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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 443 di mercoledì 2 marzo 2011

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 12,05.

RENZO LUSETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Cirielli, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Lombardo, Lorenzin e Luciano Rossi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Saluto gli studenti delle classi II e III del liceo scientifico Avogadro di Vercelli, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

Sull'ordine dei lavori (ore 12,10).

FERDINANDO ADORNATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FERDINANDO ADORNATO. Signor Presidente, grazie per avermi dato la parola e chiedo scusa al Ministro La Russa se ruberò un paio di minuti prima dello svolgimento dell'informativa, ma non c'era altro modo di porre oggi in aula la questione che intendiamo porre.
Il fatto è che, mentre piangiamo il nostro alpino, mentre in Pakistan viene assassinato un ministro cristiano e mentre nel mondo c'è la crisi che noi conosciamo, il regime di Ahmadinejad, probabilmente approfittando di questa situazione di «distrazione» internazionale, ha sequestrato, pestato, incappucciato e fatto sparire i due grandi leader dell'opposizione di quel Paese, Mousavi e Karroubi. Allo stato, non si sa se sono in carcere o chissà dove, comunque è chiaro che si teme anche per la loro vita.
Sappiamo che questa non può essere la priorità in questo momento, ma sappiamo anche che non possiamo stare zitti e non possiamo lasciare sole due persone che combattono per la libertà del loro Paese. Del resto, la partita della democrazia è la stessa sia a Teheran, sia in Pakistan sia in Afghanistan, di cui ci accingiamo a parlare, e la stessa partita a Tripoli. In forme e intensità diverse ma è la stessa partita.
Pertanto, chiediamo al Governo di intervenire immediatamente presso l'Iran o l'ambasciatore iraniano, il Governo di Teheran, per dire che l'Italia non li lascia soli, non si dimentica di Mousavi e Karroubi e chiediamo anche di intervenire presso l'Unione europea perché sollevi nel consesso internazionale la questione dei diritti umani in Iran che nessuna crisi internazionale può mettere sotto silenzio e chiedere l'immediato rilascio di Mousavi e di Karroubi (Applausi).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Adornato.

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Informativa urgente del Governo sull'uccisione del tenente Massimo Ranzani e sul ferimento di quattro militari italiani in Afghanistan (ore 12,12).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo sull'uccisione del tenente Massimo Ranzani e sul ferimento di quattro militari italiani in Afghanistan.
Avverto che, dopo l'intervento del rappresentante del Governo, interverranno anche i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del Ministro della difesa)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro della difesa, onorevole Ignazio La Russa.

IGNAZIO LA RUSSA, Ministro della difesa. Signor Presidente, la ringrazio e voglio innanzitutto unirmi alle parole del collega che mi ha preceduto, assicurando che, oltre al Presidente di turno della Camera, sarà anche mia cura riferire al Ministro degli esteri il contenuto del suo intervento al quale mi associo.
Il motivo per cui sono qui oggi è tuttavia quello di rispondere alla richiesta della Camera (ed il pomeriggio al Senato) di avere ulteriori notizie, oltre a quelle già note per via dei media, sul nuovo luttuoso evento accaduto in Afghanistan: la morte di un tenente degli alpini ed il ferimento di quattro altri nostri militari.
Ovviamente avvio la mia informativa, ricordando il tenente Ranzani e augurando ai feriti una pronta guarigione e stringendomi attorno alle famiglie, a quella del tenente Ranzani di Rovigo innanzitutto e a quelle dei feriti. Ad essi esprimo non solo il mio personale cordoglio e quello del Governo, ma - ne sono certo - il cordoglio di tutto il Parlamento e l'augurio ai feriti di tutto il Parlamento, ma più vastamente la vicinanza di tutta la nostra comunità nazionale.
Ma veniamo ai fatti. Passo a descriverli secondo la ricostruzione effettuata dai competenti organi tecnico-operativi e sulla base delle notizie fino a questo momento pervenute.
Nella tarda mattinata del 28 febbraio 2011, al termine di un'operazione pianificata di assistenza sanitaria alla popolazione locale (in termini operativi, Medical, civil affairs patrol, denominata «First relief 19») - lo sottolineo, quindi, era un'operazione pianificata di assistenza sanitaria, prevista per portare sollievo ed aiuti ai cittadini afgani e, in particolare, a quelli dei villaggi di Galeh Tut - si è mosso un dispositivo composto da una colonna di dodici mezzi italiani e uno dell'Afghan national army, che stava facendo rientro verso la base di Shindand, nella provincia di Herat.
L'operazione di supporto sanitario - una delle abituali, normali attività condotte dal nostro contingente a favore della popolazione locale - era stata pianificata e condotta dal comando della Task force center, su base 5o Reggimento alpini di stanza a Vipiteno, che attualmente è schierato proprio a Shindand, la cui area di responsabilità si estende per oltre 30 mila chilometri quadrati e comprende 14 distretti e circa 1.600 villaggi. Alcuni sono piccolissimi, chi è stato in Afghanistan li ha visti: a volte, sono proprio agglomerati di dieci, quindici, venti case.
Alle ore 12,45 locali circa - in Italia, erano le 9,15 del mattino - a circa quattro chilometri e mezzo a sudovest di Adraskan, un VTLM Lince - un mezzo che, ormai, abbiamo imparato tutti a conoscere - e, precisamente, il secondo dei veicoli italiani della colonna che era preceduta da un veicolo dell'esercito afgano e comprendeva anche un Lince ambulanza, è stato coinvolto nell'esplosione di un ordigno artigianale ubicato sotto la sede stradale. Il mezzo, il nostro Lince, che è stato colpito dall'esplosione, era dotato di apparato disturbatore. Pag. 3
L'esplosione provocava la distruzione del mezzo e causava il decesso di uno degli occupanti e il ferimento degli altri quattro militari che si trovavano a bordo dello stesso. I feriti venivano subito evacuati all'ospedale da campo Role 2 statunitense di Shindand per i soccorsi immediati e l'eventuale successivo trasferimento nei centri sanitari più attrezzati. Sul posto venivano rapidamente inviati un plotone della Quick reaction force e la squadra specializzata del Genio per le indagini del caso e le eventuali azioni di recupero.
Il militare rimasto ucciso a seguito delle ferite riportate nel corso dell'attentato, com'è noto, è il tenente, oggi capitano, Massimo Ranzani, trentasettenne originario di Ferrara, celibe, effettivo al 5o Reggimento alpini di Vipiteno e residente a Occhiobello in provincia di Rovigo. La salma rientrerà in Italia presumibilmente nella serata di oggi - è già in volo - intorno alle ore 21, poiché le proibitive condizioni meteorologiche in atto a Herat hanno costretto a ritardare il volo, il cui arrivo era previsto a Ciampino questa mattina presto.
Nell'attentato sono rimasti feriti il caporalmaggiore scelto Giovanni Califano, che è ricoverato presso il Role 2 spagnolo di Herat, che ha riportato un politrauma contusivo. Si sta organizzando l'evacuazione sanitaria in Italia; il caporalmaggiore Paolo Bruno, ricoverato presso il Role 3 britannico di Camp Bastion, che ha riportato la frattura delle ultime vertebre cervicali e delle prime vertebre toraciche (in assenza, per fortuna, di danno neurologico), nonché un trauma addominale con rottura della milza e frattura del calcagno bilaterale nella giornata di ieri, 1o marzo, è stato trasferito presso l'ospedale militare statunitense di Ramstein in Germania, dove è assistito anche dal nostro personale medico e dai familiari.
È stato ferito anche il caporalmaggiore Salvatore Saputo, attualmente ricoverato presso l'ospedale da campo Role 2 spagnolo di Herat, dopo essere stato ricoverato presso l'ospedale da campo Role 3 britannico-statunitense di Kandahar, che ha riportato la frattura del calcagno destro - è stato trattato chirurgicamente - e la frattura della caviglia sinistra. Inoltre, è stato sottoposto ad un piccolo intervento per l'estrazione di un corpo estraneo da un occhio. Si sta organizzando l'evacuazione sanitaria in Italia.
Infine il caporale Mario Manfrin (di lui avevamo riferito, appariva essere il più grave dei quattro), che è ricoverato presso l'ospedale da campo Role 2 di Herat, dopo essere stato prima ricoverato in quello statunitense Shindand. Egli ha riportato la frattura scomposta del femore destro trattata chirurgicamente. Anche per lui si sta organizzando la successiva evacuazione sanitaria in Italia.
I quattro feriti, tutti effettivi al 5o reggimento alpino di Vipiteno, non versano in imminente pericolo di vita. Come appare evidente, le operazioni di soccorso sono risultate abbastanza complesse sia per il numero dei feriti, sia per le condizioni degli stessi, e dobbiamo dare atto della prontezza e dell'efficacia con cui hanno operato - peraltro in condizioni particolarmente severe - i dispositivi di evacuazione sanitaria e le strutture ospedaliere del nostro contingente e dei nostri alleati, che desidero qui ringraziare.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, questi sono i fatti secondo le prime ricostruzioni che giungono dal teatro operativo. Il tragico evento ha coinvolto ancora una volta un veicolo Lince. Come ho già detto, il veicolo era dotato di un apparato Jammer, un dissuasore, un dispositivo che, attraverso l'emissione di onde radio, neutralizza i dispositivi elettronici di azionamento a distanza degli IED. In questo caso, evidentemente, i terroristi hanno fatto ricorso ad un sistema di attivazione di tipo diverso, probabilmente, forse, a pressione, come una mina anticarro. Come per tutti i casi analoghi, è stata disposta dal Capo di stato maggiore della difesa un'inchiesta, prevista dalle norme in vigore, che dovrà accertare nel dettaglio tutti gli elementi dell'accaduto. Intanto, come d'abitudine, la procura di Roma ha aperto anch'essa un'inchiesta.
Ho più volte ripetuto che il Lince è un veicolo blindato concepito sulla base del Pag. 4più avanzato stato progettuale e tecnologico dell'arte nel settore della protezione balistica e antimina, e, in campo mondiale, non risulta disponibile al momento, tra i veicoli della stessa categoria, ovviamente, un'alternativa altrettanto valida che possa garantire lo stesso livello di protezione del personale. Si tratta di un mezzo che, in molte occasioni, ha salvato la vita ai nostri soldati, che lo chiamano, come già detto, «San Lince». Il più recente episodio risale al 26 febbraio scorso quando nel distretto di Shindand - lo stesso distretto - un convoglio della stessa Task force center, dotato di vicoli Lince, veniva coinvolto nell'esplosione di un IED. Nella circostanza l'ordigno ha interessato il terzo mezzo della colonna che ha subito danni gravissimi nella parte frontale, ma ha efficacemente protetto i militari all'interno. Solo il militare in «ralla», in quell'occasione, a causa dell'urto, venne sbalzato fuori e riportò danni lievi ad un ginocchio.
Scusandomi se prolungo la mia relazione, vorrei dare comunque qualche ulteriore dato tecnico, che, per la verità, ho già avuto modo di ricordare in altre occasioni. Nell'ambito delle misure tese al miglioramento della protezione e della sicurezza del personale impiegato in Afghanistan, protezione e sicurezza, voglio ricordarlo, sono il primo pensiero del Ministero della difesa, che ha chiarito sempre - ottenendo sempre risposte adeguate e positive -, al Governo, che si può discutere l'entità dei componenti della nostra missione, ma non si possono discutere le risorse necessarie per offrire il massimo di protezione e sicurezza ai nostri soldati. Da questo punto di vista, devo dire che non ho nessuna lagnanza e nessuna lamentela, così come nessuna lagnanza e nessuna lamentela ho mai avuto dai militari.
Ricordo che abbiamo aumentato del 30 per cento, rispetto al passato, e a parità di numero di componenti, le risorse disponibili per le missioni internazionali, con il voto largamente favorevole - non unanime, ma largamente favorevole - di questa Assemblea e non solo della maggioranza governativa.
Agli inizi del mese di luglio 2010 sono stati immessi nel teatro afgano i primi 17 esemplari di veicolo blindato medio Freccia, che oggi integrano e sono complementari al Lince. Non possono sostituirlo perché, per determinati utilizzi, il Freccia è troppo grande e troppo pesante, e in certe strade e in certi sentieri non passa proprio. Per esempio, nel nord dell'Afghanistan, in alcuni casi, i nostri avamposti non sono raggiungibili dal Freccia, che ha un'operatività diversa.
Aggiungo che, al fine di incrementare il livello di protezione del personale, sono stati acquisiti dagli Stati Uniti mezzi speciali denominati cougar che sono impiegati dai nuclei artificieri per il trasporto del personale e della dotazione degli assetti per la bonifica sistematica degli ordigni e i mezzi buffalo idonei per le attività di road clearance (quelli che avanzano prima della colonna per pulire, naturalmente da esplosivi, la strada).
Si tratta di azioni che consentono l'approccio al punto segnalato dell'osservazione e dell'individuazione con veicolo protetto dotato di braccio meccanico per verificare se, in caso di segnalazione, il sospetto della presenza di un IED sia fondato o meno, e quindi procedere all'eventuale brillamento.
Al momento, nel teatro afgano sono presenti nella nostra zona sei veicoli buffalo e undici mezzi cougar. Sono in fase di progressiva acquisizione ulteriori mezzi e materiali per aumentare la protezione. Più volte abbiamo detto che non esiste una protezione che possa rendere inattaccabili dal punto di vista della sicurezza i nostri uomini. È la vecchia storia della lancia e dello scudo, del proiettile e della corazza: con l'aumento della sicurezza gli aggressori tendono ad aumentare la minaccia e, a nostra volta, tendiamo ad aumentare i mezzi protettivi.
È una gara, può essere anche un gatto che si morde la coda, ma vi è sicuramente una necessità di continuo aggiornamento e di continua ricerca per dare ai nostri Pag. 5militari una sempre più alta qualità di protezione che non potrà mai essere, però, sufficiente ad eliminare i rischi insiti nella missione.
Ricordo che ciò che è importante però, al di là dei mezzi di sicurezza tecnici, è il sistema complessivo che bisogna mettere in atto per fronteggiare la minaccia, sistema nel cui ambito, oltre alla protezione dei mezzi, rientrano l'intelligence, la ricognizione aerea delle rotte terrestri mediante velivoli senza pilota (i cosiddetti predator), le tattiche di movimento, le tecniche di osservazione del terreno, l'addestramento del personale e anche la interrelazione con la popolazione locale. In tutti questi campi ci stiamo applicando per offrire, lo ripeto, sempre il massimo di protezione possibile.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, dal punto di vista politico-strategico desidero, in primo luogo, ribadire con forza che in Afghanistan la nostra presenza è finalizzata da sempre alla pacificazione e alla ricostruzione del Paese.
Abbiamo fatto a suo tempo una scelta di campo tra democrazia e terrorismo. Ancora oggi rivendichiamo con orgoglio quella scelta e l'impegno in una missione internazionale nella quale agiamo insieme agli alleati per la sicurezza e l'assistenza del popolo afgano.
La missione della Nato, su mandato ONU - la nostra missione - non è quella di fare la guerra, ma non possiamo certo dividerci o fare polemiche su un termine lessicale o su una parola. L'articolo 11 della Costituzione lo conosciamo benissimo, me lo sono ristampato per l'ennesima volta e afferma che l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.
È stato il Presidente della Repubblica a ricordarci che di certo l'Italia non è in Afghanistan per attentare alla libertà del popolo afgano. È stato il Presidente della Repubblica a ricordarci che l'Italia non è certo in Afghanistan per risolvere una qualsiasi controversia tra noi e lo Stato afgano. Al contrario, l'Italia è in Afghanistan, esattamente come recita il secondo periodo dell'articolo 11, in ossequio a una decisione della comunità internazionale.
Dice, l'articolo 11 della Costituzione, che l'Italia consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
Noi non siamo quindi in Afghanistan in contrasto con l'articolo 11 della Costituzione, ma siamo esattamente in ossequio all'articolo 11 anche - non dimentichiamolo - per contrastare quel terrorismo e rendere più sicure le nostre città, le nostre case, le nazioni della comunità internazionale che hanno fatto ricorso a quella missione. Siamo in questo Paese per favorire quindi la costruzione di un ordine stabile, fondato sulla legalità e sulla democrazia, e quindi per contrastare - come dicevo - il terrorismo internazionale e tenerlo lontano dall'Italia. Com'è evidente, per fare tutto questo c'è a volte la necessità - spesso purtroppo ultimamente - non solo della nostra presenza militare, che è insita nella missione, ma anche dell'uso della forza giusta, proporzionata alla minaccia e adeguata a raggiungere gli obiettivi della missione internazionale. Se fossimo in contrasto con l'articolo 11 della Costituzione, se fossimo in guerra, l'uso della forza non sarebbe proporzionato alla minaccia. Potrebbe essere preventivo, potrebbe essere di bombardamento a tappeto, potrebbe essere di azioni di pura prevenzione, di puro attacco, di pura conquista del territorio, cosa che esattamente non è.
Noi ci sentiamo parte di questo sforzo internazionale e riteniamo che questo impegno vada onorato. Ciò non significa che non ci chiediamo ogni giorno come vadano le cose e cosa sia meglio fare. Anche il Presidente del Consiglio - lo voglio ricordare - alla notizia della morte del tenente Ranzani ha detto che tutte le volte che succedono tragedie di questo tipo ci si chiede se questi sacrifici, che compiamo con il voto unanime del Parlamento e con il consenso degli italiani, siano sforzi che Pag. 6servono e che vanno in porto. Lo speriamo veramente. La domanda che si pone il Presidente del Consiglio io me la pongo tutti giorni, ce la poniamo tutti i giorni, non solo in occasione di eventi luttuosi.
Io mi pongo questa domanda tutti giorni e tutti i giorni ricevo sms che mi danno prontamente notizia dell'uso della forza, degli attacchi, per fortuna tante volte senza nessuna conseguenza per i nostri militari. Ma tutte le volte che ci poniamo una domanda noi diamo poi una risposta. A ogni domanda c'è una risposta e la risposta che mi dò, che si dà il Presidente del Consiglio, che si dà il Governo e che si è dato il Parlamento votando il rifinanziamento delle missioni internazionali, compresa prima di tutto quella dell'Afghanistan, è che gli sforzi che noi facciamo sono in ossequio ad una decisione della comunità internazionale e che in ogni caso non vi è da parte nostra nessuna intenzione, neanche ipotetica, di uscire da quelle missioni in via unilaterale.
Subito dopo ci diamo la risposta - mi dò, almeno io, la risposta - che se solo pensassimo una cosa del genere tradiremmo prima di tutto la memoria di chi ha dato la vita e di chi oggi dà la propria mente, il proprio braccio, la propria energia, la propria preparazione professionale per adempiere agli scopi di quella missione, per tenere lontano dalle nostre città il pericolo del terrorismo e per riconsegnare al legittimo Governo afgano in tempi ragionevolmente brevi il compito di contrastare autonomamente, senza di noi, quelle minacce. È questa la risposta che ci diamo, dunque la linea non cambia.
È di tutta evidenza tuttavia che potremo lasciare quel Paese quando, in linea con la strategia della NATO delineata dal vertice di Lisbona, sarà portato a termine quel processo di transizione che presuppone la graduale ma irreversibile assunzione di responsabilità da parte afgana nel campo della sicurezza e non solo, e che interesserà progressivamente le varie aree del Paese.
La zona della città e il distretto di Herat, «questo evento è accaduto nella provincia Herat», sono tuttavia già nella condizione - a mio avviso - di poter presto essere riconsegnati al legittimo governatore afgano.
Certamente il processo sarà graduale. Non può essere dettato da scadenze temporali prefissate, ma subordinato alle reali condizioni del terreno, cioè vincolato al conseguimento di adeguati livelli di sicurezza, di governance e di sviluppo socio-economico. Ho però chiesto con insistenza che la commissione appositamente costituita per determinare il momento di questo trapasso di potere distretto per distretto abbia criteri chiari e univoci. Infatti, è di tutta evidenza che, se aspettassimo la cessazione di ogni minaccia, non ci sarebbe mai il trapasso di potere. I criteri sono stati sufficientemente individuati perché al raggiungimento non sono del livello della minaccia abbassata, ma della capacità operativa autonoma degli afgani (indipendentemente dalle condizioni non tranquillissime) il trapasso possa e debba avvenire avendo come obiettivo - lo ripeto: temporale, ma condizionato - il 2014 come data individuata ipoteticamente.
È giusto anche evidenziare i grandi passi in avanti che la missione sta facendo. È giusto, per esempio, segnalare che l'oggettivo aumento «incredibile» di pericolosità di questi ultimi mesi (che non è testimoniato solo dal numero delle vittime, ma dalla frequenza degli attacchi ai nostri avamposti, alle nostre basi, alle nostre colonne) è in gran parte conseguenza dell'accresciuta nostra presenza sul territorio, dell'aumento esponenziale delle azioni di solidarietà al popolo afgano. Infatti, le due cose vanno insieme: aumenta il numero dei soldati, aumenta la presenza sul territorio, aumenta l'azione di ricostruzione, aumentano ovviamente le minacce. È un rischio alto, altissimo, ma necessario se vogliamo raggiungere l'obiettivo che dicevo prima, ovvero quello di poter «consegnare» in un tempo ragionevole l'Afghanistan.
Voglio darvi un esempio. Proprio lunedì scorso è stata inaugurata una scuola nel villaggio di Shakinban, nel distretto di Zindajan sempre nella provincia di Herat, Pag. 7in vista del nuovo anno scolastico, grazie all'azione congiunta del Provincial reconstruction team (PRT) gestito dall'Italia e dalla cooperazione italiana. La scuola è stata, infatti, costruita dal PRT di Herat e attrezzata dalla cooperazione italiana allo sviluppo che ha fornito tutto: scrivanie e scaffali oltre che all'edificio, che conta 461 banchi sui quali studieranno 1.383 alunni di età compresa tra i 13 e 20 anni per ottenere un diploma di istruzione superiore. Si tratta di un piccolo, ma significativo esempio per capire ciò che stiamo facendo e ciò che faremo per il popolo afgano.
Negli ultimi tempi il tributo che stiamo pagando è certamente alto, ma è ancora per questo, proprio per il livello altissimo di tributo, che il mio ossequio è chinare la testa e rimanere commossi davanti al sacrificio e alla capacità di motivazione di questi soldati che accresce, aumenta.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 12,35)

IGNAZIO LA RUSSA, Ministro della difesa. Sono stato anche recentemente e tornerò prestissimo in Afghanistan. Sono stato tre giorni fa a salutare i paracadutisti che stanno per partire. Ad un ragazzo e ad una ragazza ho chiesto: «Partite anche voi?». Ho visto quei due ragazzi diventare tristi e quasi vergognarsi nel rispondere: «Noi due no, speriamo la prossima volta».

