la Legge di Stabilità presentata dal Governo contiene delle misure la cui sostenibilità da parte delle amministrazioni pubbliche nonché l'effettiva realizzabilità dei risparmi attesi si riflette sull'inadeguatezza dei tagli indifferenziati e non selettivi che potrebbero tradursi o in un rallentamento della spesa in conto capitale o in meri slittamenti nel tempo di pagamenti o nella formazione di debiti sommersi e, certamente, nella riduzione della funzionalità della pubblica amministrazione e dei servizi ai cittadini;
si tratta, in ogni caso, di misure che avranno effetti recessivi e porteranno ad una riduzione del tasso di crescita del PIL pari a 0,5 punti percentuali nel periodo di riferimento 2010-2012;
nel prossimo biennio sull'attività economica potrebbe continuare a gravare una dinamica debole dei consumi, frenati dalla stazionarietà del reddito disponibile, la previsione di un tasso di crescita del 2 per cento nel biennio 2012-2013 appare fin troppo ottimistica;
il riequilibrio duraturo dei conti pubblici passa soprattutto per il rafforzamento del potenziale di crescita dell'economia. L'uscita dalla crisi deve essere un'opportunità per porre le basi per attuare riforme strutturali che accrescano la produttività e la competitività del nostro Paese;
pur non avendo indicato nella DFP alcun disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, il Governo sta annunciando, negli incontri con le parti sociali e gli attori economici, la presentazione a fine anno dell'ennesimo decreto riducendo così al minimo il ruolo, il dibattito e la capacità di intervento del Parlamento;
il perdurare dell'assenza di una vera e concreta politica di lotta alla povertà e alle disuguaglianze, nel momento in cui, il potere d'acquisto delle famiglie, in particolare del lavoro dipendente e dei pensionati è fortemente in crisi e, nonostante che la Commissione europea abbia designato il 2010 quale Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale al fine di riaffermare e rafforzare l'iniziale impegno politico dell'UE formulato all'avvio della strategia di Lisbona per «imprimere una svolta decisiva alla lotta contro la povertà»;
il punto di riferimento in un programma di lotta alla povertà sarebbe dovuto essere l'Agenda sociale europea, i cui obiettivi erano: creazione di una strategia integrata che garantisca un'interazione positiva delle politiche economiche, sociali e dell'occupazione, promuovendo la qualità dell'occupazione, delle politiche sociali e delle relazioni industriali, consentendo infine il miglioramento del capitale umano e sociale anche attraverso migliori e innovativi sistemi di protezione sociale;
il riconoscimento del diritto fondamentale delle persone in condizioni di povertà e di esclusione sociale di vivere dignitosamente e di far parte a pieno titolo della società è elemento fondante di ogni società che si definisca avanzata così come è elemento fondante quello di promuovere una società che sostenga e sviluppi la qualità della vita, ivi compresa la qualità delle competenze e dell'occupazione, il benessere sociale, compreso quello dei bambini e la parità di opportunità per tutti e, invece la stessa «social card», salutata solo un anno fa come la panacea per tutti mali della povertà, nella nuova legge di stabilità per il 2011 non trova collocazione non essendo previsto un solo centesimo di finanziamento;
a fronte di una situazione così drammatica, vi è, ancora una volta la conferma da parte del Governo di tutte le decurtazioni già avvenute in particolare con il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, di tutti i principali Fondi relativi alla spesa sociale, primo fra tutti, il Fondo nazionale per le politiche sociali che vede per il 2011 uno stanziamento da ripartire per le regioni pari solo a 200 milioni di euro;
i tagli hanno riguardato anche: il Fondo per l'infanzia e l'adolescenza che passa nel giro di tre anni da 44.467 a 39.964, il Fondo per le politiche della famiglia che passa dai 280.000 del 2008 agli attuali 52.466, il Fondo nazionale per il servizio civile che passa dai 303.422 per il 2008 ai 170.261 per il 2010, agli attuali 112, al totale azzeramento del Fondo per la non autosufficienza di cui all'articolo 1, comma 1264, della legge finanziaria 27 dicembre 2006, n. 296 il cui finanziamento per il 2011 non è previsto; non finanziamento del Fondo per l'inclusione degli immigrati; ed ancora il Fondo per le pari opportunità a cui vengono assegnati per il 2011 17 milioni di euro togliendoli però al Fondo per le politiche giovanili e niente viene detto per il Fondo contro la violenza alle donne, completamente dimenticato, come dimenticato è il fondo per l'inclusione sociali degli immigrati ed infine il 5 per mille ridotto di ben 300 milioni, di fatto annullato ed ancora viene predisposto un taglio lineare alle politiche sociali di ben 40 milioni di euro,

impegna il Governo:

