Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Resoconto dell'Assemblea

Vai all'elenco delle sedute >>

XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di mercoledì 13 maggio 2009

TESTO AGGIORNATO AL 28 APRILE 2011

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 13 maggio 2009.

Albonetti, Angelino Alfano, Balocchi, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Bucchino, Buonfiglio, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, D'Amico, Di Biagio, Donadi, Ferrari, Fitto, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Molgora, Narducci, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Scajola, Soro, Stefani, Tremonti, Urso, Vegas, Vietti, Vito, Zacchera.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta)

Albonetti, Angelino Alfano, Balocchi, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Bucchino, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, D'Amico, Di Biagio, Donadi, Ferrari, Fitto, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Molgora, Mura, Narducci, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Scajola, Soro, Stefani, Tremonti, Urso, Vegas, Vietti, Vito, Zacchera.

Annunzio di proposte di legge.

In data 12 maggio 2009 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
HOLZMANN: «Modifica all'articolo 180 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in materia di irrogazione della sanzione per inottemperanza all'invito a fornire informazioni o esibire documenti per l'accertamento di violazioni» (2432);
SANTELLI: «Modifiche all'articolo 640 del codice penale e all'articolo 30 della legge 6 agosto 1990, n. 223, in materia di truffa commessa mediante l'uso di trasmissioni televisive o radiofoniche e di responsabilità civile del titolare della concessione radiotelevisiva» (2433).

Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di un disegno di legge.

In data 12 maggio 2009 è stato presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge:
dal ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca:
«Riconoscimento della personalità giuridica alla Scuola per l'Europa di Parma» (2434).

Sarà stampato e distribuito.

Modifica del titolo di una proposta di legge.

La proposta di legge n. 2418, d'iniziativa dei deputati CAZZOLA ed altri, ha assunto il seguente titolo: «Delega al Governo per il riconoscimento e la disciplina del diritto dei lavoratori all'apprendimento e alla formazione».

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
I Commissione (Affari costituzionali):
TORRISI e CASSINELLI: «Introduzione dell'articolo 5-bis della legge 7 marzo 1986, n. 65, concernente l'istituzione e la disciplina delle unità di prossimità della polizia municipale per il contrasto della criminalità diffusa nei grandi centri urbani» (2388) Parere delle Commissioni II, V, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE MALGIERI: «Modifica all'articolo 32 della Costituzione, in materia di tutela della salute e di diritto all'attività sportiva e ricreativa» (2400) Parere della VII Commissione.
II Commissione (Giustizia):

TENAGLIA: «Modifiche all'articolo 33 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, e all'articolo 3 del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168, per la razionalizzazione delle competenze relative ai giudizi civili in materia di concorrenza» (956) Parere delle Commissioni I, X e XIV;
BERNARDINI ed altri: «Modifiche al codice civile e altre disposizioni in materia di unione civile» (1065) Parere delle Commissioni I, III, IV, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
EVANGELISTI ed altri: «Disposizioni in materia di scomparsa di persone in caso di gravi calamità naturali» (2315) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria) e VIII.
III Commissione (Affari esteri):

PORTA ed altri: «Disciplina del Consiglio generale degli italiani all'estero» (2207) Parere delle Commissioni I, V, VII, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
VI Commissione (Finanze):

TENAGLIA: «Disposizioni concernenti il controllo delle istanze di rimborso e delle agevolazioni fiscali e il procedimento di accertamento con adesione» (958) Parere delle Commissioni I, III, V e XIV;
COSENZA: «Introduzione della fiscalità per lo sviluppo economico e occupazionale delle aree svantaggiate» (2377) Parere delle Commissioni I, V, IX, X, XI, XIII e XIV.
VII Commissione (Cultura):

BOFFA ed altri: «Istituzione della rete dei musei nazionali della scienza e della tecnica» (842) Parere delle Commissioni I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
BUTTIGLIONE: «Riforma della disciplina concernente le attività cinematografiche e audiovisive» (1300) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), IX, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
VIII Commissione (Ambiente):

POLLEDRI ed altri: «Disposizioni per la realizzazione del ponte sul Po tra le province di Piacenza e di Lodi» (2423) Parere delle Commissioni I, V e XIV.
X Commissione (Attività produttive):
COSENZA: «Modifiche all'articolo 5 della legge 29 marzo 2001, n. 135, e altre norme in favore dei sistemi turistici locali» (2376) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
XI Commissione (Lavoro):
CAZZOLA ed altri: «Delega al Governo per il riconoscimento e la disciplina del diritto dei lavoratori all'apprendimento e alla formazione» (2418) Parere delle Commissioni I, V, VII, X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
XII Commissione (Affari sociali):
SCHIRRU ed altri; "Modifiche all'articolo 14-septies del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, n. 33, in materia di limiti di reddito per il diritto alla pensione in favore degli invalidi totali" (1092) Parere delle Commissioni I, V e XI.

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

La Corte dei conti - sezione del controllo sugli enti - con lettera in data 12 maggio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria del Fondo agenti spedizionieri e corrieri (FASC), per gli esercizi dal 1998 al 2007. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 93).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

La Corte dei conti - sezione del controllo sugli enti - con lettera in data 12 maggio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), per l'esercizio 2007. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 94).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

Annunzio di progetti di atti comunitari e dell'Unione europea.

Il ministro per le politiche europee, con lettere in data 8 e 12 maggio 2009, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 3 e 19 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, progetti di atti comunitari e dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Nell'ambito dei documenti trasmessi il 12 maggio 2008, il Governo ha richiamato l'attenzione sui seguenti atti e progetti di atti:
n. 9433/09 - Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i princìpi generali per la concessione di un contributo finanziario della Comunità nel settore delle reti transeuropee (COM(2009)113 definitivo), che è assegnato in sede primaria alle Commissioni riunite IX (Trasporti) e X (Attività produttive);
n. 9683/09 - Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1905/2006 che istituisce uno strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo e del regolamento (CE) n. 1889/2006 che istituisce uno strumento finanziario per la promozione della democrazia e dei diritti umani nel mondo (COM(2009)194 definitivo), che è assegnato in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri).

Richiesta di un parere parlamentare su atti del Governo.

Il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con lettera in data 11 maggio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 40, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, e dell'articolo 32, comma 2, della legge 28 dicembre 2001 n. 448, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto ministeriale concernente il riparto dello stanziamento iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali per l'anno 2009, relativo a contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi (80).
Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla XIII Commissione (Agricoltura), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 2 giugno 2009.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 733 - DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SICUREZZA PUBBLICA (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2180-A)

A.C. 2180-A - Proposte emendative

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE AGLI ARTICOLI 1, 2 E 3 DEL DISEGNO DI LEGGE SULLE QUALI IL GOVERNO HA POSTO LA QUESTIONE DI FIDUCIA

Sostituire l'articolo 1 con il seguente:

Art. 1.

1. La disposizione di cui all'articolo 61, numero 11-bis), del codice penale si intende riferita ai cittadini di Paesi non appartenenti all'Unione europea e agli apolidi.
2. All'articolo 235 del codice penale, il secondo comma è abrogato.
3. Il secondo periodo del primo comma dell'articolo 312 del codice penale è soppresso.
4. Dopo l'articolo 183 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono inseriti i seguenti:
«Art. 183-bis. - (Esecuzione della misura di sicurezza dell'espulsione del cittadino di uno Stato non appartenente all'Unione europea e dell'apolide). - 1. L'espulsione del cittadino di uno Stato non appartenente all'Unione europea e dell'apolide dal territorio dello Stato è eseguita dal questore secondo le modalità di cui all'articolo 13, comma 4, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
Art. 183-ter. - (Esecuzione della misura di sicurezza dell'allontanamento del cittadino di uno Stato membro dell'Unione europea). - 1. L'allontanamento del cittadino di uno Stato membro dell'Unione europea è disposto in conformità ai criteri e con le modalità fissati dall'articolo 20 del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30».

5. All'articolo 416, sesto comma, del codice penale, le parole: «600, 601 e 602» sono sostituite dalle seguenti: «600, 601 e 602, nonché all'articolo 12, comma 3-bis, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286,».
6. All'articolo 376, primo comma, del codice penale, dopo le parole: «e 373» sono inserite le seguenti: «, nonché dall'articolo 378».
7. All'articolo 61 del codice penale, il numero 5) è sostituito dal seguente:
«5) l'avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all'età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa;».

8. All'articolo 342 del codice penale è premesso il seguente:
«Art. 341-bis. - (Oltraggio a pubblico ufficiale). - Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l'onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d'ufficio ed a causa o nell'esercizio delle sue funzioni è punito con la reclusione fino a tre anni.
La pena è aumentata se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato. Se la verità del fatto è provata o se per esso l'ufficiale a cui il fatto è attribuito è condannato dopo l'attribuzione del fatto medesimo, l'autore dell'offesa non è punibile.
Ove l'imputato, prima del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell'ente di appartenenza della medesima, il reato è estinto».

9. Nel libro II, titolo III, capo III, del codice penale, dopo l'articolo 393 è aggiunto il seguente:
«Art. 393-bis. - (Causa di non punibilità). - Non si applicano le disposizioni degli articoli 336, 337, 338, 339, 341-bis, 342 e 343 quando il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio ovvero il pubblico impiegato abbia dato causa al fatto preveduto negli stessi articoli, eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni».

10. L'articolo 4 del decreto legislativo luogotenenziale 14 settembre 1944, n. 288, è abrogato.
11. L'articolo 5 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è sostituito dal seguente:
«Art. 5. - 1. Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano può acquistare la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se residente all'estero, qualora, al momento dell'adozione del decreto di cui all'articolo 7, comma 1, non sia intervenuto lo scioglimento, l'annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi.
2. I termini di cui al comma 1 sono ridotti della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi».

12. Dopo l'articolo 9 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, è inserito il seguente:
«Art. 9-bis. - 1. Ai fini dell'elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza, all'istanza o dichiarazione dell'interessato deve essere comunque allegata la certificazione comprovante il possesso dei requisiti richiesti per legge.
1-bis. Le istanze o dichiarazioni di elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza sono soggette al pagamento di un contributo di importo pari a 200 euro.
1-ter. Il gettito derivante dal contributo di cui al comma 1-bis è versato all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnato allo stato di previsione del Ministero dell'interno che lo destina, per la metà, al finanziamento di progetti del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione diretti alla collaborazione internazionale e alla cooperazione ed assistenza ai Paesi terzi in materia di immigrazione anche attraverso la partecipazione a programmi finanziati dall'Unione europea e, per l'altra metà, alla copertura degli oneri connessi alle attività istruttorie inerenti ai procedimenti di competenza del medesimo Dipartimento in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza».

13. All'articolo 35 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 5 è sostituito dal seguente:
«5. Entro cinque giorni dal deposito del ricorso, il tribunale, con decreto apposto in calce allo stesso, fissa l'udienza in camera di consiglio. Il ricorso e il decreto di fissazione dell'udienza sono notificati all'interessato e al Ministero dell'interno, presso la Commissione nazionale ovvero presso la competente Commissione territoriale, e sono comunicati al pubblico ministero»;

b) i commi 9, 10 e 11 sono sostituiti dai seguenti:
«9. Il Ministero dell'interno, limitatamente al giudizio di primo grado, può stare in giudizio avvalendosi direttamente di un rappresentante designato dalla Commissione nazionale o territoriale che ha adottato l'atto impugnato. La Commissione interessata può in ogni caso depositare alla prima udienza utile tutti gli atti e la documentazione che ritiene necessari ai fini dell'istruttoria. Si applica, in quanto compatibile, l'articolo 417-bis, secondo comma, del codice di procedura civile.
10. Il tribunale, sentite le parti e assunti tutti i mezzi di prova necessari, entro tre mesi dalla presentazione del ricorso decide con sentenza con cui rigetta il ricorso ovvero riconosce al ricorrente lo status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria; la sentenza è notificata al ricorrente e al Ministero dell'interno, presso la Commissione nazionale ovvero presso la competente Commissione territoriale, ed è comunicata al pubblico ministero.
11. Avverso la sentenza pronunciata ai sensi del comma 10 il ricorrente, il Ministero dell'interno e il pubblico ministero possono proporre reclamo alla corte d'appello, con ricorso da depositare presso la cancelleria della corte d'appello, a pena di decadenza, entro dieci giorni dalla notificazione o comunicazione della sentenza»;

c) il comma 14 è sostituito dal seguente:
«14. Avverso la sentenza pronunciata dalla corte d'appello può essere proposto ricorso per cassazione. Il ricorso deve essere proposto, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza. Esso è notificato alle parti assieme al decreto di fissazione dell'udienza in camera di consiglio, a cura della cancelleria. La Corte di cassazione si pronuncia in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 375 del codice di procedura civile».

14. All'articolo 12 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, il primo periodo del comma 5-bis è sostituito dal seguente: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque a titolo oneroso, al fine di trarre ingiusto profitto, dà alloggio ovvero cede, anche in locazione, un immobile ad uno straniero che sia privo di titolo di soggiorno al momento della stipula o del rinnovo del contratto di locazione, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni».
15. All'articolo 116, primo comma, del codice civile, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano».
16. Al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo l'articolo 10 è inserito il seguente:
«Art. 10-bis. - (Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato). - 1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, lo straniero che fa ingresso ovvero si trattiene nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni del presente testo unico nonché di quelle di cui all'articolo 1 della legge 28 maggio 2007, n. 68, è punito con l'ammenda da 5.000 a 10.000 euro. Al reato di cui al presente comma non si applica l'articolo 162 del codice penale.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano allo straniero destinatario del provvedimento di respingimento ai sensi dell'articolo 10, comma 1.
3. Al procedimento penale per il reato di cui al comma 1 si applicano le disposizioni di cui agli articoli 20-bis, 20-ter e 32-bis del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274.
4. Ai fini dell'esecuzione dell'espulsione dello straniero denunciato ai sensi del comma 1 non è richiesto il rilascio del nulla osta di cui all'articolo 13, comma 3, da parte dell'autorità giudiziaria competente all'accertamento del medesimo reato. Il questore comunica l'avvenuta esecuzione dell'espulsione ovvero del respingimento di cui all'articolo 10, comma 2, all'autorità giudiziaria competente all'accertamento del reato.
5. Il giudice, acquisita la notizia dell'esecuzione dell'espulsione o del respingimento ai sensi dell'articolo 10, comma 2, pronuncia sentenza di non luogo a procedere. Se lo straniero rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima del termine previsto dall'articolo 13, comma 14, si applica l'articolo 345 del codice di procedura penale.
6. Nel caso di presentazione di una domanda di protezione internazionale di cui al decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, il procedimento è sospeso. Acquisita la comunicazione del riconoscimento della protezione internazionale di cui al decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, ovvero del rilascio del permesso di soggiorno nelle ipotesi di cui all'articolo 5, comma 6, del presente testo unico, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere»;

b) all'articolo 16, comma 1, le parole: «né le cause ostative» sono sostituite dalle seguenti: «ovvero nel pronunciare sentenza di condanna per il reato di cui all'articolo 10-bis, qualora non ricorrano le cause ostative».

17. Al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 4, comma 2, dopo la lettera s) è aggiunta la seguente:
«s-bis) articolo 10-bis del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286»;

b) dopo l'articolo 20 sono inseriti i seguenti:
«Art. 20-bis. - (Presentazione immediata a giudizio dell'imputato in casi particolari). - 1. Per i reati procedibili d'ufficio, in caso di flagranza di reato ovvero quando la prova è evidente, la polizia giudiziaria chiede al pubblico ministero l'autorizzazione a presentare immediatamente l'imputato a giudizio dinanzi al giudice di pace.
2. La richiesta di cui al comma 1, depositata presso la segreteria del pubblico ministero, contiene:
a) le generalità dell'imputato e del suo difensore, ove nominato;
b) l'indicazione delle persone offese dal reato;
c) la descrizione, in forma chiara e precisa, del fatto che si addebita all'imputato, con l'indicazione degli articoli di legge che si assumono violati;
d) l'indicazione delle fonti di prova a sostegno della richiesta, nonché le generalità dei testimoni e dei consulenti tecnici, con espressa indicazione delle circostanze su cui deve vertere l'esame;
e) la richiesta di fissazione dell'udienza per procedere nei confronti delle persone citate a giudizio.

3. Salvo che ritenga di richiedere l'archiviazione, il pubblico ministero autorizza la presentazione immediata nei quindici giorni successivi, indicando la data e l'ora del giudizio dinanzi al giudice di pace e nominando un difensore d'ufficio all'imputato che ne è privo. Se non ritiene sussistere i presupposti per la presentazione immediata o se ritiene la richiesta manifestamente infondata ovvero presentata dinanzi ad un giudice di pace incompetente per territorio, il pubblico ministero provvede ai sensi dell'articolo 25, comma 2.
4. L'ufficiale giudiziario notifica senza ritardo all'imputato e al suo difensore copia della richiesta di cui al comma 2 e dell'autorizzazione del pubblico ministero contenente:
a) l'avviso all'imputato che se non compare sarà giudicato in contumacia;
b) l'avviso all'imputato che ha diritto di nominare un difensore di fiducia e che in mancanza sarà assistito da difensore di ufficio;
c) l'avviso che il fascicolo relativo alle indagini è depositato presso la segreteria del pubblico ministero e che le parti e i loro difensori hanno facoltà di prenderne visione e di estrarne copia.

5. Si applica l'articolo 20, comma 5.

Art. 20-ter. - (Citazione contestuale dell'imputato in udienza in casi particolari). - 1. Nei casi previsti dall'articolo 20-bis, comma 1, quando ricorrono gravi e comprovate ragioni di urgenza che non consentono di attendere la fissazione dell'udienza ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, ovvero se l'imputato si trova a qualsiasi titolo sottoposto a misure di limitazione o privazione della libertà personale, la polizia giudiziaria formula altresì richiesta di citazione contestuale per l'udienza.
2. Se ritiene sussistere i presupposti di cui al comma 1, il pubblico ministero rinvia l'imputato direttamente dinanzi al giudice di pace con citazione per l'udienza contestuale all'autorizzazione di cui all'articolo 20-bis, comma 3, primo periodo; altrimenti provvede ai sensi del comma 3, secondo periodo, del medesimo articolo.
3. Quando il pubblico ministero dispone la citazione ai sensi del comma 2, la polizia giudiziaria conduce l'imputato che si trova a qualsiasi titolo sottoposto a misure di limitazione o privazione della libertà personale direttamente dinanzi al giudice di pace per la trattazione del procedimento, salvo che egli espressamente rinunzi a partecipare all'udienza. Se l'imputato non si trova sottoposto a misure di limitazione o privazione della libertà personale, la polizia giudiziaria notifica immediatamente allo stesso la richiesta di cui al comma 1 e il provvedimento del pubblico ministero. Copia della richiesta e del provvedimento del pubblico ministero sono altresì comunicati immediatamente al difensore»;

c) dopo l'articolo 32 è inserito il seguente:
«Art. 32-bis. - (Svolgimento del giudizio a presentazione immediata). - 1. Nel corso del giudizio a presentazione immediata di cui agli articoli 20-bis e 20-ter si osservano le disposizioni dell'articolo 32.
2. La persona offesa e i testimoni possono essere citati anche oralmente dall'ufficiale giudiziario nel corso del giudizio a presentazione immediata di cui all'articolo 20-bis. Nel corso del giudizio a citazione contestuale di cui all'articolo 20-ter la persona offesa e i testimoni possono essere citati anche oralmente dall'ufficiale giudiziario ovvero dalla polizia giudiziaria.
3. Il pubblico ministero, l'imputato e la parte civile presentano direttamente a dibattimento i propri testimoni e consulenti tecnici.
4. Il pubblico ministero dà lettura dell'imputazione.
5. L'imputato è avvisato della facoltà di chiedere un termine a difesa non superiore a sette giorni. Quando l'imputato si avvale di tale facoltà, il dibattimento è sospeso fino all'udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine. Nel caso previsto dall'articolo 20-ter, il termine non può essere superiore a quarantotto ore»;

d) nel titolo II, dopo l'articolo 62 è inserito il seguente:
«Art. 62-bis. - (Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva). - 1. Nei casi stabiliti dalla legge, il giudice di pace applica la misura sostitutiva di cui all'articolo 16 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286».

18. All'articolo 1 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, dopo il primo comma è inserito il seguente:
«L'iscrizione e la richiesta di variazione anagrafica possono dar luogo alla verifica, da parte dei competenti uffici comunali, delle condizioni igienico-sanitarie dell'immobile in cui il richiedente intende fissare la propria residenza, ai sensi delle vigenti norme sanitarie».

19. All'articolo 29, comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, la lettera a) è sostituita dalla seguente:
«a) di un alloggio conforme ai requisiti igienico-sanitari, nonché di idoneità abitativa, accertati dai competenti uffici comunali. Nel caso di un figlio di età inferiore agli anni quattordici al seguito di uno dei genitori, è sufficiente il consenso del titolare dell'alloggio nel quale il minore effettivamente dimorerà».

20. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, gli agenti in attività finanziaria che prestano servizi di pagamento nella forma dell'incasso e trasferimento di fondi (money transfer) acquisiscono e conservano per dieci anni copia del titolo di soggiorno se il soggetto che ordina l'operazione è un cittadino extracomunitario. Il documento è conservato con le modalità previste con decreto del Ministro dell'interno emanato ai sensi dell'articolo 7, comma 4, del decreto-legge 27 luglio 2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155. In mancanza del titolo gli agenti effettuano, entro dodici ore, apposita segnalazione all'autorità locale di pubblica sicurezza, trasmettendo i dati identificativi del soggetto. Il mancato rispetto di tale disposizione è sanzionato con la cancellazione dall'elenco degli agenti in attività finanziaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 25 settembre 1999, n. 374.
21. Le disposizioni di cui al comma 20 hanno efficacia decorsi trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
22. Al citato testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 4, comma 3:
1) nel terzo periodo, dopo le parole: «o che risulti condannato, anche» sono inserite le seguenti: «con sentenza non definitiva, compresa quella adottata»;
2) dopo il terzo periodo è inserito il seguente: «Impedisce l'ingresso dello straniero in Italia anche la condanna, con sentenza irrevocabile, per uno dei reati previsti dalle disposizioni del titolo III, capo III, sezione II, della legge 22 aprile 1941, n. 633, relativi alla tutela del diritto di autore, e degli articoli 473 e 474 del codice penale»;

b) all'articolo 5, dopo il comma 2-bis è inserito il seguente:
«2-ter. La richiesta di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno è sottoposta al versamento di un contributo, il cui importo è fissato fra un minimo di 80 e un massimo di 200 euro con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, che stabilisce altresì le modalità del versamento nonché le modalità di attuazione della disposizione di cui all'articolo 14-bis, comma 2. Non è richiesto il versamento del contributo per il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno per asilo, per richiesta di asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari»;

b-bis) all'articolo 5, il primo periodo del comma 4 è sostituito dal seguente: «Il rinnovo del permesso di soggiorno è richiesto dallo straniero al questore della provincia in cui dimora, almeno sessanta giorni prima della scadenza ed è sottoposto alla verifica delle condizioni previste per il rilascio e delle diverse condizioni previste dal presente testo unico»;
c) all'articolo 5, comma 5-bis, le parole: «per i reati previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale,» sono sostituite dalle seguenti: «per i reati previsti dagli articoli 380, commi 1 e 2, e 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale,»;
d) all'articolo 5, dopo il comma 5-bis è inserito il seguente:
«5-ter. Il permesso di soggiorno è rifiutato o revocato quando si accerti la violazione del divieto di cui all'articolo 29, comma 1-ter»;

e) all'articolo 5, comma 8-bis, dopo le parole: «ovvero contraffà o altera documenti al fine di determinare il rilascio di un visto di ingresso o di reingresso, di un permesso di soggiorno, di un contratto di soggiorno o di una carta di soggiorno» sono inserite le seguenti: «oppure utilizza uno di tali documenti contraffatti o alterati»;
f) all'articolo 6, comma 2, le parole: «e per quelli inerenti agli atti di stato civile o all'accesso a pubblici servizi» sono sostituite dalle seguenti: «, per quelli inerenti all'accesso alle prestazioni sanitarie di cui all'articolo 35 e per quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie»;
g) all'articolo 6, il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Lo straniero che, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, non ottempera, senza giustificato motivo, all'ordine di esibizione del passaporto o di altro documento di identificazione e del permesso di soggiorno o di altro documento attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato è punito con l'arresto fino ad un anno e con l'ammenda fino ad euro 2.000»;

h) all'articolo 9, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
«2-bis. Il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo è subordinato al superamento, da parte del richiedente, di un test di conoscenza della lingua italiana, le cui modalità di svolgimento sono determinate con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca»;

h-bis) all'articolo 14, comma 5, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Trascorso tale termine, in caso di mancata cooperazione al rimpatrio del cittadino del Paese terzo interessato o di ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione dei Paesi terzi, il questore può chiedere al giudice di pace la proroga del trattenimento per un periodo ulteriore di sessanta giorni. Qualora non sia possibile procedere all'espulsione in quanto, nonostante sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo, persistono le condizioni di cui al periodo precedente, il questore può chiedere al giudice un'ulteriore proroga di sessanta giorni. Il periodo massimo complessivo di trattenimento non può essere superiore a centottanta giorni. Il questore, in ogni caso, può eseguire l'espulsione ed il respingimento anche prima della scadenza del termine prorogato, dandone comunicazione senza ritardo al giudice di pace»;
i) all'articolo 14, i commi 5-bis, 5-ter, 5-quater e 5-quinquies sono sostituiti dai seguenti:
«5-bis. Quando non sia stato possibile trattenere lo straniero presso un centro di identificazione ed espulsione, ovvero la permanenza in tale struttura non abbia consentito l'esecuzione con l'accompagnamento alla frontiera dell'espulsione o del respingimento, il questore ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni. L'ordine è dato con provvedimento scritto, recante l'indicazione delle conseguenze sanzionatorie della permanenza illegale, anche reiterata, nel territorio dello Stato. L'ordine del questore può essere accompagnato dalla consegna all'interessato della documentazione necessaria per raggiungere gli uffici della rappresentanza diplomatica del suo Paese in Italia, anche se onoraria, nonché per rientrare nello Stato di appartenenza ovvero, quando ciò non sia possibile, nello Stato di provenienza.
5-ter. Lo straniero che senza giustificato motivo permane illegalmente nel territorio dello Stato, in violazione dell'ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis, è punito con la reclusione da uno a quattro anni se l'espulsione o il respingimento sono stati disposti per ingresso illegale nel territorio nazionale ai sensi dell'articolo 13, comma 2, lettere a) e c), ovvero per non aver richiesto il permesso di soggiorno o non aver dichiarato la propria presenza nel territorio dello Stato nel termine prescritto in assenza di cause di forza maggiore, ovvero per essere stato il permesso revocato o annullato. Si applica la pena della reclusione da sei mesi ad un anno se l'espulsione è stata disposta perché il permesso di soggiorno è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato richiesto il rinnovo, ovvero se la richiesta del titolo di soggiorno è stata rifiutata, ovvero se lo straniero si è trattenuto nel territorio dello Stato in violazione dell'articolo 1, comma 3, della legge 28 maggio 2007, n. 68. In ogni caso, salvo che lo straniero si trovi in stato di detenzione in carcere, si procede all'adozione di un nuovo provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica per violazione all'ordine di allontanamento adottato dal questore ai sensi del comma 5-bis. Qualora non sia possibile procedere all'accompagnamento alla frontiera, si applicano le disposizioni di cui ai commi 1 e 5-bis del presente articolo nonché, ricorrendone i presupposti, quelle di cui all'articolo 13, comma 3.
5-quater. Lo straniero destinatario del provvedimento di espulsione di cui al comma 5-ter e di un nuovo ordine di allontanamento di cui al comma 5-bis, che continua a permanere illegalmente nel territorio dello Stato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Si applicano, in ogni caso, le disposizioni di cui al comma 5-ter, terzo e ultimo periodo.
5-quinquies. Per i reati previsti ai commi 5-ter, primo periodo, e 5-quater si procede con rito direttissimo ed è obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto»;

l) dopo l'articolo 14 è inserito il seguente:
«Art. 14-bis. - (Fondo rimpatri). - 1. È istituito, presso il Ministero dell'interno, un Fondo rimpatri finalizzato a finanziare le spese per il rimpatrio degli stranieri verso i Paesi di origine ovvero di provenienza.
2. Nel Fondo di cui al comma 1 confluiscono la metà del gettito conseguito attraverso la riscossione del contributo di cui all'articolo 5, comma 2-ter, nonché i contributi eventualmente disposti dall'Unione europea per le finalità del Fondo medesimo. La quota residua del gettito del contributo di cui all'articolo 5, comma 2-ter, è assegnata allo stato di previsione del Ministero dell'interno, per gli oneri connessi alle attività istruttorie inerenti al rilascio e al rinnovo del permesso di soggiorno»;

m) all'articolo 16, comma 1, dopo le parole: «né le cause ostative indicate nell'articolo 14, comma 1, del presente testo unico,» sono inserite le seguenti: «che impediscono l'esecuzione immediata dell'espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica,»;
m-bis) all'articolo 19, comma 2, lettera c), le parole: «entro il quarto grado» sono sostituite dalle seguenti: «entro il secondo grado»;
n) all'articolo 22, dopo il comma 11 è inserito il seguente:
«11-bis. Lo straniero che ha conseguito in Italia il dottorato o il master universitario di secondo livello, alla scadenza del permesso di soggiorno per motivi di studio, può essere iscritto nell'elenco anagrafico previsto dall'articolo 4 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 luglio 2000, n. 442, per un periodo non superiore a dodici mesi, ovvero, in presenza dei requisiti previsti dal presente testo unico, può chiedere la conversione in permesso di soggiorno per motivi di lavoro»;

o) all'articolo 27, dopo il comma 1-bis sono inseriti i seguenti:
«1-ter. Il nulla osta al lavoro per gli stranieri indicati al comma 1, lettere a), c) e g), è sostituito da una comunicazione da parte del datore di lavoro della proposta di contratto di soggiorno per lavoro subordinato, previsto dall'articolo 5-bis. La comunicazione è presentata con modalità informatiche allo sportello unico per l'immigrazione della prefettura-ufficio territoriale del Governo. Lo sportello unico trasmette la comunicazione al questore per la verifica della insussistenza di motivi ostativi all'ingresso dello straniero ai sensi dell'articolo 31, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, e, ove nulla osti da parte del questore, la invia, con le medesime modalità informatiche, alla rappresentanza diplomatica o consolare per il rilascio del visto di ingresso. Entro otto giorni dall'ingresso in Italia lo straniero si reca presso lo sportello unico per l'immigrazione, unitamente al datore di lavoro, per la sottoscrizione del contratto di soggiorno e per la richiesta del permesso di soggiorno.
1-quater. Le disposizioni di cui al comma 1-ter si applicano ai datori di lavoro che hanno sottoscritto con il Ministero dell'interno, sentito il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, un apposito protocollo di intesa, con cui i medesimi datori di lavoro garantiscono la capacità economica richiesta e l'osservanza delle prescrizioni del contratto collettivo di lavoro di categoria»;

p) all'articolo 29, dopo il comma 1-bis è inserito il seguente:
«1-ter. Non è consentito il ricongiungimento dei familiari di cui alle lettere a) e d) del comma 1, quando il familiare di cui si chiede il ricongiungimento è coniugato con un cittadino straniero regolarmente soggiornante con altro coniuge nel territorio nazionale»;

q) all'articolo 29, il comma 5 è sostituito dal seguente:
«5. Salvo quanto disposto dall'articolo 4, comma 6, è consentito l'ingresso per ricongiungimento al figlio minore, già regolarmente soggiornante in Italia con l'altro genitore, del genitore naturale che dimostri il possesso dei requisiti di disponibilità di alloggio e di reddito di cui al comma 3. Ai fini della sussistenza di tali requisiti si tiene conto del possesso di tali requisiti da parte dell'altro genitore»;
r) all'articolo 29, il comma 8 è sostituito dal seguente:
«8. Il nulla osta al ricongiungimento familiare è rilasciato entro centottanta giorni dalla richiesta»;

s) all'articolo 32:
1) al comma 1, le parole: «e ai minori comunque affidati» sono sostituite dalle seguenti: «e, fermo restando quanto previsto dal comma 1-bis, ai minori che sono stati affidati»;
2) al comma 1-bis, dopo le parole: «ai minori stranieri non accompagnati» sono inserite le seguenti: «, affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, ovvero sottoposti a tutela,».

23. Le disposizioni di cui alla lettera h-bis) del comma 22 si applicano ai cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea anche se già trattenuti nei centri di identificazione e espulsione alla data di entrata in vigore della presente legge.
24. Dall'attuazione delle disposizioni di cui alla lettera o) del comma 22 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Le amministrazioni interessate provvedono alle attività ivi previste con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
25. Dopo l'articolo 4 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è inserito il seguente:
«Art. 4-bis. - (Accordo di integrazione). - 1. Ai fini di cui al presente testo unico, si intende con integrazione quel processo finalizzato a promuovere la convivenza dei cittadini italiani e di quelli stranieri, nel rispetto dei valori sanciti dalla Costituzione italiana, con il reciproco impegno a partecipare alla vita economica, sociale e culturale della società.
2. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente articolo, con regolamento, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sono stabiliti i criteri e le modalità per la sottoscrizione, da parte dello straniero, contestualmente alla presentazione della domanda di rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell'articolo 5, di un Accordo di integrazione, articolato per crediti, con l'impegno a sottoscrivere specifici obiettivi di integrazione, da conseguire nel periodo di validità del permesso di soggiorno. La stipula dell'Accordo di integrazione rappresenta condizione necessaria per il rilascio del permesso di soggiorno. La perdita integrale dei crediti determina la revoca del permesso di soggiorno e l'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, eseguita dal questore secondo le modalità di cui all'articolo 13, comma 4, ad eccezione dello straniero titolare di permesso di soggiorno per asilo, per richiesta di asilo, per protezione sussidiaria, per motivi umanitari, per motivi familiari, di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, di carta di soggiorno per familiare straniero di cittadino dell'Unione europea, nonché dello straniero titolare di altro permesso di soggiorno che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare.
3. All'attuazione del presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».

