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Resoconto dell'Assemblea

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XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di mercoledì 10 giugno 2009

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 10 giugno 2009.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Balocchi, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Bruno, Buonfiglio, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Fitto, Frattini, Gelmini, Gibelli, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Lo Monte, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Milanato, Molgora, Nucara, Leoluca Orlando, Pescante, Prestigiacomo, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Saglia, Scajola, Soro, Stefani, Stucchi, Tremonti, Urso, Vegas, Vito, Volontè.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Balocchi, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Bruno, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, De Biasi, Donadi, Fitto, Frattini, Gelmini, Gibelli, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Lo Monte, Lupi, Lusetti, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Miccichè, Migliavacca, Milanato, Molgora, Nucara, Leoluca Orlando, Pescante, Prestigiacomo, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Saglia, Scajola, Soro, Stefani, Tremonti, Urso, Vegas, Vito, Volontè.

Annunzio di proposte di legge.

In data 9 giugno 2009 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
RUBEN ed altri: «Concessione di un contributo in favore della Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea - CDEC - organizzazione non lucrativa di utilità sociale» (2500);
HOLZMANN: «Modifica all'articolo 38 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, in materia di detenzione di armi» (2501);
SBAI: «Modifica all'articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di incremento delle detrazioni per carichi di famiglia in favore delle donne lavoratrici» (2502).

Saranno stampate e distribuite.

Trasmissioni dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Il presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con lettera in data 9 giugno 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 21 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, una segnalazione in merito all'individuazione dei laboratori accreditati per le analisi chimico-fisiche per le partite di vino destinate ad ottenere la denominazione di origine controllata e garantita (DOC e DOCG).

Questa documentazione è trasmessa alla XIII Commissione (Agricoltura).

Il presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, con lettera in data 9 giugno 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, una segnalazione in merito ai vincoli alla distribuzione di farmaci senza obbligo di prescrizione.

Questa documentazione è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: NORME IN MATERIA DI INTERCETTAZIONI TELEFONICHE, TELEMATICHE E AMBIENTALI. MODIFICA DELLA DISCIPLINA IN MATERIA DI ASTENSIONE DEL GIUDICE E DEGLI ATTI DI INDAGINE. INTEGRAZIONE DELLA DISCIPLINA SULLA RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DELLE PERSONE GIURIDICHE (A.C. 1415-A) ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE JANNONE; CONTENTO; TENAGLIA ED ALTRI; VIETTI E RAO; BERNARDINI ED ALTRI (AC. 290-406-1510-1555-1977)

A.C. 1415-A - Proposta emendativa 1. 1000

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE SULLA QUALE IL GOVERNO HA POSTO LA QUESTIONE DI FIDUCIA

Sostituire l'articolo 1 con il seguente:

Art. 1.

1. All'articolo 36, comma 1, del codice di procedura penale, dopo la lettera h) è aggiunta la seguente:
«h-bis) se ha pubblicamente rilasciato dichiarazioni concernenti il procedimento affidatogli».

2. All'articolo 53, comma 2, del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo periodo, dopo le parole: «lettere a), b), d), e)» sono inserite le seguenti: «e h-bis), nonché se il magistrato risulta iscritto nel registro degli indagati per il reato previsto dall'articolo 379-bis del codice penale, in relazione ad atti del procedimento assegnatogli, sentito in tale caso il capo dell'ufficio competente ai sensi dell'articolo 11»;
b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il procuratore generale procede allo stesso modo se il capo dell'ufficio e il magistrato assegnatario risultano indagati per il reato previsto dall'articolo 379-bis del codice penale, ovvero hanno rilasciato dichiarazioni pubbliche in merito al procedimento».

3. All'articolo 103 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 5 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il divieto opera anche nel caso di intercettazione eseguita su utenza diversa da quella in uso al difensore o agli altri soggetti incaricati»;
b) dopo il comma 5 è inserito il seguente:
«5-bis. Ferma restando l'eventuale responsabilità penale, costituiscono illecito disciplinare l'annotazione, l'informativa, anche verbale, e l'utilizzazione delle conversazioni o comunicazioni di cui al comma 5».

