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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Giovedì 4 ottobre 2012

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 4 ottobre 2012.

  Albonetti, Alessandri, Antonione, Bergamini, Bindi, Bocchino, Bongiorno, Boniver, Brugger, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Commercio, Gianfranco Conte, Corsini, D'Alema, D'Amico, Dal Lago, De Girolamo, Della Vedova, Donadi, Dozzo, Fallica, Gianni Farina, Renato Farina, Fava, Gregorio Fontana, Franceschini, Ghizzoni, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guzzanti, Iannaccone, Jannone, La Loggia, Leo, Leone, Lombardo, Lucà, Lupi, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Migliori, Milanato, Misiti, Moffa, Mogherini Rebesani, Mosca, Mura, Mussolini, Nucara, Palumbo, Pecorella, Pisacane, Pisicchio, Rigoni, Paolo Russo, Stefani, Stucchi, Valducci, Vernetti, Vitali, Volontè, Zeller.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 3 ottobre 2012 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   PAGANO: «Modifiche al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, e altre disposizioni per il rafforzamento e la patrimonializzazione dei consorzi di garanzia collettiva dei fidi» (5502);
   CAZZOLA ed altri: «Delega al Governo per la riforma dell'ordinamento e della struttura organizzativa dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro» (5503);
   LA MALFA: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle competenze e sul funzionamento delle regioni» (5504);
   PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE LANZILLOTTA: «Modifiche agli articoli 114 e 131 della Costituzione, concernenti la soppressione della Regione Lazio e l'istituzione della Città metropolitana di Roma» (5505).

  Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di disegni di legge.

  In data 3 ottobre 2012 sono stati presentati alla Presidenza i seguenti disegni di legge:
  dai ministri degli affari esteri e della giustizia:
   «Ratifica ed esecuzione del Trattato tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica popolare cinese in materia di reciproca assistenza giudiziaria penale, fatto a Roma il 7 ottobre 2010» (5506);
  dal ministro degli affari esteri:
   «Ratifica ed esecuzione del Trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica popolare cinese, fatto a Roma il 7 ottobre 2010» (5507);
   «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione fra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Estonia sulla lotta contro la criminalità organizzata, il terrorismo ed il traffico illecito di droga, fatto a Tallinn l'8 settembre 2009» (5508);
   «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo di Jersey sullo scambio di informazioni in materia fiscale, fatto a Londra il 13 marzo 2012» (5509);
   «Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Armenia sulla cooperazione e sulla mutua assistenza in materia doganale, fatto a Yerevan il 6 marzo 2009» (5510);
   «Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica alla Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo degli Stati uniti messicani per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo, dell'8 luglio 1991, fatto a Città del Messico il 23 giugno 2011» (5511).

  Saranno stampati e distribuiti.

Adesione di un deputato a una proposta di legge.

  La proposta di legge MATTESINI ed altri: «Disposizioni concernenti la tracciabilità delle compravendite di oro e di oggetti preziosi usati e l'estensione delle disposizioni antiriciclaggio, nonché istituzione del borsino dell'oro usato e misure per la promozione del settore orafo nazionale» (4281) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Anna Teresa Formisano.

Trasmissioni dal ministro dell'economia e delle finanze.

  In ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 1o ottobre 2012, ha trasmesso le relazioni, relative ai mesi di febbraio, marzo e aprile 2012, sul monitoraggio degli incassi e dei pagamenti del bilancio dello Stato e delle spese aventi impatto diretto sul conto delle pubbliche amministrazioni per l'anno 2012.

  Questa documentazione è trasmessa alla V Commissione (Bilancio).

  Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 1o ottobre 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e successive modificazioni, la relazione sull'attività di prevenzione del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, relativa all'anno 2011 (doc. CCIX, n. 5).

  Questo documento è trasmesso alla II Commissione (Giustizia) e alla VI Commissione (Finanze).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 3 ottobre 2012, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Documento di lavoro della Commissione in preparazione della proposta di modifica del regolamento finanziario che introduce un nuovo titolo relativo al finanziamento dei partiti politici europei (COM(2012)500 final), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e XIV (Politiche dell'Unione europea);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo – Secondo esame regolamentare relativo ai nanomateriali (COM(2012)572 final), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite X (Attività produttive) e XII (Affari sociali);
   Proposta di regolamento del Consiglio relativo all'impiego di acido lattico per ridurre la contaminazione microbiologica superficiale delle carcasse di bovini (COM(2012)578 final), che è assegnata in sede primaria alla XII Commissione (Affari sociali);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sul seguito da dare al discarico per l'esercizio 2010 (Sintesi) (COM(2012)585 final), che è assegnata in sede primaria alla V Commissione (Bilancio).

  Il dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 3 ottobre 2012, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 3 e 19 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.

  Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

  Con la medesima comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Primo quadro di valutazione della semplificazione per il QFP 2014-2020 (COM(2012)531 final), assegnata, in data 24 settembre 2012, in sede primaria alle Commissioni riunite V (Bilancio) e XIV (Politiche dell'Unione europea);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – la politica estera dell'Unione europea in materia di aviazione – Affrontare le sfide future (COM(2012)556 final), assegnata, in data 1o ottobre 2012, in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

Richiesta di un parere parlamentare su atti del Governo.

  Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 1o ottobre 2012, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 02, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale concernente una variazione compensativa relativa ai capitoli nn. 1174, 1081, 1613 e 2471 dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri (506).

  Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla III Commissione (Affari esteri), nonché per le conseguenze di carattere finanziario, alla V Commissione (Bilancio) che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 19 ottobre 2012.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B  al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.

  Sono pervenute alla Presidenza dai competenti Ministeri risposte scritte ad interrogazioni. Sono pubblicate nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

NOTA DI AGGIORNAMENTO DEL DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA 2012 (DOC. LVII, N. 5-BIS)

Risoluzioni

   La Camera,
  esaminata la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2012, relativa alla manovra pubblica 2013-2015;
   ai fini del raggiungimento degli ambiziosi obiettivi prefissati,

impegna il Governo:

   ad avviare, per quanto di competenza, il percorso costituzionale per l'istituzione dell'Euroregione Nord, costituzionalmente autodeterminata, che definisca le proprie politiche e operi con regole certe per rilanciare efficienza e sviluppo, e a prevedere il trattenimento a livello regionale del 75 per cento delle tasse pagate dai cittadini e dalle imprese dell'Euroregione per investire nello sviluppo;
   ad eliminare i sussidi alle imprese senza futuro per incentivare l'innovazione, le esportazioni e la ricerca;
   ad introdurre una fiscalità di vantaggio per i territori del Nord, per contrastare la delocalizzazione delle imprese;
   a ridurre la burocrazia partendo dal rispetto rigoroso dei termini di pagamento da parte della pubblica amministrazione;
   a superare il Patto di stabilità mediante l'introduzione a livello locale della regola del pareggio di bilancio e ad eliminare la quota statale di Imu compensando con l'eliminazione dei trasferimenti;
   ad introdurre a livello regionale gli appalti a km zero per le gare sotto soglia per sostenere le piccole e medie imprese;
   ad incentivare fiscalmente l'assunzione di giovani sotto i 35 anni di età;
   a ridurre la pressione fiscale sul lavoro e sulle imprese finanziando l'operazione con un deciso taglio della spesa pubblica da operarsi riducendo il personale impiegato nella pubblica amministrazione a partire dalle regioni e dagli enti con parametri superiori alla media nazionale;
   ad adottare le iniziative di competenza, al fine di un drastico taglio ai costi della politica attraverso:
    al dimezzamento del numero dei parlamentari;
    la riduzione dei consiglieri regionali anche mediante l'istituzione delle macroregioni;
    il Senato federale a costo zero;
    l'abolizione di ogni forma di finanziamento pubblico ai partiti.
(6-00115) «Dozzo, Maroni, Bossi, Giancarlo Giorgetti, Bitonci, D'Amico, Polledri, Simonetti, Lussana, Fogliato, Montagnoli, Fedriga, Fugatti, Alessandri, Allasia, Bonino, Bragantini, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, Desiderati, Di Vizia, Dussin, Fabi, Fava, Follegot, Forcolin, Gidoni, Goisis, Grimoldi, Isidori, Lanzarin, Maggioni, Martini, Meroni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Rainieri, Reguzzoni, Rivolta, Rondini, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi».