26. All'articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona»;

b) il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l'ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona nel caso in cui:
a) il fatto riguarda l'ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone;
b) la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l'ingresso o la permanenza illegale;
c) la persona trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l'ingresso o la permanenza illegale;
d) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti;
e) gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti»;

c) il comma 3-bis è sostituito dal seguente:
«3-bis. Se i fatti di cui al comma 3 sono commessi ricorrendo due o più delle ipotesi di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del medesimo comma, la pena ivi prevista è aumentata»;

d) il comma 3-ter è sostituito dal seguente:
«3-ter. La pena detentiva è aumentata da un terzo alla metà e si applica la multa di 25.000 euro per ogni persona se i fatti di cui ai commi 1 e 3:
a) sono commessi al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale o lavorativo ovvero riguardano l'ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento;
b) sono commessi al fine di trarne profitto, anche indiretto»;

e) il comma 4 è sostituito dal seguente:
«4. Nei casi previsti dai commi 1 e 3 è obbligatorio l'arresto in flagranza»;

f) dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti:
«4-bis. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati previsti dal comma 3, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari.
4-ter. Nei casi previsti dai commi 1 e 3 è sempre disposta la confisca del mezzo di trasporto utilizzato per commettere il reato, anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti».

27. All'articolo 407, comma 2, lettera a), numero 7-bis), del codice di procedura penale, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché dei delitti previsti dall'articolo 12, comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni».
28. All'articolo 11, comma 1, lettera c), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, le parole: «trascorso un anno dalla scadenza del permesso di soggiorno» sono sostituite dalle seguenti: «trascorsi sei mesi dalla scadenza del permesso di soggiorno».
29. Nei limiti delle risorse assegnate per le finalità di cui all'articolo 45 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nell'ambito delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328, le disposizioni relative al rimpatrio assistito di cui all'articolo 33, comma 2-bis, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 si applicano ai minori cittadini dell'Unione europea non accompagnati presenti nel territorio dello Stato che esercitano la prostituzione, quando sia necessario nell'interesse del minore stesso, secondo quanto previsto dalla Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176.
30. Agli oneri recati dal comma 16, valutati in euro 25.298.325 per l'anno 2009 e in euro 33.731.100 a decorrere dall'anno 2010, e dal comma 22, lettera h-bis) valutati in euro 35.000.000 per l'anno 2009, in euro 87.064.000 per l'anno 2010, in euro 51.467.950 per l'anno 2011 e in euro 55.057.200 a decorrere dall'anno 2012, di cui euro 35.000.000 per l'anno 2009, euro 83.000.000 per l'anno 2010 ed euro 21.050.000 per l'anno 2011 destinati alla costruzione e ristrutturazione dei centri di identificazione ed espulsione, si provvede:
a) quanto a 48.401.000 euro per l'anno 2009, 64.796.000 euro per l'anno 2010 e 52.912.000 euro a decorrere dall'anno 2011, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2009, allo scopo parzialmente utilizzando gli accantonamenti di cui alla tabella 1;
b) quanto a euro 3.580.000 per l'anno 2010, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2009-2011, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2009, allo scopo parzialmente utilizzando gli accantonamenti di cui alla tabella 2;
c) quanto a euro 11.897.325 per l'anno 2009, euro 21.419.100 per l'anno 2010, euro 32.287.050 per l'anno 2011 ed euro 35.876.300 a decorrere dall'anno 2012, mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307;
d) quanto a euro 31.000.000 per l'anno 2010, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 4, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, come integrata dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

31. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui ai commi 16 e 22, anche ai fini dell'adozione di provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, numero 2), della citata legge n. 468 del 1978, prima della data di entrata in vigore dei provvedimenti di cui al presente comma, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.
32. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Tabella 1
(articolo 1, comma 30, lettera a))

  2009 2010 2011
Ministero dell'economia e delle finanze 7.582.000 3.403.000 3.243.000
Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali 36.475.000 30.029.000 23.374.000
Ministero della giustizia 911.000 - 805.000
Ministero degli affari esteri 2.386.000 26.455.000 20.641.000
Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca 499.000 2.417.000 2.388.000
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 22.000 521.000 514.000
Ministero per i beni e le attività culturali 526.000 1.971.000 1.947.000
Totale ... 48.401.000 64.796.000 52.912.000

Tabella 2
(articolo 1, comma 30, lettera b))

  2010
Ministero dell'economia e delle finanze 500.000
Ministero degli affari esteri 3.000.000
Ministero per i beni e le attività culturali 80.000
Totale ... 3.580.000

Conseguentemente sopprimere gli articoli 4, 5, 5-bis, 6, 21, 22, 42, 43, 45, 47, 48, 49, 51, 53 e 66.
1. 1000.Governo.
(Il testo contiene le correzioni formali presentate dal Governo)
(Approvato)

Sostituire l'articolo 2 con il seguente:

Art. 2.

1. All'articolo 117, comma 2-bis, del codice di procedura penale, dopo le parole: «notizie di reato» sono inserite le seguenti: «, ai registri di cui all'articolo 34 della legge 19 marzo 1990, n. 55,».
2. Al decreto legislativo 8 agosto 1994, n. 490, recante disposizioni attuative della legge 17 gennaio 1994, n. 47, in materia di comunicazioni e certificazioni previste dalla normativa antimafia, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nel titolo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché disposizioni concernenti i poteri del prefetto in materia di contrasto alla criminalità organizzata»;
b) dopo l'articolo 5 è inserito il seguente:
«Art. 5-bis. - (Poteri di accesso e accertamento del prefetto). - 1. Per l'espletamento delle funzioni volte a prevenire infiltrazioni mafiose nei pubblici appalti, il prefetto può disporre accessi ed accertamenti nei cantieri delle imprese interessate all'esecuzione di lavori pubblici, avvalendosi, a tal fine, dei gruppi interforze di cui all'articolo 5, comma 3, del decreto del Ministro dell'interno 14 marzo 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 54 del 5 marzo 2004.
2. Con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sono definite, nel quadro delle norme previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252, le modalità di rilascio delle comunicazioni e delle informazioni riguardanti gli accessi e gli accertamenti effettuati presso i cantieri di cui al comma 1».

3. Al quarto comma dell'articolo 1 del decreto-legge 6 giugno 1982, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726, le parole: «banche, istituti di credito pubblici e privati, società fiduciarie e presso ogni altro istituto o società che esercita la raccolta del risparmio o l'intermediazione finanziaria» sono sostituite dalle seguenti: «e i soggetti di cui al capo III del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231».
4. All'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero del delitto di cui all'articolo 12-quinquies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356».
5. Il titolo della legge 31 maggio 1965, n. 575, è sostituito dal seguente: «Disposizioni contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere».
6. Alla legge 31 maggio 1965, n. 575, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 2, comma 2, le parole: «con la notificazione della proposta» sono soppresse;
b) all'articolo 2-bis:
1) al comma 1, dopo le parole: «Il procuratore della Repubblica» sono inserite le seguenti: «di cui all'articolo 2, comma 1»;
2) al comma 4, dopo le parole: «il procuratore della Repubblica» sono inserite le seguenti: «, il direttore della Direzione investigativa antimafia»;
3) al comma 6, dopo le parole: «Il procuratore della Repubblica» sono inserite le seguenti: «, il direttore della Direzione investigativa antimafia»;
c) all'articolo 2-ter, commi secondo, sesto e settimo, dopo le parole: «del procuratore della Repubblica» sono inserite le seguenti: «di cui all'articolo 2, comma 1»;
d) all'articolo 3-bis, settimo comma, dopo le parole: «su richiesta del procuratore della Repubblica» sono inserite le seguenti: «di cui all'articolo 2, comma 1»;
e) all'articolo 10-quater, secondo comma, dopo le parole: «su richiesta del procuratore della Repubblica» sono inserite le seguenti: «di cui all'articolo 2, comma 1».

7. All'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 2-ter è sostituito dal seguente:
«2-ter. Nel caso previsto dal comma 2, quando non è possibile procedere alla confisca del denaro, dei beni e delle altre utilità di cui al comma 1, il giudice ordina la confisca di altre somme di denaro, di beni e altre utilità per un valore equivalente, delle quali il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona»;
b) al comma 4-bis, le parole: «dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni» sono sostituite dalle seguenti: «dagli articoli 2-quater, 2-sexies, 2-septies, 2-octies, 2-nonies, 2-decies, 2-undecies e 2-duodecies della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni».

8. Al comma 1 dell'articolo 34 della legge 19 marzo 1990, n. 55, nel primo periodo, dopo le parole: «appositi registri» sono inserite le seguenti: «, anche informatici,» e dopo il primo periodo sono inseriti i seguenti: «Nei registri viene curata l'immediata annotazione nominativa delle persone fisiche e giuridiche nei cui confronti sono disposti gli accertamenti personali o patrimoniali da parte dei soggetti titolari del potere di proposta. Il questore territorialmente competente e il direttore della Direzione investigativa antimafia provvedono a dare immediata comunicazione alla procura della Repubblica competente per territorio della proposta di misura personale e patrimoniale da presentare al tribunale competente».
9. Alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l'articolo 104 è sostituito dal seguente:
«Art. 104. - (Esecuzione del sequestro preventivo). - 1. Il sequestro preventivo è eseguito:
a) sui mobili e sui crediti, secondo le forme prescritte dal codice di procedura civile per il pignoramento presso il debitore o presso il terzo in quanto applicabili;
b) sugli immobili o mobili registrati, con la trascrizione del provvedimento presso i competenti uffici;
c) sui beni aziendali organizzati per l'esercizio di un'impresa, oltre che con le modalità previste per i singoli beni sequestrati, con l'immissione in possesso dell'amministratore, con l'iscrizione del provvedimento nel registro delle imprese presso il quale è iscritta l'impresa;
d) sulle azioni e sulle quote sociali, con l'annotazione nei libri sociali e con l'iscrizione nel registro delle imprese;
e) sugli strumenti finanziari dematerializzati, ivi compresi i titoli del debito pubblico, con la registrazione nell'apposito conto tenuto dall'intermediario ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213. Si applica l'articolo 10, comma 3, del decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 170.

2. Si applica altresì la disposizione dell'articolo 92»;
b) nel capo VII, dopo l'articolo 104 è inserito il seguente:
«Art. 104-bis. - (Amministrazione dei beni sottoposti a sequestro preventivo). - 1. Nel caso in cui il sequestro preventivo abbia per oggetto aziende, società ovvero beni di cui sia necessario assicurare l'amministrazione, esclusi quelli destinati ad affluire nel Fondo unico giustizia, di cui all'articolo 61, comma 23, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, l'autorità giudiziaria nomina un amministratore giudiziario scelto nell'Albo di cui all'articolo 2-sexies, comma 3, della legge 31 maggio 1965, n. 575. Con decreto motivato dell'autorità giudiziaria la custodia dei beni suddetti può tuttavia essere affidata a soggetti diversi da quelli indicati al periodo precedente».

10. L'articolo 2-quater della legge 31 maggio 1965, n. 575, è sostituito dal seguente:
«Art. 2-quater. - 1. Il sequestro disposto ai sensi degli articoli seguenti è eseguito con le modalità previste dall'articolo 104 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, per il sequestro preventivo».

11. All'articolo 2-sexies della legge 31 maggio 1965, n. 575, dopo il comma 4 sono aggiunti i seguenti:
«4-bis. Nel caso in cui il sequestro abbia ad oggetto aziende, il tribunale nomina un amministratore giudiziario scelto nella sezione di esperti in gestione aziendale dell'Albo nazionale degli amministratori giudiziari. Egli deve presentare al tribunale, entro sei mesi dalla nomina, una relazione particolareggiata sullo stato e sulla consistenza dei beni aziendali sequestrati, nonché sullo stato dell'attività aziendale. Il tribunale, sentiti l'amministratore giudiziario e il pubblico ministero, ove rilevi concrete prospettive di prosecuzione dell'impresa, approva il programma con decreto motivato e impartisce le direttive di gestione dell'impresa.
4-ter. Il tribunale autorizza l'amministratore giudiziario al compimento degli atti di ordinaria amministrazione funzionali all'attività economica dell'azienda. Il giudice delegato, tenuto conto dell'attività economica svolta dall'azienda, della forza lavoro da essa occupata, della sua capacità produttiva e del suo mercato di riferimento, può indicare il limite di valore entro il quale gli atti si ritengono di ordinaria amministrazione.
4-quater. Si osservano per la gestione dell'azienda le disposizioni di cui all'articolo 2-octies, in quanto applicabili.
4-quinquies. Le procedure esecutive, gli atti di pignoramento e i provvedimenti cautelari in corso da parte di Equitalia S.p.A. o di altri concessionari di riscossione pubblica sono sospesi nelle ipotesi di sequestro di aziende o società disposto ai sensi della presente legge con nomina di un amministratore giudiziario. È conseguentemente sospesa la decorrenza dei relativi termini di prescrizione.
4-sexies. Nelle ipotesi di confisca dei beni, aziende o società sequestrati i crediti erariali si estinguono per confusione ai sensi dell'articolo 1253 del codice civile».

12. All'articolo 2-sexies, comma 3, della legge 31 maggio 1965, n. 575, le parole: «negli albi degli avvocati, dei procuratori legali, dei dottori commercialisti e dei ragionieri del distretto nonché tra persone che, pur non munite delle suddette qualifiche professionali, abbiano comprovata competenza nell'amministrazione di beni del genere di quelli sequestrati» sono sostituite dalle seguenti: «nell'Albo nazionale degli amministratori giudiziari».
13. L'Albo di cui all'articolo 2-sexies, comma 3, della legge 31 maggio 1965, n. 575, articolato in una sezione ordinaria ed una sezione di esperti in gestione aziendale, come modificato dal comma 12 del presente articolo, tenuto presso il Ministero della giustizia, è istituito, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, con decreto legislativo da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri dell'interno, dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico. Con il decreto legislativo sono definiti:
a) i titoli che costituiscono requisiti necessari per l'iscrizione all'Albo;
b) l'ambito delle attività oggetto della professione;
b-bis) i requisiti e il possesso della pregressa esperienza professionale per l'iscrizione nella sezione di esperti in gestione aziendale;
c) le norme transitorie che disciplinano l'inserimento nell'Albo degli attuali iscritti nell'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e nell'albo degli avvocati, ovvero di coloro che, pur non muniti delle suddette qualifiche professionali, abbiano comprovata competenza nell'amministrazione di beni del genere di quelli sequestrati;
d) i criteri di liquidazione dei compensi professionali degli amministratori giudiziari, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, tenuto conto anche della natura dei beni, del valore commerciale del patrimonio da amministrare, dell'impegno richiesto per la gestione dell'attività, delle tariffe professionali o locali e degli usi.

14. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 13 è trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che sono resi entro trenta giorni dalla data di trasmissione del medesimo schema di decreto. Decorso il termine senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza il decreto legislativo può essere comunque adottato.
15. Con decreto del Ministro della giustizia, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 13, sono stabilite le modalità di tenuta e pubblicazione dell'Albo nazionale degli amministratori giudiziari, nonché i rapporti con le autorità giudiziarie che procedono alla nomina.
16. All'articolo 2-octies, comma 1, della legge 31 maggio 1965, n. 575, dopo le parole: «a qualunque titolo» sono aggiunte le seguenti: «ovvero sequestrate o comunque nella disponibilità del procedimento».
17. Al comma 1 dell'articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La presente disposizione non si applica alle aziende o società per le quali sia stato disposto il sequestro o la confisca ai sensi dell'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge
7 agosto 1992, n. 356, ovvero della legge 31 maggio 1965, n. 575».
18. All'articolo 2-undecies della legge 31 maggio 1965, n. 575, dopo il comma 3 è inserito il seguente:
«3-bis. I beni mobili iscritti in pubblici registri, le navi, le imbarcazioni, i natanti e gli aeromobili sequestrati sono affidati dall'autorità giudiziaria in custodia giudiziale agli organi di polizia, anche per le esigenze di polizia giudiziaria, i quali ne facciano richiesta per l'impiego in attività di polizia, ovvero possono essere affidati ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici non economici, per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale. Se è stato nominato l'amministratore giudiziario di cui all'articolo 2-sexies, l'affidamento non può essere disposto senza il previo parere favorevole di quest'ultimo».

19. All'articolo 38 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo la lettera m-bis) è aggiunta la seguente:
«m-ter) di cui alla precedente lettera b) che, anche in assenza nei loro confronti di un procedimento per l'applicazione di una misura di prevenzione o di una causa ostativa ivi previste, pur essendo stati vittime dei reati previsti e puniti dagli articoli 317 e 629 del codice penale aggravati ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, non risultino aver denunciato i fatti all'autorità giudiziaria, salvo che ricorrano i casi previsti dall'articolo 4, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689. La circostanza di cui al primo periodo deve emergere dagli indizi a base della richiesta di rinvio a giudizio formulata nei confronti dell'imputato nei tre anni antecedenti alla pubblicazione del bando e deve essere comunicata, unitamente alle generalità del soggetto che ha omesso la predetta denuncia, dal procuratore della Repubblica procedente all'Autorità di cui all'articolo 6, la quale cura la pubblicazione della comunicazione sul sito dell'Osservatorio»;
b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:
«1-bis. I casi di esclusione previsti dal presente articolo non si applicano alle aziende o società sottoposte a sequestro o confisca ai sensi dell'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, o della legge 31 maggio 1965, n. 575, ed affidate ad un custode o amministratore giudiziario o finanziario».

20. L'articolo 2-decies della legge 31 maggio 1965, n. 575, è sostituito dal seguente:
«Art. 2-decies. - 1. Ferma la competenza dell'Agenzia del demanio per la gestione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali di cui agli articoli 2-nonies e 2-undecies della presente legge e 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, la destinazione dei beni immobili e dei beni aziendali è effettuata con provvedimento del prefetto dell'ufficio territoriale di Governo ove si trovano i beni o ha sede l'azienda, su proposta non vincolante del dirigente regionale dell'Agenzia del demanio, sulla base della stima del valore risultante dagli atti giudiziari, salvo che sia ritenuta necessaria dal prefetto una nuova stima, sentite le amministrazioni di cui all'articolo 2-undecies della presente legge interessate, eventualmente in sede di conferenza di servizi, nonché i soggetti di cui è devoluta la gestione dei beni.
2. Il prefetto procede d'iniziativa se la proposta di cui al comma 1 non è formulata dall'Agenzia del demanio entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1 dell'articolo 2-nonies.
3. Il provvedimento del prefetto è emanato entro novanta giorni dalla proposta di cui al comma 1 o dal decorso del termine di cui al comma 2, prorogabili di ulteriori novanta giorni in caso di operazioni particolarmente complesse. Anche prima dell'emanazione del provvedimento di destinazione, per la tutela dei beni confiscati si applica il secondo comma dell'articolo 823 del codice civile».

21. All'articolo 2-quinquies, comma 1, lettera a), del decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 2008, n. 186, le parole: «affine o convivente» sono sostituite dalle seguenti: «convivente, parente o affine entro il quarto grado».
22. All'articolo 10, comma 1, lettera c), numero 2), del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, dopo la parola: «disgiuntamente» sono inserite le seguenti: «e, per le misure di prevenzione patrimoniali, indipendentemente dalla pericolosità sociale del soggetto proposto per la loro applicazione al momento della richiesta della misura di prevenzione».
23. Al comma 1, alinea, dell'articolo 4 della legge 22 dicembre 1999, n. 512, le parole: «e gli enti» sono soppresse e la parola: «costituiti» è sostituita dalla seguente: «costituite». Dopo il medesimo comma 1, è inserito il seguente:
«1-bis. Gli enti costituiti parte civile nelle forme previste dal codice di procedura penale hanno diritto di accesso al Fondo, entro i limiti delle disponibilità finanziarie annuali dello stesso, limitatamente al rimborso delle spese processuali».

24. Al comma 2 dell'articolo 4 della legge 22 dicembre 1999, n. 512, le parole: «e gli enti» sono soppresse e la parola: «costituiti» è sostituita dalla seguente: «costituite». Dopo il medesimo comma 2, è inserito il seguente:
«2-bis. Gli enti costituiti in un giudizio civile, nelle forme previste dal codice di procedura civile, hanno diritto di accesso al Fondo, entro i limiti delle disponibilità finanziarie annuali dello stesso, limitatamente al rimborso delle spese processuali».

25. All'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole: «il Ministro di grazia e giustizia» sono sostituite dalle seguenti: «il Ministro della giustizia»;
b) al comma 2, primo periodo, dopo la parola: «4-bis» sono inserite le seguenti: «o comunque per un delitto che sia stato commesso avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione di tipo mafioso»;
c) al comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In caso di unificazione di pene concorrenti o di concorrenza di più titoli di custodia cautelare, la sospensione può essere disposta anche quando sia stata espiata la parte di pena o di misura cautelare relativa ai delitti indicati nell'articolo 4-bis»;
d) il comma 2-bis è sostituito dal seguente:
«2-bis. Il provvedimento emesso ai sensi del comma 2 è adottato con decreto motivato del Ministro della giustizia, anche su richiesta del Ministro dell'interno, sentito l'ufficio del pubblico ministero che procede alle indagini preliminari ovvero quello presso il giudice procedente e acquisita ogni altra necessaria informazione presso la Direzione nazionale antimafia, gli organi di polizia centrali e quelli specializzati nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata, terroristica o eversiva, nell'ambito delle rispettive competenze. Il provvedimento medesimo ha durata pari a quattro anni ed è prorogabile nelle stesse forme per successivi periodi, ciascuno pari a due anni. La proroga è disposta quando risulta che la capacità di mantenere collegamenti con l'associazione criminale, terroristica o eversiva non è venuta meno, tenuto conto anche del profilo criminale e della posizione rivestita dal soggetto in seno all'associazione, della perdurante operatività del sodalizio criminale, della sopravvenienza di nuove incriminazioni non precedentemente valutate, degli esiti del trattamento penitenziario e del tenore di vita dei familiari del sotto posto. Il mero decorso del tempo non costituisce, di per sé, elemento sufficiente per escludere la capacità di mantenere i collegamenti con l'associazione o dimostrare il venir meno dell'operatività della stessa»;
e) il comma 2-ter è abrogato;
f) al comma 2-quater:
1) nell'alinea, al primo periodo è premesso il seguente: «I detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione devono essere ristretti all'interno di istituti a loro esclusivamente dedicati, collocati preferibilmente in aree insulari, ovvero comunque all'interno di sezioni speciali e logisticamente separate dal resto dell'istituto e custoditi da reparti specializzati della polizia penitenziaria» e nel primo periodo le parole: «può comportare» sono sostituite dalla seguente: «prevede»;
2) nella lettera b):
2.1) nel primo periodo, le parole: «in un numero non inferiore a uno e non superiore a due» sono sostituite dalle seguenti: «nel numero di uno»;
2.2) nel terzo periodo, le parole: «I colloqui possono essere» sono sostituite dalle seguenti: «I colloqui vengono» e alle parole: «può essere autorizzato» sono premesse le seguenti: «solo per coloro che non effettuano colloqui»;
2.3) dopo il terzo periodo è inserito il seguente: «I colloqui sono comunque videoregistrati»;
2.4) nell'ultimo periodo, dopo le parole: «non si applicano ai colloqui con i difensori» sono aggiunte le seguenti: «con i quali potrà effettuarsi, fino ad un massimo di tre volte alla settimana, una telefonata o un colloquio della stessa durata di quelli previsti con i familiari»;
3) nella lettera f), le parole: «cinque persone» sono sostituite dalle seguenti: «quattro persone», le parole: «quattro ore» sono sostituite dalle seguenti: «due ore» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Saranno inoltre adottate tutte le necessarie misure di sicurezza, anche attraverso accorgimenti di natura logistica sui locali di detenzione, volte a garantire che sia assicurata la assoluta impossibilità di comunicare tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità, scambiare oggetti e cuocere cibi»;

g) il comma 2-quinquies è sostituito dal seguente:
«2-quinquies. Il detenuto o l'internato nei confronti del quale è stata disposta o prorogata l'applicazione del regime di cui al comma 2, ovvero il difensore, possono proporre reclamo avverso il procedimento applicativo. Il reclamo è presentato nel termine di venti giorni dalla comunicazione del provvedimento e su di esso è competente a decidere il tribunale di sorveglianza di Roma. Il reclamo non sospende l'esecuzione del provvedimento»;

h) il comma 2-sexies è sostituito dal seguente:
«2-sexies. Il tribunale, entro dieci giorni dal ricevimento del reclamo di cui al comma 2-quinquies, decide in camera di consiglio, nelle forme previste dagli articoli 666 e 678 del codice di procedura penale, sulla sussistenza dei presupposti per l'adozione del provvedimento. All'udienza le funzioni di pubblico ministero possono essere altresì svolte da un rappresentante dell'ufficio del procuratore della Repubblica di cui al comma 2-bis o del procuratore nazionale antimafia. Il procuratore nazionale antimafia, il procuratore di cui al comma 2-bis, il procuratore generale presso la corte d'appello, il detenuto, l'internato o il difensore possono proporre, entro dieci giorni dalla sua comunicazione, ricorso per cassazione avverso l'ordinanza del tribunale per violazione di legge. Il ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento ed è trasmesso senza ritardo alla Corte di cassazione. Se il reclamo viene accolto, il ministro della giustizia, ove intenda disporre un nuovo provvedimento ai sensi del comma 2, deve, tenendo conto della decisione del tribunale di sorveglianza, evidenziare elementi nuovi o non valutati in sede di reclamo»;

i) dopo il comma 2-sexies è aggiunto il seguente:
«2-septies. Per la partecipazione del detenuto o dell'internato all'udienza si applicano le disposizioni di cui all'articolo 146-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271».

26. Nel libro II, titolo III, capo II, del codice penale, dopo l'articolo 391 è inserito il seguente:
«Art. 391-bis. - (Agevolazione ai detenuti e internati sottoposti a particolari restrizioni delle regole di trattamento e degli istituti previsti dall'ordinamento penitenziario). - Chiunque consente a un detenuto, sottoposto alle restrizioni di cui all'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, di comunicare con altri in elusione delle prescrizioni all'uopo imposte è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato di pubblico servizio ovvero da un soggetto che esercita la professione forense si applica la pena della reclusione da due a cinque anni».

27. Alla legge 26 luglio 1975, n. 354, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 4-bis sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al comma 1, le parole: «, qualora ricorra anche la condizione di cui al comma 1-quater del presente articolo,» sono soppresse;
2) al comma 1-quater, le parole: «, qualora ricorra anche la condizione di
cui al medesimo comma 1,» sono soppresse.

b) agli articoli 21, comma 1, 30-ter, comma 4, lettera c), 50, comma 2, 50-bis, comma 1, 58-ter, comma 1, e 58-quater, comma 5, le parole: «dei delitti indicati nel comma 1» sono sostituite dalle seguenti «dei delitti indicati nei commi 1, 1-ter e 1-quater».

28. All'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, le parole: «per i delitti indicati nel comma 1» sono sostituite dalle seguenti «per i delitti indicati nei commi 1, 1-ter e 1-quater».
29. Dopo l'articolo 24-bis del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, è inserito il seguente:
«Art. 24-ter. - (Delitti di criminalità organizzata). - 1. In relazione alla commissione di taluno dei delitti di cui agli articoli 416, sesto comma, 416-bis, 416-ter e 630 del codice penale, ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché ai delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, si applica la sanzione pecuniaria da quattrocento a mille quote.
2. In relazione alla commissione di taluno dei delitti di cui all'articolo 416 del codice penale, ad esclusione del sesto comma, ovvero di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), numero 5), del codice di procedura penale, si applica la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote.
3. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 1 e 2, si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore ad un anno.
4. Se l'ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei reati indicati nei commi 1 e 2, si applica la sanzione dell'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività ai sensi dell'articolo 16, comma 3».

30. L'articolo 143 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è sostituito dal seguente:
«Art. 143. - (Scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare. Responsabilità dei dirigenti e dipendenti). - 1. Fuori dai casi previsti dall'articolo 141, i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di accertamenti effettuati a norma dell'articolo 59, comma 7, emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori di cui all'articolo 77, comma 2, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un'alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l'imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica.
2. Al fine di verificare la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 anche con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti ed ai dipendenti dell'ente locale, il prefetto competente per territorio dispone ogni opportuno accertamento, di norma promuovendo l'accesso presso l'ente interessato. In tal caso, il prefetto nomina una commissione d'indagine, composta da tre funzionari della pubblica amministrazione, attraverso la quale esercita i poteri di accesso e di accertamento di cui è titolare per delega del Ministro dell'interno ai sensi dell'articolo 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410. Entro tre mesi dalla data di accesso, rinnovabili una volta per un ulteriore periodo massimo di tre mesi, la commissione termina gli accertamenti e rassegna al prefetto le proprie conclusioni.
3. Entro il termine di quarantacinque giorni dal deposito delle conclusioni della commissione d'indagine, ovvero quando abbia comunque diversamente acquisito gli elementi di cui al comma 1 ovvero in ordine alla sussistenza di forme di condizionamento degli organi amministrativi ed elettivi, il prefetto, sentito il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica integrato con la partecipazione del procuratore della Repubblica competente per territorio, invia al Ministro dell'interno una relazione nella quale si dà conto della eventuale sussistenza degli elementi di cui al comma 1 anche con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti e ai dipendenti dell'ente locale. Nella relazione sono, altresì, indicati gli appalti, i contratti e i servizi interessati dai fenomeni di compromissione o interferenza con la criminalità organizzata o comunque connotati da condizionamenti o da una condotta antigiuridica. Nei casi in cui per i fatti oggetto degli accertamenti di cui al presente articolo o per eventi connessi sia pendente procedimento penale, il prefetto può richiedere preventivamente informazioni al procuratore della Repubblica competente, il quale, in deroga all'articolo 329 del codice di procedura penale, comunica tutte le informazioni che non ritiene debbano rimanere segrete per le esigenze del procedimento.
4. Lo scioglimento di cui al comma 1 è disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri entro tre mesi dalla trasmissione della relazione di cui al comma 3, ed è immediatamente trasmesso alle Camere. Nella proposta di scioglimento sono indicati in modo analitico le anomalie riscontrate ed i provvedimenti necessari per rimuovere tempestivamente gli effetti più gravi e pregiudizievoli per l'interesse pubblico; la proposta indica, altresì, gli amministratori ritenuti responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento. Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale comporta la cessazione dalla carica di consigliere, di sindaco, di presidente della provincia, di componente delle rispettive giunte e di ogni altro incarico comunque connesso alle cariche ricoperte, anche se diversamente disposto dalle leggi vigenti in materia di ordinamento e funzionamento degli organi predetti.
5. Anche nei casi in cui non sia disposto lo scioglimento, qualora la relazione prefettizia rilevi la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti o ai dipendenti a qualunque titolo dell'ente locale, con decreto del Ministro dell'interno, su proposta del prefetto, è adottato ogni provvedimento utile a far cessare immediatamente il pregiudizio in atto e ricondurre alla normalità la vita amministrativa dell'ente, ivi inclusa la sospensione dall'impiego del dipendente, ovvero la sua destinazione ad altro ufficio o altra mansione con obbligo di avvio del procedimento disciplinare da parte dell'autorità competente.
6. A decorrere dalla data di pubblicazione del decreto di scioglimento sono risolti di diritto gli incarichi di cui all'articolo 110, nonché gli incarichi di revisore dei conti e i rapporti di consulenza e di collaborazione coordinata e continuativa che non siano stati rinnovati dalla commissione straordinaria di cui all'articolo 144 entro quarantacinque giorni dal suo insediamento.
7. Nel caso in cui non sussistano i presupposti per lo scioglimento o l'adozione di altri provvedimenti di cui al comma 5, il Ministro dell'interno, entro tre mesi dalla trasmissione della relazione di cui al comma 3, emana comunque un decreto di conclusione del procedimento in cui dà conto degli esiti dell'attività di accertamento. Le modalità di pubblicazione dei provvedimenti emessi in caso di insussistenza dei presupposti per la proposta di scioglimento sono disciplinate dal Ministro dell'interno con proprio decreto.
8. Se dalla relazione prefettizia emergono concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti tra singoli amministratori e la criminalità organizzata di tipo mafioso, il Ministro dell'interno trasmette la relazione di cui al comma 3 all'autorità giudiziaria competente per territorio, ai fini dell'applicazione delle misure di prevenzione previste nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575.
9. Il decreto di scioglimento è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Al decreto sono allegate la proposta del Ministro dell'interno e la relazione del prefetto, salvo che il Consiglio dei ministri disponga di mantenere la riservatezza su parti della proposta o della relazione nei casi in cui lo ritenga strettamente necessario.
10. Il decreto di scioglimento conserva i suoi effetti per un periodo da dodici mesi a diciotto mesi prorogabili fino ad un massimo di ventiquattro mesi in casi eccezionali, dandone comunicazione alle Commissioni parlamentari competenti, al fine di assicurare il regolare funzionamento dei servizi affidati alle amministrazioni, nel rispetto dei princìpi di imparzialità e di buon andamento dell'azione amministrativa. Le elezioni degli organi sciolti ai sensi del presente articolo si svolgono in occasione del turno annuale ordinario di cui all'articolo 1 della legge 7 giugno 1991, n. 182, e successive modificazioni. Nel caso in cui la scadenza della durata dello scioglimento cada nel secondo semestre dell'anno, le elezioni si svolgono in un turno straordinario da tenersi in una domenica compresa tra il 15 ottobre e il 15 dicembre. La data delle elezioni è fissata ai sensi dell'articolo 3 della citata legge n. 182 del 1991, e successive modificazioni. L'eventuale provvedimento di proroga della durata dello scioglimento è adottato non oltre il cinquantesimo giorno antecedente alla data di scadenza della durata dello scioglimento stesso, osservando le procedure e le modalità stabilite nel comma 4.
11. Fatta salva ogni altra misura interdittiva ed accessoria eventualmente prevista, gli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento di cui al presente articolo non possono essere candidati alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, che si svolgono nella regione nel cui territorio si trova l'ente interessato dallo scioglimento, limitatamente al primo turno elettorale successivo allo scioglimento stesso, qualora la loro incandidabilità sia dichiarata con provvedimento definitivo. Ai fini della dichiarazione d'incandidabilità il Ministro dell'interno invia senza ritardo la proposta di scioglimento di cui al comma 4 al tribunale competente per territorio, che valuta la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 con riferimento agli amministratori indicati nella proposta stessa. Si applicano, in quanto compatibili, le procedure di cui al libro IV, titolo II, capo VI, del codice di procedura civile.
12. Quando ricorrono motivi di urgente necessità, il prefetto, in attesa del decreto di scioglimento, sospende gli organi dalla carica ricoperta, nonché da ogni altro incarico ad essa connesso, assicurando la provvisoria amministrazione dell'ente mediante invio di commissari. La sospensione non può eccedere la durata di sessanta giorni e il termine del decreto di cui al comma 10 decorre dalla data del provvedimento di sospensione.
13. Si fa luogo comunque allo scioglimento degli organi, a norma del presente articolo, quando sussistono le condizioni indicate nel comma 1, ancorché ricorrano le situazioni previste dall'articolo 141».

Conseguentemente sopprimere gli articoli 23, 24, 25, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 34, 35, 36, 36-bis, 37, 39, 40, 41, 59 e 62.
2. 1000.Governo.
(Il testo contiene le correzioni formali presentate dal Governo)
(Approvato)

Sostituire l'articolo 3 con il seguente:

Art. 3.