FABIO EVANGELISTI. Ministro, la smetta con questa retorica!

IGNAZIO LA RUSSA, Ministro della difesa. Non è retorica, è verità, amico mio! Perché tu te ne stai qui comodo nei banchi seduto a interrompere un momento di sincerità. Lasciami finire, dopo parlerai!

FABIO EVANGELISTI. Anche tu sei qui! E stai a pontificare (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!

FILIPPO ASCIERTO. Stai zitto!

AMEDEO LABOCCETTA. Vergognati!

GIACOMO CHIAPPORI. Stai zitto!

IGNAZIO LA RUSSA, Ministro della difesa. Lasciatelo in pace: gli sciacalli hanno anche loro diritto di parlare. Lasciatelo parlare. Non è retorica! Ti stavo raccontando che cosa è successo a me due giorni fa. È successo! Se tu non lo provi, io provo l'orgoglio per quei ragazzi.
Io provo vicinanza, sincera e profonda vicinanza, la stessa che ho provato per la famiglia Miotto, che conservo nel cuore come esempio luminoso della parte migliore d'Italia. Provo vicinanza per la famiglia di Ranzani, per un giovane ufficiale, che ha offerto sin dall'infanzia la sua vita a coloro che avevano bisogno. Ha cominciato facendo il boy scout e i suoi capi scout di allora ci hanno detto che già da ragazzo asseriva di voler fare il militare, che considerava la logica prosecuzione di un impegno a favore dei più deboli. Se a qualcuno dispiace che lo ricordi non so cosa farci. Io mi inchino di fronte alla memoria di un uomo come il tenente Ranzani e non considero retorico dire che dobbiamo abbassare la testa (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania, Unione di Centro e Iniziativa responsabile).

FABIO EVANGELISTI. Ti devi inchinare davanti al dolore delle famiglie (Commenti del deputato Chiappori)!

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, per cortesia non può fare queste affermazioni!

IGNAZIO LA RUSSA, Ministro della difesa. Signor Presidente, potrebbe espellerlo...

FILIPPO ASCIERTO. Basta, vergognatevi!

AMEDEO LABOCCETTA. Basta! Signor Presidente, lo cacci fuori!

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PRESIDENTE. Colleghi, un po' di silenzio! Onorevole Laboccetta!

ANTONIO BORGHESI. Cosa dici, Chiappori? Signor Presidente, ha sentito? Non si può dare del coglione ad un deputato!

GIACOMO CHIAPPORI. Un individuo del genere deve stare zitto!

PRESIDENTE. Onorevole Chiappori, per cortesia la smetta! Onorevole Chiappori la richiamo all'ordine!

IGNAZIO LA RUSSA, Ministro della difesa. Colleghi, non prestate l'occasione alle polemiche! Mi dispiace di averti risposto, ma è la prima volta che in occasione di un'informativa si approfitta delle parole del Ministro - alle quali poi potrete rispondere perché avete a disposizione il tempo per farlo - per cercare di inscenare una piccola, misera gazzarra. Credo ci siano altre occasioni e altri momenti in cui questo accade normalmente, ma in questa occasione e in questo momento non è mai successo.
Chiedo scusa, anzi, se mi sono prestato a rispondere, ma credo che dobbiamo veramente rispetto a tutti i militari. Dobbiamo far sentire la vicinanza di tutto il Parlamento e di tutta la comunità almeno in questi momenti, a chi fa davvero qualcosa per la pace e per l'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile).
Voglio quindi concludere rasserenandovi: so che il Parlamento si interroga, capisco benissimo che ci possano essere obiezioni e valutazioni e starò ad ascoltarle con profonda attenzione, sicuro che se verranno indicazioni su cosa si possa fare per rendere più agevole il lavoro dei nostri militari e per accorciare - senza tradire la missione - il tempo della nostra permanenza in Afghanistan, sarò pronto ad accettare i vostri suggerimenti e le vostre suggestioni.
Voglio concludere invitando però tutti a quello che dicevo prima, ossia a ricordare che se c'è qualcosa di prezioso che noi possiamo dare a quei ragazzi è far vedere la nostra unità, la nostra concordia, il nostro sostegno a loro e alle loro famiglie (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania, Unione di Centro, Futuro e Libertà per l'Italia, Iniziativa Responsabile e Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Prima di proseguire voglio fare un invito a tutti, al Governo e ai colleghi ad usare toni e termini consoni a quest'Aula.

(Interventi)

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Cicu. Ne ha facoltà.

SALVATORE CICU. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, naturalmente la sofferenza della perdita del tenente Massimo Ranzani ci fa immediatamente pensare ad una famiglia. Il tenente Massimo Ranzani era figlio unico, quindi si tratta di una perdita enorme, di una sofferenza lacerante.
A tutti verrebbe facile inserire elementi di polemica, ma credo - raccogliendo le parole del Ministro - che questo debba essere un momento di unità e di sostegno rispetto ad un lutto che si abbatte sull'Italia ogni volta che perdiamo uno dei nostri uomini. Questo logicamente apre a una riflessione su cosa stiamo facendo.
Questa riflessione, ogni volta, ci porta inevitabilmente a cercare di darci una spiegazione, una risposta non di facciata per lavarci la coscienza, come ha detto qualcuno, ma una risposta ragionata, che significa responsabilità politica e di Governo, ma anche responsabilità del Parlamento tutto.
La risposta che ci diamo è quella che si basa su una partecipazione che riguarda una più grande comunità, quella internazionale, che vive e soffre tutti i giorni di Pag. 9situazioni che vanno gestite e affrontate con grande delicatezza, ma anche con grande forza e capacità.
L'Italia è un Paese che non si può permettere assolutamente di stare a guardare: non lo ha mai fatto e non lo vuole fare, ma vuole realizzare la condizione di dare il suo contributo, così come lo dà in maniera credibile e autorevole con uomini che realizzano tutti i giorni un percorso di democrazia, libertà, pace e sostegno a popolazioni che hanno vissuto e vivono ancora il terrore, a bambini e donne che vivono quotidianamente salvaguardati nel loro percorso di vita e nella loro esistenza da morti come quella del tenente Ranzani.
È chiaro che, come ha detto il Ministro - noi lo condividiamo - parlare di andarsene significa rinunciare alle proprie responsabilità, significa pensare in malafede che la situazione internazionale, in maniera particolare quella dell'Afghanistan, possa sbloccarsi da sola. Noi sappiamo che essa può solo degenerare nel momento in cui noi decidessimo di andarcene. Questo riguarderebbe non solo il contesto del territorio afgano, pakistano, indiano, delle 12 grandi missioni alle quali partecipa l'Italia, ma significherebbe, allora sì, decretare il fallimento di quello che le organizzazioni a livello mondiale, la NATO e l'ONU, stanno cercando egregiamente, con grande sforzo, ma anche con grandi criticità e difficoltà, di portare a casa come obiettivo.
L'Italia ha svolto, e continuerà a farlo, il proprio compito soprattutto in un settore, perché questo significa cominciare a parlare di strategie di uscita, realizzare la condizione di stabilizzazione e cominciare a pensare che vi è un processo di democrazia che si compie. Mi riferisco alla formazione delle forze di sicurezza afgane.
Vogliamo realizzare un trasferimento di responsabilità piena al Governo afgano nel momento in cui vi sarà la capacità da parte delle stesse istituzioni democratiche di dare sicurezza al proprio Paese. Credo che abbiamo fatto grandi passi in avanti. Oggi vi sono 150 mila unità dell'Esercito nazionale afgano e 117 mila unità di polizia.
Concludo, signor Presidente: credo che questa missione sia importante, strategica e fondamentale anche e soprattutto per garantire la nostra sicurezza. Per cui, si tratta di un intervento necessario per l'affermazione della democrazia in un Paese nel quale, storicamente, si giocano i destini non solo di quel Paese, ma anche i nostri (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, signor Ministro, uniamo il nostro cordoglio a quello della famiglia di Massimo Ranzani, morto sulla strada per Shindand facendo il proprio dovere. Naturalmente, ogni parola è, nello stesso tempo, troppo o troppo poco. Quel grumo di sentimenti - che sfuggono alle manifestazioni di lutto, alle quali guardiamo con rispetto e partecipazione - ci dicono che dobbiamo rispettare il ritrarsi nel privato e nell'intimo del dolore.
Ma forse, proprio per questo, dobbiamo dire qualche parola, anche questa volta, se possibile vera sui passaggi sempre più difficili che ha di fronte a sé la nostra missione in Afghanistan.
Caro Ministro, lei ha voluto correggere l'impressione che le parole dell'altro giorno del Presidente del Consiglio avevano suscitato e ne prendiamo naturalmente atto. Noi vogliamo dire con molta franchezza e con molta chiarezza che, se non ne valesse la pena e se giudicassimo vano il sacrificio di tante vite, saremmo i primi a dire che bisogna andare via. Invece pensiamo che l'impegno della comunità internazionale non è vano. Penso che questa discussione vada condotta con serietà e con senso del limite. Non credo che sia giusto, signor Ministro, pur se rispondendo all'accusa di retorica, parlare di sciacallaggio, perché penso che dobbiamo avere tutti molto rispetto delle posizioni di ciascuno, perché siamo di fronte a questioni molto complesse e difficili. Pag. 10
Dobbiamo però anche guardare alle cose nel loro complesso e, accanto alle difficoltà e ai problemi, credo che dobbiamo dire che in questi giorni abbiamo colto che c'è anche una ragione in più e l'abbiamo colta nell'eco degli straordinari avvenimenti che si stanno sviluppando intorno a casa nostra, nel Mediterraneo, in quella rivoluzione della libertà che si sta aprendo in quei Paesi e che sta aprendo scenari fino a ieri non immaginati. In quel desiderio di libertà e di democrazia vediamo pure - anche qui senza retorica - l'eco dell'impegno della comunità internazionale, che è presente in Afghanistan sostanzialmente per le stesse ragioni.
Penso e tremo, per un certo verso, all'idea di ciò che sarebbe successo ovvero di che corso avrebbero avuto le cose anche qui, davanti a noi, se l'esito in Afghanistan di quella partita difficile e molto complessa fosse diverso. Ed è per questo che, in fondo, la coalizione internazionale ancora regge, una coalizione che però si è posta impegni, scadenze e soprattutto occasioni di monitoraggio sul che fare e che, quindi, da questo punto di vista, ha avviato una exit strategy certo complessa, ma che deve essere ulteriormente definita.
Abbiamo di fronte certamente ancora anni difficili, ma dobbiamo cominciare a delimitare il campo. Noi siamo ad Herat e stiamo completando - e prendo atto delle sue parole, signor Ministro - una fase. Dobbiamo porre la questione che i nostri militari in Afghanistan - è questione complessa e delicata, ma che dobbiamo porci - vanno esaurendo e esauriranno, nel corso di questi mesi che abbiamo di fronte, una missione in quell'area. Per il resto ci dovremo concentrare sulla missione di addestramento e di formazione.
Naturalmente diciamo ciò, sapendo benissimo quali sono i vincoli e quali sono le questioni, ma emerge chiaramente che ci dobbiamo dare un respiro e una dimensione che guardi più attentamente all'iniziativa politica e al complesso dell'iniziativa civile.
Ieri è stato assassinato brutalmente Shahbaz Bhatti, un cristiano, Ministro per le minoranze religiose nel Governo del Pakistan. Lo avevamo conosciuto ad Islamabad e lo abbiamo incontrato a Roma: una persona mite e giovane. È stato ucciso sulla falsariga del suo compagno di solidarietà e di battaglie civile, che era il governatore del Punjab.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Tempestini.

FRANCESCO TEMPESTINI. Noi dobbiamo dunque mettere al centro, in conclusione, queste questioni: l'equilibrio regionale dell'area e l'azione civile. E il Governo deve da questo punto di vista rendersi conto che, per quello che ci riguarda, non c'è niente di scontato se il nostro taglio, il nostro verso e il nostro modo di porci in questa difficilissima questione non va nella direzione che ho detto.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Tempestini.

FRANCESCO TEMPESTINI. È un equilibrio regionale da costruire, per cui occorrono iniziative vere e nel contempo un'attenzione al civile, che è la vera questione sulla quale noi possiamo veramente passare al terreno, che è quello che indicano le cose che stanno accadendo nel mondo: dobbiamo aiutare la democrazia. E la democrazia si aiuta con l'aiuto della società civile, anche quella afgana (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori e di deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Munerato. Ne ha facoltà.

EMANUELA MUNERATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, ringraziamo il Governo per la sollecitudine con la quale aggiorna quest'Aula sulle circostanze del tragico attentato che è costato la vita al capitano Massimo Ranzani, originario di Santa Maria Maddalena nel comune di Occhiobello in provincia di Rovigo, e il ferimento di altri quattro militari cui vanno i nostri auguri di pronta Pag. 11e completa guarigione. In Afghanistan esiste un problema di stabilità complessiva che i nostri militari, insieme a quelli dei nostri alleati, stanno contribuendo a risolvere, ovviamente per la loro parte di competenza.
Ci sono attacchi, scontri e, purtroppo vittime. Cambiano le modalità anche se non di molto: si registrano imboscate, esplodono ordigni artigianali, ci sono attentati suicidi e, talvolta, anche tradimenti da parte di persone che, pur indossando uniformi delle forze di sicurezza afgane, aprono improvvisamente il fuoco contro i nostri militari proprio quando questi credono di trovarsi al riparo delle loro basi. Ciò è capitato ai nostri soldati e, pochi giorni or sono, ai soldati tedeschi. Naturalmente non è motivo per rassegnarsi ma, certamente, uno spunto per riflettere, qui in Italia come altrove.
Sappiamo che viene fatto tutto il possibile per assicurare ai nostri ragazzi le migliori protezioni e ridurre la loro esposizione ai rischi. Dobbiamo ulteriormente intensificare gli sforzi per migliorare ancora le condizioni in cui operano i nostri soldati, ma dobbiamo anche rimanere consapevoli che l'Afghanistan è e rimane un posto estremamente pericoloso, persino quando si è in pattuglia per scopi umanitari, come spesso accade nella zona di Shindand dove l'altro giorno è esploso l'ordigno che ha travolto il nostro blindato.
Nell'ambito dell'Alleanza atlantica c'è accordo sul fatto che questo lungo e complesso intervento militare debba avere un termine. Proprio per questo motivo è stata approvata nello scorso autunno una strategia di transizione che, entro il 2014, restituirà all'esclusiva competenza degli afgani il compito di mantenere il controllo del loro territorio. Il trasferimento sarà graduale ma sappiamo che già da questo mese la NATO assumerà decisioni che potranno riguardare anche i soldati del nostro Paese. Noi ci auguriamo che sia possibile già da questa estate far rientrare parte del nostro contingente e comunque che gradualmente sia possibile modificare la missione, accentuandone il carattere addestrativo rispetto a quello operativo che oggi prevale.
I nostri soldati, caduti nelle missioni di pace, sono tutti eroi che sapevano cosa affrontavano e cosa li aspettava, ma non hanno esitato ad affrontare i pericoli delle missioni loro assegnate. In queste tristi occasioni non esistono naturalmente diversità di provenienza territoriale delle vittime, però voglio segnalare che, purtroppo, il tributo pagato dalla provincia di Rovigo è alto, considerato che nel lasso di poco tempo ha contato ben tre caduti.
Vivendo a pochi chilometri di distanza dal posto dove risiedeva il capitano Ranzani, ho ritenuto doveroso portare personalmente un messaggio di vicinanza e cordoglio ai genitori. Ho trovato un padre e una madre straziati dal dolore. Signor Ministro, Massimo era il loro unico figlio e seppur con la morte nel cuore ho sentito quanto siano orgogliosi del proprio figlio alpino. Questa loro forza si può aiutare nella decisione di rimanere in Afghanistan a concludere la missione, anche se il nostro cuore vorrebbe portare a casa subito i nostri ragazzi. La Lega Nord, nell'onorare questo ennesimo sacrificio, si stringe intorno alla famiglia del capitano Ranzani cui ci sentiamo particolarmente vicini (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, signor Ministro, devo innanzitutto manifestare il cordoglio del gruppo UdC per il militare caduto e sentimenti di vicinanza alle famiglie del caduto e dei feriti, sulle cui condizioni siamo ancora trepidanti, alle Forze armate, all'Esercito in modo particolare e al Corpo degli alpini che è stato nuovamente colpito. In seguito formulerò una proposta ma vorrei osservare che questo rivolgersi al Parlamento da parte del Governo per dare informazioni sull'accaduto, che si ripete, ahimè, molte volte - siamo ormai alla trentaquattresima Pag. 12vittima - è importante ma non deve essere un rituale.
Credo che noi dobbiamo, una volta per tutte, ribadire con forza il nostro ringraziamento alle Forze armate, ai nostri militari che ci rappresentano in quel difficile scenario, in quel teatro così insidioso dell'Afghanistan, e anche ribadire la serietà di una nazione, di un Paese, che si manifesta non con i tentennamenti, con i dubbi, che a volte si ripetono anche da parte dei rappresentanti del Governo semplicemente nel dire: ci si domanda se. Credo che noi non ci dobbiamo domandare «se» tutte le volte, perché un Paese che avesse dei dubbi ha il dovere di levarseli e ha il dovere di porli nelle sedi competenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite che va via via deliberando la reiterazione della missione, e nella sede della NATO alla quale partecipano i nostri ministri.
Allora, una volta che noi abbiamo assunto le decisioni concordemente con gli altri Paesi non dobbiamo tentennare, non dobbiamo interrogarci, se non - ecco la mia proposta - in una sessione importante della seduta parlamentare (a prescindere dai diversi accadimenti) nella quale si diano informazioni complete, nella quale si parli anche delle risorse.
Guardate - questo è ribadito anche nei documenti della NATO - che noi dobbiamo farci carico anche della creazione di un tessuto economico in Afghanistan, altrimenti saremo sempre soppiantati dai terroristi talebani che, attraverso l'uso dell'oppio, rappresentano la risorsa economica alternativa a quella legittima che noi vogliamo imporre.
Oltre che ringraziare noi vogliamo ribadire che la nostra è una missione di pace, e noi siamo per la pace, che la nostra è una missione di stabilizzazione, e l'Italia lavora per la stabilizzazione internazionale, che la nostra è una missione di sicurezza contro il fenomeno del terrorismo, e noi siamo una nazione impegnata per la sicurezza contro il terrorismo, per la difesa dei diritti fondamentali della persona umana, per l'autonoma determinazione dei popoli, e contro qualunque prepotenza terroristica o non terroristica che soffoca l'autonomia dei popoli. Questi sono i capisaldi del nostro pensiero, della nostra scelta di essere in Afghanistan insieme agli altri Paesi del mondo.
Certo, poi c'è chi dice - come l'onorevole Di Pietro - che noi siamo là a difendere un signore della guerra. Va bene, è un'opinione. È - per così dire - molto isolata nel contesto internazionale, ma è un'opinione (che io non commento). Certo però signor Ministro - glielo chiedo formalmente anche a nome del nostro gruppo - cerchiamo di uscire da questa situazione nella quale ciascuna volta si dice: si potrebbe far questo, si potrebbe far quest'altro. Dobbiamo essere forti nei nostri convincimenti. Dobbiamo essere determinati e dobbiamo, soprattutto ai nostri uomini che sono lì a rischiare la vita e alle loro famiglie, dire: noi siamo orgogliosi di quello che stiamo facendo e per questo può valere la pena anche, qualche volta, di lasciare la vita, perché per i grandi ideali si può lasciare anche la vita (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Biagio. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, ringrazio lei, Ministro, per l'informativa che ci ha fornito e per i dettagli di questo tragico attacco. A poco più di un mese dalla dolorosa scomparsa del caporalmaggiore Sanna, l'Italia piange un altro giovane caduto in una terra lacerata dall'odio e dal terrore. A nome del mio gruppo, Futuro e Libertà per l'Italia, voglio esprimere un commosso cordoglio ai familiari e a tutti i polesani per la morte del capitano Massimo Ranzani, colpito, nel suo automezzo Lince, mentre era in corso un'operazione di assistenza sanitaria. Un pensiero sincero e sentito di vicinanza, di augurio e di pronta guarigione ai quattro ragazzi rimasti feriti in occasione del medesimo attacco.
In un momento di così profondo dolore, dobbiamo sforzarci tutti a deporre le armi della polemica e dell'inutile retorica; Pag. 13dobbiamo oggi rivolgere il nostro pensiero ad un giovane di 37 anni che, in nome di una bandiera e di ciò che essa rappresenta nel mondo, ha perso la sua vita. Questo credo meriti di più di qualche polemica e della solita cantilena del «fateli ritornare», a cui qualcuno si abbandona di tanto in tanto. È il tempo del cordoglio, del ricordo e della dignità, la dignità di un Paese che si abbraccia intorno al tricolore di una bara e scopre, forse, di essere unito più che mai, al di là delle celebrazioni di quest'anno. Ma la retorica non ci serve, non serve a noi qui chiamati ad analizzare quali sono le falle, se ci sono, del sistema di sicurezza in quella terra e quali sono le criticità delle operazioni di gestione della minaccia talebana. Non serve ai nostri soldati, ancora impegnati in quella terra, né alle famiglie che piangono i loro cari, ma serve, piuttosto, una lucida riflessione da svolgere, proprio in queste aule, per analizzare quanto sta accadendo.
Certamente, in questa sede è importante sottolineare il ruolo e l'attività del nostro sistema di sicurezza, dei servizi di intelligence, chiamati a monitorare il nostro contingente in aree di crisi. Dobbiamo riflettere sui meccanismi di riforma che hanno subìto in questi anni e che ne hanno limitato seriamente l'operatività, oltre ai tagli che hanno dovuto subire, anche perché, oltre allo scenario afgano, pure quanto sta accadendo nel Maghreb non mi sembra fosse stato opportunamente monitorato e preannunciato.
Colgo, dunque, l'occasione per invitare il Governo - rivolgendomi anche a lei, signor Ministro - a far luce su tali limiti operativi e, per questo, troverà sempre il nostro sostegno, il sostegno del nostro gruppo, anche perché nell'ultima relazione sulla politica dell'informazione e della sicurezza, trasmessa pochi giorni fa al Parlamento, la situazione evidenziava l'emergenza già in tutta la sua drammaticità.
Infatti, le province occidentali del Paese, anche nel comando regionale occidentale ISAF a guida italiana, saranno molto più esposte al rischio di imboscate e di attacchi, soprattutto all'indomani dell'implementazione delle operazioni di contenimento avviate nel 2010 dalle forze di sicurezza afgane insieme ai reparti dell'ISAF. È doloroso ammetterlo ma è così: il livello di pericolosità a cui stiamo assistendo in queste ultime settimane in Afghanistan è dettato proprio dall'ottimo lavoro fatto dai nostri uomini e dalle manovre di «controinsorgenza» dei nostri reparti nelle aree più calde. Nella consapevolezza di ciò, le istituzioni devono mostrarsi capaci di gestire la crisi affrontando con lucidità il momento. Siamo chiamati a rinnovare il nostro incondizionato e sentito sostegno ai militari che, con dedizione e orgoglio, continuano questa opera complessa di ricostruzione e di crescita, consapevoli che la libertà e la democrazia sono valori da salvaguardare in ogni parte del mondo.
Questo è un impegno forte e sentito delle nostre Forze armate, dinanzi al quale l'Italia non può e non vuole tirarsi indietro. Proprio nel ricordo di questi giorni, non ci possiamo permettere di dimenticare che queste persone hanno scelto di vivere e servire il loro Paese. Termino nel far presente che occorre far sì che il rispetto non sia solo un orpello retorico, ma prenda forma nelle iniziative politiche, nelle scelte strategiche e nelle manifestazioni di orgoglio, oltre che nella capacità di ricordare. Lo dobbiamo a Massimo, a Matteo, a Luca e a tutti i 37 ragazzi caduti dall'inizio della missione ISAF in Afghanistan (Applausi dei deputati dei gruppi Futuro e Libertà per l'Italia, Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Porfidia. Ne ha facoltà.