a considerare tra le sue priorità una politica per la famiglia non soltanto quella cosiddetta «tradizionale» ma comprensiva dei molteplici modelli che si sono affermati in questi anni, caratterizzati dalla presenza nel nucleo di un numero sempre più limitato di persone con un forte incremento di famiglie monoparentali o uni personali che esprimono una nuova fragilità e nuove esigenze;
ad adottare una politica di sostegno dei redditi più bassi non solo attraverso incentivi economici, ma implementando anche le politiche socio-sanitarie attraverso una maggiore e più efficace integrazione dei servizi sociali e di cura specialmente per ciò che attiene al rapporto tra servizi socio-sanitari e territorio in direzione dello sviluppo generale delle azioni per la domiciliarità.
9/3778-A/136. D'Incecco, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la Legge di Stabilità presentata dal Governo contiene delle misure la cui sostenibilità da parte delle amministrazioni pubbliche nonché l'effettiva realizzabilità dei risparmi attesi si riflette sull'inadeguatezza dei tagli indifferenziati e non selettivi che potrebbero tradursi o in un rallentamento della spesa in conto capitale o in meri slittamenti nel tempo di pagamenti o nella formazione di debiti sommersi e, certamente, nella riduzione della funzionalità della pubblica amministrazione e dei servizi ai cittadini;
si tratta, in ogni caso, di misure che avranno effetti recessivi e porteranno ad una riduzione del tasso di crescita del PIL pari a 0,5 punti percentuali nel periodo di riferimento 2010-2012;
nel prossimo biennio sull'attività economica potrebbe continuare a gravare una dinamica debole dei consumi, frenati dalla stazionarietà del reddito disponibile, la previsione di un tasso di crescita del 2 per cento nel biennio 2012-2013 appare fin troppo ottimistica;
il riequilibrio duraturo dei conti pubblici passa soprattutto per il rafforzamento del potenziale di crescita dell'economia. L'uscita dalla crisi deve essere un'opportunità per porre le basi per attuare riforme strutturali che accrescano la produttività e la competitività del nostro Paese;
pur non avendo indicato nella DFP alcun disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica, il Governo sta annunciando, negli incontri con le parti sociali e gli attori economici, la presentazione a fine anno dell'ennesimo decreto riducendo così al minimo il ruolo, il dibattito e la capacità di intervento del Parlamento;
per quanto attiene al settore della sanità, anche questo è caratterizzato solo da tagli o da mancati rifinanziamenti, prima fra tutti l'Istituto Superiore di sanità a cui gli vengono decurtati 5 milioni di euro; la lotta al randagismo, che nonostante la Commissione stia esaminando da ormai lungo tempo una riforma per debellare tale odioso fenomeno presente nel nostro Paese che in alcune zone mette addirittura a rischio la vita e la sicurezza delle persone, prevede solo uno stanziamento pari a 0,7 milioni rispetto ai 3,4 dello scorso anno; le somme destinate alle regioni e alle province autonome per la procreazione medicalmente assistita ridotte a solo 1,2 milioni di euro e ancora il non sufficiente finanziamento delle risorse relative alle somme per la liquidazione delle transazioni da stipulare con i soggetti emotrasfusi, danneggiati da sangue infetto o emoderivati infetti che abbiano instaurato azioni di risarcimento danni, decurtazioni subisce anche l'Agenzia Italiana del Farmaco a tutto questo bisogna aggiungere il fatto che il nuovo DPCM sui Livelli essenziali d'assistenza, dopo la revoca di quello del 2008 non è stato ancora emanato;
il mancato aggiornamento dei LEA da almeno due anni sta avendo gravi ripercussioni sui cittadini in particolar modo quelli più deboli che si sono visti costretti in tutto questo tempo a far fronte da soli alle mancate ed auspicate novità previste nel 2008 e mai entrate in vigore, quali il nuovo «nomenclatore Tariffario delle Protesi dei Presidi e degli Ausili» l'aggiornamento dell'elenco delle malattie croniche e rare esentate dal pagamento del ticket, l'introduzione del vaccino anti papilloma virus contro il cancro alla cervice uterina, l'analgesia epidurale che consente di partorire senza dolore, la diagnosi neonatale della sordità congenita e della cataratta congenita, il potenziamento dell'assistenza odontoiatrica attraverso la visita di controllo per tutti e il trattamento delle urgenze, le cure domiciliari soprattutto per i malati nella fase terminale, i servizi socio sanitari come i consultori familiari, i centri di salute mentale, i servizi di neuropsichiatria per i minori, i servizi per i disabili gravi e quelli per le persone con dipendenze patologiche;
il mancato ripristino di fondi certi e sufficienti a portare avanti i progetti già avviati e da avviare nell'edilizia sanitaria mette in crisi la politica della razionalizzazione dei posti letto, specialmente nelle regioni meridionali che stanno completando l'adeguamento della propria offerta sanitaria affinché anche in queste regioni non vi sia più un degrado del patrimonio sanitario pubblico ma una riorganizzazione della rete ospedaliera e dei percorsi di cura ospedale-territorio in quanto è anche su tale scelta che si gioca il destino dei piani di rientro e la qualità dell'assistenza sanitaria in molte regioni del Mezzogiorno,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative affinché anche nel settore dell'edilizia sanitaria siano stanziate risorse certe ed adeguate volte a mantenere gli stanziamenti previsti con i precedenti provvedimenti per l'ammodernamento e la ristrutturazione dell'edilizia sanitaria, garantendo per il 2011 e per il triennio successivo risorse finanziarie sufficienti anche al fine di garantire la piena esecutività dei piani di rientro sanitari.
9/3778-A/137. Burtone, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
con la sentenza depositata in data 17 novembre 2010, la Corte Costituzionale ha bocciato l'articolo 2 della Legge Finanziaria 2010, che prevedeva l'azzeramento dei trasferimenti erariali alle comunità montane relativamente al Fondo sviluppo e investimenti;
la Corte ha affermato che la disciplina delle Comunità montane rientra nella competenza residuale delle regioni e che spetta pertanto a queste ultime, in base all'articolo 119 della Costituzione, provvedere al loro finanziamento, in ragione della progressiva riduzione del finanziamento statale relativo alle comunità montane stesse;
l'illegittimità del citato articolo di legge, comporta pertanto che la norma debba essere reintrodotta secondo le indicazioni della Corte per la quale le regioni che subentrano alla progressiva riduzione dei trasferimenti statali per provvedervi direttamente dovranno concertare con lo Stato le modalità attraverso le quali questo processo si attua;
lo Stato a sua volta deve garantire la continuità dei mutui garantiti da sé medesimo nonché la stessa attuazione della progressività dei trasferimenti erariali alle comunità montane,

impegna il Governo

a dare seguito al contenuto della sentenza della Corte Costituzionale di cui in premessa, anche attraverso una norma apposita, ovvero provvedendovi nel corso della discussione del disegno di legge di stabilità nelle seguenti letture parlamentari, affinché vengano destinate le risorse dovute alle Regioni e alle comunità montane ripristinando gli impegni di bilancio relativi al fondo richiamato e alla progressività dei trasferimenti erariali.
9/3778-A/138. Quartiani, Giovanelli, Vannucci, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la Legge Finanziaria 2007 (Legge n. 296 del 2006) istituiva il «Fondo per le non autosufficienze» (Articolo 1 comma 1264) che recita: «Al fine di garantire l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale con riguardo alle persone non autosufficienti, è istituito presso il Ministero delle solidarietà sociale un fondo denominato "Fondo per le non autosufficienze", al quale è assegnata la somma di 100 milioni di euro per l'anno 2007 e di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009»;
la legge finanziaria 2008 (articolo 104) ha autorizzato un incremento di 100 milioni di euro per l'anno 2008, per un totale di 300 milioni di euro; mentre l'incremento per il 2009 è di 200 milioni di euro, per un totale di 400 milioni di euro;
l'ultima legge finanziaria del 2010 ha incrementato il Fondo con euro 400 milioni per il 2010. Dalla legge di Bilancio di previsione dello Stato 2011-2013, si evince che il Fondo per le non autosufficienze per il triennio 2011-2013 non risulta finanziato;
si ricorda che il Fondo nazionale per la non autosufficienza è una forma di finanziamento autonoma, a carattere nazionale, che permette di ripartire annualmente le risorse alle Regioni, sulla base dei dati relativi alla popolazione non autosufficiente che vi risiede, e di altri di indicatori demografici e socio economici. Tale Fondo garantisce, per le persone non autosufficienti, i livelli essenziali, e non ha una funzione sostitutiva delle prestazioni sanitarie;
in Italia sono 2.615.000 le persone non autosufficienti secondo gli ultimi dati resi disponibili dell'Istat. Si tratta di donne e uomini che riferiscono una totale mancanza di autonomia per almeno una delle funzioni che permettono di condurre una vita quotidiana normale. Perché, se si considerano anche le persone che hanno bisogno di aiuto, anche in parte, per svolgere attività essenziali come alzarsi da un letto o da una sedia, lavarsi o vestirsi il numero sale di molto fino a quasi sette milioni, circa il 13 per cento dell'intera popolazione,