1. All'articolo 36 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. Quando i reati di cui all'articolo 527 del codice penale, i delitti non colposi di cui ai titoli XII e XIII del libro II del codice penale, nonché i reati di cui alla legge 20 febbraio 1958, n. 75, sono commessi in danno di persona portatrice di minorazione fisica, psichica o sensoriale, la pena è aumentata da un terzo alla metà».

2. All'articolo 635 del codice penale, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo comma, numero 3), dopo le parole: «centri storici» sono inserite le seguenti: «ovvero su immobili i cui lavori di costruzione, di ristrutturazione, di recupero o di risanamento sono in corso o risultano ultimati»;
b) dopo il secondo comma è aggiunto il seguente:
«Per i reati di cui al secondo comma, la sospensione condizionale della pena è subordinata all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna».

3. All'articolo 639 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, le parole: «o immobili» sono soppresse;
b) il secondo comma è sostituito dal seguente:
«Se il fatto è commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati, si applica la pena della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 300 a 1.000 euro. Se il fatto è commesso su cose di interesse storico o artistico, si applica la pena della reclusione da tre mesi a un anno e della multa da 1.000 a 3.000 euro»;

c) dopo il secondo comma sono aggiunti i seguenti:
«Nei casi di recidiva per le ipotesi di cui al secondo comma si applica la pena della reclusione da tre mesi a due anni e della multa fino a 10.000 euro.
Nei casi previsti dal secondo comma si procede d'ufficio».

4. Chiunque vende bombolette spray contenenti vernici non biodegradabili ai minori di diciotto anni è punito con la sanzione amministrativa fino a 1.000 euro.
5. All'articolo 4, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, dopo la parola: «639» sono inserite le seguenti: «, primo comma,».
6. Le sanzioni amministrative previste dai regolamenti ed ordinanze comunali per chiunque insozzi le pubbliche vie non possono essere inferiori all'importo di euro 500.
7. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 134 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, è autorizzato l'impiego di personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi, anche a tutela dell'incolumità dei presenti. L'espletamento di tali servizi non comporta l'attribuzione di pubbliche qualifiche. È vietato l'uso di armi, di oggetti atti ad offendere e di qualunque strumento di coazione fisica.
8. Il personale addetto ai servizi di cui al comma 7 è iscritto in apposito elenco, tenuto anche in forma telematica dal prefetto competente per territorio. All'istituzione e alla tenuta dell'elenco di cui al presente comma si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
9. Con decreto del Ministro dell'interno, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i requisiti per l'iscrizione nell'elenco di cui al comma 8, le modalità per la selezione e la formazione del personale, gli ambiti applicativi e il relativo impiego. Gli oneri derivanti dall'attività di cui al presente comma sono posti a carico dei soggetti che si avvalgono degli addetti ai servizi di controllo di cui al comma 7.
10. Il prefetto dispone la cancellazione dall'elenco degli addetti che non risultano più in possesso dei prescritti requisiti, ovvero di quelli che espletano il servizio in contrasto con le norme dei commi da 7 a 13 e con quanto stabilito dal decreto di cui al comma 9. Il prefetto comunica l'avvenuta cancellazione all'addetto interessato, disponendo al contempo il divieto di impiego nei confronti di chi si avvale dei suoi servizi.
11. I soggetti che intendono avvalersi degli addetti ai servizi di controllo devono individuarli tra gli iscritti nell'elenco di cui al comma 8, dandone preventiva comunicazione al prefetto.
12. Coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, già svolgono i servizi di controllo delle attività di intrattenimento o di spettacolo di cui al comma 7 sono iscritti nell'elenco di cui al comma 8 qualora risultano in possesso dei requisiti prescritti dal decreto di cui al comma 9.
13. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque svolge i servizi di cui al comma 7 in difformità da quanto previsto dai commi 7, 8, 9, 10, 11 e 12 e dal decreto di cui al comma 9 è punito con la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 5.000. Alla stessa sanzione soggiace chiunque impiega per le attività di cui al comma 7 soggetti diversi da quelli iscritti nell'elenco tenuto dal prefetto od omette la preventiva comunicazione di cui al comma 11.
14. Nel titolo II, capo I, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, di seguito denominato: «decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285», dopo l'articolo 34 è inserito il seguente:
«Art. 34-bis. - (Decoro delle strade). - 1. Chiunque insozza le pubbliche strade gettando rifiuti od oggetti dai veicoli in movimento o in sosta è punito con la sanzione amministrativa da euro 500 a euro 1.000».

15. All'articolo 112 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo comma, numero 4), dopo le parole: «avvalso degli stessi» sono inserite le seguenti: «o con gli stessi ha partecipato»;
b) al secondo comma, dopo le parole: «si è avvalso di persona non imputabile o non punibile, a cagione di una condizione o qualità personale,» sono inserite le seguenti: «o con la stessa ha partecipato»;
c) al terzo comma, dopo le parole: «Se chi ha determinato altri a commettere il reato o si è avvalso di altri» sono inserite le seguenti: «o con questi ha partecipato».

16. Fatti salvi i provvedimenti dell'autorità per motivi di ordine pubblico, nei casi di indebita occupazione di suolo pubblico previsti dall'articolo 633 del codice penale e dall'articolo 20 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, il sindaco, per le strade urbane, e il prefetto, per quelle extraurbane o, quando ricorrono motivi di sicurezza pubblica, per ogni luogo, possono ordinare l'immediato ripristino dello stato dei luoghi a spese degli occupanti e, se si tratta di occupazione a fine di commercio, la chiusura dell'esercizio fino al pieno adempimento dell'ordine e del pagamento delle spese o della prestazione di idonea garanzia e, comunque, per un periodo non inferiore a cinque giorni.
17. Le disposizioni di cui al comma 16 si applicano anche nel caso in cui l'esercente ometta di adempiere agli obblighi inerenti alla pulizia e al decoro degli spazi pubblici antistanti l'esercizio.
18. Se si tratta di occupazione a fine di commercio, copia del relativo verbale di accertamento è trasmessa, a cura dell'ufficio accertatore, al comando della Guardia di finanza competente per territorio, ai sensi dell'articolo 36, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
19. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo l'articolo 600-septies è inserito il seguente:
«Art. 600-octies. - (Impiego di minori nell'accattonaggio). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque si avvale per mendicare di una persona minore degli anni quattordici o, comunque, non imputabile, ovvero permette che tale persona, ove sottoposta alla sua autorità o affidata alla sua custodia o vigilanza, mendichi, o che altri se ne avvalga per mendicare, è punito con la reclusione fino a tre anni»;

b) dopo l'articolo 602 è inserito il seguente:
«Art. 602-bis. - (Pene accessorie). - La condanna per i reati di cui agli articoli 583-bis, 600, 601, 602, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies comporta, qualora i fatti previsti dai citati articoli siano commessi dal genitore o dal tutore, rispettivamente:
1) la decadenza dall'esercizio della potestà del genitore;
2) l'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente all'amministrazione di sostegno, alla tutela e alla cura»;

c) all'articolo 609-decies, primo comma, dopo la parola: «600-quinquies,» è inserita la seguente: «600-octies,»;
d) l'articolo 671 è abrogato.

20. All'articolo 61 del codice penale, dopo il numero 11-bis) è aggiunto il seguente:
«11-ter) l'aver commesso un delitto contro la persona ai danni di un soggetto minore all'interno o nelle adiacenze di istituti di istruzione o di formazione».

21. L'articolo 388 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Art. 388. - (Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice). - Chiunque, per sottrarsi all'adempimento degli obblighi nascenti da un provvedimento dell'autorità giudiziaria, o dei quali è in corso l'accertamento dinanzi l'autorità giudiziaria stessa, compie, sui propri o sugli altrui beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti, è punito, qualora non ottemperi alla ingiunzione di eseguire il provvedimento, con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032.
La stessa pena si applica a chi elude l'esecuzione di un provvedimento del giudice civile, ovvero amministrativo o contabile, che concerna l'affidamento di minori o di altre persone incapaci, ovvero prescriva misure cautelari a difesa della proprietà, del possesso o del credito.
Chiunque sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora una cosa di sua proprietà sottoposta a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo è punito con la reclusione fino a un anno e con la multa fino a euro 309.
Si applicano la reclusione da due mesi a due anni e la multa da euro 30 a euro 309 se il fatto è commesso dal proprietario su una cosa affidata alla sua custodia e la reclusione da quattro mesi a tre anni e la multa da euro 51 a euro 516 se il fatto è commesso dal custode al solo scopo di favorire il proprietario della cosa.
Il custode di una cosa sottoposta a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo che indebitamente rifiuta, omette o ritarda un atto dell'ufficio è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a euro 516.
La pena di cui al quinto comma si applica al debitore o all'amministratore, direttore generale o liquidatore della società debitrice che, invitato dall'ufficiale giudiziario a indicare le cose o i crediti pignorabili, omette di rispondere nel termine di quindici giorni o effettua una falsa dichiarazione.
Il colpevole è punito a querela della persona offesa».

22. All'articolo 527 del codice penale, dopo il primo comma è inserito il seguente:
«La pena è aumentata da un terzo alla metà se il fatto è commesso all'interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori e se da ciò deriva il pericolo che essi vi assistano».

23. All'articolo 609-ter, primo comma, del codice penale, dopo il numero 5) è aggiunto il seguente:
«5-bis) all'interno o nelle immediate vicinanze di istituto d'istruzione o di formazione frequentato dalla persona offesa».

24. All'articolo 614, primo comma, del codice penale, le parole: «fino a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da sei mesi a tre anni».
25. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 380, comma 2, la lettera e) è sostituita dalla seguente:
«e) delitto di furto quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall'articolo 4 della legge 8 agosto 1977, n. 533, o taluna delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 625, primo comma, numeri 2), prima ipotesi, 3) e 5), del codice penale, salvo che ricorra, in questi ultimi casi, la circostanza attenuante di cui all'articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale»;

b) all'articolo 381, comma 2, dopo la lettera f) è inserita la seguente:
«f-bis) violazione di domicilio prevista dall'articolo 614, primo e secondo comma, del codice penale».

26. All'articolo 625, primo comma, del codice penale, dopo il numero 8) sono aggiunti i seguenti:
«8-bis) se il fatto è commesso all'interno di mezzi di pubblico trasporto;
8-ter) se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell'atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro».

27. All'articolo 628 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al terzo comma, dopo il numero 3) sono aggiunti i seguenti:
«3-bis) se il fatto è commesso nei luoghi di cui all'articolo 624-bis;
3-ter) se il fatto è commesso all'interno di mezzi di pubblico trasporto;
3-quater) se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell'atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro».

b) dopo il terzo comma è aggiunto il seguente:
«Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall'articolo 98, concorrenti con le aggravanti di cui al terzo comma, numeri 3), 3-bis), 3-ter) e 3-quater), non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti».

28. All'articolo 640, secondo comma, del codice penale, dopo il numero 2) è aggiunto il seguente:
«2-bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all'articolo 61, numero 5)».

29. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 605, dopo il secondo comma sono aggiunti i seguenti:
«Se il fatto di cui al primo comma è commesso in danno di un minore, si applica la pena della reclusione da tre a dodici anni. Se il fatto è commesso in presenza di taluna delle circostanze di cui al secondo comma, ovvero in danno di minore di anni quattordici o se il minore sequestrato è condotto o trattenuto all'estero, si applica la pena della reclusione da tre a quindici anni.
Se il colpevole cagiona la morte del minore sequestrato si applica la pena dell'ergastolo.
Le pene previste dal terzo comma sono altresì diminuite fino alla metà nei confronti dell'imputato che si adopera concretamente:
1) affinché il minore riacquisti la propria libertà;
2) per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti, e per l'individuazione o la cattura di uno o più autori di reati;
3) per evitare la commissione di ulteriori fatti di sequestro di minore»;

b) nel libro II, titolo XI, capo IV, dopo l'articolo 574 è inserito il seguente:
«Art. 574-bis. - (Sottrazione e trattenimento di minore all'estero). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque sottrae un minore al genitore esercente la potestà dei genitori o al tutore, conducendolo o trattenendolo all'estero contro la volontà del medesimo genitore o tutore, impedendo in tutto o in parte allo stesso l'esercizio della potestà genitoriale, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
Se il fatto di cui al primo comma è commesso nei confronti di un minore che abbia compiuto gli anni quattordici e con il suo consenso, si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni.
Se i fatti di cui al primo e secondo comma sono commessi da un genitore in danno del figlio minore, la condanna comporta la sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori».

30. All'articolo 4 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, il secondo comma è sostituito dal seguente:
«Salvo che il porto d'arma costituisca elemento costitutivo o circostanza aggravante specifica per il reato commesso, la pena prevista dal primo comma è aumentata da un terzo alla metà:
a) quando il fatto è commesso da persone travisate o da più persone riunite;
b) quando il fatto è commesso nei luoghi di cui all'articolo 61, numero 11-ter), del codice penale;
c) quando il fatto è commesso nelle immediate vicinanze di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro, parchi e giardini pubblici o aperti al pubblico, stazioni ferroviarie, anche metropolitane, e luoghi destinati alla sosta o alla fermata di mezzi di pubblico trasporto».

31. All'articolo 4 della legge 18 aprile 1975, n. 110, il sesto comma è sostituito dal seguente:
«La pena prevista dal terzo comma è raddoppiata quando ricorre una delle circostanze previste dall'articolo 4, secondo comma, della legge 2 ottobre 1967, n. 895, salvo che l'uso costituisca elemento costitutivo o circostanza aggravante specifica per il reato commesso».

32. Il Ministro dell'interno, con regolamento da emanare nel termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, definisce le caratteristiche tecniche degli strumenti di autodifesa, di cui all'articolo 2, terzo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, che nebulizzano un principio attivo naturale a base di oleoresin capsicum, e che non abbiano l'attitudine a recare offesa alla persona.
33. All'articolo 4 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, al quarto comma, dopo le parole: «sottrarsi ai controlli di polizia,» sono inserite le seguenti: «armi a modesta capacità offensiva, riproduzioni di armi di qualsiasi tipo, compresi i giocattoli riproducenti armi, altre armi o strumenti, in libera vendita, in grado di nebulizzare liquidi o miscele irritanti non idonei ad arrecare offesa alle persone, prodotti pirotecnici di qualsiasi tipo, nonché sostanze infiammabili e altri mezzi comunque idonei a provocare lo sprigionarsi delle fiamme,».
34. Quando si procede per un delitto consumato o tentato con finalità di terrorismo anche internazionale ovvero per un reato aggravato ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n. 15, e successive modificazioni, e sussistono concreti e specifici elementi che consentano di ritenere che l'attività di organizzazioni, di associazioni, movimenti o gruppi favorisca la commissione dei medesimi reati, può essere disposta cautelativamente, ai sensi dell'articolo 3 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, la sospensione di ogni attività associativa. La richiesta è presentata al giudice competente per il giudizio in ordine ai predetti reati, il quale decide entro dieci giorni. Avverso il provvedimento è ammesso ricorso ai sensi del quinto comma del medesimo articolo 3 della legge n. 17 del 1982. Il ricorso non sospende l'esecuzione del provvedimento impugnato.
35. Il provvedimento di cui al comma 34 è revocato in ogni momento quando vengano meno i presupposti indicati nel medesimo comma.
36. Quando con sentenza irrevocabile sia accertato che l'attività di organizzazioni, di associazioni, movimenti o gruppi abbia favorito la commissione di taluno dei reati di cui al comma 34, il Ministro dell'interno ordina con decreto lo scioglimento dell'organizzazione, associazione, movimento o gruppo e dispone la confisca dei beni, ove non sia già disposta in sentenza.
37. Al decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 6 è aggiunto, in fine, il seguente comma:
«7-bis. Alla UIF e al personale addetto si applica l'articolo 24, comma 6-bis, della legge 28 dicembre 2005, n. 262»;

b) all'articolo 48, il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. L'avvenuta archiviazione della segnalazione è comunicata dalla UIF al segnalante direttamente, ovvero tramite gli ordini professionali di cui all'articolo 43, comma 2»;

c) all'articolo 56, comma 1, dopo le parole: «ai sensi degli articoli 7, comma 2,» sono inserite le seguenti: «37, commi 7 e 8,»;
d) all'articolo 56, il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. L'autorità di vigilanza di settore dei soggetti indicati dall'articolo 11, commi 1, lettera m), e 3, lettere c) e d), attiva i procedimenti di cancellazione dai relativi elenchi per gravi violazioni degli obblighi imposti dal presente decreto».

38. Il terzo comma dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, è sostituito dal seguente:
«Ai fini dell'obbligo di cui al primo comma, la persona che non ha fissa dimora si considera residente nel comune dove ha stabilito il proprio domicilio. La persona stessa, al momento della richiesta di iscrizione, è tenuta a fornire all'ufficio di anagrafe gli elementi necessari allo svolgimento degli accertamenti atti a stabilire l'effettiva sussistenza del domicilio. In mancanza del domicilio, si considera residente nel comune di nascita».

39. Dopo il terzo comma dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, è inserito il seguente:
«È comunque istituito, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, presso il Ministero dell'interno un apposito registro nazionale delle persone che non hanno fissa dimora. Con decreto del Ministro dell'interno, da adottare nel termine di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono stabilite le modalità di funzionamento del registro attraverso l'utilizzo del sistema INA-SAIA».

40. I sindaci, previa intesa con il prefetto, possono avvalersi della collaborazione di associazioni tra cittadini non armati al fine di segnalare alle Forze di polizia dello Stato o locali eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio sociale.
41. Le associazioni sono iscritte in apposito elenco tenuto a cura del prefetto, previa verifica da parte dello stesso, sentito il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, dei requisiti necessari previsti dal decreto di cui al comma 43. Il prefetto provvede, altresì, al loro periodico monitoraggio, informando dei risultati il comitato.
42. Tra le associazioni iscritte nell'elenco di cui al comma 41 i sindaci si avvalgono, in via prioritaria, di quelle costituite tra gli appartenenti, in congedo, alle Forze dell'ordine, alle Forze armate e agli altri Corpi dello Stato. Le associazioni diverse da queste ultime sono iscritte negli elenchi solo se non siano destinatarie, a nessun titolo, di risorse economiche a carico della finanza pubblica.
43. Con decreto del Ministro dell'interno, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono determinati gli ambiti operativi delle disposizioni di cui ai commi 40 e 41, i requisiti per l'iscrizione nell'elenco e sono disciplinate le modalità di tenuta dei relativi elenchi.
44. All'istituzione e alla tenuta dell'elenco di cui al comma 41 si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
45. All'articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «Se il veicolo appartiene a persona estranea al reato, la durata della sospensione della patente è raddoppiata».
46. All'articolo 187, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, l'ultimo periodo è sostituito dal seguente: «Si applicano le disposizioni dell'articolo 186, comma 2, lettera c), terzo, sesto e settimo periodo, nonché quelle di cui al comma 2-quinquies del medesimo articolo 186».
47. Dopo il comma 4 dell'articolo 193 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, è aggiunto il seguente:
«4-bis. Salvo che debba essere disposta confisca ai sensi dell'articolo 240 del codice penale, è sempre disposta la confisca amministrativa del veicolo intestato al conducente sprovvisto di copertura assicurativa quando sia fatto circolare con documenti assicurativi falsi o contraffatti. Nei confronti di colui che abbia falsificato o contraffatto i documenti assicurativi di cui al precedente periodo è sempre disposta la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un anno. Si applicano le disposizioni dell'articolo 213 del presente codice».

48. Nel titolo VI, capo I, sezione II, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, dopo l'articolo 219 è inserito il seguente:
«Art. 219-bis. - (Ritiro, sospensione o revoca del certificato di idoneità alla guida). - 1. Nell'ipotesi in cui, ai sensi del presente codice, è disposta la sanzione amministrativa accessoria del ritiro, della sospensione o della revoca della patente di guida e la violazione da cui discende è commessa da un conducente munito di certificato di idoneità alla guida di cui all'articolo 116, commi 1-bis e 1-ter, le sanzioni amministrative accessorie si applicano al certificato di idoneità alla guida secondo le procedure degli articoli 216, 218 e 219. In caso di circolazione durante il periodo di applicazione delle sanzioni accessorie si applicano le sanzioni amministrative di cui agli stessi articoli. Si applicano, altresì, le disposizioni dell'articolo 126-bis.
2. Se il conducente è persona munita di patente di guida, nell'ipotesi in cui, ai sensi del presente codice, sono stabilite le sanzioni amministrative accessorie del ritiro, della sospensione o della revoca della patente di guida, le stesse sanzioni amministrative accessorie si applicano anche quando le violazioni sono commesse alla guida di un veicolo per il quale non è richiesta la patente di guida. In tali casi si applicano, altresì, le disposizioni dell'articolo 126-bis.
3. Quando il conducente è minorenne si applicano le disposizioni dell'articolo 128, commi 1-ter e 2».

49. All'articolo 116, comma 1-quater, secondo periodo, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, le parole: «Fino alla data di applicazione delle disposizioni attuative della direttiva 2006/126/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, concernente la patente di guida (Rifusione)» sono sostituite dalle seguenti: «Fino alla data del 30 settembre 2009».
50. All'articolo 75, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) nell'alinea, dopo le parole: «non superiore a un anno,» sono inserite le seguenti: «salvo quanto previsto dalla lettera a),»;
b) la lettera a) è sostituita dalla seguente:
«a) sospensione della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori o divieto di conseguirli per un periodo fino a tre anni».

51. All'articolo 75-bis del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, alinea, le parole: «, per la durata massima di due anni,» sono soppresse;
b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:
«1-bis. La durata massima delle misure di cui al comma 1 è fissata in due anni per quelle indicate nelle lettere a), b), c), d) ed e) e in quattro anni per quella indicata nella lettera f)».

52. Al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l'articolo 120 è sostituito dal seguente:
«Art. 120. - (Requisiti morali per ottenere il rilascio dei titoli abilitativi di cui all'articolo 116). - 1. Non possono conseguire la patente di guida, il certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e il certificato di idoneità alla guida di ciclomotori i delinquenti abituali, professionali o per tendenza e coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali o alle misure di prevenzione previste dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, ad eccezione di quella di cui all'articolo 2, e dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, le persone condannate per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi, nonché i soggetti destinatari del divieto di cui all'articolo 75, comma 1, lettera a), del medesimo testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990.
2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 75, comma 1, lettera a), del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, se le condizioni soggettive indicate al comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida, del certificato di abilitazione professionale per la guida di motoveicoli e del certificato di idoneità alla guida di ciclomotori. La revoca non può essere disposta se sono trascorsi più di tre anni dalla data di applicazione delle misure di prevenzione, o di quella del passaggio in giudicato della sentenza di condanna per i reati indicati dal medesimo comma 1.
3. La persona destinataria del provvedimento di revoca di cui al comma 2 non può conseguire una nuova patente di guida prima che siano trascorsi almeno tre anni.
4. Avverso i provvedimenti di diniego di cui al comma 1 e i provvedimenti di cui al comma 2 è ammesso il ricorso al Ministro dell'interno il quale decide, entro sessanta giorni, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
5. Con decreto del Ministro dell'interno e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti sono stabilite le modalità necessarie per l'adeguamento del collegamento telematico tra il sistema informativo del Dipartimento per i trasporti terrestri e il trasporto intermodale e quello del Dipartimento per le politiche del personale dell'amministrazione civile e per le risorse strumentali e finanziarie, in modo da consentire la trasmissione delle informazioni necessarie ad impedire il rilascio dei titoli abilitativi di cui al comma 1 e l'acquisizione dei dati relativi alla revoca dei suddetti titoli intervenuta ai sensi del comma 2.
6. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque, in violazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 3, provvede al rilascio dei titoli abilitativi di cui all'articolo 116 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro 3.000»;

b) al comma 2-bis dell'articolo 117, è aggiunto il seguente periodo: «Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 120 del presente codice, alle persone destinatarie del divieto di cui all'articolo 75, comma 1, lettera a), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, il divieto di cui al presente comma ha effetto per i primi tre anni dal rilascio della patente di guida».

53. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 5 dell'articolo 120 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, come sostituito dal comma 52, lettera a), del presente articolo, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, continuano ad applicarsi le modalità di interscambio informativo previste dal comma 2 dell'articolo 120 del medesimo decreto legislativo, nel testo vigente anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge.
54. All'articolo 6-bis del decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 2007, n. 160, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 2 è abrogato;
b) il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Le risorse del Fondo di cui al comma 1 sono utilizzate per l'acquisto di materiali, attrezzature e mezzi per le attività di contrasto dell'incidentalità notturna svolte dalle Forze di polizia di cui all'articolo 12, comma 1, lettere a), b), c), d) e f-bis), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, per campagne di sensibilizzazione e di formazione degli utenti della strada e per il finanziamento di analisi cliniche, di ricerca e sperimentazione nel settore di contrasto della guida in stato di ebbrezza o dopo aver assunto sostanze stupefacenti»;

c) il comma 4 è abrogato.

55. Al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'articolo 186:
1) dopo il comma 2-quinquies sono inseriti i seguenti:
«2-sexies. L'ammenda prevista dal comma 2 è aumentata da un terzo alla metà quando il reato è commesso dopo le ore 22 e prima delle ore 7.
2-septies. Le circostanze attenuanti concorrenti con l'aggravante di cui al comma 2-sexies non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa. Le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall'aumento conseguente alla predetta aggravante.
2-octies. Una quota pari al venti per cento dell'ammenda irrogata con la sentenza di condanna che ha ritenuto sussistente l'aggravante di cui al comma 2-sexies è destinata ad alimentare il Fondo contro l'incidentalità notturna di cui all'articolo 6-bis del decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 2007, n. 160, e successive modificazioni»;

b) all'articolo 187:
1) dopo il comma 1-ter è inserito il seguente:
«1-quater. L'ammenda prevista dal comma 1 è aumentata da un terzo alla metà quando il reato è commesso dopo le ore 22 e prima delle ore 7. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 186, commi 2-septies e 2-octies»;

c) all'articolo 195, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
«2-bis. Le sanzioni amministrative pecuniarie previste dagli articoli 141, 142, 145, 146, 149, 154, 174, 176, commi 19 e 20, e 178 sono aumentate di un terzo quando la violazione è commessa dopo le ore 22 e prima delle ore 7; tale incremento della sanzione quando la violazione è accertata da uno dei soggetti di cui all'articolo 208, comma 1, primo periodo, è destinato ad alimentare il Fondo di cui all'articolo 6-bis del decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 2007, n. 160, e successive modificazioni»;

d) all'articolo 208, dopo il comma 2 è inserito il seguente:
«2-bis. Gli incrementi delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo 195, comma 2-bis, sono versati in un apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato, di nuova istituzione, per essere riassegnati al Fondo contro l'incidentalità notturna di cui all'articolo 6-bis del decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 2007, n. 160, con provvedimento del Ministero dell'economia e delle finanze adottato sulla base delle rilevazioni trimestrali del Ministero dell'interno. Tali rilevazioni sono effettuate con le modalità fissate con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con i Ministeri dell'economia e delle finanze, della giustizia e delle infrastrutture e dei trasporti. Con lo stesso decreto sono stabilite le modalità di trasferimento della percentuale di ammenda di cui agli articoli 186, comma 2-octies, e 187, comma 1-quater, destinata al Fondo».

56. All'articolo 600-sexies del codice penale, dopo il quarto comma è inserito il seguente:
«Nei casi previsti dagli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies, 600-sexies, 600-septies, 600-octies, 601, 602 e 416, sesto comma, le pene sono diminuite fino alla metà nei confronti dell'imputato che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione e la cattura di uno o più autori dei reati ovvero per la sottrazione di risorse rilevanti alla consumazione dei delitti».

57. Al comma 2, lettera a), dell'articolo 208 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, le parole: «e della Guardia di finanza» sono sostituite dalle seguenti: «, della Guardia di finanza, della Polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello Stato».
58. Al comma 3 dell'articolo 393 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, le parole: «e della Guardia di Finanza» sono sostituite dalle seguenti: «, della Guardia di finanza, della Polizia penitenziaria e del Corpo forestale dello Stato».
59. Il primo comma dell'articolo 585 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Nei casi previsti dagli articoli 582, 583, 583-bis e 584, la pena è aumentata da un terzo alla metà, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 576, ed è aumentata fino a un terzo, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 577, ovvero se il fatto è commesso con armi o con sostanze corrosive, ovvero da persona travisata o da più persone riunite».

60. All'articolo 24 del codice penale: al primo comma, le parole: «non inferiore a euro 5» sono sostituite dalle seguenti: «non inferiore a euro 50» e le parole: «né superiore a euro 5.164» sono sostituite dalle seguenti: «né superiore a euro 50.000»; al secondo comma, le parole: «da euro 5 a euro 2.065» sono sostituite dalle seguenti: «da euro 50 a euro 25.000».
61. All'articolo 26 del codice penale, le parole: «non inferiore a euro 2» sono sostituite dalle seguenti: «non inferiore a euro 20» e le parole: «né superiore a euro 1.032» sono sostituite dalle seguenti: «né superiore a euro 10.000».
62. All'articolo 135 del codice penale, le parole: «calcolando euro 38, o frazione di euro 38» sono sostituite dalle seguenti: «calcolando euro 250, o frazione di euro 250».
63. All'articolo 10, primo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, le parole: «non inferiore a lire dodicimila» sono sostituite dalle seguenti: «non inferiore a euro 10» e le parole: «non superiore a lire venti milioni» sono sostituite dalle seguenti: «non superiore a euro 15.000».
64. All'articolo 114, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, le parole: «a lire quattromila» e «a lire diecimila» sono sostituite dalle seguenti: «a euro 20» e «a euro 50».
65. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi diretti a rivalutare l'ammontare delle multe, delle ammende e delle sanzioni amministrative originariamente previste come sanzioni penali, attualmente vigenti. Fermi restando i limiti minimi e massimi delle multe e delle ammende previsti dal codice penale, nonché quelli previsti per le sanzioni amministrative dall'articolo 10 della legge 24 novembre 1981, n. 689, la rivalutazione delle sanzioni pecuniarie è stabilita nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) le pene pecuniarie, il cui attuale ammontare sia stato stabilito con una disposizione entrata in vigore anteriormente al 24 novembre 1981, sono moltiplicate, tenuto conto della serie storica degli indici di aumento dei prezzi al consumo, per un coefficiente non inferiore a 6 e non superiore a 10;
b) le pene pecuniarie, il cui attuale ammontare sia stato stabilito con una disposizione entrata in vigore successivamente al 24 novembre 1981 e prima del 31 dicembre 1986, ad eccezione delle leggi in materia di imposte dirette e di tasse ed imposte indirette sugli affari, sono moltiplicate, tenuto conto della serie storica degli indici di aumento dei prezzi al consumo, per un coefficiente non inferiore a 3 e non superiore a 6;
c) le pene pecuniarie, il cui attuale ammontare sia stato stabilito con una disposizione entrata in vigore successivamente al 31 dicembre 1986 e prima del 31 dicembre 1991, ad eccezione delle leggi in materia di imposte dirette e di tasse ed imposte indirette sugli affari, sono moltiplicate, tenuto conto della serie storica degli indici di aumento dei prezzi al consumo, per un coefficiente non inferiore a 2 e non superiore a 3;
d) le pene pecuniarie, il cui attuale ammontare sia stato stabilito con una disposizione entrata in vigore successivamente al 31 dicembre 1991 e prima del 31 dicembre 1996, ad eccezione delle leggi in materia di imposte dirette e di tasse ed imposte indirette sugli affari, sono moltiplicate, tenuto conto della serie storica degli indici di aumento dei prezzi al consumo, per un coefficiente non inferiore a 1,50 e non superiore a 2;
e) le pene pecuniarie, il cui attuale ammontare sia stato stabilito con una disposizione entrata in vigore successivamente al 31 dicembre 1996 e prima del 31 dicembre 2001, ad eccezione delle leggi in materia di imposte dirette e di tasse ed imposte indirette sugli affari, sono moltiplicate, tenuto conto della serie storica degli indici di aumento dei prezzi al consumo, per un coefficiente non inferiore a 1,30 e non superiore a 1,50.

66. Il Governo predispone gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 65 entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e li trasmette alle competenti Commissioni parlamentari che esprimono il loro parere entro i sessanta giorni successivi.

Conseguentemente sopprimere gli articoli 7, 8, 9, 9-bis, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 27, 38, 44, 50, 52, 54, 55, 56, 57, 58, 63, 64 e 65.
3. 1000.Governo.