AMERICO PORFIDIA. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, purtroppo oggi dobbiamo prendere atto che un altro morto, un altro ragazzo italiano è deceduto. Purtroppo dobbiamo dire in guerra. Sì, signor Ministro, perché dobbiamo ammetterlo purtroppo: l'Italia è in guerra. È stata trascinata in guerra, questo è vero. Anche se non attraverso una dichiarazione ufficiale, oggi dobbiamo dire che lo siamo. Ricordiamoci che dall'inizio Pag. 14del conflitto sono morti ben 37 nostri militari in Afghanistan e quindi, onorevoli colleghi, purtroppo oggi noi di Iniziativa Responsabile ci vediamo costretti ad esprimere ancora una volta solidarietà ad una famiglia italiana, la famiglia Ranzani e ad i nostri militari. Ma vorremmo che queste frasi non si ripetano come se uscissero da un disco rotto. Non posso non esprimere tuttavia anche un sentimento di rabbia. Lo devo esprimere anche per quello che sta accadendo in un Paese in cui l'assenza di democrazia ha coinvolto molte nazioni che si prefiggono di portare pace e solidarietà ma la stanno pagando a caro prezzo. Eppure, nonostante ciò - lo dobbiamo ammettere - è vero, signor Ministro, sentiamo parole bellissime dai nostri militari. Ho sentito ciò che ha affermato il portavoce dei militari in Afghanistan, il maggiore Igor Piani, che ha dichiarato: «tragicamente non siamo nuovi a questo tipo di situazione, nonostante il dolore per la perdita del capitano e la preoccupazione per i feriti (...), restiamo tutti convinti della bontà del lavoro che stiamo facendo qui». Sono parole bellissime e, devo dire, anche coraggiose dei nostri militari che ci confortano in parte rispetto a quel dramma che ognuno di noi sta vivendo - devo dire - come normale cittadino ma in quest'aula anche come deputati nel momento in cui dobbiamo prendere decisioni molto importanti e ci chiediamo spesso qual sia la decisione migliore. Ognuno di noi in questi momenti si chiede se sia giusto continuare. Ognuno di noi come uomo e, devo dare atto, anche lo stesso Presidente del Consiglio ha avuto le nostre stesse perplessità. È vero, signor Ministro, l'Italia ripudia la guerra. L'articolo 11 ce lo dice ma l'Italia non la ripudia soltanto perché ce lo dice la Costituzione ma perché penso che ognuno di noi ripudia la guerra e per tale ragione non vorremmo esserci in quel teatro perché i nostri giovani continuano a morire e negli ultimi mesi stiamo assistendo ad una escalation notevole degli attacchi contro i militari italiani. Credo che essi abbiano fatto ormai tantissimo per quel Paese e questo lo dobbiamo dire. Lo abbiamo verificato non solo da un punto di vista della socializzazione ma anche in termini di vere e proprie opere e infrastrutture costruite in quelle zone. Ma quel popolo deve cominciare a camminare da solo, signor Ministro. Noi di Iniziativa Responsabile di questo siamo certi. Capiamo i nostri impegni internazionali ma secondo noi è arrivato il momento che quel popolo inizi a camminare da solo. Bisogna programmare il rientro, quello che le chiediamo è una programmazione. La data del 2014, signor Ministro, deve essere certa perché è necessario che anche gli italiani sappiano per loro, per le famiglie, per i militari che stanno lì che noi nel 2014 andremo via da quel teatro di guerra. Questo però non significa che lo dobbiamo abbandonare. Noi vi chiediamo questa certezza ma dall'altra parte chiediamo che l'attività di cooperazione con quel popolo continui affinché ritorni la pace e la democrazia e affinché effettivamente il mondo sia al sicuro dagli attacchi terroristici. Queste sono le certezze che le chiediamo (Applausi dei deputati dei gruppi Iniziativa Responsabile, Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Di Stanislao. Ne ha facoltà.

AUGUSTO DI STANISLAO. Signor Presidente, ancora una volta ci troviamo a fare il gioco delle parti del chi è a favore e chi è contro ad una esperienza che si è andata snaturando nel tempo fino a diventare qualcosa che non è più previsto dalla nostra Costituzione.
Ancora una volta, vi è una parte contro l'altra, o meglio delle parti - il Governo e la maggioranza - contro una parte, una parte che qualcuno vorrebbe facilmente ed in maniera liquidatoria individuare nell'Italia dei Valori. Ma l'Italia dei Valori in questo caso è parte di un tutt'uno, perché il suo cuore batte insieme a quello degli italiani.
Il nostro cordoglio, che va a questa nuova vittima e alla sua famiglia, con la solidarietà piena alle forze armate e con un sincero augurio di pronta guarigione ai Pag. 15feriti, non ci fa perdere di vista il contesto e lo scenario di guerra nel quale si consumano queste tragedie. Non ci interessano le modalità degli agguati, ma lo strazio che consegue a queste morti: questo sì che ci interessa. Affinché queste giovani vite spezzate non restino solo un simbolo ammantato in successive ritualità, voi tutti - Governo, Ministro e maggioranza - e noi tutti dobbiamo trarne una lezione ed un convincimento. Non basta esercitarsi ad ogni lutto nell'interrogazione, caro Ministro: è ora che questi esami producano delle scelte definitive ed irreversibili.
Scienza e coscienza da tempo indicano inequivocabilmente la strada da seguire, ossia un'uscita da questo conflitto che ci porti a riaffermare la pace piuttosto che subire la guerra. Noi siamo con gli italiani, con questi ragazzi e con le loro famiglie per la pace, lo sviluppo, la cooperazione e l'emancipazione dell'Afghanistan, siamo con le donne e con i bambini, ma non a tutti i costi e costi quel che costi e certamente non in questo modo e a queste condizioni.
Riaffidiamo agli afgani il proprio destino attraverso un Governo credibile e delle istituzioni non corrotte, senza aspettare altro tempo. Non ci convince e non ci piace il fare di questo Governo, che con una mano offre una fantomatica exit strategy e con l'altra utilizza oltre il 90 per cento delle risorse destinate alla cooperazione e alla pace per gli armamenti. Che pace e che uscita si prepara dal momento che le risorse non vengono progressivamente e rapidamente spostate dalle azioni militari agli interventi civili? La comunità afgana chiede da tempo tanto all'Italia quanto ai partner internazionali, a cominciare dagli Stati Uniti, una strategia che rimetta al centro della missione gli interessi della sua società civile. Allora, la domanda non è più: «truppe sì o truppe no», bensì che si riequilibrino immediatamente le risorse tra gli aspetti militari e quelli civili della missione, affinché, attraverso l'inoppugnabile dato delle risorse impiegate piuttosto che le armi, gli afgani possano concretamente coltivare, credere e praticare una definitiva e duratura uscita dalla povertà e dall'isolamento, per emanciparsi, crescere e liberarsi finalmente e definitivamente dei talebani.
Questa argomentazione, condivisa dalla società civile afgana, riafferma ancor di più la giustezza e la convinzione delle nostre posizioni, unitamente al fatto che l'Italia non deve chiedere il permesso a nessuno di andare via, convinti come siamo che la pace non si conquista, partecipando alla guerra degli altri, ma la si predispone, fornendo strumenti per la crescita sociale, lo sviluppo economico e l'emancipazione individuale e collettiva dell'intero popolo afgano.
In conclusione, serve tutto ciò che non è stato fatto dal nostro e dagli altri Governi impegnati nella causa afgana: serve rigore, servono risorse e serve immediatamente un avvio di riforme importanti e definitive, irrobustite da una concreta e praticabile strategia politica.
Concludendo, l'Italia dei Valori ritiene che, per dare un senso a dieci anni di missione e 37 vite spezzate, si debba predisporre un piano di ritiro del nostro contingente sulla scorta delle indicazioni fornite da quanto viene richiesto dalla società afgana, aprendo una sessione di dibattito in Parlamento e coinvolgendo l'intero Paese, dal momento che questa scelta e questa decisione non sono più e non possono essere più nell'esclusiva disponibilità del Ministro, del Governo e della sua maggioranza.
Voglio concludere, signor Presidente, ricordando al nostro Ministro, se mi ascolta un attimo, che chi vi parla è stato ad Herat ed è andato su un C-130 assieme ai ragazzi: ogni giorno che muore qualcuno muore qualcosa di me stesso, perché ho percepito in quelle giornate in cui sono stato ad Herat che la vita sfugge ad ogni piè sospinto. Su questo vorrei invitare ognuno di noi, prima che si parli e si faccia retorica, a pensare che quello che ho vissuto certamente non è retorica, ma è un senso pieno della vita, al quale dovremmo dare una risposta, a partire dal Pag. 16Governo e dal Ministro della difesa (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mosella. Ne ha facoltà per due minuti.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, ringrazio il Ministro per la ricostruzione dei fatti. Voglio considerare le sue intemperanze il frutto dello stress di queste ore.
Desidero esprimere il sincero cordoglio del mio gruppo alla famiglia del tenente Massimo Ranzani e rivolgere un pensiero ai quattro militari feriti; speriamo tutti in una pronta guarigione che li restituisca all'affetto dei propri cari senza ulteriori gravi conseguenze. Porteranno i segni di questa esperienza per tutta la vita.
Colpisce la circostanza che il vile agguato sia avvenuto mentre l'autocolonna in cui viaggiava il Lince della Task force center scortava un'ambulanza. I nostri militari erano impegnati in un'operazione di sostegno sanitario alla popolazione mentre i talebani affinavano le loro tecniche di guerriglia per poterli colpire. Questo è oggi l'Afghanistan, un Paese ben lontano dall'essere pacificato e ricostruito. Saperlo ci aiuta a trovare, in ogni circostanza, la forza e le parole per onorare il sangue versato e per coltivare con tenacia la convinzione che, se siamo lì, è per una causa giusta. Non possono nascere sviluppo e democrazia senza creare le condizioni minime di sicurezza.
Anche per questo motivo i nostri contingenti devono sentire in queste ore un Paese unito, una vicinanza solida, di quelle istituzioni che, su mandato delle Nazioni Unite, insieme agli alleati della NATO, da dieci anni gli chiedono di operare in quelle terre.
Abbiamo il compito ed il dovere di garantire al nostro contingente tutti i mezzi necessari per la loro sicurezza. Per questo siamo chiamati ad esercitare le nostre funzioni di indirizzo e controllo sempre e in ogni circostanza. Il Governo, dal canto suo, deve assumersi tutte le responsabilità delle scelte politiche e militari, dando conto al Paese ed al Parlamento delle sue azioni senza confusione e fraintendimenti.
Certo, tutti sentiamo il bisogno di capire il livello di efficacia delle azioni in corso, stando vicini alle nostre Forze armate, offrendo loro il massimo della protezione e della sicurezza, ma tutto questo risulterà inutile se non vi sarà un miglioramento delle capacità di azione politica e diplomatica tese anche a chiarire il modus operandi del Governo di Karzai.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Mosella.

DONATO RENATO MOSELLA. Anche noi - concludo, signor Presidente - ci poniamo molte domande sulla missione afgana, prima fra tutte quella sul perché si muore in una missione di pace. Sappiamo che le risposte sono tante e complesse. Per questo, spesso, con responsabilità, le soffochiamo dentro di noi. Lo dica al Presidente del Consiglio, signor Ministro.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.

Sull'ordine dei lavori (ore 13,40).

LUCIANO AGOSTINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCIANO AGOSTINI. Signor Presidente, intervengo per portare a conoscenza dell'Aula e della Presidenza che, nelle giornate del 28 febbraio e del primo marzo, ed anche in queste ore, l'intero territorio della regione Marche e della provincia di Teramo sono stati colpiti da una pioggia torrenziale e continua.
Questo, come si può immaginare, ha provocato frane, smottamenti, straripamenti di fiumi e torrenti; un fenomeno che non si registrava da almeno quarant'anni nella regione Marche e nella provincia di Pag. 17Teramo. Tra l'altro, nella nuova provincia di Fermo una frana ha provocato anche due vittime.
Vorremmo che la Camera e la Presidenza si associassero al cordoglio per le famiglie delle vittime e che trasmettessero con urgenza un messaggio al Governo e al Capo della Protezione civile al fine di intervenire con urgenza a sostegno immediato della Protezione civile regionale e dei Dipartimenti della protezione civile provinciale che, per l'ampiezza del fenomeno che si sta determinando e che si è verificato, pur mettendo tanta determinazione e diligenza, non riescono a far fronte alle necessità immediate.
Successivamente, con la ricognizione dello stato di calamità, chiediamo che il Governo, attraverso la Protezione civile, possa far fronte agli ingenti danni con un finanziamento apposito così com'è avvenuto per altre occasioni.

PRESIDENTE. La ringrazio per l'intervento, onorevole Masella.
Naturalmente, la Presidenza e l'Aula si associano alle parole di cordoglio espresse dall'onorevole Agostini.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, è già stato richiamato in Aula, pertanto, intervengo solo per sottolineare, con immenso dolore, l'atto di autentica barbarie che è stato perpetrato poche ore fa in Pakistan. Si tratta di un'ignobile e vigliacca azione di terrorismo, che ha stroncato la vita di una persona perbene; un atto di inqualificabile violenza, terribile, che ha ucciso il Ministro Bhatti, un uomo mite, un uomo non violento, come si dice nel linguaggio politicamente corretto, un uomo che era giusto e che si batteva a viso aperto per le cose in cui credeva.
Egli credeva che il proprio Paese avesse i titoli e la possibilità di iscriversi tra i grandi Paesi democratici. Si è battuto a viso aperto, e nessuno, probabilmente, ha capito fino in fondo i pericoli che stava correndo. Non aveva la scorta: è stato ammazzato sulla porta di casa da persone che lo hanno freddato a colpi di mitra e che si sono anche dileguati. Non aveva la scorta, sapeva i rischi che correva: infatti, non si era sposato e non aveva avuto dei figli, perché aveva deciso di dedicarsi alla causa del proprio Paese.
Lo dico con profonda commozione: io l'ho conosciuto, è venuto qui alla Camera. Abbiamo parlato a lungo ed è anche in seguito alle sue richieste che abbiamo costituito, in maniera trasversale, l'Associazione parlamentare amici del Pakistan, a cui hanno aderito oltre cento parlamentari. È stato lui a chiederlo e sapeva i rischi che correva: non aveva scorta. Era un cristiano, era un cattolico ed era Ministro per le minoranze. Aveva deciso di difendere Asia Bibi e di lottare per cancellare o modificare la legge sulla blasfemia, un'autentica vergogna di un Paese che dice di essere un Paese civile.
In questa sede, abbiamo ricordato un alpino freddato in Afghanistan; nel nord Africa succede di tutto: è una fascia di Paesi in fiamme, che non riusciamo a controllare, verso la quale ci sentiamo quasi impotenti, perché sembra che il nostro sdegno non arrivi più in là di quest'Aula, non sappiamo bene cosa fare. Io apprezzo le parole del Ministro Frattini, ho capito, ho letto e ho parlato anche con lui di questa vicenda: ci ha assicurato l'impegno del Governo, ma sembra che l'Europa dorma. Tutti stiamo dormendo, non mi sembra che vi sia uno sdegno grande per ciò che sta avvenendo. L'Europa promette, decide sanzioni e prende provvedimenti, e poi, alla fine, dorme (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).
In conclusione, credo che dobbiamo renderci conto dei rischi che stiamo correndo come Paesi civili, non possiamo accettare questa violenza cieca e vigliacca. Insisto: è una violenza vigliacca. Pertanto, credo che dobbiamo certamente sostenere il Governo nella sua azione, ma non possiamo fermarci solo a ciò che il Governo dice di voler fare o che farà. Qui occorre Pag. 18molto di più: occorre una presa di coscienza collettiva dei rischi che stiamo correndo e del pericolo che la nostra democrazia sia messa sotto scacco da un gruppo di fanatici islamici.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Vi sono anche moderati islamici, a cui va tutta la nostra simpatia, che in Pakistan si stanno battendo perché la legge sulla blasfemia venga eliminata. Vogliamo essere vicini a quei pakistani, a quei musulmani e a quei moderati: assumeremo, quindi, un'iniziativa parlamentare, affinché tutto il Governo e tutto il Parlamento si esprimano dopo una vicenda così tragica (Applausi).

MASSIMO POLLEDRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, abbiamo prima ricordato Massimo, lo chiamo per nome perché è un soldato e lo sentiamo, in qualche modo, come un nostro fratello morto. Ma oggi ricordiamo una persona altrettanto vicina, Shahbaz Bhatti. Vogliamo ricordarlo come partito e come uomini liberi, con ammirazione e gratitudine. Era un uomo di 42 anni, quindi estremamente giovane, un Ministro che abbiamo avuto la fortuna di avere qui in Parlamento, un mese e mezzo fa, e di poterlo portare in giro, in rappresentanza di un Governo ma, soprattutto, in rappresentanza di un momento difficile.
Vi è stata una manifestazione, poco tempo fa, a favore di Asia Bibi, cui hanno preso parte molti parlamentari e molte altari autorità come il Ministro Bossi, l'onorevole Buttiglione e tanti altri. Ciò per ricordare che la libertà, in un posto lontano come il Pakistan, non è un problema dei pakistani, ma di tutti. La libertà e la democrazia, in questo Paese lontano, è la frontiera, è un obiettivo anche per la nostra vita, perché condiziona la nostra vita. È stato detto dal Gabinetto del Presidente Asif Ali Zardari che si tratta di una campagna concertata per uccidere ogni voce liberale, progressista e umanista in Pakistan. Il Ministro per l'informazione ha ricordato: siamo rattristati per la sua tragica scomparsa e morte. Era però un uomo che non aveva scorta. Minacciato pubblicamente, probabilmente anche nelle aule del Parlamento, era un uomo senza scorta. Una vittima predestinata che non si è sottratta alla coerenza e ad un prezzo da pagare, come fanno tanti cristiani nel mondo.
Oggi vogliamo ricordare l'impegno che vi è stato, anche di questo Parlamento, a favore e come ricordo della mattanza di cristiani nel mondo (mattanza è un termine pesante e me ne scuso, ma non mi viene in mente un altro nome per poterla ricordare) e a favore della libertà religiosa di tutti; libertà religiosa che abbiamo ricordato come la madre di tutte le libertà. Oggi, senza infingimenti e senza retorica, vogliamo ricordare quest'uomo forte, questo cattolico - perché si parla di sangue cattolico - con una sua frase: «Voglio che la mia vita, il mio carattere e le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo». Noi lo ringraziamo (Applausi).

OLGA D'ANTONA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

OLGA D'ANTONA. Signor Presidente, assieme al dolore che è stato espresso in quest'Aula per la perdita di un nostro soldato e degli altri soldati feriti in Afghanistan, anche il Partito Democratico vuole esprimere la preoccupazione, il dolore e lo sdegno per questo crimine di intolleranza che è stato commesso in Pakistan. Shahbaz Bhatti - è stato qui ricordato - era un uomo mite, era un cattolico che si batteva con coraggio per la difesa delle minoranze.
L'esito dell'incontro con il Ministro Frattini aveva portato da parte di Shahbaz Bhatti l'impegno a chiedere una commissione di inchiesta per la condanna a morte per un crimine di blasfemia, alla quale era Pag. 19stata condannata Asia Bibi. Vi è una associazione in questo Parlamento - trasversale e che vede rappresentate forze politiche di tutte le componenti presenti in questo consesso - che è un'associazione di amicizia, ma anche di sostegno e di promozione della democrazia in quel Paese.
Sappiamo che non vi è solo intolleranza in quel Paese, ma che vi sono anche forze democratiche che si battono con coraggio, perché le minoranze vengano rispettate e perché tutte le religioni abbiano diritto di esprimersi.
Già il Governatore del Punjab, che si era battuto a difesa di Asia Bibi, era stato ucciso; non è il primo assassinio che viene compiuto per la difesa del diritto di libertà religiosa.
L'Italia è un Paese che si è battuto (ed è stato tra i primi) contro la pena di morte, che si batte a difesa di tutte le minoranze e a difesa della libertà religiosa. Noi qui facciamo una richiesta precisa e auspichiamo che questo Governo, nella persona in modo particolare del Ministro Frattini che ha dimostrato una specifica sensibilità su questi temi, si faccia promotore di una pressione forte nei confronti dell'Europa, di tutte le organizzazioni internazionali e di tutte quelle iniziative atte a prendere provvedimenti seri a difesa delle minoranze cristiane che stanno subendo una repressione terribile e sanguinosa.
Quindi noi, insieme a tutte le altre forze politiche - perché questi sono temi che ci vedono tutti quanti uniti e che definire trasversali è poco in quanto vedono tutte le sensibilità politiche qui presenti unite - chiediamo che si raggiungano questi risultati (Applausi).