impegna il Governo

a valutare di adottare le opportune iniziative normative al fine di garantire un ulteriore rifinanziamento adeguato del Fondo per le non autosufficienze di cui all'articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, affinché le regioni e, di conseguenza, anche gli enti locali possano predisporre ed erogare adeguati servizi di sostegno e presa in carico della persone non autosufficienti non lasciando così di fatto le famiglie abbandonate e sole ad affrontare un problema così complesso e gravoso.
9/3778-A/139. Di Virgilio, Bocciardo, Patarino.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, prevede, all'articolo 81, comma 32, la concessione, ai residenti di cittadinanza italiana che versano in condizione di maggior disagio economico, di una carta acquisti, del valore di 40 euro al mese (cosiddetta social card) utilizzabile per il sostegno della spesa alimentare e al pagamento delle bollette energetiche nonché alla forniture di gas, con onere a carico dello Stato;
si tratta di uno strumento utile per molte famiglie che vivono in condizione di disagio. Infatti l'Istat nel suo rapporto annuale sottolinea che le famiglie in condizioni di povertà relativa sono 2 milioni 657 mila e rappresentano il 10,8 per cento delle famiglie residenti; si tratta di 7 milioni 810 mila individui poveri, il 13,1 per cento dell'intera popolazione. Ma le condizioni peggiorano tra gli operai e nel Mezzogiorno dove vive in condizioni di povertà oltre uno famiglia su 5 (il 22,7 per cento);
invece 1.162 mila le famiglie in condizione di povertà assoluta per un totale di 3 milioni e 74 mila individui (il 5,2 per cento dell'intera popolazione);
dalla legge di Bilancio di previsione 2011-2013 si evince che non risulta alcun stanziamento a favore della carta acquisti addirittura il Fondo di cui il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 è privo di risorse,

impegna il Governo

a valutare di adottare un'idonea iniziativa normativa al fine di garantire il finanziamento del Fondo di cui all'articolo 81 comma 29 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
9/3778-A/140. Fucci.

La Camera,
premesso che:
nei primi giorni di novembre, la parte settentrionale della provincia di Foggia, con particolare riferimento alla zona costiera che affaccia sull'Adriatico, è stata colpita da eventi alluvionali e mareggiate che hanno provocato l'esondazione di diversi corsi d'acqua e la rottura degli argini marini;
a seguito dell'anomalo afflusso d'acqua si è verificato l'allagamento di centinaia di ettari di terreno agricolo e di alcuni villaggi turistici nei territori dei Comuni di Manfredonia, Margherita di Savoia e Zapponeta;
gli allagamenti hanno arrecato danni immediati per almeno 5 milioni di euro alle aziende agricole ed alle colture di ortaggi pregiati, oltre ad avere compromesso, in alcuni casi definitivamente, la produttività dei terreni invasi dall'acqua marina;
le abbondanti piogge hanno danneggiato ampi tratti della rete viaria provinciale della zona e la gran parte del sistema della viabilità rurale di competenza comunale,

impegna il Governo:

a procedere con urgenza al riconoscimento dello stato di calamità naturale per le zone colpite dall'alluvione;
a stanziare immediatamente un fondo straordinario di 5 milioni di euro da impiegare per interventi in conto capitale e finanziamenti a tasso agevolato in favore delle aziende agricole danneggiate, anche in deroga alle norme che regolano l'intervento dello Stato in casi del genere;
ad assegnare alla regione Puglia un fondo straordinario di 5 milioni di euro, vincolato agli interventi di ricostruzione e manutenzione straordinaria della rete viaria provinciale e comunale dell'area alluvionata;
a stanziare un fondo straordinario di 5 milioni di euro per la messa in sicurezza dei corsi d'acqua esondati e delle barriere naturali a protezione dalle mareggiate, allo scopo di prevenire ulteriori danni al territorio ed alle comunità.
9/3778-A/141. Bordo, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
nei primi giorni di novembre, la parte settentrionale della provincia di Foggia, con particolare riferimento alla zona costiera che affaccia sull'Adriatico, è stata colpita da eventi alluvionali e mareggiate che hanno provocato l'esondazione di diversi corsi d'acqua e la rottura degli argini marini;
a seguito dell'anomalo afflusso d'acqua si è verificato l'allagamento di centinaia di ettari di terreno agricolo e di alcuni villaggi turistici nei territori dei Comuni di Manfredonia, Margherita di Savoia e Zapponeta;
gli allagamenti hanno arrecato danni immediati per almeno 5 milioni di euro alle aziende agricole ed alle colture di ortaggi pregiati, oltre ad avere compromesso, in alcuni casi definitivamente, la produttività dei terreni invasi dall'acqua marina;
le abbondanti piogge hanno danneggiato ampi tratti della rete viaria provinciale della zona e la gran parte del sistema della viabilità rurale di competenza comunale,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di procedere con urgenza al riconoscimento dello stato di calamità naturale per le zone colpite dall'alluvione;
a stanziare immediatamente un fondo straordinario di 5 milioni di euro da impiegare per interventi in conto capitale e finanziamenti a tasso agevolato in favore delle aziende agricole danneggiate, anche in deroga alle norme che regolano l'intervento dello Stato in casi del genere;
ad assegnare alla regione Puglia un fondo straordinario di 5 milioni di euro, vincolato agli interventi di ricostruzione e manutenzione straordinaria della rete viaria provinciale e comunale dell'area alluvionata;
a stanziare un fondo straordinario di 5 milioni di euro per la messa in sicurezza dei corsi d'acqua esondati e delle barriere naturali a protezione dalle mareggiate, allo scopo di prevenire ulteriori danni al territorio ed alle comunità.
9/3778-A/141. (Testo modificato nel corso della seduta) Bordo, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
nelle scorse settimane una gravissima ondata di maltempo, con precipitazioni e piogge violentissime, trombe d'aria, l'esondazione di fiumi e corsi di acqua in particolare dei fiumi Sele, Tanagro e Sarno, ha colpito vaste aree della Provincia di Salerno;
la Piana del Sele, il Vallo di Sano, l'area del Tanagro, la Costiera Amalfitana, l'Agro Sarnese-Nocerino, la Città di Salerno, il Cilento hanno subito danni ingenti e rovinosi;
rilevantissimi risultano i danni alle coltivazioni, a tante aziende agricole e zootecniche, a tante attività imprenditoriali in molteplici settori;
numerosi sono i nuclei familiari che sono stati costretti in diversi Comuni ad abbandonare le loro abitazioni;
si è poi determinata una situazione di assoluta gravità per i pesantissimi danni subiti dall'Acquedotto del Basso Sele, per oltre tre chilometri di condotte;
ne è conseguito già da vari giorni il blocco dell'erogazione dell'acqua potabile, con una vera e propria emergenza idrica, per diversi Comuni ed una popolazione di più di 350.000 persone;
questa situazione di crisi nell'erogazione dell'acqua potabile è destinata a protrarsi fino al periodo natalizio, per i necessari lavori di ripristino della condotta acquedottistica;
già nella riunione con i Sindaci dei Comuni interessati, tenutesi venerdì 12 novembre 2010, il Sottosegretario Bertolaso aveva assicurato che il Governo avrebbe dichiarato nei giorni immediatamente successivi lo stato di calamità naturale dei territori del salernitano, colpiti da questi eventi metereologici così violenti e distruttivi, con la erogazione delle risorse finanziarie occorrenti; si sta nel frattempo ultimando il censimento analitico degli ingenti danni verificatesi; occorre tener conto delle relative spese ai fini della esclusione dal patto di stabilità per gli Enti Locali,

impegna il Governo

a dichiarare con massima urgenza lo stato di calamità naturale delle vaste aree del Salernitano colpite dall'eccezionale ondata di maltempo e di nubifragi dei giorni scorsi, assegnando i finanziamenti occorrenti per tutte le opere necessarie per assicurare un concreto ed efficace sostegno ai Comuni interessati nonché alle imprese e alle aziende che hanno subito danni così forti e penalizzanti, adottando tutti i provvedimenti e le misure anche di carattere fiscale, indispensabili in questa fase così difficile.
9/3778-A/142. Iannuzzi, Baretta, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il 31 ottobre del 2002, una vasta area al confine tra il Mouse e la Puglia veniva colpita da un terremoto che provocò vittime e danni ingenti;
a distanza di 8 anni, i sindaci dei Comuni molisani e pugliesi colpiti denunciano: i ritardi con cui procedono i programmi di ricostruzione del patrimonio pubblico e privato, particolarmente quello rurale, a causa della incerta disponibilità dei fondi stanziati dal Governo negli anni precedenti; il parziale trasferimento del contributo previsto per il 2010; la mancata previsione di risorse da assegnare a compensazione dei tributi locali non versati dai residenti;
il 31 dicembre 2010 cessa di produrre ogni effetto di legge la dichiarazione dello stato di emergenza, a suo tempo adottata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, nonostante il programma di ricostruzione sia incompleto,

impegna il Governo:

ad adottare le opportune iniziative volte a:
garantire un ordinato e razionale flusso di cassa in favore dei Comuni colpiti dal sisma del 31 ottobre 2002;
prorogare la dichiarazione dello stato di emergenza nei Comuni colpiti dal sisma in cui siano ancora in atto programmi di ricostruzione del patrimonio pubblico e privato;
prevedere nel 2011 risorse finanziarie pari almeno a quelle programmate per il 2010;
promuovere l'adozione di una legge ordinaria dello Stato che disciplini la ricostruzione.
9/3778-A/143. Losacco, Bordo, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
le aziende agricole del Sud scontano un ritardo strutturale rispetto a quelle delle altre zone geografiche del nostro Paese; si tratta, infatti, di piccole aziende, generalmente poco orientate all'innovazione richiesta dal mercato fortemente competitivo di oggi;
per questo, l'agricoltura nel Mezzogiorno, pur rappresentando oltre il 40 per cento della produzione agricola nazionale, a causa di problemi organizzativi e infrastrutturali, di fatto è poco presente sul mercato nazionale e su quello internazionale;
le Organizzazioni di produttori hanno un ruolo essenziale nella distribuzione dei prodotti agricoli e quindi per lo sviluppo e la sopravvivenza delle singole aziende che li compongono;
per poter svolgere efficacemente le proprie attività, tali Organizzazioni costituiscono dei fondi di esercizio alimentati con i contributi degli aderenti, calcolati in base ai quantitativi ed al valore dei singoli prodotti commercializzati;
i contributi dei singoli produttori possono essere integrati da finanziamenti pubblici, nel rispetto della normativa comunitaria;
in tale quadro, pare necessario ed opportuno favorire la ristrutturazione, la razionalizzazione e la competitività del comparto agricolo nelle regioni meridionali, rafforzando le Organizzazioni dei produttori e rendendole più efficaci sia nella produzione che nella distribuzione e nella commercializzazione dei prodotti,

impegna il Governo:

ad adottare le iniziative di propria competenza volte a:
favorire la costituzione delle Organizzazioni di produttori, prevedendo la messa a carico dello Stato delle spese necessarie per gli adempimenti necessari per la costituzione delle suddette organizzazioni;
implementare i fondi di esercizio di tali organizzazioni con un contributo a carico dello Stato pari al doppio dell'ammontare dei versamenti volontari dei soci.
9/3778-A/144. Laganà Fortugno, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
la situazione di grave emergenza finanziaria in cui versano i Comuni italiani necessita di maggiore flessibilità nella gestione del bilancio al fine di garantire i servizi essenziali ai cittadini;
il testo unico sull'ordinamento degli enti locali all'articolo n. 204 dispone che l'ente locale può assumere nuovi mutui per un importo non superiore al 15 per cento delle entrate relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l'assunzione dei mutui;
il comma 106 dell'articolo 1 abbassa il parametro di riferimento per l'indebitamento all'8 per cento, con evidenti e gravi difficoltà per gli enti nella programmazione economica finanziaria,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi della norma citata in premessa al fine di valutare l'opportunità, tramite l'adozione di ulteriori iniziative normative, di consentire il ripristino della soglia dell'indebitamento al 15 per cento, come previsto dal testo unico sull'ordinamento degli enti locali all'articolo 204.
9/3778-A/145. Buonanno, Bitonci, Montagnoli, Lanzarin.

