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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di martedì 7 febbraio 2012

TESTO AGGIORNATO ALL' 8 FEBBRAIO 2012

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 7 febbraio 2012.

Albonetti, Alessandri, Antonione, Bergamini, Bindi, Brugger, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Cicchitto, Cimadoro, Cirielli, Colucci, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fallica, Fava, Favia, Gregorio Fontana, Anna Teresa Formisano, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Iannaccone, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lucà, Lupi, Lussana, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Milanato, Misiti, Moffa, Mussolini, Nucara, Leoluca Orlando, Pisicchio, Rainieri, Rigoni, Paolo Russo, Sani, Stefani, Stucchi, Valducci, Vannucci, Vico.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

Albonetti, Alessandri, Antonione, Bergamini, Bindi, Bocci, Bongiorno, Brugger, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Cicchitto, Cimadoro, Cirielli, Colucci, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fallica, Fava, Favia, Gregorio Fontana, Anna Teresa Formisano, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Iannaccone, Jannone, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lucà, Lupi, Lussana, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Milanato, Misiti, Moffa, Mussolini, Nucara, Leoluca Orlando, Palumbo, Pisicchio, Rainieri, Rigoni, Paolo Russo, Sani, Stefani, Stucchi, Valducci, Vannucci, Vico, Vitali.

(Alla ripresa notturna della seduta).

Albonetti, Alessandri, Antonione, Bergamini, Bindi, Bocci, Bongiorno, Brugger, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Cicchitto, Cimadoro, Cirielli, Colucci, Gianfranco Conte, D'Alema, Dal Lago, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fallica, Fava, Gregorio Fontana, Anna Teresa Formisano, Franceschini, Giancarlo Giorgetti, Iannaccone, Jannone, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lucà, Lupi, Lussana, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Milanato, Misiti, Moffa, Mussolini, Nucara, Leoluca Orlando, Pisicchio, Rainieri, Rigoni, Paolo Russo, Sani, Stefani, Stucchi, Valducci, Vico, Vitali.

Annunzio di proposte di legge.

In data 2 febbraio 2012 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
CONSIGLIO e STUCCHI: «Norme per la predisposizione di interventi urgenti da effettuare nei bacini montani e in zone limitrofe di pianura direttamente interconnesse per la prevenzione di catastrofi idrogeologiche» (4926);
CONSIGLIO e STUCCHI: «Disposizioni per la realizzazione di un programma di prevenzione delle malattie cardiovascolari in età pediatrica» (4927);
CONSIGLIO e STUCCHI: «Disciplina della produzione e del commercio dei prodotti fitoterapici» (4928);
ZAMPARUTTI ed altri: «Modifica all'articolo 03 del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 61, concernente la nomina dei direttori generali delle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente» (4929);
GALLI: «Modifica all'articolo 2 e introduzione dell'articolo 2-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241, in materia di documentazione allegata alle istanze e di termini per la conclusione dei procedimenti amministrativi» (4930);
SANTORI: «Modifica all'articolo 1 della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di versamenti previdenziali volontari per l'incremento del montante contributivo individuale» (4931).

In data 3 febbraio 2012 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa dei deputati:
MARIANI ed altri: «Disciplina dell'emissione di obbligazioni destinate alla costituzione di fondi per il finanziamento di interventi di salvaguardia, tutela e recupero dell'ambiente nonché di interventi ecocompatibili, e delega al Governo per l'adozione di misure di incentivo in favore delle imprese operanti nelle attività di tutela dell'ambiente» (4932).

Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a una proposta di legge.

La proposta di legge costituzionale CALDERISI ed altri: «Introduzione dell'elezione del Presidente della Repubblica a suffragio universale e diretto e della forma di governo semipresidenziale» (4847) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Bernini Bovicelli, Biancofiore, Brunetta, Calabria, Ciccioli, De Girolamo, Frattini, La Russa, Migliori, Roccella, Urso e Verdini.

Trasmissione dal Senato.

In data 6 febbraio 2012 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:
S. 3075 - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 212, recante disposizioni urgenti in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento e disciplina del processo civile» (approvato dal Senato) (4933).

Sarà stampato e distribuito.

Assegnazione di una proposta di inchiesta parlamentare a Commissione in sede referente.

A norme del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, la seguente proposta di inchiesta parlamentare è assegnata, in sede referente, alla sotto indicata Commissione permanente:
I Commissione (Affari costituzionali):
LO MORO ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sugli atti di intimidazione nei confronti degli amministratori locali» (doc. XXII, n. 30) - Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per la disposizioni in materia di sanzioni) e V.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
I Commissione (Affari costituzionali):
LIVIA TURCO: «Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, in materia di cittadinanza dei minori nati da genitori stranieri» (4836) Parere delle Commissioni V e VII;
PETRENGA ed altri: «Nuove norme per la concessione della "Stella al merito del lavoro"» (4858) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, V, VI, VII, X, XI e XII;
GALLI e LEHNER: «Disciplina dell'attività di relazione istituzionale svolta nei confronti dei componenti delle Assemblee legislative e dei titolari di pubbliche funzioni» (4880) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, IV, V, VII, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
IV Commissione (Difesa):
DI STANISLAO: «Modifiche al titolo III del libro settimo del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, in materia di provvidenze per i familiari di militari vittime del servizio e di eventi dannosi verificatisi durante la permanenza in servizio» (4877) Parere delle Commissioni I, V, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale) e XII.
VI Commissione (Finanze):
GALLI e LEHNER: «Istituzione di una zona franca nel territorio della provincia del Verbano-Cusio-Ossola e di punti franchi presso lo scalo merci ferroviario di DOMO 2 e presso il centro intermodale merci di Novara» (4881) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VII, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), IX, X, XI, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
VIII Commissione (Ambiente):
RAMPELLI: «Disposizioni concernenti la fruizione degli alloggi destinati alle Forze di polizia da parte degli assegnatari dopo la cessazione dal servizio, nonché da parte dei familiari superstiti» (4840) Parere delle Commissioni I, II, V, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
IX Commissione (Trasporti):

MANCUSO: «Modifica all'articolo 182 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia di uso del casco protettivo da parte dei conducenti di velocipedi» (4883) Parere delle Commissioni I, II e XIV.
X Commissione (Attività produttive):

GAVA ed altri: «Disposizioni concernenti i termini per i pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni e delle società a prevalente partecipazione pubblica, la compensazione dei relativi crediti con i debiti derivanti da obblighi tributari e la cessione dei medesimi crediti alle banche» (4888) Parere delle Commissioni I, II, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento) e XIV.
Commissioni riunite X (Attività produttive) e XIII (Agricoltura):

MASTROMAURO ed altri: «Disposizioni in materia di rapporti contrattuali relativi al commercio di prodotti alimentari» (4849) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 31 gennaio 2012, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 8-ter del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri con cui è autorizzato l'utilizzo delle economie di spesa realizzate dalla Pontificia università gregoriana, in Roma, a valere sul contributo concesso nel 2009 in sede di ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale, per interventi volti a ristabilire la coesione e il consolidamento degli intonaci del cortile maggiore dell'edificio sede della medesima università.

Tale comunicazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dalla Corte dei conti.

La Corte dei conti - sezione del controllo sugli enti - con lettera in data 1o febbraio 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Fondazione «Rossini opera festival», per l'esercizio 2010. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 378).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissioni dal Ministero dell'economia e delle finanze.

Il Ministero dell'economia e delle finanze, con lettera in data 27 gennaio 2012, ha trasmesso il decreto del ministro dell'economia e delle finanze 30 dicembre 2011, concernente la sperimentazione per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio dello Stato e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, ai sensi dell'articolo 42, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni.

Tale decreto è trasmesso alla V Commissione (Bilancio).

Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 2 febbraio 2012, ha trasmesso la relazione, aggiornata al mese di ottobre 2011, sul monitoraggio degli incassi e dei pagamenti del bilancio dello Stato e delle spese aventi impatto diretto sul conto delle pubbliche amministrazioni per l'anno 2011.

Questa documentazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).

Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 2 febbraio 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5, comma 1-ter, del decreto-legge 9 ottobre 2008, n. 155, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 190, la relazione sull'attuazione degli interventi volti a garantire la stabilità del sistema creditizio e la continuità nell'erogazione del credito alle imprese e ai consumatori, nell'attuale situazione di crisi dei mercati finanziari internazionali, aggiornata al 30 settembre 2011 (doc. CCXXXI, n. 8).

Tale documentazione - che sarà stampata - è trasmessa alla V Commissione (Bilancio) e alla VI Commissione (Finanze).

Trasmissione dal ministro della difesa.

Il ministro della difesa, con lettera in data 31 gennaio 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 12, comma 2, del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, la relazione sullo stato di avanzamento dei provvedimenti di ristrutturazione delle Forze armate, riferita all'anno 2011 (doc. XXXVI-bis, n. 4).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla IV Commissione (Difesa).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

Il dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 2 febbraio 2012, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 3 e 19 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Con la medesima comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sulla comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo - Commercio, crescita e sviluppo - Ripensare le politiche commerciali e d'investimento per i paesi più bisognosi (COM(2012)22 definitivo), che, in data 30 gennaio 2012, è stata assegnata, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle Commissioni riunite III (Affari esteri) e X (Attività produttive), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

La Commissione europea, in data 2, 3 e 6 febbraio 2012, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Proposta di decisione del Consiglio concernente la conclusione dell'accordo su determinati aspetti dei servizi aerei tra l'Unione europea e la regione amministrativa speciale di Macao della Repubblica popolare cinese (COM(2012)29 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Valutazione intermedia del programma pluriennale dell'Unione per la protezione dei minori che usano internet e le altre tecnologie di comunicazione (COM(2012)33 definitivo), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite IX (Trasporti) e XII (Affari sociali);
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Un quadro coerente per rafforzare la fiducia nel mercato unico digitale del commercio elettronico e dei servizi on-line (COM(2011)942 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive).
La Commissione europea, in data 6 febbraio 2012, ha trasmesso un nuovo testo della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sugli orientamenti dell'Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T) (COM(2011)650 definitivo/3), che sostituisce il documento COM(2010)650 definitivo, già assegnato, in data 25 ottobre 2011, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alla IX Commissione (Trasporti), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), nonché, in data 7 dicembre 2011, alla medesima XIV Commissione ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà.

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

Il Ministero dell'interno, con lettere in data 14 e 31 gennaio 2012, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dei decreti del Presidente della Repubblica di scioglimento dei consigli comunali di Antrodoco (Rieti), Casal di Principe (Caserta), Comacchio (Ferrara), Manziana (Roma), Pozzuoli (Napoli), Sandrigo (Vicenza), Taglio di Po (Rovigo), Arese (Milano), Campolieto (Campobasso), Capaccio (Salerno), Castelnuovo Rangone (Modena), Catanzaro, Cerveteri (Roma), Faeto (Foggia), Galatina (Lecce), Manciano (Grosseto), San Gregorio Matese (Caserta), Sirignano (Avellino), Solto Collina (Bergamo), Sulbiate (Monza-Brianza) e Terlizzi (Bari).
Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Comunicazioni ai sensi dell'articolo 3, comma 44, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

Fintecna Spa, con lettera in data 27 gennaio 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 44, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, la comunicazione concernente un atto comportante spesa per emolumenti o retribuzioni, con l'indicazione del nominativo del destinatario e dell'importo del relativo compenso.

Tale comunicazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal difensore civico della Valle d'Aosta.

Il difensore civico della Valle d'Aosta, con lettera in data 31 gennaio 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 127, la relazione sull'attività svolta dallo stesso difensore civico relativa all'anno 2011 (doc. CXXVIII, n. 35).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali).

Comunicazioni di nomine ministeriali.

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere in data 30 gennaio e 2 febbraio 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le comunicazioni concernenti il conferimento, ai sensi dei commi 4 e 10 del medesimo articolo 19, o la revoca di incarichi di livello dirigenziale generale, che sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali), nonché alle Commissioni sottoindicate:
la comunicazione concernente il conferimento del seguente incarico nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri:
al dottor Antonio Sabbatella, l'incarico di coordinatore dell'ufficio II - Procedimento legislativo, nell'ambito del dipartimento per i rapporti con il Parlamento;
alla II Commissione (Giustizia) la comunicazione concernente il seguente incarico nell'ambito del Ministero della giustizia:
la revoca dell'incarico, conferito al dottor Pietro Martello, di vice capo del dipartimento per gli affari di giustizia;
alla V Commissione (Bilancio) la comunicazione concernente il conferimento del seguente incarico nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze:
al dottor Marco Montanaro, l'incarico di consulenza, studio e ricerca, nell'ambito del dipartimento della Ragioneria generale dello Stato;
alla VI Commissione (Finanze) la comunicazione concernente il conferimento del seguente incarico nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze:
al dottor Paolo Puglisi, l'incarico di direttore ad interim della direzione federalismo fiscale, nell'ambito del dipartimento delle finanze.

Richieste di parere parlamentare su proposte di nomina.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 27 gennaio 2012, ha inviato, ai sensi dell'articolo 1 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina del dottor Pier Luigi Celli a presidente dell'ENIT - Agenzia nazionale del turismo (137).
Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla X Commissione (Attività produttive).

Il ministro delle infrastrutture e dei trasporti, con lettera in data 31 gennaio 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina dell'ingegner Galliano Di Marco a presidente dell'Autorità portuale di Ravenna (138).
Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla IX Commissione (Trasporti).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI VOLONTÈ ED ALTRI N. 1-00817, DI PIETRO ED ALTRI N. 1-00848, CAMBURSANO, COMMERCIO, MANNINO, MELCHIORRE ED ALTRI N. 1-00849, TEMPESTINI ED ALTRI N. 1-00850, DOZZO ED ALTRI N. 1-00851, CORSARO ED ALTRI N. 1-00852, PISICCHIO ED ALTRI N. 1-00853 E DELLA VEDOVA ED ALTRI N. 1-00854 RECANTI INIZIATIVE IN AMBITO COMUNITARIO ED INTERNAZIONALE IN MATERIA DI TASSAZIONE DELLE TRANSAZIONI FINANZIARIE

Mozioni

La Camera,
premesso che:
tra le ragioni della crisi, che sta avendo effetti devastanti sul nostro Paese, vi è il comportamento di una parte degli attori del sistema finanziario internazionale, che hanno effettuato speculazioni traendo indebito vantaggio dall'assenza di regolamentazione sulle transazioni finanziarie;
una tassa sulle transazioni finanziarie (ttf), pur applicata con un coefficiente minimo, rappresenta un concreto strumento a sostegno dei conti pubblici degli Stati che, a causa della crisi, hanno subito un forte aumento del loro debito;
la suddetta tassa assicurerebbe il giusto contributo del settore finanziario alla copertura dei costi dei piani di salvataggio e dei programmi di stimolo e di rilancio delle economie, nonché una più giusta parità di trattamento con gli altri settori produttivi sempre soggetti a prelievi fiscali;
si garantirebbe, in tal modo, anche la riscossione di un gettito prevedibile permettendo di stabilire politiche di medio-lungo periodo sia per far fronte alle conseguenze sociali della crisi, sia per sostenere programmi di aiuto allo sviluppo dei Paesi poveri e di contrasto dei cambiamenti climatici;
l'introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie, frenando la speculazione, diminuirebbe l'instabilità dei mercati con ricadute positive anche per le imprese, in termini di minor rischio valutario, minori incertezze sui prezzi delle materie prime e minori rischi degli investimenti esteri;
la suddetta imposta potrebbe essere implementata in maniera semplice e a costi estremamente bassi grazie alle piattaforme elettroniche già in uso per registrare le operazioni finanziarie sulle borse di tutto il mondo;
il Parlamento europeo ha adottato il 10 marzo 2010 una risoluzione [P7-TA(2010)0056] favorevole all'introduzione della tassazione delle transazioni finanziarie e ha chiesto alla Commissione europea di analizzare gli effetti di una sua introduzione auspicando una posizione comune degli Stati membri dell'Unione europea in materia;
le analisi indipendenti del Fondo monetario internazionale (Matheson, marzo 2011; Brondolo, agosto 2011), hanno individuato in essa una delle misure adeguate a regolamentare il mercato finanziario;
la Commissione europea ha presentato il 28 settembre 2011 una proposta di direttiva del Consiglio [COM(2011)594] concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie da applicare in tutti gli Stati membri dell'Unione europea a partire dal 1o gennaio 2014. La proposta è stata accompagnata dalla pubblicazione della valutazione di impatto che ha riconosciuto la realizzabilità della tassa sulle transazioni finanziarie e la sua possibile applicazione a livello regionale;
il Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, nella sua nota pubblicata il 24 ottobre 2011 indirizzata ai leader del G20, annovera la tassazione delle transazioni finanziarie tra le misure da adottare per «promuovere lo sviluppo globale e sostenibile secondo principi di giustizia sociale e della solidarietà» nel più ampio processo di riforma che ristabilisca «il primato della politica - responsabile del bene comune - sull'economia e la finanza»;
il rapporto del Leading group on solidarity levies to fund development (giugno 2010), di cui l'Italia è membro promotore, ed il rapporto della Bill and Melinda Gates Foundation (novembre 2011) sostengono fortemente l'adozione di una tassa sulle transazioni finanziarie quale efficace fonte di finanziamento innovativo per lo sviluppo;
nelle conclusioni dei leader del G20 riunitisi recentemente a Cannes il 3 e 4 novembre 2011, per la prima volta si fa esplicito riferimento alla proposta di tassazione delle transazioni finanziarie e viene riconosciuta l'iniziativa di alcuni Paesi pronti ad applicare questo tipo di tassazione per varie finalità, tra cui anche quella dell'aiuto allo sviluppo. Durante il vertice di Cannes, la Presidenza francese si è prodigata per l'ampliamento del consenso politico in merito a questa imposta che vede già il sostegno di diversi Stati membri dell'Unione europea e alcuni Paesi delle economie emergenti - Brasile, Argentina e Sud Africa - nonché il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, si sono pubblicamente espressi in favore della suddetta tassa;
il Governo italiano sarà chiamato ad esprimersi in sede europea in merito alla proposta di direttiva [COM(2011)594] ed ha aperto presso il dipartimento finanze del Ministero dell'economia e delle finanze una consultazione pubblica in materia;
il Governo italiano pro tempore, nel suo parere alle risoluzioni n. 7-00328, n. 7-00333 e n. 7-00346 (Commissione affari esteri della Camera, giugno 2010) ha affermato di considerare tale tassazione utile e proficua soltanto se condivisa e attuata da tutti i Paesi e nella risposta all'interrogazione 5-04529 (Commissione affari esteri della Camera, maggio 2011) ha dichiarato di voler attendere la valutazione di impatto della Commissione europea per esprimere ulteriori orientamenti in materia;
da ultimo, nella seduta del 25 gennaio 2012, nel corso dell'esame delle mozioni sulla politica europea dell'Italia, sono stati approvati impegni volti all'introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie in ambito comunitario, prospettando, altresì, l'opportunità di perseguire contemporaneamente una più ampia intesa globale anche oltre i limiti dell'Unione europea;
sondaggi condotti in Italia da YouGov per conto di Oxfam (marzo 2011) e da Eurobarometro (giugno 2011) evidenziano come la maggioranza degli italiani sia favorevole a questa tassa e ritenga giusto che il settore bancario e finanziario debba contribuire a riparare i danni causati dalla crisi;
l'introduzione di questa tassa è sostenuta da un vasto movimento globale ed anche in Italia è attiva la campagna Zerozerocinque che riunisce circa 50 organizzazioni della società civile, tra cui le principali sigle sindacali, associazioni del terzo settore e organizzazioni non governative di sviluppo. Le associazioni delle autorità locali Anci e Upi hanno recentemente espresso il loro pieno sostegno alla proposta. Cento economisti italiani hanno sostenuto l'appello a favore di questa tassa firmato da mille economisti di fama mondiale, tra cui Dani Rodrik, Joseph Stiglizt, Toni Atkinson,

impegna il Governo:

ad operare di concerto con gli altri Paesi che hanno già espresso un orientamento favorevole alla proposta di direttiva, affinché anche i Paesi dell'Unione europea meno disponibili all'introduzione della tassazione sulle transazioni finanziarie, in primis la Gran Bretagna, si convincano dell'opportunità del recepimento della direttiva da parte di tutti i Paesi dell'Unione europea a 27 ai fini del ripristino della sovranità dei singoli Paesi sulla politica monetaria e per scoraggiare gli speculatori internazionali;
a sostenere l'opportunità di inserire alcuni modifiche alla proposta di direttiva [COM(2011)594] che prevedano di:
a) collegare il pagamento dell'imposta anche alla nazionalità dello strumento finanziario al fine di ridurre ulteriormente il rischio di manovre elusive;
b) estendere la base imponibile anche al mercato valutario;
c) assicurare la destinazione del gettito (stimato dalla Commissione europea in 57 miliardi di euro) per politiche sociali interne agli Stati membri (50 per cento), per programmi di lotta alla povertà nel mondo (25 per cento) e di contrasto ai cambiamenti climatici (25 per cento);
ad assumere ogni iniziativa utile, di concerto con gli altri partner europei, per facilitare una graduale applicazione della tassa sulle transazioni finanziarie anche a livello mondiale;
a prevedere eventuali meccanismi di correzione al fine di evitare che l'introduzione della tassazione delle transazioni finanziarie, incidendo sugli scambi di obbligazioni nel mercato secondario (oltreché di azioni), possa produrre un rallentamento delle transazioni con effetti negativi sulla liquidità e, conseguentemente, sulle condizioni di finanziamento del debito;
a considerare l'opportunità di elaborare una propria relazione annuale (rispetto a quella quinquennale prevista dalla direttiva) per esaminare l'impatto della nuova tassazione sul mercato finanziario italiano e sull'economia reale.
(1-00817)
(Nuova formulazione) «Volontè, Buttiglione, Galletti, Adornato, Occhiuto, Ciccanti, Calgaro, Cera, Compagnon, Naro».
(17 gennaio 2012)

La Camera,
premesso che:
tra le ragioni della crisi, che sta avendo effetti devastanti sul nostro Paese, vi è il comportamento di una parte degli attori del sistema finanziario internazionale, che hanno effettuato speculazioni traendo indebito vantaggio dall'assenza di regolamentazione sulle transazioni finanziarie;
una tassa sulle transazioni finanziarie (ttf), pur applicata con un coefficiente minimo, rappresenta un concreto strumento a sostegno dei conti pubblici degli Stati che, a causa della crisi, hanno subito un forte aumento del loro debito;
la suddetta tassa assicurerebbe il giusto contributo del settore finanziario alla copertura dei costi dei piani di salvataggio e dei programmi di stimolo e di rilancio delle economie, nonché una più giusta parità di trattamento con gli altri settori produttivi sempre soggetti a prelievi fiscali;
si garantirebbe, in tal modo, anche la riscossione di un gettito prevedibile permettendo di stabilire politiche di medio-lungo periodo sia per far fronte alle conseguenze sociali della crisi, sia per sostenere programmi di aiuto allo sviluppo dei Paesi poveri e di contrasto dei cambiamenti climatici;
l'introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie, frenando la speculazione, diminuirebbe l'instabilità dei mercati con ricadute positive anche per le imprese, in termini di minor rischio valutario, minori incertezze sui prezzi delle materie prime e minori rischi degli investimenti esteri;
la suddetta imposta potrebbe essere implementata in maniera semplice e a costi estremamente bassi grazie alle piattaforme elettroniche già in uso per registrare le operazioni finanziarie sulle borse di tutto il mondo;
il Parlamento europeo ha adottato il 10 marzo 2010 una risoluzione [P7-TA(2010)0056] favorevole all'introduzione della tassazione delle transazioni finanziarie e ha chiesto alla Commissione europea di analizzare gli effetti di una sua introduzione auspicando una posizione comune degli Stati membri dell'Unione europea in materia;
le analisi indipendenti del Fondo monetario internazionale (Matheson, marzo 2011; Brondolo, agosto 2011), hanno individuato in essa una delle misure adeguate a regolamentare il mercato finanziario;
la Commissione europea ha presentato il 28 settembre 2011 una proposta di direttiva del Consiglio [COM(2011)594] concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie da applicare in tutti gli Stati membri dell'Unione europea a partire dal 1o gennaio 2014. La proposta è stata accompagnata dalla pubblicazione della valutazione di impatto che ha riconosciuto la realizzabilità della tassa sulle transazioni finanziarie e la sua possibile applicazione a livello regionale;
il Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, nella sua nota pubblicata il 24 ottobre 2011 indirizzata ai leader del G20, annovera la tassazione delle transazioni finanziarie tra le misure da adottare per «promuovere lo sviluppo globale e sostenibile secondo principi di giustizia sociale e della solidarietà» nel più ampio processo di riforma che ristabilisca «il primato della politica - responsabile del bene comune - sull'economia e la finanza»;
il rapporto del Leading group on solidarity levies to fund development (giugno 2010), di cui l'Italia è membro promotore, ed il rapporto della Bill and Melinda Gates Foundation (novembre 2011) sostengono fortemente l'adozione di una tassa sulle transazioni finanziarie quale efficace fonte di finanziamento innovativo per lo sviluppo;
nelle conclusioni dei leader del G20 riunitisi recentemente a Cannes il 3 e 4 novembre 2011, per la prima volta si fa esplicito riferimento alla proposta di tassazione delle transazioni finanziarie e viene riconosciuta l'iniziativa di alcuni Paesi pronti ad applicare questo tipo di tassazione per varie finalità, tra cui anche quella dell'aiuto allo sviluppo. Durante il vertice di Cannes, la Presidenza francese si è prodigata per l'ampliamento del consenso politico in merito a questa imposta che vede già il sostegno di diversi Stati membri dell'Unione europea e alcuni Paesi delle economie emergenti - Brasile, Argentina e Sud Africa - nonché il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, si sono pubblicamente espressi in favore della suddetta tassa;
il Governo italiano sarà chiamato ad esprimersi in sede europea in merito alla proposta di direttiva [COM(2011)594] ed ha aperto presso il dipartimento finanze del Ministero dell'economia e delle finanze una consultazione pubblica in materia;
il Governo italiano pro tempore, nel suo parere alle risoluzioni n. 7-00328, n. 7-00333 e n. 7-00346 (Commissione affari esteri della Camera, giugno 2010) ha affermato di considerare tale tassazione utile e proficua soltanto se condivisa e attuata da tutti i Paesi e nella risposta all'interrogazione 5-04529 (Commissione affari esteri della Camera, maggio 2011) ha dichiarato di voler attendere la valutazione di impatto della Commissione europea per esprimere ulteriori orientamenti in materia;
da ultimo, nella seduta del 25 gennaio 2012, nel corso dell'esame delle mozioni sulla politica europea dell'Italia, sono stati approvati impegni volti all'introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie in ambito comunitario, prospettando, altresì, l'opportunità di perseguire contemporaneamente una più ampia intesa globale anche oltre i limiti dell'Unione europea;
sondaggi condotti in Italia da YouGov per conto di Oxfam (marzo 2011) e da Eurobarometro (giugno 2011) evidenziano come la maggioranza degli italiani sia favorevole a questa tassa e ritenga giusto che il settore bancario e finanziario debba contribuire a riparare i danni causati dalla crisi;
l'introduzione di questa tassa è sostenuta da un vasto movimento globale ed anche in Italia è attiva la campagna Zerozerocinque che riunisce circa 50 organizzazioni della società civile, tra cui le principali sigle sindacali, associazioni del terzo settore e organizzazioni non governative di sviluppo. Le associazioni delle autorità locali Anci e Upi hanno recentemente espresso il loro pieno sostegno alla proposta. Cento economisti italiani hanno sostenuto l'appello a favore di questa tassa firmato da mille economisti di fama mondiale, tra cui Dani Rodrik, Joseph Stiglizt, Toni Atkinson,

impegna il Governo:

ad operare di concerto con gli altri Paesi che hanno già espresso un orientamento favorevole alla proposta di direttiva, affinché anche i Paesi dell'Unione europea meno disponibili all'introduzione della tassazione sulle transazioni finanziarie, in primis la Gran Bretagna, si convincano dell'opportunità del recepimento della direttiva da parte di tutti i Paesi dell'Unione europea a 27 ai fini del ripristino della sovranità dei singoli Paesi sulla politica monetaria e per scoraggiare gli speculatori internazionali;
a valutare l'opportunità di inserire alcune modifiche alla proposta di direttiva [COM(2011)594] che prevedano di:
a) collegare il pagamento dell'imposta anche alla nazionalità dello strumento finanziario al fine di ridurre ulteriormente il rischio di manovre elusive;
b) estendere la base imponibile anche al mercato valutario;
c) assicurare la destinazione del gettito (stimato dalla Commissione europea in 57 miliardi di euro) per politiche sociali interne agli Stati membri (50 per cento), per programmi di lotta alla povertà nel mondo (25 per cento) e di contrasto ai cambiamenti climatici (25 per cento);
ad assumere ogni iniziativa utile, di concerto con gli altri partner europei, per facilitare una graduale applicazione della tassa sulle transazioni finanziarie anche a livello mondiale;
a considerare eventuali meccanismi di correzione al fine di evitare che l'introduzione della tassazione delle transazioni finanziarie, incidendo sugli scambi di obbligazioni nel mercato secondario (oltreché di azioni), possa produrre un rallentamento delle transazioni con effetti negativi sulla liquidità e, conseguentemente, sulle condizioni di finanziamento del debito;
a considerare l'opportunità di elaborare una propria relazione annuale (rispetto a quella quinquennale prevista dalla direttiva) per esaminare l'impatto della nuova tassazione sul mercato finanziario italiano e sull'economia reale.
(1-00817)
(Nuova formulazione, nel testo riformulato) «Volontè, Buttiglione, Galletti, Adornato, Occhiuto, Ciccanti, Calgaro, Cera, Compagnon, Naro».
(17 gennaio 2012)