RENATO FARINA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RENATO FARINA. Signor Presidente, a nome del Popolo della Libertà mi associo alle parole fin qui pronunciate in quest'Aula su Shahbaz Bhatti. Più ancora che le parole vorrei, ma è impossibile, che nel resoconto stenografico fosse espressa la commozione che fin qui tutti gli oratori hanno mostrato nel dedicargli le loro parole.
C'era evidentemente la perfetta cognizione di chi era questo uomo. Quest'uomo sapeva che sarebbe stato ucciso, ne aveva la certezza e ce la comunicava. La cosa tremenda è che tutti noi, con tutte le nostre forze politiche e capacità di mobilitare l'ONU e l'Unione europea, non siamo stati in grado di garantire la vita - oltreché di riuscire a far fare silenzio ai disturbatori - a una persona che umilmente ci portava una causa nobile e giusta da affrontare insieme.
È durato pochissimo: pensiamo a come anche qui è stato posto l'allarme sulla situazione dei cristiani in Pakistan e dei politici che difendevano i cristiani in Pakistan pochi giorni fa. Il 5 gennaio era stato ucciso un governatore musulmano - è giusto ricordarlo - che aveva osato opporsi alla condanna a morte di Asia Bibi. È stato assassinato il 5 gennaio; ricordiamo il suo nome anche oggi in questa sede: Salman Taser.
Esistono degli eroi nel mondo, i quali danno la vita per un bene più grande della loro stessa vita ed è, a mio avviso, non casuale che li ricordiamo oggi insieme al nostro capitano alpino Massimo Ranzani. Non è un caso: c'è comunque una volontà di dare qualche cosa perché il male e l'oppressione della libertà non vincano nel mondo.
Esiste una responsabilità politica nostra che non è semplicemente quella di pronunciare parole di dolore e di chiedere interventi, ma è di far sì che questi interventi siano effettivamente implementati ed entrino nell'agenda cogente (mi scusino il gioco di parole) delle nostre trattative internazionali in politica estera.
Il Governo italiano ha proposto all'ONU una risoluzione sulla libertà religiosa molto più stringente che in passato e c'è la volontà di creare una Commissione che vigili sulla effettiva pratica della libertà religiosa nel mondo. Ritengo che tutto questo debba diventare un continuo dire e richiedere di tutto il nostro Parlamento, Camera e Senato.

Pag. 20

PRESIDENTE. La prego di concludere.

RENATO FARINA. Vorrei chiedere un piccolo gesto qui che fino ad adesso inutilmente ho chiesto.
Abbiamo appreso informalmente dalla delegazione iraniana di parlamentari che la condanna a morte di Sakineh è stata definitivamente revocata perché i parenti del marito asseritamente ucciso dalla donna hanno concesso il perdono. Dunque si potrebbe utilmente sostituire l'immagine di Sakineh che è appesa davanti a Palazzo Chigi con quella di Asia Bibi o con quella di questo Ministro martire (Applausi).

SOUAD SBAI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SOUAD SBAI. Signor Presidente, mi rivolgo a quest'Aula per denunciare un altro episodio gravissimo, l'ennesimo, verificatosi in Iran. Nel clima infuocato e ingestibile che ormai da tempo dilania Teheran si apprende dagli appelli accorati delle rispettive famiglie che Mousavi, Karroubi e le loro famiglie sono scomparsi nel nulla. Le agenzie di stampa italiane ed internazionali definiscono il luogo dove sono stati condotti come ignoto.
I leader dell'opposizione ad Ahmadinejad sono stati prelevati dalle loro abitazioni e da quel momento non se ne ha più traccia. Alcune organizzazioni per i diritti umani parlano di quello che viene definito «casa sicura», ovvero un luogo usato dalla guardia rivoluzionaria dell'intelligence iraniana per detenzione segreta, di cui non viene informato il sistema giudiziario.
È inaccettabile assistere ancora ad episodi di questa gravità, con un dittatore che si fa beffa di qualsiasi norma o trattato internazionale, massacrando il popolo e facendo sparire fisicamente l'opposizione. A nome anche della comunità iraniana moderata in Italia e di tutti i dissidenti, chiedo formalmente al Ministro Frattini di porre urgentemente la questione a livello europeo e di mettere in campo tutta la sua capacità di mediazione affinché l'Unione europea intervenga urgentemente (Applausi).

GIACOMO CHIAPPORI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIACOMO CHIAPPORI. Signor Presidente, intervengo per accettare il richiamo che lei ha fatto prima, quando vi è stato l'intervento del Ministro La Russa. Certamente mi prendo tutte le mie responsabilità, ma non quelle non mie. Il momento era teso, ho sentito le parole del Ministro. Io che sono un alpino, un artigliere di montagna conosco e so quindi perfettamente come sono queste cose, mi sono alzato e ho detto «stai zitto» e ho continuato a ripetere «stai zitto» all'onorevole dell'Italia dei Valori.
Ho fatto questo e lo farò sempre perché non uso altre parole e quando le uso lo faccio a quattr'occhi, perché le dico anche quelle parole. Le dico a quattr'occhi perché voglio vedere la reazione, e nelle reazioni poi ci sono anche le conseguenze. Non le dico in un'aula tanto per dirle, soprattutto in quest'Aula. Vorrei che rimanesse agli atti che il mio era uno «stai zitto», mi prendo la responsabilità e accetto il richiamo ma per ciò che ho detto e non per ciò che non ho detto.

PRESIDENTE. Grazie onorevole Chiappori del chiarimento.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 18 con le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.

La seduta, sospesa alle 13,45, è ripresa alle 18.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.
Pag. 21
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito delle comunicazioni del Governo ai sensi dell'articolo 2, comma 4, secondo periodo, della legge n. 42 del 2009, in relazione allo schema di decreto legislativo in materia di federalismo fiscale municipale.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito delle comunicazioni del Governo ai sensi dell'articolo 2, comma 4, secondo periodo, della legge 5 maggio 2009, n. 42, in relazione allo schema di decreto legislativo in materia di federalismo fiscale municipale.
Ricordo che nella seduta del 1o marzo il Governo ha posto la questione di fiducia sull'approvazione della risoluzione Cicchitto, Reguzzoni e Sardelli n. 6-00065 (Vedi l'allegato A - Risoluzioni).

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.
Ricordo che, come stabilito dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, è stata disposta la ripresa televisiva diretta delle dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo misto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà per due minuti.

KARL ZELLER. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Südtiroler Volkspartei si batte dal 1948 per una forma di Stato in senso federalista. Per questo motivo, abbiamo sempre sostenuto le scelte politiche e le iniziative legislative il cui obiettivo fosse il federalismo. Il presente schema di decreto legislativo in materia di federalismo municipale rappresenta una tappa fondamentale di un lungo e difficile percorso istituzionale e parlamentare. Va dato atto al Governo nel travagliato iter in Parlamento di avere profondamente modificato il testo, recependo numerose istanze dei comuni e proposte di modifica da parte dei parlamentari.
Condividiamo l'assegnazione ai sindaci di un mix di contributi propri e compartecipazioni, la sostituzione dell'ICI con l'imposta municipale unica e, in particolare, l'introduzione della cedolare secca sugli affitti. Apprezziamo, in primo luogo, l'operato del Ministro Calderoli per avere introdotto su nostra richiesta una clausola di salvaguardia e di raccordo con le autonomie speciali. Ricordo, infatti, che, in seguito all'ultima riforma statutaria del 2009, avvenuta in attuazione del cosiddetto accordo di Milano, le province autonome di Trento e Bolzano hanno competenza non solo in materie di finanza locale, ma possono legiferare anche in ordine ai tributi locali. Dal 1989 abbiamo competenza primaria sull'imposta sul turismo. Pertanto, non dovrebbe applicarsi la normativa statale. Auspichiamo anche che la norma di attuazione dello statuto, volta a disciplinare e completare il nuovo sistema finanziario della nostra provincia, venga approvata a breve dal Governo.
Per le suddette ragioni di merito la SVP avrebbe senza nessuna difficoltà votato a favore di questo provvedimento. Purtroppo, il Governo ha deciso ancora una volta di porre la questione di fiducia.

PRESIDENTE. Onorevole Zeller, la prego di concludere.

KARL ZELLER. Si tratta di una scelta politica che non possiamo condividere e, non essendo la SVP parte della compagine governativa, annuncio il nostro voto di astensione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, sul federalismo i repubblicani, che Pag. 22sono un partito autonomista nella loro lunga storia, hanno detto più volte che non hanno obiezioni di principio. Tuttavia, il punto di partenza di questa grande riforma - se sarà tale - deve essere un calcolo accurato dei costi e dei benefici per la collettività nazionale. Infatti, con un debito pubblico del 120 per cento della ricchezza nazionale non si può scherzare; non si può scherzare con una pressione fiscale del 43 per cento come quella odierna.
Una riforma delle istituzioni di questa portata si può fare solo se costa e fa costare di meno l'apparato pubblico. Su questo, onorevoli colleghi e signori del Governo, non vi è garanzia alcuna. Non vi è un documento che faccia stato dei costi del federalismo. Vi sono le parole del Ministro Calderoli e qualche parola reticente del Ministro dell'economia. Non vi è garanzia alcuna dei costi. Infatti, se il federalismo darà più risorse al nord (come dice la Lega) e non ne darà meno al sud (come dice il Governo) la spesa pubblica non diminuirà, anzi aumenterà, oppure aumenteranno le tasse e il debito pubblico.
Signor Presidente, signori del Governo, occorreva iniziare in un altro modo, da una delocalizzazione delle autonomie locali per farle costare di meno. Occorreva abolire le province, come pure vi eravate impegnati a fare; accorpare i piccoli comuni, riducendone il numero da circa novemila alla metà; rivedere i costi delle regioni; infine, sciogliere buona parte delle imprese locali, dove si annida il sottogoverno delle forze politiche che governano a livello locale.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIORGIO LA MALFA. Questo non c'è ed è per questo che il federalismo rischia di costare alla finanza pubblica di più ed è per questo che i repubblicani sono fermamente contro di esso (Applausi di deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Monte. Ne ha facoltà per tre minuti.