4. All'articolo 114, comma 2, del codice di procedura penale, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Di tali atti è sempre consentita la pubblicazione per riassunto».
5. All'articolo 114 del codice di procedura penale, dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:
«2-bis. È vietata la pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto, della documentazione e degli atti relativi a conversazioni, anche telefoniche, o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche ovvero ai dati riguardanti il traffico telefonico o telematico, anche se non più coperti dal segreto, fino alla conclusione delle indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare.
2-ter. È vietata la pubblicazione, anche parziale, per riassunto o nel contenuto, delle richieste e delle ordinanze emesse in materia di misure cautelari. Di tali atti è tuttavia consentita la pubblicazione nel contenuto dopo che la persona sottoposta alle indagini o il suo difensore abbiano avuto conoscenza dell'ordinanza del giudice, fatta eccezione per le parti che riproducono la documentazione e gli atti di cui al comma 2-bis».

6. Dopo il comma 6-bis dell'articolo 114 del codice di procedura penale, è inserito il seguente:
«6-ter. Sono vietate la pubblicazione e la diffusione dei nomi e delle immagini dei magistrati relativamente ai procedimenti e processi penali loro affidati. Il divieto relativo alle immagini non si applica all'ipotesi di cui all'articolo 147, comma 1, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie, nonché quando, ai fini dell'esercizio del diritto di cronaca, la rappresentazione dell'avvenimento non possa essere separata dall'immagine del magistrato».

7. All'articolo 114 del codice di procedura penale, il comma 7 è sostituito dal seguente:
«7. È in ogni caso vietata la pubblicazione anche parziale o per riassunto, della documentazione, degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o a flussi di comunicazioni informatiche o telematiche di cui sia stata ordinata la distruzione ai sensi degli articoli 269 e 271. È altresì vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, della documentazione, degli atti e dei contenuti relativi a conversazioni o a flussi di comunicazioni telematiche riguardanti fatti, circostanze e persone estranee alle indagini, di cui sia stata disposta l'espunzione ai sensi dell'articolo 268, comma 7-bis».

8. All'articolo 115 del codice di procedura penale, il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Di ogni iscrizione nel registro degli indagati per fatti costituenti reato di violazione del divieto di pubblicazione commessi dalle persone indicate al comma 1, il procuratore della Repubblica procedente informa immediatamente l'organo titolare del potere disciplinare, che nei successivi trenta giorni, ove siano state verificate la gravità del fatto e la sussistenza di elementi di responsabilità, e sentito il presunto autore del fatto, dispone la sospensione cautelare dal servizio o dall'esercizio della professione fino a tre mesi».

9. L'articolo 266 del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
«Art. 266. - (Limiti di ammissibilità). - 1. L'intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche, di altre forme di telecomunicazione, di immagini mediante riprese visive e l'acquisizione della documentazione del traffico delle conversazioni o comunicazioni sono consentite nei procedimenti relativi ai seguenti reati:
a) delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell'articolo 4;
b) delitti contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell'articolo 4;
c) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope;
d) delitti concernenti le armi e le sostanze esplosive;
e) delitti di contrabbando;
f) reati di ingiuria, minaccia, usura, abusiva attività finanziaria, abuso di informazioni privilegiate, manipolazione del mercato, molestia o disturbo delle persone col mezzo del telefono;
g) delitti previsti dall'articolo 600-ter, terzo comma, del codice penale, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1 del medesimo codice.

2. Negli stessi casi di cui al comma 1 è consentita l'intercettazione di comunicazioni tra presenti solo se vi è fondato motivo di ritenere che nei luoghi ove è disposta si stia svolgendo l'attività criminosa».