La Camera,
premesso che:
il progressivo diffondersi di un'economia eccessivamente finanziarizzata è degenerato in gravissime distorsioni nei mercati finanziari a partire dall'insostenibile entità dei prodotti derivati, oltre 7 volte il prodotto interno lordo mondiale;
l'accelerazione dei processi di deregolamentazione finanziaria è stata accompagnata da fenomeni di instabilità sempre più vistosi, soprattutto in campo valutario. Inoltre, il pressoché completo abbattimento dei vincoli alla libera circolazione internazionale dei capitali ha fortemente ristretto i gradi di libertà delle politiche economiche nazionali. Inoltre, la combinazione tra instabilità finanziaria e impotenza della politica economica ha notevolmente contribuito all'inquietante divaricazione dei redditi verificatasi, sia tra i Paesi che all'interno dei singoli Paesi;
la recente crisi economica e finanziaria mondiale ha avuto un impatto considerevole sulle economie e sulle finanze pubbliche. Il settore finanziario è stato uno dei principali responsabili della crisi economica, mentre i Governi e i cittadini europei ne hanno sostenuto i costi. In Europa e a livello internazionale è diffusa l'opinione che il settore finanziario debba contribuire in modo più giusto, dati i costi legati alla gestione della crisi e l'attuale tassazione insufficiente del settore. Diversi Stati membri dell'Unione europea hanno già intrapreso iniziative divergenti nell'ambito della tassazione del settore finanziario;
è dunque sempre più sentita l'esigenza di conferire alla politica nuove leve, nazionali e internazionali, di controllo e di governo dei mercati. Un primo passo nella direzione del cambiamento è stato allora individuato in una proposta, avanzata dagli stessi economisti e su cui esiste il consenso da parte, tra gli altri, di Francia, Belgio, Spagna, Portogallo Slovacchia, Grecia e Germania, ossia l'introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie (itf), comunemente nota come financial transaction tax;
la manovra attuata dal Governo italiano impone importanti sacrifici: per questo è ancora più cruciale fermare gli attacchi speculativi che grandi attori finanziari europei e internazionali operano ai danni dei titoli di Stato italiani, della sostenibilità del debito italiano e, in generale, dei mercati. L'azione di questi soggetti impatta negativamente sulle risorse da destinare alle politiche sociali e del lavoro, alle tutele ambientali, climatiche e dei beni comuni, alla cooperazione: limitarne il potere è un atto di equità e giustizia sempre più necessario ed urgente;
l'Europa deve agire in fretta per introdurre questa tassa, fattibile anche se implementata nella sola eurozona, come dimostrano numerosi studi. Se ciò non è possibile con l'Europa dei 27, l'eurogruppo deve fare da capofila. Si è sostenuto che una tassa sulle transazioni finanziarie applicata solo in alcuni Paesi europei frenerebbe l'accesso di capitali, mentre è invece questo uno dei benefici della tassa sulle transazioni finanziarie, perché essa rappresenta una rete che lascia passare gli investimenti «bona fide» e frena quelli meramente speculativi. È noto che i mercati finanziari funzionano principalmente tramite due gigantesche piattaforme telematiche. Anche agendo solamente sulle piazze e gli scambi nell'area euro, sia in entrata che in uscita da questa, si potrebbero intercettare molte operazioni dirette sulla City e Wall Street;
le tre principali obiezioni all'istituzione della tassa (non si può imporre se non a livello globale, in quanto altrimenti non ci sarebbe gettito per la fuga dei capitali, la tassa aumenta significativamente il costo del capitale, la tassa riduce la liquidità dei mercati) sono false o infondate o per l'evidenza dei fatti (la prima) o per mancanza di prove (le seconde due):
a) sino a poco tempo fa si è ritenuto che essa non fosse applicabile se non a livello globale, pena la fuga di capitali dal Paese che decidesse di porla in vigore. Questo pregiudizio è falso perché esistono ad oggi, come documenta un lavoro di ricerca del Fondo monetario internazionale, ben 23 Paesi che applicano unilateralmente la tassa (nient'altro che un fissato bollato) senza che si sia verificata alcuna fuga di capitali (Matheson T., Taxing financial transactions. issues and evidence, IMF working paper n. 11/54, marzo 2011, 8). Il Paese con la tassa più alta è il Regno Unito che applica la stamp duty reserve tax su un solo tipo di attività finanziaria (tassa del 5 per mille sui possessori di azioni quotate alla borsa di Londra). La tassa consente di raccogliere circa 5 miliardi di sterline all'anno. Ancora sul piano scientifico, esistono numerosi lavori che misurano l'elasticità dei volumi di transazioni all'introduzione di tasse simili, evidenziando coefficienti piuttosto contenuti e non tali da avvalorare l'ipotesi di fuga dei capitali. Un altro motivo per i quali la fuga non può avvenire è che proprio le operazioni ad altissima frequenza usufruiscono di un vantaggio di prossimità alla sede fisica della borsa da cui partono le informazioni in via telematica. Spostare le operazioni lontano dai mercati principali comporterebbe la perdita di questo vantaggio;
b) un'altra obiezione che appare infondata è quella dell'impatto della tassa sul costo del capitale. Per l'aliquota fissata, dalla proposta della Commissione europea i calcoli fondati sui modelli di capitalizzazione dei valori futuri attesi degli asset dimostrano che questo costo è pressoché nullo;
c) la terza obiezione che la tassa diminuisca la liquidità dei mercati è anch'essa del tutto opinabile. È dimostrato che la tassa riporterebbe ai costi di transazione e alla liquidità di dieci anni fa, ovvero ad un periodo più florido di quello che si sta vivendo. La verità è che non esiste nessun evidenza certa sugli effetti della tassa sulla liquidità ma solo una serie di diversi modelli che trovano risultati opposti a seconda del tipo di microstruttura dei mercati finanziari e del modello di competizione ipotizzato tra gli intermediari;
l'imposta sulle transazioni finanziarie è uno strumento disponibile e necessario anche quale freno alla degenerazione della finanza che ha obbligato gli Stati a finanziare con oltre 6.000 miliardi di dollari gli istituti bancari occidentali per salvarli dal fallimento. L'imposta sulle transazioni finanziarie è una piccola tassa che rende non conveniente e onerosa la mera speculazione. L'imposta sulle transazioni finanziarie è uno strumento che interviene in maniera equa e che salvaguarda il risparmio;
a differenza della Tobin tax e delle successive varianti che si riferiscono agli scambi di valuta, l'imposta sulle transazioni finanziarie prende in considerazione tutte le transazioni su strumenti finanziari, allargando così sostanzialmente la base imponibile rispetto alla Tobin tax;
l'imposta sulle transazioni finanziarie è un'imposta con un tasso molto ridotto (tra lo 0,01 per cento e lo 0,1 per cento) da applicare su ogni compravendita di titoli e strumenti finanziari. Un'imposta sufficientemente piccola da non scoraggiare le «normali» operazioni di investimento realizzate sui mercati finanziari. Tale tassa non avrebbe effetti apprezzabili per chi opera sui mercati con un'ottica di lungo periodo. Il tasso ipotizzato è nettamente inferiore alle commissioni annuali richieste dai gestori di fondi di investimento o fondi pensione;
è ben diversa la situazione per chi intende speculare. È, oggi, possibile comprare e vendere strumenti finanziari centinaia, anche migliaia di volte in un giorno, 24 ore su 24, nella speranza di guadagnare su piccole oscillazioni dei prezzi degli stessi strumenti. Tali operazioni non hanno alcun legame con l'economia reale, ma aumentano l'instabilità e la volatilità dei mercati, con impatti potenzialmente devastanti per l'economia globale. Oggi, infatti, una gran parte delle transazioni finanziarie sono operate da mega-computer che, in automatico, speculano in millesimi di secondo sull'arbitraggio tra i valori marginalmente diversi degli stessi titoli o monete presenti nello stesso istante su piazze diverse. Si ottengono guadagni minimi, ma corposi per una miriade di operazioni e muovendo grandi cifre ogni giorno;
se è vero che i mercati finanziari hanno bisogno di un intervento regolatorio stringente e complesso, è altrettanto vero che la decisione sull'introduzione dell'imposta sulle transazioni finanziarie ha, finalmente, immediate possibilità applicative, vista il largo consenso del Parlamento europeo (si veda la risoluzione del Parlamento europeo, P7-TA(2010)0056 del 10 marzo 2010) e la recente proposta della Commissione europea attualmente oggetto di consultazione. Si tratta di una proposta in grado di dare un segnale forte della volontà politica di riportare sotto controllo la «finanza-casinò»;
la proposta della Commissione europea di direttiva del Consiglio [COM(2011)594] del 28 settembre 2011, concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie e recante la modifica della direttiva 2008/7/CE, si propone quattro obiettivi (ai quali andrebbero aggiunte altre finalità come specificato più avanti):
a) evitare la frammentazione del mercato interno dei servizi finanziari, visto il crescente numero di provvedimenti fiscali nazionali non coordinati attualmente al varo;
b) assicurare il giusto contributo degli enti finanziari alla copertura dei costi della recente crisi, nonché la parità di condizioni con gli altri settori dal punto di vista fiscale;
c) creare i disincentivi opportuni per le transazioni che non contribuiscono all'efficienza dei mercati finanziari, integrando le misure regolamentari mirate a evitare crisi future;
d) creare un nuovo flusso di gettito con l'obiettivo di sostituire gradualmente i contributi nazionali al bilancio dell'Unione europea, riducendo l'onere per i bilanci nazionali;
la Commissione europea ha svolto anche una valutazione dell'impatto derivante dall'introduzione dell'imposta sulle transazioni finanziarie da parte dell'Unione europea raccomandando alcune linee guida onde evitare fenomeni elusivi ed i rischi di delocalizzazione:
a) un ampio campo di applicazione per quanto riguarda prodotti, transazioni, tipi di operazioni e attori finanziari nonché transazioni effettuate all'interno di un gruppo finanziario;
b) l'utilizzo del principio di residenza: tassazione nello Stato membro in cui sono stabiliti gli attori finanziari, indipendentemente dal luogo di esecuzione delle transazioni;
c) la definizione delle aliquote d'imposta a un livello adeguato per minimizzare gli eventuali impatti sul costo del capitale a fini diversi da quelli degli investimenti finanziari;
d) l'esclusione dal campo di applicazione dell'imposta sulle transazioni finanziarie delle operazioni dei mercati primari sia per i titoli (azioni, obbligazioni) - per non ostacolare la raccolta di capitali da parte dei Governi e delle imprese - sia per le valute;
e) la separazione delle attività di concessione e assunzione di prestiti dei nuclei domestici, delle imprese o degli enti finanziari e di altre attività finanziarie quotidiane, come i prestiti ipotecari o le transazioni di pagamento;
f) l'esclusione dal campo di applicazione dell'imposta sulle transazioni finanziarie delle transazioni finanziarie con, ad esempio, la Banca centrale europea (Bce) e le banche centrali nazionali, per evitare ripercussioni sulle possibilità di rifinanziamento degli enti finanziari o sugli strumenti di politica monetaria;
anche al G20 del 3-4 novembre 2011 tenutosi a Cannes, per la prima volta in un comunicato finale di un vertice del genere la proposta viene menzionata esplicitamente: «Abbiamo anche concordato - si legge nel comunicato al punto 28 - sul fatto che, nel tempo, nuove fonti di finanziamento devono essere trovate per soddisfare le esigenze di sviluppo e il cambiamento climatico. Abbiamo discusso una serie di opzioni di finanziamento innovativa evidenziata dal signor Bill Gates (si tratta del rapporto della Gates Foundation). Alcuni di noi hanno attuato o sono disposti a esplorare alcune di queste opzioni. Riconosciamo le iniziative in alcuni dei nostri Paesi di tassare il settore finanziario per vari scopi, tra cui una tassa sulle transazioni finanziarie, tra l'altro per sostenere lo sviluppo». Si tratta di una formulazione che, tra le altre cose, lascia intendere come la tassa sia perfettamente realizzabile anche in un gruppo di Paesi e non solo a livello internazionale;
durante il G20, ai Paesi europei favorevoli all'introduzione di tale imposta, si sono aggiunte diverse potenze emergenti, dal Sud Africa, al Brasile e all'Argentina. Persino dagli Usa, storicamente contrari a qualunque tassazione della finanza, è arrivata una «disponibilità» ad affrontare l'argomento;
l'imposta sulle transazioni finanziarie, così come disegnata dalla Commissione europea, offrirebbe un gettito annuo di circa 57 miliardi di euro, che potrebbero avvicinarsi ai 200 miliardi di euro se si allargasse la base imponibile, si aumentasse l'aliquota in esame sui derivati e se venisse meglio chiarito l'intervento sulle transazioni in valuta, distinguendo tra transazioni di mera speculazione e transazioni legate alla protezione di «operazioni economiche reali»;
è evidente che un tale gettito consentirebbe agli Stati dell'Unione europea di affrontare meglio i costi della crisi, così da sostenere adeguatamente la coesione sociale, il welfare state, il lavoro e difendendo, inoltre, i singoli Paesi dall'attacco speculativo al finanziamento del debito pubblico;
non bisogna, altresì, dimenticare gli scopi originari di tale tassa, quali l'impegno a sostenere la cooperazione e lo sviluppo dei Paesi più poveri, anche attraverso il raggiungimento dei Millenium development goals;
anche in Italia è particolarmente attivo un vasto movimento a sostegno della tassa sulle transazioni finanziarie, con la presenza, tra gli altri, delle principali sigle sindacali, delle associazioni del terzo settore e di svariate organizzazioni non governative che si occupano di cooperazione allo sviluppo;
il nostro Paese potrebbe essere, con ogni probabilità, uno dei Paesi che più avrebbe da guadagnare dall'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie, come hanno sempre affermato i promotori della campagna Zerozerocinque: «Pensiamo ai prezzi delle materie prime, a partire dal petrolio, che il nostro Paese importa e che sono oggi in balia di mercati finanziari. Pensiamo ai vantaggi di valute più stabili per le imprese che esportano. Pensiamo soprattutto agli attacchi speculativi portati nelle ultime settimane contro i nostri titoli di Stato, e che verrebbero enormemente frenati dall'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie e da altre misure per regolamentare la finanza»;
anche la Camera dei deputati del nostro Paese si è pronunciata a favore dell'introduzione dell'imposta sulle transazioni finanziarie con l'approvazione il 16 giugno 2010 delle risoluzioni n. 7-00328 Zacchera, n. 7-00333 Barbi e n. 7-00346 Evangelisti, nonché della mozione n. 1-00800 approvata il 25 gennaio 2012. Inoltre, sono state presentate alcune proposte di legge in tal senso tra le quali si segnalano: l'atto Senato n. 2189 Amati, l'atto Senato n. 2964 Barbolini, l'atto Senato n. 2444 Lannutti, l'atto Camera n. 3585 Borghesi, l'atto Camera n. 3740 Sarubbi e l'atto Camera n. 4389 Bersani;
alcuni di questi disegni di legge propongono, riferendosi all'esempio di quanto fatto dalla Francia e dal Belgio, che inizialmente, in attesa della sua adozione almeno da parte di un certo numero di Paesi dell'Unione europea, l'imposta sia con un'aliquota zero per poi diventare operativa con un'aliquota massima dello 0,05 per cento;
si devono, pertanto, valutare positivamente le parole pronunciate dal Presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti che ha affermato che l'Italia sta riconsiderando «in sede europea una posizione in senso più favorevole alla proposta di tassazioni finanziarie come già Francia e Germania ritengono necessario fare»;
risulterebbe incomprensibile e debole da parte del nostro Paese una posizione di mero rinvio a una discussione globale. Una pratica attendista che di fatto frenerebbe lo sviluppo di una governance politica ed economica unitaria nell'Unione europea,

impegna il Governo:

a sostenere con forza, in tutte le sedi europee, le proposte di introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie a livello dell'Unione europea oppure a livello dell'eurozona;
a prendere le necessarie iniziative per estendere, anche gradualmente, tale imposta a livello internazionale, cominciando a coinvolgere le potenze emergenti che hanno già manifestato il loro consenso all'imposta sulle transazioni finanziarie;
a sostenere l'adozione della proposta di direttiva del Consiglio avanzata il 28 settembre 2011 dalla Commissione europea [COM(2011)594] proponendo le seguenti modifiche:
a) definire la destinazione del gettito dell'imposta sulle transazioni finanziarie a favore delle politiche sociali, dei programmi infrastrutturali europei, dei programmi, a partire da quelli previsti al «Pacchetto energia-clima» e dal Protocollo di Kyoto, per il contrasto ai cambiamenti climatici, senza dimenticare gli scopi originari di tale tassa quali l'impegno a sostenere la cooperazione e lo sviluppo dei Paesi più poveri, anche attraverso il raggiungimento dei Millenium development goals;
b) rafforzare il principio di residenza: tassazione nello Stato membro in cui sono stabiliti gli attori finanziari, indipendentemente dal luogo di esecuzione delle transazioni;
c) prevedere un'ampia base imponibile - onde tra l'altro evitare manovre elusive - che includa anche le transazioni in valuta, distinguendo tra transazioni di mera speculazione e transazioni legate alla protezione di «operazioni economiche reali»;
a monitorare e verificare che una significativa percentuale di tale tassazione venga effettivamente impiegata per il raggiungimento degli «obiettivi del millennio», che vedono proprio il nostro Paese essere in grave ritardo rispetto alle scadenze prefissate, ovvero dello 0,51 per cento entro il 2010, già disatteso, e dello 0,7 per cento entro il 2015;
a valutare le opportune iniziative, anche normative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di introdurre l'imposta sulle transazioni finanziarie nella legislazione del nostro Paese, in attesa della sua adozione a livello europeo, definendo per il calcolo dell'imposta un'aliquota zero, imposta che diverrebbe operativa in un secondo tempo con l'aliquota definita in ambito europeo.
(1-00848)
«Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Leoluca Orlando, Borghesi, Porcino, Di Stanislao, Barbato, Messina».
(7 febbraio 2012)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

La Camera,
premesso che:
il progressivo diffondersi di un'economia eccessivamente finanziarizzata è degenerato in gravissime distorsioni nei mercati finanziari a partire dall'insostenibile entità dei prodotti derivati, oltre 7 volte il prodotto interno lordo mondiale;
l'accelerazione dei processi di deregolamentazione finanziaria è stata accompagnata da fenomeni di instabilità sempre più vistosi, soprattutto in campo valutario. Inoltre, il pressoché completo abbattimento dei vincoli alla libera circolazione internazionale dei capitali ha fortemente ristretto i gradi di libertà delle politiche economiche nazionali. Inoltre, la combinazione tra instabilità finanziaria e impotenza della politica economica ha notevolmente contribuito all'inquietante divaricazione dei redditi verificatasi, sia tra i Paesi che all'interno dei singoli Paesi;
la recente crisi economica e finanziaria mondiale ha avuto un impatto considerevole sulle economie e sulle finanze pubbliche. Il settore finanziario è stato uno dei principali responsabili della crisi economica, mentre i Governi e i cittadini europei ne hanno sostenuto i costi. In Europa e a livello internazionale è diffusa l'opinione che il settore finanziario debba contribuire in modo più giusto, dati i costi legati alla gestione della crisi e l'attuale tassazione insufficiente del settore. Diversi Stati membri dell'Unione europea hanno già intrapreso iniziative divergenti nell'ambito della tassazione del settore finanziario;
è dunque sempre più sentita l'esigenza di conferire alla politica nuove leve, nazionali e internazionali, di controllo e di governo dei mercati. Un primo passo nella direzione del cambiamento è stato allora individuato in una proposta, avanzata dagli stessi economisti e su cui esiste il consenso da parte, tra gli altri, di Francia, Belgio, Spagna, Portogallo Slovacchia, Grecia e Germania, ossia l'introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie (itf), comunemente nota come financial transaction tax;
la manovra attuata dal Governo italiano impone importanti sacrifici: per questo è ancora più cruciale fermare gli attacchi speculativi che grandi attori finanziari europei e internazionali operano ai danni dei titoli di Stato italiani, della sostenibilità del debito italiano e, in generale, dei mercati. L'azione di questi soggetti impatta negativamente sulle risorse da destinare alle politiche sociali e del lavoro, alle tutele ambientali, climatiche e dei beni comuni, alla cooperazione: limitarne il potere è un atto di equità e giustizia sempre più necessario ed urgente;
l'Europa deve agire in fretta per introdurre questa tassa, fattibile anche se implementata nella sola eurozona, come dimostrano numerosi studi. Se ciò non è possibile con l'Europa dei 27, l'eurogruppo deve fare da capofila. Si è sostenuto che una tassa sulle transazioni finanziarie applicata solo in alcuni Paesi europei frenerebbe l'accesso di capitali, mentre è invece questo uno dei benefici della tassa sulle transazioni finanziarie, perché essa rappresenta una rete che lascia passare gli investimenti «bona fide» e frena quelli meramente speculativi. È noto che i mercati finanziari funzionano principalmente tramite due gigantesche piattaforme telematiche. Anche agendo solamente sulle piazze e gli scambi nell'area euro, sia in entrata che in uscita da questa, si potrebbero intercettare molte operazioni dirette sulla City e Wall Street;
le tre principali obiezioni all'istituzione della tassa (non si può imporre se non a livello globale, in quanto altrimenti non ci sarebbe gettito per la fuga dei capitali, la tassa aumenta significativamente il costo del capitale, la tassa riduce la liquidità dei mercati) sono false o infondate o per l'evidenza dei fatti (la prima) o per mancanza di prove (le seconde due):
a) sino a poco tempo fa si è ritenuto che essa non fosse applicabile se non a livello globale, pena la fuga di capitali dal Paese che decidesse di porla in vigore. Questo pregiudizio è falso perché esistono ad oggi, come documenta un lavoro di ricerca del Fondo monetario internazionale, ben 23 Paesi che applicano unilateralmente la tassa (nient'altro che un fissato bollato) senza che si sia verificata alcuna fuga di capitali (Matheson T., Taxing financial transactions. issues and evidence, IMF working paper n. 11/54, marzo 2011, 8). Il Paese con la tassa più alta è il Regno Unito che applica la stamp duty reserve tax su un solo tipo di attività finanziaria (tassa del 5 per mille sui possessori di azioni quotate alla borsa di Londra). La tassa consente di raccogliere circa 5 miliardi di sterline all'anno. Ancora sul piano scientifico, esistono numerosi lavori che misurano l'elasticità dei volumi di transazioni all'introduzione di tasse simili, evidenziando coefficienti piuttosto contenuti e non tali da avvalorare l'ipotesi di fuga dei capitali. Un altro motivo per i quali la fuga non può avvenire è che proprio le operazioni ad altissima frequenza usufruiscono di un vantaggio di prossimità alla sede fisica della borsa da cui partono le informazioni in via telematica. Spostare le operazioni lontano dai mercati principali comporterebbe la perdita di questo vantaggio;
b) un'altra obiezione che appare infondata è quella dell'impatto della tassa sul costo del capitale. Per l'aliquota fissata, dalla proposta della Commissione europea i calcoli fondati sui modelli di capitalizzazione dei valori futuri attesi degli asset dimostrano che questo costo è pressoché nullo;
c) la terza obiezione che la tassa diminuisca la liquidità dei mercati è anch'essa del tutto opinabile. È dimostrato che la tassa riporterebbe ai costi di transazione e alla liquidità di dieci anni fa, ovvero ad un periodo più florido di quello che si sta vivendo. La verità è che non esiste nessun evidenza certa sugli effetti della tassa sulla liquidità ma solo una serie di diversi modelli che trovano risultati opposti a seconda del tipo di microstruttura dei mercati finanziari e del modello di competizione ipotizzato tra gli intermediari;
l'imposta sulle transazioni finanziarie è uno strumento disponibile e necessario anche quale freno alla degenerazione della finanza che ha obbligato gli Stati a finanziare con oltre 6.000 miliardi di dollari gli istituti bancari occidentali per salvarli dal fallimento. L'imposta sulle transazioni finanziarie è una piccola tassa che rende non conveniente e onerosa la mera speculazione. L'imposta sulle transazioni finanziarie è uno strumento che interviene in maniera equa e che salvaguarda il risparmio;
a differenza della Tobin tax e delle successive varianti che si riferiscono agli scambi di valuta, l'imposta sulle transazioni finanziarie prende in considerazione tutte le transazioni su strumenti finanziari, allargando così sostanzialmente la base imponibile rispetto alla Tobin tax;
l'imposta sulle transazioni finanziarie è un'imposta con un tasso molto ridotto (tra lo 0,01 per cento e lo 0,1 per cento) da applicare su ogni compravendita di titoli e strumenti finanziari. Un'imposta sufficientemente piccola da non scoraggiare le «normali» operazioni di investimento realizzate sui mercati finanziari. Tale tassa non avrebbe effetti apprezzabili per chi opera sui mercati con un'ottica di lungo periodo. Il tasso ipotizzato è nettamente inferiore alle commissioni annuali richieste dai gestori di fondi di investimento o fondi pensione;
è ben diversa la situazione per chi intende speculare. È, oggi, possibile comprare e vendere strumenti finanziari centinaia, anche migliaia di volte in un giorno, 24 ore su 24, nella speranza di guadagnare su piccole oscillazioni dei prezzi degli stessi strumenti. Tali operazioni non hanno alcun legame con l'economia reale, ma aumentano l'instabilità e la volatilità dei mercati, con impatti potenzialmente devastanti per l'economia globale. Oggi, infatti, una gran parte delle transazioni finanziarie sono operate da mega-computer che, in automatico, speculano in millesimi di secondo sull'arbitraggio tra i valori marginalmente diversi degli stessi titoli o monete presenti nello stesso istante su piazze diverse. Si ottengono guadagni minimi, ma corposi per una miriade di operazioni e muovendo grandi cifre ogni giorno;
se è vero che i mercati finanziari hanno bisogno di un intervento regolatorio stringente e complesso, è altrettanto vero che la decisione sull'introduzione dell'imposta sulle transazioni finanziarie ha, finalmente, immediate possibilità applicative, vista il largo consenso del Parlamento europeo (si veda la risoluzione del Parlamento europeo, P7-TA(2010)0056 del 10 marzo 2010) e la recente proposta della Commissione europea attualmente oggetto di consultazione. Si tratta di una proposta in grado di dare un segnale forte della volontà politica di riportare sotto controllo la «finanza-casinò»;
la proposta della Commissione europea di direttiva del Consiglio [COM(2011)594] del 28 settembre 2011, concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie e recante la modifica della direttiva 2008/7/CE, si propone quattro obiettivi (ai quali andrebbero aggiunte altre finalità come specificato più avanti):
a) evitare la frammentazione del mercato interno dei servizi finanziari, visto il crescente numero di provvedimenti fiscali nazionali non coordinati attualmente al varo;
b) assicurare il giusto contributo degli enti finanziari alla copertura dei costi della recente crisi, nonché la parità di condizioni con gli altri settori dal punto di vista fiscale;
c) creare i disincentivi opportuni per le transazioni che non contribuiscono all'efficienza dei mercati finanziari, integrando le misure regolamentari mirate a evitare crisi future;
d) creare un nuovo flusso di gettito con l'obiettivo di sostituire gradualmente i contributi nazionali al bilancio dell'Unione europea, riducendo l'onere per i bilanci nazionali;
la Commissione europea ha svolto anche una valutazione dell'impatto derivante dall'introduzione dell'imposta sulle transazioni finanziarie da parte dell'Unione europea raccomandando alcune linee guida onde evitare fenomeni elusivi ed i rischi di delocalizzazione:
a) un ampio campo di applicazione per quanto riguarda prodotti, transazioni, tipi di operazioni e attori finanziari nonché transazioni effettuate all'interno di un gruppo finanziario;
b) l'utilizzo del principio di residenza: tassazione nello Stato membro in cui sono stabiliti gli attori finanziari, indipendentemente dal luogo di esecuzione delle transazioni;
c) la definizione delle aliquote d'imposta a un livello adeguato per minimizzare gli eventuali impatti sul costo del capitale a fini diversi da quelli degli investimenti finanziari;
d) l'esclusione dal campo di applicazione dell'imposta sulle transazioni finanziarie delle operazioni dei mercati primari sia per i titoli (azioni, obbligazioni) - per non ostacolare la raccolta di capitali da parte dei Governi e delle imprese - sia per le valute;
e) la separazione delle attività di concessione e assunzione di prestiti dei nuclei domestici, delle imprese o degli enti finanziari e di altre attività finanziarie quotidiane, come i prestiti ipotecari o le transazioni di pagamento;
f) l'esclusione dal campo di applicazione dell'imposta sulle transazioni finanziarie delle transazioni finanziarie con, ad esempio, la Banca centrale europea (Bce) e le banche centrali nazionali, per evitare ripercussioni sulle possibilità di rifinanziamento degli enti finanziari o sugli strumenti di politica monetaria;
anche al G20 del 3-4 novembre 2011 tenutosi a Cannes, per la prima volta in un comunicato finale di un vertice del genere la proposta viene menzionata esplicitamente: «Abbiamo anche concordato - si legge nel comunicato al punto 28 - sul fatto che, nel tempo, nuove fonti di finanziamento devono essere trovate per soddisfare le esigenze di sviluppo e il cambiamento climatico. Abbiamo discusso una serie di opzioni di finanziamento innovativa evidenziata dal signor Bill Gates (si tratta del rapporto della Gates Foundation). Alcuni di noi hanno attuato o sono disposti a esplorare alcune di queste opzioni. Riconosciamo le iniziative in alcuni dei nostri Paesi di tassare il settore finanziario per vari scopi, tra cui una tassa sulle transazioni finanziarie, tra l'altro per sostenere lo sviluppo». Si tratta di una formulazione che, tra le altre cose, lascia intendere come la tassa sia perfettamente realizzabile anche in un gruppo di Paesi e non solo a livello internazionale;
durante il G20, ai Paesi europei favorevoli all'introduzione di tale imposta, si sono aggiunte diverse potenze emergenti, dal Sud Africa, al Brasile e all'Argentina. Persino dagli Usa, storicamente contrari a qualunque tassazione della finanza, è arrivata una «disponibilità» ad affrontare l'argomento;
l'imposta sulle transazioni finanziarie, così come disegnata dalla Commissione europea, offrirebbe un gettito annuo di circa 57 miliardi di euro, che potrebbero avvicinarsi ai 200 miliardi di euro se si allargasse la base imponibile, si aumentasse l'aliquota in esame sui derivati e se venisse meglio chiarito l'intervento sulle transazioni in valuta, distinguendo tra transazioni di mera speculazione e transazioni legate alla protezione di «operazioni economiche reali»;
è evidente che un tale gettito consentirebbe agli Stati dell'Unione europea di affrontare meglio i costi della crisi, così da sostenere adeguatamente la coesione sociale, il welfare state, il lavoro e difendendo, inoltre, i singoli Paesi dall'attacco speculativo al finanziamento del debito pubblico;
non bisogna, altresì, dimenticare gli scopi originari di tale tassa, quali l'impegno a sostenere la cooperazione e lo sviluppo dei Paesi più poveri, anche attraverso il raggiungimento dei Millenium development goals;
anche in Italia è particolarmente attivo un vasto movimento a sostegno della tassa sulle transazioni finanziarie, con la presenza, tra gli altri, delle principali sigle sindacali, delle associazioni del terzo settore e di svariate organizzazioni non governative che si occupano di cooperazione allo sviluppo;
il nostro Paese potrebbe essere, con ogni probabilità, uno dei Paesi che più avrebbe da guadagnare dall'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie, come hanno sempre affermato i promotori della campagna Zerozerocinque: «Pensiamo ai prezzi delle materie prime, a partire dal petrolio, che il nostro Paese importa e che sono oggi in balia di mercati finanziari. Pensiamo ai vantaggi di valute più stabili per le imprese che esportano. Pensiamo soprattutto agli attacchi speculativi portati nelle ultime settimane contro i nostri titoli di Stato, e che verrebbero enormemente frenati dall'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie e da altre misure per regolamentare la finanza»;
anche la Camera dei deputati del nostro Paese si è pronunciata a favore dell'introduzione dell'imposta sulle transazioni finanziarie con l'approvazione il 16 giugno 2010 delle risoluzioni n. 7-00328 Zacchera, n. 7-00333 Barbi e n. 7-00346 Evangelisti, nonché della mozione n. 1-00800 approvata il 25 gennaio 2012. Inoltre, sono state presentate alcune proposte di legge in tal senso tra le quali si segnalano: l'atto Senato n. 2189 Amati, l'atto Senato n. 2964 Barbolini, l'atto Senato n. 2444 Lannutti, l'atto Camera n. 3585 Borghesi, l'atto Camera n. 3740 Sarubbi e l'atto Camera n. 4389 Bersani;
alcuni di questi disegni di legge propongono, riferendosi all'esempio di quanto fatto dalla Francia e dal Belgio, che inizialmente, in attesa della sua adozione almeno da parte di un certo numero di Paesi dell'Unione europea, l'imposta sia con un'aliquota zero per poi diventare operativa con un'aliquota massima dello 0,05 per cento;
si devono, pertanto, valutare positivamente le parole pronunciate dal Presidente del Consiglio dei ministri Mario Monti che ha affermato che l'Italia sta riconsiderando «in sede europea una posizione in senso più favorevole alla proposta di tassazioni finanziarie come già Francia e Germania ritengono necessario fare»;
risulterebbe incomprensibile e debole da parte del nostro Paese una posizione di mero rinvio a una discussione globale. Una pratica attendista che di fatto frenerebbe lo sviluppo di una governance politica ed economica unitaria nell'Unione europea,