   La Camera,
   esaminata la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (DEF) 2012;
   premesso che:
    l'articolo 10, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, prevede che:
  «3. Il Governo presenta alle Camere una Nota di aggiornamento della decisione di cui al comma 1, come risultante dalle conseguenti deliberazioni parlamentari, ogniqualvolta intenda modificare gli obiettivi di cui al comma 2, lettera e), ovvero in caso di scostamenti rilevanti degli andamenti di finanza pubblica rispetto ai medesimi obiettivi che rendano necessari interventi correttivi.»;
    tale norma indica espressamente due fattispecie – revisione degli obiettivi programmatici ovvero andamenti di finanza pubblica divergenti tali da determinare scostamenti rilevanti rispetto ai medesimi obiettivi – che nell'esperienza applicativa hanno determinato l'esigenza della presentazione di un aggiornamento del quadro di programmazione;
    ai sensi dell'articolo 10 della legge n. 196 del 2009, il DEF indica gli obiettivi di politica economica ed il quadro delle previsioni economiche e di finanza pubblica almeno per il triennio successivo;
    la legge n. 39 del 2011 ha innovato sensibilmente le procedure di programmazione in materia di economia e di finanza pubblica, prevedendo un sistema programmatorio articolata in due fasi temporali, la prima collocata nel mese di aprile, finalizzata essenzialmente alla predisposizione del Programma nazionale di riforma, la seconda, l'attuale, che prende avvio il 20 settembre, finalizzata, in particolare, a aggiornare gli obiettivi programmatici individuati nel documento approvato, in vista dell'elaborazione della manovra di finanza pubblica;
    la Nota reca un'importante novità rispetto al precedente DPEF, la definizione degli obiettivi programmatici articolati per i tre sottosettori del conto delle amministrazioni pubbliche relative all'amministrazione centrale, alle amministrazioni locali e agli enti di previdenza;
    la Nota di aggiornamento, reca l'aggiornamento degli obiettivi programmatici contenuti nel DEF, nonché l'eventuale revisione delle previsioni macroeconomiche ed ha un contenuto strettamente legato alla definizione dei contenuti della manovra finanziaria, in quanto ad essa è rimesso il compito di individuare l'obiettivo per il saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato e per il saldo di cassa del settore statale, nonché di fissare il contenuto del Patto di stabilità interno e del Patto di convergenza;
    il Consiglio Europeo, nel giugno 2012, ha approvato le raccomandazioni sul Programma nazionale di riforma 2012, con il relativo parere sul Programma di stabilità per gli anni 2012-2015; ha valutato positivamente le azioni di Governo volte al risanamento delle finanze pubbliche e all'apertura al mercato di diversi settori, fissando alcuni punti fondamentali per il prosieguo di tale percorso;
    il Consiglio ha fissato alcuni punti prioritari, quali l'adozione di misure idonee a ridurre la disoccupazione giovanile e femminile, a liberalizzare settori strategici come quello dei servizi, a favorire la semplificazione burocratica e a proseguire nella lotta contro l'evasione fiscale, l'economia sommersa e il lavoro non dichiarato mediante l'intensificazione delle verifiche e dei controlli;
    con riferimento al quadro macroeconomico, la Nota presenta una revisione al ribasso delle stime formulate ad aprile con la presentazione del DEF sull'andamento dell'economia italiana per l'anno in corso e per gli anni successivi in considerazione del deterioramento dello scenario macroeconomico internazionale, sia a seguito dell'acuirsi delle tensioni sui mercati del debito sovrano che per effetto dell'incertezza del contesto dell'area dell'euro. Nel secondo trimestre dell'anno, infatti, il commercio e la produzione mondiale hanno registrato un rallentamento rispetto al primo trimestre. Secondo le ultime proiezioni del Fondo Monetario Internazionale, diffuse nel World Economic Outlook Update del 16 luglio scorso, il PIL mondiale è previsto crescere del 3,5 per cento nel 2012 e del 3,9 per cento nel 2013, circa mezzo punto in meno rispetto a quanto previsto in primavera;
    a tale riguardo la Nota evidenzia come, secondo le principali organizzazioni internazionali, il rallentamento diffuso della dinamica economica sia dovuto, da un lato, alle criticità legate alla gestione della crisi dei debiti sovrani dei paesi dell'area euro, dall'altro, ai timori legati alle imminenti decisioni di politica fiscale negli Stati Uniti;
    in particolare il riemergere, da aprile, delle tensioni sui mercati finanziari – con un nuovo allargamento dei differenziali tra i rendimenti delle obbligazioni emesse da alcuni Stati europei rispetto ai Bund tedeschi – ha determinato, nel complesso, un deterioramento delle prospettive di crescita dell'economia europea;
    la Nota di aggiornamento rivede l'andamento dell'economia italiana in modo decisamente meno favorevole rispetto alle previsioni formulate nel DEF. In particolare, per il 2012, la contrazione del PIL italiano è stimata pari al 2,4 per cento, doppia rispetto all'1,2 per cento di aprile;
    una contrazione è attesa anche per il 2013, anno in cui il PIL è previsto ridursi dello 0,2 per cento, principalmente per l'effetto di trascinamento del calo registrato nel corrente anno;
    negli anni successivi l'attività economica tornerebbe a crescere, dell'1,1 per cento nel 2014 e dell'1,3 per cento nel 2015, beneficiando soprattutto del miglioramento della domanda mondiale. Secondo la Nota, a partire dal 2014 comincerebbero, inoltre, ad emergere gli effetti positivi determinati dai recenti provvedimenti varati dal Governo;
    la congiuntura economica italiana, già penalizzata nel breve periodo dalle necessarie misure di consolidamento fiscale, è stata ulteriormente colpita dalle tensioni sui mercati finanziari sul credito, che hanno comportato, oltre all'ampliamento dei divari tra i rendimenti dei titoli di stato italiani e di quelli tedeschi, un'elevata volatilità degli spread che ha scoraggiato gli investitori internazionali a detenere titoli italiani. Di tale situazione hanno sofferto gli istituti di credito operanti sul mercato interno;
    rispetto alle previsioni contenute nel DEF 2012, tutte le principali variabili del quadro macroeconomico manifestano un rallentamento:
    i consumi nazionali si ridurrebbero del 2,6 per cento nel 2012 e continuerebbero a contrarsi anche nell'anno successivo, attestandosi a –0,7 per cento. In tale ambito, la spesa delle famiglie residenti scenderebbe a –3,3 per cento nel 2012, a causa del negativo andamento del mercato del lavoro e del reddito disponibile, in un contesto di fiducia attualmente ai minimi storici;
    riguardo agli investimenti fissi lordi, per il 2012 è prevista una riduzione dell'8,3 per cento rispetto al –3,5 stimato ad aprile. Anche il settore delle costruzioni continua a manifestare una forte debolezza;
    per ciò che riguarda gli scambi con l'estero, le esportazioni sono previste crescere dell'1,2 per cento, in linea con le previsioni di aprile;
    la nota più dolente riguarda il mercato del lavoro: sulla base degli andamenti congiunturali si rivedono in senso peggiorativo le stime del tasso di disoccupazione, il quale si attesterebbe nel 2012 al 10,8 per cento (un valore più alto di circa 1,5 punti percentuali) e registrerebbe una ulteriore crescita nel 2013, raggiungendo l'11,4 per cento. Nel biennio successivo il tasso tornerebbe a ridursi fino al 10,9 per cento nel 2015;
    per quanto riguarda l'inflazione, la Nota registra una minore pressione inflativa nell'anno in corso, in parte determinata dallo slittamento dell'incremento delle aliquote IVA da ottobre 2012 a luglio 2013. L'inflazione programmata è pertanto stimata stabile all'1,5 per cento nel 2012;
    sulla base dell'articolo 10-bis della legge di contabilità, la Nota, presenta, oltre alle nuove previsioni macroeconomiche, un aggiornamento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica:
    nel 2012 l'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche a legislazione vigente è stimato al 2,6 per cento del PIL, superando di circa un punto percentuale il valore indicato nel DEF. In termini strutturali, ossia al netto della componente ciclica e delle misure una tantum, il percorso di risanamento delle finanze pubbliche rimane sostanzialmente invariato rispetto a quanto programmato nell'aprile scorso per gli anni 2012-2013;
    il nuovo quadro di finanza pubblica tiene altresì conto degli interventi contenuti nel decreto-legge n. 95 del 2012, relativo alla spending review, e nel decreto-legge n. 158 del 2012 in materia sanitaria, attualmente in corso di conversione;
    il quadro di finanza pubblica riportato le DEF, che prevedeva il raggiungimento del pareggio di bilancio entro il 2013 (con un indebitamento netto strutturale pari allo 0,6 per cento del PIL, vale a dire «close to balance») viene sostanzialmente confermato nella Nota e quindi in pareggio: concorre al miglioramento del deficit l'incremento dell'avanzo primario, in progressivo aumento dal 2,9 per cento previsto per quest'anno al 4,8 per cento del 2015 e questo perché le entrate finali si mantengano su valori alti e le spese finali al netto degli interessi (che passano dal 5,5 per cento del PIL nel 2012 al 6,3 per cento nel 2015) sono previste decrescere di circa 2 punti percentuali in virtù sia delle misure di contenimento introdotte nel corso del 2011, sia degli effetti di razionalizzazione avviati con la spending review;
    il rapporto debito pubblico/PIL, il nuovo quadro di finanza pubblica lo indica in incremento nel 2012 a causa della revisione da parte della Banca d'Italia del consuntivo 2010 e 2011 e del peggioramento delle previsioni di crescita. Esso si attesta al 126,4 per cento per l'anno in corso, con un lieve ulteriore rialzo nel 2013, dove verrebbe raggiunto il massimo storico del 127,1 per cento. Soltanto a partire dal 2014 è previsto seguire un andamento decrescente;
    la Nota registra una pressione fiscale in consistente aumento (oltre 2 punti percentuali in più) per il 2012 e un'ulteriore incremento per il 2013, anno in cui toccherebbe la vetta più alta, quella del 45,3 per cento;
    la variazione annuale degli aggregati creditizi degli istituti finanziari al settore privato viaggia oramai da tempo in territorio negativo, con tendenza ancora più pesante per le imprese;
   considerato che:
    la difficile situazione ciclica, aggravata dalla correzione fiscale, a sua volta avrà conseguenze anche sull'evoluzione di medio termine dell'economia. In particolare perché negli ultimi anni il divario di crescita di produttività della nostra industria ha continuato ad ampliarsi, e questo ha eroso ulteriormente la nostra posizione competitiva. Data l'attuale emergenza ciclica, anche il ciclo degli investimenti nel nostro Paese ripartirà con ritardo rispetto alle economie dove la ripresa è in una fase più avanzata, come la Germania;
    nella quasi totale assenza di misure incisive di sostegno allo sviluppo, appare indispensabile individuare percorsi virtuosi che facilitino gli investimenti, quali la valorizzazione del patrimonio pubblico. La Nota di aggiornamento dedica un'intera sezione a tali iniziative, in linea con quanto previsto dall'articolo 33 del decreto-legge n. 98 del 2011, il quale prevede che tale valorizzazione e collocazione sul mercato avvenga anche mediante la Cassa depositi e prestiti, titolata a creare fondi immobiliari ad hoc all'interno del Fondo immobiliare «CDP Investimenti SGR»;
    la dinamica della spesa per interessi è in continua crescita (14 miliardi in più tra il 2010 e il 2012) che raggiungerà i 20 miliardi tra il 2012 e il 2015, e questo ci induce a proseguire con la politica del rigore e del risanamento;
    i dati contenuti nella Nota di aggiornamento del DEF, parlano chiaro; siamo in recessione e anche pesante. Abbiamo acquisito credibilità internazionale, necessaria per frenare la speculazione sui nostri titoli sovrani, ma che dobbiamo contestualmente adottare politiche attive che consentano di uscire rapidamente dalla crisi;
    senza una compiuta strategia di riforme che consolidi le nostre istituzioni, che renda competitiva la nostra economia, sostenibile la nostra società, il Paese non sarà nelle condizioni di ripartire;
    in sostanza, è indispensabile attrezzare un buon reparto di riabilitazione, e il Governo lo sta facendo, è altrettanto urgente attrezzare un efficiente pronto soccorso che tamponi l'emorragia,

impegna il Governo:

   a definire i termini di una manovra pluriennale per il rilancio dell'economia e il rientro del volume globale del debito pubblico, nel rispetto del percorso definito in sede comunitaria;
   ad adottare misure atte a conseguire contemporaneamente equità e sviluppo, quali:
    un piano di riduzione dei costi della politica, sia a livello nazionale che territoriale;
    il rilancio delle liberalizzazioni nei servizi pubblici locali, nelle reti energetiche, nella filiera petrolifera, nei servizi professionali;
    contro l'evasione fiscale, non ancora presenti nel disegno di legge delega, all'esame di questa Camera, destinando le maggiori risorse rivenienti dalla lotta all'evasione alla riduzione del cuneo fiscale e a favore del lavoro e delle imprese;
   a rinegoziare i trattati bilaterali con i «paradisi fiscali» transitati dalla «black» alla «white list» dell'OCSE, in particolare con la Svizzera;
   a ripristinare la piena operatività degli strumenti automatici di incentivazione, quale il credito di imposta sugli investimenti e la fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno, ma anche per le aree a declino industriale del centro-nord;
   ad introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie, in linea con quanto sostenuto da Francia e Germania;
   a promuovere la costituzione di una Agenzia europea di rating;
   a sostenere con maggior determinazione, in sede europea, l'emissione di «project bond» e di «Eurobonds» (questi ultimi anche con la garanzia delle riserve auree delle diverse banche centrali) per finanziare progetti europei di grandi infrastrutture, della ricerca, di progetti di conversione ecologica del sistema produttivo ad iniziare dal settore energetico e da quello della mobilità.
(6-00116) «Cambursano».