(Il testo contiene le correzioni formali presentate del Governo).
(Approvato)

A.C. 2180-A - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
con delibera del Consiglio superiore della magistratura n. 61/VA del 4 dicembre 2008 sono state avviate le procedure per i trasferimenti dei giudici di pace in servizio e sono stati contestualmente, sollecitati i presidenti delle corti d'appello, per la definizione delle procedure concorsuali indette per la pubblicazione di nuovi bandi di concorso sino alla copertura di tutti i posti attualmente vacanti presso gli uffici dei giudici predetti;
gli effetti della suddetta delibera del Consiglio superiore della magistratura sono stati sospesi con ordinanza n. 850/09 del 17 febbraio 2009 dal Consiglio di Stato;
si rende improcrastinabile una riforma organica dell'intera magistratura onoraria, con particolare riferimento alla magistratura di pace, vista la propria autonomia ed indipendenza, al fine di razionalizzarne l'impiego, nell'organizzazione del servizio giustizia;
il disegno di legge AC 1441-bis-C ha ampliato, in campo civile, sia la competenza per valore del giudice di pace nelle controversie in materia civile, sia la competenza per materia aggiungendo la competenza a giudicare sulle cause relative agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali;
il disegno di legge in esame, ha, altresì, ampliato, in campo penale, la competenza del giudice di pace introducendo il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello stato (articolo 10-bis del testo unificato del decreto legislativo n. 286 del 1998), oltre ai reati perseguibili d'ufficio relativi all'immigrazione in casa di flagranza (articolo 20-bis);
in particolare, l'articolo 22 del disegno di legge in esame, recante modifiche al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), aggiunto nel corso dell'esame in Senato, in prima lettura, come emendamento governativo all'articolo 19 del vecchio testo, attribuisce la competenza del predetto reato di immigrazione clandestina alla competenza del giudice di pace. L'articolo perciò, introduce una serie di modifiche al decreto legislativo n. 274 del 2000, relativo alla competenza penale del giudice di pace, in particolare coordinandone il testo con l'avvenuta introduzione dell'articolo 10-bis nel testo unificato sull'immigrazione;
come prima novità, il giudice di pace attrae alla sua competenza i procedimenti relativi all'ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, ovvero il nuovo reato contravvenzionale, introdotto come articolo 10-bis nel decreto legislativo n. 286 del 1998 dall'articolo 21 del disegno di legge in esame;
la seconda novità consiste nell'introduzione di un nuovo modello di procedimento davanti al medesimo giudice di pace (in due versioni: ordinaria e abbreviata). In materia di sanzioni applicabili dal giudice di pace, si prevede che, nelle ipotesi previste dalla legge, egli applichi a titolo di sanzione sostitutiva, già estesa alla contravvenzione di immigrazione clandestina, la misura dell'espulsione di cui all'articolo 16 del testo unificato sull'immigrazione;
viene, così, estesa alla sentenza di condanna per il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato (di cui al nuovo articolo 10-bis del testo unificato) la facoltà di sostituire la pena con la misura dell'espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni, qualora non ricorrano le cause ostative indicate nell'articolo 14, comma 1, del medesimo testo unico cambiate nel senso che impediscano l'esecuzione immediata dell'espulsione con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica;
quindi sensibili e notevoli sono i cambiamenti introdotti nelle competenze del giudice di pace ed il maggiore e più delicato carico di lavoro giurisdizionale, dovrebbe coniugarsi con un'opera di continuità e di professionalità. Giova ricordare, infatti, che il giudice di pace è organo giudicante di primo grado sia in campo civile che penale e che, quale magistrato di prossimità, definisce annualmente oltre 1.300.000 cause ed elabora altri 500.000 provvedimenti, in tempi molto contenuti e con appelli irrisori, segno di una professionalità acquisita, che non può essere ragionevolmente dispersa con un turn over, che non gioverebbe al sistema giustizia e che implicherebbe anche una notevole spesa economica per la formazione iniziale,

impegna il Governo

alla luce di quanto esposto in premessa, a formulare una proposta organica, nella più ampia riforma della magistratura onoraria, della magistratura di pace, che tenga conto sia dell'autonomia ed indipendenza di quest'ultima, che le è propria, sia della salvaguardia delle esperienze e delle professionalità raggiunte da questo giudice, al fine di consentire al Parlamento di approvarla entro il 31 dicembre 2009, esaminando la necessità di prorogare per un ulteriore mandato tutti i giudici di pace in servizio a tale data, qualora non fosse ancora concluso l'iter parlamentare di approvazione della riforma, tenendo conto, altresì, che la continuità nell'incarico quadriennale è, comunque, subordinata alla valutazione del consiglio giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura.
9/2180/1.Pelino.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene una serie articolata di riforme che, sebbene eterogenee quanto ai relativi contenuti, si caratterizzano per la comune finalità di garantire un efficace sistema di sicurezza pubblica;
il testo, così come modificato dalle Commissioni referenti, introduce disposizioni volte alla tutela della sicurezza pubblica intesa come controllo del territorio agendo in particolare sulla disciplina dell'immigrazione attraverso modifiche al testo unico sull'immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998) quali la possibilità di prorogare, a determinate condizioni, il periodo di trattenimento nei centri di identificazione e di espulsione (CIE) e l'istituzione di un Fondo rimpatri per finanziare le spese di rimpatrio degli stranieri;
si tratta di modifiche indispensabili e quanto mai urgenti considerando i dati recenti relativi agli sbarchi di immigrati clandestini che, per questi mesi del 2009, ammontano a circa 4.400, cifra destinata ad aumentare di giorno in giorno;
un numero ingente di sbarchi ha interessato e continua ad interessare la costa meridionale della Sicilia ed in particolare i comuni costieri di Pozzallo, Porto Palo e Porto Empedocle;
secondo quanto dimostrato dai dati relativi al primo trimestre del 2009, infatti, le rotte si allungano e cambiano destinazione poiché all'approdo di Lampedusa, nonostante sia il più vicino alla costa nordafricana, vengono preferiti i suddetti punti di sbarco anche in ragione delle maggiori vie di fuga per i clandestini,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di disporre nei futuri provvedimenti uno stanziamento in favore dei comuni costieri siciliani interessati da ingenti sbarchi di clandestini, come il comune di Pozzallo, al fine di garantire un efficace sistema di sicurezza pubblica nei relativi territori.
9/2180/2.Minardo.

La Camera,
premesso che:
la figura del giudice di pace, istituita dalla legge 21 novembre 1991, n. 374, ha visto sempre più accresciuta la sua importanza nell'ordinamento giuridico italiano;
il giudice di pace opera nell'esercizio di una funzione giurisdizionale alquanto importante quale giudice di prossimità articolato sul territorio, vicino alle quotidiane esigenze del cittadino;
le sue competenze per materia sono oggetto di continua modifica e ampliamento, tanto nel diritto penale che civile (il provvedimento in esame ne accresce le competenze soprattutto in materia penale e anche nella lotta all'immigrazione clandestina);
il rapporto di servizio non può, dunque, essere limitato nel tempo, come oggi previsto, a quattro anni prorogabili una sola volta, in quanto ciò andrebbe contro ai principi della buona amministrazione e comporterebbe un vero e proprio spreco di risorse, avendo l'amministrazione pubblica investito nella formazione di questi professionisti che ormai hanno acquisito competenza ed esperienza;
gli stessi, peraltro, dopo otto anni, costretti ad abbandonare le loro funzioni giurisdizionali, difficilmente possono reinserirsi in diverse attività professionali,

impegna il Governo

ad adottare tempestivamente misure atte ad adeguare la posizione giuridica dei giudici di pace alle situazioni di fatto che, nel corso degli anni, si sono venute affermando e consolidando, valutando l'opportunità di abolire la durata massima di otto anni per l'esercizio della funzione di giudice di pace, sia pur subordinatamente al giudizio periodico di idoneità.
9/2180/3.Marinello, Gioacchino Alfano, Bernardo, Garagnani, Pelino, Romele.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame, recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica, contiene una serie articolata di riforme eterogenee, relative alla legislazione antimafia, immigrazione, sicurezza urbana, criminalità organizzata, tutela dei soggetti deboli, che si caratterizzano tuttavia per la comune finalità volta a garantire un sistema efficace di sicurezza pubblica intesa come controllo del territorio a favore dei cittadini e di coloro che si trovano sul territorio italiano;
l'obiettivo fondamentale del disegno di legge è quello di rafforzare la tutela di tutti coloro che vivono e operano legalmente nel nostro Paese, soprattutto per quanto riguarda la sicurezza urbana, dal momento che nel corso degli ultimi anni si è registrato un preoccupante aumento di fenomeni delinquenziali e criminali in molte città;
sotto questo aspetto sono da considerarsi rilevanti le previsioni relative alla cosiddetta sicurezza partecipata, che coinvolgono i due fenomeni già particolarmente diffusi delle associazioni dei volontari della sicurezza e dei cosiddetti bodyguard delle discoteche;
in tal senso, il disegno di legge mira a regolamentare entrambi gli istituti, che, allo stato, risultano privi di qualsiasi controllo dei requisiti nonostante, per esempio, le cosiddette associazioni dei volontari siano addirittura finanziate da alcune leggi regionali e da alcune amministrazioni locali;
il fenomeno della cosiddetta sicurezza pubblica partecipata ha come ambito d'intervento anche le discoteche e gli altri luoghi pubblici di aggregazione per il divertimento, con l'obiettivo comune di garantire un contesto sociale sano e teso ad aumentare il benessere dei giovani frequentatori e la qualità del divertimento attraverso la formazione delle risorse umane, coniugando obiettivi di prevenzione e di riduzione del danno e valorizzando le professionalità presenti nel contesto dei luoghi del divertimento notturno;
a tal fine risponde la previsione dell'obbligo, per i soggetti interessati all'impiego di personale addetto ai servizi di controllo e ordine nelle attività di intrattenimento e spettacolo, di avvalersi esclusivamente degli addetti in possesso di specifici requisiti ed iscritti in apposito elenco tenuto dal prefetto,

impegna il Governo

ad intervenire sul testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, introducendo, nei confronti dei soggetti condannati almeno in primo grado per reati inerenti violenza o molestie sessuali o spaccio di sostanze stupefacenti che intendono accedere ai locali di intrattenimento e spettacolo, una misura finalizzata ad escluderne o negarne l'accesso da parte degli esercenti e ad allontanare i soggetti che hanno messo in pericolo con i loro comportamenti l'incolumità delle persone, hanno turbato il regolare svolgimento dei trattenimenti o comunque costituiscono un pericolo, anche potenziale, per la sicurezza.
9/2180/4.Polledri.

La Camera,
premesso che:
il legislatore si è già occupato del delicato problema del controllo e della repressione dei contenuti immessi sulla rete internet, al fine di tutelare i minori, con la legge 3 agosto 1998, n. 269, recante norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù;
il disegno in esame reca una serie di disposizioni in materia di sicurezza pubblica, tutte volte sostanzialmente ad un inasprimento del regime dei controlli e delle sanzioni proprio al fine di migliorare la sicurezza pubblica;
il Parlamento europeo, il 16 dicembre 2008, ha approvato la decisione n. 1351/2008/CE relativa a un programma comunitario pluriennale per la protezione dei bambini che usano internet e altre tecnologie di comunicazione; attraverso il programma «internet più sicuro» la Commissione vigila e controlla che gli Stati membri promuovano un uso più sicuro di internet, soprattutto attraverso l'educazione dei bambini, dei genitori, degli assistenti, degli insegnanti a lottare contro i contenuti illeciti e i comportamenti dannosi in rete, e attraverso lo sviluppo di un ambiente sicuro in linea, anche attraverso l'utilizzo da parte degli utenti finali di filtri che impediscano che l'informazione potenzialmente lesiva dell'integrità fisica, mentale o morale dei bambini affluisca attraverso le tecnologie in linea,

impegna il Governo

a seguire gli orientamenti che si stanno prefigurando a livello europeo, adottando le opportune iniziative normative volte a modificare la legge n. 269 del 1998, in materia di pedopornografia, inibendo l'accesso ai siti pornografici ai minori di diciotto anni attraverso l'obbligo per i fornitori di servizi di connettività alla rete internet di un sistema di filtraggio, da mettere a punto con un decreto ministeriale, che consenta l'identificazione all'accesso e l'accesso venga bloccato qualora si tratti di minorenni, alla violazione del quale si incorre in un sanzione amministrativa pecuniaria.
9/2180/5.Zeller, Brugger.

La Camera,
premesso che:
è fondamentale dare una soluzione immediata al problema della sicurezza nazionale laddove sono presenti dei vuoti legislativi;
il provvedimento in esame detta disposizioni articolate sul periodo di permanenza nei centri di identificazione ed espulsione (CIE), tenendo conto dei tempi indispensabili per renderlo operativo, senza andare incontro a situazioni di pericoloso disordine come quelle che si stanno verificando negli ultimi tempi a causa della mancanza di una disciplina più dettagliata;
il provvedimento dovrebbe quindi permettere l'accesso ai suddetti centri di accoglienza soltanto per i soggetti istituzionali o forniti di un titolo che glielo permetta, proprio per evitare l'ingresso nei CIE di persone che fomentino i disordini o che mettano a repentaglio la sicurezza di tali strutture,

impegna il Governo

a prevedere un filtro relativo all'accesso nei CIE che garantisca l'ingresso e la presenza al loro interno esclusivamente di soggetti con competenza in materia giuridica o istituzionale allo scopo di evitare disordini che mettano in pericolo il personale e i soggetti ospitati nei centri di accoglienza.
9/2180/6.Garagnani.

La Camera,
premesso che:
dopo la modifica apportata al testo originale, l'articolo 1, comma 22, lettera f) del provvedimento stabilisce ora che non sia più necessaria la presentazione di un documento attestante la regolarità del soggiorno in Italia per l'accesso ai pubblici servizi; pertanto parrebbe esclusa la presentazione del permesso di soggiorno ai fini dell'iscrizione dei minori alla scuola pubblica;
è necessario altresì rilevare che a causa dell'introduzione della fattispecie relativa al reato di immigrazione clandestina - di cui all'articolo 1, comma 16 del provvedimento in esame - in virtù del combinato disposto di cui all'articolo 362 del c.p., ciascun incaricato di pubblico servizio ha l'obbligo di denuncia all'autorità giudiziaria dei reati di cui ha avuto notizia nell'esercizio a causa delle sue funzioni;
pertanto gli operatori della scuola, in quanto incaricati di pubblico servizio, rischierebbero di incorrere nelle sanzioni di cui all'articolo 362 c.p. qualora omettessero di denunciare la presenza nella scuola di minori immigrati privi di documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano;
il combinato disposto delle nuove norme introdotte dal provvedimento con le disposizioni già vigenti è fortemente lesivo dell'esercizio del diritto allo studio, costituzionalmente sancito, poiché indurrebbe gli stranieri privi di permesso di soggiorno a non iscrivere i minori - irresponsabili della propria condizione - alla scuola pubblica al fine di non correre il rischio di essere denunciati e conseguentemente rimpatriati nel proprio Paese d'origine,

impegna il Governo

a garantire effettivamente con al massima urgenza e comunque prima delle prossime iscrizioni scolastiche il diritto allo studio a tutti i minori presenti nel nostro Paese a prescindere dalla condizione giuridica dei propri genitori, e altresì a mettere gli operatori della scuola nelle condizioni di svolgere la propria missione educativa senza il rischio di incorrere in sanzioni.
9/2180/7.Ghizzoni, Coscia, De Pasquale, De Torre, Sarubbi, Siragusa, Rossa, Antonino Russo, Pes, De Blasi, Levi, Bachelet, Mazzarella, Nicolais.

La Camera,
premesso che:
dopo la modifica apportata al testo originale, l'articolo 1, comma 22, lettera f) del provvedimento stabilisce ora che non sia più necessaria la presentazione di un documento attestante la regolarità del soggiorno in Italia per l'accesso ai pubblici servizi; pertanto parrebbe esclusa la presentazione del permesso di soggiorno ai fini dell'iscrizione dei minori alla scuola pubblica;
la modifica apportata, tuttavia, esclude di fatto le scuole d'infanzia e la scuola secondaria di secondo grado, in quanto non rientranti nelle prestazioni scolastiche obbligatorie;
il diritto all'istruzione, sancito dalla Carta dell'Onu del 1989 e ratificato dall'Italia nel 1991, è un diritto precedente la cittadinanza, riguarda il singolo essere umano, ovvero la persona, il soggetto e il minore in particolare,

impegna il Governo

ad adottare con la massima urgenza, e comunque prima delle prossime iscrizioni scolastiche, ulteriori iniziative normative al fine di far sì che che la norma citata in premessa includa tutti i percorsi scolastici di ogni ordine e grado.
9/2180/8.Coscia, Ghizzoni, De Pasquale, De Torre, Sarubbi, Siragusa, Rossa, Antonino Russo, Pes, De Biasi, Levi, Bachelet, Mazzarella, Nicolais.

La Camera,
premesso che:
la norma che subordina il rilascio del permesso di soggiorno CE al superamento di un test di conoscenza della lingua italiana, deve essere considerata, ad avviso dei presentatori, negativamente; si ritiene quantomeno opportuno fornire agli immigrati strumenti che facilitino l'apprendimento e quindi il superamento dei test,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte a reperire risorse necessarie a finanziare in tutto il territorio nazionale corsi di lingua italiana al fine di consentire agli immigrati il superamento dei test necessario al rilascio del permesso di soggiorno.
9/2180/9.Sarubbi, De Torre, Ghizzoni, Coscia, De Pasquale, Siragusa, Rossa, Antonino Russo, Pes, De Biasi, Levi, Bachelet, Mazzarella, Nicolais

La Camera,
premesso che:
i continui e ripetuti atti e le continue manifestazioni di violenza da parte di adolescenti verso compagni più deboli, verso immigrati, verso disabili, e - in generale - verso chi esprime un'opinione diversa dalla loro, anche in presenza di futili motivi, vengono sollecitati dal clima generale di intolleranza e dai modelli negativi, non più riconosciuti come tali, proposti dai mass media e da episodi quotidiani di aggressione e prepotenza enfatizzati, a volte, in modo improprio dai mezzi di comunicazione;
quegli stessi adolescenti, nelle occasioni in cui sono provocati o in cui provocano essi stessi oppure aderiscono a comportamenti negativi di gruppo, non hanno davanti a loro alcun freno che finora derivava da valori di convivenza condivisi e dall'esempio e dalla voce della società adulta che per decenni si è adoperata - con fatica - a costruire una pacifica convivenza nel Paese che ha fermamente condannato ogni esplicito ricorso alla violenza,

impegna il Governo

ad avviare una campagna educativa mediatica capillare rivolta ai bambini e agli adolescenti che - in modo intelligente e vicino al linguaggio delle nuova generazioni - condanni ogni forma di razzismo, qualsiasi espressione di intolleranza, qualunque manifestazione di prepotenza e sopraffazione e affermi, al contrario, valori importanti quali: l'aggregazione positiva attraverso esperienze di condivisione intorno a interessi propri della loro età in formazione, la cittadinanza attiva per costruire il bene comune, l'accoglienza ai più deboli, la scelta della non violenza, valori che invertano la preoccupante tendenza ad imitare gli eroi della violenza o dei «duri intolleranti» e siano via via in grado di veicolare modelli positivi di convivenza e di pace.
9/2180/10.De Torre, Teresio Delfino, Capitanio Santolini, Granata, Mosella, Mazzarella, Verini, Pezzotta, Di Pietro, Centemero, Bressa, Aprea, Di Giuseppe, Fiano, Argentin, De Pasquale, Coscia.

La Camera,
premesso che:
occorre considerare cosa sta accadendo nei territori, in particolare in quelli che cercano di rispondere in maniera efficace ed efficiente all'insicurezza che rappresenta da tempo un problema per le nostre città e che, a torto o a ragione, occupa i primi posti fra gli argomenti trattati dai mezzi di informazione;
questo sentimento nasce da un insieme di fattori eterogenei e complessi, che richiedono una risposta altrettanto organica e strutturata;
diventa sempre più importante la partecipazione nelle comunità locali di tutti i cittadini, elemento che si rivela di fondamentale importanza in un momento in cui la socializzazione e la convivenza presentano problematiche cariche di novità. In quest'ottica, infatti, stanno nascendo delle iniziative, basate sulla partecipazione attiva e funzionale alla crescita di un territorio nel suo complesso, non solo per la sua sicurezza, ma che conduce ad una aumentata e consapevole coesione di una comunità che abita un medesimo luogo;
in questo senso già le polizie locali svolgono da tempo un ruolo insostituibile fra gli operatori della sicurezza, soprattutto in un quadro che rivaluta le attività preventive e la qualità della vita dei cittadini, e assegna maggiori responsabilità agli amministratori locali (sindaci e presidenti delle province). Un ruolo, peraltro, non sufficientemente supportato dall'attuale legislazione, sorpassata e lacunosa e che comunque le polizie locali già svolgono quale strumento prezioso e insostituibile per soluzioni condivise dei problemi che, in tema di sicurezza e qualità della vita, affliggono le nostre comunità; Inoltre diventa sempre più importante consentire un immediato e proficuo apprendimento della lingua italiana da parte di tutti i migranti che si vengono a stabilire nel nostro paese, anche al fine di agevolare la piena integrazione,

impegna il Governo:

a sostenere le amministrazioni locali affinché siano in grado di incentivare l'impiego della polizia locale anche in attività preventive per la sicurezza dei territori, aumentandone l'organico ed attivando momenti di formazione mirata all'acquisizione di strumenti e capacità atte a garantire funzioni di presidio dei territori stessi e di garanzia di una sicura e sempre migliore qualità della vita dei cittadini;
a favorire l'attivazione di sistemi di rete che vedano coinvolti il maggior numero di soggetti che erogano servizi sul territorio (es. vari uffici comunali che svolgono attività di back office, aziende municipalizzate, associazioni di volontariato e cittadini in genere), al fine di sviluppare un integrato sistema territoriale di prossimità;
a sostenere ed impegnare le amministrazioni locali nell'istituzione ed organizzazione di corsi gratuiti di lingua italiana per le persone migranti che giungono in Italia, anche al fine di una più veloce inclusione nel tessuto sociale e migliore conoscenza delle regole poste a garanzia del nostro vivere democratico.
9/2180/11.De Pasquale, De Torre.

La Camera,
premesso che:
va considerato cosa sta succedendo nei territori che cercano di rispondere in maniera efficace ed efficiente all'insicurezza che rappresenta da tempo un problema per le nostre città e che, a torto o a ragione, occupa i primi posti fra gli argomenti trattati dai mezzi di informazione e nei pensieri dei pubblici amministratori;
questo sentimento nasce da un insieme di fattori eterogenei e complessi, che richiedono una risposta altrettanto organica e strutturata;
soprattutto per quanto riguarda un'amministrazione locale, è fondamentale partire dall'attuazione di politiche preventive che comprendano gli aspetti fisici e sociali del vivere quotidiano e garantiscano risposte tempestive e mirate alle segnalazioni dei cittadini: manutenzione, illuminazione, pulizia, presenze rassicuranti, educazione alla legalità, servizi funzionanti, luoghi e momenti di socializzazione;
numerosi sono ormai, in Europa e in Italia, gli interventi che si propongono, con successo, di agire secondo quest'ottica inclusiva, coinvolgente e rassicurante;
ora accanto a questo tipo di interventi diventa sempre più importante la partecipazione nelle comunità locali di tutti i cittadini che si rivela sempre più di fondamentale importanza in un momento in cui la socializzazione e la convivenza presentano problematiche cariche di novità;
è in quest'ottica che stanno nascendo delle iniziative, che cominciano ad essere consolidate in numerosi territori del Paese, basate sull'innovazione tecnologica e sulla comunicazione e che rappresentano un esempio concreto e innovativo di quanto possa essere messo in atto a livello locale dove la buona pratica, portata a sistema, della partecipazione attiva è funzionale alla crescita di un territorio nel suo complesso, non solo per la sua sicurezza, diventa un risultato consequenziale ed aggiuntivo rispetto alla crescita globale della partecipazione ma anche della responsabilità di vera coesione di una comunità che abita un medesimo territorio;
la Regione Toscana ha già varato da tempo una legge che disciplina e sostiene azioni atte a garantire la sicurezza nei territori e una fattiva partecipazione dei cittadini al benessere di una intera comunità, anche mediante lo stanziamento di fondi destinati al sostegno di innovativi progetti indirizzati in tal senso;
nell'ambito di queste iniziative, si colloca anche quella adottata dall'amministrazione comunale della città di Sesto Fiorentino, in Toscana, che ha attivato un progetto dal nome che ne rappresenta in maniera inconfutabile il fine: «Sesto mia»;
un esempio concreto, che sta dando ottimi risultati anche sul fronte della sicurezza, di un comune grande e con la presenza di notevoli flussi migratori, che ha scelto, mediante l'introduzioni di buone pratiche e l'uso delle nuove tecnologie, di far crescere tra i cittadini la cultura della partecipazione e la dimensione dell'essere protagonisti in prima persona, del ben essere della propria comunità inserita, come sopra detto, in un comune territorio,

impegna il Governo:

a sostenere e promuovere, in modo deciso e fattivo, iniziative degli enti locali, ed in particolare delle istituzioni più prossime al territorio, quali aziende pubbliche, comuni, città metropolitane e provincie, volte a portare a sistema la partecipazione attiva e funzionale alla crescita di un territorio nel suo complesso, non solo per la sua sicurezza, di tutti i cittadini nelle comunità locali, partecipazione che si rivela sempre più di fondamentale importanza in un momento in cui la socializzazione e la convivenza presentano problematiche cariche di novità;
ad agire per far crescere la collaborazione ed il reciproco coinvolgimento fra i servizi istituzionalmente garantiti, i cittadini e gli attori sociali presenti sul territorio stesso, sostenendo la possibilità di dare vita a tavoli tecnici permanenti fra i responsabili degli uffici interessati alla gestione della comunità locale, anche tramite l'uso di tecnologie basate su sistemi informativi territoriali oltre che l'uso di apparati comunemente usati quali i telefonini palmari ed applicazioni software di rete appositamente progettate e l'attività formativa per il personale, così come brillantemente insegna e mostra la buona pratica già intrapresa a Sesto Fiorentino.
9/2180/12.Mattesini.

La Camera,
premesso che:
la mancanza di fondi ha finora precluso la stipula di accordi bilaterali di sicurezza sociale con i Paesi di provenienza dei cittadini extracomunitari immigrati in Italia;
tali accordi garantirebbero in una logica di reciprocità una necessaria ed equa tutela previdenziale dei lavoratori immigrati in Italia;
il disegno di legge in esame, nel testo risultante dall'approvazione dell'emendamento 1.1000 del Governo, prevede all'articolo 1, comma 12, che «le istanze o dichiarazioni di elezione, acquisto, riacquisto, rinuncia o concessione della cittadinanza sono soggette al pagamento di un contributo di importo pari a 200 euro» e che il gettito derivante dal contributo è attribuito «allo stato di previsione del Ministero dell'interno che lo destina, per la metà, al finanziamento di progetti del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione diretti alla collaborazione internazionale e alla cooperazione ed assistenza ai Paesi terzi in materia di immigrazione anche attraverso la partecipazione a programmi finanziati dall'Unione europea e, per l'altra metà, alla copertura degli oneri connessi alle attività istruttorie inerenti ai procedimenti di competenza del medesimo Dipartimento in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza»;
tali fondi avrebbero potuto essere usati per finanziare altresì gli accordi bilaterali di sicurezza sociale con i Paesi extracomunitari di origine degli immigrati in Italia,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di individuare i criteri di finanziamento e conseguentemente di adottare i provvedimenti necessari volti a stipulare accordi bilaterali di sicurezza sociale con i Paesi di immigrazione dei cittadini extracomunitari che lavorano e versano i contributi previdenziali in Italia in modo da fornire a tali soggetti una tutela previdenziale adeguata.
9/2180/13.Fedi, Bucchino, Gianni Farina, Garavini, Narducci, Porta, Miotto.

La Camera,
premesso che:
la legislazione vigente, con il comma 1, lettera d), dell'articolo 19 (recante divieti di espulsione e di respingimento) del testo unico sull'immigrazione, non consente l'espulsione delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono;
la Corte costituzionale, con sentenza 27 luglio 2000, n. 376, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della norma su citata «nella parte in cui non estende il divieto di espulsione al marito convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio»,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere una norma che applichi la sentenza della Corte Costituzionale n. 376 del 27 luglio 2000 e che estenda il divieto temporale di espulsione delle donne incinte portandolo dai sei mesi ai dodici mesi successivi alla nascita del figlio.
9/2180/14.Bucchino, Fedi, Gianni Farina, Garavini, Narducci, Porta, Miotto, Lenzi.

La Camera,
premesso che:
la crisi recessiva già in atto e le sue conseguenze in termini di tenuta occupazionale dei mercati rendono indispensabile un approfondimento sulla condizione giuridica dei lavoratori extracomunitari, cercando di evidenziare quei tratti distintivi della normativa attualmente in vigore che incidono profondamente sulla possibilità di queste persone di riuscire a rimanere all'interno di un contesto di inclusione giuridica e sociale;
da questa prospettiva, infatti, la perdita del posto di lavoro da parte dell'immigrato extracomunitario non si inserisce soltanto nel rilevante dibattito sulla necessità di estendere il regime degli ammortizzatori sociali, ma riguarda in primo luogo il rischio di far precipitare alcune decine di migliaia di lavoratori in un'inappellabile condizione di clandestinità, non consentendo loro il rinnovo del permesso di soggiorno se non riescono a trovare un'occupazione entro i sei mesi dalla perdita del precedente posto di lavoro,

impegna il Governo

in una fase di recessione economica come è quelle attuale, a individuare tutte le misure necessarie, siano esse economiche che normative, compresa quella di estendere la durata della validità del permesso di soggiorno per chi ha perso un lavoro regolare dagli attuali sei mesi a un periodo maggiore onde consentire a queste persone di trovare un'occupazione alternativa regolare e valida scongiurando così il rischio che gli immigrati regolari possano precipitare in una condizione di clandestinità e quindi di grave pregiudizio per loro, per le loro famiglie e per la collettività in cui risiedono.
9/2180/15.Murer, Livia Turco, Binetti, Bossa, Burtone, Calgaro, Miotto, Bucchino, Argentin, Lenzi, Mosella.

La Camera,
premesso che:
è necessario porre una maggiore attenzione al crescente fenomeno dei ragazzi figli di immigrati irregolari, nati in Italia;
molti di questi ragazzi, nonostante siano nati nel nostro Paese e abbiano frequentato le nostre scuole sono, di fatto, cresciuti in una situazione complessivamente irregolare a causa della posizione giuridica dei loro genitori. Così, al compimento del diciottesimo anno di età, si trovano a «ereditare» questa condizione di clandestinità, venendo così improvvisamente privati di ogni possibilità di lavoro regolare, come di un pieno inserimento sociale;
la maggior parte di questi ragazzi non ha mai visto il Paese dei genitori, spesso non ne conosce neppure la lingua, e nella quasi totalità dei casi non ha alcun rapporto con i parenti rimasti nel Paese di origine: il loro Paese di origine è in tutto e per tutto l'Italia,

impegna il Governo

a individuare tutte le misure necessarie affinché a questi ragazzi, una volta diventati maggiorenni, venga riconosciuto il diritto a un regolare permesso di soggiorno che consenta loro un normale inserimento sociale e lavorativo, riducendo così il rischio che possano essere coinvolti nei circuiti dell'illegalità.
9/2180/16.Livia Turco, Miotto, Bossa, Sbrollini, Murer, Grassi, Calgaro, Binetti, Argentin, Lenzi, Burtone, Mosella.

La Camera,
premesso che:
nei presidi sanitari pubblici o privati accreditati, le prestazioni sanitarie ambulatoriali o ospedaliere urgenti o comunque essenziali o continuative, per malattia o infortunio, ed i programmi di medicina preventiva a soggetti privi delle risorse economiche sufficienti;
tutti i bambini da 0 a 18 anni, anche se irregolarmente presenti in Italia, hanno diritto a cure mediche di base e specialistiche e a esami clinici gratuiti presso le strutture pubbliche o convenzionate, ospedaliere o territoriali;
la Convenzione sui diritti del fanciullo redatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, sancisce: all'articolo 3 il principio che in ogni decisione, azione legislativa, provvedimento giuridico, come considerazione preminente, iniziativa pubblica o privata di assistenza sociale, sia sempre e comunque prima di tutto tutelato, l'interesse superiore del bambino; all'articolo 6 il principio del riconoscimento da parte degli Stati membri del diritto alla vita del bambino e l'impegno ad assicurarne, con tutte le misure possibili, la sua sopravvivenza e il suo sviluppo;
la Convenzione sui diritti dell'infanzia introduce un cambiamento radicale di prospettiva perché impegna gli Stati parti ad adoperarsi non solo per proteggere l'infanzia e rispondere ai suoi bisogni fondamentali, ma anche per promuovere i diritti dei bambini e degli adolescenti in quanto soggetti di diritti al pari degli adulti, indipendentemente dalla loro condizione giuridica rispetto al territorio in cui dimorano,

impegna il Governo:

ad adottare tutte le misure economiche e normative necessarie affinché siano sempre e comunque garantite, a tutti minori presenti nel nostro Paese, indipendentemente dalla condizione giuridica dei genitori e dei familiari, le prestazioni socio-sanitarie, in particolare le prestazioni sanitarie pediatriche, urgenti e non, in ospedale, sul territorio o nei consultori;
a garantire la continuità delle cure anche attraverso l'assistenza pediatrica di base, con l'iscrizione in deroga ai pediatri di libera scelta del Servizio sanitario nazionale a prescindere dalla condizione giuridica di regolarità o meno del soggiorno dei genitori o di chi ne fa le veci, della residenza anagrafica e dell'iscrizione al Servizio sanitario nazionale.
9/2180/17.Binetti, Sbrollini, Livia Turco, Burtone, Mosella, Grassi, Murer, Bossa, D'Incecco, Bucchino, Calgaro, Miotto, Argentin, Lenzi.

La Camera,
premesso che:
valori della persona umana sono uguali senza distinzioni di religione, di sesso, di razza e di cittadinanza;
le politiche dell'immigrazione risultanti da questo atto una volta approvato, sono sempre più incentrate sull'ordine pubblico come repressione, esclusione ed espulsione dei migranti, senza invece prendere in considerazione il fatto che le politiche dell'immigrazione devono anche riguardare la solidarietà, l'accoglienza verso il più bisognoso, fiducia per chi arriva in fuga da paesi devastati da guerre e carestie;
come ha affermato il direttore della Caritas italiana, don Vittorio Nozza, «il contenimento, la repressione, le misure penali non devono essere proposte come l'essenza della politica migratoria»;
è necessario ricostruire il tessuto sociale dell'associazionismo di quartiere, dei giovani e delle famiglie, integrando tutte le persone a prescindere dalle loro differenza di classe, di etnia e di religione o di condizione giuridica,

impegna il Governo:

ad individuare tutte le misure economiche e giuridiche necessarie affinché vi sia un sostegno concreto alle associazioni giovanili, sportive, culturali, religiose, quali elementi d'incontro e di integrazione fra le molteplici realtà del nostro Paese;
a sostenere le associazioni familiari, in particolare quelle interetniche, per una politica dell'accoglienza che sia vera integrazione fra le diverse culture;
a favorire la creazione di spazi di quartiere, aperti e controllati, in cui la vita sociale possa svolgersi con naturalezza, nonché a favorire l'impegno di cooperative sociali.
9/2180/18.Mosella, Binetti, Miotto, Livia Turco, Burtone, D'Incecco, Lenzi.