impegna il Governo:

a sostenere, in tutte le sedi europee, le proposte di introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie a livello dell'Unione europea considerandone eventualmente l'introduzione a livello di eurozona;
a prendere le necessarie iniziative per estendere, anche gradualmente, tale imposta a livello internazionale, cominciando a coinvolgere le potenze emergenti che hanno già manifestato il loro consenso all'imposta sulle transazioni finanziarie;
a sostenere l'adozione della proposta di direttiva del Consiglio avanzata il 28 settembre 2011 dalla Commissione europea [COM(2011)594] valutando le seguenti modifiche:
a) considerare di destinare il gettito dell'imposta sulle transazioni finanziarie a favore delle politiche sociali, dei programmi infrastrutturali europei, dei programmi, a partire da quelli previsti al «Pacchetto energia-clima» e dal Protocollo di Kyoto, per il contrasto ai cambiamenti climatici, senza dimenticare gli scopi originari di tale tassa quali l'impegno a sostenere la cooperazione e lo sviluppo dei Paesi più poveri, anche attraverso il raggiungimento dei Millenium development goals;
b) rafforzare il principio di residenza: tassazione nello Stato membro in cui sono stabiliti gli attori finanziari, indipendentemente dal luogo di esecuzione delle transazioni;
c) prevedere un'ampia base imponibile - onde tra l'altro evitare manovre elusive - che includa anche le transazioni in valuta, distinguendo tra transazioni di mera speculazione e transazioni legate alla protezione di «operazioni economiche reali»;
ad adoperarsi affinché una significativa percentuale di tale tassazione venga effettivamente impiegata per il raggiungimento degli «obiettivi del millennio», che vedono proprio il nostro Paese essere in grave ritardo rispetto alle scadenze prefissate, ovvero dello 0,51 per cento entro il 2010, già disatteso, e dello 0,7 per cento entro il 2015;
a valutare le opportune iniziative, anche normative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di introdurre l'imposta sulle transazioni finanziarie nella legislazione del nostro Paese, in attesa della sua adozione a livello europeo, definendo per il calcolo dell'imposta un'aliquota zero, imposta che diverrebbe operativa in un secondo tempo con l'aliquota definita in ambito europeo.
(1-00848)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Leoluca Orlando, Borghesi, Porcino, Di Stanislao, Barbato, Messina».
(7 febbraio 2012)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

La Camera,
premesso che:
il Parlamento europeo ha adottato, rispettivamente il 10 e 25 marzo 2010 e l'8 marzo 2011, ben tre risoluzioni con le quali ha invitato la Commissione europea a svolgere una valutazione dell'impatto potenziale di un'imposta sulle transazioni finanziarie, analizzandone vantaggi e svantaggi, anche ai fini del contributo al bilancio dell'Unione europea e/o del finanziamento di misure di cooperazione con i Paesi in via di sviluppo;
i Capi di Stato e di Governo della zona euro, nella riunione dell'11 marzo 2011, e il Consiglio europeo del 24 e 25 marzo 2011 hanno convenuto sull'esigenza di esplorare e sviluppare l'opportunità di introdurre un'imposta sulle transazioni finanziarie a livello di zona euro, di Unione europea e internazionale;
la Commissione europea ha elaborato una proposta di direttiva sulla tassazione delle transazioni finanziarie, intendendo, con tale termine, quelle relative a obbligazioni, azioni, derivati (in questo caso la tassa riguarderebbe il valore nozionale) e su alcuni contratti riguardanti le valute;
l'obbiettivo delle autorità comunitarie è quello di «assicurare che le istituzioni finanziarie contribuiscano in modo giusto ai costi della perdurante crisi», «di creare disincentivi appropriati contro le transazioni eccessivamente rischiose o che non contribuiscono all'efficienza dei mercati finanziari» e, infine, di «evitare una frammentazione del mercato interno», tenuto conto del numero crescente di tasse nazionali;
secondo la Commissione europea l'imposta potrebbe essere pari allo 0,1 per cento sulle transazioni di obbligazioni e azioni, mentre i contratti relativi a derivati potrebbero essere soggetti ad un'ulteriore imposta dello 0,01 per cento e detta imposta potrebbe essere uno strumento di autofinanziamento del bilancio comunitario 2014-2020;
sarebbero escluse, invece, sia le operazioni del mercato primario, sia le transazioni con l'Unione europea, la Banca europea per gli investimenti e gli istituti dell'Unione europea, nonché con organizzazioni internazionali, e le transazioni con la Banca centrale europea e con le Banche centrali nazionali;
secondo la Commissione europea, la maggior parte delle attività finanziarie quotidiane che coinvolgono cittadini e imprese non rientrerebbero nel campo di applicazione dell'imposta sulle transazioni finanziarie e che sarebbero esenti la stipula di contratti assicurativi, i prestiti ipotecari, i crediti al consumo, i servizi di pagamento (fatta salva la loro successiva negoziazione all'interno di prodotti strutturati);
molti diplomatici sono scettici sul successo di un'iniziativa controversa, ritenendo che una tassa di questo tipo dovrebbe essere globale per essere efficace e che sia gli Stati Uniti che il Regno Unito, l'Olanda e la Svezia sono contrari a tale ipotesi;
il Ministro delle finanze tedesco e quello francese hanno proposto di introdurre la tassa nella zona euro, considerandola una sorta di cooperazione rafforzata;
un approccio condiviso a livello di Unione europea aiuterebbe a creare un mercato interno dei servizi finanziari stabile, nonché a prevenire il fenomeno dell'evasione, a evitare la doppia tassazione e a ridurre al minimo le distorsioni della concorrenza all'interno del mercato unico europeo;
il Governo italiano non ha sinora formulato un'esplicita valutazione della proposta di direttiva della Commissione europea, anzi il Governo pro tempore nel documento di posizione sul nuovo quadro finanziario pluriennale, presentato il 2 maggio 2011, ha precisato che «si riserva di valutare in modo più approfondito le opzioni avanzate dalla Commissione, anche alla luce della base imponibile che verrà proposta, ritenendo fondamentale in ogni caso il rispetto dei principi della sovranità fiscale degli Stati e della neutralità fiscale»;
ancora in occasione della Conferenza sul quadro finanziario pluriennale 2014-2020, svoltasi a Bruxelles il 20-21 ottobre 2011, il Governo italiano pro tempore ha ribadito che l'Italia ha una posizione «aperta», che potrà essere «definita compiutamente solo a seguito di ulteriori approfondimenti e chiarimenti sulla natura delle nuove risorse fiscali che consentono di valutare, tra l'altro, il loro impatto amministrativo e strutturale»;
sono state presentate numerose proposte di legge in materia sia in questo ramo del Parlamento che al Senato della Repubblica,

impegna il Governo:

ad assumere un'iniziativa diretta ad addivenire in tempi brevi ad una posizione unitaria con gli altri Paesi dell'Unione europea e, soprattutto, dell'eurozona;
ad esprimersi in via definitiva sulla proposta di direttiva COM (2011)594 e a volerla sostenere in tutti i consessi internazionali ed europei;
a sostenere la finalizzazione dei proventi derivanti dall'applicazione di questa imposta all'incremento delle risorse proprie dell'Unione europea al bilancio comunitario e al finanziamento di misure di cooperazione con i Paesi in via di sviluppo.
(1-00849)
«Cambursano, Commercio, Mannino, Melchiorre, La Forgia, Zampa, Giorgio Merlo, Esposito, Marmo, Portas, Mario Pepe (Misto-R-A), Gaglione, Tanoni, Lo Monte, Lombardo, Oliveri, Giulietti».
(7 febbraio 2012)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

La Camera,
premesso che:
il Parlamento europeo ha adottato, rispettivamente il 10 e 25 marzo 2010 e l'8 marzo 2011, ben tre risoluzioni con le quali ha invitato la Commissione europea a svolgere una valutazione dell'impatto potenziale di un'imposta sulle transazioni finanziarie, analizzandone vantaggi e svantaggi, anche ai fini del contributo al bilancio dell'Unione europea e/o del finanziamento di misure di cooperazione con i Paesi in via di sviluppo;
i Capi di Stato e di Governo della zona euro, nella riunione dell'11 marzo 2011, e il Consiglio europeo del 24 e 25 marzo 2011 hanno convenuto sull'esigenza di esplorare e sviluppare l'opportunità di introdurre un'imposta sulle transazioni finanziarie a livello di zona euro, di Unione europea e internazionale;
la Commissione europea ha elaborato una proposta di direttiva sulla tassazione delle transazioni finanziarie, intendendo, con tale termine, quelle relative a obbligazioni, azioni, derivati (in questo caso la tassa riguarderebbe il valore nozionale) e su alcuni contratti riguardanti le valute;
l'obbiettivo delle autorità comunitarie è quello di «assicurare che le istituzioni finanziarie contribuiscano in modo giusto ai costi della perdurante crisi», «di creare disincentivi appropriati contro le transazioni eccessivamente rischiose o che non contribuiscono all'efficienza dei mercati finanziari» e, infine, di «evitare una frammentazione del mercato interno», tenuto conto del numero crescente di tasse nazionali;
secondo la Commissione europea l'imposta potrebbe essere pari allo 0,1 per cento sulle transazioni di obbligazioni e azioni, mentre i contratti relativi a derivati potrebbero essere soggetti ad un'ulteriore imposta dello 0,01 per cento e detta imposta potrebbe essere uno strumento di autofinanziamento del bilancio comunitario 2014-2020;
sarebbero escluse, invece, sia le operazioni del mercato primario, sia le transazioni con l'Unione europea, la Banca europea per gli investimenti e gli istituti dell'Unione europea, nonché con organizzazioni internazionali, e le transazioni con la Banca centrale europea e con le Banche centrali nazionali;
secondo la Commissione europea, la maggior parte delle attività finanziarie quotidiane che coinvolgono cittadini e imprese non rientrerebbero nel campo di applicazione dell'imposta sulle transazioni finanziarie e che sarebbero esenti la stipula di contratti assicurativi, i prestiti ipotecari, i crediti al consumo, i servizi di pagamento (fatta salva la loro successiva negoziazione all'interno di prodotti strutturati);
molti diplomatici sono scettici sul successo di un'iniziativa controversa, ritenendo che una tassa di questo tipo dovrebbe essere globale per essere efficace e che sia gli Stati Uniti che il Regno Unito, l'Olanda e la Svezia sono contrari a tale ipotesi;
il Ministro delle finanze tedesco e quello francese hanno proposto di introdurre la tassa nella zona euro, considerandola una sorta di cooperazione rafforzata;
un approccio condiviso a livello di Unione europea aiuterebbe a creare un mercato interno dei servizi finanziari stabile, nonché a prevenire il fenomeno dell'evasione, a evitare la doppia tassazione e a ridurre al minimo le distorsioni della concorrenza all'interno del mercato unico europeo;
il Governo italiano non ha sinora formulato un'esplicita valutazione della proposta di direttiva della Commissione europea, anzi il Governo pro tempore nel documento di posizione sul nuovo quadro finanziario pluriennale, presentato il 2 maggio 2011, ha precisato che «si riserva di valutare in modo più approfondito le opzioni avanzate dalla Commissione, anche alla luce della base imponibile che verrà proposta, ritenendo fondamentale in ogni caso il rispetto dei principi della sovranità fiscale degli Stati e della neutralità fiscale»;
ancora in occasione della Conferenza sul quadro finanziario pluriennale 2014-2020, svoltasi a Bruxelles il 20-21 ottobre 2011, il Governo italiano pro tempore ha ribadito che l'Italia ha una posizione «aperta», che potrà essere «definita compiutamente solo a seguito di ulteriori approfondimenti e chiarimenti sulla natura delle nuove risorse fiscali che consentono di valutare, tra l'altro, il loro impatto amministrativo e strutturale»;
sono state presentate numerose proposte di legge in materia sia in questo ramo del Parlamento che al Senato della Repubblica,

impegna il Governo:

ad assumere un'iniziativa diretta ad addivenire in tempi brevi ad una posizione unitaria con gli altri Paesi dell'Unione europea e, soprattutto, dell'eurozona;
ad esprimersi in via definitiva sulla proposta di direttiva COM (2011)594 e a volerla sostenere in tutti i consessi internazionali ed europei;
a considerare la finalizzazione dei proventi derivanti dall'applicazione di questa imposta all'incremento delle risorse proprie dell'Unione europea al bilancio comunitario e al finanziamento di misure di cooperazione con i Paesi in via di sviluppo.
(1-00849)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Cambursano, Commercio, Mannino, Melchiorre, La Forgia, Zampa, Giorgio Merlo, Esposito, Marmo, Portas, Mario Pepe (Misto-R-A), Gaglione, Tanoni, Lo Monte, Lombardo, Oliveri, Giulietti».
(7 febbraio 2012)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

La Camera,
premesso che:
la pesante crisi finanziaria ed economica in atto ha dimostrato come i mercati finanziari, epicentro della crisi economica, si siano rivelati scarsamente regolamentati, sottoposti ad un'insufficiente e inadeguata vigilanza pubblica e soggetti a un'eccessiva instabilità, dovuta anche a fenomeni speculativi di portata incontrollata;
gli stessi bilanci pubblici di tutta l'Unione europea sono stati sottoposti in questi anni ad una forte pressione, che ha contribuito a favorire il consistente incremento dei debiti sovrani, mentre è sempre più evidente che l'unica risposta non può consistere nelle sole politiche di tagli e riduzione della spesa, con gli inevitabili effetti depressivi sull'economia, ma occorre piuttosto rilanciare la crescita con una politica economica attiva che sostenga la domanda e promuova gli investimenti;
l'obiettivo di coniugare crescita sostenibile, risanamento dei bilanci pubblici e regolazione dei mercati finanziari è diventato, dunque, sempre più necessario, e l'esigenza di reperire nuove risorse con cui risanare le finanze pubbliche, ridurre il peso dei debiti sovrani e, nel contempo, avviare gli investimenti necessari per uscire dalla stagnazione e dalla situazione di bassissima crescita in cui versano molte economie nazionali è diventata improcrastinabile;
l'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie, se realizzata in modo appropriato, può contribuire in questo momento storico a coprire in parte i costi generati dalla crisi, rappresentando al tempo stesso un'efficace misura per frenare le attività speculative, senza colpire l'economia reale, e un utile strumento per reperire risorse da destinare allo sviluppo;
del resto già nel marzo del 2011 il Parlamento europeo aveva approvato un'importante risoluzione - P7-TA-PROV(2011)008 - nella quale aveva dichiarato di essere favorevole all'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie che migliorerebbe il funzionamento del mercato, riducendo la speculazione, e contribuirebbe a finanziare i beni pubblici mondiali nonché a ridurre i deficit pubblici, affermando altresì che «in mancanza di una sua introduzione a livello globale, l'Unione europea dovrebbe come primo passo attuare una TTF a livello europeo»;
dopo aver pubblicato una valutazione di impatto che ha riconosciuto la realizzabilità e l'applicabilità di un'imposta sulle transazioni finanziarie a livello europeo, il 28 settembre 2011 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva del Consiglio [COM(2011)594] concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie, da applicarsi in tutti gli Stati membri dell'Unione europea a partire dal 1o gennaio 2014;
il Governo italiano attualmente in carica, pur avendo già notificato alla Commissione europea un cambio di posizione sull'introduzione di questa imposta, sarà chiamato ad esprimersi sul merito della proposta di direttiva;
in una mozione sull'Europa (n. 1-00800) approvata il 25 gennaio 2012 a larghissima maggioranza dall'assemblea della Camera dei deputati, il Governo è stato impegnato ad appoggiare l'introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie, prospettando l'opportunità che essa si applichi a tutti Paesi membri dell'Unione europea e perseguendo contemporaneamente una più ampia intesa globale anche oltre i limiti dell'Unione europea;
l'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie non ha certo l'obiettivo di risolvere tutti i problemi determinati dalla crisi, né ha la pretesa di essere il solo strumento atto a combattere la speculazione; tuttavia, può rivelarsi uno strumento efficace sia per arginare l'attività speculativa nei mercati, che ha poco a che vedere con l'economia reale, sia perché costituisce comunque un modo per spostare parte del peso della crisi anche sugli operatori finanziari, in particolare su quelli che svolgono attività speculativa che, pur avendo avuto responsabilità determinanti nell'esplodere della crisi finanziaria, non hanno ancora contribuito in alcun modo a sostenerne i costi,

impegna il Governo:

ad adottare ogni iniziativa utile nelle opportune sedi europee tesa ad assicurare il pieno coinvolgimento di tutti gli Stati membri dell'Unione europea perché si giunga alla graduale applicazione della tassa a livello europeo;
a sostenere in sede europea la proposta di direttiva [COM(2011)594], anche prevedendone alcuni miglioramenti nella cosiddetta fase ascendente, in particolare assicurando che il pagamento dell'imposta venga collegato al criterio della nazionalità dello strumento finanziario, al fine di ridurre ulteriormente le possibili manovre elusive dell'imposta, nonché assicurando che la destinazione del gettito sia impegnata in parte per progetti di sviluppo e di contrasto dei cambiamenti climatici, in parte per la lotta alla povertà del mondo e per il sostegno dei progetti a questo fine realizzati, in parte per le politiche sociali degli Stati membri e in parte per la riduzione dei debiti sovrani.
(1-00850)
«Tempestini, Ventura, Boccia, Barbi, Maran, Baretta, Fluvi, Gozi, Corsini, Fedi, Narducci, Pistelli, Porta, Touadi, Mogherini Rebesani, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, Albini, Carella, Causi, D'Antoni, Fogliardi, Graziano, Marchignoli, Piccolo, Pizzetti, Sposetti, Strizzolo, Vaccaro, Verini».
(7 febbraio 2012)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

La Camera,
premesso che:
la pesante crisi finanziaria ed economica in atto ha dimostrato come i mercati finanziari, epicentro della crisi economica, si siano rivelati scarsamente regolamentati, sottoposti ad un'insufficiente e inadeguata vigilanza pubblica e soggetti a un'eccessiva instabilità, dovuta anche a fenomeni speculativi di portata incontrollata;
gli stessi bilanci pubblici di tutta l'Unione europea sono stati sottoposti in questi anni ad una forte pressione, che ha contribuito a favorire il consistente incremento dei debiti sovrani, mentre è sempre più evidente che l'unica risposta non può consistere nelle sole politiche di tagli e riduzione della spesa, con gli inevitabili effetti depressivi sull'economia, ma occorre piuttosto rilanciare la crescita con una politica economica attiva che sostenga la domanda e promuova gli investimenti;
l'obiettivo di coniugare crescita sostenibile, risanamento dei bilanci pubblici e regolazione dei mercati finanziari è diventato, dunque, sempre più necessario, e l'esigenza di reperire nuove risorse con cui risanare le finanze pubbliche, ridurre il peso dei debiti sovrani e, nel contempo, avviare gli investimenti necessari per uscire dalla stagnazione e dalla situazione di bassissima crescita in cui versano molte economie nazionali è diventata improcrastinabile;
l'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie, se realizzata in modo appropriato, può contribuire in questo momento storico a coprire in parte i costi generati dalla crisi, rappresentando al tempo stesso un'efficace misura per frenare le attività speculative, senza colpire l'economia reale, e un utile strumento per reperire risorse da destinare allo sviluppo;
del resto già nel marzo del 2011 il Parlamento europeo aveva approvato un'importante risoluzione - P7-TA-PROV(2011)008 - nella quale aveva dichiarato di essere favorevole all'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie che migliorerebbe il funzionamento del mercato, riducendo la speculazione, e contribuirebbe a finanziare i beni pubblici mondiali nonché a ridurre i deficit pubblici, affermando altresì che «in mancanza di una sua introduzione a livello globale, l'Unione europea dovrebbe come primo passo attuare una TTF a livello europeo»;
dopo aver pubblicato una valutazione di impatto che ha riconosciuto la realizzabilità e l'applicabilità di un'imposta sulle transazioni finanziarie a livello europeo, il 28 settembre 2011 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva del Consiglio [COM(2011)594] concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie, da applicarsi in tutti gli Stati membri dell'Unione europea a partire dal 1o gennaio 2014;
il Governo italiano attualmente in carica, pur avendo già notificato alla Commissione europea un cambio di posizione sull'introduzione di questa imposta, sarà chiamato ad esprimersi sul merito della proposta di direttiva;
in una mozione sull'Europa (n. 1-00800) approvata il 25 gennaio 2012 a larghissima maggioranza dall'assemblea della Camera dei deputati, il Governo è stato impegnato ad appoggiare l'introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie, prospettando l'opportunità che essa si applichi a tutti Paesi membri dell'Unione europea e perseguendo contemporaneamente una più ampia intesa globale anche oltre i limiti dell'Unione europea;
l'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie non ha certo l'obiettivo di risolvere tutti i problemi determinati dalla crisi, né ha la pretesa di essere il solo strumento atto a combattere la speculazione; tuttavia, può rivelarsi uno strumento efficace sia per arginare l'attività speculativa nei mercati, che ha poco a che vedere con l'economia reale, sia perché costituisce comunque un modo per spostare parte del peso della crisi anche sugli operatori finanziari, in particolare su quelli che svolgono attività speculativa che, pur avendo avuto responsabilità determinanti nell'esplodere della crisi finanziaria, non hanno ancora contribuito in alcun modo a sostenerne i costi,

impegna il Governo:

ad adottare ogni iniziativa utile nelle opportune sedi europee tesa ad assicurare il pieno coinvolgimento di tutti gli Stati membri dell'Unione europea perché si giunga alla graduale applicazione della tassa a livello europeo;
a sostenere in sede europea la proposta di direttiva [COM(2011)594], anche valutando alcuni possibili miglioramenti nella cosiddetta fase ascendente, in particolare assicurando che il pagamento dell'imposta venga collegato al criterio della nazionalità dello strumento finanziario, al fine di ridurre ulteriormente le possibili manovre elusive dell'imposta, nonché assicurando che la destinazione del gettito sia impegnata in parte per progetti di sviluppo e di contrasto dei cambiamenti climatici, in parte per la lotta alla povertà del mondo e per il sostegno dei progetti a questo fine realizzati, in parte per le politiche sociali degli Stati membri e in parte per la riduzione dei debiti sovrani.
(1-00850)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Tempestini, Ventura, Boccia, Barbi, Maran, Baretta, Fluvi, Gozi, Corsini, Fedi, Narducci, Pistelli, Porta, Touadi, Mogherini Rebesani, Calvisi, Capodicasa, De Micheli, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Rubinato, Sereni, Vannucci, Albini, Carella, Causi, D'Antoni, Fogliardi, Graziano, Marchignoli, Piccolo, Pizzetti, Sposetti, Strizzolo, Vaccaro, Verini».
(7 febbraio 2012)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

La Camera,
premesso che:
il dibattito sull'introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie e sui suoi effetti sui mercati risale ormai a quarant'anni fa, quando James Tobin propose un'imposta di modico valore sulle transazioni valutarie al fine di stabilizzare il mercato delle valute stesse; da allora gli economisti hanno discusso vivacemente sia sull'aliquota della tassa, sia sugli effetti distorsivi causati da un'eventuale applicazione solo su alcuni mercati, sia sulla quantificazione dell'eventuale gettito e, naturalmente, sulla destinazione del gettito stesso, senza che, però, si arrivasse mai ad una diffusa applicazione per lunghi periodi;
il tema è tornato drammaticamente di attualità negli ultimi quattro anni, da quando, cioè, sono emersi gli effetti disastrosi di un sistema finanziario mondiale non opportunamente regolamentato, soggetto ad improvvisi e non controllati fenomeni speculativi ed è aumentata la pressione sui bilanci di molti degli Stati europei;
l'azione del Governo italiano si è, quindi, sviluppata, fin dal 2008, nel senso di un forte contenimento del deficit pubblico, che ora dovrebbe accompagnarsi ad un forte rilancio degli investimenti e dello sviluppo del Paese;
l'introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie potrebbe essere una significativa risposta ad un drammatico bisogno di risorse finanziarie da dedicare alla ripresa delle economie reali, al risanamento dei deficit e dei debiti nazionali;
in questa fase economica il peso della pressione fiscale non può gravare ulteriormente né sulle famiglie, né sulle imprese, già colpite dagli aumenti delle imposte dirette ed indirette, dall'aumento dei costi delle materie prime, anche quelle di prima necessità e dall'incremento dei costi dei servizi pubblici; il sistema finanziario, al contrario, sarebbe in grado di assorbire un'imposta sulle transazioni con un'aliquota bassa, tale da risultare assolutamente sopportabile a livello di singola transazione, ma in grado di generare a livello complessivo un gettito rilevante;
alcune stime della Commissione europea calcolano un potenziale gettito a livello europeo pari a 55 miliardi di euro, immaginando un'aliquota pari allo 0,1 per cento sulle transazioni di titoli azionari ed obbligazionari ed un'aliquota pari allo 0,01 per cento sulle transazioni di strumenti derivati; altre stime, addirittura, calcolano un gettito a livello mondiale pari a circa 650 miliardi di dollari, con un'aliquota pari allo 0,5 per cento; si tratta di cifre importanti, capaci di contribuire in modo decisivo alla stabilizzazione dei bilanci pubblici e al contenimento della pressione fiscale;
l'introduzione dell'imposta sta trovando via via sempre più sostenitori, soprattutto dopo la presa di coscienza del ruolo che il mondo della finanza, di un certo modo di fare finanza, ha avuto nel generare la spaventosa crisi che si sta vivendo; in Europa, Francia e Germania da tempo ne chiedono a gran voce l'introduzione; il Presidente francese Sarkozy ha più volte annunciato la volontà di procedere anche a livello nazionale, con un gettito stimato di circa 12 miliardi di euro; Spagna, Finlandia, Lussemburgo, Belgio, Austria, Ungheria, Grecia e Portogallo hanno espresso il loro sostegno all'imposta; al contrario, la Gran Bretagna, dove pure è già in vigore un'imposta simile, la stamp duty reserve tax, si è dimostrata fermamente contraria;
anche le istituzioni comunitarie, supportate da studi autorevoli, stanno convergendo su alcune proposte concrete di imposta: la Commissione europea ha ipotizzato l'introduzione di una forma di tassazione sul settore finanziario in una comunicazione del 7 ottobre 2010 [COM(2010)549], con lo scopo di:
a) migliorare l'efficienza e la stabilità del settore finanziario, così da scoraggiare le attività speculative e generare una nuova fonte di entrate;
b) risanare i conti pubblici, a contropartita del sostegno ricevuto da alcuni Governi a seguito della recente crisi;
c) assoggettare a tassazione attività in gran parte esenti dall'imposta sul valore aggiunto (articolo 135, paragrafo 1, direttiva 2006/112/CE);
la Commissione europea ha, inoltre, ipotizzato che l'imposta possa costituire, in tutto o in parte, una nuova risorsa propria, da introdurre nel bilancio dell'Unione europea, andando progressivamente a sostituire i contributi nazionali, alleviando il relativo onere per i bilanci statali;
la proposta è stata oggetto di una consultazione pubblica svoltasi tra il 22 febbraio ed il 19 aprile 2011 con la partecipazione di un gran numero di soggetti, anche istituzionali, ad esito della quale è stata adottata la proposta di direttiva del Consiglio concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie [COM(2011)594], a decorrere dal 1o gennaio 2014;
fondamentale indicazione della Commissione europea è quella del rispetto del principio di sussidiarietà, rilevando che il funzionamento del mercato interno sarebbe pregiudicato ove gli Stati membri agissero unilateralmente nell'introduzione dell'imposta; la mancanza di coordinamento tra i sistemi di tassazione comporterebbe distorsioni della concorrenza tali da accrescere i rischi di delocalizzazione delle attività finanziarie, all'interno o all'esterno dell'Unione europea, oltre al rischio che il settore finanziario sia soggetto a doppia tassazione;
anche al di fuori delle istituzioni sono sempre più numerose le forze sociali, i movimenti di cittadini e le associazioni che sostengono l'introduzione di una simile imposizione,

impegna il Governo:

a sostenere l'introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie a livello europeo, non solo negli Stati che adottano l'euro, ma in tutti i Paesi dell'Unione europea;
a sostenere le iniziative dell'Unione Europea affinché l'imposta venga estesa anche nel resto del mondo;
a differenziare le modalità di imposizione, in modo da gravare maggiormente le transazioni tipicamente speculative di breve/brevissimo periodo;
a destinare il gettito derivante dall'introduzione dell'imposta prioritariamente alla riduzione della pressione fiscale sulle imprese, in particolar modo le medio-piccole imprese.
(1-00851)
«Dozzo, Montagnoli, Fugatti, Lussana, Fedriga, Fogliato, Forcolin, Comaroli, Bitonci, Giancarlo Giorgetti, D'Amico, Polledri, Simonetti, Alessandri, Allasia, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Consiglio, Crosio, Dal Lago, Desiderati, Di Vizia, Dussin, Fabi, Fava, Follegot, Gidoni, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi».
(7 febbraio 2012)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