   La Camera,
   esaminata la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2012;
   rilevato che:
    con la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2012, il Governo ha aggiornato le stime sulla crescita e i conti pubblici per il periodo 2012-2015 rispetto ai dati comunicati nello stesso DEF 2012 dello scorso 18 aprile, rivedendo al ribasso le previsioni di crescita a causa del peggioramento dello scenario internazionale, in particolare della zona euro;
    il Governo ha giustamente rivisto al ribasso le stime di crescita per il 2012 e 2013 e al rialzo quelle sul deficit pubblico e sul debito. La recessione quest'anno sarà due volte più dura del previsto (il calo del PIL sarà del 2,4 per cento anziché dell'1,2 per cento) e ciò farà aumentare il deficit pubblico nel 2012 di quasi un punto di PIL (da 1,7 a 2,6 per cento);
    dalla presentazione del Documento di economia e finanza nel mese di aprile lo scenario macroeconomico si è ulteriormente deteriorato a seguito dell'acuirsi delle tensioni sui mercati del debito sovrano e per effetto dell'incertezza che ha caratterizzato il contesto dell'area dell'euro, nonché per le contemporanee manovre di tagli dei bilanci pubblici in Europa che hanno provocato nel nostro Paese un'ulteriore recessione stimabile in circa l'1 per cento del PIL secondo una stima della Banca d'Italia;
    secondo l'esecutivo il nostro prodotto interno lordo scenderà del 2,4 per cento nel 2012, contro una previsione del -1,2 per cento, mentre nel 2013 non è prevista nessuna ripresa. Anche nel prossimo anno i conti si dovrebbero chiudere con un ulteriore -0,2 per cento contro il +0,5 per cento previsto;
    le previsioni sbagliate del Governo sono state enucleate nel mese di aprile scorso malgrado già all'epoca, secondo il giudizio del Fondo monetario internazionale (FMI) racchiuso nei documenti del Word outlook e del Fiscal monitor illustrati a Washington, le misure di risanamento adottate dall'Italia non sarebbero bastate a pareggiare il bilancio entro il 2013 perché deficit e debito pubblico sarebbero cresciuti mentre ciò che mancava era la crescita;
    infatti, a causa dell'aumento del debito e nonostante le misure di austerità adottate, il pareggio di bilancio, sempre secondo il FMI, verrà rinviato al 2017. Ancora oggi, invece, il Governo conferma l'obiettivo del bilancio in pareggio in termini strutturali nel 2013;
    il debito pubblico arriverà a toccare il 126,4 per cento del PIL, rispetto al 120,1 del 2011, confermandosi il più alto dell'eurozona dopo quello della Grecia; il rapporto debito/PIL sarà del 126,1 per cento nel 2013;
    secondo le stime del Governo la crescita è prevista soltanto nel 2014 (+1,1 per cento e poi +1,3 per cento nel 2015), beneficiando sia del miglioramento della domanda mondiale sia dell'impatto dei recenti provvedimenti varati dal Governo;
    questa ripresa dovrebbe arrivare grazie alle «riforme», di cui ancora non sono però chiari i contorni;
    per il 2013, gli analisti prevedono in realtà una contrazione che andrà dallo 1,2 per cento al 2 per cento a seconda dei tagli e delle nuove tasse che saranno contenute nella legge di stabilità per il 2013;
    come indicato dalla Nota di aggiornamento al DEF 2012, il tasso di disoccupazione raggiungerebbe in Italia il 10,8 per cento nel 2012 per poi aumentare all'11,4 per cento nel 2013;
    nei fatti, la recessione in atto ha fatto sì che – secondo quanto emerge dai dati della Confindustria – tra il secondo trimestre 2012 e lo stesso periodo del 2011, in Italia i disoccupati siano 758 mila in più. A fine 2013, la forza lavoro non utilizzata (valutando sia i disoccupati che i fruitori di cassa integrazione) salirà al 13,9 per cento, dal 12,8 per cento di fine 2012. Cifre a cui bisogna aggiungere il dato sui lavoratori ormai scoraggiati che non cercano neanche più lavoro uscendo di fatto dalle statistiche, stimati dall'Istat in misura pari a circa 2,897 milioni nel 2011, in aumento su base annua di circa il 5 per cento;
    una grossa fetta della popolazione femminile è tagliata fuori dal mercato del lavoro, e la disoccupazione riguarda un terzo dei giovani italiani. Dal 2007 al 2011 il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è infatti passato dal 24 al 32 per cento, con un ulteriore balzo al 39,3 per cento nel primo trimestre 2012. La crisi incide in misura maggiore su i più giovani, perché sono loro i principali utilizzatori dei contratti di lavoro temporaneo ed i primi ad essere licenziati;
    il nostro Paese sta tragicamente vivendo una vera e propria emergenza occupazionale, che si aggraverà nei prossimi mesi;
    i consumi delle famiglie si stanno notevolmente riducendo, infatti secondo la Nota di aggiornamento del DEF, nel 2012 la spesa delle famiglie diminuirà del 3,3 per cento e l'anno prossimo dello 0,5 per cento. I consumi risaliranno solo nel 2014, con un +0,6 per cento, mentre nel 2015 ci sarà ancora un debole +0,8 per cento. Quest'anno, afferma il Governo, la domanda interna sarà «particolarmente debole. Sulle decisioni di spesa delle famiglie inciderebbero l'andamento del mercato del lavoro e quello del reddito disponibile, in un contesto di fiducia attualmente ai minimi storici. Nel medio termine – aggiunge il DEF – la spesa delle famiglie ritornerebbe e crescere a ritmi moderati»;
    il premier Mario Monti ha precisato che: «non lavoriamo per l'aumento delle tasse e delle imposte ma per ottenere riduzioni della spesa pubblica, con la spending review, per evitare in particolare l'aumento di due punti dell'Iva già previsto per ottobre e che avrebbe avuto un effetto depressivo per l'economia, con effetti perversi in quanto misura fiscale regressiva»;
    ma, il decreto-legge n. 95 del 2012, cosiddetto «decreto sulla spending review», consisteva in una vera e propria manovra correttiva di finanza pubblica, perpetuando la prassi dei tagli lineari e non inaugurando la stagione della revisione strutturale dei meccanismi che alimentano la spesa pubblica corrente. Si prevedono altri tagli in autunno, con la legge di stabilità, per assicurare ulteriori riduzioni di spesa per scongiurare l'aumento dell'Iva al 23 per cento;
    il Governo ha escluso di voler ricorrere ad una manovra bis, ma è certo che in questo modo l'obiettivo del pareggio di bilancio al 2013 si allontana ulteriormente e si allontanano sempre più la possibilità di reperire i fondi necessari all'adozione di misure espansive. Saranno infatti necessari nuovi tagli alla spesa pubblica se si vuole di fatto impedire l'aumento dell'Iva o detassare il lavoro per stimolare la crescita;
    si prevede, infatti, un'altra «spending review» per un ammontare di circa 6 miliardi, e l'adozione di ulteriori misure fiscali per aumentare le entrate. Sappiamo bene che il nome di «spending review» è un nome usurpato dietro al quale si nasconde la solita manovra correttiva come è stato con il decreto-legge n. 95 del luglio 2012;
    il vero problema verrà dopo con l'applicazione del cosiddetto «fiscal compact», il quale prevede una riduzione del debito pubblico superiore al 60 per cento del PIL di un ventesimo l'anno, per vent'anni. Una mannaia pesantissima, che per l'Italia potrebbe significare un obbligo a tagli netti del debito per 40-50 miliardi l'anno;
    non si risolverà certo la crisi con le politiche di «austerità espansiva» che l'hanno provocata. Pensare che il taglio nei deficit pubblici possa essere compensato dall'aumento di altre componenti della domanda aggregata è una pia illusione. Come mostrato in studi e dall'esperienza pratica (vedi Grecia), il moltiplicatore fiscale in una fase di recessione è positivo, e l'austerità porterà quindi ad un calo del PIL maggiore del calo del debito rendendo impossibile raggiungere l'obiettivo della riduzione del rapporto debito/PIL;
    come afferma persino il Centro studi di Confindustria (Nota dei C.S.C. del 25 Giugno 2012): «Le condizioni economiche dell'Area euro si stanno rivelando molto peggiori di quel che era stato previsto pochi mesi fa. Le misure finora adottate dalla BCE e dai governi, alla luce dell'andamento delle variabili reali e della reazione dei mercati finanziari (con una stretta interrelazione in entrambe le direzioni tra le prime e i secondi), si sono dimostrate del tutto inadeguate». In particolare, le politiche di bilancio improntate al solo rigore, invece di stabilizzare il ciclo, stanno facendo avvitare su se stessa l'intera economia europea;
    una politica diversa era possibile. Si sarebbe potuto avviare riforme strutturali come un maggior ruolo del pubblico nella gestione delle banche ed una tassazione stabile sulle transazioni finanziarie; si sarebbe potuto fissare una quota adeguata del PIL da destinare alla formazione e alla ricerca; adottare una tassazione sui grandi patrimoni; varare una legge urbanistica per proteggere il nostro territorio dall'indiscriminata e pericolosa cementificazione; si potevano separare le banche commerciali da quelle d'affari; limitare l'utilizzo dei prodotti finanziari rischiosi, regolamentare i movimenti di capitali; creare un agenzia pubblica di rating; intervenire con più efficacia nel contrasto all'evasione fiscale; impostare una politica industriale volta alla conversione ecologica del nostro sistema produttivo e dei servizi ed infine adottare una reale politica contro la corruzione e gli sprechi di denaro pubblico;
    niente di tutto ciò è stato fatto con le conseguenze economiche e sociali che sono sotto gli occhi di tutti;
    i sacrifici cui sono stati e saranno ancora chiamati gli italiani non sono tollerabili quando sì assiste ancora allo spettacolo indecoroso di politici corrotti che impunemente utilizzano denaro pubblico per fini privati;
    nell'ultimo decennio la spesa pubblica è aumentata in valori assoluti di quasi 200 miliardi (dati Istat) e per la Corte dei conti la spesa pubblica primaria è aumentata di circa il 5 per cento in media all'anno, accrescendo l'incidenza sul PIL di quasi 8 punti;
    tenendo ferma la spesa reale, bastava impiegare quel dividendo per azzerare il deficit pubblico, e sarebbero rimaste ulteriori risorse sia per investire sia per ridurre le imposte. Invece, si è fatto il contrario: si è alzata la spesa, alzato le tasse a livelli record e ulteriormente alzato il debito pubblico. Il Paese è rimasto così schiacciato da una gravissima recessione, ben più grave di quelle registrate da altri paesi dell'Unione europea;
    i tagli alla spesa pubblica andrebbero fatti per un «dividendo comune»: abbassare le tasse sul lavoro ed impresa per crescere tutti di più;
    non basta agire, per ottenere domanda aggregata, con il taglio delle imposte attuato in parallelo al taglio delle spese, teorizzando che il moltiplicatore delle imposte sia più grande di quello della spesa. Infatti, quest'aspetto non è scontato; esso dipende in larga misura dalle concrete misure adottate. Per questo proponiamo di abbassare le imposte che gravano sui redditi medio-bassi e l'eliminazione del costo del lavoro dall'imponibile Irap (una vera e propria tassa sull'occupazione) a partire dalle PMI;
    nella Nota di aggiornamento al DEF si legge che la pressione fiscale, dopo i provvedimenti dei Governi Berlusconi e Monti e dopo il netto aumento atteso per l'anno in corso al 44,7 per cento, pari a oltre due punti percentuali, è prevista in lieve aumento nel 2013 al 45,3 per cento, una delle più alte al mondo. La pressione poi dovrebbe scendere nel 2014 (al 44,8 per cento) e nel 2015 (al 44,6 per cento);
    a proposito di entrate, non si capisce come un decremento del PIL doppio rispetto a quello previsto non si riverberi sulle previsioni delle entrate le quali, stando ai dati del Governo, dovrebbero diminuire di circa 6-7 miliardi di euro. Almeno che si pensi di utilizzare il gettito derivante dal contrasto all'evasione invece che per diminuire la pressione fiscale, per riequilibrare il gettito tributario che verrà a mancare;
    il presidente della Corte dei conti già nell'ambito dell'audizione sul DEF 2012, svolta presso le Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato, aveva rilevato che: «Il pericolo di un corto circuito rigore/crescita non è dissipare nell'impianto del DEF 2012-2015, impegnato a definire il profilo di avvicinamento al pareggio di bilancio in un arco di tempo molto breve. L'urgenza del riequilibrio dei conti si è tradotta, pertanto, inevitabilmente nel ricorso al prelievo fiscale, forzando una pressione già fuori linea nel confronto europeo e generando le condizioni per ulteriori effetti recessivi indotti dalle stesse restrizioni di bilancio. Con un consistente depauperamento dei benefici attesi e con li rischio di ricorrenti ma non risolutivi adeguamenti dell'intensità delle manovre correttive.»;
    di nuovo, nel corso dell'audizione della Corte dei conti, il 2 ottobre 2012, di fronte alle Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato sulla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2012, il presidente Luigi Giampaolino, ha evidenziato il «pericolo di un corto circuito rigore-crescita, favorito dalle manovre correttive delineate nel DEF: per quasi il 70 per cento affidate, nel 2013, ad aumenti di imposte e tasse». Questo con una pressione fiscale oltre il 45 per cento «già fuori linea nel confronto europeo» e tale da generare un ulteriore effetto recessivo;
    il presidente Giampaolino ha inoltre sottolineato la preoccupazione che il pareggio nel 2013 poggi su un «equilibrio precario». Ha avvertito che «dosi crescenti di austerità e rigore», si rivelino «una terapia molto costosa e in parte inefficace» e ricorda la contrazione del 4 per cento delle spese delle famiglie e il calo del PIL. Per questo è necessario aprire «una prospettiva di riduzione della pressione fiscale»;
   valutato altresì che:
    il bilancio complessivo del Governo Monti è sostanzialmente fallimentare. In nove mesi lo stock del debito pubblico italiano è cresciuto da 1,897 miliardi di euro a 1.996 miliardi, dal 120 per cento al 123 per cento del PIL, ed aumenterà ancora. La recessione prosegue malgrado – sarebbe meglio dire «a causa di ...» – tutti i sacrifici che hanno gravato su lavoratori e lavoratrici, famiglie e pensionati. Lo spread (provvisoriamente) si è abbassato solo grazie all'intervento della BCE;
    dopo il taglio delle pensioni, l'aumento delle accise e dell'Iva (tutte tasse indirette che colpiscono proporzionalmente in misura maggiore i ceti popolati), l'Imu sulla casa, la liberalizzazione del mercato del lavoro che toglie diritti ai lavoratori senza ottenere un solo posto di lavoro in più, siamo arrivati a questi risultati a dire poco preoccupanti;
    né il drastico prolungamento dell'età pensionabile, né le cosiddette liberalizzazioni, né il tentativo di abolire l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori, hanno nulla a che vedere con la riduzione del debito pubblico italiano. Anzi, il rapporto debito/prodotto interno lordo è ancora cresciuto per via della recessione incalzante;
    dunque, sacrifici – a senso unico a carico dei ceti popolari – mentre il debito rimane immutato, anzi cresce, la disoccupazione aumenta, le tasse aumentano e calano i consumi. In definitiva, i problemi sono stati solo rinviati, e il peggio potrebbe ancora arrivare;
    si è, infatti, instaurata nel nostro Paese ed a livello europeo una spirale perversa di politiche di austerità che incidono negativamente sulla crescita deprimendo il PIL, che a sua volta diminuisce le entrate dello Stato e ne aumenta le spese per fare fronte alla disoccupazione crescente;
    basti pensare che a dicembre del 2011 il Governo prevedeva per il 2012 una diminuzione del PIL dello 0,4 per cento. Ma secondo l'Istat il PIL italiano nel secondo trimestre del 2012 è diminuito del 2,6 per cento (il Governo dei «tecnici» ha dunque commesso un errore madornale nelle previsioni), i consumi durevoli e gli investimenti del 10 per cento. La recessione affonda l'economia ma anche i conti pubblici;
    il Governo non solo non ha previsto la dimensione della recessione, ma in gran parte l'ha causata. Le manovre di tasse e tagli, infatti, hanno prodotto una riduzione del PIL di un punto percentuale. Lo certifica nel suo ultimo bollettino (luglio 2012) la Banca d'Italia (e lo ha ammesso persino Monti). La cura ha dunque fatto molto più male della malattia;
    dopo i 145 miliardi recuperati con le due manovre estive «anti-crisi» di Tremonti, datate 2011, il Governo dei «tecnici» hanno tagliato la spesa e tassato gli italiani per 63,2 miliardi (tra manovra «Salva Italia» e «spending review»). Le manovre hanno complessivamente causato una riduzione del reddito del Paese di circa 16 miliardi. Rendendo così più difficili da raggiungere gli obiettivi per raggiungere i quali erano stati escogitati tagli e tasse;
    rimane la preoccupazione per il livello raggiunto dal debito pubblico, che deve necessariamente scendere per rispettare gli impegni con l'Europa. La soluzione già individuata dal Governo è quella di ricorrere alle dismissioni del patrimonio pubblico: partecipazioni pubbliche ed immobili i cui proventi dovrebbero, secondo le stime, equivalere ad un punto percentuale di PIL (oltre 16 miliardi all'anno);
    le proposte per ridurre lo stock del debito si accavallano e mettono insieme vendite di beni pubblici, patrimoniali, emissione di obbligazioni, valorizzazioni delle concessioni demaniali. In alcuni casi questi progetti sono supportati da una documentazione, in altri casi da interviste a giornali e conferenze stampa, senza star troppo a badare alla quadratura dei conti;
    per tutti questi motivi non si può condividere l'ottimismo del ministro Vittorio Grilli che afferma che: «grazie alla gestione oculata delle finanze pubbliche, alle riforme strutturali introdotte e grazie ai segnali di svolta per la stabilirà finanziaria nell'Eurozona, è possibile una rapida inversione della congiuntura economica. Le condizioni congiunturali dell'economia mondiale e l'impatto della crisi finanziaria dell'euro hanno rallentato anche l'economia italiana,»;
    nell'ambito del descritto quadro congiunturale non è pensabile una nuova manovra economica pesantemente recessiva, al contrario servono scelte coraggiose che permettano al nostro Paese, in tempi brevi, di ridare slancio alla crescita e di alleggerire la pressione fiscale sul lavoro. In una fase economica di crescita praticamente nulla (se non negativa) come quella attuale, l'unico modo per diminuire la pressione fiscale è riuscire a ridurre la spesa pubblica corrente improduttiva in modo da annientare gli sprechi e individuare i possibili risparmi senza dover necessariamente ridurre la qualità dei servizi offerti ai cittadini;
   ricordato che:
    l'Italia dei Valori aveva presentata in occasione della discussione del DEF 2012, la Risoluzione 6-00108 che indicava all'esecutivo impegni ancora oggi attuali e validi,