La Camera,
premesso che:
l'aumento del numero dei minori stranieri non accompagnati, affidati e accolti presso istituti e centri di accoglienza dei comuni, ha accresciuto le difficoltà di gestione da parte degli amministratori locali e rappresenta ormai un problema a cui non è più possibile prescindere;
la soluzione del rimpatrio dei minori non accompagnati, affinché sia effettivamente «assistito» e non meramente coatto, necessita di attivare un processo di identificazione del minore, di «tracing» dei familiari e di indagine sulle opportunità assistenziali, formative e lavorative offerte nel Paese di origine, e quindi di accoglienza e reinserimento nel medesimo, che veda il coinvolgimento di organismi internazionali quali possono essere la Croce Rossa, l'Unicef, l'Unhcr, i servizi sociali del Paese di origine, le ONG,

impegna il Governo

a predisporre il rimpatrio dei minori non accompagnati al loro Paese d'origine solo ed esclusivamente quando vi sia il superiore interesse del minore, così come disposto dalla raccomandazione del Comitato ONU sui diritti dell'infanzia, contenuti nel Commento generale n. 6 del 3 giugno 2005.
9/2180/19.Sbrollini, Lenzi, Miotto, Livia Turco, Binetti, Grassi, Calgaro, Murer, Bossa, D'Incecco, Bucchino, Mosella.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge 2180-A «disposizioni in materia di sicurezza pubblica», al comma 18 dell'emendamento del Governo 1.1000 prevede che l'iscrizione anagrafica sia subordinata alla dimostrazione della regolarità dell'immobile in cui la persona vive abitualmente dal punto di vista del possesso dei requisiti igienico-sanitari;
l'esplicito riferimento all'immobile sembra escludere la possibilità di poter ottenere l'iscrizione anagrafica se l'alloggio sia un camper o una casa mobile o un simile alloggio di fortuna;
la condizione posta, al di là dei profili di possibile incostituzionalità, innova la preesistente normativa e riguarda persone che hanno i requisiti soggettivi per ottenere la residenza in Italia e cioè cittadini italiani o persone immigrate regolari che, per ragioni economiche, non sono nelle condizioni di poter disporre di un'abitazione conforme alle condizioni fissate dal singolo comune;
in Italia, peraltro, la maggioranza delle abitazioni è priva di certificato di agibilità;
la norma introduce la facoltà per i Comuni di fissare i requisiti igienico-sanitari introducendo una sorta di «federalismo anagrafico»;
dall'iscrizione anagrafica consegue una pluralità di diritti universali costituzionalmente garantiti e, pertanto, la discrezionalità accordata ai sindaci introduce le condizioni per comportamenti discriminatori,

impegna il Governo:

ad avviare le opportune iniziative, d'intesa con le Associazioni dei comuni Italiani, al fine di assumere un orientamento uniforme, sul territorio nazionale ai fini della determinazione dei requisiti igienico-sanitari degli edifici ove chiedono l'iscrizione anagrafica le persone che vivono stabilmente e regolarmente nel Paese;
a considerare, nella determinazione dei predetti requisiti, indipendentemente dall'area geografica di riferimento del Paese, il diritto inviolabile di ogni nuovo nato a vivere ed a essere iscritto all'anagrafe ove sono iscritti e dove abitualmente vivono i suoi genitori così come dispone la normativa vigente, anche qualora il bambino nasca o debba risiedere in un'abitazione priva dei requisiti igienico-sanitari;
ad adottare tutte le misure necessarie ad assimilare all'immobile ogni altro alloggio come camper, casa mobile o simili.
9/2180/20.Miotto, Livia Turco, Murer, Bossa, D'Incecco, Burtone, Grassi, Sbrollini, Binetti, Bucchino, Calgaro, Mosella.

La Camera,
premesso che:
una donna che si trovi per una qualsiasi ragione priva del permesso di soggiorno potrà andare in ospedale per partorire il suo bambino, ma al momento del riconoscimento del figlio l'ufficiale di stato civile non potrà procedere all'iscrizione della nascita e del riconoscimento essendovi una causa ostativa, l'assenza di permesso di soggiorno;
trascorsi dieci giorni dalla denunzia di nascita ricevuta dal direttore sanitario, dovrà, sulla scorta dell'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, segnalare immediatamente al giudice tutelare ed al tribunale per i minorenni che è nato un bambino che si trova in stato di abbandono;
il tribunale per i minori in virtù dell'articolo 11 della legge n. 184 del 1983 dovrà immediatamente dichiarare con decreto lo stato di adattabilità e il genitore biologico non avrà titolo per impugnare il decreto di adottabilità, come più volte ha ribadito la giurisprudenza della Corte di Cassazione (Cass., sez. I, 06-08-1998, n. 7698), nonostante la legge n. 176 del 1991 con cui l'Italia ha ratificato la disponga all'articolo 9 il diritto del bambino a vivere con i suoi genitori e all'articolo 11 il diritto ad essere protetto per evitare che venga allontanato dalla sua famiglia;
il comma 22, lettera f), dell'emendamento 1.1000 con un colpo solo abroga implicitamente la nostra Costituzione, la Convenzione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza dell'Onu e la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali che all'articolo 12 sancisce il diritto a formare una famiglia, eliminando tutti i principi che regolano i diritti della persona nel mondo;
nulla vale la previsione dell'articolo 19 del testo unico sull'immigrazione che prevede il divieto di espulsione per la madre in gravidanza, poiché esso interviene solo sugli effetti dell'irregolare soggiorno; né il suo regolamento di esecuzione che prevede solo un permesso collegato ad una condizione di salute della donna in gravidanza e solo per il tempo necessario alle cure, peraltro, condizionato a che non vi siano motivi di sicurezza od ordine pubblico che giustifichino il mancato rilascio;
si prevede, quindi, un permesso collegato ad una condizione di salute della donna in gravidanza o in puerperio, solo per il tempo necessario alle cure (sempre e comunque condizionato a che non vi siano motivi di sicurezza o ordine pubblico che giustifichino il mancato rilascio). Occorre rilevare che una donna per ottenere il permesso di soggiorno dovrebbe dichiarare al questore di essere entrata illegalmente nello Stato e quindi il questore si troverebbe davanti una situazione di flagranza di reato che potrebbe legittimare per motivi di ordine pubblico il diniego di permesso;
in ogni caso con l'introduzione del reato di ingresso e soggiorno illegale nello Stato per poter usufruire di questo permesso la donna in gravidanza dovrà comunque autodenunziarsi al questore che avrà l'obbligo in base al comma 17 dell'emendamento 1.100 del Governo di richiedere immediatamente al p.m. il giudizio direttissimo innanzi al giudice di pace e l'espulsione rimarrà solo sospesa per effetto del divieto dell'articolo 19 del testo unico sull'immigrazione, come chiarisce la sentenza n. 376 del 2000 della Corte Costituzionale, sempre che il questore non ritenga che la flagranza di reato in cui quella donna si trovi non sia una situazione di ordine pubblico che comporti il rifiuto del permesso;
è evidente che nessuna donna esporrebbe se stessa ed il suo bambino a questo rischio e non andrà a partorire negli ospedali, ma dalle mammane e si ritroveranno quei bambini nascosti magari nei campi, se sopravvissuti a condizioni di parto inaccettabili, all'innalzamento della mortalità infantile e al conseguente rafforzamento delle organizzazioni criminali che si troverebbero a reclutare a piene mani nella clandestinità offrendo un minimo di servizi alternativi ed occulti,

impegna il Governo:

a predisporre tutte le misure necessarie affinché tutte le donne presenti sul territorio, indipendentemente dalla loro situazione giuridica, possano tranquillamente andare a partorire negli ospedali del Servizio Sanitario Nazionale senza avere timore di essere denunciate o peggio di vedersi tolte il loro bambino perché irregolari;
ad individuare tutte le misure economiche e normative necessarie a garantire a tutti i bambini nati in Italia, indipendentemente dalla condizione giuridica dei genitori l'iscrizione anagrafica e il loro riconoscimento quale diritto imprescindibile del bambino;
a rispettare in tutte le sue parti la Convenzione sui diritti del fanciullo redatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, in particolar modo l'articolo 3 che sancisce il principio che in ogni decisione, azione legislativa, provvedimento giuridico, come considerazione preminente, iniziativa pubblica o privata di assistenza sociale, sia sempre e comunque, prima di tutto, tutelato l'interesse superiore del bambino, in questo caso scongiurando il rischio che venga strappato ai suoi genitori perché entrati irregolarmente in Italia.
9/2180/21.Lenzi, Livia Turco, Binetti, Bossa, Burtone, Bucchino, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Miotto, Mosella, Murer, Sbrollini, Capano.

La Camera,
premesso che:
il comma 22, lettera h-bis), dell'emendamento 1.1000 del Governo prevede il prolungamento fino a centottanta giorni, rispetto agli attuali sessanta, di detenzione nei centri di identificazione ed espulsione (CIE) per lo straniero entrato irregolarmente in Italia;
la permanenza per un periodo così lungo in questi centri non può essere in alcun modo accettata in quanto lesiva di tutti i più elementari diritti della persona;
molte organizzazioni umanitarie associazioni, enti locali denunciano le pessime condizioni di vita nei CEI, il non rispetto dei diritti umani e l'assoluta incapacità di garantire standard minimi di accoglienza,

impegna il Governo:

a garantire a tutti gli immigrati rinchiusi nei CIE, sia al momento del loro ingresso che durante la detenzione, un'assistenza sanitaria adeguata onde evitare il possibile diffondersi di malattie contagiose che metterebbero a rischio sia la loro vita che quella delle persone che vi lavorano e dei loro familiari;
ad adottare tutte le misure necessarie per apportare una verifica compiuta e puntuale delle condizioni igienico - sanitarie dei centri di identificazione ed espulsione e a riferire immediatamente e puntualmente al Parlamento circa le condizioni di vita delle persone rinchiuse in questi centri.
9/2180/22.Grassi, Bossa, Livia Turco, Binetti, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Lenzi, Miotto, Mosella, Murer, Pedoto, Sbrollini.

La Camera,
premesso che:
la Convenzione sui diritti del fanciullo redatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176, sancisce, all'articolo 3, il principio che in ogni decisione, azione legislativa, provvedimento giuridico, come considerazione preminente, iniziativa pubblica o privata di assistenza sociale, sia sempre e comunque prima di tutto tutelato l'interesse superiore del bambino e all'articolo 6 il principio del riconoscimento da parte degli Stati membri del diritto alla vita del bambino e l'impegno ad assicurarne, con tutte le misure possibili, la sua sopravvivenza e il suo sviluppo;
il principio fondante, quindi, della Convezione dei diritti dell'infanzia è quello che tutti i bambini e le bambine vadano tutelate a prescindere dallo status giuridico dei genitori,

impegna il Governo

ad adottare le misure necessarie affinché a tutti i bambini e a tutte le bambine presenti sul territorio, indipendentemente dalla nazionalità e dallo status giuridico dei loro genitori, sia garantito il libero accesso alla scuola pubblica di ogni ordine e grado, il diritto ad un'istruzione adeguata e compiuta nonché tutte le cure mediche e il diritto alla salute.
9/2180/23.Pedoto, Livia Turco, Binetti, Bossa, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Miotto, Mosella, Murer, Sbrollini.

La Camera,
premesso che:
il Consiglio di Lisbona del marzo 2000 aveva fissato l'obiettivo strategico di sviluppare con forza l'economia della conoscenza per raggiungere un alto livello di competitività e dinamicità sullo scenario mondiale, a sostegno di un modello di crescita economica sostenibile, accompagnato da un miglioramento quantitativo e qualitativo dell'occupazione e da una maggiore coesione sociale;
l'Italia è confrontata con una immigrazione costituita da personale non altamente qualificato mentre le sfide presenti e future della società del sapere richiedono figure professionali di alto profilo e una organizzazione sociale capace di attirare cervelli;
nelle università italiane si laureano ogni anno circa 5.000 stranieri (circa 45.000 sono gli iscritti) e di essi la maggior parte lascia l'Italia per rientrare nel loro Paese di origine,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di prolungare il permesso di soggiorno dei giovani laureati extracomunitari di almeno sei mesi al fine di consentire loro la ricerca di un lavoro adeguato alle competenze acquisite sul nostro territorio e ad agevolare, nel decreto flussi, chi ha conseguito un titolo di studio in Italia.
9/2180/24.Narducci, Bucchino, Gianni Farina, Fedi, Garavini, Porta.

La Camera,
premesso che:
in una società globalizzata dove convivono persone di differenti fedi religiose, origini etniche, convinzioni filosofiche, la questione dell'attenzione alla salute e l'approccio nel primo soccorso assumono un rilievo non trascurabile per motivi culturali, religiosi e sociali;
la stessa natura dell'atto medico deve tener conto di questo contesto pluralistico in cui ci troviamo a vivere e nel quale esistono differenti, e a volte anche confliggenti, nozioni di salute e malattia; in considerazione del fatto che la salute è un valore e in un contesto multiculturale sono evidenti le diversità di approccio che vi possono essere anche legate alla visione del corpo;
la concezione del corpo ha una importanza fondamentale nell'approccio al paziente che si presenta al pronto soccorso e che non ha un rapporto consolidato con il medico, concezioni spesso legate anche al genere che potrebbero portare al rifiuto della visita medica con evidenti conseguenze di carattere epidemiologico nei confronti di tutta la popolazione di un determinato territorio,

impegna il Governo

ad assicurare a medici e infermieri dei dipartimenti di emergenza e accettazione (DEA) la formazione indispensabile per affrontare correttamente le diverse concezioni del corpo, spesso non direttamente evidenti, di malati che provengono da contesti culturali o religiosi molto diversificati e poco conosciuti dal personale sanitario.
9/2180/25.Corsini, Narducci, D'Incecco.

La Camera,
premesso che:
la presenza della criminalità organizzata è uno dei principali ostacoli allo sviluppo del Mezzogiorno;
lo Stato sostiene e incoraggia l'attività delle associazioni antiracket, aggiungendo all'azione di tutela della sicurezza personale svolta dall'associazionismo antiracket una garanzia fondamentale per chi decida di opporsi al racket: la sicurezza economica;
il Parlamento ha adottato, nell'arco dell'ultimo decennio, una serie di norme basate sul principio di risarcire tutti coloro che abbiano subito danni a causa di attività estorsive, per aver deciso di collaborare con le istituzioni per combattere il racket o di smettere di pagare il «pizzo»;
primo strumento per l'attuazione di tale principio è l'istituzione del Fondo di solidarietà per le vittime del racket (poi unificato con quello per le vittime dell'usura), grazie al quale chi ha subito, per essersi opposto agli estorsori, danni alla persona o alla propria impresa può ricevere, a titolo di risarcimento, un'elargizione che gli consenta di riprendere l'attività;
la volontà di garantire sicurezza economica a chi denuncia il racket è all'origine di una misura di agevolazione fiscale introdotta, per prima, dalla giunta comunale di Vittoria (RG), che ha previsto agevolazioni sui tributi locali per tutti gli imprenditori, commercianti, artigiani o liberi professionisti che forniscano all'autorità giudiziaria informazioni inerenti il racket delle estorsioni o l'usura;
altri comuni stanno varando misure analoghe;
il contributo rappresenta un aiuto concreto ai cittadini vittime della criminalità organizzata;
anche la Regione Siciliana si sta orientando in tale direzione, tanto da aver emanato una legge regionale che prevede la creazione di «zone franche per la legalità» e il pagamento delle imposte sui redditi, dell'IRAP, dell'ICI e dei contributi previdenziali in favore degli imprenditori che denunciano richieste estorsive o richieste provenienti dalla criminalità organizzata, cui sia seguita una richiesta di rinvio a giudizio;
oltre alla valenza in termini di contrasto alla criminalità l'effetto di questa misura si amplifica proprio in quelle aree del Mezzogiorno assediate dal problema della povertà, della disoccupazione e della illegalità dove la mancanza di sicurezza compromette le prospettive di sviluppo,

impegna il Governo

a favorire ed incentivare gli enti locali ad adottare misure quali quelle del comune di Vittoria ponendo in essere, nell'ambito della propria iniziativa legislativa, una normativa premiante per gli enti locali che adottino tali misure.
9/2180/26.Causi, Fluvi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame introduce l'obbligo per gli agenti in attività finanziaria che prestano servizi di pagamento nella forma dell'incasso e trasferimento di fondi (money transfer) ad acquisire e conservare per 10 anni, se il soggetto che ordina l'operazione è un cittadino extracomunitario, copia del titolo di soggiorno, in mancanza del quale gli agenti devono effettuare un'apposita segnalazione all'autorità locale di pubblica sicurezza, trasmettendo i dati identificativi del soggetto. Il mancato rispetto di tale disposizione è sanzionato con la cancellazione dall'elenco degli agenti in attività finanziaria;
si tratta di una previsione che, lungi dall'aggredire i reali problemi relativi alla necessaria regolamentazione del fenomeno, rischia anzi di aggravarli;
l'agenzia in attività finanziaria di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 25 settembre 1999, n. 374, ossia il cosiddetto «money transfer», rappresenta, infatti, una metodologia semplice e veloce per tutti quei soggetti - soprattutto extracomunitari, ma non solo - che non potendo accedere ai suddetti canali per una scarsa conoscenza delle procedure bancarie, per l'impossibilità di instaurare un rapporto clientelare con gli istituti di credito, o per la necessità di dover effettuare solo saltuarie operazioni tali da non giustificare l'insorgere di tale rapporto, necessitano di trasferire o ricevere denaro contante all'estero, in tempi rapidi;
la prova del successo che tale procedura ha raggiunto è testimoniata dalla pluralità di agenzie aperte in ogni località, attraverso le quali muovono da e per l'Italia ingenti capitali;
la proliferazione dei «money transfer», facilitata da una normativa ampiamente agevolativa e semplificata, basata per lo più su una serie di autocertificazioni, ha richiamato l'attenzione sul fenomeno, sulla cui natura e origine è opportuna una riflessione;
le problematiche riguardano la possibilità che spesso dietro queste attività si nascondano fenomeni illeciti, da quelli di assoluta pericolosità legati al finanziamento del terrorismo a quelli di minore portata, perché dietro un'operazione di trasferimento fondi si possono celare evasione fiscale, lavoro sommerso, contraffazione e altro;
in particolare, una delle problematiche emerse dall'esperienza operativa consiste nel fatto che sovente i controlli e le ispezioni effettuate presso i «money transfer» hanno consentito di accertare l'operatività degli stessi durante il periodo che intercorre tra la richiesta di iscrizione all'albo, prevista dal decreto legislativo 25 settembre 1999 n. 374, e l'operatività autorizzata del servizio;
particolarmente problematico, inoltre, è il tema della compatibilità dell' «agenzia in attività finanziaria» con altre attività. Anche in questo caso l'esperienza operativa suggerisce l'introduzione di norme più rigide in ordine alla possibilità di svolgere molteplici attività oltre a quella di «money transfer». È pressoché costante, infatti, la contiguità di quest'ultima con altre attività lavorative che sono ormai divenute tipiche: dove esercita il «money transfer», si registra sempre un'ulteriore attività di «phone center», di «internet point», ovvero di altri esercizi operanti nel settore alimentare;
un altro aspetto rilevante è riconducibile al fatto che la normativa vigente consente un facile accesso all'attività del «money transfer», attraverso l'autocertificazione di taluni requisiti che, seppur veritieri, non possono garantire una specifica qualificazione dei soggetti che, come persona fisica o giuridica, intendano intraprendere l'attività in questione. In considerazione del delicato settore nel quale l'operatore «money transfer» va a muoversi e ai rilevantissimi interessi sottostanti, sembra invece necessaria una specifica formazione professionale, che non può essere sostituita dalla formula autocertificativa che indica il soggetto essere, ad esempio, a conoscenza della normativa antiriciclaggio,

impegna il Governo

a favorire, per quanto di sua competenza, la revisione la disciplina dell'agenzia in attività finanziaria, finalizzata a stabilire l'impossibilità di operare durante il periodo intercorrente tra la richiesta di iscrizione all'albo e l'operatività autorizzata del servizio, a rendere il «money transfer» incompatibile con tutte le altre attività che esulano dallo specifico settore, nonché ad introdurre un titolo abilitativo indispensabile per l'iscrizione all'albo.
9/2180/27.Lulli, Fluvi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame introduce il reato di immigrazione clandestina nei confronti di esseri umani, senza distinzione alcuna sulla condizione che li ha spinti a cercare di uscire da condizioni di vita troppo spesso inumane, degradanti, quali l'ingiustizia, l'insicurezza sociale e politica, fuggendo dal proprio Paese di origine;
senza alcuna modifica del provvedimento in esame tale situazione può generare un enorme conflitto, anche nel nostro territorio, nella gestione applicativa del provvedimento tra i cittadini italiani e, naturalmente, con gli immigrati;
i provvedimenti connessi al ruolo dei pubblici ufficiali corrono il rischio di attivare meccanismi perversi, con la conseguenza di privare le persone di diritti primari quali quello alla salute e quello allo studio;
l'associazione prodotta da questo provvedimento tra sicurezza e controllo dell'immigrazione clandestina favorisce l'insorgenza di atteggiamenti xenofobi e razzisti e alimenta paure e atteggiamenti di chiusura, senza rispondere concretamente ai problemi di sicurezza evidenziati dai cittadini,

impegna il Governo:

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare il provvedimento in esame con strategie di controllo del fenomeno migratorio che non siano preventivamente discriminatorie nei confronti delle persone costrette a lasciare le proprie terre da condizioni di insicurezza sociale, politica ed economica;
ad attivare provvedimenti specifici sull'immigrazione tesi a governare il fenomeno, attivando politiche organiche con i Paesi di provenienza e di transito verso l'Italia e soprattutto costringendo l'Europa a diventare il riferimento politico e geografico del controllo del fenomeno migratorio, rifuggendo nel contempo ad ogni collegamento (voluto o no) tra sicurezza e immigrazione.
9/2180/28.Viola.

La Camera,
premesso che:
il respingimento in acque internazionali di mezzi carichi di immigrati può essere conforme alle norme del diritto internazionale a condizione che non siano violati i diritti dei profughi e dei richiedenti asilo previsti dalla Convenzione di Ginevra, dai trattati internazionali e dalla Costituzione italiana;
in tal senso si sono espressi gli organismi competenti dell'ONU e dell'Unione europea, e delle più alte autorità religiose;
il Trattato con la Libia, ratificato dal Parlamento italiano il 3 febbraio 2009, prevede la cooperazione tra la Libia e l'Italia in azioni comuni di pattugliamento delle coste al fine di prevenire viaggi illegali e dunque le modalità di queste azioni devono essere in tutto conformi alle norme del diritto internazionale, risultando altrimenti invalide,

impegna il Governo

a intraprendere le necessarie azioni con la Libia e ad attivarsi con l'Unione europea e nelle sedi internazionali affinché il Trattato sia interpretato dalla Libia in modo conforme al diritto internazionale, anche con l'istituzione di uffici che garantiscano i diritti dei profughi e dei richiedenti asilo.
9/2180/29.Mantini, Cesa.

La Camera,
premesso che:
per le attività di produzione, duplicazione, vendita o noleggio di dischi, videocassette, musicassette, videogiochi e DVD, oltre ai vari adempimenti di legge, è necessario dare preventivo avviso al questore che ne rilascia ricevuta, attestando l'eseguita iscrizione in apposito registro (c.d. presa d'atto d'inizio attività);
la ratio di questa norma, introdotta nel 2000 con una novella al regio decreto n. 773 del 1931(recante testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), era quella di integrare la normativa in materia, inserendo tra i reati che precludono l'iscrizione al registro degli esercenti il commercio quelli attinenti agli illeciti riguardanti le opere dell'ingegno. L'intento del legislatore era quello di incrementare gli strumenti posti a tutela della proprietà intellettuale;
tuttavia, una volta effettuata l'iscrizione al registro delle imprese e la denuncia di avvio di attività al comune, la comunicazione rivolta alla questura risulta pleonastica, specie in considerazione della non pericolosità dei nuovi supporti tecnologici, un tempo a rischio come materiale infiammabile. Inoltre, questo ulteriore passaggio rischia di limitare il ricorso alla libera imprenditoria, alla distribuzione commerciale di questi prodotti da parte di altri operatori, soprattutto per un comparto già fortemente colpito dai costi di start up e dai danni derivanti dalla pirateria on line, che è la nuova «frontiera» della contraffazione delle opere;
decaduti gli obiettivi di tutela degli operatori legali, la norma, in un contesto ormai consolidato di semplificazione delle procedure, risulta obsoleta e inutilmente burocratica. Negli anni, infatti, gli editori audiovisivi hanno comprovato come questa misura si sia rivelata una prassi farraginosa, fondamentalmente a nocumento dell'operatore che opera nel rispetto della legge anziché, com'era nelle originarie intenzioni, del soggetto abusivo e irregolare;
non sono rari i casi di sanzioni amministrative comminate da parte delle forze di polizie per difetto di presa d'atto d'inizio attività, un provvedimento che colpisce al cuore la catena legale del valore di questo mercato anziché tutelarla,

impegna il Governo

a verificare l'opportunità di tale norma dal punto di vista dell'impatto della regolamentazione, basata sulla valutazione del raggiungimento delle finalità e nella stima dei costi e degli effetti prodotti sulle attività dei cittadini e delle imprese, e che, inoltre non aiuta l'amministrazione nel suo compito di soggetto controllore.
9/2180/30.Ciocchetti, Dionisi, Anna Teresa Formisano.

La Camera,
premesso che:
il numero dei detenuti è giunto a 62.057 e, prevedendo una crescita della popolazione carceraria al ritmo di 800/1000 nuove unità al mese, si giungerà presto al limite massimo tollerabile di 63.702 unità;
il piano carceri presentato dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria prevede la ristrutturazione di sezioni carcerarie esistenti, la costruzione di nuovi padiglioni in quelli esistenti oltre al completamento di nove carceri, già in fase avanzata, e la realizzazione di 18 nuovi penitenziari, per un impegno finanziario pari a circa 1,5 miliardi;
si tratta di un progetto di medio-lungo periodo, mentre l'emergenza è attuale ed il disagio rischia di produrre ulteriore disagio e reazione;
al sovraffollamento si aggiungono carenze strutturali, organizzative e di personale;
le novelle al codice penale introdotte dal Governo in questi mesi e quelle previste dal provvedimento in esame rischiano solo di aumentare la popolazione carceraria,

impegna il Governo:

ad adottare misure urgenti indipendentemente dal piano organico presentato dal DAP che tamponi un'emergenza che rischia di avere gravi conseguenze, oltre a costituire una violazione dei diritti dei detenuti e della loro dignità umana;
a prevedere un maggiore ricorso alle misure alternative alla detenzione, previa una rigorosa valutazione dei presupposti, oltre a limitare l'introduzione di novelle al codice penale che finiscono per immettere indiscriminatamente nel circuito giudiziario e carcerario soggetti che potrebbero più utilmente essere destinatari di sanzioni amministrative.
9/2180/31.Galletti, Mantini, Tassone, Mannino, Rao, Vietti, Volontè, Compagnon, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
nonostante le difficoltà logistiche, la mancanza di risorse umane e i tagli di bilancio, anche in occasione del tragico evento calamitoso che ha colpito l'Abruzzo, il Corpo Nazionale dei vigili del fuoco ha svolto in maniera encomiabile il compito affidatogli, offrendo all'opinione pubblica nazionale e mondiale una immagine di efficienza e efficacia;
si deve, tuttavia, rimarcare che le migliaia di vigili del fuoco inviati in Abruzzo non percepiscono l'indennità di trasferta, mentre la stessa è regolarmente corrisposta a tutti gli altri Corpi del comparto di sicurezza, di cui fanno parte anche i Vigili del fuoco;

è necessario procedere ad eliminare le differenze esistenti fra il personale appartenente ai Vigili del fuoco e tutto il resto del personale del comparto sicurezza, che gode di un trattamento economico superiore ed avanzamenti di carriera più agevolati,

impegna il Governo

ad adottare in tempi rapidi i provvedimenti necessari a sanare ogni sperequazione vigente tra il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e gli altri Corpi dello Stato provvedendo ad inserirli nel comparto sicurezza e restituendo, in tal modo, al Corpo quella dignità per lungo tempo negata.
9/2180/32.Libè, Tassone, Mannino, Rao, Occhiuto, Vietti.

La Camera,
premesso che:
con la riforma della procedura per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al decreto legislativo del 3 ottobre 2008, n. 159, il trattenimento nei Centri di identificazione ed espulsione viene disposto non solo nei confronti del destinatario dì un provvedimento di espulsione, ma anche di un provvedimento di respingimento;
il cittadino straniero che presenta la richiesta di riconoscimento della protezione internazionale successivamente ad un provvedimento di espulsione o di respingimento, non solo viene comunque trattenuto nei centri, ma non gode nemmeno del beneficio dell'effetto sospensivo di un ricorso al tribunale in caso di diniego da parte della commissione territoriale;
queste restrizioni al diritto di richiedere ed ottenere asilo, sancito dalla nostra Costituzione e dalle convenzioni internazionali, rischia di privare il cittadino straniero di un diritto elementare;
per effetto della normativa richiamata è prevedibile un aumento dei richiedenti asilo trattenuti nei C.I.E. (ex CPT),

impegna il Governo

ad adottare le opportune misure volte all'istituzione nei centri di identificazione ed espulsione di servizi indipendenti di orientamento ed assistenza legale che attualmente o non vengono forniti affatto, oppure sono erogati dallo stesso ente gestore della struttura.
9/2180/33.Pezzotta, Vietti, Rao, Tassone, Mantini, Occhiuto, Compagnon, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
le forze di polizia italiane sono le più numerose d'Europa;
ognuna svolge autonomamente ed in maniera encomiabile un compito fondamentale nella lotta alla criminalità organizzata, senza però un adeguato coordinamento,

impegna il Governo

a valutare, al fine di un'ottimale impiego delle risorse, le opportune misure volte ad un razionale ed armonico coordinamento tra le Forze di polizia, attraverso una riorganizzazione degli assetti attualmente esistenti ed una puntuale definizione dei compiti della Direzione investigativa antimafia.
9/2180/34.Mannino, Rao, Vietti, Tassone, Mantini, Occhiuto, Compagnon, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 6 della legge 23 aprile 2009, n. 38, al fine di attuare un apposito piano straordinario di controllo del territorio, anticipa al 31 marzo 2009 (rispetto al 30 aprile dello stesso anno) il termine per l'adozione del decreto del Presidente della Repubblica, finalizzato alla ripartizione tra le varie forze di polizia e i vigili del fuoco delle risorse destinate all'assunzione di personale;
viene inoltre disposta la riassegnazione immediata delle somme oggetto di confisca al Ministero dell'interno, nel limite di 100 milioni di euro per il 2009, per le esigenze urgenti di tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico, e al Fondo nazionale contro la violenza sessuale, nel limite di 3 milioni di euro per il 2009, da destinare al sostegno dei progetti di assistenza alle vittime di violenza sessuale e di genere;
la norma in esame non attribuisce però alcuna risorsa di mezzi e di personale in più alle forze dell'ordine, anzi l'organico subirà complessivamente quest'anno un decremento di personale: le assunzioni di 2.500 unità, già previste dalla Finanziaria per il 2009, vengono semplicemente anticipate di un mese, mentre nello stesso anno andranno in pensione circa 5.000 unità, quindi il doppio dei nuovi assunti;
analogamente, i 100 milioni che vengono assegnati al Ministero dell'interno per le urgenti necessità di tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico vengono solo anticipati, in quanto già destinati al dicastero per le medesime finalità dalla stessa Finanziaria che, nel solo 2009, ha previsto riduzioni per oltre 200 milioni di euro;
la criminalità organizzata, problema gravissimo del nostro Paese, non si combatte certamente smantellando le forze dell'ordine sul territorio e finanziando le ronde,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni provvedimenti finalizzati allo stanziamento di maggiori risorse per le forze dell'ordine, con particolare riguardo ai fondi per la manutenzione auto e alle indennità, nonché all'assunzione di ulteriore personale.
9/2180/35.Vietti, Rao, Tassone, Mantini, Occhiuto, Compagnon, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
la manovra di bilancio, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, ha fortemente penalizzato il settore della sicurezza;
sono stati infatti previsti per il triennio 2009-2011 tagli di oltre tre miliardi di euro, riduzioni di spesa e nessuna forma di investimento;
ciò impedirà l'acquisto di autovetture, mezzi, strumenti utili per svolgere il servizio, armi, divise, nonché la possibilità di avere risorse sufficienti e necessarie per le attività addestrative, per i corsi di formazione, per rinnovare le armi in dotazione, per l'acquisto di munizioni, delle divise e per la ordinaria manutenzione degli uffici e delle infrastrutture;
il decreto, che sottrae oltre un miliardo di euro alle forze di polizia, porterà ad un collasso della parte operativa del sistema sicurezza, con il dimezzamento delle volanti sul territorio e la chiusura di oltre un terzo dei commissariati, limitando sensibilmente la capacità di fronteggiare la minaccia che viene dalla criminalità diffusa e soprattutto da quella mafiosa;
dopo una campagna elettorale giocata quasi interamente sul tema della sicurezza stupiscono fortemente questi provvedimenti restrittivi, dal momento che le forze dell'ordine hanno bisogno di risorse certe, ben quantificate e di sicura copertura;
a fronte dei tagli sopra descritti, il provvedimento in esame non destina nuove risorse,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure normative finalizzate all'incremento delle risorse per la realizzazione degli obiettivi citati in premessa.
9/2180/36.Ciccanti, Rao, Vietti, Tassone, Mantini, Occhiuto, Compagnon.

La Camera,
premesso che:
la manovra di bilancio, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, ha fortemente penalizzato il settore della difesa;
sono stati infatti previsti per il triennio 2009-2011 tagli di oltre tre miliardi di euro, riduzioni di spesa e nessuna forma di investimento;
ciò impedirà l'acquisto di autovetture, mezzi, strumenti utili per svolgere il servizio, armi, divise, nonché la possibilità di avere risorse sufficienti e necessarie per le attività addestrative, per i corsi di formazione, per rinnovare le armi in dotazione, per l'acquisto di munizioni, delle divise e per la ordinaria manutenzione degli uffici e delle infrastrutture, in particolare quelle di accesso al pubblico, che diventeranno sempre più fatiscenti;
dopo una campagna elettorale giocata quasi interamente sul tema della sicurezza stupiscono fortemente questi provvedimenti restrittivi, dal momento che le forze dell'ordine hanno bisogno di risorse certe, ben quantificate e di sicura copertura;
a fronte dei tagli sopra descritti, il provvedimento in esame non destina nuove risorse,

impegna il Governo

a riconoscere un trattamento economico speciale a quanti prestano servizio nelle forze dell'ordine e nelle forze armate, in considerazione dei disagi e dei rischi affrontati quotidianamente.
9/2180/37.Bosi, Rao, Vietti, Tassone, Mantini, Occhiuto, Compagnon, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
i procuratori della Repubblica presso i tribunali di Catanzaro, Cosenza, Crotone, Lamezia Terme, Locri, Palmi, Paola, Reggio Calabria, Rossano e Vibo Valentia, e i procuratori della Repubblica presso i tribunali per i minorenni di Catanzaro e Reggio Calabria hanno stilato un documento in cui vengono avanzate alcune richieste al Ministro della giustizia, considerate imprescindibili e specificate;
secondo i magistrati, l'amministrazione della giustizia in Calabria sarebbe prossima al collasso, a causa di un grave deficit di organico: vi sono infatti scoperture pari ad una media del 40 per cento, ma con punte del 100 per cento per la procura presso il tribunale dei minorenni di Reggio Calabria;
tale situazione è effetto della recente legge sull'ordinamento giudiziario che fa divieto di destinare agli uffici di procura i giovani magistrati vincitori di concorso;
ne consegue che l'unica fonte di approvvigionamento degli uffici giudiziari del Sud, da sempre costituita dall'invio di magistrati vincitori di concorso destinati d'ufficio, risulta, per i soli uffici di procura, del tutto inaridita;
ad eccezione della prima destinazione, i magistrati possono essere trasferiti ad altra sede soltanto a loro domanda;
le disposizioni contenute nel provvedimento rischiano di intasare ancor di più i tribunali che rischiano la paralisi per la mancanza di personale,

impegna il Governo

ad adottare tutte le necessarie iniziative di competenza in modo da consentire, nel rispetto dei principi costituzionali, una adeguata dotazione organica di magistrati presso gli uffici delle procure calabresi.
9/2180/38.Occhiuto, Tassone.