10. All'articolo 267 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. Il pubblico ministero, con l'assenso scritto del procuratore della Repubblica, ovvero del procuratore aggiunto o del magistrato appositamente delegati, richiede l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266 al tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente, che decide in composizione collegiale. L'autorizzazione è data con decreto, motivato contestualmente e non successivamente modificabile o sostituibile, quando vi sono evidenti indizi di colpevolezza e le operazioni previste dall'articolo 266 sono assolutamente indispensabili ai fini della prosecuzione delle indagini e sussistono specifiche e inderogabili esigenze relative ai fatti per i quali si procede, fondate su elementi espressamente e analiticamente indicati nel provvedimento, non limitati ai soli contenuti di conversazioni telefoniche intercettate nel medesimo procedimento e frutto di un'autonoma valutazione da parte del giudice»;
b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:
«1.1. Il pubblico ministero, insieme con la richiesta di autorizzazione, trasmette al giudice il fascicolo contenente tutti gli atti di indagine fino a quel momento compiuti»;
c) il comma 1-bis è sostituito dai seguenti:
«1-bis. Nella valutazione degli evidenti indizi di colpevolezza si applica l'articolo 203.
1-ter. Nei procedimenti contro ignoti, l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266 è data, su richiesta della persona offesa, relativamente alle utenze o ai luoghi nella disponibilità della stessa, al solo fine di identificare l'autore del reato.
1-quater. Nei procedimenti contro ignoti, è sempre consentita l'acquisizione della documentazione del traffico delle conversazioni o comunicazioni, al solo fine di identificare le persone presenti sul luogo del reato o nelle immediate vicinanze di esso»;
d) il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero dispone le operazioni previste dall'articolo 266 con decreto, motivato contestualmente e non successivamente modificabile o sostituibile, che va comunicato immediatamente e comunque non oltre le ventiquattro ore al tribunale indicato nel comma 1. Il tribunale, entro quarantotto ore dal provvedimento, decide sulla convalida con decreto, motivato contestualmente e non successivamente modificabile o sostituibile. Se il decreto del pubblico ministero non viene convalidato nel termine stabilito, le operazioni previste dall'articolo 266 non possono essere proseguite e i risultati di esse non possono essere utilizzati»;
e) il comma 3 è sostituito dal seguente:
«3. Il decreto del pubblico ministero che dispone l'intercettazione indica le modalità e la durata delle operazioni per un periodo massimo di trenta giorni, anche non continuativo. Il pubblico ministero dà immediata comunicazione al tribunale della sospensione delle operazioni e della loro ripresa. Su richiesta motivata del pubblico ministero, contenente l'indicazione dei risultati acquisiti, la durata delle operazioni può essere prorogata dal tribunale fino a quindici giorni, anche non continuativi. Una ulteriore proroga delle operazioni fino a quindici giorni, anche non continuativi, può essere autorizzata qualora siano emersi nuovi elementi, specificamente indicati nel provvedimento di proroga unitamente ai presupposti di cui al comma 1»;
f) dopo il comma 3 sono inseriti i seguenti:
«3-bis. Quando l'intercettazione è necessaria per lo svolgimento delle indagini in relazione a delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266 è data se vi sono sufficienti indizi di reato. Nella valutazione dei sufficienti indizi si applica l'articolo 203. La durata delle operazioni non può superare i quaranta giorni, ma può essere prorogata dal tribunale con decreto motivato per periodi successivi di venti giorni, qualora permangano gli stessi presupposti, entro i termini di durata massima delle indagini preliminari. Nei casi di urgenza, alla proroga provvede direttamente il pubblico ministero ai sensi del comma 2. L'intercettazione di comunicazioni tra presenti, di cui al comma 2 dell'articolo 266, disposta in un procedimento relativo ai delitti di cui al presente comma, è consentita anche se non vi è motivo di ritenere che nei luoghi ove è disposta si stia svolgendo l'attività criminosa.
3-ter. Nel decreto di cui al comma 3, il pubblico ministero indica l'ufficiale di polizia giudiziaria responsabile del corretto adempimento delle operazioni, nei casi in cui non vi procede personalmente»;
g) al comma 4 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nei casi di cui al comma 3-bis, il pubblico ministero e l'ufficiale di polizia giudiziaria possono farsi coadiuvare da agenti di polizia giudiziaria»;
h) il comma 5 è sostituito dal seguente:
«5. In apposito registro riservato tenuto in ogni procura della Repubblica sono annotati, secondo un ordine cronologico, la data e l'ora di emissione e la data e l'ora di deposito in cancelleria o in segreteria dei decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano le intercettazioni e, per ciascuna intercettazione, l'inizio e il termine delle operazioni».