La Camera,
premesso che:
la conferenza internazionale per la popolazione e lo sviluppo, tenuta dalle Nazioni Unite al Cairo nel 1994, si propose l'obiettivo di «assicurare entro il 2015 l'accesso universale alle cure di salute riproduttiva, inclusa la pianificazione familiare»;
nel settembre 2009 si teneva a Berlino il forum globale delle ONG per la salute e lo sviluppo della salute sessuale e riproduttiva, convocato dal governo tedesco e dall'UNFPA - Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione, per richiamare gli impegni del Cairo;
in quell'occasione veniva sottoscritto il Berlin Call to Action;
tale appello dichiara che i diritti sessuali e riproduttivi sono diritti umani universali;
investire nell'emancipazione femminile, nel diritto alla salute delle donne e delle giovani, fornire informazioni e servizi sulla salute sessuale e riproduttiva sono secondo quell'appello il miglior modo per migliorare la salute globale e le politiche sulla popolazione e in definitiva promuovere uno sviluppo sostenibile;
i princìpi base della conferenza internazionale per la popolazione e lo sviluppo sono stati ripetutamente affermati dai governi essendo collegati ad altri aspetti dello sviluppo come dichiarato dalla 21a sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (1999), dalla dichiarazione del Millennio dell'ONU (2000) e dagli Obiettivi del Millennio e l'accesso universale alla salute riproduttiva è uno degli obiettivi delle raccomandazioni emesse dai vari enti incaricati di sorvegliare sulla corretta applicazione dei trattati ONU sui diritti umani;
secondo un rapporto della Banca mondiale del 2006 ci sono 76 milioni di gravidanze indesiderate ogni anno, mentre secondo l'UNFPA 200 milioni di donne vorrebbero poter ricorrere a forme di contraccezione, ma non vi hanno accesso;
nell'ambito della cooperazione allo sviluppo il Ministero degli affari esteri italiano sulla base della Costituzione e del proprio sistema democratico può porre delle condizioni all'erogazione di aiuti;
l'articolo 1 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, recante «nuova disciplina della cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo stabilisce che la cooperazione allo sviluppo deve essere altresì finalizzata al miglioramento della condizione femminile e dell'infanzia ed al sostegno della promozione della donna»,

impegna il Governo

a vincolare i propri aiuti per la cooperazione allo sviluppo all'obbligo per i Paesi destinatari di tali aiuti di prevedere i diritti sessuali e riproduttivi tra i loro obiettivi e le loro azioni di governo.
9/3778-A/146. Beltrandi, Farina Coscioni, Bernardini, Mecacci, Zamparutti, Maurizio Turco.

La Camera,
premesso che:
la conferenza internazionale per la popolazione e lo sviluppo, tenuta dalle Nazioni Unite al Cairo nel 1994, si propose l'obiettivo di «assicurare entro il 2015 l'accesso universale alle cure di salute riproduttiva, inclusa la pianificazione familiare»;
nel settembre 2009 si teneva a Berlino il forum globale delle ONG per la salute e lo sviluppo della salute sessuale e riproduttiva, convocato dal governo tedesco e dall'UNFPA - Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione, per richiamare gli impegni del Cairo;
in quell'occasione veniva sottoscritto il Berlin Call to Action;
tale appello dichiara che i diritti sessuali e riproduttivi sono diritti umani universali;
investire nell'emancipazione femminile, nel diritto alla salute delle donne e delle giovani, fornire informazioni e servizi sulla salute sessuale e riproduttiva sono secondo quell'appello il miglior modo per migliorare la salute globale e le politiche sulla popolazione e in definitiva promuovere uno sviluppo sostenibile;
i princìpi base della conferenza internazionale per la popolazione e lo sviluppo sono stati ripetutamente affermati dai governi essendo collegati ad altri aspetti dello sviluppo come dichiarato dalla 21a sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (1999), dalla dichiarazione del Millennio dell'ONU (2000) e dagli Obiettivi del Millennio e l'accesso universale alla salute riproduttiva è uno degli obiettivi delle raccomandazioni emesse dai vari enti incaricati di sorvegliare sulla corretta applicazione dei trattati ONU sui diritti umani;
secondo un rapporto della Banca mondiale del 2006 ci sono 76 milioni di gravidanze indesiderate ogni anno, mentre secondo l'UNFPA 200 milioni di donne vorrebbero poter ricorrere a forme di contraccezione, ma non vi hanno accesso;
nell'ambito della cooperazione allo sviluppo il Ministero degli affari esteri italiano sulla base della Costituzione e del proprio sistema democratico può porre delle condizioni all'erogazione di aiuti;
l'articolo 1 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, recante «nuova disciplina della cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo stabilisce che la cooperazione allo sviluppo deve essere altresì finalizzata al miglioramento della condizione femminile e dell'infanzia ed al sostegno della promozione della donna»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di vincolare i propri aiuti per la cooperazione allo sviluppo all'obbligo per i Paesi destinatari di tali aiuti di prevedere i diritti sessuali e riproduttivi tra i loro obiettivi e le loro azioni di governo.
9/3778-A/146. (Testo modificato nel corso della seduta) Beltrandi, Farina Coscioni, Bernardini, Mecacci, Zamparutti, Maurizio Turco.