La Camera,
premesso che:
il dibattito sull'introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie e sui suoi effetti sui mercati risale ormai a quarant'anni fa, quando James Tobin propose un'imposta di modico valore sulle transazioni valutarie al fine di stabilizzare il mercato delle valute stesse; da allora gli economisti hanno discusso vivacemente sia sull'aliquota della tassa, sia sugli effetti distorsivi causati da un'eventuale applicazione solo su alcuni mercati, sia sulla quantificazione dell'eventuale gettito e, naturalmente, sulla destinazione del gettito stesso, senza che, però, si arrivasse mai ad una diffusa applicazione per lunghi periodi;
il tema è tornato drammaticamente di attualità negli ultimi quattro anni, da quando, cioè, sono emersi gli effetti disastrosi di un sistema finanziario mondiale non opportunamente regolamentato, soggetto ad improvvisi e non controllati fenomeni speculativi ed è aumentata la pressione sui bilanci di molti degli Stati europei;
l'azione del Governo italiano si è, quindi, sviluppata, fin dal 2008, nel senso di un forte contenimento del deficit pubblico, che ora dovrebbe accompagnarsi ad un forte rilancio degli investimenti e dello sviluppo del Paese;
l'introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie potrebbe essere una significativa risposta ad un drammatico bisogno di risorse finanziarie da dedicare alla ripresa delle economie reali, al risanamento dei deficit e dei debiti nazionali;
in questa fase economica il peso della pressione fiscale non può gravare ulteriormente né sulle famiglie, né sulle imprese, già colpite dagli aumenti delle imposte dirette ed indirette, dall'aumento dei costi delle materie prime, anche quelle di prima necessità e dall'incremento dei costi dei servizi pubblici; il sistema finanziario, al contrario, sarebbe in grado di assorbire un'imposta sulle transazioni con un'aliquota bassa, tale da risultare assolutamente sopportabile a livello di singola transazione, ma in grado di generare a livello complessivo un gettito rilevante;
alcune stime della Commissione europea calcolano un potenziale gettito a livello europeo pari a 55 miliardi di euro, immaginando un'aliquota pari allo 0,1 per cento sulle transazioni di titoli azionari ed obbligazionari ed un'aliquota pari allo 0,01 per cento sulle transazioni di strumenti derivati; altre stime, addirittura, calcolano un gettito a livello mondiale pari a circa 650 miliardi di dollari, con un'aliquota pari allo 0,5 per cento; si tratta di cifre importanti, capaci di contribuire in modo decisivo alla stabilizzazione dei bilanci pubblici e al contenimento della pressione fiscale;
l'introduzione dell'imposta sta trovando via via sempre più sostenitori, soprattutto dopo la presa di coscienza del ruolo che il mondo della finanza, di un certo modo di fare finanza, ha avuto nel generare la spaventosa crisi che si sta vivendo; in Europa, Francia e Germania da tempo ne chiedono a gran voce l'introduzione; il Presidente francese Sarkozy ha più volte annunciato la volontà di procedere anche a livello nazionale, con un gettito stimato di circa 12 miliardi di euro; Spagna, Finlandia, Lussemburgo, Belgio, Austria, Ungheria, Grecia e Portogallo hanno espresso il loro sostegno all'imposta; al contrario, la Gran Bretagna, dove pure è già in vigore un'imposta simile, la stamp duty reserve tax, si è dimostrata fermamente contraria;
anche le istituzioni comunitarie, supportate da studi autorevoli, stanno convergendo su alcune proposte concrete di imposta: la Commissione europea ha ipotizzato l'introduzione di una forma di tassazione sul settore finanziario in una comunicazione del 7 ottobre 2010 [COM(2010)549], con lo scopo di:
a) migliorare l'efficienza e la stabilità del settore finanziario, così da scoraggiare le attività speculative e generare una nuova fonte di entrate;
b) risanare i conti pubblici, a contropartita del sostegno ricevuto da alcuni Governi a seguito della recente crisi;
c) assoggettare a tassazione attività in gran parte esenti dall'imposta sul valore aggiunto (articolo 135, paragrafo 1, direttiva 2006/112/CE);
la Commissione europea ha, inoltre, ipotizzato che l'imposta possa costituire, in tutto o in parte, una nuova risorsa propria, da introdurre nel bilancio dell'Unione europea, andando progressivamente a sostituire i contributi nazionali, alleviando il relativo onere per i bilanci statali;
la proposta è stata oggetto di una consultazione pubblica svoltasi tra il 22 febbraio ed il 19 aprile 2011 con la partecipazione di un gran numero di soggetti, anche istituzionali, ad esito della quale è stata adottata la proposta di direttiva del Consiglio concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie [COM(2011)594], a decorrere dal 1o gennaio 2014;
fondamentale indicazione della Commissione europea è quella del rispetto del principio di sussidiarietà, rilevando che il funzionamento del mercato interno sarebbe pregiudicato ove gli Stati membri agissero unilateralmente nell'introduzione dell'imposta; la mancanza di coordinamento tra i sistemi di tassazione comporterebbe distorsioni della concorrenza tali da accrescere i rischi di delocalizzazione delle attività finanziarie, all'interno o all'esterno dell'Unione europea, oltre al rischio che il settore finanziario sia soggetto a doppia tassazione;
anche al di fuori delle istituzioni sono sempre più numerose le forze sociali, i movimenti di cittadini e le associazioni che sostengono l'introduzione di una simile imposizione,

impegna il Governo:

a sostenere l'introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie a livello europeo, non solo negli Stati che adottano l'euro, ma in tutti i Paesi dell'Unione europea;
a sostenere le iniziative dell'Unione Europea affinché l'imposta venga estesa anche nel resto del mondo;
a considerare la proposta di differenziare le modalità di imposizione, in modo da gravare maggiormente le transazioni tipicamente speculative di breve/brevissimo periodo;
a valutare di destinare il gettito derivante dall'introduzione dell'imposta prioritariamente alla riduzione della pressione fiscale sulle imprese, in particolar modo le medio-piccole imprese.
(1-00851)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Dozzo, Montagnoli, Fugatti, Lussana, Fedriga, Fogliato, Forcolin, Comaroli, Bitonci, Giancarlo Giorgetti, D'Amico, Polledri, Simonetti, Alessandri, Allasia, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Consiglio, Crosio, Dal Lago, Desiderati, Di Vizia, Dussin, Fabi, Fava, Follegot, Gidoni, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Maggioni, Maroni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi».
(7 febbraio 2012)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

La Camera,
premesso che:
nel corso dell'ultimo decennio si sono verificati notevoli cambiamenti negli scenari dell'economia mondiale e la crisi dei mercati finanziari di tutti i Paesi ne è la drammatica testimonianza;
l'accelerazione dei processi di deregolamentazione finanziaria è stata accompagnata da fenomeni di instabilità sempre più vistosi, soprattutto in campo valutario;
inoltre, il pressoché completo abbattimento dei vincoli alla libera circolazione internazionale dei capitali ha fortemente ristretto i gradi di libertà delle politiche economiche nazionali. Inoltre, la combinazione tra instabilità finanziaria e impotenza della politica economica ha notevolmente contribuito all'inquietante divaricazione dei redditi verificatasi, sia tra i Paesi che all'interno dei singoli Paesi;
in questo quadro di crisi economica sistemica è necessario tornare alla riaffermazione dell'identità e del metodo comunitari, accompagnando la perdita della sovranità nazionale con un acquisto di «sovranità politica» da parte delle istituzioni europee: in un quadro realmente comunitario e non puramente intergovernativo;
quindi, gli strumenti di intervento sui mercati, il rafforzamento della stabilità dell'eurozona, le politiche di rigore e quelle per lo sviluppo e la crescita debbono essere parti di un medesimo accordo onnicomprensivo;
è evidente che l'introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie (impropriamente indicata come Tobin tax) ha il suo valore e la sua efficacia solo se adottata da tutti i Paesi dell'Unione europea;
a tal proposito, la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva relativa ad un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie [COM(2011)594], volta ad introdurre, appunto,un'imposta sulle transazioni finanziarie medesime in tutti i 27 Stati membri dell'Unione europea;
tale imposta si applicherebbe a tutte le transazioni di strumenti finanziari tra enti per le quali almeno una controparte della transazione sia stabilita all'interno dell'Unione europea;
lo scambio di azioni e obbligazioni sarebbe tassato con un'aliquota dello 0,1 per cento, mentre per i derivati il tasso sarebbe dello 0,01 per cento. Secondo i calcoli della Commissione europea, che propone l'entrata in vigore dell'imposta dal 1o gennaio 2014, il gettito potrebbe aggirarsi intorno ai 57 miliardi di euro ogni anno;
nell'ambito dell'esame in seno al Consiglio, è emerso il parere nettamente contrario del Regno Unito e della Svezia;
infatti, il Premier britannico David Cameron ha affermato che tale imposta, se non adottata a livello globale, potrebbe solo danneggiare l'Europa, che sarebbe abbandonata da moltissime aziende finanziarie;
è un'osservazione da considerare attentamente al fine di evitare che un'imposta sulle transazioni finanziarie, anziché stabilizzare le borse, rischi di danneggiare seriamente l'economia reale;
intanto il Parlamento europeo si dovrebbe esprimere sulla proposta nella sessione del 12 giugno 2012, ma già in una risoluzione non legislativa dell'8 marzo 2011 ha auspicato l'introduzione di una tale imposta;
si ricorda che già la mozione n. 1-00800 (approvata il 25 gennaio 2012 alla Camera dei deputati) impegna sostanzialmente il Governo a esprimere il proprio consenso all'applicazione di una tassazione sulle transazioni finanziarie a livello di Unione europea o di eurozona e a collaborare con le istituzioni europee e con gli altri Governi già favorevoli,

impegna il Governo

a rappresentare, nel quadro delle riflessioni sull'introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie (impropriamente indicata come Tobin tax), la necessità inderogabile che il meccanismo di tassazione, ove stabilito, si applichi a tutti i Paesi membri dell'Unione europea e non soltanto ad alcuni e ad attivarsi per la prosecuzione di una più ampia intesa complessiva al fine di creare una piattaforma omogenea globale nelle sedi multilaterali internazionali.
(1-00852)
«Corsaro, Bernardo, Berardi, Del Tenno, Laboccetta, Leo, Misuraca, Pagano, Antonio Pepe, Savino, Ventucci».
(7 febbraio 2012)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

La Camera,
premesso che:
nel corso dell'ultimo decennio si sono verificati notevoli cambiamenti negli scenari dell'economia mondiale e la crisi dei mercati finanziari di tutti i Paesi ne è la drammatica testimonianza;
l'accelerazione dei processi di deregolamentazione finanziaria è stata accompagnata da fenomeni di instabilità sempre più vistosi, soprattutto in campo valutario;
inoltre, il pressoché completo abbattimento dei vincoli alla libera circolazione internazionale dei capitali ha fortemente ristretto i gradi di libertà delle politiche economiche nazionali. Inoltre, la combinazione tra instabilità finanziaria e impotenza della politica economica ha notevolmente contribuito all'inquietante divaricazione dei redditi verificatasi, sia tra i Paesi che all'interno dei singoli Paesi;
in questo quadro di crisi economica sistemica è necessario tornare alla riaffermazione dell'identità e del metodo comunitari, accompagnando la perdita della sovranità nazionale con un acquisto di «sovranità politica» da parte delle istituzioni europee: in un quadro realmente comunitario e non puramente intergovernativo;
quindi, gli strumenti di intervento sui mercati, il rafforzamento della stabilità dell'eurozona, le politiche di rigore e quelle per lo sviluppo e la crescita debbono essere parti di un medesimo accordo onnicomprensivo;
è evidente che l'introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie (impropriamente indicata come Tobin tax) ha il suo valore e la sua efficacia solo se adottata da tutti i Paesi dell'Unione europea;
a tal proposito, la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva relativa ad un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie [COM(2011)594], volta ad introdurre, appunto, un'imposta sulle transazioni finanziarie medesime in tutti i 27 Stati membri dell'Unione europea;
tale imposta si applicherebbe a tutte le transazioni di strumenti finanziari tra enti per le quali almeno una controparte della transazione sia stabilita all'interno dell'Unione europea;
lo scambio di azioni e obbligazioni sarebbe tassato con un'aliquota dello 0,1 per cento, mentre per i derivati il tasso sarebbe dello 0,01 per cento. Secondo i calcoli della Commissione europea, che propone l'entrata in vigore dell'imposta dal 1o gennaio 2014, il gettito potrebbe aggirarsi intorno ai 57 miliardi di euro ogni anno;
nell'ambito dell'esame in seno al Consiglio, è emerso il parere nettamente contrario del Regno Unito e della Svezia;
infatti, il Premier britannico David Cameron ha affermato che tale imposta, se non adottata a livello globale, potrebbe solo danneggiare l'Europa, che sarebbe abbandonata da moltissime aziende finanziarie;
è un'osservazione da considerare attentamente al fine di evitare che un'imposta sulle transazioni finanziarie, anziché stabilizzare le borse, rischi di danneggiare seriamente l'economia reale;
intanto il Parlamento europeo si dovrebbe esprimere sulla proposta nella sessione del 12 giugno 2012, ma già in una risoluzione non legislativa dell'8 marzo 2011 ha auspicato l'introduzione di una tale imposta;
si ricorda che già la mozione n. 1-00800 (approvata il 25 gennaio 2012 alla Camera dei deputati) impegna sostanzialmente il Governo a esprimere il proprio consenso all'applicazione di una tassazione sulle transazioni finanziarie a livello di Unione europea o di eurozona e a collaborare con le istituzioni europee e con gli altri Governi già favorevoli,

impegna il Governo

a rappresentare, nel quadro delle riflessioni sull'introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie (impropriamente indicata come Tobin tax), la indispensabilità che il meccanismo di tassazione, ove stabilito, si applichi a tutti i Paesi membri dell'Unione europea e non soltanto ad alcuni e ad attivarsi per la prosecuzione di una più ampia intesa complessiva al fine di creare una piattaforma omogenea globale nelle sedi multilaterali internazionali.
(1-00852)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Corsaro, Bernardo, Berardi, Del Tenno, Laboccetta, Leo, Misuraca, Pagano, Antonio Pepe, Savino, Ventucci».
(7 febbraio 2012)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

La Camera,
premesso che:
negli ultimi anni il volume delle operazioni effettuate sui mercati finanziari è cresciuto in maniera esponenziale, creando un terreno fertile per la speculazione internazionale divenuta monopolista globale nell'uso di strumenti finanziari tanto volatili quanto illusori;
nell'attuale contesto economico e finanziario, caratterizzato fortemente dalla crisi dei debiti sovrani e dalla continua esigenza di denaro da parte dei Governi europei più colpiti dalle speculazioni, si è affacciata nuovamente l'idea di tassare le transazioni finanziarie, proprio allo scopo di garantire maggiore stabilità sui mercati, disincentivando le speculazioni, nella considerazione che la catena dei salvataggi, in primis quelli bancari, si traduce inevitabilmente in aumenti di debito pubblico nazionale e «globale»;
per effetto della crisi, il debito pubblico nell'area dell'euro è balzato dal 60 per cento del prodotto interno lordo nel 2007 e all'80 per cento negli anni successivi, nell'incombere di una finanziarizzazione stimata pari a 600 mila miliardi di dollari, contro un valore di economia reale di 75 mila miliardi di dollari;
i Governi hanno messo a disposizione dell'intero settore finanziario un importante sistema di sostegno economico: gli Stati membri dell'Unione europea hanno stanziato 4600 miliardi di euro per le diverse misure di salvataggio in favore del settore finanziario, il cui peso si è scaricato interamente sulle amministrazioni pubbliche e, conseguentemente, sui cittadini europei;
il settore finanziario beneficia di una tassazione particolarmente favorevole, che si traduce in un vantaggio fiscale di circa 18 miliardi di euro all'anno in ragione dell'esenzione dei servizi finanziari dal pagamento dell'imposta sul valore aggiunto;
il 28 settembre 2011 la Commissione europea ha presentato una proposta finalizzata ad introdurre, nei Paesi membri dell'Unione europea, un'imposta sulle transazioni finanziarie che andrebbe ad incidere su tutte le transazioni di strumenti finanziari tra enti finanziari per le quali almeno una controparte della transazione sia stabilita all'interno dell'Unione europea;
pertanto, a partire dal 2014 gli scambi di azioni e obbligazioni verrebbero tassati con un'aliquota dello 0,1 per cento, mentre per i derivati il tasso sarebbe dello 0,01 per cento. In tal modo, la Commissione europea ha calcolato di poter arrivare a riscuotere un gettito pari a 57 miliardi di euro ogni anno;
secondo la Commissione europea con questa imposta il settore finanziario avrebbe la possibilità di contribuire ai costi della crisi economica, di cui è, tra le altre cose, concausa, nel più ampio contesto di risanamento dei bilanci degli Stati membri, disincentivando il trading ad alto rischio e a bassa produttività;
nel corso del vertice dei leader del G20, tenutosi a Cannes nel mese di novembre 2011, è stato rinnovato l'impegno per una tassa sulle transazioni finanziarie, fortemente voluta dal Presidente francese Sarkozy e sostenuta dalla Germania, dal Parlamento europeo e dalla Commissione europea, a cui si sono aggiunte le posizioni favorevoli delle potenze emergenti quali Sud Africa, Brasile e Argentina. Gli stessi Usa, da sempre contrari a questo tipo di imposizione, hanno mostrato una certa apertura e una disponibilità nel valutare la misura, mentre resta intatta l'opposizione inglese;
lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, nel corso di un suo intervento al nel mese di dicembre 2011, ha manifestato la sua posizione favorevole ad un'eventuale imposizione sulle transazioni finanziarie, allo scopo di alleggerire la pressione fiscale sulle famiglie e le imprese, in tal modo modificando la linea seguita dal precedente Governo, contrario ad ogni misura in tal senso; infatti, appena alla fine di ottobre 2011, in una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, lo stesso professor Monti aveva identificato nei debiti sovrani l'obiettivo della speculazione esortando a lavorare nella prospettiva del controllo del debito pubblico e della crescita dell'economia reale;
recentemente la Camera dei deputati ha approvato un'importante mozione inerente alla politica europea che, tra le altre cose, ha impegnato il Governo a sostenere, in sede europea, l'adozione di una Tobin tax, garantendo sul punto il più ampio confronto con i Paesi ancora contrari all'adozione di tale imposizione;
in particolare, la Gran Bretagna ha più volte ribadito la propria contrarietà ad una tassazione sistematica delle transazioni finanziarie, per il rischio di una fuga di capitali verso altre piazze finanziarie meno regolamentate;
anche Svezia, Olanda e Malta mostrano una posizione fortemente critica nei confronti di un'ipotetica Tobin tax. A Malta, in particolare, secondo un sondaggio, appena il 30 per cento dei maltesi vedrebbe di buon occhio una nuova tassa sulle transazioni finanziarie, a fronte del 65 per cento degli europei favorevoli a questa imposta secondo l'eurobarometro,

impegna il Governo:

ad operare sul terreno delle regolazioni normative di indirizzo economico e sociale cui siano subordinate quelle finanziarie;
ad assumere iniziative normative volte a distinguere le banche commerciali dalle banche d'affari;
ad assumere, nella prospettiva del rinnovato prestigio dell'iniziativa italiana nelle sedi europee, una forte posizione politica per garantire la rapida adozione di un'imposizione sulle transazioni finanziarie, nella prospettiva del coinvolgimento di tutti i Paesi interessati, compresi quelli attualmente contrari, in modo da realizzare una forma di fiscalità non isolata, ma estesa all'Europa a 27, in modo tale che una coesione provata nei fatti, anziché dichiarata nei vertici, ne rafforzi il ruolo mondiale;
a consolidare, insieme agli altri Paesi europei, una spinta regolativa propizia alla crescita delle economie reali, che segni una discontinuità marcata e misurabile rispetto alla deregolamentazione che ha prodotto l'odierna crisi finanziaria globale.
(1-00853)
«Pisicchio, Mosella, Tabacci, Brugger, Lanzillotta».
(7 febbraio 2012)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

La Camera,
premesso che:
negli ultimi anni il volume delle operazioni effettuate sui mercati finanziari è cresciuto in maniera esponenziale, creando un terreno fertile per la speculazione internazionale divenuta monopolista globale nell'uso di strumenti finanziari tanto volatili quanto illusori;
nell'attuale contesto economico e finanziario, caratterizzato fortemente dalla crisi dei debiti sovrani e dalla continua esigenza di denaro da parte dei Governi europei più colpiti dalle speculazioni, si è affacciata nuovamente l'idea di tassare le transazioni finanziarie, proprio allo scopo di garantire maggiore stabilità sui mercati, disincentivando le speculazioni, nella considerazione che la catena dei salvataggi, in primis quelli bancari, si traduce inevitabilmente in aumenti di debito pubblico nazionale e «globale»;
per effetto della crisi, il debito pubblico nell'area dell'euro è balzato dal 60 per cento del prodotto interno lordo nel 2007 e all'80 per cento negli anni successivi, nell'incombere di una finanziarizzazione stimata pari a 600 mila miliardi di dollari, contro un valore di economia reale di 75 mila miliardi di dollari;
i Governi hanno messo a disposizione dell'intero settore finanziario un importante sistema di sostegno economico: gli Stati membri dell'Unione europea hanno stanziato 4600 miliardi di euro per le diverse misure di salvataggio in favore del settore finanziario, il cui peso si è scaricato interamente sulle amministrazioni pubbliche e, conseguentemente, sui cittadini europei;
il settore finanziario beneficia di una tassazione particolarmente favorevole, che si traduce in un vantaggio fiscale di circa 18 miliardi di euro all'anno in ragione dell'esenzione dei servizi finanziari dal pagamento dell'imposta sul valore aggiunto;
il 28 settembre 2011 la Commissione europea ha presentato una proposta finalizzata ad introdurre, nei Paesi membri dell'Unione europea, un'imposta sulle transazioni finanziarie che andrebbe ad incidere su tutte le transazioni di strumenti finanziari tra enti finanziari per le quali almeno una controparte della transazione sia stabilita all'interno dell'Unione europea;
pertanto, a partire dal 2014 gli scambi di azioni e obbligazioni verrebbero tassati con un'aliquota dello 0,1 per cento, mentre per i derivati il tasso sarebbe dello 0,01 per cento. In tal modo, la Commissione europea ha calcolato di poter arrivare a riscuotere un gettito pari a 57 miliardi di euro ogni anno;
secondo la Commissione europea con questa imposta il settore finanziario avrebbe la possibilità di contribuire ai costi della crisi economica, di cui è, tra le altre cose, concausa, nel più ampio contesto di risanamento dei bilanci degli Stati membri, disincentivando il trading ad alto rischio e a bassa produttività;
nel corso del vertice dei leader del G20, tenutosi a Cannes nel mese di novembre 2011, è stato rinnovato l'impegno per una tassa sulle transazioni finanziarie, fortemente voluta dal Presidente francese Sarkozy e sostenuta dalla Germania, dal Parlamento europeo e dalla Commissione europea, a cui si sono aggiunte le posizioni favorevoli delle potenze emergenti quali Sud Africa, Brasile e Argentina. Gli stessi Usa, da sempre contrari a questo tipo di imposizione, hanno mostrato una certa apertura e una disponibilità nel valutare la misura, mentre resta intatta l'opposizione inglese;
lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, nel corso di un suo intervento al nel mese di dicembre 2011, ha manifestato la sua posizione favorevole ad un'eventuale imposizione sulle transazioni finanziarie, allo scopo di alleggerire la pressione fiscale sulle famiglie e le imprese, in tal modo modificando la linea seguita dal precedente Governo, contrario ad ogni misura in tal senso; infatti, appena alla fine di ottobre 2011, in una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, lo stesso professor Monti aveva identificato nei debiti sovrani l'obiettivo della speculazione esortando a lavorare nella prospettiva del controllo del debito pubblico e della crescita dell'economia reale;
recentemente la Camera dei deputati ha approvato un'importante mozione inerente alla politica europea che, tra le altre cose, ha impegnato il Governo a sostenere, in sede europea, l'adozione di una Tobin tax, garantendo sul punto il più ampio confronto con i Paesi ancora contrari all'adozione di tale imposizione;
in particolare, la Gran Bretagna ha più volte ribadito la propria contrarietà ad una tassazione sistematica delle transazioni finanziarie, per il rischio di una fuga di capitali verso altre piazze finanziarie meno regolamentate;
anche Svezia, Olanda e Malta mostrano una posizione fortemente critica nei confronti di un'ipotetica Tobin tax. A Malta, in particolare, secondo un sondaggio, appena il 30 per cento dei maltesi vedrebbe di buon occhio una nuova tassa sulle transazioni finanziarie, a fronte del 65 per cento degli europei favorevoli a questa imposta secondo l'eurobarometro,

impegna il Governo:

ad operare sul terreno delle regolazioni normative di indirizzo economico e sociale cui siano subordinate quelle finanziarie;
a valutare iniziative normative volte a distinguere le banche commerciali dalle banche d'affari;
ad assumere, nella prospettiva del rinnovato prestigio dell'iniziativa italiana nelle sedi europee, una forte posizione politica per garantire la rapida adozione di un'imposizione sulle transazioni finanziarie, nella prospettiva del coinvolgimento di tutti i Paesi interessati, compresi quelli attualmente contrari, in modo da realizzare una forma di fiscalità non isolata, ma estesa all'Europa a 27, in modo tale che una coesione provata nei fatti, anziché dichiarata nei vertici, ne rafforzi il ruolo mondiale;
a consolidare, insieme agli altri Paesi europei, una spinta regolativa propizia alla crescita delle economie reali, che segni una discontinuità marcata e misurabile rispetto alla deregolamentazione che ha prodotto l'odierna crisi finanziaria globale.
(1-00853)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Pisicchio, Mosella, Tabacci, Brugger, Lanzillotta».
(7 febbraio 2012)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