impegna il Governo

   ad adottare politiche al fine di:
    a) ridurre in maniera strutturale la spesa pubblica improduttiva in modo da mantenere, se non addirittura aumentare marginalmente, la quota di spesa destinata agli investimenti e al riequilibrio infrastrutturale del Paese e ad un adeguato sistema di Welfare;
    b) attuare una decisa riduzione della spesa pubblica isolando gli sprechi ed individuando i settori dove risparmiare senza tuttavia ridurre la qualità dei servizi offerti ai cittadini;
    c) adottare un'efficace riduzione dei costi della politica, riducendo i livelli di Governo, a partire dall'abolizione costituzionale delle province, decurtando le società partecipate dallo Stato e dagli enti decentrati e contenendo la proliferazione dei servizi «esternalizzati», riducendo altresì drasticamente le consulenze, provvedendo altresì alla ulteriore contrazione e alla revisione dei compensi per i rappresentanti politici, nonché l'abolizione dei rimborsi elettorali ai partiti, oltre che la progressiva eliminazione del ricorso agli arbitrati per quanto concerne le pubbliche amministrazioni;
    d) stabilire in via definitiva, anche con procedura d'urgenza, nuovi parametri per le regioni relativi a tutti i costi della politica, che prendano le mosse dall'adozione di criteri standard al fine di promuovere l'omogeneizzazione delle diverse situazioni regionali, rispetto alla riduzione parametrata di tutti gli emolumenti percepiti dai consiglieri, dai presidenti e dai componenti della Giunta, alla riduzione del numero dei consiglieri e degli assessori, ed al fine di ridurre, limitare e uniformare, sulla base di criteri omogenei, la spesa dei gruppi consiliari, prevedendo il controllo della Corte dei conti;
    e) con riguardo ad una maggiore efficienza della spesa per infrastrutture: 1) contrastare i diffusi fenomeni di illegalità che hanno inciso negativamente sull'efficienza della regolamentazione delle procedure di affidamento dei lavori pubblici e conseguentemente, sui costi di realizzazione; 2) operare scelte in materia di realizzazione di opere pubbliche basate su analisi trasparenti dei costi e dei benefici, contribuendo così anche a ridurre l'opposizione delle collettività locali alla realizzazione di un'opera sul proprio territorio; 3) monitorare costantemente lo stato di avanzamento degli interventi;
    f) adottare misure efficaci per stimolare la crescita e l'innovazione con risorse certe, recuperando il divario di produttività innanzitutto rispetto agli altri paesi europei, anche attraverso la cooperazione strategica tra le università e le PMI; altresì promuovendo, tramite adeguate politiche industriali, lo sviluppo dei settori produttivi a più alta intensità tecnologica e la riconversione ecologica del nostro sistema produttivo a partire dal sostegno alle fonti energetiche rinnovabili, alla mobilità sostenibile, all'agricoltura biologica ed alla filiera corta dei prodotti agricoli;
    g) rafforzare le misure di contrasto all'evasione fiscale mediante il reinserimento del reato di falso in bilancio, di disposizioni relative all'abuso del diritto tributario;
    h) adottare provvedimenti volti all'inasprimento delle pene per i reati concernenti l'evasione e l'elusione fiscale, connessi alla esclusione dell'applicazione dell'istituto della sospensione della pena;
    i) adottare un meccanismo volto alla riduzione della pressione fiscale con contestuale utilizzo dei maggiori incassi rinvenuti a seguito dell'adozione di una seria politica di lotta all'evasione fiscale provvedendo altresì ad alleggerire il carico fiscale che attualmente grava sul lavoro e sulle PMI;
    j) accrescere la capacità competitiva delle imprese italiane, industriali e non, favorendone la crescita dimensionale, senza la quale le aziende avranno difficoltà ad affrontare con successo i processi di innovazione e internazionalizzazione imposti dal nuovo quadro competitivo mondiale;
    k) adottare ogni iniziativa utile affinché venga assicurato che gli istituti di credito che beneficiano della garanzia di cui all'articolo 8 decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, provvedano alla concessione del credito alle PMI ed alle famiglie, monitorandone l'attività, inclusi: limiti alla distribuzione dei dividendi e dei bonus a manager ed amministratori; riacquisto di strumenti di capitale di qualità inferiore a ristrutturazione di strumenti ibridi esistenti;
    l) adottare ogni iniziativa utile alla netta separazione tra le banche d'affari e le banche commerciali, come primo passo fondamentale verso il superamento della crisi economica e finanziaria globale;
    m) sostenere la proposta franco-tedesca di cooperazione rafforzata con l'obiettivo di creare un sistema europeo comune di tassazione delle transazioni finanziarie;
    n) prendere le opportune iniziative per consentire alla Cassa depositi e prestiti, in considerazione del suo ruolo di soggetto finanziatore delle amministrazioni pubbliche, e in particolare di quelle locali, l'effettuazione di operazioni di cessione dei crediti scaduti ed esigibili, degli enti locali anche mediante cartolarizzazione degli stessi, con costi ed oneri finanziari a carico delle amministrazioni debitrici;
    o) intervenire sul sistema sociale italiano al fine di ridurre le disuguaglianze e le disparità di trattamento;
    p) mettere in atto misure concrete per il contrasto alla disoccupazione, con particolare riferimento a quella giovanile, rafforzare ed estendere gli ammortizzatori sociali, anche in modo da garantire un carattere universale della protezione in particolare includendo nell'ambito di applicazione della nuova Assicurazione sociale per impiego (ASPI), nella quale (in base alle disposizioni di cui all'articolo 2 della legge 28 giugno 2012, n. 92), sono destinate a confluire attraverso un periodo transitorio che si completerà nel 2017, tutte le forme di tutela per la disoccupazione involontaria con il graduale superamento della vigente indennità di mobilità, tutti i lavoratori con contratti cosiddetti «atipici» di cui al capo I del titolo III, ai capi I, II e III del titolo V e capi I e II del titolo VII del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276;
    q) previo confronto con le parti sociali, risolvere definitivamente il problema del lavoratori cosiddetti «esodati», includendo tra i soggetti interessati dalla deroga all'applicazione della nuova normativa in materia pensionistica di cui al comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, oltre ai lavoratori di cui allo stesso comma 14, anche i lavoratori il cui rapporto di lavoro si sia risolto o debba risolversi in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, o in applicazione di accordi collettivi stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale fino al 31 dicembre 2011;
    r) bloccare, in via definitiva, il programma per la produzione e l'acquisto dei 131 cacciabombardieri Joint Strike Fighter;
    s) procedere senza indugi all'archiviazione del progetto definitivo del ponte sullo Stretto di Messina, non ritenuto prioritario neppure dalla Commissione europea;
    t) avviare, in raccordo con le regioni, un piano pluriennale per la difesa del suolo nel nostro Paese, quale vera e prioritaria opera infrastrutturale in grado non solamente di mettere in sicurezza il nostro fragile territorio, ma di attivare migliaia di cantieri con evidenti ricadute importanti dal punto di vista economico e occupazionale. Infatti, al posto di molte inutili grandi opere una manutenzione costante e diffusa del territorio mette in sicurezza il Paese e crea sviluppo nelle aree interne soggette all'abbandono: attività forestali, pescicoltura, allevamento di selvaggina, agricoltura non solo per produrre ma per lo svago e l'assistenza sociale;
    u) abbattere lo stock del debito mediante:
     1) l'attuazione di un programma di dismissioni di beni immobili di proprietà pubblica da attuarsi vincolando tutti i soggetti pubblici a cedere sul mercato gli immobili non strumentali e non sottoposti a vincoli ambientali e culturali;
     2) il conferimento degli introiti di tali dismissioni, per quanto concerne le somme derivanti dall'alienazione di immobili di proprietà delle amministrazioni centrali, al Fondo di ammortamento dei titoli di Stato, e finalizzare al ripianamento dei debiti delle autonomie locali, ove accertati, o alla spesa per investimenti delle medesime, per quanto concerne le somme derivanti dalle alienazioni di immobili di proprietà delle regioni e degli enti locali. Qualora non si realizzassero le dismissioni, i trasferimenti statali a qualunque titolo spettanti alle regioni e agli enti locali vanno ridotti di una somma corrispondente;
     3) la cessione delle partecipazioni pubbliche nazionali e locali non ritenute strategiche.
(6-00117) «Borghesi, Mura, Donadi, Di Pietro, Evangelisti, Barbato, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Messina, Monai, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Rota, Zazzera».


   La Camera,
   esaminata la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2012, relativa alla manovra pubblica 2013-2015;
   considerate le previsioni sull'andamento del PIL, che registra una riduzione del 2,4 per cento nel 2012 e dello 0,2 per cento nel 2013, mentre vi sarebbe una crescita delle attività economiche dell'1,1 per cento nel 2014 e dell'1,3 per cento nel 2015;
   considerato che il peggioramento del ciclo congiunturale è dovuto al rallentamento della domanda internazionale, frenata dai problemi di gestione dei debiti sovrani, e agli effetti restrittivi esercitati sulla domanda interna dalle misure di consolidamento fiscale;
   valutato che, in termini strutturali, ossia al netto della componente ciclica e delle misure temporanee e una tantum, il percorso di risanamento delle finanze pubbliche rimane sostanzialmente inalterato rispetto a quanto programmato nel Documento di economia e finanza per il 2012;
   ritenuto che il conseguimento del pareggio di bilancio in termini strutturali nel 2013 è oramai dato per acquisito dai mercati internazionali e che, ciononostante, le modeste prospettive di crescita, determinate, oltre che da fattori congiunturali, dalla bassa produttività che caratterizza da lungo tempo l'economia nazionale, siano la causa fondamentale del perdurare di un elevato differenziale di rendimento tra i titoli di Stato italiani e tedeschi;
   ritenuto, pertanto, che, anche in presenza di un'ulteriore caduta del PIL, la conferma dell'obiettivo del pareggio di bilancio sia necessaria al fine di assicurare la sostenibilità del debito pubblico che, in ogni caso, è previsto attestarsi, nel 2012, al 123,3 per cento del PIL, al netto dei sostegni per i paesi dell'area dell'euro, anziché al 120,3, come stimato dal DEF, ed a un livello più elevato rispetto al DEF anche negli anni successivi del periodo di programmazione;
   considerato che, nel mese di luglio 2012, nell'ambito della procedura del semestre europeo, il consiglio Ecofin, nel rivolgere all'Italia specifiche raccomandazioni ha, in particolare, richiesto di dare attuazione al piano di risanamento delle finanze pubbliche al fine di garantire la correzione del disavanzo eccessivo entro il 2012 e di perseguire avanzi primari strutturali per riportare il rapporto debito/PIL su una traiettoria in discesa entro il 2013;
   considerato, altresì, che il conseguimento dell'obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013 si rivelerà possibile solo qualora producano gli effetti attesi le misure in materia di correzione strutturale degli andamenti tendenziali della spesa nonché in materia di valorizzazione e di vendita del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, da attuare in piena trasparenza e sviluppando il coordinamento tra le amministrazioni interessate, adottate con il decreto-legge 6 luglio 2012, n, 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135;
   considerata, inoltre, il livello al quale è giunta la pressione fiscale, che si attesta intorno al 45 per cento, nonché il livello della spesa pubblica superiore, qualora si consideri la riduzione del PIL in termini reali, a quello precedente alla crisi, che comportano, come rilevato dalla Corte dei conti, un drenaggio di risorse incompatibile con una efficace politica di rilancio dell'economia;
   rilevato che l'articolo 1, commi 1-bis e 1-ter, del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94, prevedono, rispettivamente, la presentazione, entro il 30 settembre 2012, al Parlamento da parte del Governo di un programma di riorganizzazione della spesa e l'indicazione, nella risoluzione parlamentare approvativa della Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2012, dei disegni di legge collegati alla manovra finanziaria per il triennio 2013-2015, mediante i quali attuare tale riorganizzazione;
   considerato, tuttavia, che il ministro dell'economia e delle finanze, nell'audizione svolta presso le Commissioni Bilancio delle due Camere il 3 ottobre scorso, ha dichiarato che il Governo intende disciplinate ulteriormente la spending review nella prossima legge di stabilità;
   considerato, altresì, come, nella medesima audizione, il ministro abbia osservato che la complessità del piano di valorizzazione di dismissione degli immobili pubblici richiede di approfondirne le modalità di realizzazione e si è dichiarato disponibile a coinvolgere le Camere in tale attività,

impegna il Governo:

   a proseguire nell'attuazione degli indirizzi contenuti nelle risoluzioni parlamentari approvate dalle Camere con riferimento al Documento di economia e finanza 2012;
   a tenere conto dei pareri espressi dalle Commissioni parlamentari;
   a raggiungere nel 2013 il pareggio di bilancio in termini strutturali e a perseguire gli obiettivi programmatici come ridefiniti dalla Nota di aggiornamento;
   a presentare quanto prima il programma di riorganizzazione della spesa previsto dall'articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94;
   ad assicurare piena e puntuale attuazione al piano pluriennale di valorizzazione e vendita del patrimonio pubblico di cui in premessa, verificando ogni possibile azione per un suo rafforzamento;
   ad avviare al più presto, utilizzando le risorse rivenienti dalle politiche di riduzione strutturale della spesa, dall'azione di contrasto all'evasione ed all'elusione fiscale, nonché dai minori oneri per il servizio del debito pubblico, un piano di riduzione strutturale della pressione fiscale per le famiglie e per le imprese, con specifico riferimento al cuneo fiscale, nonché volto a conseguire obiettivi di maggiore inclusione sociale e di riduzione della povertà.
(6-00118) «Gioacchino Alfano, Baretta, Ciccanti, Lo Presti, Cambursano».


INTERPELLANZE URGENTI

Iniziative per favorire una proficua gestione degli enti previdenziali privati e privatizzati – 2-01666