La Camera,
premesso che:
il primo compito di un legislatore è quello di puntare al buon funzionamento del processo, liberandolo da formalismi e adempimenti superflui che troppo spesso ne appesantiscono l'iter, con conseguenze disastrose in materia di tutela delle vittime dei reati;
la giustizia costituisce uno degli ambiti dove in Italia si possono avviare trasformazioni tecnologiche in grado di produrre risultati visibili e concreti al cittadino,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare risorse alla digitalizzazione dei processi, al fine di velocizzare e rendere più efficiente la macchina giudiziaria.
9/3778-A/147. Scanderebech, Mantini, Ria, Rao, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il contenimento delle emissioni di anidride carbonica per ridurre il rischio di mutamenti climatici affrontato in questo provvedimento è una delle più grandi sfide che l'umanità ha davanti;
il nostro Paese ha già assunto in sede internazionale e in particolare in sede europea importanti e vincolanti impegni di riduzione delle emissioni di CO2 nell'ambito del programma detto «20-20-20»;
nella crisi economica grave e prolungata che stiamo vivendo gli investimenti in risparmio energetico, fonti rinnovabili, innovazione, ricerca e in generale nella green economy possono rappresentare un importante volano per la ripresa dell'economia e renderla al tempo stesso più competitiva e più vicina alle esigenze delle persone, delle comunità, dei territori;
la misura del credito d'imposta del 55 per cento per i privati che intraprendono azioni volte ad aumentare l'efficienza energetica degli edifici ha avuto notevole successo. È stata utilizzata da circa 843.000 famiglie con un giro d'affari di 11.1 miliardi di euro, ha coinvolto migliaia di imprese nell'edilizia e nell'indotto del settore, ha prodotto occupazione per oltre 50.000 lavoratori e, al tempo stesso, ha garantito importanti risparmi nelle emissioni di CO2 contribuendo ad alleggerire la bolletta energetica delle famiglie;
si tratta della misura anticiclica di gran lunga più importante che è stata attivata negli ultimi anni;
come è stato più volte ribadito dai massimi esperti in materia, incluso il Capo della protezione civile, gran parte del patrimonio edilizio italiano è di qualità scadente e lontano dagli standard antisismici indispensabili nei nostro paese;
avviando immediatamente un piano straordinario di consolidamento e miglioramento sismico degli edifici pubblici e privati, non solo si potrebbe mettere in sicurezza gran parte della popolazione, ma si potrebbe rilanciare un'economia legata all'edilizia di qualità, attivare il sistema delle piccole e medie imprese e produrre anche un rilevante effetto sul terreno occupazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di dare stabilità al credito d'imposta del 55 per cento previsto per il miglioramento energetico degli edifici, anche per sostenere un importante settore della nostra economia, e ad estendere le agevolazioni fiscali già previste per gli interventi di efficientamento energetico degli edifici anche agli interventi di consolidamento antisismico del patrimonio edilizio esistente.
9/3778-A/148. Realacci, Mariani, Benamati, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Morassut, Motta, Viola, De Pasquale, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
data 7 febbraio 1985 crollava un edificio di sette piani per civili abitazioni nel comune di Castellaneta (Taranto), causando la morte di 34 persone;
mercoledì 26 luglio 2006, nella seduta n. 032, veniva presentata interpellanza urgente 2-00085 dal firmatario del presente ordine del giorno e da altri trenta cofirmatari, con la quale si chiedeva all'allora Ministro dell'interno di intervenire con le più opportune iniziative per dare le risposte da tanti anni legittimamente attese dai familiari delle vittime;
in data 2 agosto 2006, tenutasi la discussione della predetta interpellanza urgente, dopo l'illustrazione dell'interpellante, il professore Alessandro Pajno, Sottosegretario di Stato per l'interno rispondeva avanzando l'ipotesi di un intervento legislativo mirato, che, «viste le ristrettezze di natura economica, consenta allo Stato di adottare misure finanziarie che rendano possibili, anche eventualmente, il conseguimento del ristoro da parte, degli interessati»;
in data 25 settembre 2007, trascorsi infruttuosamente 13 mesi, con una nota del firmatario del presente Ordine del Giorno si invitava il Sottosegretario Pajno a dare seguito a quanto dichiarato nella seduta del 2 agosto 2006;
il Sottosegretario Pajno faceva pervenire copia dell'atto n. 39-7/a 115 Uff. V, inviato dal direttore dell'ufficio affari legislativi e relazioni parlamentari, dottor Magliozzi, al Ministro dell'economia e delle finanze;
in data 15 dicembre 2007, in occasione della discussione sul disegno di legge finanziaria per il 2008, veniva accolto con parere favorevole del Governo, un ordine del giorno del firmatario del presente ordine del giorno con il quale si impegnava il Governo a «rendersi promotore di un intervento legislativo mirato, che (...) consenta allo Stato di adottare misure finanziarie che rendano possibile il conseguimento del ristoro da parte degli interessati»;
con sentenza n. 248 del 2005, della Corte di Appello di Lecce in Taranto veniva chiamato in causa anche il Ministero dell'interno, come da richiesta del comune di Castellaneta;
in data 11 gennaio 2008, con sentenza n. 127, il dottor Cavallone accoglieva l'eccezione dell'Avvocatura dello Stato dichiarando la controversia di competenza del Tribunale di Lecce;
riassunta dalle parti interessate la controversia dinanzi al Tribunale di Lecce, ex articolo 50 codice di procedura civile veniva fissata l'udienza per il 19 novembre 2009;
in quella data, però, i numerosi difensori delle parti avevano la sgradita sorpresa di constatare il già avvenuto rinvio d'ufficio, stabilito dal giudice istruttore, alla nuova udienza del 13 maggio 2010 in quanto, a dire di detto magistrato, «l'ingente carico del proprio ruolo imponeva di differire le cause iscritte a ruolo in epoca più recente», quindi anche la n. 3494/2008 relativa al crollo di Castellaneta, non accorgendosi che tale controversia 3494/2008 riguardava la riassunzione di contenzioso per eventi risalenti al 7 febbraio 1985;
a seguito della citazione in giudizio del Ministero dell'interno, la questione risarcimento danni potrebbe trovare favorevole soluzione, atteso che adesso oltre al comune di Castellaneta, lo Stato è parte in causa e, quindi, dovrebbe esserci maggiore interesse alla definizione della controversia per il concorso di tre fattori positivi:
a) il comune non è più solo a sostenere l'enorme peso economico della vicenda (che determinerebbe automaticamente il dissesto del comune con conseguenze per tutti, anche per lo Stato);
b) il Ministero dell'interno per i più elementari principi di equità e di giustizia, non può ritenere di difendersi come un comune privato convenuto a giudizio, trincerandosi dietro cavilli processuali;
c) familiari delle vittime del crollo hanno dichiarato di voler «conciliare» la controversia prendendo a base le somme riconosciute nella sentenza n. 428 del 2003,

impegna il Governo

a dare corso a quanto già deciso con l'approvazione del citato ordine del giorno n. 9/3256/201 del 15 dicembre 2007, predisponendo gli strumenti più appropriati per soddisfare i diritti dei superstiti e dei familiari delle vittime che attendono da 25 anni che quella dolorosissima vicenda si concluda nella maniera più equa, nonché per evitare che il citato Ministero venga trascinato in una lunga stagione di processi contro cittadini incolpevoli.
9/3778-A/149. Patarino.