La Camera,
premesso che:
presso il centro di identificazione ed espulsione di Gradisca d'Isonzo in provincia di Gorizia si sono verificati alcuni gravi incidenti tra gli immigrati e tra questi ultimi e le Forze di polizia;
tali incidenti hanno evidenziato palesi sofferenze sotto il profilo della sicurezza, tanto per gli operatori quanto per gli stessi immigrati;
lo stesso comitato provinciale dell'ordine e sicurezza pubblica ha chiesto formalmente agli organi competenti dell'amministrazione centrale l'autorizzazione a ripristinare le cosiddette camere di parcellizzazione e/o compensazione, al fine di dividere i trattenuti, prevenire eventuali nuovi disordini, nonché evitare che l'etnia più numerosa assumesse pericolosamente predominanza sulle altre;
è stata altresì evidenziata la necessità di avviare alcuni importanti interventi infrastrutturali, quali il ripristino del sistema antincendio e di anti-intrusione, nonché l'installazione delle telecamere; nonostante il tempo trascorso e gli impegni formali assunti dal Ministero dell'interno di realizzare i predetti interventi, tali lavori non sono mai stati avviati, nemmeno a fronte della riconversione della struttura in parola da CPA - centro di prima accoglienza a CIE - centro di identificazione ed espulsione;
lo scorso 4 marzo 2009 il questore di Gorizia ha chiesto al prefetto di disporre l'impiego del personale del settore polizia di frontiera terrestre (circa 70 unità) nei servizi connessi al CIE isontino, dal momento che gli aggregati del reparto mobile sono assegnati solo in via temporanea e vengono progressivamente sottratte delle unità,

impegna il Governo

ad adottare ogni utile iniziativa volta ad eliminare le criticità citate, accogliendo in tempi rapidi le richieste avanzate dalla questura di Gorizia.
9/2180/39.Compagnon.

La Camera,
premesso che:
il Corpo nazionale vigili del fuoco, sul quale si incentra e ruota l'intero sistema di soccorso tecnico urgente del Paese a garanzia di sicurezza di tutti i cittadini, versa attualmente in uno stato di profondo disagio operativo tale da pregiudicare l'efficacia e l'efficienza nello svolgimento dei compiti assegnati;
la situazione, oramai drammatica in tutto il Paese, risulta essere ancor più aggravata in presenza di emergenza quale quella che stiamo vivendo in Abruzzo;
la pianta organica attuale conta 32.000 unità; essa però è comprensiva del personale tecnico ed amministrativo che non partecipa alle operazioni di soccorso: solamente 26.000 sono, infatti, gli operatori preposti al soccorso, suddivisi in 4 turni, per coprire il servizio delle 48 ore;
se si considerano i riposi compensativi, le licenze, le malattie e soprattutto i continui infortuni (generati anche da un maggior carico di lavoro per gli operatori) ne consegue che in Italia, giornalmente, a garantire il soccorso, l'incolumità delle persone, l'integrità dei beni nonché la salvaguardia del territorio vi sono solamente 4.000 unità dislocate su tutto il territorio nazionale;
per tamponare la continua emergenza, dovuta ad un'atavica crisi di organico, che entro la fine dell'anno raggiungerà margini apicali per il previsto pensionamento del 12-15 per cento del personale operativo, i comandi provinciali, distribuiti su tutto il territorio, si avvalgono quotidianamente del ricorso straordinario ai vigili del fuoco discontinui;
sarebbe, pertanto, indispensabile operare da subito a favore del Corpo nazionale il recupero del 100 per cento del turn over maturato a partire dall'anno in corso, attraverso la progressione verticale del personale discontinuo risultato idoneo, a seguito della procedura selettiva prevista dal comma 519 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007);
con l'assorbimento del personale discontinuo si avrebbe l'opportunità di sanare, almeno in parte ed in tempi brevi, la grave emergenza organica ripristinando l'operatività minima di tutti i comandi e distaccamenti permanenti presenti sul territorio e di colmare quello sbilanciamento appena descritto,

impegna il Governo

a fronte della grave situazione denunciata in premessa e per salvaguardare un livello qualitativo adeguato del servizio dei vigili del fuoco, ad intervenire per garantire le risorse umane necessarie allo svolgimento del prezioso ed insostituibile ruolo ad essi affidato a protezione della incolumità e sicurezza dei cittadini, ristabilendo una certezza del servizio, una risposta professionale, attraverso un utilizzo razionale delle risorse, procedendo in via prioritaria alla stabilizzazione dei vigili discontinui idonei.
9/2180/40.Volontè, Tassone, Occhiuto, Compagnon.

La Camera,
premesso che:
l'utilizzo da parte di molti giovani di armi o strumenti atti ad offendere rappresenta un fenomeno estremamente grave e in allarmante espansione: spesso, infatti, nell'ambito di litigi o risse, la presenza di coltelli o altre armi improprie aggrava le conseguenze dell'evento;
vi sono casi in cui alcuni strumenti atti ad offendere, la cui detenzione/porto senza giustificato motivo al di fuori delle mura domestiche è vietata, sono venduti liberamente da commercianti ambulanti, anche nei mercati;
sono frequenti nelle scuole gli episodi di bullismo, accompagnati talvolta dall'uso di armi improprie che rappresentano un forte pericolo per i minori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare provvedimenti finalizzati all'inasprimento delle sanzioni attualmente previste per il porto di armi o strumenti atti ad offendere, all'introduzione di misure preventive (rivolte soprattutto ai giovani) che disciplinino l'utilizzo delle armi improprie ed alla limitazione del porto di coltelli o di strumenti atti ad offendere da parte dei minorenni in luoghi scolastici o impianti sportivi.
9/2180/41.Rao, Vietti, Tassone, Mantini, Occhiuto, Compagnon, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame introduce il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato;
tale fattispecie non facilita le espulsioni né incide sul problema dell'effettività delle stesse;
l'irregolare già oggi può essere fermato, identificato ed espulso: il procedimento penale costituirebbe soltanto un aggravio delle procedure ed un aumento dei costi per lo Stato;
né si può pensare che l'introduzione di tale fattispecie di reato possa costituire un valido deterrente per chi è disposto anche a rischiare la propria vita per l'opportunità di un futuro migliore; a riprova di ciò, il fatto che, nonostante la ben più pesante sanzione attualmente prevista dall'articolo 14, comma 5-ter del decreto legislativo n. 286 del 1998 (reclusione da 1 a 4 anni) per chi non ottempera all'ordine di allontanamento del questore, pochissimi adempiono volontariamente;
a fronte di inesistenti benefici, la fattispecie incriminatrice avrebbe invece conseguenze pesanti sull'attività degli uffici giudiziari e delle forze di polizia, impegnate in una gravosa attività connessa al processo, con sicuro pregiudizio per gli interessi concreti in materia di sicurezza per i cittadini;
l'unico effetto della norma appare quello, assolutamente inaccettabile, di criminalizzare l'immigrato in quanto tale, indipendentemente dalla sua dignità di persona e dalle condizioni di povertà e bisogno che lo spingono a cercare fortuna in un altro paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ridurre il fenomeno dell'immigrazione clandestina attraverso una politica più realistica che aumenti e renda più efficienti i canali di ingresso regolare nel nostro Paese, specialmente per quanto riguarda l'accesso al mercato del lavoro e i ricongiungimenti familiari.
9/2180/42.Capitanio Santolini, Pezzotta, Vietti, Rao, Tassone, Mantini, Occhiuto, Compagnon, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
l'associazione Casa Africa si occupa di formare gli immigrati in tutte le arti e mestieri, al fine di creare benessere ed istruire altre persone nella terra d'origine, in maniera tale da evitare loro l'esperienza della traversata;
iniziative come questa favoriscono un miglioramento socio-economico non soltanto per gli stati africani, ma anche per l'Italia, in quanto creano le premesse per avere mercati di sbocco dei nostri prodotti in questi paesi,

impegna il Governo

a valutare, alla luce dell'esperienza sopra descritta, l'opportunità di adottare ogni utile iniziativa finalizzata ad una più ampia integrazione fra le popolazioni dell'Africa e quelle europee.
9/2180/43.Tassone.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di sicurezza pubblica;
all'articolo 1, ai commi 16 e 17, è introdotto il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato;
la disciplina del procedimento penale per il nuovo reato prevede la presentazione immediata dell'imputato a giudizio innanzi al giudice di pace (con l'autorizzazione del pubblico ministero e limitatamente ai reati procedibili d'ufficio e in caso di flagranza di reato ovvero quando la prova è evidente) e lo svolgimento del relativo giudizio;
l'introduzione del reato di soggiorno irregolare, amplia in modo sostanziale i possibili soggetti perseguibili, includendo anche quanti si trovano nel Paese già da molti anni;
in Italia gli irregolari, tra quelli che entrano e quelli che soggiornano illegalmente, e che quindi verserebbero in una condizione di reità, ai quali si applicherebbe questa norma, alla data del luglio 2007 erano già 760.000;
tale platea dei processandi, considerando un costo di 650 euro ciascuno per il gratuito patrocinio, porterebbe il Paese, per lo svolgimento di tali processi, ad esser gravato da un costo di 400 milioni di euro, oltre i costi per il funzionamento dei giudici di pace conseguente all'enorme mole di lavoro aggiuntiva;
detta normativa prevede che il giudice di pace possa comminare un'ammenda da 5.000 a 10.000 euro, cifra impensabile da pagare per colui che fa ingresso illegalmente in Italia, sanzione quindi chiaramente inapplicabile;
dal rapporto della Commissione europea sull'efficienza della giustizia (Cepej) del Consiglio d'Europa, sulla presenza di giudici in Italia emerge che negli uffici giudiziari è presente un numero di giudici di pace e di pubblici ministeri non commisurato al carico di lavoro che grava sui tribunali civili e penali, che sarà ancor più inadeguato in conseguenza dell'applicazione della normativa in esame;
pur riconoscendo il diritto sovrano dello Stato di regolare l'ingresso e il soggiorno degli stranieri,

impegna il Governo

a valutare le ricadute dell'applicazione della normativa di cui in premessa, al fine di predisporre tutte le opportune iniziative atte a far fronte al rilevante carico di lavoro sopra ipotizzato, comprese quelle volte a garantire i mezzi materiali e l'ampliamento dell'organico degli uffici dei giudici di pace e del pubblico ministero, anche al fine di recuperare un buon livello di efficacia dell'azione della magistratura, senza la quale i cittadini perdono speranza e fiducia nella funzione del potere giudiziario e le disposizioni enunciate rimangono puro flatus voci.
9/2180/44.Palomba, Aniello Formisano.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di sicurezza pubblica;
all'articolo 1, ai commi 16 e 17 è introdotto il reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato;
per quanto riguarda la disciplina del procedimento penale per il nuovo reato, si prevede la presentazione immediata dell'imputato a giudizio innanzi al giudice di pace (con l'autorizzazione del pubblico ministero e limitatamente ai reati procedibili d'ufficio e in caso di flagranza di reato, ovvero quando la prova è evidente) e lo svolgimento del relativo giudizio;
l'introduzione del reato di soggiorno irregolare, amplia in modo sostanziale i possibili soggetti perseguibili, includendo anche quanti si trovano nel Paese già da molti anni;
lo svolgimento del giudizio a presentazione immediata fa rinvio alla disciplina dibattimentale davanti al giudice di pace, caratterizzata da particolare celerità sia nella fase testimoniale e di assunzione di ulteriori mezzi di prova che in quella di redazione del verbale d'udienza e della sentenza, rispettivamente, previsti in forma riassuntiva ed abbreviata (nella motivazione);
le ulteriori regole dibattimentali specificamente confermano la sinteticità ed immediatezza dei due riti, in materia di citazione orale della persona offesa e dei testimoni da parte dell'ufficiale giudiziario (e della polizia giudiziaria, nell'ipotesi di citazione contestuale dell'imputato) e di presentazione diretta in dibattimento di testimoni e consulenti da parte del PM, dell'imputato e della parte civile;
è prevista, inoltre, la concessione all'imputato di un termine a difesa non superiore a 7 giorni nel rito di cui all'articolo 20-bis; non superiore a 48 ore in quello di cui all'articolo 20-ter (nuovi riti introdotti al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274),

impegna il Governo

ad adottare le necessarie iniziative, affinché l'applicazione inappropriata del diritto penale a immigrati irregolari, in connessione con il diritto sull'immigrazione, non conduca a limitazioni nell'esercizio e nel godimento di diritti umani, nonché a limitazioni del diritto alla difesa, solennemente sancito dalla Costituzione.
9/2180/45.Evangelisti, Leoluca Orlando.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di sicurezza pubblica;
in particolare è ampliato - mediante una novella al comma 5 dell'articolo 14 del testo unico in materia di immigrazione - il periodo di trattenimento dello straniero nelle strutture denominate centri di identificazione ed espulsione (CIE) (già centri di permanenza temporanea ed assistenza) fino ad un massimo di 180 giorni;
la disposizione sembrerebbe finalizzata a rendere più efficaci le procedure di espulsione e respingimento attraverso il prolungamento del periodo di trattenimento degli stranieri irregolari nei CIE;
si sancisce che la detenzione amministrativa possa essere prorogata anche nel caso di mancata cooperazione al rimpatrio del cittadino del paese terzo interessato o di ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione da parte dei paesi terzi;
la norma si renderebbe necessaria, perché il tempo massimo previsto dal testo unico non è sufficiente, dal momento che alcuni Paesi di origine trasmettono con ritardo i documenti necessari all'espulsione oppure non consentono il rimpatrio di loro cittadini se non per poche unità per volta;
appare profondamente iniquo e lesivo delle libertà personali, che la durata della detenzione amministrativa sia estesa a causa dell'incapacità delle autorità dello stato ospitante di eseguire e accelerare una procedura finalizzata all'espulsione efficiente e con la dovuta diligenza;
rispetto a tale impostazione l'atteggiamento degli Stati di appartenenza finisce con incidere in maniera determinate sulla libertà personale del singolo;
diversi Stati stranieri non hanno interesse alcuno a collaborare per l'identificazione dei propri cittadini, in alcuni casi non ne hanno neanche le effettive capacità (non esiste ad esempio i molti di questi paesi un sistema di anagrafe sufficientemente sviluppato);
molti Paesi stranieri utilizzano i flussi migratori come strumento di pressione diplomatica nei confronti non solo dell'Italia ma anche di molte altre nazioni europee,

impegna il Governo

a farsi promotore, nelle sedi opportune, di una fattiva collaborazione tra i diversi Stati stranieri, affinché sia rafforzata la cooperazione internazionale di polizia anche mediante l'istituzione o il consolidamento di indispensabili nuclei centrali specializzati che diano il necessario aiuto alle forze territoriali.
9/2180/46.Paladini, Zazzera.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di sicurezza pubblica;
si prevede che il sindaco, previa intesa con il prefetto, possa avvalersi del concorso di associazioni volontarie di cittadini non armati nel presidio del territorio - da iscrivere in un apposito elenco - con la finalità di segnalare alle forze di polizia situazioni di disagio sociale o eventi turbativi della sicurezza urbana;
tale norma potrebbe comportare una serie di conseguenze assolutamente negative, in quanto, mescolando istituzioni, organi di governo e milizie private in una assai preoccupante confusione di ruoli, si rischia infatti di fare dell'ordine pubblico mobilitato attraverso le «ronde» il terreno prevalente della politica;
le conseguenze prodotte potrebbero quindi essere destinate a mettere in discussione proprio quella sicurezza che si vorrebbe tutelare, dal momento che non sempre sarà possibile controllare l'operato dei «volontari», fortunatamente non armati, così come la reazione dei potenziali sorvegliati,

impegna il Governo

a mettere in campo una vera politica di sostegno al sistema sicurezza, e, quindi, di sostegno alle Forze dell'ordine, attraverso un massiccio potenziamento sotto il profilo delle risorse umane, strumentali ed economiche.
9/2180/47.Barbato, Rota.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di sicurezza pubblica;
si dispone che il sindaco, previa intesa con il prefetto, possa avvalersi del concorso di associazioni volontarie di cittadini non armati nel presidio del territorio - da iscrivere in un apposito elenco - con la finalità di segnalare alle forze di polizia situazioni di disagio sociale o eventi turbativi della sicurezza urbana;
la cosidetta «questione sicurezza» è stato uno dei principali motivi di confronto dell'ultima campagna elettorale;
al di là di approcci di carattere propagandistico è evidente come nel nostro Paese esista effettivamente una richiesta ed un'esigenza legittima da parte della collettività, e cioè che siano difesi e garantiti livelli adeguati di sicurezza pubblica;
il Governo è intervenuto con provvedimenti specifici in alcuni casi particolarmente pubblicizzati proprio sulla questione sicurezza, e sono state prese iniziative che hanno suscitato non poche perplessità, anche a livello europeo;
resta fondamentale garantire il potere dissuasivo della legge, mantenere la certezza comune secondo cui chi infrange la legge è destinato ad assumersene le responsabilità, per questo è fondamentale investire su quei comparti che garantiscono quotidianamente con il loro lavoro la sicurezza dei nostri concittadini, è necessario investire su quelle professionalità che a rischio spesso della propria incolumità e della propria vita si impegnano a garantire la sicurezza delle nostre città e dei nostri paesi, verso questi uomini e donne abbiamo tutti un debito di riconoscenza morale;
la polizia di stato, l'arma dei carabinieri, la guardia di finanza, e con loro tutte le forze dell'ordine, sono corpi formati da uomini e donne capaci, impegnati tutti i giorni sul territorio; a loro dobbiamo rispetto, non è accettabile mortificarli, non si può ricorrere a continui richiami retorici, servono interventi seri che dimostrino concretamente l'impegno ed il sostegno delle istituzioni nei loro confronti, servono investimenti concreti non il richiamo all'istituzione di fondi generici;
le misure economiche finora adottate dal Governo nei confronti delle forze dell'ordine e della sicurezza pubblica comportano tagli per i prossimi tre anni per quasi tre miliardi di euro, prevedendo al contempo l'istituzione di fondi di carattere troppo generico;
da una parte si varano provvedimenti specifici sulla sicurezza, dall'altra contemporaneamente si tagliano i fondi alle forze dell'ordine;
i tagli previsti porteranno alla diminuzione di 40 mila unità nell'organico complessivo di forze dell'ordine e difesa; ci saranno problemi immediati per la manutenzione dei mezzi per l'acquisto della benzina, nonché per l'acquisto delle divise ed anche dei giubbotti antiproiettile,

impegna il Governo

ad intervenire in tempi rapidi, per delineare interventi concreti ed efficaci a sostegno delle forze dell'ordine delineando un piano organico di misure volte al potenziamento di uomini e strutture, indicando in maniera chiara le risorse economiche da mettere a disposizione delle forze dell'ordine.
9/2180/48.Scilipoti, Palagiano.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di sicurezza pubblica;
la disposizione normativa introduce l'obbligo per il cittadino straniero di esibire il permesso di soggiorno in sede di richiesta di provvedimenti riguardanti gli atti di stato civile, tra i quali sono inclusi anche gli atti di nascita;
l'ufficiale dello stato civile non potrà dunque ricevere la dichiarazione di nascita né di riconoscimento del figlio naturale da parte di genitori stranieri privi di permesso di soggiorno;
la disposizione normativa che impedisce la registrazione della nascita si configura come una misura che nega alla radice uno dei diritti principali della persona, oltre a scoraggiare una protezione del minore e della maternità;
i minori che non saranno registrati alla nascita resteranno privi di qualsiasi documento e totalmente sconosciuti alle istituzioni: bambini invisibili, senza identità e dunque esposti ad ogni violazione di quei diritti fondamentali che ai sensi della convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza devono essere riconosciuti ad ogni minore, senza alcuna discriminazione;
l'articolo 24, comma 2, del Patto internazionale sui diritti civili e politici, firmato a New York il 16 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n. 881, espressamente prevede che ogni bambino deve essere registrato immediatamente dopo la nascita ed avere un nome,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative, anche di carattere normativo, volte a chiarire, eventualmente con disposizioni di interpretazione autentica, la materia, specificando meglio la portata della legge anagrafica adeguandola alle disposizioni di cui in premessa allo scopo di tutelare il diritto fondamentale di ogni minore a crescere nella propria famiglia.
9/2180/49.Di Giuseppe, Mura.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene disposizioni in materia di sicurezza pubblica;
si prevede che l'iscrizione e la richiesta di variazione anagrafica sono subordinate alla verifica, da parte dei competenti uffici comunali, delle condizioni igienico sanitarie dell'immobile in cui il richiedente intende fissare la propria residenza, ai sensi delle vigenti norme sanitarie;
la disposizione coinvolge una platea molto ampia di soggetti;
dalle fonti ISTAT, sul solo capitolo del sovraffollamento dell'alloggio, si rileva che più di due milioni di famiglie si trovano ad occupare un alloggio che, per motivi storici, culturali o architettonici, non dispone degli standard di futura previsione normativa;
la conoscenza della realtà e delle prassi amministrative suggerisce che la norma graverà prevalentemente su famiglie e soggetti, non solo stranieri, che appartengono agli strati più deboli della popolazione e che non possono permettersi i costosi adeguamenti dell'immobile ove abitano;
la possibile perdita della residenza tuttavia, potrebbe avere, per le ragioni addotte in precedenza, conseguenze drammatiche sull'accelerazione dei processi di impoverimento e di espulsione dal tessuto sociale delle persone più deboli;
la pubblica amministrazione non appare adeguatamente dotata di risorse umane ed economiche per far fronte all'attività ispettiva che tale norma comporterebbe,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare la legge 24 dicembre 1954, n. 1228, in materia anagrafica, per adeguarne gli effetti nel senso di una maggiore solidarietà sociale al mutato contesto demografico ed economico sociale del Paese.
9/2180/50.Pisicchio, Di Stanislao.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene numerose disposizioni in materia di sicurezza pubblica;
in particolare si vincolano una serie di atti amministrativi, rendendo obbligatoria l'esibizione del permesso di soggiorno per ottenere il rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri fondamentali atti amministrativi necessari e presupposto ineludibile per il processo di integrazione dello straniero;
in primo luogo appare dubbia la correttezza logica, rispetto al fine dichiarato, di tale disposizione che ottiene il risultato di creare e produrre clandestinità, in secondo luogo si evidenzia, nel dispositivo proposto, la mancanza di rispetto nei confronti dei più elementari diritti dell'essere umano;
si vincolano, inoltre, al possesso del permesso di soggiorno anche tutti gli adempimenti previsti in caso di morte e, dunque, si impedisce una sepoltura dignitosa ad un essere umano, in contrasto con quel principio di pietas che contraddistingue lo sviluppo delle società civili;
la disposizione rischia di creare interi cimiteri clandestini e di estendere paradossalmente in maniera grottesca lo status di clandestinità oltre i confini della vita terrena,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a chiarire il senso delle norme contenute nel provvedimento in esame, nel senso di permettere, nel pieno rispetto delle dignità umana, agli stranieri, anche privi del permesso di soggiorno, il pieno diritto ad una sepoltura dignitosa.
9/2180/51.Borghesi.

La Camera,
premesso che:
la provincia di Brescia è composta da 206 Comuni con, una popolazione superiore a 1.200.000 abitanti con una presenza di immigrati regolari e clandestini di gran lunga maggiore alla media lombarda;
potendo contare in media su un agente di polizia di Stato ogni 535 abitanti Brescia è al penultimo posto della classifica italiana per rapporto abitanti/operatori di Polizia;
nel biennio 2005-2006, Brescia ha registrato un incremento di tutti i reati comuni, in particolare di omicidi e furti in appartamento;
la provincia di Brescia ha il triste primato per incidenti stradali;
la Questura di Brescia ha ottenuto nuovi posti in organico in regime di aggregazione ben al dì sotto di quanto previsto dall'articolo 7 del decreto ministeriale del 16 marzo 1989 per i reparti di Polizia della provincia di Brescia; l'ufficio immigrazione di Brescia negli ultimi anni ha subito un carico di lavoro crescente malgrado il tentativo di ripartizione del lavoro tra Comune e Questura; sofferenze di organico vengono lamentate anche dagli Uffici che si occupano di Polizia giudiziaria e di prevenzione di reati come la squadra mobile, la Digos e la Squadra volante e così pure la Polizia scientifica che da qualche tempo denuncia scarsezza dì personale e carichi di lavoro arretrato; la Polstrada risulta sotto organico, come anche la Polizia ferroviaria, quella Postale e delle Telecomunicazioni;
il 28 luglio 2008 il Ministro degli Interni ha siglato col sindaco di Brescia il patto per Brescia città Sicura al fine di incrementare le attività del Poliziotto, del Carabiniere di quartiere e del Vigile dì quartiere negli interventi tesi ad elevare i livelli di sicurezza e vivibilità urbana, con lo studio di nuove proposte per migliorare ulteriormente gli effetti di prevenzione nel presidio capillare dei territorio;
il diritto alla sicurezza ed alla qualità della vita urbana costituisce una priorità che richiede, a fronte di problematiche complesse, l'azione congiunta e sinergica di più livelli di Governo;
appare necessario prevenire e contrastare il senso di insicurezza dei cittadini bresciani, suscettibile di incidere in prospettiva sulle abitudini di vita e sulla vivibilità della città;
la città di Brescia, complesso urbano attrattivo per il benessere offerto, è polo dì attrazione per numerosi cittadini extracomunitari irregolari e nomadi, che si sono stabilmente insediati, anche abusivamente, nel territorio;
la sensazione di insicurezza risulta accresciuta dal radicamento di alcuni fenomeni sintomatici di un diffuso disagio sociale, come il consumo, lo spaccio di droga e la prostituzione di strada, anche minorile;
le fasce «deboli» - quali anziani, donne e minori - risultano essere quelle che maggiormente possono percepire un crescente senso dì insicurezza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità dì adottare idonei provvedimenti al fine di incrementare le unità operative di Pubblica sicurezza operanti nella provincia di Brescia, affinché possano svolgere con maggiore incisività e produttività un adeguato controllo sul territorio.
9/2180/52.Caparini, Volpi, Fava.

La Camera,
premesso che:
la Corte costituzionale sin dalle sentenze n. 120 del 1967 e n. 104 del 1969 ha affermato che, pur essendo vero che l'articolo 3 della Costituzione italiana si riferisce espressamente ai soli cittadini, è anche certo che il principio di eguaglianza vale pure per lo straniero quando trattisi di rispettare i diritti fondamentali e inviolabili della persona umana;
la Corte costituzionale nella sentenza n. 252 del 2001 - richiamando altresì le sentenze n. 267 del 1998, n. 309 del 1999 e n. 509 del 2000 - ha chiarito che in ambito sanitario esiste un nucleo irriducibile di tutela della salute quale diritto fondamentale della persona che deve essere riconosciuto anche agli stranieri, qualunque sia la loro posizione rispetto alle norme che regolano l'ingresso ed il soggiorno nello Stato;
la Corte costituzionale nella sentenza n. 432 del 2005 ha esteso questo nucleo irriducibile di diritti anche all'ambito dell'assistenza sociale, dichiarando incostituzionale una legge della regione Lombardia nella parte in cui non include i cittadini stranieri residenti nella regione Lombardia tra gli aventi il diritto alla circolazione gratuita sui servizi di trasporto pubblico di linea riconosciuto alle persone totalmente invalide per cause civili;
la Corte costituzionale nella sentenza n. 306 del 2008 ha stabilito altresì che sia manifestamente irragionevole subordinare l'attribuzione di una prestazione assistenziale quale l'indennità di accompagnamento al possesso di un titolo di legittimazione alla permanenza del soggiorno in Italia che richiede per il suo rilascio, tra l'altro, la titolarità di un reddito e che siffatta irragionevolezza incida sul diritto alla salute;
la giurisprudenza della Corte Costituzionale ivi richiamata è pertanto definibile come estensiva dei diritti fondamentali nei confronti dei cittadini stranieri avendo essa ripetutamente sostenuto che il principio costituzionale di uguaglianza non tollera discriminazioni fra la posizione del cittadino e quella dello straniero;
l'articolo 6, comma 2 del decreto legislativo n. 286 del 1998, recante il Testo Unico sull'immigrazione, attualmente in vigore, stabilisce, senza dare adito a dubbi interpretativi, che, fatta eccezione per i provvedimenti riguardanti attività sportive e ricreative a carattere temporaneo e per quelli inerenti agli atti di stato civile o all'accesso a pubblici servizi, i cittadini stranieri debbano esibire la carta o il permesso di soggiorno agli uffici della pubblica amministrazione ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di loro interesse;
l'articolo 1, comma 22, lettera f), del disegno di legge in esame, così come modificato dall'emendamento governativo n. 1.1000, prevede una modifica al suddetto articolo 6, comma 2 del decreto legislativo n. 286 del 1998, limitando le eccezioni all'obbligo di esibizione della carta e del permesso di soggiorno e disponendo che il cittadino straniero non sia tenuto a mostrare il permesso di soggiorno solo nei casi inerenti all'accesso alle prestazioni sanitarie di cui all'articolo 35 del decreto legislativo n. 286 del 1998 - ovvero quelle prestate a cittadini stranieri non iscritti al Sistema sanitario nazionale - e a quelli attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie;
la nuova formulazione dell'articolo 6, comma 2 del decreto legislativo n. 286 del 1998 che verrebbe introdotta dall'articolo 1, comma 22, lettera f) del provvedimento in esame introdurrebbe un certo grado di equivocità e ambiguità nel Testo unico sull'immigrazione in quanto non chiarirebbe le tipologie di atti il cui rilascio verrebbe vincolato all'obbligo di esposizione del permesso di soggiorno;
tale disposizione avrebbe un effetto negativo sulle donne non titolari di permesso di soggiorno le quali, anche a fronte dell'introduzione del reato di immigrazione clandestina che il provvedimento in esame introduce all'articolo 1, comma 16, lettera a) capoverso «10-bis», avrebbero timore a recarsi per il parto presso le strutture pubbliche con conseguenze facilmente immaginabili per la loro salute e quella dei nascituri;
è ragionevole supporre che la disposizione in esame, ambiguamente formulata, potrebbe implicare come conseguenza l'impedimento della registrazione della nascita dei bambini e comunque il loro riconoscimento da parte di genitori non in possesso di carta o permesso di soggiorno;
tale disposizione potrebbe implicare la limitazione del diritto del minore di essere registrato senza alcuna discriminazione - e dunque indipendentemente dalla nazionalità e dalla regolarità del soggiorno del genitore - immediatamente al momento della sua nascita, il diritto ad avere un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi, nonché il diritto a preservare la propria identità, ivi compresa la sua nazionalità, il suo nome e le sue relazioni familiari così come previsto dagli articoli 7 e 8 della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza del 20 novembre 1989;
è ragionevole supporre che la concessione temporanea di un permesso di soggiorno per cure mediche di cui la donna in gravidanza potrebbe usufruire non elimina le forti criticità della disposizione in esame dal momento che l'ottenimento del permesso di soggiorno è comunque vincolato al possesso e all'esibizione del passaporto e la sua natura temporanea avrebbe comunque l'effetto, allo scadere dei tempi attestati dal certificato sanitario, di allontanare la madre dal figlio;
al marito della donna rimarrebbe comunque preclusa la possibilità di riconoscere il proprio bambino e questo evidentemente comporta una lesione del diritto di uno dei genitori di riconoscere i propri figli e dei minori di essere a loro volta riconosciuti e tutelati da entrambi i genitori;
la norma in esame, in combinato disposto con l'impossibilità per gli immigrati di contrarre matrimoni senza il permesso di soggiorno, implicherebbe l'impossibilità per il padre naturale di riconoscere il proprio figlio, anche in questo caso ledendo i diritti del genitore e del minore;
per le suddette ragioni la disposizione in esame si pone in netta controtendenza rispetto alla costante giurisprudenza della Corte costituzionale sopra citata, comportando una evidente riduzione del godimento di diritti fondamentali da parte dei cittadini stranieri,

impegna il Governo:

ad adottare, in sede applicativa, un'interpretazione della disposizione citata in premessa conforme ai principi della giurisprudenza costituzionale tendenti a riconoscere anche agli stranieri i diritti fondamentali della persona;
ad indicare con chiarezza e in conseguenza della suddetta impostazione giurisprudenziale, quali siano nominativamente gli atti per cui sussiste l'obbligo di esibizione del permesso di soggiorno e quali gli atti per cui tale obbligo non sussiste;
a garantire che, nonostante l'equivoca formulazione della disposizione in esame, non sia in ogni caso pregiudicata la tutela dei diritti dei minori e delle madri.
9/2180/53.Zaccaria.

La Camera,
in sede di esame dell'A.C. 2180-A, recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica,

impegna il Governo

a rivedere le regole del patto di stabilità interno in modo da escludere le spese effettuate dai comuni per l'assunzione dei vigili urbani da quelle rilevanti ai fini dell'applicazione del patto stesso, in modo da garantire un maggiore controllo del territorio.
9/2180/54.Andrea Orlando.

La Camera,
premesso che:
al termine della XV legislatura la Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari aveva approvato, all'unanimità, una relazione che si concludeva con una serie di proposte di modifica, tendenti a garantire un vero riconoscimento, da parte dello Stato, del grande contributo che i testimoni di giustizia hanno dato e che continuano a dare alla lotta alla criminalità organizzata;
in questi giorni, invece, si ha notizia di testimoni di cui è stata rilevata l'identità (non sappiamo se per incapacità o altro), la località in cui vivono sotto protezione, di testimoni cui è stata tolta la scorta e di altri che vedono la loro vicenda resa pubblica negli atti dei processi. Tutto ciò non fa altro che aumentare la sfiducia nei confronti dello Stato e della lotta alle mafie e rende, ai loro occhi, la scelta di svolgere appieno il loro dovere di cittadini un errore;
in nessuno dei provvedimenti sulla sicurezza il Governo ha ritenuto di dover inserire una sola norma che riguardasse il miglioramento delle leggi attuali. Anche una proposta semplice come l'assunzione dei testimoni che ne fanno richiesta alle pubbliche amministrazioni ha trovato la totale chiusura da parte del Governo e della maggioranza; sarebbe importante varare misure per favorire il ruolo importante dei testimoni di giustizia,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte a recepire le proposte contenute nella relazione sui testimoni di giustizia approvate dalla Commissione parlamentare antimafia nella XV legislatura.
9/2180/55.Laganà Fortugno.