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   gli enti previdenziali privati e privatizzati, di cui ai decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996, sono stati negli ultimi anni oggetto di diversi interventi legislativi e di indirizzi di coordinamento, volti ad assicurare la migliore gestione al fine di garantire la sostenibilità dei sistemi previdenziali e l'adeguatezza delle prestazioni;
   gli indirizzi in materia di bilanci tecnici hanno imposto, inizialmente, che la stabilità delle gestioni previdenziali dei predetti enti e casse privatizzate sia da ricondurre ad un arco temporale non inferiore a trenta anni (articolo 1, comma 763, della legge n. 296 del 2006 – legge finanziaria per il 2007), in luogo dei quindici anni precedentemente previsti;
   ai sensi del comma 24, dell'articolo 24, del decreto-legge n. 201 del 2011, gli enti di cui ai predetti decreti legislativi adottano, nell'esercizio della loro autonomia gestionale, entro e non oltre il 30 settembre 2012, misure volte ad assicurare l'equilibrio tra entrate contributive e spesa per prestazioni pensionistiche secondo bilanci tecnici riferiti ad un arco temporale di cinquanta anni;
   al contempo, gli enti previdenziali privati e privatizzati di cui ai decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996 sono stati sottoposti ad una serie di vincoli ed obblighi gestionali, ivi compresi quelli recentemente introdotti dal decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, in quanto inclusi nell'elenco Istat di cui all'articolo 1, comma 3, della legge n. 196 del 2009, che, di fatto, limitano fortemente l'operatività di detti enti;
   si rileva come appaia, quindi, contraddittorio, da un lato, sottoporre le casse previdenziali ad uno «stress test», prevedendo il rispetto dell'equilibrio previdenziale a cinquanta anni e l'utilizzo della redditività del patrimonio all'1 per cento netto, e, dall'altro lato, imporre il rispetto di una serie di vincoli gestionali che ne limitano l'operatività;
   appare evidente dall'analisi dei bilanci tecnici come la priorità delle casse sia quella di gestire in maniera ottimale e prudenziale il patrimonio, dotandosi di tutti gli strumenti che sono previsti per i fondi pensione di previdenza integrativa e rafforzando la governance interna a tali fini e, altresì, come in presenza di un prodotto interno lordo con crescita debole o in recessione, diventi importante la valorizzazione dei montanti contributivi attraverso una valorizzazione dei patrimoni;
   tale scelta però, ad avviso degli interpellanti, non chiaramente perseguita dal Governo, viene inficiata da una serie di vincoli, come quelli sui consumi intermedi introdotti dall'articolo 8, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, a cui sono sottoposti oggi gli enti previdenziali privati e privatizzati di cui ai decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996, che ignorano come, nel modello organizzativo di questi enti, i costi non siano di carattere autoreferenziale, ma qualificabili come costi di «produzione» o relativi alla «gestione del rischio»;
   non appare corretto comprimere i costi necessari, tra cui quelli per l'effettuazione degli investimenti dei contributi riscossi, per il monitoraggio dei fabbisogni sociali ed assistenziali degli iscritti, per la verifica dell'andamento del mercato del lavoro di riferimento, per la definizione e gestione dell’asset allocation strategica e dinamica, per l'individuazione del benchmark e della banca depositaria, per l'utilizzo di advisor e del risk management e per lo svolgimento delle funzioni volte a tutelare le prestazioni previdenziali degli iscritti;
   gli enti previdenziali di cui ai decreti legislativi n. 509 del 1994 e n. 103 del 1996 sopportano i relativi costi di funzionamento nell'ambito delle proprie entrate, non gravando a tale fine sul bilancio dello Stato, e tali costi non superano mediamente l'1 per cento dei rispettivi bilanci –:
   se sia intenzione del Governo dare un indirizzo chiaro ed univoco in materia di investimenti, nel rispetto dell'autonomia prevista all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 509 del 1994, come confermato da ben due sentenze della Corte costituzionale (5 febbraio 1999, n. 15, e 18 luglio 1997, n. 248), oppure si intenda limitare l'attività di investimento degli enti in oggetto con grave pregiudizio ai bilanci degli stessi;
   se siano state stimate le minori entrate derivanti dalle norme sulle locazioni alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 3 del decreto-legge n. 95 del 2012;
   se siano state, altresì, stimate le minori entrate derivanti dai vincoli sulla gestione degli investimenti, dell’asset allocation e del rischio;
   se non intendano assumere iniziative per eliminare i vincoli richiamati per ridurre il pregiudizio e il danno nei confronti delle gestioni previdenziali dei liberi professionisti.
(2-01666) «Sardelli, Antonione, Gava, Mistrello Destro, Santori, Brugger».
(18 settembre 2012)


Iniziative per salvaguardare la specificità dell'insegnamento della religione cattolica nelle scuole di ogni ordine e grado – 2-01684

B)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   in considerazione degli studenti provenienti da culture, religioni e Paesi diversi, il Ministro interpellato ha manifestato l'intenzione di modificare i programmi d'insegnamento della religione cattolica nelle scuole di ogni ordine e grado, trasformando «l'ora di religione» in un «corso di storia delle religioni o di etica»;
   l'epoca moderna ha dato luogo al processo di scristianizzazione attraverso il quale si tentò di eliminare la Chiesa come soggetto del processo formativo e culturale delle nuove generazioni;
   la dimensione religiosa ha, pur nell'esperienza della personalità, un profilo culturale, in quanto essa è mediata attraverso un rapporto di carattere comunitario, sociale o intersoggettivo;
   il tema dell'insegnamento della religione cattolica importa il chiarimento su quale dei tre livelli conoscitivi sopra richiamati si ponga l'accento, dal momento che alle tre diverse accezioni corrispondono una funzione e una dinamica sociale, nonché interistituzionale, diverse;
   in tale approccio chiarificatore, non si può non tener conto della distinzione che la modernità ha introdotto tra la religione intesa come istituzione culturale di accomunamento e la religione intesa quale forma di potere e di organizzazione della società, secondo una riflessione che ha percorso, come ricordato, ampia parte dei secoli scorsi e l'epoca attuale, da parte di pensatori diversi, anche cattolici come Manzoni, Rosmini e Blondel;
   Giovanni Gentile ha voluto porre la religione cattolica nella riforma della scuola poiché, nella sua storia ideale dello spirito e dialettica dell'atto, ravvisava nella religione un passaggio tra infanzia e vita adulta, secondo una concezione laica e critica, attenta altresì alla psicologia dell'età evolutiva;
   in uno Stato liberale e democratico, quale quello fondato dalla nostra Costituzione, occorre, peraltro, chiarire se l'insegnamento di religione cattolica debba essere inteso come insegnamento o come indottrinamento;
   per questo riguardo, la disposizione normativa recata dall'articolo 9 della legge n. 121 del 1985, di ratifica del nuovo Concordato, non pare fornire equivoca risposta;
   le suddette disposizioni, che apportano modificazioni al Concordato lateranense dell'11 febbraio 1929 tra la Repubblica italiana e la Santa Sede, sanciscono il riconoscimento da parte della Repubblica del «valore della cultura religiosa» e che «i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano», insieme all'impegno a continuare ad assicurare, «nel quadro delle finalità della scuola», l'insegnamento di religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado;
   la medesima legge n. 121 reca un protocollo addizionale, del quale il punto 5, riferito all'articolo 9 prevede, tra l'altro, che l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole sia impartito – in conformità alla dottrina della Chiesa e nel rispetto della libertà di coscienza degli alunni – da insegnanti riconosciuti idonei dall'autorità ecclesiastica, nominati, d'intesa con essa, dall'autorità scolastica;
   il suddetto protocollo addizionale rinvia a una successiva intesa tra le competenti autorità scolastiche e la Conferenza episcopale italiana (poi eseguita con decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1985, n. 751, ove compare, fra l'altro, menzionato l'intento dello Stato di dare una nuova disciplina dello stato giuridico degli insegnanti di religione) la determinazione dei programmi d'insegnamento della religione cattolica per i diversi ordini e gradi delle scuole pubbliche, le modalità della sua organizzazione, anche in relazione alla collocazione nel quadro degli orari delle lezioni, i criteri per la scelta dei libri di testo, i profili della qualificazione professionale degli insegnanti;
   da tale disciplina emerge una concezione diversa rispetto al passato della cultura religiosa da parte dello Stato, il quale rende, altresì, disponibili spazi per lo studio delle altre religioni e più ampiamente del fatto religioso, garantendo, a un tempo, il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell'insegnamento di religione cattolica e il carattere confessionale di quell'insegnamento, il cui contenuto specifico consiste nel fornire agli studenti la conoscenza del cattolicesimo, della cui dottrina è depositaria la Chiesa cattolica;
   detto insegnamento è, peraltro, accessibile a tutti indipendentemente dall'appartenenza religiosa, laddove precedente formulazione fondamento e coronamento dell'istruzione pubblica pareva sottintendere, invece, una necessaria adesione alla religione cattolica;
   l'intesa tra l'autorità scolastica italiana e la Conferenza episcopale italiana, resa esecutiva dal ricordato decreto del Presidente della Repubblica n. 751 del 1985, ha determinato gli specifici contenuti per le materie previste dal punto 5, lettera b), del protocollo addizionale;
   i programmi devono collocarsi nel quadro delle finalità della scuola e sono adottati per ciascun ordine e grado di scuola con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro interrogato, previa intesa con la Conferenza episcopale italiana, ferma restando la competenza esclusiva di quest'ultima a definirne la conformità con la dottrina della Chiesa;
   eventuali modifiche dei programmi potranno essere determinate, su richiesta di ciascuna delle parti, con le medesime modalità;
   detti programmi mirano a stimolare la ricerca della verità sul senso della vita e contribuiscono alla formazione della coscienza morale. Gli allievi dovranno maturare capacità di confronto tra il cattolicesimo e le altre religioni, rispettando le diverse posizioni che le persone assumono in materia etica e religiosa, passando gradualmente dal piano delle conoscenze a quello della consapevolezza e acquisendo capacità di meglio riconoscere il ruolo del cristianesimo nella crescita civile della società italiana ed europea. L'insegnamento della religione cattolica deve, quindi, offrire contenuti e strumenti specifici per una lettura della realtà storico-culturale in cui vivono gli alunni;
   ai sensi del punto 3 della citata intesa, i testi per l'insegnamento della religione cattolica sono equiparati a tutti gli altri testi scolastici, anche per le modalità di adozione, che avviene su proposta dell'insegnante di religione e su delibera dell'organo scolastico competente. Devono, però, «essere provvisti del nulla osta della Conferenza episcopale italiana e dell'approvazione dell'ordinario diocesano»;
   gli obiettivi dell'insegnamento della religione cattolica rivestono un'alta valenza formativa ed educativa in una prospettiva interdisciplinare;
   l'insegnamento della religione cattolica presenta una dimensione culturale non identificabile con la pratica religiosa e, avvalendosi di contenuti innovativi strettamente connessi alla realtà sociale, risulta parte integrante della complessiva formazione scolastica, recando un significativo arricchimento per tutti gli allievi che se ne avvalgono, indipendentemente dalla loro fede religiosa –:
   se il Ministro interrogato non ritenga opportuno garantire la specificità dell'insegnamento della religione cattolica nel pieno rispetto della normativa vigente, che ha recepito le indicazioni della Conferenza episcopale italiana, in materia di programmazione dell'insegnamento della religione cattolica, salvo assumere iniziative per la revisione delle disposizioni recate dalla legge n. 121 del 1985 di ratifica del nuovo Concordato, nonché dell'intesa con la Conferenza episcopale italiana, in materia di programmazione dell'insegnamento della religione.
(2-01684) «Polledri, Mazzocchi, Goisis, Rivolta, Negro, Cavallotto, Grimoldi, Maggioni, Bitonci, Laura Molteni, Chiappori, Fabi, Di Vizia, Desiderati, Montagnoli, Bragantini, Torazzi, Forcolin, Isidori, Fugatti, Fogliato, Lussana, Crosio, Rainieri, Vanalli, Centemero, Barbieri, Palmieri, Miserotti, Toccafondi, Bertolini, Paglia, Binetti, Pagano».
(2 ottobre 2012)


Elementi in relazione alla convocazione nel settembre 1981, da parte dell'ufficio istruzione del tribunale di Bologna, di Saleh Abu Anzeh, esponente in Italia del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, nell'ambito del procedimento relativo all'attentato alla stazione ferroviaria di Bologna del 2 agosto 1980 – 2-01674

C)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   il 14 novembre 1979 a Bologna Saleh Abu Anzeh, esponente in Italia del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, veniva tratto in arresto su mandato della procura della Repubblica di Chieti spiccato nell'ambito della nota inchiesta sui lanciamissili sovietici sequestrati a Ortona. Nel gennaio 1980, il predetto Saleh veniva condannato a sette anni di reclusione per detenzione e trasporto illegittimo di armi da guerra. Il 14 agosto 1981, pendente il giudizio di secondo grado presso la corte di appello de L'Aquila, Saleh venne scarcerato e sottoposto alla misura cautelare dell'obbligo di dimora con presentazione periodica presso la questura di Bologna, città ove l'imputato risiedeva;
   come riportato nell'articolo scritto da Gian Paolo Pelizzaro sul giornale on line liberoreporter.eu, il 10 settembre 1981, alle ore 12.45, dall'ufficio istruzione del tribunale di Bologna parte un telex indirizzato alla corte d'appello (sezione penale) de L'Aquila, firmato dal consigliere istruttore aggiunto Aldo Gentile: «Ai fini procedimento relativo attentato stazione ferroviaria Bologna 2 agosto 1980 rendesi necessario convocazione in Roma Saleh Abu Anzeh periodo 15-21 settembre. Prego pertanto autorizzare detto periodo assenza Bologna predetto imputato sottoposto codesta corte obbligo dimora comune Bologna et presentazione periodica questura Bologna»;
   questo è il primo di quattro laconici documenti agli atti dell'istruttoria sulla strage del 2 agosto 1980, nel pieno della delicatissima fase istruttoria relativa agli accertamenti sulla cosiddetta pista libanese e, cioè, quella costruita a Beirut da Abu Ayad (alias Salah Khalaf) e lanciata attraverso Rita Porena sulle pagine del giornale ticinese Corriere del Ticino il 19 settembre 1980;
   agli atti dell'istruttoria sulla strage non c’è alcun documento a monte di questa richiesta, nulla. Neanche un riscontro a valle della richiesta di Gentile. Oltretutto, questa misteriosa istanza viene formalizzata neanche un mese dopo la scarcerazione di Saleh, unico fra gli imputati (Daniele Pifano, Giorgio Baumgartner e Giuseppe Luciano Nieri), condannati a sette anni di reclusione per detenzione e trasporto illegittimo di armi da guerra (i due lanciamissili terra-aria Sam 7 Strela di fabbricazione sovietica sequestrati a Ortona il 7 novembre 1979), a lasciare il carcere. Abu Anzeh Saleh, giordano di origini palestinesi nato ad Amman il 18 maggio 1949, che operava sotto la copertura del nostro servizio segreto militare almeno dal 1974, era stato, infatti, scarcerato il 14 agosto 1981 con ordinanza della corte d'appello de L'Aquila a seguito di pronuncia della Corte di cassazione (sezione feriale penale) dell'8 agosto 1981 in accoglimento del ricorso presentato dal difensore del giordano, avvocato Edmondo Zappacosta del foro di Roma. Secondo il Sismi, Zappacosta era l'avvocato di fiducia dell'ambasciata libica a Roma;
   i magistrati de L'Aquila chiesero una conferma scritta all'istanza del dottor Gentile e, alle ore 9,20, dell'11 settembre 1981 dalla cancelleria della corte d'appello del capoluogo abruzzese partì un fonogramma firmato dal cancelliere Andrea Centanni, indirizzato all'ufficio istruzione tribunale Bologna (dottor Gentile): «Pregasi confermare contenuto telex 10/9/81 codesto ufficio inteso a ottenere autorizzazione a convocazione in Roma periodo 15-21 settembre Saleh Abu Anzeh». E a stretto giro, dalla cancelleria dell'ufficio istruzione di Bologna partì la conferma al telex del 10 settembre 1981, manoscritta in calce allo stesso fonogramma ricevuto de L'Aquila;
   alle 12,45 dello stesso giorno, 11 settembre 1981, la corte d'appello de L'Aquila replicava tramite nuovo fonogramma, all'indirizzo della segreteria del dottor Gentile, autorizzando la richiesta: «Riferimento telex 10.9.81 relativo ad Abu Saleh Anzeh n. ad Amman il 18.5.49 comunico: il Presidente ritenuto che il Saleh Abu Anzeh deve recarsi a Roma per fini di giustizia dal 15 al 24 sett. 81 autorizza il predetto ad assentarsi da Bologna per il periodo suindicato ed al conseguente obbligo di presentarsi periodicamente alla questura di questa città»;
   alle ore 9,55 del 12 settembre 1981, il giudice istruttore Claudio Gentile trasmette alla divisione polizia giudiziaria della questura di Bologna (dove l'imputato Saleh dal 14 agosto 1981 aveva l'obbligo della firma) il seguente telex nell'ambito del procedimento penale 344/80 AGI: «Per opportuna conoscenza comunicasi corte appello Aquila a richiesta questo ufficio abet autorizzato Saleh Abu Anzeh ad assentarsi da Bologna periodo 15-24 settembre»;
   occorre tener conto del ruolo di Saleh anche come responsabile in Italia del Fronte popolare di Habbash per i contatti col gruppo Carlos (nella sua agenda personale dell'anno 1979, corrispondente alla pagina relativa al 22 luglio, gli investigatori al momento del suo arresto trovarono il numero di una casella postale aperta presso le poste di Bologna, la numero 904, la stessa che sarà ritrovata dalla polizia segreta ungherese negli appunti di Carlos durante una perquisizione segreta nella sua base operativa di Budapest, effettuata il 25 agosto 1979) –:
   di quali elementi disponga il Governo, nell'ambito delle sue competenze, anche in relazione alla qualità di persona che agiva con la copertura dei nostri servizi di Saleh Abu Anzeh e, in particolare, se risulti con chi si incontrò il giordano una volta a Roma, cosa venne discusso ed esaminato in quei dieci giorni, nonché se disponga di elementi dai quali si possa desumere per quali ragioni agli atti dell'istruttoria sulla strage di Bologna non vi sia alcuna traccia degli esiti di quella misteriosa missione.
(2-01674) «Raisi, Biava, Giro, Ciccioli, Mussolini, Rampelli, Proietti Cosimi, Divella, Lamorte, Contento, Malgieri, Nola, Piso, Saltamartini, Frassinetti, Cannella, Cossiga, Alberto Giorgetti, Bellotti, Leo, Tommaso Foti, Castellani, Dima, Mancuso, Laffranco, Murgia, Ascierto, Barani, Di Biagio, Muro, Barbaro, Angela Napoli, Lo Presti, Patarino, Consolo, Giorgio Conte, Menia, Toto, Sani, De Luca, Mantovano, Galli, Moroni, Paglia, Perina, Ruben, Scanderebech, Minasso, Buonfiglio, Scalia, Ronchi».
(25 settembre 2012)