La Camera,
premesso che:
a dispetto dell'analogia di disciplina prevista per i grandi invalidi di guerra e per servizio, in ordine alla classificazione delle infermità e ai trattamenti pensionistici e accessori, ai coniugi superstiti dei grandi invalidi per servizio la normativa non riconosce il diritto all'assegno supplementare spettante alle vedove dei grandi invalidi di guerra,

impegna il Governo

valutare l'opportunità di adottare provvedimenti atti a superare questa disparità di trattamento, e in specifico ad estendere anche ai coniugi superstiti dei grandi invalidi per servizio la corresponsione di un assegno supplementare, a condizione che abbiano convissuto con i danti causa e prestato loro assistenza.
9/3778-A/150. Lo Presti, Paglia.

NOTA DI VARIAZIONI AL BILANCIO DI PREVISIONE DELLO STATO PER L'ANNO FINANZIARIO 2011 E PER IL TRIENNIO 2011-2013 (A.C. 3779-BIS)

A.C. 3779-bis - Nota di variazioni

Variazioni al disegno di legge

Art. 2. (Modificato).

1. Al comma 7 le parole: «1.000 milioni di euro, 1.000 milioni di euro, 1.500 milioni di euro, 1.100 milioni di euro e 10.000 milioni di euro» sono sostituite, rispettivamente, dalle seguenti: «630 milioni di euro, 1.000 milioni di euro, 1.500 milioni di euro, 726 milioni di euro e 10.000 milioni di euro».
2. Dopo il comma 29, aggiungere il seguente:
«29-bis. Le somme non impegnate alla data del 31 dicembre 2010, iscritte nel Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio presso il Ministero dell'economia e delle finanze, in misura non inferiore all'importo di 1,3 milioni di euro indicato nella risoluzione approvata dalla Commissione bilancio, tesoro e programmazione della Camera dei deputati il 30 luglio 2010, sono destinate al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato di cui all'articolo 44 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398.».

Art. 15. (Sostituito).
(Totale generale della spesa).

1. Sono approvati, rispettivamente, in euro 742.579.022.571, in euro 774.227.653.133 e in euro 759.624. 354.251 in termini di competenza, nonché in euro 752.252.700.793, in euro 784.207.485.184, in euro 768.404.543.825 in termini di cassa, i totali generali della spesa dello Stato per il triennio 2011-2013.

TESTO AGGIORNATO AL 22 NOVEMBRE 2010

DISEGNO DI LEGGE: BILANCIO DI PREVISIONE DELLO STATO PER L'ANNO FINANZIARIO 2011 E PER IL TRIENNIO 2011-2013 (A.C. 3779-A)

A.C. 3779-A - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
il 23 novembre 1980 un terremoto di potenza inaudita scosse con violenza alcuni paesi al confine tra le Regioni della Campania e della Basilicata spazzando via in pochi attimi intere comunità e decimando le popolazioni locali, tanto da considerarsi la peggiore sciagura che abbia colpito l'Italia meridionale nel secolo scorso;
a distanza di quasi 30 anni da quella tragica data e nonostante la lunga serie di leggi che, nella fase dell'emergenza post-sismica, hanno regolamentato a vario titolo l'opera di ricostruzione e di manutenzione, le previste erogazioni non hanno chiuso le questioni tuttora aperte nelle aree interne della Regione Campania colpite dal fenomeno tellurico del 1980,

impegna il Governo

a valutare, d'intesa con la Regione Campania, l'opportunità di predisporre un ulteriore piano finanziario volto a chiudere definitivamente le pratiche approvate e non ancora finanziate giacenti presso i comuni che rientravano nella legge n. 219 del 1981.
9/3779-A/1. Mario Pepe (PD), Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
il secondo comma dell'articolo 47 della legge n. 222 del 1985 recita che « A decorrere dall'anno finanziario 1990 una quota pari all'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, liquidata dagli uffici sulla base delle dichiarazioni annuali, è destinata, in parte, a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario a diretta gestione statale e, in parte, a scopi di carattere religioso a diretta gestione della Chiesa cattolica»;
l'articolo 49 della legge n. 222 del 1985 recita che « Al termine di ogni triennio successivo al 1989, una apposita commissione paritetica, nominata dall'autorità governativa e dalla Conferenza episcopale italiana, procede alla revisione dell'importo deducibile di cui all'articolo 46 e alla valutazione del gettito della quota IRPEF di cui all'articolo 47, al fine di predisporre eventuali modifiche»;
nel volume «Dall'Accordo del 1984 al disegno di legge sulla libertà religiosa - Un quindicennio di politica e di legislazione ecclesiastica» - Presidenza del Consiglio dei Ministri, 2000 - è pubblicata una relazione del professor Carlo Cardia - uno dei tre membri italiani della Commissione paritetica prevista dall'articolo 49 della legge n. 222 del 1985 - in cui tra l'altro si afferma che c'è «(...) una questione di fatto, di natura squisitamente finanziaria, riassumibile in termini molto semplici: dal flusso finanziario dell'8 per mille del gettito IRPEF derivano alla Chiesa cattolica (recte: alla CEI) delle somme veramente ingenti, che hanno superato ogni più consistente previsione. Si parla ormai di circa 900-1000 miliardi l'anno. Il livello è da considerarsi tanto più alto in quanto il fabbisogno per il sostentamento del clero non supera mediamente i 400-500 miliardi annui. Ciò vuol dire che la CEI ha la disponibilità annua di diverse centinaia di miliardi per finalità ("esigenze di culto della popolazione, sostentamento del clero, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi dei terzo mondo": articolo 48 della legge n. 222 del 1985) che sono chiaramente "secondarie" rispetto a quella primaria del sostentamento del clero; e che, lievitando cosi il livello dei flusso finanziario si potrebbe presto giungere al paradosso per il quale è proprio il sostentamento del clero ad assumere il ruolo di finalità secondaria rispetto alle altre. Tutto ciò porterebbe a vere e proprie distorsioni nell'uso del denaro da parte della Chiesa cattolica, e, più in generale, riaprirebbe il capitolo di un finanziamento pubblico irragionevole che potrebbe raggiungere la soglia della incostituzionalità se riferito al valore della laicità quale principio supremo dell'ordinamento (...)»;
sulla base delle considerazioni del professor Cardia si rileva che:
nel 1990 sul totale dell'8 per mille assegnato alla Chiesa cattolica, pari a 210 milioni di euro, ben 145 milioni, pari al 69 per cento, è destinato al sostentamento del clero;
nel 2008 sul totale dell'8 per mille assegnato alla Chiesa cattolica, pari a poco più di 1 miliardo di euro, solo 373 milioni, pari al 37,21 per cento, sono destinati alla sostentamento del clero, finalità primaria della legge;
ne deriva che per tornare al giusto equilibrio è necessario rivedere la quota dall'8 al 4 per mille,