La Camera,
premesso che:
con la risoluzione A7-0036/2011 dell'8 marzo 2011 il Parlamento europeo si è dichiarato «favorevole all'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie, che migliorerebbe il funzionamento del mercato riducendo la speculazione e contribuirebbe a finanziare i beni pubblici mondiali e a ridurre i deficit pubblici», sottolineando come la tassa (in seguito TTF) «dovrebbe essere fissata sulla base più ampia possibile e che l'Unione europea dovrebbe promuovere l'introduzione di una TTF a livello mondiale, ma che, se questo non fosse possibile, dovrebbe applicare come primo passo una TTF a livello europeo»;
con la risoluzione sopra richiamata, il Parlamento europeo invitava la Commissione europea «ad elaborare rapidamente uno studio di fattibilità, tenendo conto della necessità di una parità di condizioni a livello globale, e ad avanzare proposte legislative concrete»;
dopo aver pubblicato una valutazione di impatto che ha riconosciuto la realizzabilità e l'applicabilità di una tassa sulle transazioni finanziarie, la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva del Consiglio [COM(2011)594] concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie, da applicarsi in tutti gli stati membri dell'Unione europea a partire dal 1o gennaio 2014;
in una mozione concernente l'azione del Governo italiano in sede comunitaria, approvata a larghissima maggioranza il 25 gennaio 2012, la Camera dei deputati ha impegnato il Governo «ad appoggiare l'introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie prospettando l'opportunità che essa si applichi a tutti Paesi membri dell'Unione europea e perseguendo contemporaneamente una più ampia intesa globale anche oltre i limiti dell'Unione europea»;
pur non rappresentando uno strumento atto a risolvere la grave crisi economica e finanziaria che attraversa l'Europa, una tassa sulle transazioni finanziarie - ad aliquota bassa e basata sulla nazionalità dello strumento per evitare l'elusione e applicata senza discriminazione a tutte le attività finanziarie, per non distorcere un'allocazione efficiente della ricchezza - disincentiverebbe gli scambi finanziari ad alta frequenza e il drenaggio di liquidità dal mercato nelle fasi recessive, contribuendo al miglioramento della «resilienza» sistemica e alla stabilizzazione dei prezzi di titoli detenuti da investitori istituzionali e piccoli risparmiatori;
l'adozione a livello globale, o comunque comunitario, ridurrebbe sensibilmente il rischio di un deflusso di ricchezza verso piazze finanziarie situate in Paesi che non aderiscano alla tassa sulle transazioni finanziarie, di fatto depotenziando la portata e i possibili vantaggi derivanti dall'introduzione del nuovo schema fiscale,

impegna il Governo:

a sostenere in sede europea la proposta di direttiva [COM(2011)594], in particolare adottando ogni iniziativa utile nelle sedi opportune tesa ad assicurare il pieno coinvolgimento di tutti gli Stati membri dell'Unione europea nella costruzione ed istituzione sull'intero territorio comunitario di un sistema di tassazione delle transazioni finanziarie, ad aliquota bassa, applicato a tutte le attività finanziarie e basato sulla nazionalità dello strumento;
a proporre in quella sede che il gettito della tassa sulle transazioni finanziarie sia finalizzato a progetti di sviluppo economico - anche relativi al rafforzamento delle politiche di welfare degli Stati membri, di ricerca pubblica e di incentivo all'imprenditoria - e all'abbattimento del debito sovrano;
a favorire nelle sedi opportune il dialogo tra l'Unione europea e i Governi dei maggiori Paesi del mondo, a cominciare dagli Stati Uniti, la Cina, i Paesi arabi, Singapore e le altre realtà emergenti, affinché si possa aprire un negoziato finalizzato all'istituzione su base globale di una tassa sulle transazioni finanziarie.
(1-00854)«Della Vedova, Consolo, Raisi».
(7 febbraio 2012)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

La Camera,
premesso che:
con la risoluzione A7-0036/2011 dell'8 marzo 2011 il Parlamento europeo si è dichiarato «favorevole all'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie, che migliorerebbe il funzionamento del mercato riducendo la speculazione e contribuirebbe a finanziare i beni pubblici mondiali e a ridurre i deficit pubblici», sottolineando come la tassa (in seguito TTF) «dovrebbe essere fissata sulla base più ampia possibile e che l'Unione europea dovrebbe promuovere l'introduzione di una TTF a livello mondiale, ma che, se questo non fosse possibile, dovrebbe applicare come primo passo una TTF a livello europeo»;
con la risoluzione sopra richiamata, il Parlamento europeo invitava la Commissione europea «ad elaborare rapidamente uno studio di fattibilità, tenendo conto della necessità di una parità di condizioni a livello globale, e ad avanzare proposte legislative concrete»;
dopo aver pubblicato una valutazione di impatto che ha riconosciuto la realizzabilità e l'applicabilità di una tassa sulle transazioni finanziarie, la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva del Consiglio [COM(2011)594] concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie, da applicarsi in tutti gli stati membri dell'Unione europea a partire dal 1o gennaio 2014;
in una mozione concernente l'azione del Governo italiano in sede comunitaria, approvata a larghissima maggioranza il 25 gennaio 2012, la Camera dei deputati ha impegnato il Governo «ad appoggiare l'introduzione di una tassazione sulle transazioni finanziarie prospettando l'opportunità che essa si applichi a tutti Paesi membri dell'Unione europea e perseguendo contemporaneamente una più ampia intesa globale anche oltre i limiti dell'Unione europea»;
pur non rappresentando uno strumento atto a risolvere la grave crisi economica e finanziaria che attraversa l'Europa, una tassa sulle transazioni finanziarie - ad aliquota bassa e basata sulla nazionalità dello strumento per evitare l'elusione e applicata senza discriminazione a tutte le attività finanziarie, per non distorcere un'allocazione efficiente della ricchezza - disincentiverebbe gli scambi finanziari ad alta frequenza e il drenaggio di liquidità dal mercato nelle fasi recessive, contribuendo al miglioramento della «resilienza» sistemica e alla stabilizzazione dei prezzi di titoli detenuti da investitori istituzionali e piccoli risparmiatori;
l'adozione a livello globale, o comunque comunitario, ridurrebbe sensibilmente il rischio di un deflusso di ricchezza verso piazze finanziarie situate in Paesi che non aderiscano alla tassa sulle transazioni finanziarie, di fatto depotenziando la portata e i possibili vantaggi derivanti dall'introduzione del nuovo schema fiscale,

impegna il Governo:

a sostenere in sede europea la proposta di direttiva [COM(2011)594], in particolare adottando ogni iniziativa utile nelle sedi opportune tesa ad assicurare il pieno coinvolgimento di tutti gli Stati membri dell'Unione europea nella costruzione ed istituzione sull'intero territorio comunitario di un sistema di tassazione delle transazioni finanziarie, ad aliquota bassa, applicato a tutte le attività finanziarie e basato sulla nazionalità dello strumento;
a valutare in quella sede che il gettito della tassa sulle transazioni finanziarie sia finalizzato a progetti di sviluppo economico - anche relativi al rafforzamento delle politiche di welfare degli Stati membri, di ricerca pubblica e di incentivo all'imprenditoria - e all'abbattimento del debito sovrano;
a favorire nelle sedi opportune il dialogo tra l'Unione europea e i Governi dei maggiori Paesi del mondo, a cominciare dagli Stati Uniti, la Cina, i Paesi arabi, Singapore e le altre realtà emergenti, affinché si possa aprire un negoziato finalizzato all'istituzione su base globale di una tassa sulle transazioni finanziarie.
(1-00854)(Testo modificato nel corso della seduta) «Della Vedova, Consolo, Raisi».
(7 febbraio 2012)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

MOZIONI DONADI ED ALTRI N. 1-00826, FLUVI ED ALTRI N. 1-00830, CAMBURSANO ED ALTRI N. 1-00831, MOFFA ED ALTRI N. 1-00832, DOZZO ED ALTRI N. 1-00833, LEO ED ALTRI N. 1-00843 E DI BIAGIO, GALLETTI, PISICCHIO ED ALTRI N. 1-00847 CONCERNENTI INIZIATIVE PER IL CONTRASTO ALL'EVASIONE E ALL'ELUSIONE FISCALE

Mozioni

La Camera,
premesso che:
l'evasione fiscale in Italia è enorme. Essa rappresenta una «pandemia» che comporta una gravissima alterazione del mercato e dell'intero sistema economico e provoca danni ingenti alle imprese, che si trovano, di fatto, a competere in un mercato gravemente distorto, alle famiglie che devono fare i conti con un prelievo eccessivo e servizi scadenti e, in definitiva, allo stesso Stato. Nella situazione presente di crisi e di necessità per il nostro Paese di ridurre il deficit ed il debito dei conti pubblici con misure drastiche e pesanti per tutti i cittadini, i costi dell'evasione fiscale e della corruzione divengono ancor più insopportabili;
le differenze presenti negli ordinamenti tributari e i diversi criteri di stima delle grandezze di contabilità nazionale rendono difficili le comparazioni internazionali sulla rilevanza dell'evasione fiscale. A livello di valore aggiunto, le autorità europee stimano che, in Italia, manchi all'appello il 22 per cento della relativa imposta, contro il 7 per cento della Francia, il 10 per cento della Germania, il 3 per cento dell'Olanda. Peggio dell'Italia fanno Paesi come la Grecia, con il 30 per cento, e l'Ungheria, con il 23 per cento. Se si riconosce che il valore aggiunto è la premessa per la quantificazione di gran parte degli imponibili, è evidente che, per raggiungere lo standard presente nei maggiori Paesi europei, si dovrebbe dimezzare almeno la nostra evasione fiscale. Prendendo a riferimento la stima di 120 miliardi di euro di imposte evase per l'Italia, ciò significa dover recuperare almeno 60 miliardi di euro di gettito annuo, equivalenti a circa il 40 per cento del gettito complessivo dell'irpef. Rendere espliciti questi dati e la misura del tax gap permetterebbe di sapere quanta parte delle aliquote è dovuta agli evasori «che mettono le mani in tasca» ai contribuenti: così ogni cittadino onesto avrebbe una misura di quanto paga in più grazie agli evasori e toccherebbe con mano il beneficio di un'eventuale maggiore legalità;
la lotta all'evasione non deve rappresentare, infatti, uno strumento per aumentare il gettito, ma per la redistribuzione dell'incremento del gettito fiscale a favore di chi le tasse le paga. Solo restituendo gli introiti dell'evasione recuperata, in forma di minori aliquote, si può dare un senso di maggior equità. Deve essere scritto un nuovo patto d'onore tra lo Stato ed i contribuenti, inserendo una norma-quadro vincolante nello Statuto dei diritti del contribuente: ogni euro di maggiore entrata derivante dalla lotta all'evasione deve corrispondere ad un euro di minor imposta;
già con l'introduzione dello «spesometro», associato al «redditometro», si è riconosciuta, nell'ordinamento italiano, una possibilità concreta di incrocio telematico dei dati dei contribuenti ai fini dell'accertamento;
con il decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, l'attuale Governo ha messo a disposizione dell'amministrazione finanziaria un ulteriore potente strumento di conoscenza: gli operatori finanziari sono obbligati, infatti, a comunicare all'anagrafe tributaria le movimentazioni che hanno interessato ogni singolo utente ed ogni informazione necessaria ai fini dei controlli fiscali;
oggi occorre fare un passo in più: realizzare una vera e propria rivoluzione copernicana, spostare il baricentro dell'attività dell'amministrazione finanziaria dalla ricerca dei redditi non dichiarati alla ricostruzione generalizzata del volume complessivo delle spese di ogni singolo contribuente. Per garantire il massimo dell'efficacia e la sua invariabilità nel tempo, tale previsione deve essere tradotta in una disposizione legislativa;
sulla scorta di tutto ciò e data l'entità del fenomeno dell'evasione, l'amministrazione finanziaria deve ogni anno individuare prioritariamente i contribuenti o i nuclei familiari a maggior rischio, utilizzando indicatori di «incoerenza», basati su rapporti tipici tra talune spese sostenute per consumi e investimenti, rispetto al reddito netto desumibile da fonti fiscali; per questi soggetti deve, poi, ricostruire il quadro di «congruità» tra le spese complessive - per consumi e investimenti - e i redditi noti all'amministrazione, in modo tale da evidenziare l'evasione potenziale, in termini di gap esistente tra queste grandezze; il riconoscimento dell'evasione effettiva dovrebbe, poi, avvenire in una logica di collaborazione con il cittadino, a cui deve essere offerta la possibilità di rispondere alle valutazioni dell'amministrazione finanziaria mediante questionario autocompilato, anche al fine di far emergere possibili errori, fonti documentate di entrate legali ma non fiscalmente rilevanti (le donazioni, ad esempio) o indicare eventuali ripartizioni dei cespiti tra i componenti del nucleo familiare, per cui è stata effettuata la stima dell'evasione basata sulle spese;
l'amministrazione deve far conoscere ai cittadini i metodi ed i parametri utilizzati per analizzare i dati, in modo che ciascuno possa sapere come la sua dichiarazione sarà valutata, essendo la deterrenza il modo migliore per ridurre l'evasione;
questa metodologia è già stata annunciata e presentata dall'amministrazione finanziaria, come modalità «redditometro-spesometro», da introdurre nel 2012 e con riferimento alle dichiarazioni sui redditi del 2011. Alla luce dei risultati raggiunti, occorre anche valutare se questa metodologia di lotta all'evasione possa gradualmente, ma con determinazione, portare al superamento dell'attuale impianto di accertamento basato sul riferimento alle fonti di produzione (scontrini, registri clienti fornitori ed altro), che tanti oneri comporta per le imprese, essendosi, tra l'altro, dimostrato largamente inadeguato ai fini del contenimento e della lotta all'evasione, soprattutto per le piccole imprese, il lavoro autonomo e talune forme del lavoro dipendente. Se così fosse, sarebbe possibile affiancare al patto meno evasione-meno imposte, anche quello: più accertamenti basati sulla spesa - meno evasione - meno adempimenti per le imprese e per la produzione del reddito;
nell'ordinamento tributario italiano manca una disciplina antielusiva generale, essendoci solo norme antielusive specifiche per diversi settori. L'esigenza di applicare la teoria dell'abuso di derivazione comunitaria anche ai tributi non armonizzati ha portato la Corte di cassazione (sentenze nn. 30055, 30056 e 30057 del 23 dicembre 2008) ad individuarne un fondamento costituzionale nell'articolo 53 della Costituzione e un legame concettuale con la teoria dell'abuso del diritto civile,

impegna il Governo:

a valutare le opportune iniziative, anche normative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di:
a) predisporre annualmente una valutazione ufficiale dell'entità dell'evasione fiscale, misurata attraverso il calcolo del tax gap (la misura delle imposte dovute e non pagate ogni anno), stabilendo, altresì, gli obiettivi annuali del recupero di gettito conseguenti alle attività di contrasto, e prevedere che tali maggiori entrate dovranno confluire interamente - stabilendo al riguardo una precisa disposizione quadro da inserire nello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212 del 2000) o in una norma equipollente avente valenza di norma speciale - a decorrere dall'anno fiscale 2012, nel fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale (previsto dal comma 36 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011), finalizzato alla riduzione degli oneri fiscali e contributivi gravanti sulle famiglie e sulle imprese;
b) attuare normativamente - anche in riferimento a quanto previsto dall'articolo 11 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011 - la verifica annuale, con le tecnologie informatiche, di tutti i codici fiscali in relazione ad indici noti e trasparenti di «incoerenza» tra indicatori di consumi, investimenti e risparmi rispetto ai redditi dichiarati, anche a livello di nucleo familiare, e procedere a controlli sulla base dei saldi tra redditi dichiarati e spese ed investimenti reali e finanziari a qualsiasi titolo effettuati;
c) alla luce delle informazioni che è possibile reperire per via informatica, semplificare la dichiarazione dei redditi e offrire ai contribuenti la possibilità di giustificare anche rispetto al nucleo familiare i saldi di cui al punto b);
d) obbligare i contribuenti a riportare in un prospetto, allegato alla dichiarazione annuale dei redditi, i beni, gli immobili e le attività finanziarie detenute o di cui hanno la disponibilità in Italia e all'estero di qualsiasi tipologia;
e) definire analoghe procedure di verifica annuale per via informatica delle dichiarazioni di tutte le società, tenendo conto anche del possesso di uno o più autoveicoli di lusso, di aerei per il trasporto di persone, di natanti di lusso o di immobili ad uso residenziale, qualora non costituenti oggetto principale dell'attività della società stessa, e fare in modo che una società possa essere classificata come società di comodo anche nel caso in cui la sua dichiarazione dei redditi sia congrua rispetto al relativo studio di settore e rendere trasparenti i veri proprietari di beni intestati a società di comodo;
f) definire un ridisegno complessivo della normativa in materia di sanzioni penali relative ai reati connessi al fenomeno dell'evasione, a partire dal ripristino del reato di falso in bilancio ed alla previsione, più equilibrata e restrittiva, della sospensione condizionale della pena;
g) offrire coerenza ed omogeneità all'intera macchina dell'amministrazione finanziaria, al fine di rafforzare l'autonomia gestionale delle strutture rispetto all'indirizzo politico, valorizzando le specificità professionali degli operatori;
h) prevedere un maggior coordinamento della Guardia di finanza e di tutti gli enti che operano ai fini della verifica e dell'accertamento delle posizioni tributarie con l'Agenzia delle entrate;
i) prevedere una disciplina antielusiva generale, valida per le grandi imprese ed i contribuenti con redditi elevati, in riferimento all'articolo 53 della Costituzione, in forza della quale, in virtù del principio generale dell'abuso del diritto tributario, il contribuente non possa trarre indebiti vantaggi fiscali dall'utilizzo distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera aspettativa di quel risparmio fiscale.
(1-00826)
(Ulteriore nuova formulazione) «Donadi, Borghesi, Di Pietro, Evangelisti, Barbato, Mura, Messina, Di Stanislao, Palomba».
(25 gennaio 2012)

La Camera,
premesso che:
l'evasione fiscale in Italia è enorme. Essa rappresenta una «pandemia» che comporta una gravissima alterazione del mercato e dell'intero sistema economico e provoca danni ingenti alle imprese, che si trovano, di fatto, a competere in un mercato gravemente distorto, alle famiglie che devono fare i conti con un prelievo eccessivo e servizi scadenti e, in definitiva, allo stesso Stato. Nella situazione presente di crisi e di necessità per il nostro Paese di ridurre il deficit ed il debito dei conti pubblici con misure drastiche e pesanti per tutti i cittadini, i costi dell'evasione fiscale e della corruzione divengono ancor più insopportabili;
le differenze presenti negli ordinamenti tributari e i diversi criteri di stima delle grandezze di contabilità nazionale rendono difficili le comparazioni internazionali sulla rilevanza dell'evasione fiscale. A livello di valore aggiunto, le autorità europee stimano che, in Italia, manchi all'appello il 22 per cento della relativa imposta, contro il 7 per cento della Francia, il 10 per cento della Germania, il 3 per cento dell'Olanda. Peggio dell'Italia fanno Paesi come la Grecia, con il 30 per cento, e l'Ungheria, con il 23 per cento. Se si riconosce che il valore aggiunto è la premessa per la quantificazione di gran parte degli imponibili, è evidente che, per raggiungere lo standard presente nei maggiori Paesi europei, si dovrebbe dimezzare almeno la nostra evasione fiscale. Prendendo a riferimento la stima di 120 miliardi di euro di imposte evase per l'Italia, ciò significa dover recuperare almeno 60 miliardi di euro di gettito annuo, equivalenti a circa il 40 per cento del gettito complessivo dell'irpef. Rendere espliciti questi dati e la misura del tax gap permetterebbe di sapere quanta parte delle aliquote è dovuta agli evasori «che mettono le mani in tasca» ai contribuenti: così ogni cittadino onesto avrebbe una misura di quanto paga in più grazie agli evasori e toccherebbe con mano il beneficio di un'eventuale maggiore legalità;
la lotta all'evasione non deve rappresentare, infatti, uno strumento per aumentare il gettito, ma per la redistribuzione dell'incremento del gettito fiscale a favore di chi le tasse le paga. Solo restituendo gli introiti dell'evasione recuperata, in forma di minori aliquote, si può dare un senso di maggior equità. Deve essere scritto un nuovo patto d'onore tra lo Stato ed i contribuenti, inserendo una norma-quadro vincolante nello Statuto dei diritti del contribuente: ogni euro di maggiore entrata derivante dalla lotta all'evasione deve corrispondere ad un euro di minor imposta;
già con l'introduzione dello «spesometro», associato al «redditometro», si è riconosciuta, nell'ordinamento italiano, una possibilità concreta di incrocio telematico dei dati dei contribuenti ai fini dell'accertamento;
con il decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, l'attuale Governo ha messo a disposizione dell'amministrazione finanziaria un ulteriore potente strumento di conoscenza: gli operatori finanziari sono obbligati, infatti, a comunicare all'anagrafe tributaria le movimentazioni che hanno interessato ogni singolo utente ed ogni informazione necessaria ai fini dei controlli fiscali;
oggi occorre fare un passo in più: realizzare una vera e propria rivoluzione copernicana, spostare il baricentro dell'attività dell'amministrazione finanziaria dalla ricerca dei redditi non dichiarati alla ricostruzione generalizzata del volume complessivo delle spese di ogni singolo contribuente. Per garantire il massimo dell'efficacia e la sua invariabilità nel tempo, tale previsione deve essere tradotta in una disposizione legislativa;
sulla scorta di tutto ciò e data l'entità del fenomeno dell'evasione, l'amministrazione finanziaria deve ogni anno individuare prioritariamente i contribuenti o i nuclei familiari a maggior rischio, utilizzando indicatori di «incoerenza», basati su rapporti tipici tra talune spese sostenute per consumi e investimenti, rispetto al reddito netto desumibile da fonti fiscali; per questi soggetti deve, poi, ricostruire il quadro di «congruità» tra le spese complessive - per consumi e investimenti - e i redditi noti all'amministrazione, in modo tale da evidenziare l'evasione potenziale, in termini di gap esistente tra queste grandezze; il riconoscimento dell'evasione effettiva dovrebbe, poi, avvenire in una logica di collaborazione con il cittadino, a cui deve essere offerta la possibilità di rispondere alle valutazioni dell'amministrazione finanziaria mediante questionario autocompilato, anche al fine di far emergere possibili errori, fonti documentate di entrate legali ma non fiscalmente rilevanti (le donazioni, ad esempio) o indicare eventuali ripartizioni dei cespiti tra i componenti del nucleo familiare, per cui è stata effettuata la stima dell'evasione basata sulle spese;
l'amministrazione deve far conoscere ai cittadini i metodi ed i parametri utilizzati per analizzare i dati, in modo che ciascuno possa sapere come la sua dichiarazione sarà valutata, essendo la deterrenza il modo migliore per ridurre l'evasione;
questa metodologia è già stata annunciata e presentata dall'amministrazione finanziaria, come modalità «redditometro-spesometro», da introdurre nel 2012 e con riferimento alle dichiarazioni sui redditi del 2011. Alla luce dei risultati raggiunti, occorre anche valutare se questa metodologia di lotta all'evasione possa gradualmente, ma con determinazione, portare al superamento dell'attuale impianto di accertamento basato sul riferimento alle fonti di produzione (scontrini, registri clienti fornitori ed altro), che tanti oneri comporta per le imprese, essendosi, tra l'altro, dimostrato largamente inadeguato ai fini del contenimento e della lotta all'evasione, soprattutto per le piccole imprese, il lavoro autonomo e talune forme del lavoro dipendente. Se così fosse, sarebbe possibile affiancare al patto meno evasione-meno imposte, anche quello: più accertamenti basati sulla spesa - meno evasione - meno adempimenti per le imprese e per la produzione del reddito;
nell'ordinamento tributario italiano manca una disciplina antielusiva generale, essendoci solo norme antielusive specifiche per diversi settori. L'esigenza di applicare la teoria dell'abuso di derivazione comunitaria anche ai tributi non armonizzati ha portato la Corte di cassazione (sentenze nn. 30055, 30056 e 30057 del 23 dicembre 2008) ad individuarne un fondamento costituzionale nell'articolo 53 della Costituzione e un legame concettuale con la teoria dell'abuso del diritto civile,

impegna il Governo:

a valutare le opportune iniziative, anche normative, ferme restando le prerogative del Parlamento, al fine di:
a) predisporre annualmente una valutazione ufficiale dell'entità dell'evasione fiscale, misurata attraverso il calcolo del tax gap (la misura delle imposte dovute e non pagate ogni anno), stabilendo, altresì, gli obiettivi annuali del recupero di gettito conseguenti alle attività di contrasto, e prevedere che tali maggiori entrate dovranno confluire interamente - stabilendo al riguardo una precisa disposizione quadro da inserire nello Statuto dei diritti del contribuente (legge n. 212 del 2000) o in una norma equipollente avente valenza di norma speciale - a decorrere dall'anno fiscale 2012, nel fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale (previsto dal comma 36 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011), finalizzato alla riduzione degli oneri fiscali e contributivi gravanti sulle famiglie e sulle imprese;
b) attuare normativamente - anche in riferimento a quanto previsto dall'articolo 11 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011 - la verifica annuale, con le tecnologie informatiche, di tutti i codici fiscali in relazione ad indici noti e trasparenti di «incoerenza» tra indicatori di consumi, investimenti e risparmi rispetto ai redditi dichiarati, anche a livello di nucleo familiare, e procedere a controlli sulla base dei saldi tra redditi dichiarati e spese ed investimenti reali e finanziari a qualsiasi titolo effettuati;
c) alla luce delle informazioni che è possibile reperire per via informatica, semplificare la dichiarazione dei redditi e offrire ai contribuenti la possibilità di giustificare anche rispetto al nucleo familiare i saldi di cui al punto b);
d) obbligare i contribuenti a riportare in un prospetto, allegato alla dichiarazione annuale dei redditi, i beni, gli immobili e le attività finanziarie detenute o di cui hanno la disponibilità in Italia e all'estero di qualsiasi tipologia;
e) definire analoghe procedure di verifica annuale per via informatica delle dichiarazioni di tutte le società, tenendo conto anche del possesso di uno o più autoveicoli di lusso, di aerei per il trasporto di persone, di natanti di lusso o di immobili ad uso residenziale, qualora non costituenti oggetto principale dell'attività della società stessa, e fare in modo che una società possa essere classificata come società di comodo anche nel caso in cui la sua dichiarazione dei redditi sia congrua rispetto al relativo studio di settore e rendere trasparenti i veri proprietari di beni intestati a società di comodo;
f) definire un ridisegno complessivo della normativa in materia di sanzioni penali relative ai reati connessi al fenomeno dell'evasione, a partire dal ripristino del reato di falso in bilancio ed alla previsione, più equilibrata e restrittiva, della sospensione condizionale della pena;
g) offrire coerenza ed omogeneità all'intera macchina dell'amministrazione finanziaria, al fine di rafforzare l'autonomia gestionale delle strutture rispetto all'indirizzo politico, valorizzando le specificità professionali degli operatori;
h) prevedere un maggior coordinamento tra tutti gli enti che operano ai fini della verifica e dell'accertamento delle posizioni tributarie;
i) prevedere una disciplina antielusiva generale, valida per le grandi imprese ed i contribuenti con redditi elevati, in riferimento all'articolo 53 della Costituzione, in forza della quale, in virtù del principio generale dell'abuso del diritto tributario, il contribuente non possa trarre indebiti vantaggi fiscali dall'utilizzo distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio fiscale, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l'operazione, diverse dalla mera aspettativa di quel risparmio fiscale.
(1-00826)
(Ulteriore nuova formulazione, nel testo modificato) «Donadi, Borghesi, Di Pietro, Evangelisti, Barbato, Mura, Messina, Di Stanislao, Palomba».
(25 gennaio 2012)

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALLA MOZIONE DONADI ED ALTRI (ULTERIORE NUOVA FORMULAZIONE) N. 1-00826