Stato dei negoziati in corso tra gli Stati membri dell'Unione europea che intendono aderire alla cooperazione rafforzata per l'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie – 2-01680

D)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   il Parlamento italiano si è più volte, nel corso degli ultimi anni, occupato del tema della tassazione sulle transazioni finanziarie, riconoscendo i numerosi vantaggi derivanti dall'introduzione di questa tassa così sintetizzabili:
    a) pur applicata con un coefficiente minimo, rappresenterebbe un concreto strumento a sostegno dei conti pubblici degli Stati, che, a causa della crisi, hanno subito un forte aumento del loro debito;
    b) assicurerebbe il giusto contributo del settore finanziario alla copertura dei costi dei piani di salvataggio e dei programmi di stimolo e di rilancio delle economie, nonché una più giusta parità di trattamento con gli altri settori produttivi sempre soggetti a prelievi fiscali;
    c) garantirebbe la riscossione di un gettito prevedibile, permettendo di stabilire politiche di medio-lungo periodo, sia per far fronte alle conseguenze sociali della crisi, sia per sostenere programmi di aiuto allo sviluppo dei Paesi poveri e di contrasto dei cambiamenti climatici;
    d) frenando la speculazione, diminuirebbe l'instabilità dei mercati, con ricadute positive anche per le imprese, in termini di minor rischio valutario, minori incertezze sui prezzi delle materie prime e minor rischi degli investimenti esteri;
   si annoverano a questo proposito, senza pretesa di esaustività, le risoluzioni n. 7-00333, a prima firma dell'onorevole Barbi, n. 7-00328, a prima firma dell'onorevole Zacchera, n. 7-00346, a prima firma dell'onorevole Evangelisti, approvate nella seduta del 16 giugno 2010 della III Commissione della Camera dei deputati; le mozioni n. 1-00817, a prima firma dell'onorevole Volontè, e n. 1-00850, a prima firma dell'onorevole Tempestini, approvate in Aula il 7 febbraio 2012; l'interrogazione n. 5-04529, presentata dall'onorevole Barbi, a cui si è dato risposta nella seduta del 4 maggio 2011 della III Commissione della Camera dei deputati; i disegni di legge atto Camera 3740, a prima firma dell'onorevole Sarubbi, presentato il 30 settembre 2010, e atto Camera 4389, a prima firma dell'onorevole Bersani, presentato il 27 maggio 2011;
   il Consiglio dei Ministri delle finanze (Ecofin) del 22 giugno 2012, constatata l'impossibilità di procedere unanimi all'adozione della proposta di direttiva della Commissione europea [COM(2011)594] concernente un sistema comune d'imposta sulle transazioni finanziarie da applicare in tutti gli Stati membri dell'Unione europea a partire dal 1o gennaio 2014, alla luce del dibattito pubblico orientativo svoltosi in tale seduta, ha, altresì, accertato nelle sue conclusioni che vi fosse un «significativo numero» di delegazioni favorevoli a considerare l'introduzione della suddetta imposta attraverso la procedura della cooperazione rafforzata, in ottemperanza a quanto stabilito dall'articolo 20 del Trattato dell'Unione europea e dagli articoli 326-334 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
   il Consiglio europeo del 28 e 29 giugno 2012 ha recepito l'orientamento espresso dall'Ecofin e nelle sue conclusioni ha confermato la volontà da parte di alcuni Stati membri di avviare la procedura della cooperazione rafforzata, affinché la proposta relativa a una tassa sulle transazioni finanziarie sia adottata entro dicembre 2012;
   il Governo ha più volte confermato l'apertura dell'Italia a considerare l'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie, e su sollecitazione di un giornalista nella conferenza stampa a latere del Consiglio europeo di giugno 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, ha fatto intendere come l'Italia sia tra i Paesi aderenti alla cooperazione rafforzata, a condizione che altre misure di stabilità finanziaria proposte dall'Italia venissero accolte a livello europeo, condizione che si ritiene si possa considerare positivamente raggiunta alla luce del percorso intrapreso in Europa in questi mesi;
   i Paesi membri che si sono dichiarati favorevoli all'avvio della cooperazione rafforzata dovranno sottoscrivere una lettera congiunta alla Commissione europea in cui la richiesta di avvio della procedura venga formalizzata e si possa, quindi, procedere con le fasi successive previste dai trattati di autorizzazione, definizione normativa e adozione della tassa;
   in un articolo del 14 luglio 2012 de IlSole 24 ore si rivelava che fosse già in circolazione una bozza di lettera redatta dal Governo tedesco ed inviata ai potenziali partner europei sottoscrittori della stessa. Inoltre, recenti contatti ufficiosi della campagna «Zero Zero Cinque» e di altre campagne europee per l'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie con esponenti dei Governi europei confermano che i negoziati sono in corso e, secondo quanto riportato da agenzie di stampa, il Presidente Barroso, in occasione del discorso sullo stato dell'Unione, ha ribadito di voler procedere rapidamente per l'istituzione della suddetta imposta nei Paesi che aderiranno alla cooperazione rafforzata –:
   quale sia lo stato dell'arte dei negoziati in corso tra gli Stati membri dell'Unione europea che intendono aderire alla cooperazione rafforzata per l'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie;
   quale sia la posizione politica che sta assumendo l'Italia sulla proposta di lettera, attualmente in circolazione, che un significativo numero di Stati membri dell'Unione europea intende inoltrare alla Commissione europea, comunicando la propria disponibilità ad introdurre la tassa sulle transazioni finanziarie attraverso la cooperazione rafforzata e richiedendo, pertanto, l'avvio dell’iter previsto da tale procedura;
   tenuto conto che la proposta di direttiva che la Commissione europea elabora su indicazione dei Paesi coinvolti nella procedura di cooperazione rafforzata può essere presentata per l'autorizzazione a procedere da parte del Consiglio europeo solo se corredata di un parere positivo del Council legal service (che si pronuncia sull'assenza o meno di effetti distorsivi e di squilibrio del mercato unico per effetto della tassa sulle transazioni finanziarie), quali siano ad oggi le eventuali riserve di carattere tecnico nutrite dal Governo italiano sulla sottoscrizione della suddetta lettera per avviare tale procedura;
   quale tempistica si preveda di seguire tenuto conto dell'impegno assunto dal Consiglio europeo di adottare la proposta entro dicembre 2012.
(2-01680) «Sarubbi, Mogherini Rebesani, Fiano, Lucà, Grassi, Pedoto, D'Incecco, D'Antona, Ghizzoni, Siragusa, Rossomando, Fedi, Realacci, De Torre, Farinone, Brandolini, Murer, Miglioli, Bucchino, Ciriello, Bossa, Fogliardi, Gozi, Bobba, Recchia, Martella, Melis, Duilio, Pes, Sbrollini, Rubinato, Pistelli, Lenzi, Marchi».
(2 ottobre 2012)


Orientamenti del Governo in merito alla permanenza in carica dell'attuale amministratore delegato della società Eur Spa – 2-01683

E)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   in data 14 giugno 2012, è stata svolta in Aula un'interpellanza urgente (la n. 2-01544) presentata da deputati del Partito Democratico rivolta al Ministro interrogato in merito al rinnovo della nomina dell'ingegnere Riccardo Mancini ad amministratore delegato della società Eur spa, società per azioni detenuta per il 90 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze e per il 10 per cento dal comune di Roma capitale, che si occupa della gestione e della valorizzazione di alcuni beni patrimoniali dislocati nel quartiere Eur di Roma;
   nell'interpellanza si denunciava con allarme, secondo quanto si apprendeva da fonti di stampa, il presunto coinvolgimento di Riccardo Mancini negli atti dell'inchiesta sulla corruzione nella Selex. Notizie stampa di questi giorni confermano l'apertura di un'indagine da parte della procura di Roma e l'acquisizione di un'ingente mole di documentazione da parte della Guardia di finanza;
   in merito ai profili gestionali, si sottolineava che, nonostante l'ingente esposizione debitoria, Eur spa aveva costituito tre nuove società controllate, la Eur congressi Roma srl, la Eur tel srl e la Eur power srl, per l'erogazione di servizi al comune di Roma capitale, le cui finalità, ad avviso degli interpellanti, non erano del tutto chiare e le cui strutture avevano portato ad un aumento esponenziale del numero di incarichi e personale, con ciò contravvenendo palesemente ai reiterati indirizzi del Governo, del Parlamento e della normativa volti a ridurre il numero di società ed enti nel perimetro della pubblica amministrazione;
   per questo motivo si chiedeva quali criteri e quali valutazioni fossero stati alla base delle scelte che avevano determinato le nomine nel consiglio di amministrazione di Eur spa, con particolare riferimento a quella di Riccardo Mancini, di cui si ricordava anche una condanna ad un anno e nove mesi per violazione della legge sulle armi;
   il Governo si limitò solo a precisare che l'ingegner Mancini era stato riabilitato e, pertanto, era eleggibile a consigliere, senza fare alcun riferimento a quali criteri curriculari e quali valutazioni in merito ai progetti di governo della società fossero state alla base delle scelte che avevano determinato la sua nomina;
   insoddisfatto da una risposta che riteneva imbarazzata e imbarazzante, il rappresentante del Partito Democratico nella replica sottolineò nuovamente l'inopportunità di quella nomina;
   da ulteriori notizie di stampa, apparse il 2 ottobre 2012 su tutte le principali testate nazionali, si apprende che l'inchiesta non solo non si è fermata, ma che la procura ha disposto perquisizioni presso l'ente Eur spa, mentre sarebbe confermata l'apertura di un'indagine per corruzione e frode fiscale a carico dell'amministratore delegato Riccardo Mancini –:
   se il Governo non intenda cambiare orientamento rispetto alla risposta fornita il 14 giugno 2012 e, conseguentemente, se non ritenga necessario togliere la fiducia e chiedere le immediate dimissioni all'amministratore delegato dell’Eur spa.
(2-01683) «Causi, Ventura, Argentin, Bachelet, Coscia, Gasbarra, Gentiloni Silveri, Giachetti, Madia, Meta, Morassut, Pompili, Recchia, Tocci».
(2 ottobre 2012)


Iniziative per escludere le spese veterinarie per gli animali domestici dall'elenco di quelle comprese nel cosiddetto redditometro – 2-01682