impegna il Governo

a dare disposizioni ai membri italiani del Comitato paritetico di comunicare ai membri del Comitato nominati dalla Conferenza episcopale italiana la volontà di procedere alla revisione della quota IRPEF dall'8 al 4 per mille.
9/3779-A/2. Maurizio Turco.

La Camera,
premesso che:
con decreto del Ministro dell'interno, in data 23 dicembre 2009, di concerto con i Ministri della giustizia e delle infrastrutture e dei trasporti, è stata istituita presso la prefettura - ufficio territoriale del Governo di Milano, la sezione specializzata del Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere, in attuazione dell'articolo 3-quinquies, comma 2, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2009, n. 166;
con successivo decreto del Ministro dell'interno in data 13 gennaio 2010, è stata formalizzata la composizione della predetta sezione. Tale struttura opera a supporto dell'attività del prefetto e in raccordo con il Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere nonché con il Gruppo interforze centrale per l'Expo 2015 (GICEX) ed è composta da: un esperto nella materia con funzioni di vice coordinatore; un rappresentante della prefettura di Milano; un rappresentante del Dipartimento della pubblica sicurezza; un rappresentante della Direzione nazionale antimafia; un rappresentante del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; un rappresentante dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture; un rappresentante del Provveditorato interregionale alle opere pubbliche;
con l'aumento dei cantieri e degli appalti il comitato è sempre più impegnato nella lotta all'infiltrazione mafiosa problematica affrontata da tempo dal Parlamento e oramai sotto il controllo della magistratura come evidenziato da ultimo dal Procuratore aggiunto di Milano e dalla relazione della DIA appena presentata al Parlamento,

impegna il Governo

a prevedere risorse aggiuntive destinate alla lotta all'infiltrazione mafiosa negli appalti previsti per il raggiungimento di Expo 2015.
9/3779-A/3. Peluffo, Misiani, Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
i consorzi di bonifica, quali enti pubblici gestori del servizio irriguo, affrontano considerevoli oneri energetici per il sollevamento delle portate necessarie allo sviluppo di una moderna agricoltura;
tali oneri gestionali sono significativamente cresciuti nel tempo sia a causa dell'andamento dei costi dell'energia, sia per la trasformazione delle vecchie reti di distribuzione a canaletta con reti tubate in pressione;
la possibilità di produzione di energia da fonti rinnovabili consente il contenimento di tali oneri favorendo lo sviluppo sostenibile, anche sotto l'aspetto ambientale, dell'agricoltura irrigua che costituisce l'elemento di base per le produzioni di qualità del Paese;
presso taluni consorzi sono disponibili risorse derivanti dall'accolta gestione di appalti pubblici, che hanno determinato risparmi di spesa relativi ad alcune voci dei quadri economici dei progetti approvati ed in corso di realizzazione da parte del Commissario ad acta ex Agensud;
tali risparmi potrebbero essere utilizzati a fini di risparmio energetico alimentando, peraltro, un circuito virtuoso che può portare ad incrementare tali risparmi di spesa,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di autorizzare, su proposta del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e nel limite delle economie realizzate sui fondi assegnati fino alla data del 31 dicembre 2010, i commissari ad acta di cui all'articolo 19, comma 5, del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 aprile 1995, n. 104, a provvedere alla copertura dei contributi in conto capitale richiesti dai consorzi di bonifica per produzione di energia da fonti rinnovabili, in conformità alla vigente normativa di settore.
9/3779-A/4. Marinello.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 14, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, prevede alcune misure di riduzione delle risorse statali alle autonomie territoriali, che sostanziano il concorso finanziario di tali enti alla manovra di finanza pubblica 2011-2013;
nel complesso, la misura del concorso alla manovra a carico degli enti territoriali è determinato in 6.300 milioni di euro nel 2011 e 8.500 milioni a decorrere dal 2012;
la riduzione delle risorse è ripartita tra gli enti secondo criteri e modalità stabiliti in sede di Conferenza permanente Stato, regioni e province autonome per le quanto riguarda le Regioni e in sede di Conferenza Stato-Città e autonomie locali per quanto riguarda gli enti locali;
in caso di mancata deliberazione delle Conferenze la riduzione è operata con criterio proporzionale;
l'articolo 17, comma 16, del disegno di legge di bilancio stabilisce che il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, negli stati di previsione delle amministrazioni interessate, le variazioni di bilancio compensative occorrenti per l'attuazione del citato articolo 14, comma 2;
la previsione dell'articolo 17, comma 16, è resa necessaria dalla provvisorietà delle poste del bilancio di previsione derivanti dall'applicazione del citato articolo 14, comma 2, del decreto-legge n. 78 del 2010, ma costituisce l'ennesimo tentativo di svuotamento del ruolo di indirizzo del Parlamento,

impegna il Governo

a prevedere la trasmissione al Parlamento dei decreti di cui all'articolo 17, comma 16, per l'espressione del parere da parte delle Commissioni competenti.
9/3779-A/5. Nannicini, Vaccaro.