CARMELO LO MONTE. Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, nel maggio 2009 i parlamentari del Movimento per le Autonomie votarono a favore della legge sul federalismo fiscale. Era una scommessa e, nello stesso tempo, una speranza. Ma era, soprattutto, la convinzione profonda di un Movimento che nasce con una vocazione federalista, certi come siamo che l'Italia per mantenere la sua unità ha bisogno di un vero e reale decentramento e di un riequilibrio tra le diverse due parti.
Il nostro comportamento relativo al voto odierno deve, quindi, tenere conto di quel voto a favore della nostra ragione sociale che è, appunto, quella della autonomia dei territori. Anche per questo il nostro voto, in questo caso, non può essere in sintonia con quello di chi sulla legge sul federalismo aveva espresso un voto diverso dal nostro. Certo, tante erano e sono le perplessità sui diversi punti e, soprattutto, sull'ispirazione che rischia di guidare i decreti attuativi, compreso l'ultimo del quale oggi stiamo trattando. Abbiamo, ad esempio, dubbi rilevanti sulle difficoltà che i comuni avranno per reperire le risorse per finanziarsi.
Tuttavia, ancora una volta riteniamo di dover ribadire che ognuno si trova davanti ad un'opportunità, quella federalista che, con gli opportuni aggiustamenti, costringerà tutti a una «rivoluzione copernicana» e, quindi, ad abbandonare i vecchi opportunismi. Per la Sicilia, ad esempio, regione a statuto speciale, il federalismo - e mi consenta, signor Ministro, di ricordare le serrate trattative che dovranno inevitabilmente aprirsi - potrebbe finalmente voler significare l'attuazione degli articoli 36, 37 e 38 dello statuto speciale e l'ottenimento di una percentuale nell'attribuzione delle accise nonché una profonda perequazione infrastrutturale.
Avevamo, pertanto, assunto la decisione di astenerci, mettendo da un lato della bilancia le nostre convinzioni autonomiste e federaliste e, dall'altro, le nostre perplessità contingenti sul testo dello schema di decreto legislativo. Era un'astensione sul merito della questione, senza alcuna implicazione politica. La posizione della Pag. 23questione di fiducia ci impedisce, però, oggi questa posizione, assegnando un valore squisitamente politico contingente ad un voto che esula, ormai, dal merito del federalismo ed attiene, invece, alla vita del Governo sul quale in più occasioni abbiamo espresso le nostre posizioni.
Per questo abbiamo deciso di non partecipare al voto, chiarendo che questa assenza va intesa, quindi, come la volontà di astenersi sul merito del provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà per quattro minuti.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, colleghi, non era mai accaduto, fino ad oggi, che il Governo ponesse la questione di fiducia sul testo sostanzialmente di un parere che il Parlamento è chiamato ad esprimere su uno schema di decreto legislativo che il Governo stesso redige nell'esercizio di un potere che il Parlamento gli ha delegato. Di fatto, questo è quello che oggi stiamo facendo. Infatti, siamo al paradosso per cui è il Governo, che dopo aver incassato un parere contrario nella Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale, ora con la questione di fiducia impone il contenuto del parere che vuole che il Parlamento gli dia.
Certo, nella patria del conflitto di interessi anche questo può sembrare normale. Ma, colleghi, dobbiamo sapere che quello che stiamo facendo non è per nulla normale.
Questa forzatura istituzionale, già grave di per sé, avrà anche l'effetto di distorcere e di condizionare per il futuro la procedura che la legge n. 42 aveva individuato per fare in modo che l'adozione dei decreti di attuazione del federalismo - integranti una riforma istituzionale, amministrativa e finanziaria - fosse il frutto di una decisione condivisa e partecipata, tale cioè da assicurare stabilità, continuità e convinzione nel suo lungo e complicato processo di attuazione.
Ora, questa idea è irrimediabilmente compromessa perché il Governo ha deciso di forzare la mano pur di consentire alla Lega di sbandierare la sua vittoria. Ma è una vittoria effimera che si dissolverà presto quando, tra pochi mesi, con l'approvazione dei bilanci comunali, gli amministratori, i cittadini e le imprese capiranno cosa vuol dire davvero questo federalismo. La forzatura di oggi è peraltro un chiaro segno di debolezza: la consapevolezza di un federalismo che non funziona perché innanzitutto non viene realizzato il principio cardine della responsabilità fiscale degli amministratori nei confronti degli amministrati. Il famoso «vedo, voto, pago», sbandierato dal Ministro Tremonti, qui non c'è; infatti si va avanti ancora con trasferimenti dal bilancio dello Stato oppure si impongono tasse su quelli che non votano. L'idea della responsabilità come chiave dell'efficienza, in questo testo, rimane infatti solo un'idea astratta.
Il federalismo fiscale non segue - come pure il Governo aveva riconosciuto che si dovesse fare - la semplificazione e la razionalizzazione dell'amministrazione locale, ma lascia tutto così com'è. Il risultato sarà che l'efficienza si raggiungerà soltanto riducendo i servizi e non migliorando l'organizzazione e i costi oppure non si raggiungerà per nulla, aumentando la spesa. Il federalismo municipale comporterà un sensibile aumento della pressione fiscale, soprattutto a causa delle piccole imprese su cui quell'IMU raddoppiata non potrà essere ridotta dai comuni che non hanno risorse.
Il meccanismo della cedolare secca, accettabile se finalizzato a fare emergere il nero, non servirà a questo scopo perché non si introducono meccanismi efficaci per innestare una convergenza tra proprietari e locatari. L'effetto perverso sarà di beneficiare la rendita, penalizzare gli inquilini e fare il contrario di quello che la riforma fiscale deve fare: spostare la tassazione dalle rendite alle imprese e ai lavoratori. Con questo provvedimento si fa esattamente il contrario, con la redistribuzione che attua, aspettando questa riforma fiscale epocale che il Ministro Tremonti annuncia, ma che non arriva mai. Pag. 24
Ce n'è abbastanza - credo - signor Presidente, per motivare la nostra radicale contrarietà al decreto sul federalismo municipale (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, l'Italia dei Valori dirà «no» al federalismo con le «ossa rotte» che ci viene proposto dal decreto sul federalismo municipale. Oggi non il Governo, ma la Lega Nord chiede un voto di fiducia, che dimostra che non ha fiducia nella sua maggioranza. Ed ha ragione perché una maggioranza che sta in piedi grazie ad una compravendita di voti parlamentare del Presidente del Consiglio Berlusconi non sarà mai una maggioranza di cui fidarsi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
L'Italia dei Valori, sin dal suo programma politico del 2001, ha considerato il federalismo fiscale come uno strumento essenziale per affrontare adeguatamente il problema della distribuzione delle risorse nel Paese. Per questo, ha collaborato e votato a favore della legge quadro sul federalismo, che era ispirata ai seguenti principi: autonomia finanziaria ed impositiva degli enti locali, responsabilizzazione degli amministratori locali sull'uso del denaro dei cittadini, riduzione della pressione fiscale complessiva, giunta a livelli mai raggiunti in passato.
Il gruppo dell'Italia dei Valori considera un federalismo responsabile e solidale come l'ultima occasione di riscatto di tante realtà del nostro Paese e di tante realtà del sud, costrette a subire la soffocante sanatoria di sprechi locali ed interventi in sanatoria dello «Stato bancomat», come ha spesso sottolineato l'onorevole Leoluca Orlando. Questo è lo stesso motivo per il quale abbiamo dato il nostro voto favorevole anche al federalismo demaniale, in quanto potenzialità di valorizzazione virtuosa di beni spesso abbandonati a loro stessi da uno Stato centrale troppo lontano e disinteressato.
Ma il vero «killer» di questo federalismo è stato un uomo che continua ad affermarne il valore di riforma storica ed il suo spirito salvifico.
Ministro Tremonti, lei ha «spezzato» le «ali» al federalismo nel momento stesso in cui, non riuscendo a ridurre la spesa del Governo centrale, ha tagliato di 8 miliardi di euro l'anno i trasferimenti agli enti locali (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Fu subito evidente agli addetti ai lavori che togliere una tale enorme somma di denaro dalla massa possibile di manovra utilizzabile per il riequilibrio fra territori, ad esempio nord e sud, nella distribuzione delle risorse basandole su fabbisogni e costi standard avrebbe reso impossibile una prosecuzione efficace della sua realizzazione. Così è stato.
Da quel momento, i decreti attuativi del federalismo sono diventati strumenti attraverso i quali far recuperare almeno in parte agli enti locali gli 8 miliardi di tagli che avevano subìto. Ma a carico di chi? A carico dei cittadini, aumentando la pressione fiscale in sede locale. È appunto un federalismo con le «ossa rotte», quelle dei cittadini e delle imprese ulteriormente tartassate. Come spesso ha detto anche il nostro presidente Di Pietro: il federalismo è uno strumento e perciò non è buono in sé, ma dipende da come lo si usa.
È infatti un federalismo con le «ossa rotte» quello che non lascia autonomia impositiva agli enti locali, facendo di fatto derivare le loro entrate da decisioni a livello centrale e dando avvio al principio tanto caro alla Lega che i soldi restano a casa nostra. Non sarà così, i soldi continueranno ad andare a Roma (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori) e da qui saranno distribuiti, ma con automatismi che non premieranno i sindaci virtuosi. È un federalismo con le «ossa rotte» quello che impone alle regioni, attraverso il «milleproroghe», la tassa sulle disgrazie, che i cittadini dovranno pagare tutte le volte che la loro regione sarà colpita da una calamità naturale. Quindi, oltre che con le «ossa rotte», è anche un federalismo non solidale. Pag. 25
È un federalismo con le «ossa rotte» quello che istituisce la tassa sui turisti, che causerà danni difficilmente calcolabili alla nostra economia, in un momento in cui di tutto avremmo bisogno fuorché di misure che ne reprimano lo sviluppo. Un sindaco della lega di Verona, Tosi, ha già dichiarato che l'applicherà per far fronte al deficit della fondazione dell'ente lirico. Dunque, per creare nuova spesa pubblica, alla faccia del debito pubblico. È un federalismo con le «ossa rotte» quello che farà sostituire l'ICI con l'IMU, che per come è concepita introdurrà una patrimoniale fino al 50 per cento più elevata dell'ICI, che colpirà soprattutto artigiani, commercianti, imprese e le seconde case dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). È un federalismo con le «ossa rotte» quello che non permetterà a chi sarà obbligato a contribuire alle finanze comunali di giudicare, attraverso il voto, gli amministratori che hanno tolto loro di tasca i soldi che usano, alla faccia del principio continuamente sbandierato da Berlusconi: no taxation without representation. È un federalismo con le «ossa rotte» quello che porterà più tasse e più spesa pubblica, con un inevitabile aumento della pressione fiscale locale, lasciando intatti sprechi e sperperi di denaro pubblico.
La Lega Nord ha fatto un baratto, un pacco con sopra scritto federalismo contro un indegno salvacondotto a Berlusconi, che ancora una volta vuole scappare ai suoi giusti processi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Ma poiché Berlusconi è un esperto in pacchi, ha confezionato un vero e proprio pacco per gli italiani: una scatola vuota. Alla Lega Nord, che sa bene che il federalismo con le «ossa rotte» che stanno approvando è un fallimento del loro progetto diciamo: lasciate questo Governo moribondo al suo destino, un Governo al quale il nostro referendum sul legittimo impedimento darà un colpo finale, e poi riscriviamo insieme questo decreto legislativo, ma stabilendo prima fabbisogni e costi standard.
Italia dei Valori è per un federalismo vero e solidale che premi gli amministratori virtuosi, metta i cittadini in condizione di cacciarli quando usano male i loro soldi e riduca loro le tasse. Tutto il contrario di ciò che fa questo federalismo con le «ossa rotte». A questo federalismo, non potremo che dire «no» (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni).
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, l'Italia dei Valori dirà «no» al federalismo con le «ossa rotte» che ci viene proposto dal decreto sul federalismo municipale. Oggi non il Governo, ma la Lega Nord chiede un voto di fiducia, che dimostra che non ha fiducia nella sua maggioranza. Ed a ragione, perché una maggioranza che sta in piedi grazie ad una compravendita di voti parlamentari del Presidente del Consiglio Berlusconi non sarà mai una maggioranza di cui fidarsi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
L'Italia dei Valori, sin dal suo programma politico del 2001, ha considerato il federalismo fiscale come uno strumento essenziale per affrontare adeguatamente il problema della distribuzione delle risorse nel Paese. Per questo, ha collaborato e votato a favore della legge quadro sul federalismo, che era ispirata ai seguenti principi: autonomia finanziaria ed impositiva degli enti locali, responsabilizzazione degli amministratori locali sull'uso del denaro dei cittadini, riduzione della pressione fiscale complessiva, giunta a livelli mai raggiunti in passato.
Il gruppo dell'Italia dei Valori considera un federalismo responsabile e solidale come l'ultima occasione di riscatto di tante realtà del nostro Paese e di tante realtà del sud, costrette a subire la soffocante sanatoria di sprechi locali ed interventi in sanatoria dello «Stato bancomat», come ha spesso sottolineato l'onorevole Leoluca Orlando. Questo è lo stesso motivo per il quale abbiamo dato il nostro voto favorevole anche al federalismo demaniale, in quanto potenzialità di valorizzazione virtuosa di beni spesso abbandonati a loro stessi da uno Stato centrale troppo lontano e disinteressato.
Ma il vero «killer» di questo federalismo è stato un uomo che continua ad affermarne il valore di riforma storica ed il suo spirito salvifico.
Ministro Tremonti, lei ha «spezzato» le «ali» al federalismo nel momento stesso in cui, non riuscendo a ridurre la spesa del Governo centrale, ha tagliato di 8 miliardi di euro l'anno i trasferimenti agli enti locali (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Fu subito evidente agli addetti ai lavori che togliere una tale enorme somma di denaro dalla massa possibile di manovra utilizzabile per il riequilibrio fra territori, ad esempio nord e sud, nella distribuzione delle risorse basandole su fabbisogni e costi standard avrebbe reso impossibile una prosecuzione efficace della sua realizzazione. Così è stato.
Da quel momento, i decreti attuativi del federalismo sono diventati strumenti attraverso i quali far recuperare almeno in parte agli enti locali gli 8 miliardi di tagli che avevano subìto. Ma a carico di chi? A carico dei cittadini, aumentando la pressione fiscale in sede locale. È appunto un federalismo con le «ossa rotte», quelle dei cittadini e delle imprese ulteriormente tartassate. Come spesso ha detto anche il nostro presidente Di Pietro: il federalismo è uno strumento e perciò non è buono in sé, ma dipende da come lo si usa.
È infatti un federalismo con le «ossa rotte» quello che non lascia autonomia impositiva agli enti locali, facendo di fatto derivare le loro entrate da decisioni a livello centrale e dando addio al principio tanto caro alla Lega che i soldi restano a casa nostra. Non sarà così, i soldi continueranno ad andare a Roma (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori) e da qui saranno distribuiti, ma con automatismi che non premieranno i sindaci virtuosi. È un federalismo con le «ossa rotte» quello che impone alle regioni, attraverso il «milleproroghe», la tassa sulle disgrazie, che i cittadini dovranno pagare tutte le volte che la loro regione sarà colpita da una calamità naturale. Quindi, oltre che con le «ossa rotte», è anche un federalismo non solidale. Pag. 25
È un federalismo con le «ossa rotte» quello che istituisce la tassa sui turisti, che causerà danni difficilmente calcolabili alla nostra economia, in un momento in cui di tutto avremmo bisogno fuorché di misure che ne reprimano lo sviluppo. Un sindaco della lega di Verona, Tosi, ha già dichiarato che l'applicherà per far fronte al deficit della fondazione dell'ente lirico. Dunque, per creare nuova spesa pubblica, alla faccia del debito pubblico. È un federalismo con le «ossa rotte» quello che farà sostituire l'ICI con l'IMU, che per come è concepita introdurrà una patrimoniale fino al 50 per cento più elevata dell'ICI, che colpirà soprattutto artigiani, commercianti, imprese e le seconde case dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). È un federalismo con le «ossa rotte» quello che non permetterà a chi sarà obbligato a contribuire alle finanze comunali di giudicare, attraverso il voto, gli amministratori che hanno tolto loro di tasca i soldi che usano, alla faccia del principio continuamente sbandierato da Berlusconi: no taxation without representation. È un federalismo con le «ossa rotte» quello che porterà più tasse e più spesa pubblica, con un inevitabile aumento della pressione fiscale locale, lasciando intatti sprechi e sperperi di denaro pubblico.
La Lega Nord ha fatto un baratto, un pacco con sopra scritto federalismo contro un indegno salvacondotto a Berlusconi, che ancora una volta vuole scappare ai suoi giusti processi (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Ma poiché Berlusconi è un esperto in pacchi, ha confezionato un vero e proprio pacco per gli italiani: una scatola vuota. Alla Lega Nord, che sa bene che il federalismo con le «ossa rotte» che stanno approvando è un fallimento del loro progetto diciamo: lasciate questo Governo moribondo al suo destino, un Governo al quale il nostro referendum sul legittimo impedimento darà un colpo finale, e poi riscriviamo insieme questo decreto legislativo, ma stabilendo prima fabbisogni e costi standard.
Italia dei Valori è per un federalismo vero e solidale che premi gli amministratori virtuosi, metta i cittadini in condizione di cacciarli quando usano male i loro soldi e riduca loro le tasse. Tutto il contrario di ciò che fa questo federalismo con le «ossa rotte». A questo federalismo, non potremo che dire «no» (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, la riforma federalista deve e può essere un'occasione di riforma positiva per tutta l'Italia e non una bandiera propagandistica. Deve unire e non dividere il Paese e per questo va fatta bene. Per questo ci vuole il tempo necessario. Se qualcuno pensa di fare le cose in fretta in vista delle prossime elezioni, non ha capito che gli italiani non giudicheranno il federalismo nei prossimi due mesi, ma nei prossimi vent'anni. Per questo la decisione della maggioranza di procedere come un carro armato legislativo, con le forzature procedurali e i voti di fiducia, è grave ed è sbagliata.
Il federalismo è il riconoscimento ai livelli di governo territoriali di una robusta dose di autonomia e di una responsabilità fiscale; è una sana competizione sulla qualità dei servizi offerti e sul livello del prelievo fiscale con regole nazionali condivise, controlli rigorosi e sanzioni severe per chi viola il patto federativo.
Nulla di tutto questo vi è nel decreto sul fisco municipale in esame: non è una buona riforma, non è condivisa, è improvvisata e frettolosa. Per come è congegnata, rischia di determinare l'aumento della spesa al nord e l'aumento delle tasse al sud. Vi è una redistribuzione regressiva tra i comuni: avvantaggia le grandi città e le località turistiche rispetto alle tante città di provincia. Vi è stato il rifiuto preconcetto di usare la prima casa come base di calcolo per una tassa comunale, come avevamo chiesto con il senatore Baldassarri, completamente detraibile dall'IRPEF; non una nuova ICI, ma un nuovo Pag. 26metodo di calcolo per una vera tassa comunale. Lo avete rifiutato. Proponevamo l'esenzione per gli incapienti, per i più deboli, per i più poveri; ne è uscito un pasticcio.
Così come non è sostenibile introdurre la cedolare secca, cioè una ragionevole tassazione di favore per chi affitta le case, senza consentire agli affittuari di detrarre in parte l'affitto; è un errore, non funzionerà. Questa riforma non prevede alcun meccanismo chiaro per la perequazione tra i territori, così come non individua in modo chiaro la sanzione per quegli amministratori, del nord o del sud che siano, che non rispetteranno le regole.
Anziché disegnare un modello di finanza in grado di aggredire il dualismo nord-sud, il vero problema di questo Paese, il decreto in esame rischia di portare a nuove disparità. Il federalismo non è e non può essere la secessione con un altro nome. Lo dico da valtellinese, da lombardo, da uomo del nord, prima ancora che da esponente di un partito repubblicano e nazionale: oggi non è possibile distinguere tra l'interesse del sud Italia e l'interesse del nord Italia. O staremo meglio tutti o staremo tutti peggio: non ci sono vie di mezzo.
Nei mesi scorsi sono cambiate le cose in Europa e in Italia; solo questo Governo, in questo decreto, sembra non accorgersene. La crisi finanziaria della Grecia ha portato i contribuenti tedeschi a mettere sul piatto le risorse del Governo tedesco in garanzia, chiedendo ai greci riforme e sacrificio. Se qualcuno pensa che il nord possa essere indenne dagli eventuali fallimenti delle regioni del sud, deve sapere che non solo in Europa non sono più possibili le crisi in un solo Stato, ma che a maggior ragione in Italia non sarebbe possibile la crisi in una sola regione. Esattamente come si sta facendo in Europa - cito il Ministro Tremonti - sulla finanza pubblica, in un momento difficile, si sta andando dal basso verso l'alto e dal diviso all'unito.
Noi oggi scegliamo di non considerare quello che sta succedendo in Europa. Vogliamo contribuire ad una buona riforma federalista, che tenga però conto del tempo grave in cui stiamo vivendo e che vivremo; che sia condivisa, perché non possiamo mettere in discussione le riforme fondamentali ad ogni cambio di maggioranza; che ci impegni per il tempo necessario, senza improvvisare, tanto per dire «lo abbiamo fatto».
Questa non è una buona riforma: porterà nuove, troppe tasse, senza un aumento dell'autonomia dei comuni. Allo Stato centrale si chiederà di continuare a fare il lavoro sporco e a raccogliere le tasse, purché ne lasci un po' ai comuni. Non vi sarà una vera e comprensibile tassa comunale, quella su cui i cittadini possano giudicare anche in relazione a come vengono spesi i soldi; solo un'infinità di nuove piccole tasse e di nuove addizionali.
Si dice che chi mette le tasse e spende è più vicino ai cittadini, e quindi sarà più controllato e dovrà rendere conto agli elettori in modo diretto. Se fosse vero, sarebbe un passo avanti, ma non è così. Non è un'opinione politica, ma la matematica: se ai comuni è consentito di introdurre nuove tasse e contemporaneamente non si diminuiscono le tasse centrali, alla fine della fiera avremo davvero più tasse per tutti, ed è pericoloso fare questa scelta in un Paese che ha il record della pressione fiscale: oltre il 43 per cento.
Noi abbiamo votato «sì» alla legge delega sul federalismo fiscale. Confermiamo quel voto, ma il decreto attuativo di quella delega che oggi votiamo sul fisco municipale è sbagliato, frettoloso e dannoso per i contribuenti.
Poi, riteniamo incomprensibile questo voto di fiducia, a meno che il problema sia di compattare la maggioranza che è una maggioranza dei numeri, ma non è una maggioranza politica, su un provvedimento così delicato. Per questo voteremo contro la fiducia e contro il decreto.
Il decreto in oggetto, comunque, passerà, si sarà persa l'occasione di fare meglio. Aspettiamo quello successivo sul fisco regionale e da parte nostra si riaprirà il confronto sul merito senza pregiudizi. Questo voto, come quello precedente, certificherà Pag. 27che questo Governo ha in questo Parlamento una fiducia, vedremo cosa saprà farne nell'interesse dell'Italia, anche se ci sarà consentito di essere pessimisti.
Se la legislatura prosegue, allora, dobbiamo sapere che il federalismo fiscale poteva essere fatto diversamente e meglio. Soprattutto, dobbiamo sapere che è solo un tratto del cammino di una riforma federalista. Per questo la nostra proposta, che facciamo a tutti, a partire dai colleghi della Lega Nord e al Ministro Calderoli, è di lavorare per affrontare anche il federalismo istituzionale visto che la legislatura prosegue. Facciamo un vero Senato delle autonomie, lavorando tutti insieme, maggioranza ed opposizione, ad una riforma costituzionale condivisa almeno su questo punto.
Una volta distinti e ridefiniti i ruoli di un Senato federale e della Camera secondo principi federalisti, sarebbe anche l'occasione per cambiare una brutta legge elettorale che allontana eletti ed elettori e che non garantisce per nulla, come si può vedere, una buona e sana governabilità.
A questo siamo pronti, ma confermiamo nel merito e nel metodo della fiducia, invece, il voto contrario di oggi (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per l'Italia - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, il Censis, nel suo quarantaquattresimo rapporto sulla situazione sociale del Paese, ha definito il federalismo fiscale la sfida delle responsabilità diffuse. Una definizione, questa, che a me pare cogliere perfettamente la situazione nella quale siamo chiamati ad operare per realizzare una riforma del sistema fiscale e tributario che sappia rimuovere quello che lo stesso Ministro Calderoli, con una metafora molto efficace, ha definito «l'albero storto della finanza pubblica italiana», in cui potere fiscale e potere di spesa non coincidono essendo il primo principalmente esercitato dallo Stato, mentre il secondo può essere prevalentemente ricondotto agli enti territoriali.
La legge delega sul federalismo fiscale, da tanti riconosciuta come essenziale per una riforma complessiva del nostro sistema, si pone alcuni obiettivi essenziali. Ne cito alcuni.
Il superamento, almeno in parte, della sterile contrapposizione tra centro e periferia al fine di superare la stringente rigidità di regole imposte dal centro e valide per tutti, a fronte della crescente domanda di attori locali che vogliono essere protagonisti dello sviluppo e del benessere del proprio territorio.
Altro obiettivo è quello di superare, una volta per tutte, la contrapposizione ideologica tra i sostenitori di un'autonomia finanziaria spinta e coloro che, invece, ritengono indispensabile un sistema perequativo che sostenga quei territori con minore capacità fiscale per abitante.
Ora, per riprendere la metafora dell'albero storto, a noi pare di cogliere nella riforma del federalismo municipale che il Parlamento si accinge a varare il raggiungimento di questi due importanti obiettivi.
Esaminiamo per un momento, senza entrare nel dettaglio e nella dimensione delle compartecipazioni e delle addizionali, il grado di autonomia tributaria rispetto ai diversi livelli di amministrazione pubblica, effettuando il rapporto tra le entrate complessive e la somma di imposte dirette ed indirette.
Se nel complesso circa il 60 per cento delle entrate ha carattere tributario, tale rapporto raggiunge l'87,3 per cento nel comparto dello Stato, mentre si ferma al 31,7 nelle amministrazioni locali; è un dato, cari colleghi, che parla da sé.
A questo dato, che mette in rilievo un'evidente asimmetria, se ne aggiunge un altro non meno significativo, ovvero quello della spesa cosiddetta discrezionale. Si tratta di quella componente di spesa gestita dai diversi livelli di amministrazione, che dipende dall'azione diretta del soggetto pubblico e che, quindi, viene conteggiata al netto dei trasferimenti, fra Stato e governi locali e fra questi ultimi, al netto Pag. 28del reddito del lavoro dipendente e degli interessi passivi. Con riferimento al 2009, ultimo dato accertato, tale importo discrezionale raggiungerebbe i 256 miliardi di euro, ma 84 miliardi di questi ricadrebbero sotto la responsabilità dello Stato, mentre 172 miliardi sarebbero invece di competenza delle amministrazioni locali.
È in questo dislivello e in questa asimmetria fra capacità di entrata e potere di spesa che va verificata la portata innovativa della riforma in esame. Il dato preminente è che finalmente - lo diciamo senza enfasi, ma con ragionevole realismo - qui si affronta soprattutto il tema della formazione della spesa, oggi fondata principalmente sulla spesa storica e, per alcune componenti, fondata sul ripianamento ex post. Sono meccanismi che risalgono proprio alla riforma fiscale degli anni Settanta e che per molti versi, secondo l'opinione dei più, sono alla base dell'espansione del debito pubblico e della spesa fuori controllo registrati nei decenni successivi.
Insomma, il Governo è stato chiamato ad intervenire con legge n. 42 del 2009 in un quadro di particolare complessità al fine di adottare uno schema condiviso di determinazione dei conti e dei fabbisogni delle prestazioni in un Paese come l'Italia, che presenta contesti territoriali e capacità di gestione pubblica fortemente differenziati.
Vi sono alcuni elementi nello schema di decreto legislativo sul federalismo fiscale e municipale, illustrato ieri compiutamente dal Ministro Calderoli, che presentano aspetti di rilevante positività: si sposta dallo Stato ai comuni il gettito di numerosi tributi erariali, riducendone il numero; si istituisce un'imposta significativa e sostitutiva dei canoni di locazione; con la gradualità necessaria saranno introdotti a partire dal 2014 sull'ordinamento fiscale due nuove forme di tributi comunali; il riparto del fondo tra i singoli comuni avverrà tenendo conto dei fabbisogni standard sulla base della costruzione di un Fondo sperimentale di riequilibrio con durata quinquennale.
Signor Ministro, onorevoli colleghi, il gruppo di Iniziativa Responsabile esprime apprezzamento nei confronti dell'operato del Governo in materia di federalismo municipale e per questo non faremo mancare il nostro voto di fiducia (Applausi dei deputati dei gruppi Iniziativa Responsabile e Lega Nord Padania). Sentiamo di poter dire in tutta coscienza che, a favorire tale indirizzo politico positivo, ha influito il concorso negli ultimi anni di una progressiva accettazione da parte di importanti forze del Mezzogiorno del cambiamento della forma di Stato, dal modello accentrato piemontese a quello federalista, auspicato nell'età del Risorgimento da autorevoli e illuminati pensatori.
Bandita l'idea di un federalismo fiscale e privo di correttivi di solidarietà e, quindi, tale da accentuare il divario tra nord e sud e le diseguaglianze dei cittadini rispetto ai diritti sociali, registriamo ora una condizione diversa: anche nel Mezzogiorno - e questo è un fatto estremamente importante - si guarda al federalismo come ad un'occasione per modificare il modo di governare le comunità locali. L'introduzione di un principio di autonomia e di responsabilità nella gestione delle risorse pubbliche, che faccia continuamente i conti tra la spesa e la sua possibile copertura, uscendo dalla cultura della finanza derivata, è la strada possibile per responsabilizzare e per costringere tutti all'impiego più efficiente del denaro pubblico.
Infine, permetteteci di sottoporre al Governo e alla maggioranza, di cui Iniziativa Responsabile è parte integrante, una questione che non possiamo più eludere e che va messa in agenda con rapidità. È la questione del federalismo istituzionale, che fa da corollario al riordino dei poteri locali. Per avviare una riforma in senso federale bisogna ipotizzare un processo di ricostruzione del territorio e delle sue funzioni, in grado di dare a sua volta vita all'ordinamento complessivo della Repubblica partendo dal basso.
È solo in questo modo che è sempre nato il federalismo cooperativo o competitivo che fosse. Se invece la riforma si Pag. 29muove in senso opposto, lasciando intatti gli apparati amministrativi preesistenti e trasferendo le diverse funzioni in nome della sussidiarietà ogni volta che queste non possono essere esercitate, il risultato principale cui arriva cambia inevitabilmente, alimentando in tutti i soggetti coinvolti aspettative di nuovi compiti, di poteri più incisivi e quindi di maggiori risorse. Così si rischierebbe di alimentare la bolla del federalismo virtuale. Mi domando e vi domando se non sia ormai maturo il tempo per una riflessione di fondo.
L'Italia di oggi può permettersi ancora di avere 20 regioni, 109 province, 8.108 comuni oltre a una serie inestimabile di enti territorialmente competenti nelle materie più difformi? Il decreto sul federalismo municipale, insomma, avvia un processo che esige una forte conduzione politica e un'alta capacità di coesione.
Ricordiamo che il sistema tributario italiano si è già ampiamente decentrato nel corso degli anni Novanta. La chiave del federalismo italiano, a differenza di quello americano e inglese, è rappresentato dalle regioni, cui, almeno in linea di principio, sono assegnati tutti poteri che la Costituzione non riserva espressamente allo Stato. La riforma di oggi rappresenta un ulteriore tassello nella costituzione di un mosaico complesso e articolato. Con questa consapevolezza ci accingiamo a votare la fiducia al Governo. Dopo tutto, ha scritto un esperto analista: «la motivazione del decentramento non è semplicemente quella di indebolire l'autorità centrale ma è quella di rendere la governance a livello locale più rispondente ai bisogni della grande maggioranza della popolazione».
Mi preme, infine, signor Presidente, sottolineare la presenza di una chiara anomalia nella conformazione della Commissione bicamerale per l'attuazione del federalismo fiscale. Tale Commissione presenta oggi un vulnus di rappresentatività, in quanto non tiene conto della costituzione dei nuovi gruppi parlamentari e ciò vale sia per la Camera, sia per il Senato (Applausi dei deputati dei gruppi Iniziativa Responsabile e Lega Nord Padania). Esprimo l'auspicio, signor Presidente della Camera, a nome del mio gruppo, che tale vulnus venga al più presto sanato (Applausi dei deputati dei gruppi Iniziativa Responsabile, Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, il nostro partito è stato l'unico a votare contro la legge istitutiva di questo federalismo e la nostra è stata una scelta attenta e ponderata, basata sull'analisi dei contenuti e non certo sui pregiudizi. Ci sono ragioni di ordine politico e di merito che ci hanno indotto e ci inducono ancora a dire «no» a questo provvedimento.
Non possiamo politicamente fidarci della Lega finché almeno... (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Onorevoli colleghi, siete dei cari ragazzi ma non possiamo fidarci di voi, almeno finché noi non ci troveremo d'accordo su nozioni elementari, come il fatto che il Po non è un dio ma un fiume, che la Padania non è una regione ma una pianura e che Roma non è ladrona ma è la capitale del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro). Non possiamo fidarci se la Lega rifiuta (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). .. onorevoli colleghi io non ho fretta...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di non interrompere.