F)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
   gli animali, come riconosciuto dal Trattato di Lisbona dell'Unione europea e dal codice deontologico dei medici veterinari, «sono esseri senzienti, non beni di lusso e come tali hanno il diritto alla tutela del loro benessere e della loro salute, garanzie queste che devono essere assicurate tanto più in una fase così delicata per l'economia di molte famiglie»;
   molto spesso, chi vive con un cane o un gatto deve già sostenere dei sacrifici per provvedere alle sue cure e per poter affrontare le spese veterinarie;
   come denunciato dalle associazioni animaliste e ambientaliste, nel nostro Paese chi vive con un animale domestico si fa già carico di misure estremamente penalizzanti: l'aliquota iva più alta sulla salute degli animali (dal 20 al 21 per cento) e sui loro alimenti (dal 20 al 21 per cento);
   ad ottobre 2012 sarà operativo il nuovo redditometro, che – come dichiarato dal direttore dell'Agenzia delle entrate, nel corso dell'audizione presso la Commissione finanze della Camera dei deputati – rappresenta un passaggio fondamentale nella «guerra contro l'evasione fiscale»;
   il redditometro ha come obiettivo quello di dare la caccia agli evasori, individuando gli scostamenti tra reddito dichiarato e spese effettivamente sostenute dai cittadini attraverso 100 voci di spesa;
   tra queste 100 voci di spesa sono state inserite le spese veterinarie;
   il risultato raggiunto in questo modo è quello di considerare «bene di lusso» il possesso di un animale domestico per il fisco; infatti, il cagnolino o il gatto che sonnecchia sul nostro divano è considerato un indice di ricchezza, al pari dello yacht o della Ferrari;
   gli animali da compagnia hanno un ruolo sociale all'interno dei nuclei familiari, sempre più scossi da una crisi economica che non sta dando tregua, soprattutto, a chi i sacrifici è abituato da sempre a farli;
   ogni proprietario di un cane o di un gatto ha già scelto di rinunciare a qualcosa per sé per poter affrontare spese veterinarie in favore del proprio animale;
   il possesso di un animale domestico non è sintomo di ricchezza, semmai di spirito di sacrificio a beneficio di chi, solo con la sua presenza, fa compagnia ad un anziano o ad un bambino o semplicemente ci accompagna nella fatica di un vivere sempre più complicato;
   una sicura conseguenza di tutto ciò sarà quella di contrarre le spese per le cure dell'animale e di incentivarne l'abbandono, scoraggiando – altresì – la già difficile opera pro-adozione degli animali abbandonati;
   quanto detto si pone in palese contraddizione con la legislazione attualmente vigente in materia di tutela degli animali, che pone l'Italia all'avanguardia in questo campo, e con l'attenzione che il Parlamento sta dedicando all'elaborazione di un nuovo testo finalizzato alla promozione della tutela degli animali d'affezione e alla prevenzione del randagismo, attualmente in discussione presso la XII Commissione affari sociali della Camera dei deputati e nei confronti del quale anche l'attuale Governo ha espresso il proprio apprezzamento –:
   se non ritenga opportuno, alla luce delle considerazioni esposte in premessa, assumere iniziative per escludere le spese veterinarie per gli animali domestici dall'elenco di quelle comprese nel redditometro.
(2-01682) «Giammanco, Frattini, Cazzola, Romani, Biancofiore, Lorenzin, Ravetto, Giro, Crosetto, Ceccacci Rubino, Gioacchino Alfano, Bocciardo, Barani, De Luca, Biasotti, Calabria, Vincenzo Antonio Fontana, Repetti, Gibiino, Garagnani, Formichella, Catanoso, Bernardo, Torrisi, Mannucci, Mottola, De Girolamo, Mancuso, Frassinetti, Pelino, Antonino Foti, Gregorio Fontana, Savino».
(2 ottobre 2012)


Iniziative volte a salvaguardare l'industria automobilistica italiana alla luce del nuovo piano di investimenti della FIAT – 2-01670

G)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   il progetto «Fabbrica Italia» avviato da Fiat nel 2010 prevedeva 20 miliardi di euro di investimenti e un milione e quattrocento mila auto prodotte in Italia;
   secondo tale piano, a Mirafiori la produzione doveva essere aumentata di circa 100 mila vetture, a Melfi di 400 mila e a Pomigliano di 250 mila, mentre a Cassino i volumi dovevano essere quadruplicati, alla Sevel dovevano essere prodotti 240 mila veicoli commerciali all'anno, mentre era confermata la chiusura di Termini Imerese;
   a Mirafiori nel 2011 la produzione di auto si è fermata a quota 63 mila, dal 2007 al 2011 la produzione di Melfi è scesa da 300 mila a 230 mila automobili, e quella di Cassino da 150 mila a 131 mila, mentre lo stabilimento di Pomigliano nel 2011 non ha sfornato più di 12 mila macchine;
   del progetto «Fabbrica Italia» rimane solo la chiusura dello stabilimento di Termini Imerese;
   la cassa integrazione è ormai arrivata in tutti e quattro i grandi stabilimenti del gruppo: a Mirafiori, a Melfi, a Cassino e a Pomigliano, dove pochi mesi fa è uscita la prima nuova Panda, che non vende come sperato, e dove la cassa integrazione ha riguardato 2.150 dipendenti tra il 20 e il 31 agosto 2012;
   è stato, invece, posticipato nello stabilimento di Melfi il lancio di una nuova versione della Punto, nell'attesa di una ripresa del mercato che per ora sembra molto lontana, stabilimento dove lavorano 5.300 dipendenti e la cassa integrazione ha già colpito a «macchia di leopardo», a seconda dell'andamento degli ordini, così come a Cassino, la fabbrica che produce Lancia Delta, Fiat Bravo e Alfa Giulietta;
   l'unico stabilimento dove il lavoro viaggia a ritmi regolari è Sevel che produce veicoli commerciali vicino a Chieti;
   dei 190 mila dipendenti del gruppo sparsi nel mondo, 25 mila sono gli operai occupati nei quattro stabilimenti italiani (Mirafiori, Cassino, Pomigliano e Melfi);
   a livello mondiale il mercato delle auto non è in crisi, nel primo semestre 2012 sono stati venduti sul pianeta 40 milioni e 466 mila auto, il 6,7 per cento in più dello stesso periodo del 2011, che pure era stato un anno record; i costruttori europei che si sono attrezzati prima per essere presenti su quei mercati hanno retto meglio la crisi, la Fiat, da parte sua, si è limitata al solo insediamento in Brasile;
   il crollo delle vendite nell'area euro è conseguenza delle politiche recessive dei Governi per far fronte alla crisi del debito; i mercati dei Paesi del sud Europa vanno peggio degli altri; i cali più vistosi nell'area euro sono quelli di Fiat (-16,5 per cento) e Renault (-16,1 per cento);
   il calo di Fiat è dovuto al fatto che il mercato di riferimento, quello italiano, è quello che ha perso di più (-19,9 per cento) tra i cinque grandi del continente;
   con le attuali condizioni di mercato e all'attuale livello di vendite non c’è lavoro per tutti i dipendenti Fiat e si affacciano le ipotesi dell'affitto degli impianti, del prolungamento della cassa integrazione o del dirottamento di pezzi di produzioni dagli Stati Uniti;
   a Mirafiori è prevista la produzione di due piccoli suv, uno della Jeep e uno della Fiat (la 500X) che entreranno in produzione solo nel 2013 e nel 2014, per essere venduti in Europa e nel resto del mondo;
   oltre a questi modelli non c’è nulla, considerato che i progetti delle vetture che dovranno sostituire la Punto e la Bravo non sono stati ancora deliberati e che dalla fase di avvio alla produzione ci vogliono non meno di diciotto mesi;
   dei 20 miliardi di euro promessi, la Fiat, fino ad oggi, ha investito in Italia 800 milioni di euro per Pomigliano e un miliardo di euro per la produzione di una Maserati nell'ex Bertone di Grugliasco;
   si conferma con ciò che la Fiat sta perdendo quote di mercato perché non ha fatto investimenti e non ha nuovi prodotti; in tale contesto, l'annuncio dell'amministratore delegato Fiat suscita allarme tra i lavoratori, soprattutto nel Mezzogiorno, e crea un clima di incertezza e di paura;
   prima dell'estate, tramite la banca Lazard, la Volkswagen aveva fatto sapere di essere pronta a trattare il marchio Alfa Romeo, che da vent'anni la Fiat non riesce a valorizzare, e uno dei grandi stabilimenti italiani del gruppo;
   nel Governo tale notizia non sembra avere suscitato interesse, mentre sarebbe utile accertare la consistenza di tale proposta; se la Fiat non dovesse rivelarsi in grado di mandare avanti gli stabilimenti, è necessario trovare alternative per scongiurare l'ipotesi che l'Italia rimanga senza industria automobilistica;
   gli stabilimenti sono in gran parte fermi, i lavoratori provano la paura di non avere un futuro, la prospettiva industriale del Paese è messa fortemente in discussione, il piano «Fabbrica Italia» non c’è evidentemente mai stato;
   è necessario che il Governo capisca la reale strategia del gruppo, i dossier sui quali poteva e può far pesare un proprio intervento: Termini Imerese, Irisbus, Sevel non sono da considerarsi chiusi;
   è forse il caso di affrontare il caso Fiat come una grande questione industriale del Paese, nel rispetto dei ruoli di ciascuno –:
   quali iniziative urgenti intenda intraprendere il Ministro interpellato;
   se ritenga una priorità la salvaguardia e lo sviluppo della base industriale del Paese e se, all'interno di questa priorità, l'industria automobilistica abbia ancora un ruolo o se l'abbia perduto;
   se intenda verificare le reali intenzioni della Fiat a investire ancora in Italia, assicurando le migliori condizioni di contesto anche in termini di ammortizzatori sociali straordinari;
   se, nel caso in cui Fiat non intendesse mantenere alcuni degli stabilimenti, intenda favorire soluzioni che prendano seriamente in considerazione altri soggetti ed iniziative industriali.
(2-01670) «Vico, Lulli, Ventura, Antonino Russo, Capodicasa, Vaccaro, Colaninno, Boffa, Adinolfi, Berretta, Iannuzzi, Misiani, Amici, Boccia, Margiotta, Ferranti, Argentin, Pompili, Corsini, Cuperlo, Zaccaria, Graziano, Mario Pepe (PD), Santagata, Miglioli».
(20 settembre 2012)


Elementi e iniziative in ordine alla procedura di gara relativa alla cessione dei rami d'azienda della società Asa group di Castellamonte (Torino) – 2-01673

H)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
   la protesta dei lavoratori per l'aggravarsi della situazione di crisi della società Asa group di Castellamonte (Torino), ormai in via di fallimento, ha riacceso l'interesse pubblico sulla necessità di individuare soluzioni chiare e definitive sul futuro della gestione dei rifiuti nei 51 comuni dell'Alto canavese e sul futuro dei dipendenti della stessa società;
   la società pubblica Asa group di Castellamonte (Torino), a seguito di una situazione economico-finanziaria disastrosa, è gestita oggi da un commissario straordinario nominato dal Ministero dello sviluppo economico e gestisce i rifiuti di un bacino di 80.000 abitanti nell'Alto canavese;
   la situazione di crisi va avanti dal 2010, come denunciato dall'atto di sindacato ispettivo dell'interpellante Togni n. 5-03569, al quale il Ministero dello sviluppo economico ha risposto in data 2 dicembre 2010;
   la gestione del ciclo dei rifiuti versa in gravi difficoltà anche a seguito della chiusura della discarica nel comune di Castellamonte (Torino) in località Vespia, per gravi inadempienze;
   nel mese di aprile 2012, il consorzio Canavesano Ambiente ha indetto un procedimento di gara per l'affidamento, con il sistema dell'offerta economicamente più vantaggiosa, dei servizi di gestione integrata del ciclo dei rifiuti, per un periodo di quindici anni, con l'esclusione delle operazioni di trattamento e/o smaltimento; si è trattata di una gara a doppio oggetto, in quanto il procedimento comprendeva, con base di gara di 7 milioni di euro al rialzo, anche la cessione completa del ramo di impresa della Asa servizi srl e la cessione parziale di asset di Asa consorzio, per le parti afferenti la gestione del ciclo dei rifiuti;
   la gara è andata deserta;
   è stata, quindi, prevista una riapertura della gara, con modifica dei termini dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ivi compresa l'offerta a ribasso per la cessione dei rami d'azienda;
   a tale seconda gara hanno partecipato solo due società, senza tuttavia averne i requisiti richiesti, mentre altre società hanno manifestato interesse ma non hanno partecipato al bando, presumibilmente per la mancanza di chiarezza nei contenuti del bando stesso, soprattutto per la parte riguardante i beni strumentali dell'azienda e la situazione finanziaria degli stessi;
   il 19 settembre 2012, il tribunale di Ivrea ha accolto la richiesta del commissario straordinario di rinviare a novembre l'avvio della procedura di fallimento di Asa, permettendo la possibilità di proseguire con una procedura negoziata all'espletamento della gara, anche per la salvaguardia dei livelli occupazionali dei dipendenti dell'azienda; si continua erroneamente a percorrere la strada della gara a doppio oggetto, nonostante le difficoltà emerse;
   si protrae la pesante situazione di crisi del servizio della gestione dei rifiuti nell'Alto canavese che, come conseguenza, si ripercuote sulla salute dei cittadini che abitano in prossimità all'azienda, a causa del prolungarsi del deposito temporaneo dei rifiuti; di quest'ultima situazione sembra informata la procura di Ivrea;
   il commissario straordinario del consorzio Asa e di Asa servizi in amministrazione straordinaria ha sottoscritto una convenzione ai sensi dell'articolo 15 della legge n. 241 del 1990 con il consorzio Canavesano Ambiente per lo svolgimento in collaborazione di «attività di interesse comune per lo svolgimento congiunto delle procedure di gara per la cessione del complesso aziendale Asa e di Asa servizi srl e per l'affidamento del servizio di raccolta e trasporto di rifiuti urbani e assimilati nel sub ambito b, del bacino 17» –:
   se il Governo sia al corrente della situazione di crisi della società Asa group di Castellamonte (Torino) e delle modalità utilizzate per lo svolgimento delle gare sopra esposte, e se non ritenga opportuno assumere iniziative ai fini della modifica della strategia del doppio oggetto di gara, che fino ad ora non ha portato alcun beneficio, anche valutando i migliori risultati economici conseguibili.
(2-01673) «Togni, Dozzo».
(25 settembre 2012)


Iniziative per garantire la correttezza delle fasi di esecuzione contrattuale relative agli affidamenti diretti in essere tra i general contractor e le società locali nei territori della Calabria e della Sicilia – 2-01661