Nel dispositivo, al primo capoverso, sostituire la lettera h) con la seguente:
h) ad attualizzare alcune disposizioni di carattere ordinativo e funzionale relative al Corpo della guardia di finanza, tenendo anche conto delle particolari peculiarità e dell'assetto organizzativo generale della pubblica amministrazione, in piena coerenza e a completamento dell'assetto delineato dalla legge delega n. 78 del 2000 e dai relativi decreti attuativi, che hanno confermato e rafforzato il ruolo del Corpo quale forza di polizia a competenza generale in materia economica e finanziaria alle dirette dipendenze del Ministro dell'economia e delle finanze e con compiti ad elevata specializzazione, assumendo iniziative normative in tal senso, in materia di istituzione, ordinamento e compiti del Corpo della polizia tributaria, comprese le attribuzioni funzionali dell'autorità di vertice e la conseguente soppressione del Corpo della guardia di finanza, in conformità ai seguenti principi e criteri direttivi:
1) il comandante generale del Corpo della polizia tributaria è scelto fra i dirigenti generali della pubblica amministrazione in servizio presso il Ministero dell'economia e delle finanze, assume la denominazione di direttore generale del Corpo della polizia tributaria ed è posto alle dirette dipendenze del Ministro dell'economia e delle finanze;
2) il personale appartenente al Corpo della guardia di finanza è collocato nell'ambito del Corpo della polizia tributaria, previo transito, a domanda, nelle corrispondenti aree funzionali del Ministero dell'economia e delle finanze - dipartimento delle finanze, con dipendenza dal direttore generale del Corpo della polizia tributaria, per l'assolvimento dei compiti d'istituto, in conformità a quanto disposto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 gennaio 2008, n. 43, e, ai fini della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, dalla legge 1o aprile 1981, n. 121.
1-00826/1. Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
l'evasione fiscale costituisce un fenomeno estremamente grave e diffuso, che ostacola la ripresa economica del Paese, altera la concorrenza, compromette lo sviluppo ordinato della società e pregiudica il futuro delle famiglie e dei giovani. Secondo le stime più accreditate essa comporta la sottrazione di almeno 120 miliardi di euro di imposte ogni anno;
i dati reddituali del 2009 recentemente diffusi dall'amministrazione finanziaria, pur nella loro insufficiente analiticità, hanno ancora una volta confermato la gravità e l'ampiezza del fenomeno, particolarmente accentuato nel settore delle imposte sui redditi e dell'iva;
nelle sue dichiarazioni programmatiche il Governo ha posto al centro del suo impegno l'azione di contrasto dell'evasione fiscale;
coerentemente con gli intenti dichiarati, le prime misure adottate con il decreto-legge n. 201 del 2011 - che hanno, tra l'altro, ridotto la soglia legale di utilizzo del contante per i pagamenti e hanno previsto l'obbligo di comunicazione da parte delle banche e degli altri operatori finanziari delle movimentazioni risultanti dai conti intrattenuti con i clienti, anche ai fini della migliore programmazione dei controlli - appaiono correttamente finalizzate a favorire l'emersione delle basi imponibili e ad accrescere l'efficacia dell'azione di contrasto. Tali misure, pur importanti e significative, non sono tuttavia sufficienti, da sole, ad assicurare una forte riduzione dell'evasione nei prossimi anni, riduzione di cui il Paese ha estremo bisogno;
la stessa azione degli organi amministrativi, che sembrano ora voler rilanciare metodologie di controllo più incisive e diffuse rispetto a quelle adottate negli ultimi anni, non può che essere uno degli elementi della complessiva strategia messa in campo per accrescere la tax compliance e la legalità dei comportamenti fiscali. Tale strategia deve, tuttavia, fondarsi non tanto sugli strumenti repressivi, che pure devono essere energici e tempestivi quando effettivamente colpiscono comportamenti intenzionalmente scorretti, ma soprattutto sugli strumenti organizzativi, tecnologici e procedurali che da soli possono favorire la naturale emersione delle basi imponibili, rendendo non possibile o, comunque, non conveniente l'evasione, come già da molti anni avviene per gran parte delle attività di lavoro dipendente, monitorate attraverso le informazioni che pervengono dai sostituti d'imposta,

impegna il Governo:

ad assumere le iniziative, anche normative, dirette:
a) ad introdurre l'obbligo di comunicazione telematica annuale dei rapporti con i clienti e i fornitori, allo scopo di indurre la maggiore veridicità dei dati economici dichiarati e di facilitare i controlli dell'amministrazione fiscale, contrastando le frodi e l'occultamento sistematico dei costi e dei ricavi, così da consentire il superamento dell'obbligo di comunicazione delle operazioni superiori a tremila euro;
b) a stabilire, indipendentemente dai limiti d'importo, l'obbligo di pagamento con modalità diverse dal contante quale condizione generale per il riconoscimento di costi e spese rilevanti a fini fiscali, sia nell'ambito delle attività d'impresa e professionali, sia ai fini della deduzione dal reddito complessivo o dall'imposta di oneri (fatta eccezione, in quest'ultimo caso, per le spese risultanti da scontrini che recano il codice fiscale dell'acquirente, i cosiddetti scontrini parlanti, di contenuta entità);
c) a prevedere la riduzione progressiva della soglia per l'utilizzo del contante;
d) ad istituire un momento di confronto collaborativo con il contribuente ad iniziativa dell'amministrazione finanziaria prima della presentazione della dichiarazione annuale, allo scopo di evidenziare allo stesso contribuente l'eventuale possibile incoerenza degli elementi risultanti dalle diverse banche dati dell'amministrazione con gli imponibili che lo stesso contribuente intende dichiarare, correggendo, al contempo, eventuali errori presenti negli archivi;
e) ad aumentare a un terzo del minimo la sanzione amministrativa tributaria in caso di acquiescenza, adesione all'accertamento o al verbale di constatazione e a ripristinare la responsabilità degli amministratori di società, esclusa per effetto dell'articolo 7 del decreto-legge n. 269 del 2003;
f) a prevedere che, salvo prova contraria, il maggior reddito accertato sinteticamente ai fini irpef (articolo 38, commi 4 e seguenti, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973) assuma rilevanza anche ai fini degli obblighi contributivi, nonché dell'iva e dell'irap, in quanto dovute per effetto della natura dell'attività svolta, ciò al fine di evitare che l'utilizzo dell'accertamento sintetico determini un ingiusto vantaggio per i contribuenti che vengono accertati con tale procedimento rispetto a quelli sottoposti ad accertamento analitico o analitico-induttivo;
g) a prevedere la trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri all'amministrazione finanziaria da parte degli esercenti attività di vendita al minuto, come già era stato stabilito dal decreto-legge n. 223 del 2006, abrogato dal decreto-legge n. 185 del 2008, al fine di semplificare gli adempimenti a carico del commerciante, riconoscendo, altresì, al contribuente un credito d'imposta per l'acquisto degli appositi apparecchi misuratori;
h) a prevedere strumenti di controllo per le vendite effettuate tramite distributori automatici, ripristinando la previsione già contenuta nella legge n. 244 del 2007, inspiegabilmente abrogata poco prima che il sistema di controllo entrasse in operatività, dall'articolo 16, comma 4, del decreto-legge n. 185 del 2008;
i) a sviluppare e a qualificare l'attività dell'Agenzia delle entrate dal lato dell'assistenza del contribuente agli adempimenti fiscali, quali predisposizione delle dichiarazioni, dei versamenti ed altro, utilizzando le tecnologie telematiche e organizzandosi per gestire la posizione dei contribuenti che richiedono il servizio, allo scopo di ridurre i costi di adempimento e rasserenare il rapporto fiscale;
l) a rafforzare il ruolo della Guardia di finanza quale polizia economico-finanziaria, concentrandone l'azione nella repressione delle frodi fiscali e dei fenomeni di criminalità connessi;
m) a elevare la misura edittale delle sanzioni penali previste nei casi di condotte fraudolente, allo scopo di consentire, in presenza di gravi indizi, l'utilizzazione dei più efficaci mezzi di indagine giudiziaria.
(1-00830)
«Fluvi, Causi, Albini, Carella, D'Antoni, Fogliardi, Graziano, Marchignoli, Piccolo, Pizzetti, Sposetti, Strizzolo, Vaccaro, Verini».
(30 gennaio 2012)

La Camera,
premesso che:
l'evasione fiscale costituisce un fenomeno estremamente grave e diffuso, che ostacola la ripresa economica del Paese, altera la concorrenza, compromette lo sviluppo ordinato della società e pregiudica il futuro delle famiglie e dei giovani. Secondo le stime più accreditate essa comporta la sottrazione di almeno 120 miliardi di euro di imposte ogni anno;
i dati reddituali del 2009 recentemente diffusi dall'amministrazione finanziaria, pur nella loro insufficiente analiticità, hanno ancora una volta confermato la gravità e l'ampiezza del fenomeno, particolarmente accentuato nel settore delle imposte sui redditi e dell'iva;
nelle sue dichiarazioni programmatiche il Governo ha posto al centro del suo impegno l'azione di contrasto dell'evasione fiscale;
coerentemente con gli intenti dichiarati, le prime misure adottate con il decreto-legge n. 201 del 2011 - che hanno, tra l'altro, ridotto la soglia legale di utilizzo del contante per i pagamenti e hanno previsto l'obbligo di comunicazione da parte delle banche e degli altri operatori finanziari delle movimentazioni risultanti dai conti intrattenuti con i clienti, anche ai fini della migliore programmazione dei controlli - appaiono correttamente finalizzate a favorire l'emersione delle basi imponibili e ad accrescere l'efficacia dell'azione di contrasto. Tali misure, pur importanti e significative, non sono tuttavia sufficienti, da sole, ad assicurare una forte riduzione dell'evasione nei prossimi anni, riduzione di cui il Paese ha estremo bisogno;
la stessa azione degli organi amministrativi, che sembrano ora voler rilanciare metodologie di controllo più incisive e diffuse rispetto a quelle adottate negli ultimi anni, non può che essere uno degli elementi della complessiva strategia messa in campo per accrescere la tax compliance e la legalità dei comportamenti fiscali. Tale strategia deve, tuttavia, fondarsi non tanto sugli strumenti repressivi, che pure devono essere energici e tempestivi quando effettivamente colpiscono comportamenti intenzionalmente scorretti, ma soprattutto sugli strumenti organizzativi, tecnologici e procedurali che da soli possono favorire la naturale emersione delle basi imponibili, rendendo non possibile o, comunque, non conveniente l'evasione, come già da molti anni avviene per gran parte delle attività di lavoro dipendente, monitorate attraverso le informazioni che pervengono dai sostituti d'imposta,

impegna il Governo:

a valutare le iniziative, anche normative, dirette:
a) ad introdurre l'obbligo di comunicazione telematica annuale dei rapporti con i clienti e i fornitori, allo scopo di indurre la maggiore veridicità dei dati economici dichiarati e di facilitare i controlli dell'amministrazione fiscale, contrastando le frodi e l'occultamento sistematico dei costi e dei ricavi, così da consentire il superamento dell'obbligo di comunicazione delle operazioni superiori a tremila euro;
b) a stabilire, indipendentemente dai limiti d'importo, l'obbligo di pagamento con modalità diverse dal contante quale condizione generale per il riconoscimento di costi e spese rilevanti a fini fiscali, sia nell'ambito delle attività d'impresa e professionali, sia ai fini della deduzione dal reddito complessivo o dall'imposta di oneri (fatta eccezione, in quest'ultimo caso, per le spese risultanti da scontrini che recano il codice fiscale dell'acquirente, i cosiddetti scontrini parlanti, di contenuta entità);
c) a prevedere la riduzione progressiva della soglia per l'utilizzo del contante;
d) ad istituire un momento di confronto collaborativo con il contribuente ad iniziativa dell'amministrazione finanziaria prima della presentazione della dichiarazione annuale, allo scopo di evidenziare allo stesso contribuente l'eventuale possibile incoerenza degli elementi risultanti dalle diverse banche dati dell'amministrazione con gli imponibili che lo stesso contribuente intende dichiarare, correggendo, al contempo, eventuali errori presenti negli archivi;
e) ad aumentare a un terzo del minimo la sanzione amministrativa tributaria in caso di acquiescenza, adesione all'accertamento o al verbale di constatazione e a ripristinare la responsabilità degli amministratori di società, esclusa per effetto dell'articolo 7 del decreto-legge n. 269 del 2003;
f) a prevedere che, salvo prova contraria, il maggior reddito accertato sinteticamente ai fini irpef (articolo 38, commi 4 e seguenti, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973) assuma rilevanza anche ai fini degli obblighi contributivi, nonché dell'iva e dell'irap, in quanto dovute per effetto della natura dell'attività svolta, ciò al fine di evitare che l'utilizzo dell'accertamento sintetico determini un ingiusto vantaggio per i contribuenti che vengono accertati con tale procedimento rispetto a quelli sottoposti ad accertamento analitico o analitico-induttivo;
g) a prevedere la trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri all'amministrazione finanziaria da parte degli esercenti attività di vendita al minuto, come già era stato stabilito dal decreto-legge n. 223 del 2006, abrogato dal decreto-legge n. 185 del 2008, al fine di semplificare gli adempimenti a carico del commerciante, riconoscendo, altresì, al contribuente un credito d'imposta per l'acquisto degli appositi apparecchi misuratori;
h) a prevedere strumenti di controllo per le vendite effettuate tramite distributori automatici, ripristinando la previsione già contenuta nella legge n. 244 del 2007, inspiegabilmente abrogata poco prima che il sistema di controllo entrasse in operatività, dall'articolo 16, comma 4, del decreto-legge n. 185 del 2008;
i) a sviluppare e a qualificare l'attività dell'Agenzia delle entrate dal lato dell'assistenza del contribuente agli adempimenti fiscali, quali predisposizione delle dichiarazioni, dei versamenti ed altro, utilizzando le tecnologie telematiche e organizzandosi per gestire la posizione dei contribuenti che richiedono il servizio, allo scopo di ridurre i costi di adempimento e rasserenare il rapporto fiscale;
l) a rafforzare il ruolo della Guardia di finanza quale polizia economico-finanziaria, concentrandone l'azione nella repressione delle frodi fiscali e dei fenomeni di criminalità connessi;
m) a elevare la misura edittale delle sanzioni penali previste nei casi di condotte fraudolente, allo scopo di consentire, in presenza di gravi indizi, l'utilizzazione dei più efficaci mezzi di indagine giudiziaria.
(1-00830)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Fluvi, Causi, Albini, Carella, D'Antoni, Fogliardi, Graziano, Marchignoli, Piccolo, Pizzetti, Sposetti, Strizzolo, Vaccaro, Verini».
(30 gennaio 2012)

La Camera,
premesso che:
il risanamento delle finanze pubbliche è un problema non solo di numeri, di saldi tra entrate e uscite, ma anche di credibilità e uno Stato è credibile se si dimostra capace di far rispettare le proprie regole;
oltre che per questioni di equità, indispensabili nel momento in cui si chiedono sacrifici al Paese, oggi abbattere l'evasione fiscale è una priorità assoluta. L'elevato tasso di evasione è l'indice di quanto in basso sia caduto il livello di legalità in Italia;
è ancora più preoccupante che l'evasione fiscale venga quasi percepita, soprattutto all'estero, come un tratto endemico della nostra società, con un senso di indignata rassegnazione per uno Stato incapace di far rispettare le leggi che sforna a getto continuo;
abbattere l'evasione è, quindi, la strada per elevare il senso di legalità, perché è anche il modo più efficace di combattere criminalità organizzata, corruzione, reati finanziari, affarismo, abusi;
con l'ultima manovra finanziaria, definita «salva Italia», lo Stato si è dotato di quasi tutti gli strumenti necessari a combattere efficacemente l'evasione: infatti, può controllare ogni pagamento, transazione finanziaria o investimento dei cittadini, ha limitato l'uso del contante per avere una traccia di come si utilizzano i soldi e può analizzare le abitudini di spesa con il nuovo redditometro;
il cosiddetto semaforo del fisco consentirà di mettere sotto controllo i conti correnti bancari e funzionerà come un incrocio pericoloso, per decidere chi passa e chi invece si deve fermare per i controlli. Lo Stato può verificare l'attendibilità dei redditi dei professionisti e delle piccole realtà imprenditoriali con studi di settore sempre più analitici; può sapere dove si investe all'estero grazie ai trattati sullo scambio di informazioni e, se lo si fa in un Paese della black list del fisco, scatta l'inversione dell'onere della prova; si è dotato di norme contro l'uso elusivo del debito, contro l'«abuso di diritto», contro l'evasione dell'iva intracomunitaria, facendola pagare a chi compra un servizio da un altro Paese, contro le transazioni di comodo con l'estero;
lo Stato ha a disposizione un apparato imponente, formato, caso unico al mondo, da ben tre istituzioni: l'Agenzia delle entrate, la Guardia di finanza ed Equitalia, oltre ai comuni che conoscono il territorio. Gli strumenti e i mezzi per incidere significativamente sull'evasione ci sono: adesso ci vogliono i risultati. Altrimenti la perdita di credibilità dello Stato sarà irreversibile. Ma un Paese molto indebitato e poco credibile prima o poi è destinato al default e, poiché la posta in gioco è talmente alta, è giusto concedere allo Stato un potere così intrusivo nel privato dei cittadini; tuttavia se, a fronte di tanto potere i cittadini non potranno presto godere dei benefici concreti di una minore evasione e di una maggiore legalità, l'unico risultato sarà la percezione di uno Stato ancora più iniquo e meno credibile;
l'identikit dell'evasione ha profili diversi: al Sud prevale il lavoro nero, soprattutto in agricoltura e nell'edilizia; al Nord si registrano plotoni di piccole imprese, che «condiscono» i ricavi con fatture false; nelle grandi città gli immobili sono una sorgente infinita di contanti senza contratti e per le grandi aziende lo strumento prevalente è l'elusione, accompagnata da società «ombrello» e conti all'estero. L'Istat e la Banca d'Italia assegnano a questo fiume di danaro non dichiarato una valore abnorme: tra 255 e 275 miliardi di euro all'anno, che corrispondono al 17,5 per cento del prodotto interno lordo, e questo senza includere nel conto i guadagni della criminalità organizzata (traffico di droga, racket ed altro), stimati in oltre 100 miliardi di euro e quelli della corruzione, calcolati in oltre 60 miliardi di euro;
la politica non deve essere solo constatazione fredda di quello che le opinioni pubbliche pensano in un dato momento; in momenti come questo, di crisi finanziaria ed economico-sociale, occorrono donne e uomini che abbiano il coraggio di guardare lontano. In questi anni di liberismo sfrenato, di mercati senza regole, c'è stata un'evoluzione dei valori con l'esplosione dell'individualismo contemporaneo, che porta le persone a ripiegarsi su se stesse. È una tendenza da combattere: poiché non si può rinunciare all'idea che non si è soltanto se stessi, ma si è anche attraverso gli altri e si appartiene a collettività e comunità, per volontà e per interdipendenza dei fatti e che l'avventura collettiva ha ancora un senso;
se c'è una crisi storica, ci vuole un profondo cambio di mentalità. Va trovato l'equilibrio fra azione collettiva e sforzo individuale. Nessuno salva il Paese se non ci si dà da fare, ma nessuno si salva da solo. Si è tutti su una stessa barca, nel mare in tempesta, di una crisi storica;
in Italia nel 2011, il 10 per cento delle famiglie più ricche deteneva il 45 per cento della ricchezza complessiva. Negli ultimi dieci anni, mentre il reddito pro capite italiano scendeva dal 117 per cento del reddito medio europeo al 100 per cento, l'indice di diseguaglianza è salito dal 4,8 al 5,5 per cento: cioè il 20 per cento di italiani più ricchi dispone di un reddito 5,5 volte più elevato di quello del 20 per cento di italiani più poveri;
sono cifre queste che non possono lasciare indifferenti. C'è davvero qualcosa che si è rotto nelle nostre società. Si pone drammaticamente, innanzitutto, una questione di giustizia sociale. La politica non può più essere indifferente, deve preoccuparsi e quindi occuparsene. È in gioco, in quelle cifre, il futuro stesso delle società occidentali. Comunità dove va aumentando il differenziale tra i tanti che hanno poco e i pochi che hanno molto sono realtà in declino, economicamente e socialmente malate;
«In Inghilterra - come scriveva Einaudi - quasi tutti i risparmiatori hanno fiducia nella parola dello Stato, sanno che la promessa di concedere, appena possibile, sgravi di imposte, e di concederli preferibilmente a cominciare dai redditi più bassi, sarà mantenuta; bisogna ricreare anche in Italia questa atmosfera di fiducia, questo senso dell'avvenire, bisogna promuovere la ricostruzione che nasce dalla speranza. Questo è il miracolo che è chiamata a compiere nel nostro Paese la politica italiana»;
avendo l'Italia deciso finalmente di mettere ordine, anche per gli impegni presi con l'Europa, nei suoi conti pubblici ed essendo questo sforzo molto ingente, è intollerabile che una parte del Paese possa sottrarsi a fare in pieno la propria parte;
l'articolo 53 della Costituzione recita testualmente: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività». Cioè: più guadagni, più paghi. Ma non sempre è così, anzi l'evasione fiscale è diventata una forma di «arte» dove nessuna opera è uguale all'altra: una Ferrari Testarossa iscritta tra i beni strumentali di un'impresa di demolizioni e una motoslitta da neve tra le macchine da lavoro di un agrumeto siciliano. Tante trame, un finale: meno tasse da pagare;
secondo la Dbgeo, una banca dati dell'Agenzia delle entrate, a livello nazionale ci sarebbe una differenza del 38,41 per cento fra il reddito dichiarato e il reddito presunto degli italiani che non sono lavoratori dipendenti o pensionati;
uno degli strumenti maggiormente utilizzati, soprattutto per i detentori di beni di grande valore o patrimoni di centinaia di migliaia di euro, per eludere e/o evadere le imposte è quello della costituzione di «società di comodo» e del ricorso ai trust;
il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, avrebbe dovuto porre fine alle società di comodo ed invece si è limitato ad intervenire su quelle che hanno denunciato perdite persistenti. In realtà, norme per colpire le società di comodo esistono già. Per esempio, chi intesta la propria barca a una società controllata da se stesso o dai propri familiari potrà recuperare l'iva versata ai fornitori solo se paga un noleggio superiore a soglie prefissate;
ancora più difficile appare la caccia al trust, una formula giuridica anglosassone, che consente di schermare il reale proprietario di un bene designando un intestatario giuridico e un beneficiario economico;
al «supermarket» dell'elusione il trust va alla grande. Ne fa uso chi vuole proteggere i propri beni dalle pretese dei creditori o, in caso di separazione, dalle richieste dell'ex coniuge. Ma il trust, a quanto pare, funziona benissimo anche per mettersi al riparo dal fisco. Non si contano i beni di lusso (ville, barche, auto) intestati, per esempio, a strutture fiduciarie con sede nei «paradisi fiscali»,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative, anche normative, volte a:
a) garantire una maggiore trasparenza nella comunicazione ai cittadini, facendo sì che agli italiani sia fornito un dato ufficiale, verificabile, analitico e indipendente sull'ammontare dell'evasione e che in ottobre, in concomitanza con la pubblicazione definitiva della contabilità nazionale e contestualmente alla discussione sulla legge di stabilità, l'Istat (di concerto con la Banca d'Italia, l'Agenzia delle entrate, l'Agenzia del territorio ed Equitalia) comunichi quello che in altri Stati si chiama tax-gap;
b) aggiungere un obiettivo ufficiale oltre a quelli per deficit, debito e saldo primario: il livello di pressione fiscale, indicando esplicitamente che quanto ricavato dalla lotta all'evasione fiscale va ridistribuito a favore di chi lavora, investe e produce;
c) fare confluire i poteri «fiscali», che ora sono sparsi tra più soggetti, in una «super agenzia», che risponda direttamente al Governo e al Parlamento;
d) ridurre il contenzioso portando da tre ad uno solo i gradi di giudizio;
e) obbligare tutte le società a rilevare l'identità dei dominus, delle persone fisiche che le controllano, in modo da segnare una svolta nella lotta all'evasione fiscale e anche nella repressione della criminalità organizzata;
f) semplificare le norme fiscali e ridurre il numero delle deduzioni;
g) eliminare la possibilità di far pagare le imposte singolarmente a ogni società appartenente a un gruppo, rendendo obbligatorio il «consolidato fiscale»;
h) far sì che chi ha il passaporto italiano paghi le tasse anche in Italia, a prescindere dalla residenza, dedotte le imposte già pagate all'estero, in modo che qualsiasi trust, holding, fondo, società, il cui beneficiary owner ha un passaporto italiano, paghi, pro quota, le imposte in Italia;
i) reintrodurre severe disposizioni penali nel caso di imposte evase superiori ad una quota prestabilita.
(1-00831)
«Cambursano, La Malfa, Giulietti, Mannino, Commercio, Marmo, Lo Monte, Lombardo, Oliveri, Tanoni, Melchiorre, Gaglione, Mario Pepe (Misto-R-A), Portas».
(30 gennaio 2012)

La Camera,
premesso che:
il risanamento delle finanze pubbliche è un problema non solo di numeri, di saldi tra entrate e uscite, ma anche di credibilità e uno Stato è credibile se si dimostra capace di far rispettare le proprie regole;
oltre che per questioni di equità, indispensabili nel momento in cui si chiedono sacrifici al Paese, oggi abbattere l'evasione fiscale è una priorità assoluta. L'elevato tasso di evasione è l'indice di quanto in basso sia caduto il livello di legalità in Italia;
è ancora più preoccupante che l'evasione fiscale venga quasi percepita, soprattutto all'estero, come un tratto endemico della nostra società, con un senso di indignata rassegnazione per uno Stato incapace di far rispettare le leggi che sforna a getto continuo;
abbattere l'evasione è, quindi, la strada per elevare il senso di legalità, perché è anche il modo più efficace di combattere criminalità organizzata, corruzione, reati finanziari, affarismo, abusi;
con l'ultima manovra finanziaria, definita «salva Italia», lo Stato si è dotato di quasi tutti gli strumenti necessari a combattere efficacemente l'evasione: infatti, può controllare ogni pagamento, transazione finanziaria o investimento dei cittadini, ha limitato l'uso del contante per avere una traccia di come si utilizzano i soldi e può analizzare le abitudini di spesa con il nuovo redditometro;
il cosiddetto semaforo del fisco consentirà di mettere sotto controllo i conti correnti bancari e funzionerà come un incrocio pericoloso, per decidere chi passa e chi invece si deve fermare per i controlli. Lo Stato può verificare l'attendibilità dei redditi dei professionisti e delle piccole realtà imprenditoriali con studi di settore sempre più analitici; può sapere dove si investe all'estero grazie ai trattati sullo scambio di informazioni e, se lo si fa in un Paese della black list del fisco, scatta l'inversione dell'onere della prova; si è dotato di norme contro l'uso elusivo del debito, contro l'«abuso di diritto», contro l'evasione dell'iva intracomunitaria, facendola pagare a chi compra un servizio da un altro Paese, contro le transazioni di comodo con l'estero;
lo Stato ha a disposizione un apparato imponente, formato, caso unico al mondo, da ben tre istituzioni: l'Agenzia delle entrate, la Guardia di finanza ed Equitalia, oltre ai comuni che conoscono il territorio. Gli strumenti e i mezzi per incidere significativamente sull'evasione ci sono: adesso ci vogliono i risultati. Altrimenti la perdita di credibilità dello Stato sarà irreversibile. Ma un Paese molto indebitato e poco credibile prima o poi è destinato al default e, poiché la posta in gioco è talmente alta, è giusto concedere allo Stato un potere così intrusivo nel privato dei cittadini; tuttavia se, a fronte di tanto potere i cittadini non potranno presto godere dei benefici concreti di una minore evasione e di una maggiore legalità, l'unico risultato sarà la percezione di uno Stato ancora più iniquo e meno credibile;
l'identikit dell'evasione ha profili diversi: al Sud prevale il lavoro nero, soprattutto in agricoltura e nell'edilizia; al Nord si registrano plotoni di piccole imprese, che «condiscono» i ricavi con fatture false; nelle grandi città gli immobili sono una sorgente infinita di contanti senza contratti e per le grandi aziende lo strumento prevalente è l'elusione, accompagnata da società «ombrello» e conti all'estero. L'Istat e la Banca d'Italia assegnano a questo fiume di danaro non dichiarato una valore abnorme: tra 255 e 275 miliardi di euro all'anno, che corrispondono al 17,5 per cento del prodotto interno lordo, e questo senza includere nel conto i guadagni della criminalità organizzata (traffico di droga, racket ed altro), stimati in oltre 100 miliardi di euro e quelli della corruzione, calcolati in oltre 60 miliardi di euro;
la politica non deve essere solo constatazione fredda di quello che le opinioni pubbliche pensano in un dato momento; in momenti come questo, di crisi finanziaria ed economico-sociale, occorrono donne e uomini che abbiano il coraggio di guardare lontano. In questi anni di liberismo sfrenato, di mercati senza regole, c'è stata un'evoluzione dei valori con l'esplosione dell'individualismo contemporaneo, che porta le persone a ripiegarsi su se stesse. È una tendenza da combattere: poiché non si può rinunciare all'idea che non si è soltanto se stessi, ma si è anche attraverso gli altri e si appartiene a collettività e comunità, per volontà e per interdipendenza dei fatti e che l'avventura collettiva ha ancora un senso;
se c'è una crisi storica, ci vuole un profondo cambio di mentalità. Va trovato l'equilibrio fra azione collettiva e sforzo individuale. Nessuno salva il Paese se non ci si dà da fare, ma nessuno si salva da solo. Si è tutti su una stessa barca, nel mare in tempesta, di una crisi storica;
in Italia nel 2011, il 10 per cento delle famiglie più ricche deteneva il 45 per cento della ricchezza complessiva. Negli ultimi dieci anni, mentre il reddito pro capite italiano scendeva dal 117 per cento del reddito medio europeo al 100 per cento, l'indice di diseguaglianza è salito dal 4,8 al 5,5 per cento: cioè il 20 per cento di italiani più ricchi dispone di un reddito 5,5 volte più elevato di quello del 20 per cento di italiani più poveri;
sono cifre queste che non possono lasciare indifferenti. C'è davvero qualcosa che si è rotto nelle nostre società. Si pone drammaticamente, innanzitutto, una questione di giustizia sociale. La politica non può più essere indifferente, deve preoccuparsi e quindi occuparsene. È in gioco, in quelle cifre, il futuro stesso delle società occidentali. Comunità dove va aumentando il differenziale tra i tanti che hanno poco e i pochi che hanno molto sono realtà in declino, economicamente e socialmente malate;
«In Inghilterra - come scriveva Einaudi - quasi tutti i risparmiatori hanno fiducia nella parola dello Stato, sanno che la promessa di concedere, appena possibile, sgravi di imposte, e di concederli preferibilmente a cominciare dai redditi più bassi, sarà mantenuta; bisogna ricreare anche in Italia questa atmosfera di fiducia, questo senso dell'avvenire, bisogna promuovere la ricostruzione che nasce dalla speranza. Questo è il miracolo che è chiamata a compiere nel nostro Paese la politica italiana»;
avendo l'Italia deciso finalmente di mettere ordine, anche per gli impegni presi con l'Europa, nei suoi conti pubblici ed essendo questo sforzo molto ingente, è intollerabile che una parte del Paese possa sottrarsi a fare in pieno la propria parte;
l'articolo 53 della Costituzione recita testualmente: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività». Cioè: più guadagni, più paghi. Ma non sempre è così, anzi l'evasione fiscale è diventata una forma di «arte» dove nessuna opera è uguale all'altra: una Ferrari Testarossa iscritta tra i beni strumentali di un'impresa di demolizioni e una motoslitta da neve tra le macchine da lavoro di un agrumeto siciliano. Tante trame, un finale: meno tasse da pagare;
secondo la Dbgeo, una banca dati dell'Agenzia delle entrate, a livello nazionale ci sarebbe una differenza del 38,41 per cento fra il reddito dichiarato e il reddito presunto degli italiani che non sono lavoratori dipendenti o pensionati;
uno degli strumenti maggiormente utilizzati, soprattutto per i detentori di beni di grande valore o patrimoni di centinaia di migliaia di euro, per eludere e/o evadere le imposte è quello della costituzione di «società di comodo» e del ricorso ai trust;
il decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, avrebbe dovuto porre fine alle società di comodo ed invece si è limitato ad intervenire su quelle che hanno denunciato perdite persistenti. In realtà, norme per colpire le società di comodo esistono già. Per esempio, chi intesta la propria barca a una società controllata da se stesso o dai propri familiari potrà recuperare l'iva versata ai fornitori solo se paga un noleggio superiore a soglie prefissate;
ancora più difficile appare la caccia al trust, una formula giuridica anglosassone, che consente di schermare il reale proprietario di un bene designando un intestatario giuridico e un beneficiario economico;
al «supermarket» dell'elusione il trust va alla grande. Ne fa uso chi vuole proteggere i propri beni dalle pretese dei creditori o, in caso di separazione, dalle richieste dell'ex coniuge. Ma il trust, a quanto pare, funziona benissimo anche per mettersi al riparo dal fisco. Non si contano i beni di lusso (ville, barche, auto) intestati, per esempio, a strutture fiduciarie con sede nei «paradisi fiscali»,

impegna il Governo:

a valutare iniziative, anche normative, volte a:
a) garantire una maggiore trasparenza nella comunicazione ai cittadini, facendo sì che agli italiani sia fornito un dato ufficiale, verificabile, analitico e indipendente sull'ammontare dell'evasione e che in ottobre, in concomitanza con la pubblicazione definitiva della contabilità nazionale e contestualmente alla discussione sulla legge di stabilità, l'Istat (di concerto con la Banca d'Italia, l'Agenzia delle entrate, l'Agenzia del territorio ed Equitalia) comunichi quello che in altri Stati si chiama tax-gap;
b) indicare esplicitamente che quanto ricavato dalla lotta all'evasione fiscale va ridistribuito a favore di chi lavora, investe e produce;
c) obbligare tutte le società a rilevare l'identità dei dominus, delle persone fisiche che le controllano, in modo da segnare una svolta nella lotta all'evasione fiscale e anche nella repressione della criminalità organizzata;
d) semplificare le norme fiscali e ridurre il numero delle deduzioni;
e) far sì che qualsiasi trust, holding, fondo, società, il cui beneficiary owner sia italiano, paghi, pro quota, le imposte in Italia;
f) reintrodurre severe disposizioni penali nel caso di imposte evase superiori ad una quota prestabilita.
(1-00831)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Cambursano, La Malfa, Giulietti, Mannino, Commercio, Marmo, Lo Monte, Lombardo, Oliveri, Tanoni, Melchiorre, Gaglione, Mario Pepe (Misto-R-A), Portas, Nucara».
(30 gennaio 2012)