PIER FERDINANDO CASINI. Non possiamo fidarci se la Lega rifiuta di festeggiare il 17 marzo, giorno della ricorrenza dei 150 anni dell'Unità d'Italia, con la scusa della crisi economica, salvo poi, il giorno dopo, pretendere in Lombardia un altro giorno di festa per ricordare la battaglia di Legnano, il 29 maggio (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Futuro e Libertà per l'Italia e Misto-Alleanza per l'Italia). Se si vuole un federalismo che unisce, perché esaltare gli egoismi? Parlare, come facciamo oggi, di Pag. 30risorse da trattenere sui territori e di nuove tasse e non parlare di livelli minimi di servizio da assicurare a tutte le regioni, da nord a sud, ignorare le perequazioni, ignorare tutto ciò che unisce e quanto di solidaristico ci può essere nel federalismo, vuol dire dividere.
Onorevoli colleghi, devo dirvi una cosa: il federalismo fiscale in questo provvedimento non esiste, è solo uno spot, un pasticcio che rischia di creare confusioni e danni, e che certo aumenterà le tasse per tutti i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro); non esiste perché non si può applicare lo strumento del federalismo fiscale se prima non si costruisce lo Stato federale. Vi sono cose giuste, come l'evocazione dei costi standard. Non si capisce, però, perché non possano essere adottati oggi, a vigente legislazione, uniformando i trasferimenti dello Stato alle regioni per la sanità, e si aspetti invece la loro realizzazione subordinandola solo al federalismo. Introdurre un sistema fiscale federale in uno Stato centralista come il nostro significa sfasciare il Paese. Per intenderci, in uno Stato federale non ci sono due Camere e mille parlamentari; è sufficiente una sola Camera con molti meno parlamentari, perché lo Stato centrale è più leggero e ha molte meno funzioni (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro). In uno Stato federale non ci sono tutti i livelli di governo che ci sono in Italia (circoscrizioni, comuni, comunità montane, unione dei comuni, province e regioni), ce ne sono semplicemente di meno. Ecco perché avevamo chiesto di abolire almeno le province, promessa elettorale che il giorno dopo è stata - come le altre - opportunamente cassata (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro). In uno Stato federale non ci sono 8.200 comuni, di cui circa 4.800 sotto i 5 mila abitanti. Secondo voi, è possibile ideare un sistema fiscale efficiente che vada bene a un comune di 35 abitanti e allo stesso tempo vada bene a un comune come Milano che ha quasi due milioni di abitanti? Saranno due tipi di comuni diversi che per funzionare bene hanno bisogno di regole diverse, o è una nostra illusione? È possibile chiedere a un comune di mille-duemila abitanti di erogare in modo efficiente ed economico i servizi?
È chiaro quindi che senza revisione preventiva dell'aspetto istituzionale ogni riforma di federalismo fiscale equo, e che comporti riduzione di costi, è solo e semplicemente impossibile. Allora, è chiaro che qui non si vuole fare un vero federalismo, si vuole approvare uno spot per la Lega. Se è vero che non state facendo il federalismo fiscale, allora, cosa state facendo? Semplicemente state riparando i danni che voi stessi avete causato con la politica dei tagli lineari (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro). Avete tolto risorse ai comuni, che nonostante abbiano aumentato le tariffe per i cittadini e diminuiti i servizi - come noi avevamo previsto - non ce la fanno più. Oggi restituite parte di quelle risorse ai comuni aumentando le tasse. Allora, abbiamo il coraggio di dirlo con chiarezza: è inutile il grande sforzo del Ministro Calderoli nel tentativo di spiegare agli italiani che con questo federalismo le tasse non aumenteranno. Se si introduce l'imposta di soggiorno, se si introduce la tassa di scopo (l'IMU), se si sblocca l'addizionale IRPEF, la traduzione è una sola: le tasse aumenteranno. E stiamo parlando di imposte, che con il federalismo non c'entrano proprio nulla, anzi tutte queste imposte hanno un requisito: sono antifederali (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
In tutti i Paesi del mondo l'imposta federale è una sola, piaccia o meno, è quella sulla prima casa, quella che voi, per demagogia, avete tolto. Oggi dovete essere coerenti. Se non c'è l'imposta per la prima casa non ci può essere un federalismo fiscale logico, perché federalismo significa maggiore controllo degli elettori sui propri eletti, mentre le vostre nuove tasse vanno in direzione opposta, deresponsabilizzano gli amministratori locali. L'imposta di soggiorno la pagano i non residenti, chi non vota in quel comune; l'IMU colpisce principalmente Pag. 31le seconde case, che nella stragrande maggioranza dei casi riguardano i non residenti.
E con l'IMU ancora una volta si sceglie di penalizzare famiglie e piccole imprese, le uniche strutture che hanno garantito la coesione sociale, caricandosi sulle spalle tutte le difficoltà della crisi economica (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
Onorevoli colleghi, ha ragione il Ministro Tremonti quando ci dice che il federalismo si basa sul trinomio «pago, vedo, voto»: qui però si è inventato il federalismo «pago, vedo e voto da un'altra parte» e a Berlusconi vorrei dire è inutile che sbraiti contro la patrimoniale perché l'ha già introdotta lui con la tassa di scopo e non lo dico io, lo dicono i libri di scienza delle finanze (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro). Da oggi, con l'approvazione di questo decreto legislativo, se un comune realizzerà una strada o una scuola i cittadini potranno pagarla con la tassa di scopo. Non è un altro aumento delle tasse questo, che cosa si chiama? Non state mettendo le mani in tasca agli italiani a quelli del nord come a quelli del centro o del sud? Ecco allora perché nel merito una forza federalista come la nostra ha il dovere di votare «no» a questo provvedimento antifederalista (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro - Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Cari colleghi, signor Presidente, a constatare il tasso di interruzione dei colleghi della Lega devo dire che c'è anche un altro effetto di questo dibattito: tutti noi ascoltiamo con calma gli altri, voi siete gli unici che dimostrate intolleranza verso chi non la pensa come voi (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro). Francamente non riesco a capire perché. Sarà possibile dissentire rispetto all'ortodossia federalista che voi in questo caso non rappresentate.
Cari colleghi, eravamo soli nel febbraio del 2009, quando votammo per la prima volta «no» al federalismo. Oggi questa presunta riforma sarà approvata grazie alla fiducia con qualche decina di voti in più. La nostra compagnia è più folta: come lo è nel Parlamento così lo è nel Paese. Continuiamo a lavorare senza estremismi e senza fretta perché una svolta politica deve arrivare (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Reguzzoni. Ne ha facoltà.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, colleghi deputati, politicamente questo voto è molto importante perché si tratta di una riforma strutturale. Alla vigilia del voto in Commissione bicamerale molti esponenti dell'opposizione erano propensi per un voto a favore ma poi ci avete fatto un ricatto: o mollate Berlusconi o non votiamo il federalismo. Questo voto di oggi dimostra il fallimento di questa politica: la politica delle spallate contro il muro che, attenzione, fa male andare avanti in questo modo perché dimostrate che fate un danno al Paese. Dimostrate che avete più a cuore i vostri interessi e che siete disposti a sacrificare una buona riforma solo per una convenienza di tipo politico (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Invece questa è una buona riforma storica e per certi versi rivoluzionaria, che porterà ad eliminare gli sprechi e ad abbassare le tasse. È una riforma che vuole migliorare i servizi erogati dai comuni, fatti concreti a partire dagli asili nido, dai trasporti, dall'assistenza agli anziani, risposte concrete ad esigenze vere delle nostre famiglie, dei nostri giovani, di chi lavora e produce. Voi ci dite che il Governo non fa niente, dite che il Governo non lavora e invece questa è la dimostrazione che questo Governo va avanti passo dopo passo sulla strada delle riforme per il bene del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Abbiamo già fatto il federalismo demaniale, oggi facciamo il federalismo municipale, tra poche settimane andiamo ad approvare il federalismo regionale, esattamente come da programma di Governo e anche sul federalismo regionale noi continueremo Pag. 32con il dialogo perché, nonostante il vostro atteggiamento, noi andiamo avanti a costruire un futuro per questo Paese. E per farlo è giusto il dialogo e il confronto. Bene ha fatto il Governo e bene hanno fatto i Ministri Bossi e Calderoli con un lavoro intenso, costante e disponibile con l'opposizione e con gli altri soggetti, tra cui l'ANCI. Questa è una riforma di sistema destinata a durare negli anni e quindi è utile e opportuno l'atteggiamento responsabile e dialogante del Governo.
Ma è una riforma fatta anche con il vostro contributo, molto più di quanto voi volete ammettere e, come ripeto, di questo vi ringrazio, nonostante i vostri atteggiamenti. Buona è l'introduzione della cedolare secca sugli affitti: ci guadagnano tutti, i proprietari pagano meno tasse, gli inquilini hanno il blocco degli scatti ISTAT ed il fisco incassa di più perché diminuisce l'evasione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Si parlava di cedolare secca sugli affitti da dieci anni ed era nel programma di quasi tutte le forze politiche, ma è questo Governo che la sta realizzando nei fatti e non a parole (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Dalla nostra, caro presidente Casini, ci sono i numeri: ad esempio, il proprietario di un locale di 65 metri quadrati può arrivare a risparmiare fino a 2.000 euro di tasse pagate in meno l'anno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania) e, ad esempio, il comune di Milano dalla cedolare secca sugli affitti potrà avere fino a 100 milioni di euro in più nelle proprie casse, proprio perché diminuisce l'evasione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Caro Bersani, i numeri sono numeri, non le chiacchiere che siete solo capaci di fare voi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Ed è proprio sulle vostre proposte che i numeri vi smentiscono e contraddicono queste chiacchiere: i vostri emendamenti respinti prevedevano di innalzare le aliquote, aumentare la pressione fiscale, reintrodurre la tassazione sulla prima casa, tutte modifiche che avrebbero comportato un aumento di oltre 20 miliardi di pressione fiscale direttamente sui cittadini. Invece la pressione fiscale complessiva resta invariata: tanti erano i soldi versati a Roma, tanti sono i soldi che domani verseremo direttamente ai nostri comuni e se il comune viene ben gestito la pressione fiscale può solo diminuire. Far compartecipare all'IVA anche i comuni aiuterà anche, ad esempio, nella lotta all'evasione, perché è ora di finirla che in alcune aree del Paese vi è un'enorme evasione fiscale a scapito dei comuni virtuosi e dei cittadini onesti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Facciamo un minimo di chiarezza anche sulla prima casa: noi non tasseremo la proprietà della prima casa. L'IMU che è prevista sostituisce l'IRPEF sugli immobili e quindi non è quella patrimoniale o la reintroduzione dell'ICI che voi volete, e avete tentato di inserire. Con noi, con questo Governo, l'imposta sulla prima casa non passerà mai.
Sono state dette al riguardo troppe falsità: non vi sono nuove tasse, ma tasse che spariscono, come l'IRPEF sugli immobili appunto, o che vengono trasferite, come una parte dell'IVA. Questo, ad esempio, è stato un contributo positivo e nasce da un emendamento proprio dell'opposizione.
È dunque nella sostanza un ottimo provvedimento, il prodotto di un confronto molto serio e condiviso, più di quanto voi vogliate far credere, come testimoniano anche le dichiarazioni del presidente dell'ANCI, il sindaco di Torino Chiamparino, che mi sembra un autorevole esponente del PD. Ma è anche un provvedimento storico, di portata enorme, politica e culturale, frutto di un lavoro di vent'anni e di lotte della Lega Nord e del Ministro Umberto Bossi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Dai banchi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania si scandisce: «Bossi! Bossi!»).
Nel passato i nostri comuni, onorevole Casini ed onorevole Bersani, erano Stati, battevano moneta, avevano proprie leggi, propri magistrati; i nostri municipi hanno Pag. 33dato nei secoli al mondo lezioni di storia, di cultura, di arte, di economia e di architettura. Fino a ieri invece i sindaci erano ridotti a venire a Roma col cappello in mano, ad elemosinare le briciole che lo Stato centralista decideva di elargire e sulla corsa alle briciole vincevano non i meritevoli, ma i più furbi e i più ammanicati (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico - Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Oggi invece tutto questo cambia: i soldi rimangono sul territorio. Stiamo ridando dignità ai comuni ed insieme diamo anche responsabilità, cioè la fine degli sprechi. Il comune torna libero di decidere, è responsabilizzato, è incentivato nella lotta all'evasione, ma soprattutto è più libero ed è sulla libertà e sulla responsabilità che noi abbiamo fatto un'alleanza di Governo. Declinando responsabilità e libertà otteniamo federalismo, la meta di vent'anni di lotte della Lega, che oggi vede finalmente il primo, grande passo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni - Dai banchi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania si scandisce: «Bossi! Bossi!»).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bersani. Ne ha facoltà.

PIER LUIGI BERSANI. Signor Presidente, cari colleghi, siamo al quarantaquattresimo voto di fiducia in due anni e mezzo (Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania): credo che, in due anni e mezzo, il Governo non sia quarantaquattro volte più forte, semmai, è altrettante volte più debole. Credo che l'umiliazione del Parlamento non ci dia un Governo più forte e credo che il voto di fiducia, anche stavolta, sia il termometro di una debolezza.
Cari colleghi e cari colleghi della Lega, chiariamo subito un punto: il concetto stesso di federalismo fiscale, lo abbiamo introdotto noi e lo abbiamo messo in Costituzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Siamo interessati a fare il federalismo fiscale. Dunque, se lo si fa, e lo si fa per bene, noi votiamo a favore; se non lo si fa, e si fa un pasticcio, noi votiamo contro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Ebbene, questo decreto sul federalismo municipale, al di là delle vostre favole, è un pasticcio: noi voteremo contro tale decreto e contro la questione di fiducia.
Vi dico perché è un pasticcio. Primo: l'anno scorso, avete fatto un taglio micidiale agli enti locali, che non sono in condizione di garantire i servizi. Con questo decreto, dite loro: se volete mantenere i servizi dell'anno scorso, vi lasciamo mettere nuove tasse. Voi mettete le mani nelle tasche dei cittadini per procura (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori). Secondo: non si parli di autonomia fiscale. Il grosso di questa manovra è costituito, invece che da trasferimenti, da compartecipazioni: se non è zuppa, è pan bagnato. Terzo: voi con questo decreto - non negatelo - introducete una patrimoniale sulle piccole imprese, che pagheranno il doppio dell'ICI che pagano adesso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico), per tacere altre cosucce, come il trasferimento di proprietà di immobili, per esempio, per le ONLUS (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Vedrete ad una ad una queste cose.
Voi avete sostanzialmente alleggerito la rendita e caricato su imprese e lavoro: il contrario della nostra proposta. Quindi, siamo in una situazione, con questo decreto, in cui mettiamo più tasse di quelle che c'erano prima e abbiamo meno federalismo di quel che c'era prima (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Con questo, credo di aver chiarito la posizione. Adesso, vorrei passare un attimo alla politica e voglio chiedermi: con questo passaggio e con quello che annunciate sulle regioni, state facendo deragliare una grande riforma, perché per fare una grande riforma ci vuole un filo logico, e il filo logico di una riforma federalista è il Pag. 34seguente. Primo: decidere quali sono i livelli essenziali di servizi e di prestazioni che i comuni devono dare in tutta Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Secondo: fare in modo che i costi di quei servizi e di quelle prestazioni siano più o meno uguali in tutta Italia, in modo che nessuno faccia il furbo e ci marci. Terzo: sulla base di questi due punti, organizzare il finanziamento e l'autonomia fiscale, prevedendo meccanismi di perequazione e di equilibrio per non fare ingiustizie fra comuni e comuni. E non si tratta solo di nord e sud, ma di comuni nord-nord e sud-sud.
Non c'è niente di niente di tutto questo, non c'è filo logico. E non venitemi a dire che noi siamo per il Bengodi e che non teniamo conto delle risorse: prima si fa il filo logico e, poi, si realizza con i soldi che ci sono. Noi non pensiamo al Bengodi: voi avete venduto il Bengodi, quando avete parlato di federalismo.
Qui si va alla cieca, si va di fretta: si mette la fiducia e si tira avanti. Vi abbiamo chiesto un po' di tempo, ma avete rifiutato in modo arrogante, e adesso vedo che con le regioni concedete qualche mese. Perché andate così alla svelta su una riforma che, lo abbiamo scritto tutti, si applicherà in 7 anni? Se va bene, perché in Spagna hanno impiegato 15 anni a farla. Perché correte così? Ve lo dico io: perché la Lega sente che i tempi stringono, e vuole portare a casa la bandierina, comunque sia. Berlusconi sente che i tempi stringono, ha bisogno di sopravvivere, di farsi dare qualche voto per i suoi processi e vi lascia sventolare la bandierina (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
Non più tardi di ieri voi avete firmato la lettera al Presidente Fini su una procedura che si propone di fermare i processi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Attenzione, perché al nord un commerciante, un artigiano o un cittadino che viene accusato di prostituzione di minore va a processo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)! Non è questione di moralismo, non è questione di puritanesimo, ma è uguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Voi ci state facendo perdere la faccia davanti al mondo! In un mondo dove un politico di primo livello, in Germania, si dimette per aver copiato una tesi di laurea. È questo il mondo! Voi ci portate in un altro mondo, in un mondo che non c'è (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)!
Voi state uccidendo gli anticorpi dello spirito civico di questo Paese, e senza anticorpi e senza spirito civico questo Paese non va da nessuna parte (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Io vi parlo diritto, come parla la nostra gente, che è uguale. La nostra gente del popolo parla diritto e io vi parlo diritto, e vi dico: cara Lega, non venite a raccontare che voi reggete Berlusconi per fare il federalismo (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Ve l'ho detto fuori di qui e ve lo dico qui, a partire da quel che pensiamo anche noi: federalismo che unisce, federalismo solidale. Noi vi garantiamo che il processo federalista va avanti anche in diverse condizioni politiche. Se volete reggere il moccolo al miliardario, se volete mettere il carroccio a servizio dell'imperatore non trovate le scuse del federalismo, che non c'entra niente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!
Voi e noi, da posizioni alternative, da posizioni conflittuali, rivendichiamo entrambi di avere radici autonomistiche profonde, nel DNA. Le nostre sono diverse dalle vostre, e vi dico dove sono diverse: voi volete colorare i comuni tutti di verde, mentre per noi il colore del comune è quello del suo gonfalone. L'autonomia la si serve, non la si usa (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)! Non a caso, otto anni su dieci avete governato e i comuni non sono mai stati messi peggio. Ditemi: Pag. 35cosa avete inventato di politica locale, fuori dalle ronde, che si sono perse nel bosco?
Noi ci crediamo. Crediamo che questo Paese ha realizzato i servizi a partire dalle realtà locali: per gli anziani, i bambini, le attività artigianali, l'urbanistica e la sanità pubblica; tutto è stato inventato a livello locale. Oggi, qui da noi, in Italia, se si facesse una legge per togliere gli incroci semaforici, non succederebbe niente per vent'anni, ma basta che un comune realizzi una rotonda che funziona e la fanno tutti.
Possiamo fare un federalismo fatto bene, per il nord e per il sud, che sono tutti sulla stessa barca. Possiamo farlo. Attenzione, fermatevi (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), fermatevi! Fermatevi, perché se no questa riforma deraglia.
Se vorrete andare avanti scambiando il guscio vuoto di questa riforma con la sopravvivenza di Berlusconi noi andremo a dirlo in tutti i posti e voi pagherete il tradimento del federalismo (Prolungati applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Congratulazioni - Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Corsaro. Ne ha facoltà.

MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, è con buona pace del terzo segretario del Partito Democratico che ci è stata data l'opportunità di conoscere nel corso di questo primo scorcio di legislatura (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di non interrompere.