La Camera,
premesso che:
le norme incriminatrici del riciclaggio (articolo 648-bis del codice penale) e dell'impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (articolo 648-ter del codice penale) escludono, tra i soggetti attivi di entrambi i delitti in questione, il concorrente nei reati presupposti, non consentendo quindi l'incriminazione del cosiddetto «autoriciclaggio» o «autoreimpiego»;
tale esclusione suscita perplessità a livello istituzionale, sia nel contesto internazionale (essendo stata censurata espressamente dal Fondo monetario internazionale nel «Detailed Assessment Report on Anti-Money Laundering and Combating the Financing of Terrorism»), sia in quello interno: il Governatore della Banca d'Italia, durante l'audizione presso il Senato della Repubblica, il 15 luglio 2008, ha auspicato una riforma della disciplina tesa a perseguire per tali delitti anche l'autore del reato presupposto (cosiddetto «autoriciclaggio»);
il procuratore nazionale antimafia, audito presso la I e II Commissione della Camera, ha sostenuto la necessità di introdurre già nell'AC 2180 le necessarie modifiche normative per punire l'autoriciclaggio ma il Governo non ha voluto rispondere positivamente alle richieste del Procuratore e dei gruppi di opposizione preferendo la strada dell'autonomo disegno di legge (AS 733-bis),

impegna il Governo

a favorire la rapida approvazione in Parlamento del disegno di legge che elimina, nelle fattispecie criminose di cui agli articoli 648-bis e 648-ter, la clausola di esclusione concernente gli autori (eventualmente a titolo di concorso) nel delitto presupposto.
9/2180/56.Marchi.

La Camera,
premesso che:
le norme incriminatrici del riciclaggio (articolo 648-bis del codice penale) e dell'impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (articolo 648-ter del codice penale) escludono, tra i soggetti attivi di entrambi i delitti in questione, il concorrente nei reati presupposti, non consentendo quindi l'incriminazione del cosiddetto «autoriciclaggio» o «autoreimpiego»;
tale esclusione suscita perplessità a livello istituzionale, sia nel contesto internazionale (essendo stata censurata espressamente dal Fondo monetario internazionale nel «Detailed Assessment Report on Anti-Money Laundering and Combating the Financing of Terrorism»), sia in quello interno: il Governatore della Banca d'Italia, durante l'audizione presso il Senato della Repubblica, il 15 luglio 2008, ha auspicato una riforma della disciplina tesa a perseguire per tali delitti anche l'autore del reato presupposto (cosiddetto «autoriciclaggio»);
il procuratore nazionale antimafia, audito presso la I e II Commissione della Camera, ha sostenuto la necessità di introdurre già nell'AC 2180 le necessarie modifiche normative per punire l'autoriciclaggio,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative normative volte ad eliminare, nelle fattispecie criminose di cui agli articoli 648-bis e 648-ter, la clausola di esclusione concernente gli autori (eventualmente a titolo di concorso) nel delitto presupposto.
9/2180/56.(Nuova formulazione) Marchi.

La Camera,
premesso che:
è necessario e urgente poter disporre di nuovi agenti delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare;
il ricorso ad eventuali procedure concorsuali, che sono comunque riservate per legge ai volontari delle Forze armate, comporta tempi più lunghi,

impegna il Governo

al fine di garantire la massima tempestività nelle immissioni in ruolo, a trarre il contingente dei reclutandi nelle carriere iniziali delle Forze di polizia, ricorrendo prioritariamente ai volontari delle Forze Armate già risultati idonei o non vincitori per mancanza di posti, a prestare servizio nei corpi di polizia ad ordinamento civile e militare.
9/2180/57.Villecco Calipari, Minniti.

La Camera,
premesso che:
sempre più spesso si ha notizia di raduni musicali, i cosiddetti «rave party», organizzati senza alcuna autorizzazione, in luoghi non appositamente predisposti, e che sovente si svolgono in condizioni igienico-sanitarie precarie o carenti, senza alcuna garanzia di sicurezza per i partecipanti e che comportano pesanti disagi per la popolazione residente nei pressi dei luoghi ove tali raduni hanno luogo;
nel nostro Paese mancano specifiche disposizioni normative tendenti a regolamentare un fenomeno che sta assumendo dimensioni sempre più vaste e che dovrebbe, quindi, essere sottoposto a doverose e logiche misure limitative;
nei maggiori paesi europei i «rave party» sono soggetti a una precisa e dettagliata regolamentazione, la quale impedisce a questi raduni di danneggiare la sicurezza dei partecipanti, della cittadinanza residente e del territorio;
anche in Italia si avverte ormai la necessità di intervenire a livello normativo attraverso delle disposizioni che obblighino gli organizzatori ad adempiere ad alcune precise condizioni riguardanti: l'autorizzazione dell'ente competente o del proprietario a occupare il terreno; l'indicazione del numero dei partecipanti e dei mezzi destinati a garantire l'ordine pubblico, la sicurezza e l'incolumità dei partecipanti; la predisposizione dell'elenco di quanti prestano la loro opera lavorativa nello svolgimento della manifestazione e la presentazione delle dichiarazioni di rispetto e conformità alla legislazione vigente in materia di inquinamento acustico, di igiene pubblica e di rispetto ambientale,

impegna il Governo

a valutare, nell'ambito delle sue proprie prerogative, il modo migliore per garantire la sicurezza dei cittadini rispetto ad un fenomeno che non può più essere appaltato alla pura casualità e all'improvvisazione organizzativa e logistica, assicurando la predisposizione di tutte le misure necessarie al corretto svolgimento di tali manifestazioni.
9/2180/58.Lovelli.

La Camera,
premesso che:
nell'ambito dell'esame del disegno di legge dal titolo «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica», il comma 22 dell'emendamento del Governo 1.1000 reca numerose modifiche al testo unico in materia di immigrazione, con l'obiettivo di rendere maggiormente restrittive le condizioni per l'ingresso degli stranieri;
in realtà nel Paese sono presenti migliaia di cittadini stranieri che svolgono un'attività lavorativa remunerata e, nei fatti, soddisfano tutte le garanzie, sia dal punto di vista della disponibilità di mezzi di sostentamento che della idonea sistemazione alloggiativa, per poter richiedere il permesso di soggiorno e poter regolarizzare la propria presenza;
la normativa vigente, inoltre, non prevede la possibilità per il cittadino straniero di richiedere un permesso di ingresso per motivi di inserimento o di ricerca nel mercato del lavoro che possa essere rilasciato, su richiesta, al lavoratore straniero che soddisfi le condizioni per il soggiorno in Italia e che mostri la disponibilità effettiva in Italia, per l'intera durata del periodo di soggiorno, di idonea sistemazione alloggiativa o mezzi sufficienti per provvedervi, mezzi sufficienti a coprire le spese di rimpatrio, mezzi di sostentamento in misura non inferiore, per ciascun mese, all'importo mensile dell'assegno sociale, una somma necessaria al pagamento del contributo previsto per l'iscrizione al Servizio sanitario nazionale ovvero una polizza assicurativa per le cure mediche urgenti o comunque essenziali anche a carattere continuativo valida per il territorio nazionale;
il permesso di soggiorno citato potrebbe essere rilasciato per la durata pari al periodo per il quale è stata dimostrata la disponibilità dei requisiti e comunque per un periodo non inferiore ad un anno;
ai requisiti sopra descritti può concorrere o sostituirsi la garanzia o la prestazione stessa da parte di cittadino italiano o di cittadino straniero titolare di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo ovvero di carta di soggiorno per familiare di cittadino comunitario, ovvero di enti locali, regioni, province autonome o associazioni, sindacati e patronati;
nel caso in cui lo straniero non risulti svolgere attività lavorativa alla scadenza del termine e all'uscita dall'Italia, sarebbe tenuto a riconsegnare il permesso di soggiorno alle autorità competenti, pena la segnalazione al sistema d'informazione Schengen previsto dall'accordo di Schengen del 14 giugno 1985, reso esecutivo dalla legge 30 settembre 1993, n. 388;
il titolare di permesso di soggiorno per motivi di inserimento o di ricerca nel mercato del lavoro deve avere la facoltà di svolgere ogni attività. Ai fini retributivi e contributivi si applicano, in caso di prestazioni occasionali, le disposizioni sulle prestazioni occasionali di lavoro accessorio, di cui all'articolo 72 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni;
il permesso di soggiorno per motivi di inserimento o di ricerca nel mercato del lavoro dovrebbe essere convertito su richiesta, in presenza dei requisiti previsti dalla normativa vigente qualunque sia la durata per la quale è stato rilasciato, in un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o autonomo o di lavoro stagionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito di un complessivo riordino della normativa in materia, la possibilità per i lavoratori stranieri di poter usufruire di un permesso di soggiorno denominato permesso di ingresso per motivi di inserimento o di ricerca nel mercato del lavoro, al fine di consentire ai cittadini stranieri, aventi i requisiti precisati in premessa, sia per quanto riguarda i mezzi di sostentamento che l'idonea sistemazione alloggiativa, di potersi dedicare alla ricerca di un'occupazione altrimenti difficile dall'estero senza che l'eventuale datore di lavoro possa avere conoscenza diretta del cittadino straniero in questione.
9/2180/59.Bobba, Damiano, Bellanova, Berretta, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Letta, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, comma 22, lettera f), del disegno di legge in esame, modificando l'articolo 6 del testo unico sull'immigrazione, impedisce di compiere atti dello stato civile e di accedere ai servizi pubblici agli stranieri che non siano in possesso del titolo di soggiorno. La norma, che tra le sue conseguenze impedisce la registrazione della nascita, si configura come una misura che ostacola la protezione del minore e della maternità. Peraltro la possibilità della donna in gravidanza di ottenere un permesso per cure mediche per il tempo attestato dal certificato sanitario non riconosce espressamente il diritto al riconoscimento e si presta a dubbi interpretativi. In ogni caso, per poter ottenere il permesso, la madre dovrebbe autodenunziarsi al questore del reato di ingresso illegale nello Stato, introdotto dall'articolo 1, comma 16, del disegno di legge in esame. Inoltre, verrebbe poi privato del diritto al riconoscimento del figlio il padre naturale. Ciò nonostante la Corte Costituzionale, con sentenza n. 376 del 2000, abbia dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 17, comma 2, lettera d), della legge 6 marzo 1998, n. 40 (Disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), ora sostituito dall'articolo 19, comma 2, lettera d), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (recante testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), nella parte in cui non estende il divieto di espulsione al marito convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio;
una simile norma comporta una palese violazione del dovere per la Repubblica di proteggere la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo (articolo 31, secondo comma, Cost.) e sfavorisce il diritto-dovere costituzionale dei genitori di mantenere i figli (articolo 30, primo comma, Cost.);
la stessa legge «Bossi-Fini» obbliga la Repubblica italiana a garantire allo straniero i diritti fondamentali della persona ed il rispetto delle Convenzioni internazionali;
la norma è invece in contrasto con la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza del 20 novembre 1989 che riconosce a ogni minore, senza alcuna discriminazione (dunque indipendentemente dalla nazionalità e dalla regolarità del soggiorno del genitore), il diritto di essere «registrato immediatamente al momento della sua nascita», il diritto «ad un nome, ad acquisire una cittadinanza ed a crescere nella sua famiglia e a non essere allontanato da essa, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi», nonché il diritto «a preservare la propria identità, ivi compresa la sua nazionalità, il suo nome e le sue relazioni famigliari»;
il rischio di questa grave violazione dei diritti della persona e del minore è stata evidenziata durante le audizioni da molte associazioni e da documenti dell'associazione nazionale dei magistrati minorili e della famiglia, dall'associazione studi giuridici sull'immigrazione, da «Save the children» e da moltissime associazioni cattoliche come le Acli e la Comunità di S. Egidio, eccetera;
la norma è altresì in contrasto con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo che garantisce il diritto a formare una famiglia come diritto inviolabile di ogni persona;
tale norma non trova corrispondenza in nessuna politica di altri Paesi europei impegnati nella gestione dei flussi migratori, come ad esempio Germania, Francia, Inghilterra e Spagna;
le conseguenze di tale modifica normativa potrebbero essere gravissime: i bambini non registrati alla nascita resterebbero senza identità, completamente invisibili; vi è inoltre il forte rischio che i bambini nati in ospedale non vengano dichiarati dai genitori privi di permesso di soggiorno e siano dichiarati in stato d'abbandono e così avviati alle procedure di adottabilità; per evitare questo rischio è probabile che molte donne in condizione irregolare decidano di non partorire in ospedale, con serissimi rischi per la salute della madre e del bambino, consegnando i bambini ed i loro genitori alla clandestinità, con conseguente rafforzamento delle organizzazione criminali,

impegna il Governo

ad attivarsi affinché la norma di cui all'articolo 1, comma 22, lettera f), sia interpretata nel senso indicato dal sottosegretario Mantovano il 28 aprile nel corso della seduta congiunta delle Commissioni I e II in sede referente, cioè che la «disposizione in esame ha unicamente lo scopo di evitare che gli stranieri privi del permesso di soggiorno possano ottenere licenze commerciali e atti similari, mentre tutte le altre ipotesi prospettate dall'opposizione sono al di fuori della norma.», a tal fine adottando circolari interpretative da diramare a tutti gli uffici di stato civile in cui si esonera dall'esibizione del permesso di soggiorno per tutti gli atti relativi all'iscrizione della nascita e per la dichiarazione di riconoscimento del figlio, in attuazione dei principi di cui agli articoli 2, 3, 30 e 31 della Costituzione.
9/2180/60.Capano, Zampa, De Biasi, Ferranti, Rossomando, Codurelli, Lenzi, Schirru, Concia.

La Camera,
in sede di esame del disegno di legge n. 2180, recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica,

impegna il Governo:

a destinare le somme di denaro, con i relativi interessi, nonché le somme ed i proventi derivanti da titoli al portatore, da titoli emessi o garantiti dallo Stato anche se non al portatore, da valori di bollo, da libretti di deposito, polizze assicurative e da ogni altra attività finanziaria a contenuto monetario o patrimoniale, acquisiti dall'Erario dello Stato a seguito di sequestro nell'ambito del procedimento per applicazione di misure di prevenzione e/o confisca con provvedimento irrevocabile nei procedimenti penali e amministrativi aventi ad oggetto i reati di mafia, usura e per reati di estorsione ed affluite al Fondo unico Giustizia per metà al Ministero dell'interno per la tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico e per metà al Ministero della giustizia per assicurare il funzionamento e il potenziamento degli uffici giudiziari e degli altri servizi istituzionali;
a prevedere che i fondi siano destinati in un'ottica risarcitoria delle comunità locali e di potenziamento delle risorse destinate alla lotta contro la criminalità organizzata e quindi con un criterio di ridistribuzione su base regionale e proporzionale ai valori ivi sequestrati o confiscati;
a destinare tutti i proventi derivanti dai beni mobili e dalle somme di denaro sequestrati o confiscati, garantendo interventi di solidarietà in favore di vittime di reati di tipo mafioso e di usure e per le vittime di richieste estorsive e per il miglioramento delle condizioni di vita dei territori in cui opera la criminalità organizzata;
a destinare tali somme per l'alimentazione del Fondo di solidarietà per le vittime di richieste estorsive ed usuraie e del Fondo di rotazione per la solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso;
ad istituire un fondo di rotazione destinato ad assicurare copertura finanziaria agli enti territoriali assegnatari per gli interventi di realizzazione o la manutenzione di strutture pubbliche, puntando al risanamento dei quartieri urbani degradati per la prevenzione e il recupero di condizioni di disagio e di emarginazione.
9/2180/61.Antonino Russo.

La Camera,
premesso che:
l'emendamento 2.1000, comma 23, interviene sull'articolo 4 della legge n. 512 del 1999, istitutiva del fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime della mafia, per escludere gli enti dalle categorie di soggetti che possono ottenere indennizzi dal fondo;
per tali soggetti sarà possibile soltanto ottenere, a carico del fondo, un rimborso delle spese processuali;
questa norma rischia di danneggiare i piccoli comuni ad alta densità mafiosa che costituendosi parte civile offrono una testimonianza di coraggio e di rottura di qualsiasi connivenza tra pubblica amministrazione. e criminalità organizzata, diventando punto di riferimento concreto di tanti cittadini spaventati,

impegna il Governo

ad attivarsi affinché sia offerto un sostegno concreto ai Comuni che si costituiscono parte civile nei processi di mafia.
9/2180/62.Samperi, Ferranti, Amici.

La Camera,
premesso che:
le politiche dell'immigrazione del Governo, con particolare riferimento all'impatto dirompente che deriverà dall'approvazione del disegno di legge in esame, sono sempre più incentrate sull'ordine pubblico inteso solo e unicamente in termini di mera repressione, esclusione ed espulsione dei migranti, senza prendere in considerazione il fatto che le politiche dell'immigrazione per essere davvero efficaci, devono anche necessariamente comprendere le politiche di integrazione, solidarietà, e accoglienza verso il più bisognoso, avuto particolare riguardo a chi arriva in fuga da paesi devastati da guerre e carestie;
la nostra Costituzione prevede uno statuto fondamentale della persona umana, senza distinzioni di religione, sesso, razza e cittadinanza, che tocca la tutela della salute, il diritto all'istruzione, il diritto-dovere di mantenere i figli, il dovere per la Repubblica di proteggere la maternità, l'infanzia e la gioventù, valori inerenti la persona umana che prescindono dalla distinzione tra cittadino e immigrato;
la limitazione al diritto a contrarre matrimonio, alla protezione dei minori e della maternità, così come la limitazione della residenza, a cui segue l'impossibilità di godere di numerosi diritti civili, nonché l'introduzione del reato di immigrazione clandestina, che prevede una sanzione penale per quello che si è e non per quello che si fa, sono evidenti e reiterate violazioni del principio di uguaglianza della nostra Carta costituzionale che vieta qualsiasi discriminazione basata su razza, lingua e religione e impegna la Repubblica rimuovere tutti gli ostacoli economico-sociali che, di fatto, impediscono il pieno sviluppo della persona umana;
il provvedimento in esame contiene norme gravemente vessatorie, oltre che palesemente inefficaci rispetto alla necessità di «governare» veramente e in modo efficace il complesso fenomeno dell'immigrazione, rispetto al quale la politica della maggioranza di Governo si è rivelata totalmente fallimentare: sbarchi raddoppiati, centri di identificazione al collasso, italiani sempre più impauriti;
rendendo ogni immigrato irregolare, ovvero un fuorilegge, la situazione, ad avviso dei presentatori, potrà solo peggiorare, verranno veramente penalizzati non i delinquenti, ma i cittadini normali, saranno le badanti, i muratori, chi lavora nelle fabbriche e per qualche ragione non riuscirà a rinnovare il permesso di soggiorno, a pagarne le conseguenze;
il Governo ha pressoché azzerato nel corso della manovra finanziaria i fondi per le politiche dell'integrazione,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte a ripristinare con urgenza i fondi per l'integrazione e l'inclusione sociale.
9/2180/63.Calvisi.

La Camera,
premesso che:
le politiche dell'immigrazione del Governo, con particolare riferimento all'impatto dirompente che deriverà dall'approvazione del disegno di legge in esame, sono sempre più incentrate sull'ordine pubblico inteso solo e unicamente in termini di mera repressione, esclusione ed espulsione dei migranti, senza prendere in considerazione il fatto che le politiche dell'immigrazione per essere davvero efficaci, devono anche necessariamente comprendere le politiche di integrazione, solidarietà, e accoglienza verso il più bisognoso, avuto particolare riguardo a chi arriva in fuga da paesi devastati da guerre e carestie;
l'articolo 1, comma 25, in particolare, prevede che condizione necessaria per il rilascio del permesso di soggiorno sarà la stipula contestuale da parte del richiedente di un Accordo di integrazione, articolato per crediti, con l'impegno a sottoscrivere specifici obiettivi di integrazione da conseguire nel periodo di validità del permesso di soggiorno;
in base alla medesima disposizione la perdita integrale dei crediti determinerà automaticamente la revoca del permesso di soggiorno e l'espulsione dello straniero dal territorio dello Stato, senza che la norma medesima chiarisca, neppure orientativamente, quali sono i criteri e le modalità che possono condurre alla perdita dei suddetti crediti, e dunque alla sanzione costituita dalla revoca immediata del permesso di soggiorno e dall'espulsione, né si comprende se il mancato raggiungimento degli obiettivi di integrazione, genericamente indicati nella norma in esame, è condizione sufficiente, ed eventualmente in quale misura, a determinare la perdita di tali crediti;
tale disposizione nella sua genericità appare inserirsi nel novero di quelle norme, ad avviso dei presentatori, inutilmente vessatorie, che, senza distinguere tra immigrati regolari e irregolari, e senza minimamente risultare efficaci sotto il profilo della sicurezza, puntano sostanzialmente a rendere la vita difficile anche ai quei migranti che, ricercati per ragioni di lavoro nel nostro paese, hanno titolo per richiedere un permesso di soggiorno;
né appare sufficiente, in tal senso, il mero rinvio operato dalla norma in esame ad un futuro regolamento governativo, da adottarsi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge; trattandosi, infatti, di materia sensibile che incide su diritti fondamentali della persona, e potendo la perdita di crediti determinare l'espulsione in via immediata di uno straniero già in possesso di un permesso di soggiorno, appare, anche sotto il rispetto delle garanzie costituzionali, del tutto insufficiente il generico rinvio ad una norma di rango secondario, che non verrà neppure sottoposta, in ordine a criteri e modalità, all'esame del Parlamento,

impegna il Governo

a presentare al Parlamento, entro tre mesi dall'approvazione della presente legge, una relazione dettagliata in ordine ai criteri, requisiti e modalità che potranno determinare la perdita dei crediti, e che saranno inseriti nel futuro regolamento, e a valutare l'opportunità di non prevedere, in ogni caso, fattispecie normative ulteriori, rispetto a quelle già vigenti, in ordine alla perdita del permesso di soggiorno e all'espulsione, che possano risultare solo inutilmente vessatorie.
9/2180/64.Fontanelli.

La Camera,
premesso che:
le politiche dell'immigrazione del Governo, con particolare riferimento all'impatto dirompente che deriverà dall'approvazione del disegno di legge in esame, sono sempre più incentrate sull'ordine pubblico inteso solo e unicamente in termini di mera repressione, esclusione ed espulsione dei migranti, senza prendere in considerazione il fatto che le politiche dell'immigrazione per essere davvero efficaci, devono anche necessariamente comprendere le politiche di integrazione, solidarietà, e accoglienza verso il più bisognoso, avuto particolare riguardo a chi arriva in fuga da paesi devastati da guerre e carestie;
la nostra Costituzione prevede uno statuto fondamentale della persona umana, senza distinzioni di religione, sesso, razza e cittadinanza, che tocca la tutela della salute, il diritto all'istruzione, il diritto-dovere di mantenere i figli, il dovere per la Repubblica di proteggere la maternità, l'infanzia e la gioventù, valori inerenti la persona umana che prescindono dalla distinzione tra cittadino e immigrato;
le soluzioni proposte dal disegno di legge in esame appaiono inoltre del tutto inefficaci ed anzi controproducenti, rispetto alla necessità di governare il fenomeno dell'immigrazione, per sua natura estremamente complesso, poiché si tratta unicamente di misure «manifesto», di contenuto prettamente vessatorio, volte unicamente ad impedire ed ostacolare l'inclusione e l'integrazione dello straniero;
in particolare il disegno di legge introduce un'unica fattispecie di reato, comprensiva sia dell'ingresso illegale che della permanenza oltre il consentito sul territorio dello Stato, il cosiddetto «reato di clandestinità» che uniforma in un unico trattamento sanzionatorio le posizioni di chi è entrato clandestinamente e di chi, pur entrato regolarmente, si sia trattenuto in Italia più del consentito, pur senza mai aver disobbedito ad un provvedimento di espulsione;
una volta accomunate tutte le situazioni di soggiorno irregolare, diverrà giuridicamente impossibile trattare in modo differente la badante che lavora onestamente nelle nostre famiglie da coloro che costituiscono davvero un problema per la sicurezza dei cittadini;
l'introduzione del «reato di clandestinità» produrrà, al contrario, nuova insicurezza per i cittadini: inoltre, lo Stato sarà costretto a celebrare con inutile spesa decine di migliaia di processi che si concluderanno, in caso di condanna, con una sostanziosa pena pecuniaria di fatto inesigibile a carico di persone non abbienti che non di rado sono giunte nel nostro Paese sospinte da necessità gravi, spesso anche a rischio della loro stessa vita;
l'introduzione del reato di soggiorno illegale rende obbligatoria la denuncia da parte di ogni pubblico ufficiale (articolo 361 c.p.) o incaricato di pubblico servizio (articolo 362 c.p.) che venga a conoscenza del reato: avremo dunque intere categorie di «spie» loro malgrado;
l'introduzione del reato di immigrazione clandestina certifica il fallimento del Governo in materia di immigrazione: la cooperazione con i Paesi di provenienza per ridurre in loco i problemi che spingono le persone ad emigrare, una delle soluzioni serie che dovrebbe essere adottata, è resa di fatto impossibile, poiché l' l'Italia ha ridotto i fondi per questa finalità e di fatto non si adopera per la cooperazione,

impegna il Governo

a riferire al Parlamento, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge in esame, sul numero delle denunce effettuate da parte di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio, con riferimento anche al personale sanitario e scolastico, in relazione all'introduzione del nuovo reato di immigrazione clandestina, nonché sull'impatto delle suddette norme sull'organizzazione giudiziaria e sull'aumento delle pendenze presso i giudici di pace.
9/2180/65.Rossomando, Ferranti.

La Camera,
premesso che:
dal 1996 l'isola e il mare di Pianosa sono compresi nel Parco nazionale dell'Arcipelago toscano, garanzia questa per la salvaguardia e la valorizzazione del notevole patrimonio archeologico e ambientale presente sull'isola;
nel 1998 il carcere è stato quasi definitivamente chiuso, non essendo rimaste sull'isola che poche forze dell'ordine con compiti di vigilanza e di guardia alle strutture;
nel corso di questi anni sono stati presentati progetti di riqualificazione dell'isola tesi a valorizzare lo splendido patrimonio ambientale, culturale e turistico al fine di restituirlo al «mondo libero»;
l'articolo 2, comma 25, lettera f) dell'emendamento del Governo 2.1000, prevede che «I detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione devono essere ristretti all'interno di istituti a loro esclusivamente dedicati, collocati preferibilmente in aree insulari» questa norma ha suscitato nelle istituzioni, nella popolazione e nella stampa locale la preoccupazione di un ritorno nel penitenziario dell'isola dei detenuti in regime 41-bis;
il Ministro dell'ambiente, rispondendo alla interrogazione n. 5-00988, ha escluso l'isola di Pianosa dal piano straordinario di edilizia penitenziaria, con interventi finalizzati a decongestionare il sovraffollamento,

impegna il Governo

a non inserire Pianosa e, in generale, le isole il cui territorio fa parte di Parchi naturali, tra le possibili sedi degli istituti carcerari di cui all'articolo 41 bis della legge 26 luglio 1975, n. 354.
9/2180/66.Velo.

La Camera,
premesso che:
i temi della prevenzione e della sicurezza sono prioritari anche per il territorio Lecchese, e in particolare quello della Brianza, confinante con l'area metropolitana milanese, in una zona ad elevata concentrazione abitativa, con la presenza di importanti scuole superiori e significative realtà produttive e commerciali;
La Conferenza dei sindaci del casatese, già in due occasioni (1o agosto 2007 e 23 giugno 2008), aveva ribadito la necessità di migliorare il livello di sicurezza della Brianza, attraverso l'istituzione di un nuovo presidio territoriale di Polizia e/o il potenziamento nel territorio della presenza dell'Arma dei carabinieri. L'ultima comunicazione, in tal senso, è stata inviata dai sindaci del Casatese all'attenzione del Ministro Maroni lo scorso 7 aprile, dopo le numerose promesse fatte da rappresentanti del Governo sul territorio;
Il precedente Governo aveva stanziato, attraverso la legge finanziaria per il 2008, 140 milioni di euro per il rafforzamento degli organici delle forze dell'ordine, attraverso uno sblocco del turn-over che avrebbe consentito l'inserimento di circa 4.500 nuove unità ed aveva, inoltre, recuperato 3000 unità di personale delle forze dell'ordine prelevandole da altre amministrazioni dove erano prestate per compiti amministrativi;
in sede di approvazione della legge finanziaria per il 2008 il Governo aveva accolto un ordine del giorno (n. 9/03256/047) per il potenziamento dei presidi territoriali delle forze dell'ordine ove maggiormente si avverte la pressione delle attività criminose;
i drastici tagli ai fondi per la sicurezza operati da questo esecutivo rischiano di ripercuotersi sulla sicurezza del territorio e dei cittadini e di non dare risposte positive alla richiesta dei sindaci;
anche i sindacati di polizia (Siulp, Siap-Anfp, Silp Cgil, Consap Italia Sicura, Ugl Polizia di Stato, Coisp e Uilps) in concomitanza con la discussione disegno di legge in esame alla Camera, hanno organizzato manifestazioni di protesta e assemblee tra gli operatori in tutte le questure d'Italia, per protestare contro i tagli alle Forze di polizia e in alternativa la legalizzazione delle ronde nel nostro paese,

impegna il Governo

a reperire i fondi per poter dare l'attuazione all'ordine del giorno accolto nella seduta del 15/12/2007, al fine di costituire una sezione distaccata del commissariato di polizia di Lecco da ubicare a sud della provincia, potenziando così la presenza delle Forze dell'ordine in un territorio da tempo sofferente per carenze di organico e mezzi.
9/2180/67.Codurelli.

La Camera,
premesso che:
uno dei comprensori maggiormente a rischio sotto il profilo dell'ordine pubblico e della sicurezza è costituito dal territorio di Isola di Capo Rizzuto, alle porte di Crotone, dove sono contestualmente ubicati il Centro di accoglienza più grande d'Europa, il CARA (Centro di accoglienza per i richiedenti asilo), e - a partire dallo scorso 23 febbraio - anche un centro di identificazione ed espulsione;
la coesistenza forzata di persone appartenenti a 61 nazionalità diverse, in sovrannumero rispetto alla capienza dei posti disponibili, che necessitano di bisogni e interventi assai diversificati, e che invece vedono collocati nello stesso luogo immigrati in attesa di identificazione ed espulsione insieme a donne, minori e richiedenti asilo, ha purtroppo dato luogo a fenomeni di razzismo, contestualmente al verificarsi di furti, gesti vandalici, atti osceni in luogo pubblico e prostituzione che hanno destato grave allarme sociale tra i residenti;
in particolare, la recente aggressione a due cittadini residenti nella frazione di Sant'Anna di Isola Capo Rizzuto, da parte di un gruppo di immigrati, ha ulteriormente esasperato la già difficile convivenza tra gli immigrati presenti nei centri e i cittadini residenti, che in reazione all'episodio hanno occupato la strada statale 106, una delle più pericolose del nostro Paese a causa della mancanza di percorsi carrabili e pedonali, semafori e rallentatori di traffico nei punti di attraversamento, adeguati impianti di illuminazione;
desta inoltre particolare allarme il fenomeno sempre più diffuso di una dilagante e poverissima prostituzione, in parte correlata alla massiccia presenza di donne di origine nigeriana - pari al 70,4 per cento del totale delle donne presenti nel campo - parte delle quali si sospetta che possano essere oggetto del terribile fenomeno della tratta di persone destinate al mercato della prostituzione;
la preoccupante situazione sotto il profilo dell'ordine pubblico è aggravata dal fatto che l'attuale organico della questura di Crotone è identico a quello che era già in servizio al tempo - ormai remoto - in cui vi era il commissariato di polizia, ovvero prima che venissero istituiti il centro di accoglienza, il CARA e il CIE, senza che la questura sia stata messa in condizione di rispondere con mezzi e personale adeguati alle ulteriori sollecitazioni pervenute a seguito della massiccia presenza di immigrati, che si sono andate ad aggiungere alle funzioni di vigilanza e controllo normalmente svolte, specie presso il porto e l'aeroporto di Crotone;
infine, l'assoluta mancanza di risorse e di progetti volti a sostenere per corsi formativi, informativi e divulgativi, rivolti tanto alla popolazione locale, quanto agli stessi immigrati presenti nel campo, di corsi dedicati per mediatori culturali, nonché l'assoluta assenza di occasioni di incontro e di elaborazioni comuni tra immigrati e cittadini residenti, per la soluzione comune di problemi molto sentiti, ha finito per esasperare le difficoltà connesse ad una difficile convivenza, con caratteristiche sempre più multietniche, fuori e dentro il campo,

impegna il Governo:

a stanziare, nel più breve tempo possibile, adeguate risorse per la ristrutturazione del Centro relativamente agli interventi urgenti per rispondere alle esigenze più immediate connesse alla presenza di una così massiccia popolazione di immigrati;
a dotare la Prefettura e la Questura di Crotone di un adeguato organico di personale, di strumenti e di risorse, anche in considerazione del probabile diffondersi in questi territori del fenomeno della tratta di persone destinate al mercato della prostituzione, che vede come vittime un'alta concentrazione di donne nigeriane;
a realizzare un intervento straordinario all'esterno del Centro, prevalentemente di tipo infrastrutturale, relativamente all'illuminazione ed alla messa in sicurezza della strada statale 106 che costeggia il Campo, con percorsi carrabili e pedonali, semafori e rallentatori di traffico nei punti di attraversamento pedonale, e con la creazione di eventuali sovrapassaggi della strada suddetta, nonché relativamente all'installazione di telecamere e di bagni chimici e alla creazione di aree di sosta attrezzate con una segnaletica disponibile in più lingue;
a realizzare in tempi brevi un efficace progetto di co-integrazione, affidato alla responsabilità del Comune di Isola Capo Rizzuto, che preveda percorsi formativi, informativi e divulgativi, rivolti tanto alla popolazione locale, quanto agli stessi immigrati presenti nel campo, nonché specifici corsi per mediatori culturali, al fine di valorizzare le differenti culture dei popoli quale risorsa essenziale per il superamento dell'emergenza, il determinarsi di una pacifica convivenza e l'avviarsi di una crescita culturale, economica e sociale nel territorio interessato.
9/2180/68.Oliverio, Laganà Fortugno, Lo Moro, Giovanelli.