I)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   nei territori delle regioni Calabria e Sicilia sono attualmente in corso di esecuzione appalti pubblici diretti alla realizzazione di opere di ammodernamento stradale di interesse preminente per lo sviluppo socioeconomico delle aree interessate;
   tali appalti pubblici, aventi ad oggetto infrastrutture strategiche, sono stati aggiudicati mediante il sistema del general contractor, regolamentato dal codice degli appalti pubblici;
   nelle regioni interessate, il ruolo di general contractor è svolto da diverse grandi imprese, operanti in Italia e nel mondo nel settore dell'edilizia e delle infrastrutture;
   i general contractor, in applicazione del codice degli appalti pubblici, hanno inteso affidare direttamente, mediante specifici contratti, l'esecuzione dei lavori di che trattasi a società radicate ed operanti nelle diverse realtà locali, le quali, pertanto, hanno proceduto e stanno procedendo con mezzi e risorse proprie alla concreta realizzazione degli interventi infrastrutturali strategici in questione;
   per come già evidenziato nell'aprile 2012 dall'Ance Sicilia tramite comunicato stampa ampiamente ripreso dai media locali, e per come recentissimamente segnalato da altre società locali affidatarie degli appalti pubblici ed operanti nei territori calabresi, il rapporto giuridico-economico tra società locali e general contractor è contrassegnato da macroscopiche alterazioni del corretto sinallagma contrattuale, così sintetizzabili:
    a) mancate e/o ritardate emissioni, da parte dei general contractor, delle certificazioni prodromiche alla liquidazione dei singoli stati di avanzamento;
    b) assoluta mancanza di tempi certi rispetto ai pagamenti correnti dovuti dai general contractor alle società locali, in adempimento dei singoli stati di avanzamento già certificati;
    c) mancato periodico «ripianamento», da parte dei general contractor, delle anticipazioni concesse in factoring alle società locali dagli istituti bancari, relativamente alle fatture emesse a carico dei medesimi general contractor all'esito delle previste certificazioni;
    d) approfittamento della grave situazione di stress finanziario delle imprese affidatarie, con conseguente «acquisto» da parte dei contraenti generali delle riserve a prezzi nettamente inferiori al dovuto ed al reclamato;
   la situazione appena descritta, caratterizzata da mancati e/o ingiustificatamente ritardati pagamenti che inesorabilmente producono pesantissimi riflessi sull'indebitamento delle società locali, oltre che sulla tempestiva esecuzione dei lavori appaltati, configura con estrema evidenza l'oramai insostenibile sofferenza finanziaria delle società locali medesime, tale da aver oramai provocato delicatissime ripercussioni sul piano societario squisitamente economico;
   il modus operandi dei general contractor appare agli interpellanti con tutta probabilità ispirato ad un inaccettabile abuso della propria posizione dominante, i cui effetti pratici si risolvono in quello che appare un illegittimo e sperequato ribaltamento sulle società locali di costi correnti (in termini di continue anticipazioni) e costi aggiuntivi (specie in termini di interessi bancari), cui fa da contraltare un utilizzo parcellizzato delle liquidità finanziarie, colpevolmente mantenute oltre i normali termini contrattuali nella disponibilità dei general contractor mediante il perverso sistema delle ritardate certificazioni sal (stato avanzamento lavori) e dei ritardati (se non mancati) pagamenti dei crediti contrattuali e dei crediti iva;
   come segnalato dall'Ance Sicilia, le conseguenze di siffatta «strategia» contrattuale sono ad oggi devastanti, soprattutto per quanto concerne lo stato di gravissima crisi finanziaria ed economica, artificiosamente indotta, in cui versano la totalità delle società locali che hanno stipulato negozi giuridici di affidamento e/o di cooperazione con i general contractor, società locali le quali, sia bene puntualizzarlo, precedentemente all'avvio di siffatti rapporti giuridici rivestivano nel proprio ambito territoriale ruoli di assoluta affidabilità professionale e di garantita solidità economico-finanziaria e il cui stato di crisi provocherebbe ulteriori, e gravissimi, danni in termini di perdita di occupazione;
   gli ultimi due punti evidenziati assumono importanza centrale, in quanto espressivi di un inaccettabile drenaggio di risorse finanziarie che i general contractor stanno, di fatto, determinando in danno di aziende operanti nei territori meridionali del Paese, circostanza, questa, foriera di inaccettabile nocumento alla già depressa realtà economica di quelle contrade, rispetto alla quale urgono immediati correttivi tecnici ed altrettanto immediate, oltre che efficaci, azioni politiche di contrasto;
   la predetta «strategia» contrattuale comporta, sul piano della tempistica di realizzazione delle infrastrutture interessate, inevitabili rallentamenti, cui si associa un'altrettanto inevitabile proliferazione dei contenziosi legali, che le società locali andranno ad instaurare per vedersi riconoscere il giusto riconoscimento di tutti i danni sin qui subiti per effetto delle inaccettabili modalità con cui i general contractor hanno inteso dare esecuzione agli accordi contrattuali sottoscritti con le società medesime –:
   quali urgenti iniziative di competenza, compresa una formale verifica a cura dei competenti uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro interpellato intenda assumere al fine di riportare in un ambito di correttezza giuridica le fasi di esecuzione contrattuale relative agli affidamenti diretti in essere tra i general contractor e le società locali nei territori della Calabria e della Sicilia ed al fine di garantire la non assistita sopravvivenza economico-finanziaria delle predette società locali, anche in riferimento ai livelli di occupazione da esse garantiti.
(2-01661) «Terranova, Soglia, Pugliese, Lainati, Bernardini, Mario Pepe (Misto-R-A), Roccella, Stracquadanio, Angela Napoli, Granata, Lo Presti, Barbaro, Consolo, Patarino, Iapicca, Contento, Malgieri, Cannella, Scelli, Laboccetta, D'Alessandro, Ventucci, Costa, Sisto, Torrisi, Misiti, Rosso, Dima, Biava, Fucci, Cassinelli, Speciale, Minniti, Margiotta, Pisicchio, Versace, Mistrello Destro, Gava, Lo Moro, Fallica, Grimaldi, Miccichè, Pittelli, Stagno d'Alcontres».
(12 settembre 2012)


Iniziative per scongiurare il rischio di un prolungato arresto dei lavori relativi alla stazione dell'alta velocità di Afragola (Napoli) – 2-01676

L)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
   il cantiere aperto per la realizzazione della stazione dell'alta velocità di Afragola (Napoli) è stato sottoposto a sequestro giudiziario da parte del tribunale di Milano in data 15 settembre 2012 su ricorso della Peri spa, l'impresa multinazionale più grande al mondo per la produzione e fornitura di sistemi di casseforme ed impalcature;
   in particolare, sono state assoggettate a sequestro imponenti casseformi e armature in ferro che sostengono le fondazioni di cantiere e, quindi, il provvedimento cautelare del tribunale di Milano impedisce, di fatto, la prosecuzione dei lavori;
   la Peri spa, ha richiesto ed ottenuto il sequestro nei confronti di due imprese subappaltatrici dei lavori, la Nuova Tirrenia costruzioni s.r.l. e la Ema costruzioni s.r.l., alle quali aveva concesso in noleggio le strutture assoggettate a sequestro; di conseguenza, Rete ferroviaria italiana spa non ha più la disponibilità del cantiere, né delle opere ivi presenti;
   la gravità della situazione è direttamente proporzionale all'importanza strategica dell'appalto e allo spreco di risorse pubbliche che deriva dall'interruzione dei lavori che hanno ad oggetto la progettazione e la realizzazione della stazione dell'alta velocità di Afragola, per un corrispettivo di circa 75 milioni di euro;
   l'attuale contenzioso è stato certamente provocato dalla crisi economica e finanziaria della Dec spa, appaltatrice delle opere, che tra ottobre 2011 e dicembre 2011 ha iniziato a non pagare i propri fornitori e i sopraddetti subappaltatori, che attualmente vantano un credito superiore ai 2.000.000 di euro;
   ai sensi dell'articolo 118, comma 3, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, le imprese esecutrici devono trasmettere alla stazione appaltante, entro venti giorni dal pagamento di ciascun stato di avanzamento lavori, copia delle fatture quietanzate dai propri subappaltatori: in mancanza di ciò la stazione appaltante ha l'obbligo di sospendere i successivi pagamenti;
   il fatto stesso di non aver ricevuto da Dec spa fatture quietanzate dai propri subappaltatori avrebbe dovuto consentire a Rete ferroviaria italiana spa di rendersi conto della grave crisi economico-finanziaria in cui versava l'impresa esecutrice dei lavori;
   dal mese di gennaio 2012, la crisi finanziaria della Dec spa ha determinato addirittura la sospensione di ogni attività lavorativa di cantiere, senza che né Rete ferroviaria italiana spa, né la direzione lavori, affidata alla Italferr spa, società del gruppo Ferrovie dello Stato, sollevassero obiezioni di sorta;
   dal verbale di sospensione che Dec spa ha sottoposto ai propri subappaltatori si legge che sarebbe stato necessario redigere una variante al progetto, su richiesta della stessa Rete ferroviaria italiana spa; ma questa dichiarazione è stata smentita per iscritto dalla Italferr spa, sia pur tardivamente e solo a causa di un interpello in tal senso rivoltole dal legale dei subappaltatori; il che dimostra il totale disinteresse della direzioni lavori sull'avanzamento dei lavori e sulla conduzione del cantiere;
   come è noto, il direttore dei lavori di un'opera pubblica riveste la qualifica di pubblico ufficiale per l'attività di vigilanza sulla corretta esecuzione dei manufatti da parte delle imprese esecutrici, nonché, più in generale, per l'attività di controllo sull'effettiva esecuzione dei lavori, anche con riguardo ai tempi di realizzazione;
   a giudizio degli interpellanti, l'inerzia della stazione appaltante e dell'organo di direzione lavori appare assolutamente ingiustificata, trattandosi di un'impresa che per mesi ha omesso di far fronte ai propri impegni, in un contesto che si è aggravato sempre di più, se solo si considera che Dec spa non ha più erogato gli stipendi ai propri dipendenti, ha continuato a non pagare subappaltatori e fornitori e ha subito il protesto per alcuni titoli di credito portati all'incasso e non onorati;
   con nota datata 2 maggio 2012, le imprese subappaltatrici hanno denunciato a Rete ferroviaria italiana spa e a Italferr spa gli inadempimenti di Dec spa e i danni che quest'ultima stava provocando alle opere e ai terzi;
   da ultimo, la Dec spa ha disposto la sospensione dei lavori dopo il montaggio in opera delle casseformi della Peri spa, provocando un duplice danno; da un lato, costringendo le società subappaltatrici a sopportare inutilmente gli ingenti costi di noleggio e, dall'altro, impedendo di smontare e di rimuovere le casseformi poste in opera e le gru, per il rischio di crolli e danneggiamenti alle opere;
   la richiesta formulata dalle imprese a Rete ferroviaria italiana spa di far eseguire di ufficio i lavori, almeno limitatamente alle opere più urgenti, non è stata riscontrata da questa ultima; mentre la Italferr spa lo ha fatto in maniera totalmente evasiva;
   se fosse stata accolta, sarebbe stato, invece, possibile restituire a Peri spa le casseformi, mettere in sicurezza le opere realizzate e, contestualmente, contenere i danni a carico delle imprese subappaltatrici;
   a giudizio degli interpellanti, il favor verso la Dec spa è tale che, malgrado la sua condotta fosse tale da compromettere la buona riuscita dei lavori, sarebbe stata addirittura concessa una proroga di termini contrattuali ormai scaduti, compreso quello fissato per l'ultimazione dei lavori;
   peraltro, a quanto risulta agli interpellanti, la proroga sarebbe stata concessa quando lo stato di decozione della Dec spa era del tutto manifesto, al punto che la società stava per depositare la domanda di ammissione al concordato preventivo e, contestualmente, comunicava per iscritto ai propri dipendenti di non avere soldi in cassa per pagare gli stipendi;
   contro ogni evidenza, la Italferr spa ha continuato a garantire ai subappaltatori di aver adottato tutti i provvedimenti affinché i lavori arbitrariamente sospesi dall'esecutore Dec spa riprendessero a regola d'arte; allo stesso tempo, diffidava le imprese subappaltatrici Nuova Tirrenia costruzioni srl ed Ema costruzioni srl dal rimuovere i casseri e le relative armature ed a mantenere i casseri nell'attuale condizione, fintanto che le attività di cantiere non fossero regolarmente riprese, come da ultimo intimato con ordine di servizio n. 530 del 30 maggio 2012;
   oggi la posizione di Rete ferroviaria italiana spa è radicalmente mutata, poiché, stando alle ultime dichiarazioni rese da questa ultima alla stampa, «è stato richiesto all'impresa appaltatrice che vengano rimossi i materiali presenti, restituendoli, se dovuto, ai rispettivi fornitori»; sembra, quindi, che Rete ferroviaria italiana spa non voglia riprendere più i lavori, poiché diversamente non avrebbe senso sostenere costi di ripiegamento del cantiere;
   in ogni caso, per rimuovere le attrezzature presenti in cantiere occorrerebbe predisporre un piano di sicurezza e sostenere ingenti costi per manodopera e trasporti ed è, quindi, contraddittorio che Rete ferroviaria italiana spa abbia conferito tale incarico alla Dec spa, benché quest'ultima, dopo la risoluzione del contratto di appalto e la domanda di ammissione al concordato preventivo, non abbia né l'interesse, né le risorse per provvedervi;
   da ultimo, si segnala che, da informazioni assunte, risulta che, in data 13 giugno 2012, la società Giustino costruzioni spa, seconda classificata nella gara di appalto poi aggiudicata a Dec spa, abbia comunicato a Rete ferroviaria italiana spa di essere interessata alla prosecuzione dei lavori: circostanza questa che sino ad oggi Rete ferroviaria italiana spa omette di riferire, cosicché sembra trovare conferma l'ipotesi che quest'ultima abbia già deciso di sospendere sine die l'esecuzione dei lavori di costruzione della stazione alta velocità di Afragola –:
   se e quali iniziative intenda adottare al fine di scongiurare il rischio di un prolungato arresto dei lavori della stazione dell'alta velocità di Afragola, che comprometterebbe lo sviluppo ulteriore del trasporto ferroviario nel Mezzogiorno d'Italia, vanificando gli investimenti sin qui effettuati;
   se e quali iniziative intenda adottare per tutelare i livelli occupazionali garantiti dalle imprese coinvolte nel dissesto della Dec spa.
(2-01676) «Laboccetta, Contento, Laffranco, D'Alessandro, Cossiga, Cassinelli, Savino, Castiello, Di Caterina, Rosso, Bianconi, Dima, Formichella, Papa, Cicchitto, Dell'Elce, Cosentino, Brunetta, Bellotti, Lisi, Mantovano, Cannella, Nola, Porcu, Ventucci, Costa, Picchi, Scelli, De Angelis, Bernardo, Scalera, Razzi, Crosetto, Pecorella, Ciccioli, Taddei, Milo, Ronchi, Armosino, Traversa, Pittelli, Belcastro, Sammarco, D'Anna, Calderisi, Marinello, Torrisi, Paolo Russo, Moffa, De Luca, Lehner, Cesario, Stasi, Catone, Guzzanti, Pionati».
(27 settembre 2012)