MASSIMO ENRICO CORSARO. Con buona pace del terzo segretario del Partito Democratico, che abbiamo conosciuto in questo primo scorcio di legislatura, le cose non stanno come ce le ha descritte. Infatti, la realtà che stiamo cercando positivamente di modificare, anche e soprattutto con questo provvedimento, parla di una situazione di non contenimento della spesa pubblica, di disordine dei conti dello Stato, che si è generato in particolare da quando il 60 per cento della gestione dell'amministrazione della spesa pubblica è stato trasferito dallo Stato centrale agli enti locali senza che agli enti locali venisse contemporaneamente corrisposto l'obbligo di metterci la faccia sulla domanda di quei quattrini che provengono dalle tasche dei cittadini e che vengono impegnati senza alcuna responsabilizzazione (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Il percorso che noi abbiamo individuato sin dall'inizio del processo di realizzazione del federalismo fiscale con l'approvazione della legge n. 42 del 2009 parla invece chiaramente un linguaggio diverso e moderno. Parla della necessità di definire tutti assieme i cosiddetti fabbisogni, ovvero quel tanto di qualità e di quantità di servizi ineludibili che devono essere garantiti su tutto il territorio italiano perché a noi, sì, sta a cuore che su tutto il territorio italiano ciascun cittadino abbia la possibilità di avvalersi dello stesso livello, della stessa qualità e della stessa quantità dei servizi.
Tuttavia, abbiamo anche detto che quei servizi devono avere un costo preciso, che è stato definito costo standard, per evitare quello che avviene tristemente nel nostro Paese, in cui la stessa operazione se è fatta in un ospedale costa 2 mila euro, se è fatta in un ospedale di un'altra regione ne costa 10 mila e, guarda caso, generalmente nelle regioni in cui quell'intervento costa di più chi si ammala cerca un treno per andare a farsi curare nelle regioni dove costa di meno (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!
Il passaggio che vogliamo determinare è quello dai trasferimenti sic et simpliciter alla possibilità di determinare un'autonomia fiscale in cui agli enti locali, ai comuni, alle province e alle regioni sia trasferito esattamente l'importo necessario Pag. 36per poter sostenere quei fabbisogni che sono ineludibili e che devono essere garantiti a tutti i cittadini con costi che devono essere equilibrati su tutto il territorio nazionale.
Onorevole Bersani, con questo sistema si vedrà chi è capace di governare, non chi imbroglia nei numeri dei bilanci pubblici (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico)!
Mi spiace, presidente Casini, che lei non lo abbia rilevato, ma questo è assolutamente il sistema necessario e indispensabile per far riappropriare al nostro Stato quell'autorevolezza che sola garantisce la partecipazione e il riconoscimento degli italiani nella propria identità nazionale.
Noi del Popolo della Libertà salutiamo con estremo favore la fortunata coincidenza del percorso di realizzazione del federalismo fiscale proprio nell'anno in cui celebriamo i centocinquanta anni dell'unità d'Italia.
Voglio cogliere l'occasione per ringraziare il nostro Governo, che ha voluto riconoscere il prossimo 17 marzo la solennità della celebrazione dell'unità d'Italia, che sarà assai più forte perché renderemo con il federalismo più concreto ed efficiente il sistema delle istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Ma voi, opposizioni vecchie e nuove, somma innaturale di sconfitti alle elezioni e di trasformismi parlamentari, non avete avuto il coraggio di partecipare a questo percorso innovativo (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).
A voi non interessa effettuare il percorso di riforme. Vi interessa cercare di sfruttare un clima di polemiche che deriva da vicissitudini che nulla hanno a che vedere con la politica, e il terzo segretario del Partito Democratico ne ha dato un'ulteriore testimonianza nel suo intervento in Aula pochi minuti fa (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Lo dimostra il lavoro della Commissione bicamerale per il federalismo. Lo dimostra il fatto che, al termine di quel lavoro, il primo che ha riconosciuto la positività del testo uscito è stato il presidente dell'ANCI, che è il vostro sindaco di Torino Chiamparino (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!
Lo dimostra il fatto che nella partecipazione concreta ai lavori di quella Commissione il gruppo di Futuro e Libertà con una propria autorevolissima espressione aveva chiesto che venisse cambiato il criterio di compartecipazione ovvero di trasposizione dei fondi dallo Stato centrale alle amministrazioni periferiche, chiedendo che la compartecipazione non fosse fatta sull'imposta sul reddito delle persone fisiche, ma venisse fatta sull'IVA perché - ci ha spiegato autorevolmente il professor Baldassarri - è più omogeneamente diffusa sul territorio e questo concetto ci avrebbe consentito una migliore perequazione del trasferimento dei fondi. Sapete che cosa è successo? Che il senatore Baldassarri ci ha convinti e che noi abbiamo trasformato il testo di quel decreto inserendo la compartecipazione non più sull'IRPEF, ma anche sull'IVA.
Solo che in quel momento abbiamo appreso che al gruppo di Futuro e Libertà ciò improvvisamente non bastava più, perché scoprivamo soltanto in quel momento che il loro voto sarebbe diventato favorevole solo a condizione che noi fossimo disponibili a rimettere la tassa sulla prima casa, cosa che noi consideriamo eticamente e culturalmente immorale (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)! Ciò la dice lunga sul fatto che si cercava semplicemente un alibi per non approvare una riforma nella quale si era creduto e per la quale si era partecipato.
Per non parlare, signor terzo segretario del Partito Democratico, delle richieste formalizzate in quella Commissione dal suo partito. Altro che alzare le tasse! Il suo partito ha presentato una serie di emendamenti che avrebbero fatto costare questa riforma, che costa 11 miliardi di euro, addirittura 30 miliardi! Chi è che vuole sperperare i danari pubblici, onorevole Pag. 37Bersani (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)?
Avete cercato semplicemente di sfruttare per ostruzionismo una composizione dei numeri della Commissione bicamerale non più fedele alle maggioranze parlamentari. Avete cercato di sfruttare la parità di deputati all'interno di quella Commissione noncuranti del fatto che nelle Aule parlamentari - dove si determinano i numeri - il centrosinistra perdeva i pezzi e il gruppo di Futuro e Libertà è in preda ad un'emorragia rispetto alla quale nemmeno il miglior Doctor House riuscirebbe a porre rimedio (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!
Noi in questo decreto abbiamo sostituito i trasferimenti statali con tributi propri e compartecipazioni. Abbiamo, cioè, realizzato il concetto di responsabilizzazione degli amministratori locali, che sono la garanzia del soddisfacimento delle necessità del Paese. Abbiamo accorpato il numero delle imposte, cioè abbiamo semplificato, onorevole Bersani. Lei una volta di queste cose se ne intendeva (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Abbiamo responsabilizzato e interessato i comuni nella lotta all'evasione fiscale certi che solo un controllo territoriale più prossimo a dove si genera l'evasione possa garantire alle casse dello Stato di riacquisire i danari di chi cerca di evadere le imposte. Abbiamo certamente introdotto la cedolare secca sulle locazioni. È l'unico elemento, onorevole Bersani, in cui abbiamo trattato direttamente qualche cosa che riguarda le tasse dei cittadini. Si è dimenticato però di dire un particolare: con la cedolare secca abbiamo abbassato le tasse agli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Abbiamo concesso la tassa di soggiorno con il vincolo, però, che i comuni che la applicano possano e debbano destinare i finanziamenti così acquisiti al turismo, ai beni culturali, ai servizi pubblici.
Voglio ringraziare in questo senso l'importantissimo lavoro che, per tutto l'iter non solo di questo provvedimento, ma di quelli precedenti (e sono certo da domani del federalismo regionale), hanno garantito il Ministro Calderoli e il Presidente della Commissione, onorevole La Loggia (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania), di cui voglio citare la relazione - vi invito a leggerla - perché lì dentro ci sono i numeri veri con cui si determina con certezza che non ci sarà nessun aggravio, neanche di un euro, del carico fiscale con l'applicazione di questa riforma (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Oggi avete descritto il federalismo che stiamo cercando di realizzare in un modo tutt'affatto diverso dalla sua realtà.
Dieci giorni fa e anche nel suo intervento, signor terzo segretario del Partito Democratico (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico), lei aveva addirittura assicurato a Bossi che la riforma gliela avrebbe lasciata fare in poche settimane solo se - e a quel punto lo ha implorato - fosse stato disponibile a lasciare Berlusconi.
Segua il labiale, onorevole Bersani. Lei, voi, questa maggioranza non la di-vi-de-re-te (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!
Una volta di più, signori delle opposizioni vecchie e nuove, quelli legittimati dal voto e quelli che sono nati coperti da ruoli istituzionali precedentemente portati all'incasso, rinunciate a vincere insieme a noi per l'Italia per continuare a perdere da soli. L'Italia non si fermerà ad aspettarvi e noi neppure (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazione della questione di fiducia)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione sulla questione di fiducia. Pag. 38
Indìco la votazione per appello nominale sulla risoluzione Cicchitto, Reguzzoni e Sardelli n. 6-00065, sulla cui approvazione il Governo ha posto la questione di fiducia.
Avverto che in caso di approvazione di tale risoluzione risulteranno preclusi tutti gli altri atti di indirizzo presentati.
Avverto che la Presidenza ha accolto alcune richieste di anticipazione del turno di voto di rappresentanti del Governo e di altri deputati, che ne hanno fatto richiesta per gravi motivi personali.
Per agevolare le operazioni di voto, invito i deputati ad avvicinarsi al banco della Presidenza seguendo il proprio turno di votazione, che è evidenziato sul tabellone elettronico, evitando quindi di stazionare nell'emiciclo e di rendere così più difficoltosa l'espressione del voto.
Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.
(Segue il sorteggio).

La chiama avrà inizio dal deputato Soro.
Invito i deputati segretari a procedere alla chiama.
(Segue la chiama).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 19,20)

(Segue la chiama - Al momento della chiama del deputato Scilipoti applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, volete un pallone?
(Segue la chiama)

(Al momento della chiama del deputato Berlusconi, applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile).

(Segue la chiama).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione sulla risoluzione Cicchitto, Reguzzoni e Sardelli n. 6-00065, sulla cui approvazione il Governo ha posto la questione di fiducia:

Presenti 607
Votanti 605
Astenuti 2
Maggioranza 303
Hanno risposto sì 314
Hanno risposto no 291

(La Camera approva - Vedi votazioni - Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Iniziativa Responsabile - Deputati del gruppo Lega Nord Padania esibiscono vessilli e bandiere).

Colleghi, per cortesia! Prego gli assistenti parlamentari di intervenire. Non è possibile, colleghi (Gli assistenti parlamentari ottemperano all'invito del Presidente - Dai banchi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania si grida reiteratamente: «Bossi»)!
Per cortesia, volete sgombrare l'emiciclo?
Sospendo la seduta!

La seduta, sospesa alle 20,20, è ripresa alle 20,22.

PRESIDENTE. Si intendono conseguentemente precluse tutte le altre risoluzioni presentate.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, adesso basta, continuano con le bandiere...

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego...

Hanno risposto sì:
Abrignani Ignazio
Alessandri Angelo
Alfano Angelino
Alfano Gioacchino Pag. 39
Allasia Stefano
Angeli Giuseppe
Angelucci Antonio
Antonione Roberto
Aprea Valentina
Aracri Francesco
Aracu Sabatino
Armosino Maria Teresa
Ascierto Filippo
Baccini Mario
Baldelli Simone
Barani Lucio
Barba Vincenzo
Barbareschi Luca Giorgio
Barbieri Emerenzio
Beccalossi Viviana
Belcastro Elio Vittorio
Bellotti Luca
Berardi Amato
Bergamini Deborah
Berlusconi Silvio
Bernardo Maurizio
Bernini Anna Maria
Berruti Massimo Maria
Bertolini Isabella
Biancofiore Michaela
Bianconi Maurizio
Biasotti Sandro
Biava Francesco
Bitonci Massimo
Bocciardo Mariella
Bonaiuti Paolo
Bonciani Alessio
Bonino Guido
Boniver Margherita
Bossi Umberto
Bragantini Matteo
Brambilla Michela Vittoria
Brancher Aldo
Brunetta Renato
Bruno Donato
Buonanno Gianluca
Calabria Annagrazia
Calderisi Giuseppe
Calearo Ciman Massimo
Callegari Corrado
Caparini Davide
Carfagna Maria Rosaria
Carlucci Gabriella
Casero Luigi
Cassinelli Roberto
Castellani Carla
Castiello Giuseppina
Catanoso Basilio
Catone Giampiero
Cattaneo Valerio
Cavallotto Davide
Cazzola Giuliano
Ceccacci Rubino Fiorella
Centemero Elena
Ceroni Remigio
Cesario Bruno
Cesaro Luigi
Chiappori Giacomo
Cicchitto Fabrizio
Ciccioli Carlo
Cicu Salvatore
Cirielli Edmondo
Colucci Francesco
Comaroli Silvana Andreina
Consiglio Nunziante
Contento Manlio
Corsaro Massimo Enrico
Cosentino Nicola
Cossiga Giuseppe
Costa Enrico
Craxi Stefania Gabriella Anastasia
Crimi Rocco
Cristaldi Nicolò
Crosetto Guido
Crosio Jonny
Dal Lago Manuela
D'Amico Claudio
D'Anna Vincenzo
De Angelis Marcello
De Camillis Sabrina
De Corato Riccardo
De Girolamo Nunzia
Dell'Elce Giovanni
Del Tenno Maurizio
De Luca Francesco
De Nichilo Rizzoli Melania
Desiderati Marco
Di Cagno Abbrescia Simeone
Di Caterina Marcello
Di Centa Manuela
Dima Giovanni
D'Ippolito Vitale Ida
Distaso Antonio
Di Virgilio Domenico
Di Vizia Gian Carlo
Dozzo Gianpaolo
Dussin Guido
Dussin Luciano Pag. 40
Faenzi Monica
Fallica Giuseppe
Farina Renato
Fava Giovanni
Fedriga Massimiliano
Fitto Raffaele
Fogliato Sebastiano
Follegot Fulvio
Fontana Gregorio
Fontana Vincenzo Antonio
Forcolin Gianluca
Formichella Nicola
Foti Antonino
Foti Tommaso
Franzoso Pietro
Frassinetti Paola
Frattini Franco
Fucci Benedetto Francesco
Fugatti Maurizio
Galati Giuseppe
Garagnani Fabio
Garofalo Vincenzo
Gava Fabio
Gelmini Mariastella
Germanà Antonino Salvatore
Ghedini Niccolò
Ghiglia Agostino
Giacomoni Sestino
Giammanco Gabriella
Gianni Giuseppe
Gibiino Vincenzo
Gidoni Franco
Giorgetti Alberto
Giorgetti Giancarlo
Girlanda Rocco
Giro Francesco Maria
Goisis Paola
Golfo Lella
Gottardo Isidoro
Grassano Maurizio
Grimaldi Ugo Maria Gianfranco
Grimoldi Paolo
Guzzanti Paolo
Holzmann Giorgio
Iannaccone Arturo
Iannarilli Antonello
Iapicca Maurizio
Isidori Eraldo
Jannone Giorgio
Laboccetta Amedeo
Laffranco Pietro
Lainati Giorgio
La Loggia Enrico
Landolfi Mario
Lanzarin Manuela
La Russa Ignazio
Lazzari Luigi
Lehner Giancarlo
Leo Maurizio
Leone Antonio
Lisi Ugo
Lorenzin Beatrice
Lunardi Pietro
Lupi Maurizio
Lussana Carolina
Maggioni Marco
Malgieri Gennaro
Mancuso Gianni
Mannucci Barbara
Mantovano Alfredo
Marinello Giuseppe Francesco Maria
Marini Giulio
Maroni Roberto
Marsilio Marco
Martinelli Marco
Martini Francesca
Martino Antonio
Mazzocchi Antonio
Mazzoni Riccardo
Mazzuca Giancarlo
Meloni Giorgia
Miccichè Gianfranco
Migliori Riccardo
Milanato Lorena
Milanese Marco Mario
Milo Antonio
Minardo Antonino
Minasso Eugenio
Misiti Aurelio Salvatore
Mistrello Destro Giustina
Misuraca Dore
Moffa Silvano
Moles Giuseppe
Molteni Laura
Molteni Nicola
Montagnoli Alessandro
Mottola Giovanni Carlo Francesco
Munerato Emanuela
Murgia Bruno
Muro Luigi
Mussolini Alessandra
Napoli Osvaldo
Nastri Gaetano
Negro Giovanna Pag. 41
Nicolucci Massimo
Nirenstein Fiamma
Nizzi Settimo
Nola Carlo
Nucara Francesco
Orsini Andrea
Pagano Alessandro
Palmieri Antonio
Paniz Maurizio
Paolini Luca Rodolfo
Papa Alfonso
Parisi Massimo
Paroli Adriano
Pastore Maria Piera
Pecorella Gaetano
Pelino Paola
Pepe Antonio
Pepe Mario (IR)
Pescante Mario
Petrenga Giovanna
Pianetta Enrico
Picchi Guglielmo
Pili Mauro
Pini Gianluca
Pionati Francesco
Pirovano Ettore
Pisacane Michele
Piso Vincenzo
Pittelli Giancarlo
Pizzolante Sergio
Polidori Catia
Polledri Massimo
Porcu Carmelo
Porfidia Americo
Prestigiacomo Stefania
Pugliese Marco
Rainieri Fabio
Rampelli Fabio
Ravetto Laura
Razzi Antonio
Reguzzoni Marco Giovanni
Repetti Manuela
Rivolta Erica
Roccella Eugenia Maria
Romani Paolo
Romano Francesco Saverio
Romele Giuseppe
Rondini Marco
Rossi Luciano
Rossi Mariarosaria
Rosso Roberto
Rotondi Gianfranco
Ruvolo Giuseppe
Saglia Stefano
Saltamartini Barbara
Sammarco Gianfranco
Santelli Jole
Sardelli Luciano Mario
Savino Elvira
Sbai Souad
Scajola Claudio
Scalera Giuseppe
Scandroglio Michele
Scapagnini Umberto
Scelli Maurizio
Scilipoti Domenico
Siliquini Maria Grazia
Simeoni Giorgio
Simonetti Roberto
Sisto Francesco Paolo
Soglia Gerardo
Speciale Roberto
Stagno d'Alcontres Francesco
Stanca Lucio
Stasi Maria Elena
Stefani Stefano
Stracquadanio Giorgio Clelio
Stradella Franco
Stucchi Giacomo
Taddei Vincenzo
Terranova Giacomo
Testoni Piero
Toccafondi Gabriele
Togni Renato Walter
Torazzi Alberto
Torrisi Salvatore
Tortoli Roberto
Traversa Michele
Tremonti Giulio
Valducci Mario
Valentini Valentino
Vanalli Pierguido
Vella Paolo
Ventucci Cosimo
Verdini Denis
Versace Santo Domenico
Vessa Pasquale
Vignali Raffaello
Vitali Luigi
Vito Elio
Volpi Raffaele
Zacchera Marco

Pag. 42

Hanno risposto no:
Adornato Ferdinando
Agostini Luciano
Albonetti Gabriele
Amici Sesa
Argentin Ileana
Bachelet Giovanni Battista
Barbaro Claudio
Barbato Francesco
Barbi Mario
Baretta Pier Paolo
Bellanova Teresa
Beltrandi Marco
Benamati Gianluca
Bernardini Rita
Berretta Giuseppe
Bersani Pier Luigi
Bindi Rosy
Binetti Paola
Bobba Luigi
Bocchino Italo
Bocci Gianpiero
Boccia Francesco
Boccuzzi Antonio
Boffa Costantino
Bonavitacola Fulvio
Bongiorno Giulia
Bordo Michele
Borghesi Antonio
Bosi Francesco
Bossa Luisa
Braga Chiara
Bratti Alessandro
Bressa Gianclaudio
Briguglio Carmelo
Bucchino Gino
Buonfiglio Antonio
Burtone Giovanni Mario Salvino
Buttiglione Rocco
Calgaro Marco
Calvisi Giulio
Cambursano Renato
Capano Cinzia
Capitanio Santolini Luisa
Capodicasa Angelo
Cardinale Daniela
Carella Renzo
Carra Enzo
Carra Marco
Casini Pier Ferdinando
Castagnetti Pierluigi
Causi Marco
Cavallaro Mario
Ceccuzzi Franco
Cenni Susanna
Cera Angelo
Cesa Lorenzo
Ciccanti Amedeo
Cimadoro Gabriele
Ciriello Pasquale
Codurelli Lucia
Colaninno Matteo
Colombo Furio
Compagnon Angelo
Concia Anna Paola
Consolo Giuseppe
Conte Giorgio
Corsini Paolo
Coscia Maria
Cuomo Antonio
Cuperlo Giovanni
D'Alema Massimo
Dal Moro Gian Pietro
Damiano Cesare
D'Antona Olga
D'Antoni Sergio Antonio
De Biasi Emilia Grazia
Delfino Teresio
Della Vedova Benedetto
De Micheli Paola
De Pasquale Rosa
De Poli Antonio
De Torre Maria Letizia
Di Biagio Aldo
Di Giuseppe Anita
D'Incecco Vittoria
Dionisi Armando
Di Pietro Antonio
Di Stanislao Augusto
Divella Francesco
Donadi Massimo
Duilio Lino
Esposito Stefano
Evangelisti Fabio
Fadda Paolo
Farina Gianni
Farina Coscioni Maria Antonietta
Farinone Enrico
Fassino Piero
Favia David
Ferranti Donatella
Ferrari Pierangelo
Fiano Emanuele
Fiorio Massimo Pag. 43
Fioroni Giuseppe
Fluvi Alberto
Fogliardi Giampaolo
Fontanelli Paolo
Formisano Aniello
Franceschini Dario
Froner Laura
Galletti Gian Luca
Garavini Laura
Garofani Francesco Saverio
Gasbarra Enrico
Gatti Maria Grazia
Genovese Francantonio
Gentiloni Silveri Paolo
Ghizzoni Manuela
Giachetti Roberto
Giacomelli Antonello
Ginefra Dario
Ginoble Tommaso
Giovanelli Oriano
Giulietti Giuseppe
Gnecchi Marialuisa
Gozi Sandro
Granata Benedetto Fabio
Grassi Gero
Graziano Stefano
Iannuzzi Tino
La Forgia Antonio
Laganà Fortugno Maria Grazia
La Malfa Giorgio
Lamorte Donato
Lanzillotta Linda
Laratta Francesco
Lenzi Donata
Letta Enrico
Levi Ricardo Franco
Libè Mauro
Lolli Giovanni
Lo Moro Doris
Lo Presti Antonino
Losacco Alberto
Lovelli Mario
Lucà Mimmo
Lulli Andrea
Luongo Antonio
Lusetti Renzo
Madia Maria Anna
Mantini Pierluigi
Maran Alessandro
Marantelli Daniele
Marcazzan Pietro
Marchi Maino
Marchignoli Massimo
Marchioni Elisa
Margiotta Salvatore
Mariani Raffaella
Marini Cesare
Marrocu Siro
Martella Andrea
Martino Pierdomenico
Mastromauro Margherita Angela
Mattesini Donella
Mazzarella Eugenio
Mecacci Matteo
Melandri Giovanna
Melis Guido
Menia Roberto
Mereu Antonio
Merlo Giorgio
Messina Ignazio
Meta Michele Pompeo
Migliavacca Maurizio
Miglioli Ivano
Minniti Marco
Miotto Anna Margherita
Misiani Antonio
Mogherini Rebesani Federica
Monai Carlo
Mondello Gabriella
Morassut Roberto
Moroni Chiara
Mosca Alessia Maria
Mosella Donato Renato
Motta Carmen
Mura Silvana
Murer Delia
Naccarato Alessandro
Nannicini Rolando
Napoli Angela
Narducci Franco
Naro Giuseppe
Nicco Roberto Rolando
Nicolais Luigi
Occhiuto Roberto
Oliverio Nicodemo Nazzareno
Orlando Andrea
Orlando Leoluca
Paglia Gianfranco
Paladini Giovanni
Palagiano Antonio
Palomba Federico
Parisi Arturo Mario Luigi
Patarino Carmine Santo Pag. 44
Pedoto Luciana
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
Pepe Mario (PD)
Perina Flavia
Pes Caterina
Pezzotta Savino
Piccolo Salvatore
Picierno Pina
Pisicchio Pino
Pistelli Lapo
Pizzetti Luciano
Poli Nedo Lorenzo
Pollastrini Barbara
Pompili Massimo
Porcino Gaetano
Porta Fabio
Portas Giacomo Antonio
Proietti Cosimi Francesco
Quartiani Erminio Angelo
Raisi Enzo
Rampi Elisabetta
Rao Roberto
Realacci Ermete
Recchia Pier Fausto
Ria Lorenzo
Rigoni Andrea
Rosato Ettore
Rossa Sabina
Rossomando Anna
Rota Ivan
Ruben Alessandro
Rubinato Simonetta
Ruggeri Salvatore
Rugghia Antonio
Russo Antonino
Samperi Marilena
Sanga Giovanni
Sani Luca
Santagata Giulio
Sarubbi Andrea
Sbrollini Daniela
Scalia Giuseppe
Scanderebech Deodato
Scarpetti Lido
Schirru Amalia
Sereni Marina
Servodio Giuseppina
Siragusa Alessandra
Soro Antonello
Sposetti Ugo
Strizzolo Ivano
Tabacci Bruno
Tassone Mario
Tempestini Francesco
Tenaglia Lanfranco
Testa Federico
Testa Nunzio Francesco
Tidei Pietro
Tocci Walter
Toto Daniele
Touadi Jean Leonard
Trappolino Carlo Emanuele
Tremaglia Mirko
Tullo Mario
Turco Livia
Turco Maurizio
Urso Adolfo
Vaccaro Guglielmo
Vannucci Massimo
Vassallo Salvatore
Velo Silvia
Veltroni Walter
Ventura Michele
Verini Walter
Vernetti Gianni
Vico Ludovico
Villecco Calipari Rosa Maria
Viola Rodolfo Giuliano
Zaccaria Roberto
Zampa Sandra
Zamparutti Elisabetta
Zazzera Pierfelice
Zinzi Domenico
Zucchi Angelo
Zunino Massimo

Si sono astenuti:
Brugger Siegfried
Zeller Karl

Sono in missione:
Brandolini Sandro
Conte Gianfranco
Lombardo Angelo Salvatore
Lo Monte Carmelo
Melchiorre Daniela
Russo Paolo
Volontè Luca

Pag. 45

Modifica del vigente calendario dei lavori dell'Assemblea e conseguente aggiornamento del programma.