La Camera,
premesso che:
il precedente Governo aveva rafforzato, con risultati visibili, l'azione di contrasto all'evasione fiscale, con una serie di provvedimenti che hanno avuto un effetto benefico per il Paese attraverso maggiori entrate;
l'attuale Governo ha inserito, nel cosiddetto provvedimento «salva Italia», nuove misure tese all'emersione della base imponibile per consentire al fisco di effettuare controlli più serrati e stanare gli evasori parziali o totali;
tutto ciò non è solo giusto moralmente; nell'attuale situazione di crisi economica con manovre economiche che stanno duramente colpendo tutti i cittadini, diventa, infatti, inaccettabile sopportare ulteriori oneri a causa di una diffusa evasione fiscale, che, secondo quanto stima l'Istat, avrebbe raggiunto la cifra di 150 miliardi di euro l'anno;
cifra questa che, secondo altri istituti di ricerca, avrebbe raggiunto ormai i 180 miliardi di euro di evasione annuale;
da questo punto di vista, è indubbio che qualsiasi attività tesa a colpire i grandi evasori fiscali non può che essere accolta con soddisfazione dai cittadini e dal Parlamento, ma in questo senso va operata una distinzione tra chi, soffocato dall'alto livello della tassazione e dalla crisi economica, rischia di chiudere la propria attività (con particolare riferimento ai piccoli e medi imprenditori) e chi, invece, ha fatto dell'evasione fiscale una scelta di vita a tutto danno dell'intera comunità;
in questo senso non si può non criticare una scelta, che vede in Equitalia l'esecutore materiale, che ha portato a situazioni limite in cui piccoli imprenditori o singoli cittadini si sono ritrovati con le proprie case pignorate per non essere stati in grado di estinguere le proprie pendenze debitorie, spesso irrisorie all'inizio del procedimento;
la lotta all'evasione fiscale va portata avanti colpendo i veri grandi evasori, in primo luogo l'economia criminale, che rappresenta, da sola, 78,2 miliardi di euro, a dimostrazione di come non si può scindere la lotta all'evasione dalla lotta alla criminalità; in secondo luogo va fermata l'evasione delle cosiddette big company, che non solo, in un caso su tre, chiudono in perdita, evitando di pagare le tasse, ma fanno un uso spregiudicato del trasfer pricing, spostando costi e ricavi tra le varie società del gruppo, usufruendo così dei paradisi fiscali;
da uno studio fatto, per conto dell'Associazione contribuenti italiani, risulta che il danno per l'erario, a causa della pratica delle big company, sia di circa 38 miliardi di euro l'anno;
a seguire vi è il danno provocato dal lavoro nero, con coinvolge quasi tre milioni di lavoratori, poi vi sono le società di capitali italiane, che dichiarano redditi negativi o sotto i 10 mila euro l'anno, e solo alla fine vi è l'evasione dei lavoratori autonomi e delle piccole imprese (mancata emissione di scontrini, ricevute e fatture fiscali);
questo non significa, ovviamente, che l'evasione non vada combattuta in tutte le sue forme e ovunque essa si manifesti, ma solo che bisogna avere chiaro che è necessario, non solo moralmente ma anche economicamente, colpire prioritariamente e senza tregua i poteri forti ed occulti che stanno dietro alla grande evasione ed elusione fiscale, fornendosi di tutti gli strumenti, legislativi, di personale e tecnologici atti allo scopo;
in questo senso, come da più parti viene auspicato, una seria lotta all'evasione deve essere accompagnata da una ricerca di equità, facendo in modo che tali maggiori introiti diventino uno strumento reale per rilanciare lo sviluppo e applicare minori aliquote, restituendo ai cittadini onesti una quota di reddito che è stata loro ingiustamente sottratta in tutti questi anni in cui gli evasori sono riusciti a farla franca;
da questo quadro appare evidente che la lotta all'evasione è un terreno sul quale bisogna, da parte dello Stato, investire con serietà, lasciando alle azioni spettacolari, che pochi risultati hanno praticamente, il tempo di una giornata,

impegna il Governo:

a promuovere un processo di riforma complessivo del sistema tributario con la finalità di perseguire l'obiettivo della riduzione della pressione fiscale, in modo particolare sulle piccole e medie imprese, sulle famiglie e sul lavoro dipendente;
ad ammodernare il sistema di lotta all'evasione e all'elusione fiscale, rafforzando il ruolo dell'Agenzie delle entrate, che dovrebbe svolgere una maggiore funzione di coordinamento tra i vari soggetti oggi preposti a questo compito di controllo e repressione;
ad indirizzare la battaglia contro l'evasione e l'elusione fiscale nei confronti dei principali responsabili di tale fenomeno, tenendo conto dei risultati degli studi sopra riportati che individuano con chiarezza dove dirigere con maggiore attenzione le proprie ricerche;
a stabilire con certezza l'autorità preposta a predisporre un rapporto ufficiale ed unico, a cadenza annuale, che illustri il cosiddetto tax gap (la differenza tra entrate effettive e presunte da parte del fisco), assicurando che tale rapporto sia illustrato dal Governo al Parlamento, con la stessa cadenza temporale, al fine di studiare strategie sempre più articolate e puntuali nella lotta all'evasione e all'elusione fiscale;
ad assumere iniziative volte a prevedere che i fondi derivanti dalla lotta all'evasione e all'elusione fiscale siano destinati prioritariamente allo sviluppo e ad un recupero del reddito, tramite minori aliquote, per tutti quei cittadini onesti, che sono la netta maggioranza, che le tasse le hanno sempre pagate.
(1-00832)
«Moffa, Calearo Ciman, Catone, Cesario, D'Anna, Grassano, Gianni, Guzzanti, Lehner, Marmo, Milo, Mottola, Orsini, Pionati, Pisacane, Polidori, Razzi, Romano, Ruvolo, Scilipoti, Siliquini, Stasi, Taddei».
(30 gennaio 2012)

La Camera,
premesso che:
il precedente Governo aveva rafforzato, con risultati visibili, l'azione di contrasto all'evasione fiscale, con una serie di provvedimenti che hanno avuto un effetto benefico per il Paese attraverso maggiori entrate;
l'attuale Governo ha inserito, nel cosiddetto provvedimento «salva Italia», nuove misure tese all'emersione della base imponibile per consentire al fisco di effettuare controlli più serrati e stanare gli evasori parziali o totali;
tutto ciò non è solo giusto moralmente; nell'attuale situazione di crisi economica con manovre economiche che stanno duramente colpendo tutti i cittadini, diventa, infatti, inaccettabile sopportare ulteriori oneri a causa di una diffusa evasione fiscale, che, secondo quanto stima l'Istat, avrebbe raggiunto la cifra di 150 miliardi di euro l'anno;
cifra questa che, secondo altri istituti di ricerca, avrebbe raggiunto ormai i 180 miliardi di euro di evasione annuale;
da questo punto di vista, è indubbio che qualsiasi attività tesa a colpire i grandi evasori fiscali non può che essere accolta con soddisfazione dai cittadini e dal Parlamento, ma in questo senso va operata una distinzione tra chi, soffocato dall'alto livello della tassazione e dalla crisi economica, rischia di chiudere la propria attività (con particolare riferimento ai piccoli e medi imprenditori) e chi, invece, ha fatto dell'evasione fiscale una scelta di vita a tutto danno dell'intera comunità;
in questo senso non si può non rilevare con criticità situazioni limite in cui piccoli imprenditori o singoli cittadini si sono ritrovati con le proprie case pignorate per non essere stati in grado di estinguere le proprie pendenze debitorie, spesso irrisorie all'inizio del procedimento;
la lotta all'evasione fiscale va portata avanti colpendo i veri grandi evasori, in primo luogo l'economia criminale, che rappresenta, da sola, 78,2 miliardi di euro, a dimostrazione di come non si può scindere la lotta all'evasione dalla lotta alla criminalità; in secondo luogo va fermata l'evasione delle cosiddette big company, che non solo, in un caso su tre, chiudono in perdita, evitando di pagare le tasse, ma fanno un uso spregiudicato del trasfer pricing, spostando costi e ricavi tra le varie società del gruppo, usufruendo così dei paradisi fiscali;
da uno studio fatto, per conto dell'Associazione contribuenti italiani, risulta che il danno per l'erario, a causa della pratica delle big company, sia di circa 38 miliardi di euro l'anno;
a seguire vi è il danno provocato dal lavoro nero, con coinvolge quasi tre milioni di lavoratori, poi vi sono le società di capitali italiane, che dichiarano redditi negativi o sotto i 10 mila euro l'anno, e solo alla fine vi è l'evasione dei lavoratori autonomi e delle piccole imprese (mancata emissione di scontrini, ricevute e fatture fiscali);
questo non significa, ovviamente, che l'evasione non vada combattuta in tutte le sue forme e ovunque essa si manifesti, ma solo che bisogna avere chiaro che è necessario, non solo moralmente ma anche economicamente, colpire prioritariamente e senza tregua i poteri forti ed occulti che stanno dietro alla grande evasione ed elusione fiscale, fornendosi di tutti gli strumenti, legislativi, di personale e tecnologici atti allo scopo;
in questo senso, come da più parti viene auspicato, una seria lotta all'evasione deve essere accompagnata da una ricerca di equità, facendo in modo che tali maggiori introiti diventino uno strumento reale per rilanciare lo sviluppo e applicare minori aliquote, restituendo ai cittadini onesti una quota di reddito che è stata loro ingiustamente sottratta in tutti questi anni in cui gli evasori sono riusciti a farla franca;
da questo quadro appare evidente che la lotta all'evasione è un terreno sul quale bisogna, da parte dello Stato, investire con serietà, lasciando alle azioni spettacolari, che pochi risultati hanno praticamente, il tempo di una giornata,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di iniziative volte a promuovere un processo di riforma complessivo del sistema tributario con la finalità di perseguire l'obiettivo della riduzione della pressione fiscale, in modo particolare sulle piccole e medie imprese, sulle famiglie e sul lavoro dipendente;
ad ammodernare il sistema di lotta all'evasione e all'elusione fiscale, rafforzando il coordinamento tra i vari soggetti oggi preposti a questo compito di controllo e repressione;
ad indirizzare la battaglia contro l'evasione e l'elusione fiscale nei confronti dei principali responsabili di tale fenomeno, tenendo conto dei risultati degli studi sopra riportati che individuano con chiarezza dove dirigere con maggiore attenzione le proprie ricerche;
a stabilire la predisposizione di un rapporto ufficiale ed unico, a cadenza annuale, che illustri il cosiddetto tax gap (la differenza tra entrate effettive e presunte da parte del fisco), assicurando che tale rapporto sia illustrato dal Governo al Parlamento, con la stessa cadenza temporale, al fine di studiare strategie sempre più articolate e puntuali nella lotta all'evasione e all'elusione fiscale;
ad assumere iniziative volte a prevedere che i fondi derivanti dalla lotta all'evasione e all'elusione fiscale siano destinati prioritariamente allo sviluppo e ad un recupero del reddito, tramite minori aliquote, per tutti quei cittadini onesti, che sono la netta maggioranza, che le tasse le hanno sempre pagate.
(1-00832)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Moffa, Calearo Ciman, Catone, Cesario, D'Anna, Grassano, Gianni, Guzzanti, Lehner, Marmo, Milo, Mottola, Orsini, Pionati, Pisacane, Polidori, Razzi, Romano, Ruvolo, Scilipoti, Siliquini, Stasi, Taddei».
(30 gennaio 2012)

La Camera,
premesso che:
la strategia adottata dal Governo Berlusconi e l'attività dell'Agenzia delle entrate ha consentito all'erario di recuperare a tassazione, negli anni dal 2008 al 2011, somme come mai erano state recuperate; la lotta contro l'evasione e l'elusione fiscale è sempre stata, infatti, tra i primi obiettivi del precedente Governo;
il raggiungimento di questo obiettivo è diventato ancor più arduo in questa fase economica, nella quali l'attività di recupero si scontra con gli effetti della più pesante crisi economica che il nostro Paese, insieme a tutte le economie occidentali, sta attraversando; la situazione delle aziende in Italia è, infatti, preoccupante: le aziende che chiudono, o, peggio ancora, che falliscono, trascinano dietro di loro centinaia di altre aziende, che devono già fare i conti con scadenze inderogabili, ordinativi in calo, contrazione dei consumi privati; le conseguenze sono l'allungamento dei tempi di incasso, il rallentamento o, addirittura, il blocco della produzione, l'inutilizzo delle linee di credito bancarie costituite essenzialmente dai castelletti (sconti fatture e ricevuta bancaria), il rallentamento dei pagamenti di dipendenti e fornitori, l'irrigidimento degli istituti bancari con ampliamento delle richieste di garanzie, al fine del mantenimento delle linee di credito in essere, fino all'inevitabile sospensione (dapprima temporanea e poi cronica) dei pagamenti dei tributi, dei contributi, delle ritenute e dell'imposta sul valore aggiunto;
le aziende più fragili sono naturalmente quelle piccole, che costituiscono la vera spina dorsale dell'intero sistema produttivo, protagoniste assolute nel Nord del Paese; queste subiscono anche le sofferenze del sistema pubblico, enti locali e sistema sanitario, che, ingessati dai vincoli europei, ritardano all'inverosimile i pagamenti, generando nelle imprese soffocanti crisi di liquidità;
nelle ultime settimane, complice anche il periodo festivo, si è assistito ad una sorta di «spettacolarizzazione» della lotta all'evasione; i mass media hanno diffuso notizie di operazioni straordinarie della Guardia di finanza, che ha scatenato in alcune grandi città e in località turistiche una vera e propria caccia all'evasore, con metodi che ai firmatari del presente atto di indirizzo appaiono intimidatori, per ottenere risultati che si sarebbero potuti ottenere da un semplice controllo incrociato di dati già in possesso dell'Agenzia delle entrate; in alcune località turistiche piccoli commercianti sono stati costretti a mettere a disposizione degli agenti un'unità di personale a tempo pieno per un'intera giornata, proprio nel periodo di più intensa attività; il tutto per mettere in atto un'operazione esclusivamente mediatica, i cui risultati potevano essere ottenuti con i metodi ordinari e senza particolare clamore;
qualche giorno più tardi, però, le dichiarazioni del direttore dell'Agenzia delle entrate hanno dato un senso alle operazioni condotte: Attilio Befera ha, infatti, dichiarato che per combattere l'evasione «un sano timore è necessario»; il direttore ha proseguito considerando «normali» i controlli effettuati a Cortina d'Ampezzo e ha definito «eccessive» le proteste che ne sono scaturite;
tali metodi sono assolutamente da censurare: obiettivo della Lega Nord è quello di avvicinare il contribuente al fisco, diffondendo la presenza degli uffici capillarmente sul territorio, soprattutto dove oggi la presenza è bassa, e di trasformare l'immagine del sistema fiscale italiano, in modo che i cittadini possano vedere nell'amministrazione finanziaria anche una sorta di consulente e non solo di «poliziotto fiscale»; se la repressione dei fenomeni di evasione è doverosa, la spettacolarizzazione è da evitare: aumenta la distanza tra operatore economico e Agenzia delle entrate, incrinando il rapporto contribuente/fisco; l'amministrazione finanziaria deve coinvolgere in maniera organica gli enti locali, in particolare i comuni, non solo attribuendo loro nuove e gravose attribuzioni in materia di verifiche e controlli, ma anche significative quote delle maggiori entrate;
altro obiettivo è diffondere i controlli su tutto il territorio nazionale, colpendo non solo le zone più ricche, ma anche le zone dove l'attitudine a pagare le imposte è inferiore; da un'analisi condotta dall'Agenzia delle entrate qualche mese fa risulta che i dati sull'evasione non sono affatto omogenei sul territorio nazionale: se, infatti, la media nazionale dell'evasione ponderata con il reddito prodotto è pari al 38,41 per cento, l'analisi a livello provinciale fa emergere che tale rapporto è minimo (10,93 per cento) nel gruppo di province composto da Milano, Torino, Genova, Roma, Lecco, Cremona e Brescia e massimo (65,67 per cento) nel gruppo composto dalle province di Caserta, Salerno, Cosenza, Reggio Calabria e Messina, mentre l'area che comprende tutte le altre province del Sud, con esclusione di Bari, Napoli, Catania e Palermo, si attesta su una percentuale del 64,47 per cento; sintetizzando i dati, quindi, emerge chiaramente che nelle zone dove il tenore di vita è più basso e «meno forte» è la presenza dello Stato, l'attitudine dei cittadini a pagare le tasse è inferiore;
le «campagne» portate avanti dall'Agenzia delle entrate durante le ultime festività vanno in senso contrario alle indicazioni date nell'estate 2011 dal direttore Befera ai responsabili degli uffici regionali e locali, con le quali chiedeva di predisporre, rispetto agli obiettivi prefissati, «la riduzione nella misura del 20 per cento del target relativo all'indicatore "accertamenti" nei confronti di imprese di piccole dimensioni e professionisti, mantenendo invariato l'obiettivo monetario assegnato»; lo stesso direttore così riassumeva la mission dell'agenzia: «Coniugare efficienza e correttezza; recuperare evasione, favorendo lo sviluppo della fiducia reciproca e della collaborazione tra fisco e cittadini; promuovere in questo modo la crescita della coscienza civica. È questo l'obiettivo ultimo della nostra missione»;
a parere della Lega Nord è necessario cambiare strategia e arrivare finalmente ad un modello di «fisco amico», coinvolgendo i comuni e attribuendo loro non solo responsabilità in tema di controlli, ma anche significative quote delle maggiori entrate;
le strategie di contrasto all'evasione fiscale non possono, infine, trascurare la necessità di una riforma del sistema tributario diretta alla riduzione della pressione fiscale, che in Italia si attesta su livelli difficilmente riscontrabili in altri Paesi: secondo il rapporto Paying taxes 2012, realizzato dalla Banca mondiale, in collaborazione con PwC (PricewoterhouseCooper), in cui vengono analizzati i sistemi di tassazione di 183 economie al mondo, l'Italia si colloca al 133o posto e, considerando il total tax rate (carico fiscale complessivo), si posiziona ultima in Europa con una percentuale del 68,5 per cento, contro una media del 43,4 per cento,

impegna il Governo:

a cambiare radicalmente la strategia fin qui adottata in tema di lotta all'evasione e all'elusione fiscale e, in particolare:
a) ad abbandonare ogni forma di quella che appare, ai firmatari del presente atto di indirizzo, la «spettacolarizzazione» dei controlli, tornando ad operare con discrezione e nel pieno rispetto dei contribuenti e dello Statuto dei contribuenti;
b) a migliorare il rapporto con i cittadini/contribuenti, tenendo conto che un rapporto meno conflittuale può aumentare anche la propensione a versare le imposte;
c) a rivedere il programma dei controlli sul territorio nazionale, procedendo non solo nelle zone più ricche del Paese, ma anche dove la «compliance fiscale» è minore e l'evasione fiscale è maggiore;
d) ad assumere iniziative per semplificare gli adempimenti fiscali, in modo da diminuire significativamente gli errori formali da parte dei contribuenti, dovuti in gran parte alla complessità della normativa;
e) a promuovere una complessiva riforma del sistema fiscale in direzione di una riduzione della pressione fiscale attestata ormai su livelli insostenibili per imprese e famiglie, come certificato da tutti gli studi degli organismi più accreditati, a partire dalla Banca mondiale.
(1-00833)
«Dozzo, Fugatti, Montagnoli, Fedriga, Fogliato, Lussana, Forcolin, Comaroli, Bitonci, D'Amico, Polledri, Simonetti».
(30 gennaio 2012)

La Camera,
premesso che:
il fenomeno dell'evasione fiscale costituisce un elemento di grave impatto sul sistema nazionale, sulla leale concorrenza tra gli operatori e sulla tenuta del patto sociale tra gli italiani;
per combattere l'evasione sono da tempo in atto programmi operativi e di collaborazione tra l'amministrazione dello Stato, l'Agenzia delle entrate, la Guardia di finanza ed il sistema di esazione;
l'efficace professionalizzazione dei sistemi di controllo ha consentito, dal 2006 ad oggi, la positiva progressiva crescita di recupero dell'evasione, tanto che la stessa Ocse - in occasione del quarto forum mondiale sulla trasparenza e sullo scambio di informazioni a fini fiscali - ha recentemente riconosciuto che l'Italia è la nazione che si è maggiormente distinta nella lotta all'evasione ed ai paradisi fiscali;
il Governo Berlusconi ha contribuito in maniera decisiva, attraverso una serie di interventi normativi puntuali ed incisivi, al raggiungimento di un trend positivo nei confronti della lotta all'evasione;
tra i provvedimenti principali in materia di attività di accertamento e riscossione, si ricordano:
a) il potenziamento della partecipazione dei comuni all'attività di accertamento fiscale e contributivo, attraverso misure di incentivazione che hanno attribuito ai comuni, per il triennio 2012-2014, l'intero ammontare del maggior gettito ottenuto a seguito dell'intervento degli stessi nell'attività di accertamento;
b) la revisione e il potenziamento dell'accertamento sintetico, con lo scopo di porre la massima attenzione nella ricerca di elementi di spesa e di investimento indicativi di capacità contributiva, al fine di intercettare i contribuenti per i quali le spese sostenute non sono compatibili con quanto dichiarato;
c) l'impegno per la realizzazione del piano di accertamenti nei confronti delle imprese di medie dimensioni sulla base di specifiche analisi del rischio;
d) l'introduzione di significative novità ai fini della riscossione, per le quali gli accertamenti per imposte sui redditi, iva e irap, dovranno contenere anche l'intimazione al pagamento degli importi in essi indicati entro il termine per la presentazione del ricorso (accertamento esecutivo). Tali atti diverranno, dunque, prontamente esecutivi; tuttavia, il «decreto sviluppo» del mese di luglio 2011 (decreto-legge n. 70 del 2011) ha attenuato il principio del «solve et repete», disponendo la sospensione dell'esecuzione forzata, eventualmente conseguente ai predetti atti, per centottanta giorni decorrenti dall'affidamento in carico agli agenti della riscossione;
e) l'ulteriore rafforzamento del controllo sulle compensazioni. In tema di indebito uso di crediti in compensazione sono stati previsti un'intensificazione dei controlli e un inasprimento delle sanzioni per i reati in materia di imposte sui redditi e iva, con l'intento generale di eliminare disposizioni di favore o abbassare la soglia di imposta evasa a partire dalla quale scatta l'applicazione delle sanzioni penali;
si ricordano le disposizioni antielusive volte a colpire l'uso di beni intestati fittiziamente a società: viene considerata reddito diverso ai fini irpef la differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento di beni dell'impresa a soci o familiari dell'imprenditore. Inoltre, è prevista l'indeducibilità dei costi relativi ai beni concessi ai soci o ai familiari per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato;
si è previsto un potenziamento dell'attività di accertamento effettuata dall'Agenzia delle entrate, a cui è stato affidato un ruolo centrale nel coordinamento del servizio di accertamento e riscossione, attraverso l'ottimizzazione delle risorse, l'incremento della capacità operativa in specifici settori e la collaborazione con altri enti; l'Agenzia delle entrate e le società del gruppo Equitalia e di Riscossione Sicilia possono intervenire coattivamente per il recupero delle somme non riscosse con i condoni e le sanatorie previsti dalla legge finanziaria per il 2003;
sono stati rafforzati i poteri del fisco in sede di indagini finanziarie, in particolare consentendo agli uffici di acquisire informazioni anche da società ed enti di assicurazione per quanto riguarda le attività di natura finanziaria;
sono state introdotte disposizioni in materia di studi di settore, dirette in estrema sintesi:
a) a differirne i termini di pubblicazione;
b) ad aumentare la sanzione per omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi stessi;
c) a consentire l'accertamento induttivo nei casi di omessa o infedele indicazione di specifici dati;
d) a modificare il contenuto degli atti di accertamento nel caso di congruità alle risultanze degli studi di settore;
e) ad innalzare del 50 per cento la misura della sanzione minima e massima per l'ipotesi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti;
alcune delle disposizioni sopra richiamate sono state introdotte a seguito delle legittime richieste da parte di associazioni rappresentative del mondo produttivo, che avevano sollecitato a livello nazionale l'adozione di norme di rango legislativo e regolamentare volte ad alleggerire il carico fiscale e contributivo gravante sulle imprese, a rendere più flessibili i meccanismi di riscossione coattiva, nonché a ridurre l'onerosità delle more, degli interessi e sanzioni previsti in caso di ritardo nei pagamenti dei tributi e dei contributi;
in tale prospettiva occorre sottolineare come l'intento di tali iniziative sia stato quello di affermare il principio dell'effettiva equità e sostenibilità del carico fiscale-contributivo, tenendo conto anche della situazione di difficoltà in cui versa una parte dei contribuenti e delle imprese, a causa del negativo andamento congiunturale dell'economia mondiale, che ha comportato una crisi economico-occupazionale in molti comparti del settore economico primario e secondario, determinando una significativa contrazione dei consumi e delle commesse; situazione, tra l'altro, aggravata dalla debolezza strutturale di alcuni mercati locali, notoriamente costituiti da micro-aziende, per lo più sottocapitalizzate ed esposte ad una cronica carenza di liquidità, e dal crescente ritardo dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché da parte degli enti del servizio sanitario nazionale;
nella convinzione che la battaglia contro l'evasione fiscale debba essere proseguita e rafforzata, occorre, inoltre, distinguere tra l'evasione «di massa» e l'evasione «interpretativa»;
per evasione «di massa» si intende la sistematica sottodichiarazione dei redditi, attraverso, ad esempio, la sottofatturazione dei corrispettivi realizzati;
l'evasione «interpretativa» (che coincide solo in parte con la cosiddetta elusione) è, invece, un comportamento più articolato e complesso, che consiste, generalmente, nell'individuazione, da parte del contribuente, di assetti negoziali e societari tali da determinare l'occultamento completo o l'erosione del presupposto di imposizione;
nella generalità dei casi, cambiano i soggetti che mettono in campo i predetti comportamenti illeciti:
a) le piccole strutture, scarsamente organizzate e che operano direttamente nei confronti dei consumatori finali, generalmente occultano completamente il presupposto di applicazione dei tributi, realizzando di regola fenomeni di «evasione di massa»;
b) le strutture di dimensioni più rilevanti - e come tali più «rigide» dal punto di vista amministrativo - generalmente non pongono in essere fenomeni di evasione di massa (occultamento sistematico, totale o parziale, del presupposto imponibile), ma fenomeni di «evasione interpretativa»; essi, infatti, variamente manipolano (con interpretazioni «capziose») la normativa tributaria, allo scopo di fruire di vantaggi fiscali indebiti;
è evidente che le strategie che lo Stato, nelle sue varie articolazioni, deve mettere in campo saranno profondamente diverse a seconda che si intenda contrastare la cosiddetta evasione di massa ovvero la cosiddetta evasione interpretativa;
più in particolare, è evidente che un «intervento umano» (cioè dall'amministrazione finanziaria sia civile che militare) appare preferibile o, per meglio dire, obbligato, laddove si intenda contrastare la cosiddetta evasione interpretativa in quanto, in questi casi:
a) l'anagrafe tributaria può rappresentare «solo» un utile supporto per l'innesco di più approfonditi controlli;
b) per l'effettuazione di controlli efficaci non potrà prescindersi dal lavoro svolto dal personale civile e militare dell'amministrazione finanziaria, che dovrà individuare il comportamento illecito (eventualmente) tenuto dal contribuente e ricostruire il corretto carico tributario che lo stesso avrebbe dovuto scontare;
invece, per contrastare l'evasione di massa, appare opportuno affidarsi ad un massiccio utilizzo dell'anagrafe tributaria, in modo combinato con strumenti di accertamento sintetici (cosiddetto redditometro);
il potenziamento degli strumenti di indagine finanziaria messi a disposizione con il recente decreto-legge n. 201 del 2011 ha ampliato i poteri di indagine dell'amministrazione finanziaria, ma pone necessariamente problemi di tutela della privacy dei contribuenti;
alcuni recenti interventi giurisprudenziali hanno contribuito a rendere ancor più complicato applicare correttamente le disposizioni tributarie, determinando una non chiara distinzione tra legittimo risparmio d'imposta ed elusione/abuso del diritto,

impegna il Governo:

ad adottare le opportune iniziative, anche normative, volte a:
a) rafforzare il coordinamento tra le banche dati a disposizione dell'anagrafe tributaria e le altre banche dati, in particolare quelle degli enti locali, al fine di contrastare l'evasione fiscale;
b) coinvolgere gli enti locali nella segnalazione qualificata all'Agenzia delle entrate in ordine ad elementi indice di capacità contributiva riferiti ai contribuenti, anche al fine di ritrarre risorse economiche relative agli accertamenti tributari andati a buon fine;
c) utilizzare le informazioni relative ai rapporti finanziari intrattenuti nel pieno e rigoroso rispetto della privacy dei contribuenti;
d) delimitare la portata applicativa dell'elusione e del cosiddetto abuso del diritto, distinguendo i comportamenti dei contribuenti volti ad aggirare obblighi o divieti posti dall'ordinamento tributario da quelli che configurano un legittimo risparmio d'imposta;
e) evitare quelle che ai firmatari del presente atto di indirizzo appaiono forme di spettacolarizzazione inutili e, al contrario, concentrare le risorse dell'amministrazione finanziaria su interventi volti a massimizzare i recuperi a tassazione di somme illegittimamente sottratte all'erario;
f) in tale contesto, a rafforzare, nel pieno rispetto dei rispettivi ambiti di autonomia, le modalità di collaborazione tra le diverse articolazioni dell'amministrazione finanziaria, sia civile sia militare, al fine di migliorare ulteriormente l'efficacia dell'azione di contrasto all'evasione ed all'elusione fiscale e di assicurare il più efficiente utilizzo delle risorse amministrative pubbliche, nell'ottica dell'integrazione operativa prevista dall'articolo 01, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011;
g) introdurre ulteriori elementi di maggiore flessibilità nelle procedure di riscossione coattiva nei confronti di quegli imprenditori che dimostrino di non essere in grado di ottemperare alle scadenze fiscali e contributive per una temporanea difficoltà economica legata alla congiuntura negativa, rafforzando ed ampliando ulteriormente gli strumenti di dilazione dei versamenti dei tributi in favore di tali soggetti previsti dall'articolo 10, commi 13-bis e 13-ter, del decreto legge n. 201 del 2011;
h) adottare misure di semplificazione del sistema fiscale volte a favorire il rapporto tra contribuenti e amministrazione finanziaria.
(1-00843)
(Nuova formulazione) «Leo, Bernardo, Saltamartini, Berardi, Del Tenno, Laboccetta, Pagano, Antonio Pepe, Savino, Ventucci, Biava».
(30 gennaio 2012)