La Camera,
premesso che:
le politiche dell'immigrazione del Governo, con particolare riferimento all'impatto dirompente che deriverà dall'approvazione del disegno di legge in esame, sono sempre più incentrate sull'ordine pubblico inteso solo e unicamente in termini di mera repressione, esclusione ed espulsione dei migranti, senza prendere in considerazione il fatto che le politiche dell'immigrazione, per essere davvero efficaci, devono anche necessariamente comprendere le politiche di integrazione, solidarietà e accoglienza verso il più bisognoso, avuto particolare riguardo a chi arriva in fuga da paesi devastati da guerre e carestie;
la Costituzione prevede uno statuto fondamentale della persona umana, senza distinzioni di religione, sesso, razza e cittadinanza, che tocca la tutela della salute, il diritto all'istruzione, il diritto-dovere di mantenere i figli, il dovere per la Repubblica di proteggere la maternità, l'infanzia e la gioventù, valori inerenti la persona umana che prescindono dalla distinzione tra cittadino e immigrato;
particolarmente gravi, in questo senso, sono le previsioni di cui all'articolo 1, comma 22, lettera f), che impedisce il perfezionamento di atti di stato civile in assenza di permesso di soggiorno, e dell'articolo 1, comma 15, che modifica l'articolo 116 del codice civile, prevedendo che lo straniero che voglia contrarre matrimonio in Italia debba presentare all'ufficiale di stato civile, oltre alla dichiarazione di nulla osta dell'autorità competente del proprio paese, anche un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano;
l'articolo 29 della Costituzione riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, mentre secondo l'articolo 31 la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi;
le nuove disposizioni appaiono invece entrambe lesive di un diritto fondamentale della persona, e soprattutto rischiano di creare un'inammissibile discriminazione anche tra cittadini italiani che vogliano contrarre matrimonio, essendo per alcuni impedito in virtù della mera condizione di irregolarità dello straniero nubendo,

impegna il Governo

a presentare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, una dettagliata relazione al Parlamento al fine di verificare, con la massima urgenza, l'impatto delle nuove disposizioni in ordine al diritto riconosciuto ai cittadini italiani di contrarre matrimonio, senza incontrare limiti od ostacoli che ne rendano impossibile l'esercizio.
9/2180/69. Lo Moro.

La Camera,
premesso che:
le politiche dell'immigrazione del Governo, con particolare riferimento all'impatto dirompente che deriverà dall'approvazione del disegno di legge in esame, sono sempre più incentrate sull'ordine pubblico inteso solo e unicamente in termini di mera repressione, esclusione ed espulsione dei migranti, senza prendere in considerazione il fatto che le politiche dell'immigrazione, per essere davvero efficaci, devono anche necessariamente comprendere le politiche di integrazione, solidarietà e accoglienza verso il più bisognoso, avuto particolare riguardo a chi arriva in fuga da paesi devastati da guerre e carestie;
la Costituzione prevede uno statuto fondamentale della persona umana, senza distinzioni di religione, sesso, razza e cittadinanza, che tocca la tutela della salute, il diritto all'istruzione, il diritto-dovere di mantenere i figli, il dovere per la Repubblica di proteggere la maternità, l'infanzia e la gioventù, valori inerenti la persona umana che prescindono dalla distinzione tra cittadino e immigrato;
le norme contenute nel provvedimento in esame, con particolare riferimento all'introduzione del reato di immigrazione clandestina, non solo sono contrarie ai principio fondanti del nostro Stato, ma si riveleranno fonte di nuova irregolarità, e renderanno, inoltre, moltissimi cittadini italiani onesti, che da tempo cercano, magari, di regolarizzare persone che lavorano da loro ma si scontrano con le mille difficoltà dovute ai farraginosi meccanismi della «Bossi-Fini», complici di un reato,

impegna il Governo:

ad adottare ulteriori iniziative, anche normative, volte a garantire in ogni caso il diritto della madre e del padre, anche privi di permesso di soggiorno, a riconoscere il proprio figlio naturale e a compiere i conseguenti atti di stato civile, assicurando il diritto del minore a crescere e formarsi all'interno della propria famiglia di origine;
a presentare al Parlamento, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge in esame, una relazione dettagliata riguardo all'applicazione di tali norme con particolare riferimento all'impatto sul diritto alla salute delle donne e dei bambini stranieri.
9/2180/70. Ferranti.

La Camera,
premesso che:
le politiche dell'immigrazione del Governo, con particolare riferimento all'impatto dirompente che deriverà dall'approvazione del disegno di legge in esame, sono sempre più incentrate sull'ordine pubblico inteso solo e unicamente in termini di mera repressione, esclusione ed espulsione dei migranti, senza prendere in considerazione il fatto che le politiche dell'immigrazione, per essere davvero efficaci, devono anche necessariamente comprendere le politiche di integrazione, solidarietà e accoglienza verso il più bisognoso, avuto particolare riguardo a chi arriva in fuga da paesi devastati da guerre e carestie;
la Costituzione prevede uno statuto fondamentale della persona umana, senza distinzioni di religione, sesso, razza e cittadinanza, che tocca la tutela della salute, il diritto all'istruzione, il diritto-dovere di mantenere i figli, il dovere per la Repubblica di proteggere la maternità, l'infanzia e la gioventù, valori inerenti la persona umana che prescindono dalla distinzione tra cittadino e immigrato;
particolarmente gravi, in questo senso, sono le previsioni di cui all'articolo 1, comma 22, lettera f), che impedisce il perfezionamento di atti di stato civile in assenza di permesso di soggiorno, e dell'articolo 1, comma 15, che modifica l'articolo 116 del codice civile, prevedendo che lo straniero che voglia contrarre matrimonio in Italia debba presentare all'ufficiale di stato civile, oltre alla dichiarazione di nullaosta dell'autorità competente del proprio paese, anche un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano;
entrambe queste disposizioni appaiono lesive di un diritto fondamentale della persona, protetto da convenzioni internazionali, e in particolare degli articoli 12 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e degli articoli 2, comma 1, e 23, comma 2, del Patto internazionale dei diritti civili e politici, e conseguentemente dell'articolo 10, secondo comma, della Costituzione;
nel corso dell'audizione della Commissione internazionale dei giuristi, tenutasi nelle Commissioni I e II, è stato messo in rilievo, peraltro, come l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa abbia dichiarato - in una risoluzione del 2006 relativa ai diritti umani dei migranti irregolari - che questi hanno diritto al matrimonio e che non si dovrebbero porre in essere barriere insormontabili che li prevengano dall'esercitare tale diritto;
peraltro, qualora tali norme venissero applicate nei confronti di uno straniero privo di permesso di soggiorno che volesse contrarre matrimonio in Italia con un cittadino dell'Unione europea, regolarmente soggiornante in Italia, si configurerebbe una lesione del diritto di libera circolazione nell'Unione europea, anche alla luce della sentenza della Corte di Giustizia C-127/2008 che ha chiarito come ai fini del diritto di ingresso e di soggiorno del familiare si prescinde dalle modalità - legali o illegali - di ingresso, nonché dalla data e dal luogo ove si è costituito il legame familiare,

impegna il Governo

a presentare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, una dettagliata relazione al Parlamento al fine di verificare, con la massima urgenza, che le condizioni per contrarre matrimonio in Italia non determinino un'inammissibile discriminazione tra gli stati membri dell'Unione europea, con il rischio dell'apertura di una procedura di contenzioso nei confronti dell'Italia per violazione delle norme relative alla libertà di circolazione, e a garantire in ogni caso che il diritto al matrimonio sia esercitato nel nostro Paese conformemente alle sopra citate convenzioni internazionali, così come prescritto dall'articolo 10, secondo comma, della Costituzione.
9/2180/71. Touadì.

La Camera,
premesso che:
il comma 22 dell'emendamento 1.1000 del Governo reca numerose modifiche al testo unico in materia di immigrazione, con l'obiettivo di rendere maggiormente restrittive le condizioni per l'ingresso degli stranieri;
in particolare la norma contenuta alla lettera h-bis, consente di trattenere lo straniero nei centri di identificazione da due mesi, attualmente previsti dalla normativa vigente, fino a sei mesi;
secondo la denuncia di numerose associazioni umanitarie tra le quali Save the children, numerosi minori stranieri, sia accompagnati dai loro genitori, sia non accompagnati sarebbero comunque presenti all'interno dei centri di identificazione in strutture non idonee;
tale prassi, che oltre a costituire una grave violazione dei diritti dei minori è in contrasto con la Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza e la normativa vigente in base alla quale i minori non accompagnati non possono essere trattenuti presso i centri di identificazione o di permanenza temporanea, pone un grave problema agli enti locali ove tali centri sono ubicati, che, a fronte della scarsa disponibilità di adeguate risorse finanziarie, non riescono a fornire l'assistenza necessaria ai minori in questione, siano essi accompagnati che non accompagnati,

impegna il Governo

a prevedere, nell'ambito di un complessivo riordino della normativa in materia, risorse finanziarie specifiche al fine di permettere agli enti locali ove tali centri sono ubicati di fornire adeguata assistenza ai minori in questione al fine di garantire loro una adeguata permanenza, rispettosa dei diritti previsti dalla Convenzione Onu in materia.
9/2180/72. Schirru, Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Letta, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata.

La Camera,
considerato che:
le politiche dell'immigrazione di questo Governo, con particolare riferimento all'impatto dirompente che deriverà dall'approvazione del disegno di legge in esame, sono sempre più incentrate sull'ordine pubblico inteso solo e unicamente in termini di mera repressione, esclusione ed espulsione dei migranti, senza prendere in considerazione il fatto che le politiche dell'immigrazione, per essere davvero efficaci, devono anche necessariamente comprendere le politiche di integrazione, solidarietà, e accoglienza verso il più bisognoso, avuto particolare riguardo a chi arriva in fuga da paesi devastati da guerre e carestie;
la nostra Costituzione prevede uno statuto fondamentale della persona umana, senza distinzioni di religione, sesso, razza e cittadinanza, che tocca la tutela della salute, il diritto all'istruzione, il diritto-dovere di mantenere i figli, il dovere per la Repubblica di proteggere la maternità, l'infanzia e la gioventù, valori inerenti la persona umana che prescindono dalla distinzione tra cittadino e immigrato;
le soluzioni proposte dal disegno di legge in materia di immigrazione clandestina appaiono inoltre del tutto inefficaci ed anzi controproducenti, rispetto alla necessità di «governare» il fenomeno dell'immigrazione, per sua natura estremamente complesso, poiché si tratta unicamente di misure «manifesto» di contenuto prettamente vessatorio, volte unicamente ad impedire ed ostacolare l'inclusione e l'integrazione dello straniero;
in particolare il disegno di legge in esame introduce un'unica fattispecie di reato, comprensiva sia dell'ingresso illegale che della permanenza oltre il consentito sul territorio dello Stato, il cosiddetto «reato di clandestinità» che uniforma in un unico trattamento sanzionatorio le posizioni di chi è entrato clandestinamente e di chi, pur entrato regolarmente, si sia trattenuto in Italia più del consentito, pur senza mai aver disobbedito ad un provvedimento di espulsione;
accomunate tutte le situazioni di soggiorno irregolare, diverrà giuridicamente impossibile trattare in modo differente la badante che lavora onestamente nelle famiglie da coloro che costituiscono davvero un problema per la sicurezza dei cittadini;
all'interno del fenomeno migratorio in Italia è infatti fondamentale prestare attenzione al mondo femminile, che ne è stata, a differenza che in altri Paesi, una parte consistente e fondamentale; sicuramente la donna immigrata appare come interprete principale di un lento e silenzioso sviluppo all'interno della società di accoglienza; nel contempo non è da trascurare il fatto che proprio il processo d'inserimento ed integrazione della donna straniera nel Paese agevola il processo di edificazione e consolidamento di una società realmente multietnica ed interculturale;
all'interno di questo grande «calderone» in cui tutto è irregolarità, anche il lavoro e la fatica dell'integrazione quotidiana di moltissime persone, i soggetti più «deboli» finiranno per essere, per l'ennesima volta, l'anello finale di una catena di esclusione e di discriminazione che necessariamente deriverà dell'applicazione di queste norme e soprattutto sarà il frutto del clima di diffidenza e intolleranza che già si è generato nel Paese,

impegna il Governo

a predisporre con urgenza una vasta campagna comunicativa e socio-culturale volta a sensibilizzare e a costruire le basi per l'affermazione della società multietnica e multiculturale, che contrasti la paura dell'altro da sé, delle differenze e del contatto con le altre culture, rivolta sia ai media che alle istituzioni scolastiche e formative, e che preveda iniziative formative e divulgative nelle scuole, nella pubblica amministrazione, nelle istituzioni, coinvolgendo la Conferenza Stato Regioni e tutti i livelli amministrativi.
9/2180/73. Pollastrini, Cuperlo.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2 della Costituzione italiana sancisce che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale;
l'articolo 3 della Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia prevede che «in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente»;
la Dichiarazione dei diritti del fanciullo adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1959 stabilisce che ad ogni bambino va garantito:
il diritto all'eguaglianza senza distinzione o discriminazione di razza, religione, origine o sesso (articolo 1);
il diritto ai mezzi che consentono lo sviluppo in modo sano e normale sul piano fisico, intellettuale, morale, spirituale e sociale (articolo 2);
il diritto ad un nome e ad una nazionalità (articolo 3);
il diritto ad amore, comprensione e protezione (articolo 6);
il diritto all'istruzione gratuita, attività ricreative e divertimento (articolo 7);
il diritto alla protezione contro qualsiasi forma di negligenza, crudeltà e sfruttamento (articolo 9);
il diritto alla protezione contro qualsiasi tipo di discriminazione ed il diritto ad un'istruzione in uno spirito d'amicizia fra i popoli, di pace e di fratellanza (articolo 10);
lo stato di clandestinità non consente alle istituzioni ad ogni livello di assicurare i diritti fondamentali del bambino sanciti dalla Costituzione italiana, dalla Convenzione Onu dei diritti del Fanciullo e dalla Dichiarazione adottata dalle Nazioni Unite nel 1959,

impegna il Governo

a garantire a tutti i bambini extracomunitari non in regola con il permesso di soggiorno, l'esercizio e il godimento dei diritti fondamentali riportati in premessa.
9/2180/74. Farina Coscioni, Bernardini, Maurizio Turco, Zamparutti, Beltrandi, Duilio.

La Camera,
premesso che:
la gestione dei centri di identificazione ed espulsione presenta indubbi rilievi sul piano sociale: nella scorsa legislatura venne istituita presso il Ministero dell'Interno una commissione di ispezione per verificare le condizioni all'interno di quelli che allora si chiamavano centri di permanenza temporanea, autorevolmente presieduta dall'ambasciatore Staffan de Mistura, che giunse alle conclusioni, dopo sei mesi di lavoro, che l'attuale sistema di gestione dell'immigrazione tramite i CIE non risponde alle complesse problematiche del fenomeno, non consente una gestione efficace dell'immigrazione irregolare, comporta disagi alle forze dell'ordine e alle persone trattenute e, infine, comporta costi elevatissimi con risultati non commisurati;
il provvedimento attualmente in discussione prevede il prolungamento del trattenimento degli immigrati irregolari all'interno di questi centri fino ad un periodo massimo di centottanta giorni (rispetto ai sessanta attualmente previsti);
i Cie attualmente operativi sono dieci, per una capienza complessiva di 1.219 posti;
negli scorsi mesi il Governo ha stanziato 30 milioni di euro per la costruzione di 10 nuovi Cie, con l'obiettivo di avere un centro in ogni regione; il costo stimato per la costruzione dei nuovi Cie e la ristrutturazione di quelli esistenti è di 223 milioni di euro dal 2008 al 2010, mentre i costi per la permanenza degli stranieri nei centri sono stimati in 300 milioni di euro dal 2008 al 2010;
si prevede che il numero dei posti disponibili nei Cie passerà dagli attuali 1.219 a 4.640, ma il limite della detenzione, come prima ricordato, salirà da 60 a 180 giorni, con il conseguente rischio che la disponibilità dei posti si esaurisca presto, dato che il 40 per cento dei migranti trattenuti nei Cie non viene rimpatriato, con un conseguente aumento dei costi di mantenimento;
all'interno dei Cie gli standard dei servizi garantiti alla persone ivi trattenute sono assolutamente insufficienti, ciò con particolare riferimento all'assistenza sanitaria e psicologica, al servizio di orientamento e assistenza legale; alla qualità ed al numero degli interpreti/mediatori;
la non adeguata qualità dei servizi erogati dipende anche dall'insufficiente standard logistico offerto; si pensi, ad esempio, alla mancanza di spazi comuni per le attività ricreative e per la fase di ascolto mirato, alle camere sovraffollate o ai bagni insufficienti;
all'interno dei Cie si registra inoltre la presenza di situazioni diversissime tra loro, sia sotto il profilo giuridico che sotto quello dell'ordine pubblico nonché della condizione umana e sociale delle persone trattenute. Tale mescolanza, esasperata dalla elevata presenza di ex detenuti, penalizza in modo particolare gli stranieri a carico dei quali sussistono solo provvedimenti di allontanamento conseguenti alla perdita di regolarità di soggiorno, nonché di persone più deboli e vulnerabili e bisognose di protezione sociale che sono esposte ad un clima di costante tensione e potenziale intimidazione interna agli stessi centri,

impegna il Governo:

ad adottare ogni utile iniziativa volta ad assicurare la qualità e l'efficacia dei servizi prestati all'interno dei centri di identificazione ed espulsione, ciò con particolare riferimento all'assistenza sanitaria e psicologica, al servizio di orientamento e assistenza legale, nonché alla qualità ed al numero degli interpreti/mediatori;
a garantire uno standard logistico omogeneo all'interno dei Cie e, quindi, l'esistenza di adeguati spazi comuni per le attività ricreative e per la fase di ascolto mirato, nonché un numero di camere e di bagni commisurato alla presenza degli extracomunitari ivi trattenuti;
ad adottare quanto prima ogni utile provvedimento atto a garantire, con riferimento alla lotta alla immigrazione clandestina, una diversificazione delle risposte per categorie di persone e, quindi, una maggiore gradualità e proporzionalità delle misure di intervento, con ciò evitando forme di detenzione amministrativa per tutte quelle categorie di persone per le quali non c'è esigenza di trattenimento, così come suggerito dalla commissione di ispezione citata in premessa.
9/2180/75. Bernardini, Zamparutti, Maurizio Turco, Farina Coscioni, Beltrandi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2, comma 19, lettera a), del disegno di legge in esame, modificando il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, introduce al comma 1 dell'articolo 38 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture la sanzione dell'esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi nonché dell'affidamento di subappalti oltre che del divieto di stipula dei relativi contratti, nei confronti di coloro che, pur essendo stati vittime dei reati previsti e puniti dagli articoli 317 e 620, del codice penale, aggravati ai sensi dell'articolo 7 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e salvo ricorra l'esimente dello stato di necessità di cui all'articolo 4 della legge 24 novembre 1981, n. 689, non risultino aver denunciato i fatti all'autorità giudiziaria;
è condivisibile il principio volto a prevedere l'introduzione di un obbligo di denuncia nei confronti dei reati più frequentemente posti in essere avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo (articolo del decreto legislativo 13 maggio 1991, n. 152) e ciò anche allo scopo di aumentare il livello di risposta della società al fenomeno della delinquenza mafiosa;
la disposizione in esame prevede che la circostanza della mancata denuncia dei fatti all'autorità giudiziaria deve emergere dagli indizi a base della richiesta di rinvio a giudizio formulata nei confronti dell'imputato nei tre anni precedenti alla pubblicazione del bando, cui è riferita l'esclusione e che la stessa deve essere comunicata all'autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture;
l'esclusione di chi non ha denunciato i fatti potrebbe essere rimessa, quindi, anche alle sole dichiarazioni indiziarie rese dall'imputato (dei reati di estorsione o concussione) nel procedimento a suo carico con il rischio di un utilizzo strumentale di tale sanzione soprattutto se rivolta, in aree a particolare densità mafiosa, a danneggiare imprese «non allineate» con gli interessi della criminalità organizzata;
tale sanzione potrebbe anche dipendere da un certo margine di discrezionalità o, comunque, di casualità a seconda che la circostanza venga o meno indicata nella richiesta di rinvio a giudizio depositata dal pubblico ministero procedente;
ulteriori elementi di incertezza potrebbero ravvisarsi in ordine all'efficacia della sanzione di esclusione dalle gare, a seconda che i tre anni antecedenti alla pubblicazione del bando decorrano dalla sottoscrizione, da parte del pubblico ministero procedente, della richiesta di rinvio a giudizio - in cui è contenuta la circostanza dell'omessa denuncia del reato da parte della vittima - ovvero dal deposito della stessa presso il Tribunale o, ancora, dal momento della comunicazione o della pubblicazione della circostanza stessa sul sito dell'osservatorio di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;
il collegamento con la richiesta di rinvio a giudizio al fine di determinare la durata dell'esclusione (tre anni antecedenti alla pubblicazione del bando) la rende applicabile anche a comportamenti posti in essere in anni di gran lunga precedenti all'atto assunto dal pubblico ministero senza che alcuna valutazione possa essere svolta in ordine al tempo trascorso e quindi alla gravità del comportamento posto in atto;
la sanzione prevista comporta l'esclusione dalle procedure pubbliche di affidamento per le vittime dei reati previsti e puniti dagli articoli 317 e 629 del codice penale purché aggravati ai sensi dell'articolo 7 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203 (cioè «commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo»), nel mentre non pare applicabile al caso previsto dall'articolo 629, comma 2, cioè all'estorsione in cui la violenza o la minaccia è posta in essere da persona che fa parte dell'associazione di cui all'articolo 416-bis (articolo 628, comma 3, n. 3, codice penale) se per la stessa non risultano applicabili, in concreto, le aggravanti del citato articolo 7;
la sanzione dell'esclusione risulta collegata, sostanzialmente, alla semplice qualificazione giuridica dei fatti configurata, nella richiesta di rinvio a giudizio, dall'ufficio del pubblico ministero cioè in un atto che non contiene alcuna valutazione o accertamento, anche non definitivo, da parte di un giudice terzo essendo, per definizione, un atto di parte, con la possibile conseguenza che il triennio di esclusione dalle gare possa operare anche dopo che il Tribunale abbia escluso la rilevanza penale dei fatti o anche soltanto la sussistenza delle circostanze aggravanti contestate dall'accusa precedentemente;
la sanzione dell'esclusione risulterebbe applicabile anche in assenza di un procedimento che assicuri il contraddittorio con la vittima del reato, non essendo previsto alcun obbligo di contestazione o di convocazione dell'interessato, con la possibile frustrazione di ogni garanzia difensiva atteso che quest'ultimo avrebbe a disposizione soltanto il ricorso, successivo, alla magistratura competente per opporsi all'esclusione medesima;
la situazione appena descritta non è suscettibile di essere superata col pur apprezzabile richiamo all'esimente dello stato di necessità, contemplato dall'articolo 4 della legge 24 novembre 1984, n. 689, dal momento che la norma non contiene richiami al procedimento applicativo delle sanzioni amministrative né obblighi di assunzione delle dichiarazioni dell'interessato;
la situazione della vittima del reato, nei casi disciplinati dalla norma, rischia di essere più rigorosa di quanto la legge prevede per le persone nei confronti delle quali può essere applicata una misura di prevenzione di cui all'articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, o di una delle cause ostative previste dall'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, perché, in tali casi, se è vero che l'esclusione dalle procedure di gara opera fin dalla pendenza del relativo procedimento di applicazione, è anche vero che essa consente all'interessato di difendersi nell'ambito di detto procedimento con il risultato che se la proposta di applicazione della misura è respinta cessano anche gli effetti dei provvedimenti cautelari assunti cosa che, invece, non è prevista per la vittima del reato;
la situazione del soggetto escluso per l'omessa denuncia risulterebbe più rigorosa anche di chi fosse assoggettato alla medesima esclusione come conseguenza dell'applicazione della sanzione interdittiva prevista dal decreto legislativo sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per gli illeciti amministrativi dipendenti da reati (decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231) o da altre analoghe disposizioni atteso che in tali casi l'interessato avrebbe modo di far valere le proprie difese nell'ambito dello stesso procedimento di accertamento dell'illecito civile;
esistono disposizioni legislative, come quelle concernenti il «Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell'usura» (legge 23 febbraio 1999, n. 44), che prevedono particolari elargizioni agli imprenditori danneggiati da tali attività criminali purché non abbiano aderito o abbiano cessato di aderire a tali richieste e, quindi, senza che abbia rilievo alcuno l'omessa denuncia del fatto con la conseguente coesistenza di due norme non proprio coerenti dal momento che mentre una di esse sanziona quest'ultima omissione con l'esclusione dalle gare, l'altra contempla il diritto all'indennizzo nei confronti del medesimo soggetto;
le condivisibili ragioni di un innalzamento della soglia di responsabilità civile nella lotta alla mafia debbano condurre ad una valutazione degli effetti delle disposizioni introdotte che prescinda da enfatizzazioni di sorta e miri a verificarne l'efficacia sotto il profilo concreto;
l'incoerenza appena descritta evidenzia quanto sia oramai necessario procedere all'adozione di un testo unico in materia di lotta alla mafia che servirà a coordinare la complessa normativa in materia,

impegna il Governo:

a monitorare, per un periodo di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'applicazione della disposizione della lettera m-ter) introdotta al comma 1 dell'articolo 38 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture al fine di valutare la congruità ed efficacia delle scelte:
a) di ancorare la sanzione ivi prevista a meri indizi risultanti da un atto di rinvio a giudizio emesso nei confronti di terzi senza prevedere un procedimento applicativo nel quale possa essere assicurato il contraddittorio del destinatario della sanzione stessa;
b) di non ricondurre tra i presupposti di tale sanzione anche il caso in cui sussista la sola aggravante di cui al secondo comma dell'articolo 629 del codice penale;
c) di non aver predisposto un intervento organico, anche attraverso un testo unico, che renda coerente l'impianto normativo in materia di lotta alla mafia.
9/2180/76.Contento, Angela Napoli, Consolo, Landolfi, Moffa, Patarino, Lorenzin, Lo Presti, Paniz, Lehner, Bernini Bovicelli, Sbai, Vitali, Cristaldi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene misure relative ai Centri di identificazione ed espulsione (C.I.E.) per gli immigrati irregolari e, anche recentemente, il Ministro dell'interno ha confermato la volontà del Governo di realizzare ulteriori dieci C.I.E. in altrettante regioni;
attraverso la stampa si è appreso che, tra le aree idonee alla realizzazione dei nuovi C.I.E, è stato individuato il Centro militare veterinario di Grosseto, data la sua collocazione in area extraurbana e la vicinanza all'aeroporto militare «Baccarini»;
il contesto sociale ed economico della provincia di Grosseto e, più in generale, della Toscana, non giustifica tale localizzazione e la realizzazione del C.I.E., oltre a generare tensioni sociali, contrasterebbe con altre ipotesi di sviluppo dell'area, in particolar modo, con l'impiego ad uso civile, fortemente sostenuto dalle categorie economiche e dalle istituzioni locali, dell'aeroporto «Baccarini»,

impegna il Governo

ad escludere definitivamente il Centro militare veterinario di Grosseto, o altre aree di proprietà demaniale presenti nello stesso territorio, dai siti individuati per la realizzazione del C.I.E.
9/2180/77.Sani, Velo, Ceccuzzi.

La Camera,
premesso che:
negli ultimi anni una quantità ingente di beni di rilevante valore appartenenti alla mafia sono stati confiscati e assegnati e solo parte di queste risorse sono state impiegate nei territori dove sono avvenuti sequestri e confische;
il provvedimento in esame attribuisce ai prefetti la titolarità dell'assegnazione dei beni confiscati alle organizzazioni mafiose, realizzando un importante snellimento delle procedure rispetto ai tempi previsti dalla normativa precedente, spesso oltretutto non rispettati,

impegna il Governo

a disporre, anche in altro provvedimento, che i beni e le somme di denaro confiscate alla criminalità organizzata siano reimpiegati per il potenziamento o il pagamento di spettanze accessorie delle Forze di polizia, per le spese di giustizia o per scopi di pubblica utilità, ridistribuendole tenendo conto delle necessità dei territori dove il sequestro è avvenuto, in un'ottica risarcitoria delle comunità locali e di potenziamento nella lotta al crimine organizzato.
9/2180/78.Fallica, Terranova.

La Camera,
premesso che:
il problema della scolarizzazione dei minori stranieri in Italia è ben presente al Parlamento, che negli ultimi tempi ha varato una indagine conoscitiva sul fenomeno e ha approvato una risoluzione indicante un tetto del 30 per cento sul numero di minori stranieri per ciascuna classe;
tuttavia la cronaca riporta continue notizie non solo dell'esistenza di migliaia di minori «ombra» nel nostro Paese (7.797 nel 2008, un record europeo) che sfuggono all'obbligo scolastico, ma anche di innumerevoli casi di abbandono o mancato adempimento dell'obbligo scolastico;
una recente indagine del CENSIS, riferita all'anno 2007, ha valutato in quasi 600 mila alunni di circa 200 Paesi esteri il numero degli studenti extracomunitari, pari al 6 per cento della popolazione scolastica, per i quali non esiste una strategia comune. Tra i pochi criteri di inserimento condivisi a livello nazionale c'e l'assenza di tetti per nazionalità nell'80 per cento dei casi, l'inserimento a scuola del bambino migrante con coetanei (75 per cento) e anche in corso d'anno (73 per cento). Le altre modalità sono lasciate all'autonomia dei singoli istituti: il test d'ingresso c'è per il 39 per cento dei casi e molto bassa è la percentuale di scuole che si coordinano con altre (11 per cento). Scarso il coinvolgimento delle famiglie, che avviene solo in un caso su tre e si ferma al 30 per cento la disponibilità di fogli informativi multilingue;
Emilia Romagna e Umbria sono le regioni dove gli alunni stranieri sono più presenti nella scuola primaria (con una percentuale che si aggira intorno al 13,6 per cento). Presenza che si registra alta, intorno al 10 per cento in quasi tutto il Centro Nord, per scendere di qualche punto nelle regioni centrali e crollare nel Sud e nelle Isole, con un 1,4 per cento nelle scuole della Campania; considerata la massiccia presenza straniera anche nelle regioni meridionali c'è da temere che colà tra i minori stranieri siano decisamente prevalenti sia la dispersione che l'abbandono scolastico,

impegna il Governo:

a rafforzare la lotta alla dispersione ed all'abbandono scolastico, in particolare in favore dei minori stranieri, anche prevedendo la sottrazione del minore alle famiglie reiteratamente inadempienti;
ad individuare una serie di criteri di inserimento degli studenti stranieri nella scuola italiana elaborati in sede nazionale, con priorità assoluta per l'istituzione di corsi integrativi di lingua italiana, anche al fine di contrastare quella parte di abbandono scolastico dovuta alla scarsa comprensione della lingua.
9/2180/79.Mario Pepe (PdL).

La Camera,
premesso che:
le disposizioni inserite nel provvedimento in esame provvedono, tra l'altro, ad apportare modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante norme in materia di cittadinanza;
il numero di stranieri in Italia risulta essere triplicato nell'arco di un quindicennio e, nel panorama di questa crescita della popolazione straniera, un posto di rilievo è certamente occupato da una componente ancora molto giovane, stimolata dall'incremento delle nascite in Italia da genitori stranieri, che ha generato un passaggio da circa 5 mila iscritti in anagrafe nel 1991 a circa 530 mila immigrati di «seconda generazione», attualmente residenti nel nostro Paese;
in Italia, con particolare riferimento al suo tessuto sociale, sussistono i presupposti per l'adozione del concetto giuridico dello ius soli, ai fini dell'acquisizione della cittadinanza da parte dei nati sul territorio da genitori stranieri;
un adeguamento delle disposizioni in materia di attribuzione della cittadinanza ai cittadini stranieri residenti in Italia ed alle persone nate sul loro territorio e ivi residenti regolarmente ed abitualmente, alle direttive europee ed alla normativa vigente in buona parte dei Paesi membri dell'UE, consentirebbe l'introduzione di un regime maggiormente favorevole all'integrazione dell'immigrato nel tessuto civile e sociale dello Stato;
l'introduzione delle disposizioni sopra richiamate consentirebbe la realizzazione di un processo concreto e proficuo di integrazione delle nuove generazioni di immigrati, escludendo, di fatto, il sussistere di lungaggini burocratiche e complicazioni amministrative già previste dall'ordinamento italiano, che mal conciliano con l'esigenza di snellimento amministrativo da un lato, e con quella di sostegno all'integrazione ed allo sviluppo di una società globalizzata e multietnica dall'altro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare adeguati provvedimenti che riconoscano il principio dello ius soli come criterio complementare di acquisizione della cittadinanza italiana.
9/2180/80.Angeli, Di Biagio, Cazzola, Berardi, Mussolini, Proietti Cosimi.

La Camera,
premesso che:
in queste ultime settimane, tra le fila della società civile, sono andate accentuandosi forme di pregiudizio nei confronti degli stranieri, sia extracomunitari che provenienti dai paesi di nuova integrazione europea, sollecitate dall'emergenza sicurezza e dal disagio sociale che condiziona le nostre città;
i lavoratori immigrati sono spesso impiegati, senza alcun contratto e senza alcuna garanzia, soprattutto come manovalanza nel settore edile ed artigianale: a tal riguardo emergono dati agghiaccianti circa il numero di caduti sul lavoro e di incidenti gravi su tutto il territorio nazionale;
l'integrazione è l'unico presupposto per la valorizzazione dell'immigrazione e per contrastare l'immigrazione clandestina in Italia ed è la cornice ideale entro cui dare valore e riconoscimento alla stessa come valore aggiunto per l'economica, soprattutto in quei settori dove c'è bisogno di manodopera e che rappresentano il potenziale traino per la nostra economia,

impegna il Governo

a tenere in dovuta considerazione l'ipotesi di predisporre dei provvedimenti urgenti che tutelino il processo di integrazione degli immigrati nel nostro Paese, individuando delle disposizioni che ne consentano il coinvolgimento nel tessuto lavorativo, economico e sociale italiano, in una cornice legale e rispettosa dei diritti umani e delle prioritarie garanzie riconosciute ai lavoratori.
9/2180/81.Di Biagio, Angeli, Cazzola, Versace, Berardi, Mussolini.

La Camera,
premesso che:
per un'efficace lotta alla criminalità mafiosa i procedimenti finalizzati all'applicazione delle misure di prevenzione hanno bisogno di essere definiti in tempi rapidi;
in particolare, le proposte relative alle misure patrimoniali richiedono un immediato intervento del Tribunale ed una altrettanto rapida definizione per assicurare la definitiva destinazione dei beni confiscati, con conseguente vantaggio per la collettività e riduzione dei costi per l'amministrazione dei beni sequestrati;
attualmente la durata eccessiva dei procedimenti di prevenzione deriva, in gran parte, da difficoltà organizzative degli uffici giudiziari e dalla destinazione di un numero insufficiente di magistrati addetti alla trattazione della materia,

impegna il Governo

ad adottare, in tempi rapidi, le necessarie modifiche normative volte ad introdurre dei termini di durata massima del procedimento patrimoniale in fase d'appello, così come oggi previsto nella fase innanzi al tribunale ed a consentire l'adozione da parte dei dirigenti degli uffici di idonei provvedimenti organizzativi che assicurino il rispetto dei termini previsti e il raggiungimento delle finalità imposte dalla legge n. 575 del 1965.
9/2180/82.Bossa, Garavini.