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito dell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo si è convenuto che i lavori dell'Assemblea per la prossima settimana (7-11 marzo) saranno rimodulati secondo le seguenti modalità.
Lunedì 7 marzo la discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 2350 ed abbinate - Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento (Approvata dal Senato) avrà luogo dopo la discussione sulle linee generali delle proposte di legge n. 607 ed abbinata - Incentivi per favorire, nelle regioni dell'arco alpino, il reclutamento di militari volontari nei reparti delle truppe alpine e n. 2596 ed abbinata - Disposizioni per la promozione e la diffusione della cultura della difesa attraverso la pace e la solidarietà e proseguirà, ove non conclusa, al termine dell'esame degli altri argomenti già previsti per la prossima settimana.
È stato altresì stabilito che mercoledì 9 marzo, alle ore 9, avrà luogo la votazione per l'elezione di un segretario di Presidenza, ai sensi dell'articolo 5, comma 5, del Regolamento.
È stato infine stabilito che nella settimana 14-16 marzo avrà luogo, dopo gli argomenti già previsti, l'esame della mozione Franceschini ed altri n. 1-00580 concernente iniziative per lo svolgimento nella stessa data dei referendum abrogativi e del primo turno delle prossime elezioni amministrative; di una mozione, richiesta dal gruppo della Lega Nord ed in corso di presentazione, sulle iniziative conseguenti alla crisi libica; della mozione Vernetti, Della Vedova, Adornato ed altri n. 1-00570, sulla sospensione del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione Italia-Libia; nonché della mozione Di Pietro ed altri n. 1-00579 in materia di limiti all'acquisizione di partecipazioni in imprese editrici di giornali quotidiani da parte di soggetti che esercitano attività televisiva.
L'organizzazione dei tempia per la discussione sulle linee generali della proposta di legge n. 2350 ed abbinate, nonché per l'esame delle mozioni nn. 1-00580, 1-00570 e 1-00579, sarà pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.
L'organizzazione dei tempi per l'esame dell'ulteriore mozione inserita in calendario sarà pubblicata a seguito della sua presentazione.
Il programma si intende conseguentemente aggiornato.

Sull'ordine dei lavori (ore 20,25).

SALVATORE MARGIOTTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SALVATORE MARGIOTTA. Signor Presidente, in questi giorni l'Italia è oggetto di eventi meteorologici eccezionali per intensità e per durata. Come sempre in questi casi si appalesa il problema di un territorio non messo in sicurezza che soffre anche in maniera disastrosa di questi eventi.

ROBERTO GIACHETTI. Presidente, basta, se ne andassero fuori ...

PRESIDENTE. Colleghi vi prego, sta intervenendo il collega, potete accomodarvi fuori.

SALVATORE MARGIOTTA. Ci sono stati tre morti oggi nelle Marche, lo ricordava questa mattina il collega Agostini, uno in Emilia, uno ieri in Calabria e danni ingenti in Puglia e in Sicilia. Una situazione gravissima vi è in questo momento nella Basilicata, la mia regione: tre strade importantissime sono state interrotte, la Basentana, la Jonica e la statale 92, alcune tratte ferroviarie sono state allagate e interrotte tra Ferrandina e Salandra e tra Ginosa e Metaponto e si sono verificati Pag. 46ingenti danni alle colture. Addirittura, in queste ore il prefetto della provincia di Matera ha chiesto l'intervento dell'Esercito.
Torna alla ribalta il tema della mancata prevenzione, come ben segnalato in queste ore dalla collega Chiara Braga, responsabile per i problemi del dissesto idrogeologico del Partito Democratico. È necessario porre mano a un piano nazionale straordinario per la messa in sicurezza del territorio. Quarantaquattro miliardi è il fabbisogno stimato dallo stesso Governo e dal Ministro in questa materia, mentre i fondi ordinari per la difesa del suolo vengono ridotti incredibilmente da 558 milioni di euro della finanziaria Prodi per il 2008 a soli 53 milioni dell'ultima finanziaria, meno del dieci per cento.
Per fortuna - lo ritengo un fatto positivo - nel decreto milleproroghe approvato la scorsa settimana si è data una risposta importante ai territori colpiti dalle alluvioni dello scorso autunno: cento milioni di euro sono stati destinati in gran parte al Veneto.
Chiediamo che si presti uguale attenzione alle altre regioni colpite in questo momento, con criteri di assoluta equità nella distribuzione delle risorse, evitando, se possibile, l'avvilente balletto delle responsabilità e il rimpallo delle medesime tra i vari Ministeri.
C'è bisogno di intervenire, di intervenire subito, non solo nell'emergenza, ma anche nella situazione postemergenziale. Su questi argomenti il gruppo del Partito Democratico si riserva di aprire un grande dibattito, anche in Aula, attraverso tutti gli strumenti possibili. Chiediamo intanto che il Governo venga a riferire sugli eventi di questi giorni e su come intenda farvi fronte (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

DAVID FAVIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, intervengo per comunicare che oggi ho effettuato un sopralluogo nella mia regione, le Marche, che ho completato raggiungendo Roma. La situazione - come accennava il collega Margiotta - è assolutamente drammatica. Abbiamo tre morti, sono stati valutati danni per almeno 100 milioni di euro solo per quanto riguarda il comparto dell'agricoltura. C'è un problema drammatico di messa in sicurezza delle aste fluviali. La mia regione si basa territorialmente su 13 valli che scendono al mare, ognuna delle quali ha un fiume, la maggior parte dei quali ha esondato. Ci sono danni anche a imprese. La mia è una regione che vive di piccola e media impresa. La regione ha già chiesto, o credo che chiederà nelle prossime ore, la dichiarazione dello stato di calamità naturale. Ecco, credo che, anziché vedere scene - come quelle che abbiamo visto adesso - di giubilo per l'approvazione di una normativa che certamente non ci fa sorridere, avremmo preferito una maggiore moderazione e forse un maggiore interesse per i problemi drammatici che attanagliano la nostra nazione (oltre alla crisi, la morte del nostro connazionale in Afghanistan, la morte di persone a causa della mancata manutenzione delle aste fluviali, e probabilmente nelle prossime ore - oltre che a causa della crisi anche a causa dalla pioggia - la morte di tante imprese e di tanti posti di lavoro).
Vedo qui in Aula il Ministro Maroni, che in genere è persona attenta. Mi auguro che il Governo intervenga con sollecitudine, accogliendo la domanda della regione Marche di dichiarare lo stato di calamità naturale, e intervenendo con fondi per la regione Marche che ne ha assoluto bisogno.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Signor Presidente, intervengo sullo stesso argomento. Concordo con il collega Favia laddove richiama l'attenzione del Governo per un intervento a favore della regione Marche, che è stata violentemente colpita. Esprimo Pag. 47il cordoglio della Lega per le tre persone che purtroppo sono defunte. Trovo però di cattivo gusto il riferimento del collega Favia all'approvazione poc'anzi avvenuta in quest'Aula, poiché ha inserito in un contesto assolutamente di rispetto per chi ha subito danni una piccola polemica politica, e non mi pare molto corretto. Aggiungo in conclusione che, proprio grazie a leggi come quella che abbiamo approvato, sono certo che in futuro le Marche avranno ben più risorse da spendere meglio, per la propria difesa, risorse che invece a volte vengono deviate in modo non sempre intelligibile.

CARLO CICCIOLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARLO CICCIOLI. Signor Presidente, nel mentre mi unisco ovviamente al rammarico per quanto accaduto e al cordoglio nei confronti delle famiglie delle persone che hanno perso la vita in questa manifestazione atmosferica (assolutamente sopra le normali quantità di caduta), debbo rilevare immediatamente che da una parte c'è dal Governo estrema attenzione. Domani il Consiglio dei Ministri valuterà se concedere o meno lo stato di calamità naturale. Insieme al collega Ceroni del gruppo PdL e agli altri parlamentari marchigiani eletti nel collegio - Baldelli, Abrignani ed altri - abbiamo indirizzato un'interrogazione urgente al Governo. Però, debbo rilevare che purtroppo queste manifestazioni, che sono atmosferiche e sfuggono al controllo, spesso sono determinate da enti che hanno l'incarico di gestire il territorio. In particolare, la regione è quella che deve controllare i problemi del dissesto idrogeologico e che ha in carico le autorità di bacino e le aste fluviali.
Proprio in questo la regione Marche - prima i colleghi dell'IdV rilevavano che c'è una mancanza da parte dell'ente pubblico nei confronti del contenimento di questa manifestazione - proprio nella regione Marche, tenuto conto che da quindici anni la delega idrogeologica è stata trasferita alle regioni, tale ente è colpevole di non aver costruito le vasche di decantazione, che pure erano state progettate; proprio le autorità di bacino si sono rivelate insufficienti a gestire i fenomeni e non è la prima volta, perché due anni fa accade nel sud della provincia di Ancona, in quanto un eccesso di precipitazioni, certamente fuori dalla media naturale aveva determinato per fortuna non decesso di persone, ma in quel caso gravi danni alle aziende, gravi danni all'agricoltura e la necessità di un intervento per sostenere l'economia in crisi di quella zona da parte del Governo centrale.
Quindi, mi sento di rilevare da una parte la necessità, tramite i fondi della Protezione civile, di intervento immediato e, quindi, della dichiarazione dello stato di emergenza, come è stato chiesto nel nostro documento parlamentare e credo anche da parte degli altri. Pertanto mi sembra che su questo non vi siano assolutamente diversità di vedute e la nostra vicinanza rispetto agli aspetti economici ma anche rispetto agli aspetti riguardanti i cittadini delle aree colpite è assoluta.
D'altra parte, tuttavia, va valutata la inerzia che c'è stata in questi anni da parte della regione, l'ente che doveva prevenire l'eccezionalità di queste precipitazioni atmosferiche e, quindi, le misure conseguenti. Ci sarà da valutare tale aspetto. Sicuramente ci potrebbe esser un piano straordinario del Governo, ma comunque deve essere l'ente regionale e, quindi, l'autonomia regionale ad intervenire perché ci sono capitoli di spesa trasferiti dallo Stato proprio per fare questo. Quindi, con questo spirito nei prossimi giorni speriamo di affrontare il problema che purtroppo stanno pagando i cittadini, ma con lo stesso spirito speriamo anche di intervenire laddove si è sbagliato da parte dell'ente locale, dell'ente regionale, che aveva in custodia questa priorità dal punto di vista della gestione del territorio.

MARIO CAVALLARO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 48

MARIO CAVALLARO. Signor Presidente, per cogliere l'occasione anzitutto dell'espressione del cordoglio mio personale e di tutti i parlamentari del nostro gruppo, come del resto aveva già detto il collega Margiotta, per la grave situazione, per le vittime e quindi anche per le famiglie delle vittime che ci sono state in questo momento.
Avrei sinceramente creduto e ritenuto, e tuttora ritengo, che non fosse questa l'occasione per una polemica di basso profilo o di piccolo cabotaggio tra Governo, regione e autonomie locali e, nonostante alcune delle parole dei colleghi che mi hanno preceduto, mi limito semplicemente a dire che in questo momento drammatico occorre uno sforzo comune. Noi lo abbiamo fatto, abbiamo chiesto che il Governo intervenga non soltanto in una fase di emergenza, ma in una fase che si preannunzia molto grave perché appunto si parla di un danno permanente e consistente al sistema idrogeologico del territorio marchigiano. Mi limito a dire che il collega Ciccioli, che tra l'altro credo sia stato a lungo consigliere regionale, sa meglio di me che un conto sono il trasferimento di deleghe e funzioni e un conto è il trasferimento delle risorse necessarie. In questo momento di gravi e persistenti tagli che vengono fatti dal Governo centrale e che vengono fatti in forma lineare proprio non distinguendo per qualità i trasferimenti e la spesa necessaria per questo tipo di investimenti, suona direi cinicamente e inappropriatamente strumentale e polemica la sua considerazione. Per questo stesso motivo la respingo e mi auguro che il Governo da domani non voglia ispirarsi agli stessi principi che il medesimo ha qui illustrato.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, certe volte mi interrogo se siamo consapevoli anche del fatto che dobbiamo in qualche modo essere di esempio e allo stesso tempo anche di insegnamento a coloro che ci ascoltano. Ad esempio, in questo momento mi auguro assolutamente di no. Dico francamente, in particolare se vi fossero dei giovani che stanno ascoltando o se hanno ascoltato, che trovo assolutamente allucinanti le parole del collega Ciccioli su una tragedia che si sta consumando, a morti ancora caldi, purtroppo freddi perché sono morti in quel contesto. Trovo allucinante che vi sia qualcuno in quest'Aula che invece di approfittare dell'occasione comunque per rilanciare un problema di questo Paese, che è un problema annoso che non riguarda soltanto questo Governo né quello che l'ha preceduto, quello della tenuta dell'assetto del nostro territorio e sicuramente di mancanze che vi sono state a destra e a sinistra, non trova di meglio da fare che aprire una polemica con l'ente locale del caso, che è la regione, che avrebbe fatto non so che cosa.
Non ho udito il collega Ciccioli quando vi è stata la tragedia in Veneto, con tutto quello che è successo in Veneto, prendere la parola ed arringare contro la regione Veneto perché non so che cosa non aveva fatto in quel momento. Ci vorrebbe più responsabilità. In momenti come questi viene preso atto della tragedia che si consuma e della tragedia che si consuma sulle spalle e sulla vita di famiglie che perdono dei cari, e speriamo che ci si fermi qui.
Mi domando che senso abbia e che rappresentanza diamo noi del nostro mestiere e della ragione per cui siamo eletti nell'aprire una polemica ridicola, senza senso e peraltro parziale, perché come ripeto in un altro momento...

CARLO CICCIOLI. L'avete cominciata voi!

PRESIDENTE. Colleghi!

ROBERTO GIACHETTI. Stia calmo, stia calmo! È ridicola e senza senso perché non a caso...

CARLO CICCIOLI. L'avete cominciata voi! Vergognatevi!

Pag. 49

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego!

ROBERTO GIACHETTI. Fammi parlare, io ti ho fatto parlare! Stai tranquillo!

PRESIDENTE. Colleghi! Collega Giachetti, innanzitutto si rivolga alla Presidenza.

ROBERTO GIACHETTI. Lei, allora, dica a Ciccioli di farmi parlare come ho diritto di parlare!

PRESIDENTE. Onorevole Ciccioli, lo faccia parlare. Prego.

ROBERTO GIACHETTI. Ho diritto anch'io come l'onorevole Ciccioli di parlare, no?

PRESIDENTE. Sì, prego onorevole Giachetti.

ROBERTO GIACHETTI. Dopo quello che è successo qui dentro e che abbiamo consentito, non credo proprio che chieda chissà che cosa. Sto dicendo semplicemente che per le funzioni e per la rappresentanza che noi abbiamo dovremmo essere persone un po' più serie, cosa che sicuramente nel suo intervento e nelle parole finali il collega Ciccioli non è stato in grado di dimostrare.

PRESIDENTE. Collega Giachetti, io le ho consentito di completare l'intervento, ma ognuno qui fa le sue valutazioni politiche, quindi non è che...

ROBERTO GIACHETTI. Lei non può commentare il mio intervento!

PRESIDENTE. Siccome lei ha detto che sono state consentite cose e non so che cosa sia stato consentito che non le è stato gradito, però...

ROBERTO GIACHETTI. Lei non può commentare il mio intervento! Lei ha il microfono, io no!

PRESIDENTE. Per cortesia mi faccia parlare, non gridi! Lei ha detto che sono state consentite cose...

ROBERTO GIACHETTI. Lei ha consentito una sceneggiata invereconda con le bandiere!

PRESIDENTE. Lei non deve gridare!

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 7 marzo 2011, alle 11:

1. - Discussione del testo unificato delle proposte di legge:
CAPARINI ed altri; CIRIELLI: Incentivi per favorire, nelle regioni dell'arco alpino, il reclutamento di militari volontari nei reparti delle truppe alpine (C. 607-1897-A).
- Relatore: Gidoni.

2. - Discussione della proposta di legge:
DI STANISLAO: Disposizioni per la promozione e la diffusione della cultura della difesa attraverso la pace e la solidarietà (C. 2596-A)
e dell'abbinata proposta di legge: MOGHERINI REBESANI ed altri (C. 3827).
- Relatore: Garofani.

3. - Discussione della proposta di legge:
S. 10-51-136-281-285-483-800-972-994-1095-1188-1323-1363-1368 - D'iniziativa dei senatori: IGNAZIO ROBERTO MARINO ed altri; TOMASSINI ed altri; PORETTI e PERDUCA; CARLONI e CHIAROMONTE; BAIO ed altri; MASSIDDA; MUSI ed altri; VERONESI; BAIO ed altri; RIZZI; BIANCONI ed altri; D'ALIA e FOSSON; CASELLI ed altri; D'ALIA e FOSSON: Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di Pag. 50dichiarazioni anticipate di trattamento (Approvata, in un testo unificato, dal Senato) (C. 2350-A)
e delle abbinate proposte di legge: BINETTI ed altri; ROSSA ed altri; FARINA COSCIONI ed altri; BINETTI ed altri; POLLASTRINI ed altri; COTA ed altri; DELLA VEDOVA ed altri; ANIELLO FORMISANO ed altri; SALTAMARTINI ed altri; BUTTIGLIONE ed altri; DI VIRGILIO ed altri; PALAGIANO ed altri (C. 625-784-1280-1597-1606-1764-bis-1840-1876-1968-bis-2038-2124-2595).
- Relatori: Di Virgilio, per la maggioranza; Palagiano, di minoranza.

La seduta termina alle 20,40.

Pag. 51

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEGLI ARGOMENTI IN CALENDARIO

Pdl n. 2350 e abb. - Alleanza terapeutica, consenso informato e dichiarazioni anticipate di trattamento

Discussione generale: 14 ore.

Relatore di maggioranza 40 minuti
Relatore di minoranza 20 minuti
Governo 40 minuti
Richiami al Regolamento 20 minuti
Interventi a titolo personale 2 ore e 18 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato)
Gruppi 9 ore e 42 minuti
Popolo della Libertà 2 ore e 38 minuti
Partito Democratico 2 ore e 26 minuti
Lega Nord Padania 1 ora e 3 minuti
Unione di Centro 50 minuti
Futuro e Libertà per l'Italia 46 minuti
Iniziativa Responsabile 46 minuti
Italia dei Valori 42 minuti
Misto: 31 minuti
Alleanza per l'Italia 11 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 8 minuti
Liberal Democratici - MAIE 6 minuti
Minoranze linguistiche 6 minuti

Pag. 52 Mozione n. 1-00580 - Svolgimento nella stessa data dei referendum abrogativi e del primo turno delle elezioni amministrative

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 1 minuto (con il limite massimo di 8 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 19 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 2 minuti
Partito Democratico 58 minuti
Lega Nord Padania 29 minuti
Unione di Centro 25 minuti
Futuro e Libertà per l'Italia 24 minuti
Iniziativa Responsabile 23 minuti
Italia dei Valori 22 minuti
Misto: 16 minuti
Alleanza per l'Italia 6 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 4 minuti
Liberal Democratici - MAIE 3 minuti
Minoranze linguistiche 3 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

Pag. 53

Mozione n. 1-00570 - Sospensione del Trattato di amicizia Italia-Libia

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 1 minuto (con il limite massimo di 8 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 19 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 2 minuti
Partito Democratico 58 minuti
Lega Nord Padania 29 minuti
Unione di Centro 25 minuti
Futuro e Libertà per l'Italia 24 minuti
Iniziativa Responsabile 23 minuti
Italia dei Valori 22 minuti
Misto: 16 minuti
Alleanza per l'Italia 6 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 4 minuti
Liberal Democratici - MAIE 3 minuti
Minoranze linguistiche 3 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.

Pag. 54

Mozione n. 1-00579 - Divieto di incroci proprietari tra televisione e carta stampata

Tempo complessivo, comprese le dichiarazioni di voto: 6 ore (*).

Governo 25 minuti
Richiami al Regolamento 10 minuti
Tempi tecnici 5 minuti
Interventi a titolo personale 1 ora e 1 minuto (con il limite massimo di 8 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato)
Gruppi 4 ore e 19 minuti
Popolo della Libertà 1 ora e 2 minuti
Partito Democratico 58 minuti
Lega Nord Padania 29 minuti
Unione di Centro 25 minuti
Futuro e Libertà per l'Italia 24 minuti
Iniziativa Responsabile 23 minuti
Italia dei Valori 22 minuti
Misto: 16 minuti
Alleanza per l'Italia 6 minuti
Movimento per le Autonomie - Alleati per il Sud 4 minuti
Liberal Democratici - MAIE 3 minuti
Minoranze linguistiche 3 minuti

(*) Al tempo sopra indicato si aggiungono 5 minuti per l'illustrazione della mozione.