La Camera,
premesso che:
il fenomeno dell'evasione fiscale costituisce un elemento di grave impatto sul sistema nazionale, sulla leale concorrenza tra gli operatori e sulla tenuta del patto sociale tra gli italiani;
per combattere l'evasione sono da tempo in atto programmi operativi e di collaborazione tra l'amministrazione dello Stato, l'Agenzia delle entrate, la Guardia di finanza ed il sistema di esazione;
l'efficace professionalizzazione dei sistemi di controllo ha consentito, dal 2006 ad oggi, la positiva progressiva crescita di recupero dell'evasione, tanto che la stessa Ocse - in occasione del quarto forum mondiale sulla trasparenza e sullo scambio di informazioni a fini fiscali - ha recentemente riconosciuto che l'Italia è la nazione che si è maggiormente distinta nella lotta all'evasione ed ai paradisi fiscali;
il Governo Berlusconi ha contribuito in maniera decisiva, attraverso una serie di interventi normativi puntuali ed incisivi, al raggiungimento di un trend positivo nei confronti della lotta all'evasione;
tra i provvedimenti principali in materia di attività di accertamento e riscossione, si ricordano:
a) il potenziamento della partecipazione dei comuni all'attività di accertamento fiscale e contributivo, attraverso misure di incentivazione che hanno attribuito ai comuni, per il triennio 2012-2014, l'intero ammontare del maggior gettito ottenuto a seguito dell'intervento degli stessi nell'attività di accertamento;
b) la revisione e il potenziamento dell'accertamento sintetico, con lo scopo di porre la massima attenzione nella ricerca di elementi di spesa e di investimento indicativi di capacità contributiva, al fine di intercettare i contribuenti per i quali le spese sostenute non sono compatibili con quanto dichiarato;
c) l'impegno per la realizzazione del piano di accertamenti nei confronti delle imprese di medie dimensioni sulla base di specifiche analisi del rischio;
d) l'introduzione di significative novità ai fini della riscossione, per le quali gli accertamenti per imposte sui redditi, iva e irap, dovranno contenere anche l'intimazione al pagamento degli importi in essi indicati entro il termine per la presentazione del ricorso (accertamento esecutivo). Tali atti diverranno, dunque, prontamente esecutivi; tuttavia, il «decreto sviluppo» del mese di luglio 2011 (decreto-legge n. 70 del 2011) ha attenuato il principio del «solve et repete», disponendo la sospensione dell'esecuzione forzata, eventualmente conseguente ai predetti atti, per centottanta giorni decorrenti dall'affidamento in carico agli agenti della riscossione;
e) l'ulteriore rafforzamento del controllo sulle compensazioni. In tema di indebito uso di crediti in compensazione sono stati previsti un'intensificazione dei controlli e un inasprimento delle sanzioni per i reati in materia di imposte sui redditi e iva, con l'intento generale di eliminare disposizioni di favore o abbassare la soglia di imposta evasa a partire dalla quale scatta l'applicazione delle sanzioni penali;
si ricordano le disposizioni antielusive volte a colpire l'uso di beni intestati fittiziamente a società: viene considerata reddito diverso ai fini irpef la differenza tra il valore di mercato e il corrispettivo annuo per la concessione in godimento di beni dell'impresa a soci o familiari dell'imprenditore. Inoltre, è prevista l'indeducibilità dei costi relativi ai beni concessi ai soci o ai familiari per un corrispettivo annuo inferiore al valore di mercato;
si è previsto un potenziamento dell'attività di accertamento effettuata dall'Agenzia delle entrate, a cui è stato affidato un ruolo centrale nel coordinamento del servizio di accertamento e riscossione, attraverso l'ottimizzazione delle risorse, l'incremento della capacità operativa in specifici settori e la collaborazione con altri enti; l'Agenzia delle entrate e le società del gruppo Equitalia e di Riscossione Sicilia possono intervenire coattivamente per il recupero delle somme non riscosse con i condoni e le sanatorie previsti dalla legge finanziaria per il 2003;
sono stati rafforzati i poteri del fisco in sede di indagini finanziarie, in particolare consentendo agli uffici di acquisire informazioni anche da società ed enti di assicurazione per quanto riguarda le attività di natura finanziaria;
sono state introdotte disposizioni in materia di studi di settore, dirette in estrema sintesi:
a) a differirne i termini di pubblicazione;
b) ad aumentare la sanzione per omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi stessi;
c) a consentire l'accertamento induttivo nei casi di omessa o infedele indicazione di specifici dati;
d) a modificare il contenuto degli atti di accertamento nel caso di congruità alle risultanze degli studi di settore;
e) ad innalzare del 50 per cento la misura della sanzione minima e massima per l'ipotesi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti;
alcune delle disposizioni sopra richiamate sono state introdotte a seguito delle legittime richieste da parte di associazioni rappresentative del mondo produttivo, che avevano sollecitato a livello nazionale l'adozione di norme di rango legislativo e regolamentare volte ad alleggerire il carico fiscale e contributivo gravante sulle imprese, a rendere più flessibili i meccanismi di riscossione coattiva, nonché a ridurre l'onerosità delle more, degli interessi e sanzioni previsti in caso di ritardo nei pagamenti dei tributi e dei contributi;
in tale prospettiva occorre sottolineare come l'intento di tali iniziative sia stato quello di affermare il principio dell'effettiva equità e sostenibilità del carico fiscale-contributivo, tenendo conto anche della situazione di difficoltà in cui versa una parte dei contribuenti e delle imprese, a causa del negativo andamento congiunturale dell'economia mondiale, che ha comportato una crisi economico-occupazionale in molti comparti del settore economico primario e secondario, determinando una significativa contrazione dei consumi e delle commesse; situazione, tra l'altro, aggravata dalla debolezza strutturale di alcuni mercati locali, notoriamente costituiti da micro-aziende, per lo più sottocapitalizzate ed esposte ad una cronica carenza di liquidità, e dal crescente ritardo dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché da parte degli enti del servizio sanitario nazionale;
nella convinzione che la battaglia contro l'evasione fiscale debba essere proseguita e rafforzata, occorre, inoltre, distinguere tra l'evasione «di massa» e l'evasione «interpretativa»;
per evasione «di massa» si intende la sistematica sottodichiarazione dei redditi, attraverso, ad esempio, la sottofatturazione dei corrispettivi realizzati;
l'evasione «interpretativa» (che coincide solo in parte con la cosiddetta elusione) è, invece, un comportamento più articolato e complesso, che consiste, generalmente, nell'individuazione, da parte del contribuente, di assetti negoziali e societari tali da determinare l'occultamento completo o l'erosione del presupposto di imposizione;
nella generalità dei casi, cambiano i soggetti che mettono in campo i predetti comportamenti illeciti:
a) le piccole strutture, scarsamente organizzate e che operano direttamente nei confronti dei consumatori finali, generalmente occultano completamente il presupposto di applicazione dei tributi, realizzando di regola fenomeni di «evasione di massa»;
b) le strutture di dimensioni più rilevanti - e come tali più «rigide» dal punto di vista amministrativo - generalmente non pongono in essere fenomeni di evasione di massa (occultamento sistematico, totale o parziale, del presupposto imponibile), ma fenomeni di «evasione interpretativa»; essi, infatti, variamente manipolano (con interpretazioni «capziose») la normativa tributaria, allo scopo di fruire di vantaggi fiscali indebiti;
è evidente che le strategie che lo Stato, nelle sue varie articolazioni, deve mettere in campo saranno profondamente diverse a seconda che si intenda contrastare la cosiddetta evasione di massa ovvero la cosiddetta evasione interpretativa;
più in particolare, è evidente che un «intervento umano» (cioè dall'amministrazione finanziaria sia civile che militare) appare preferibile o, per meglio dire, obbligato, laddove si intenda contrastare la cosiddetta evasione interpretativa in quanto, in questi casi:
a) l'anagrafe tributaria può rappresentare «solo» un utile supporto per l'innesco di più approfonditi controlli;
b) per l'effettuazione di controlli efficaci non potrà prescindersi dal lavoro svolto dal personale civile e militare dell'amministrazione finanziaria, che dovrà individuare il comportamento illecito (eventualmente) tenuto dal contribuente e ricostruire il corretto carico tributario che lo stesso avrebbe dovuto scontare;
invece, per contrastare l'evasione di massa, appare opportuno affidarsi ad un massiccio utilizzo dell'anagrafe tributaria, in modo combinato con strumenti di accertamento sintetici (cosiddetto redditometro);
il potenziamento degli strumenti di indagine finanziaria messi a disposizione con il recente decreto-legge n. 201 del 2011 ha ampliato i poteri di indagine dell'amministrazione finanziaria, ma pone necessariamente problemi di tutela della privacy dei contribuenti;
alcuni recenti interventi giurisprudenziali hanno contribuito a rendere ancor più complicato applicare correttamente le disposizioni tributarie, determinando una non chiara distinzione tra legittimo risparmio d'imposta ed elusione/abuso del diritto,

impegna il Governo:

a valutare le opportune iniziative, anche normative, volte a:
a) rafforzare il coordinamento tra le banche dati a disposizione dell'anagrafe tributaria e le altre banche dati, in particolare quelle degli enti locali, al fine di contrastare l'evasione fiscale;
b) coinvolgere gli enti locali nella segnalazione qualificata all'Agenzia delle entrate in ordine ad elementi indice di capacità contributiva riferiti ai contribuenti, anche al fine di ritrarre risorse economiche relative agli accertamenti tributari andati a buon fine;
c) utilizzare le informazioni relative ai rapporti finanziari intrattenuti nel pieno e rigoroso rispetto della privacy dei contribuenti;
d) delimitare la portata applicativa dell'elusione e del cosiddetto abuso del diritto, distinguendo i comportamenti dei contribuenti volti ad aggirare obblighi o divieti posti dall'ordinamento tributario da quelli che configurano un legittimo risparmio d'imposta;
e) evitare quelle che ai firmatari del presente atto di indirizzo appaiono forme di spettacolarizzazione inutili e, al contrario, concentrare le risorse dell'amministrazione finanziaria su interventi volti a massimizzare i recuperi a tassazione di somme illegittimamente sottratte all'erario;
f) in tale contesto, a rafforzare, nel pieno rispetto dei rispettivi ambiti di autonomia, le modalità di collaborazione tra le diverse articolazioni dell'amministrazione finanziaria, sia civile sia militare, al fine di migliorare ulteriormente l'efficacia dell'azione di contrasto all'evasione ed all'elusione fiscale e di assicurare il più efficiente utilizzo delle risorse amministrative pubbliche, nell'ottica dell'integrazione operativa prevista dall'articolo 01, comma 1, del decreto-legge n. 138 del 2011;
g) introdurre ulteriori elementi di maggiore flessibilità nelle procedure di riscossione coattiva nei confronti di quegli imprenditori che dimostrino di non essere in grado di ottemperare alle scadenze fiscali e contributive per una temporanea difficoltà economica legata alla congiuntura negativa, rafforzando ed ampliando ulteriormente gli strumenti di dilazione dei versamenti dei tributi in favore di tali soggetti previsti dall'articolo 10, commi 13-bis e 13-ter, del decreto legge n. 201 del 2011;
h) adottare misure di semplificazione del sistema fiscale volte a favorire il rapporto tra contribuenti e amministrazione finanziaria.
(1-00843)
(Nuova formulazione, nel testo modificato) «Leo, Bernardo, Saltamartini, Berardi, Del Tenno, Laboccetta, Pagano, Antonio Pepe, Savino, Ventucci, Biava».
(30 gennaio 2012)

La Camera,
premesso che:
il fenomeno dell'evasione fiscale in Italia rappresenta una piaga sociale prima ancora che economica, coinvolge una percentuale non trascurabile di cittadini e operatori economici e compromette l'equilibrio dei conti pubblici e l'equità del sistema fiscale;
secondo i dati forniti dalla Guardia di finanza nel 2011, 12.000 italiani sono stati denunciati per evasione fiscale e 7.500 di loro sono risultati evasori totali, cioè sconosciuti al fisco, cui hanno occultato 21 miliardi di euro di redditi;
secondo quanto evidenziato di recente dal presidente dell'Istat in Italia, è praticamente impossibile definire un ammontare preciso dell'evasione fiscale, che si aggirerebbe tra i 120 e i 150 miliardi di euro. Tale dato dall'oggettiva e dichiarata imprecisione non consente, di fatto, di cogliere l'evoluzione del fenomeno negli anni;
stando ai dati Istat, di contro l'economia sommersa è al 17 per cento del prodotto interno lordo; se si esclude la pubblica amministrazione, dove non c'è economia sommersa, la media è del 20 per cento;
il fenomeno ha suscitato di recente una grande attenzione mediatica, a seguito delle iniziative delle autorità competenti volte all'individuazione dei potenziali evasori in luoghi particolarmente simbolici. L'attenzione mediatica ha accresciuto l'indignazione dei cittadini italiani costretti a importanti sacrifici da una politica di rigore e austerità;
il fenomeno dell'evasione fiscale è strettamente correlato a quello della corruzione, poiché in talune circostanze il mancato pagamento dei tributi rappresenta lo strumento attraverso cui raccogliere risorse destinate a finanziare pratiche corruttive;
in una recente audizione alla Camera dei deputati dei rappresentanti della Banca d'Italia è stato evidenziato che: «la corruzione non solo danneggia la P.A., ledendone l'integrità, il prestigio e il buon andamento, ma - ove particolarmente diffusa - può inquinare gli stessi meccanismi di produzione della ricchezza. Elevati livelli di corruzione, infatti, distorcono l'allocazione efficiente delle risorse, sottraendole alle attività produttive»;
in ragione di tali aspetti appare del tutto auspicabile un percorso di lotta all'evasione che contempli meccanismi attivi di controllo delle dinamiche di corruzione, essendo questi fenomeni strettamente legati;
malgrado esista dal 1970 l'anagrafe tributaria, quale banca dati utilizzata per la raccolta e l'elaborazione dei dati relativi alla fiscalità dei contribuenti italiani, che elabora circa 200 milioni di documenti ogni anno, non sembrano esserci sensibili miglioramenti nei meccanismi di controllo dell'evasione, che rappresenta un fenomeno sociale consolidato;
dal 1o luglio 2011 è entrato in vigore lo strumento del cosiddetto «spesometro», che consentirebbe di monitorare le entrate dei contribuenti per ogni acquisto superiore a un tetto che varia dai 3.000 a 3.600 euro. Si tratta di un meccanismo che prevede l'interazione con l'Agenzia delle entrate da parte dei prestatori di servizi. Ma anche su questo fronte vi sono non poche criticità, in virtù della macchinosità del sistema software e dei criteri da seguire, a cui si aggiungono i ritardi nell'applicazione di tali meccanismi;
al momento non vi è obbligo in capo all'amministrazione di procedere all'accertamento tributario mediante l'incrocio delle informazioni e dei dati relativi alle dichiarazioni dei redditi, ai flussi finanziari del singolo contribuente e allo «spesometro», «redditometro» e «riccometro»;
l'ipotesi di riconoscere a ciascun contribuente la possibilità di dedurre o detrarre in una qualche misura le spese relative ai consumi istituirebbe, grazie al meccanismo del cosiddetto «contrasto di interesse», un incentivo economico nella lotta all'evasione;
ai sensi dell'articolo 53 della Costituzione italiana, «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività»;
l'elusione fiscale si configura come il meccanismo attraverso il quale il contribuente mira a eludere l'imposizione attraverso condotte che non hanno altra giustificazione economica, se non quella di sfruttare strumentalmente le lacune dell'ordinamento, in modo tale da non far sorgere in tutto o in parte un obbligo tributario;
la normativa italiana non riconosce una disciplina antielusiva generale, sussistendo, invece, norme anti-elusione relative solo ad alcune tipologie di tributi. La teoria dell'abuso nel diritto tributario ha ottenuto un definitivo riconoscimento attraverso le sentenze della Corte di cassazione, sezioni unite civili, nn. 30055 e 30057 del 2008, che legano il divieto di abuso all'articolo 53 della Costituzione,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di assumere iniziative, anche normative, volte a:
a) realizzare annualmente una stima effettiva ed ufficiale della portata del fenomeno dell'evasione attraverso la verifica della misura delle imposte dovute e non pagate, sia complessivamente che per singolo tributo, al fine di valutare i progressi e l'efficacia degli strumenti di contrasto all'evasione rispetto all'anno precedente;
b) destinare principalmente i proventi derivanti dalla lotta all'evasione ed elusione fiscale alla riduzione della pressione fiscale con particolare riferimento a quella gravante sulle famiglie con figli;
c) prevedere la verifica incrociata delle dichiarazioni dei redditi di ciascun contribuente con i dati registrati dallo «spesometro» ed il valore dei flussi finanziari, al fine di rendere più efficienti le dinamiche di controllo messe a punto dagli organi deputati e dare corretta attuazione a quanto previsto dall'articolo 11 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;
d) rafforzare le sanzioni per i reati di evasione e frode fiscale e rivedere la normativa in materia di falso in bilancio;
e) introdurre meccanismi di trasparenza e di semplificazione del sistema tributario, velocizzando soprattutto il contenzioso attraverso un maggior uso della mediazione e degli accertamenti in adesione;
f) prevedere la deducibilità e detraibilità parziale delle spese più direttamente legate ai bilanci correnti delle famiglie con figli, per incentivare l'emersione a fini fiscali delle transazioni;
g) promuovere, anche attraverso la stipula di accordi con i maggiori istituti bancari, il controllo dei capitali italiani all'estero, in particolare di quelli presso i cosiddetti «paradisi fiscali», e la verifica delle attività svolte da consulenti e mediatori finanziari;
h) controllare la consistenza e composizione dei patrimoni dei contribuenti al di sopra di una certa soglia minima quali elementi integrativi per l'accertamento dell'evasione e dell'elusione fiscale;
i) introdurre progressivamente una ulteriore riduzione dell'uso del contante attraverso una implementazione delle modalità di pagamento telematica;
l) rafforzare il contrasto alla corruzione, anche attraverso l'introduzione del reato di corruzione privata e la revisione della normativa vigente in materia di liberalità e donazioni, per impedirne l'uso fraudolento a fini fiscali;
m) intervenire sulla normativa fiscale al fine di introdurre una disciplina antielusiva generale, che garantisca la piena applicazione del principio di cui all'articolo 53 della Costituzione italiana;
ad adottare iniziative per rafforzare il ruolo della Guardia di finanza e la sua azione di contrasto all'evasione e per garantirne un migliore coordinamento con l'Agenzia delle entrate;
a migliorare il rapporto tra fisco e contribuente e a definire una cultura della tax compliance finalizzata alla tutela e all'accrescimento del benessere economico e sociale dell'intera collettività, considerando a tal fine l'opportunità di costituzionalizzare lo statuto del contribuente per garantire certezza dei diritti e dei doveri nonché informazione puntuale e trasparente.
(1-00847)
«Di Biagio, Galletti, Pisicchio, Barbaro, Bocchino, Bongiorno, Briguglio, Calgaro, Cera, Ciccanti, Consolo, Conte Giorgio, Della Vedova, Divella, Fabbri, Granata, Lamorte, Lanzillotta, Lo Presti, Menia, Moroni, Mosella, Muro, Napoli Angela, Occhiuto, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Tabacci, Toto, Vernetti, Versace».
(2 febbraio 2012)

La Camera,
premesso che:
il fenomeno dell'evasione fiscale in Italia rappresenta una piaga sociale prima ancora che economica, coinvolge una percentuale non trascurabile di cittadini e operatori economici e compromette l'equilibrio dei conti pubblici e l'equità del sistema fiscale;
secondo i dati forniti dalla Guardia di finanza nel 2011, 12.000 italiani sono stati denunciati per evasione fiscale e 7.500 di loro sono risultati evasori totali, cioè sconosciuti al fisco, cui hanno occultato 21 miliardi di euro di redditi;
secondo quanto evidenziato di recente dal presidente dell'Istat in Italia, è praticamente impossibile definire un ammontare preciso dell'evasione fiscale, che si aggirerebbe tra i 120 e i 150 miliardi di euro. Tale dato dall'oggettiva e dichiarata imprecisione non consente, di fatto, di cogliere l'evoluzione del fenomeno negli anni;
stando ai dati Istat, di contro l'economia sommersa è al 17 per cento del prodotto interno lordo; se si esclude la pubblica amministrazione, dove non c'è economia sommersa, la media è del 20 per cento;
il fenomeno ha suscitato di recente una grande attenzione mediatica, a seguito delle iniziative delle autorità competenti volte all'individuazione dei potenziali evasori in luoghi particolarmente simbolici. L'attenzione mediatica ha accresciuto l'indignazione dei cittadini italiani costretti a importanti sacrifici da una politica di rigore e austerità;
il fenomeno dell'evasione fiscale è strettamente correlato a quello della corruzione, poiché in talune circostanze il mancato pagamento dei tributi rappresenta lo strumento attraverso cui raccogliere risorse destinate a finanziare pratiche corruttive;
in una recente audizione alla Camera dei deputati dei rappresentanti della Banca d'Italia è stato evidenziato che: «la corruzione non solo danneggia la P.A., ledendone l'integrità, il prestigio e il buon andamento, ma - ove particolarmente diffusa - può inquinare gli stessi meccanismi di produzione della ricchezza. Elevati livelli di corruzione, infatti, distorcono l'allocazione efficiente delle risorse, sottraendole alle attività produttive»;
in ragione di tali aspetti appare del tutto auspicabile un percorso di lotta all'evasione che contempli meccanismi attivi di controllo delle dinamiche di corruzione, essendo questi fenomeni strettamente legati;
malgrado esista dal 1970 l'anagrafe tributaria, quale banca dati utilizzata per la raccolta e l'elaborazione dei dati relativi alla fiscalità dei contribuenti italiani, che elabora circa 200 milioni di documenti ogni anno, non sembrano esserci sensibili miglioramenti nei meccanismi di controllo dell'evasione, che rappresenta un fenomeno sociale consolidato;
dal 1o luglio 2011 è entrato in vigore lo strumento del cosiddetto «spesometro», che consentirebbe di monitorare le entrate dei contribuenti per ogni acquisto superiore a un tetto che varia dai 3.000 a 3.600 euro. Si tratta di un meccanismo che prevede l'interazione con l'Agenzia delle entrate da parte dei prestatori di servizi. Ma anche su questo fronte vi sono non poche criticità, in virtù della macchinosità del sistema software e dei criteri da seguire, a cui si aggiungono i ritardi nell'applicazione di tali meccanismi;
al momento non vi è obbligo in capo all'amministrazione di procedere all'accertamento tributario mediante l'incrocio delle informazioni e dei dati relativi alle dichiarazioni dei redditi, ai flussi finanziari del singolo contribuente e allo «spesometro», «redditometro» e «riccometro»;
l'ipotesi di riconoscere a ciascun contribuente la possibilità di dedurre o detrarre in una qualche misura le spese relative ai consumi istituirebbe, grazie al meccanismo del cosiddetto «contrasto di interesse», un incentivo economico nella lotta all'evasione;
ai sensi dell'articolo 53 della Costituzione italiana, «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività»;
l'elusione fiscale si configura come il meccanismo attraverso il quale il contribuente mira a eludere l'imposizione attraverso condotte che non hanno altra giustificazione economica, se non quella di sfruttare strumentalmente le lacune dell'ordinamento, in modo tale da non far sorgere in tutto o in parte un obbligo tributario;
la normativa italiana non riconosce una disciplina antielusiva generale, sussistendo, invece, norme anti-elusione relative solo ad alcune tipologie di tributi. La teoria dell'abuso nel diritto tributario ha ottenuto un definitivo riconoscimento attraverso le sentenze della Corte di cassazione, sezioni unite civili, nn. 30055 e 30057 del 2008, che legano il divieto di abuso all'articolo 53 della Costituzione,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di assumere iniziative, anche normative, volte a:
a) realizzare annualmente una stima effettiva ed ufficiale della portata del fenomeno dell'evasione attraverso la verifica della misura delle imposte dovute e non pagate, sia complessivamente che per singolo tributo, al fine di valutare i progressi e l'efficacia degli strumenti di contrasto all'evasione rispetto all'anno precedente;
b) destinare principalmente i proventi derivanti dalla lotta all'evasione ed elusione fiscale alla riduzione della pressione fiscale con particolare riferimento a quella gravante sulle famiglie con figli;
c) prevedere la verifica incrociata delle dichiarazioni dei redditi di ciascun contribuente con i dati registrati dallo «spesometro» ed il valore dei flussi finanziari, al fine di rendere più efficienti le dinamiche di controllo messe a punto dagli organi deputati e dare corretta attuazione a quanto previsto dall'articolo 11 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214;
d) rafforzare le sanzioni per i reati di evasione e frode fiscale e rivedere la normativa in materia di falso in bilancio;
e) introdurre meccanismi di trasparenza e di semplificazione del sistema tributario, velocizzando soprattutto il contenzioso attraverso un maggior uso della mediazione e degli accertamenti in adesione;
f) prevedere la deducibilità e detraibilità parziale delle spese più direttamente legate ai bilanci correnti delle famiglie con figli, per incentivare l'emersione a fini fiscali delle transazioni;
g) promuovere, anche attraverso la stipula di accordi con i maggiori istituti bancari, il controllo dei capitali italiani all'estero, in particolare di quelli presso i cosiddetti «paradisi fiscali», e la verifica delle attività svolte da consulenti e mediatori finanziari;
h) controllare la consistenza e composizione dei patrimoni dei contribuenti al di sopra di una certa soglia minima quali elementi integrativi per l'accertamento dell'evasione e dell'elusione fiscale;
i) introdurre progressivamente una ulteriore riduzione dell'uso del contante attraverso una implementazione delle modalità di pagamento telematica;
l) rafforzare il contrasto alla corruzione, anche attraverso l'introduzione del reato di corruzione privata e la revisione della normativa vigente in materia di liberalità e donazioni, per impedirne l'uso fraudolento a fini fiscali;
m) intervenire sulla normativa fiscale al fine di introdurre una disciplina antielusiva generale, che garantisca la piena applicazione del principio di cui all'articolo 53 della Costituzione italiana;
ad adottare iniziative per rafforzare il ruolo degli enti preposti alla azione di contrasto all'evasione e per garantirne un migliore coordinamento;
a migliorare il rapporto tra fisco e contribuente e a definire una cultura della tax compliance finalizzata alla tutela e all'accrescimento del benessere economico e sociale dell'intera collettività, considerando a tal fine l'opportunità di costituzionalizzare lo statuto del contribuente per garantire certezza dei diritti e dei doveri nonché informazione puntuale e trasparente.
(1-00847)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Di Biagio, Galletti, Pisicchio, Barbaro, Bocchino, Bongiorno, Briguglio, Calgaro, Cera, Ciccanti, Consolo, Conte Giorgio, Della Vedova, Divella, Fabbri, Granata, Lamorte, Lanzillotta, Lo Presti, Menia, Moroni, Mosella, Muro, Napoli Angela, Occhiuto, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Tabacci, Toto, Vernetti, Versace».
(2 febbraio 2012)