11. All'articolo 268 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) i commi 1, 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti:
«1. Le comunicazioni intercettate sono registrate e delle operazioni è redatto verbale. I verbali e i supporti delle registrazioni sono custoditi nell'archivio riservato di cui all'articolo 269.
2. Il verbale di cui al comma 1 contiene l'indicazione degli estremi del decreto che ha disposto l'intercettazione, la descrizione delle modalità di registrazione, l'annotazione del giorno e dell'ora di inizio e di cessazione dell'intercettazione; nel medesimo verbale sono altresì annotati cronologicamente, per ogni comunicazione intercettata, i riferimenti temporali della comunicazione e quelli relativi all'ascolto, la trascrizione sommaria del contenuto, nonché i nominativi delle persone che hanno provveduto alla loro annotazione.
3. Le operazioni di registrazione sono compiute per mezzo degli impianti installati nei centri di intercettazione telefonica istituiti presso ogni distretto di corte d'appello. Le operazioni di ascolto sono compiute mediante gli impianti installati presso la competente procura della Repubblica ovvero, previa autorizzazione del pubblico ministero, presso i servizi di polizia giudiziaria delegati per le indagini»;
b) dopo il comma 3-bis è inserito il seguente:
«3-ter. Ai procuratori generali presso la corte d'appello e ai procuratori della Repubblica territorialmente competenti sono attribuiti i poteri di gestione, vigilanza, controllo e ispezione, rispettivamente, dei centri di intercettazione e dei punti di ascolto di cui al comma 3»;
c) i commi 4, 5 e 6 sono sostituiti dai seguenti:
«4. I verbali e le registrazioni sono immediatamente trasmessi al pubblico ministero. Entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni, essi sono depositati in segreteria insieme con i decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione, rimanendovi per il tempo fissato dal pubblico ministero, comunque non inferiore a cinque giorni, salvo che il tribunale, su istanza delle parti, tenuto conto del loro numero, nonché del numero e della complessità delle intercettazioni, non riconosca necessaria una proroga.
5. Se dal deposito può derivare un grave pregiudizio per le indagini, il tribunale autorizza motivatamente il pubblico ministero a ritardarlo non oltre la data di emissione dell'avviso della conclusione delle indagini preliminari.
6. Ai difensori delle parti è immediatamente dato avviso che, entro il termine di cui ai commi 4 e 5, hanno facoltà di prendere visione dei verbali e dei decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione e di ascoltare le registrazioni ovvero di prendere visione delle videoregistrazioni o cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche. È vietato il rilascio di copia dei verbali, dei supporti e dei decreti»;
d) dopo il comma 6 sono inseriti i seguenti:
«6-bis. È vietato disporre lo stralcio delle registrazioni e dei verbali prima del deposito previsto dal comma 4.
6-ter. Scaduto il termine, il pubblico ministero trasmette immediatamente i decreti, i verbali e le registrazioni al tribunale, il quale fissa la data dell'udienza in camera di consiglio per l'acquisizione delle conversazioni o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche indicati dalle parti, che non appaiono manifestamente irrilevanti, procedendo anche d'ufficio allo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata l'utilizzazione. Il tribunale decide in camera di consiglio a norma dell'articolo 127»;
e) i commi 7 e 8 sono sostituiti dai seguenti:
«7. Il tribunale, qualora lo ritenga necessario ai fini della decisione da assumere, dispone la trascrizione integrale delle registrazioni acquisite ovvero la stampa in forma intelligibile delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche acquisite, osservando le forme, i modi e le garanzie previsti per l'espletamento delle perizie. Le trascrizioni o le stampe sono inserite nel fascicolo per il dibattimento.
7-bis. È sempre vietata la trascrizione delle parti di conversazioni riguardanti fatti, circostanze e persone estranee alle indagini. Il tribunale in ogni caso dispone che i nomi o i riferimenti identificativi di soggetti estranei alle indagini siano espunti dalle trascrizioni delle conversazioni.
8. I difensori possono estrarre copia delle trascrizioni e fare eseguire la trasposizione delle registrazioni su supporto informatico. In caso di intercettazione di flussi di comunicazioni informatiche o telematiche i difensori possono richiedere copia su idoneo supporto dei flussi intercettati, ovvero copia della stampa prevista dal comma 7».

12. All'articolo 269 del codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. I verbali e i supporti contenenti le registrazioni sono conservati integralmente in un apposito archivio riservato tenuto presso l'ufficio del pubblico ministero che ha disposto l'intercettazione, con divieto di allegazione, anche solo parziale, al fascicolo»;
b) al comma 2, primo periodo, dopo le parole: «non più soggetta a impugnazione» sono aggiunte le seguenti: «e delle stesse è disposta la distruzione nelle forme di cui al comma 3»;
c) ai commi 2 e 3, la parola: «giudice» è sostituita dalla seguente: «tribunale».

13. All'articolo 270 del codice di procedura penale, il comma 1 è sostituito dal seguente:
«1. I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali le intercettazioni sono state disposte, salvo che risultino indispensabili per l'accertamento dei delitti di cui agli articoli 51, commi 3-bis e 3-quater, e 407, comma 2, lettera a), e non siano state dichiarate inutilizzabili nel procedimento in cui sono state disposte».

14. L'articolo 270-bis del codice di procedura penale è sostituito dal seguente:
«Art. 270-bis. - (Comunicazioni di appartenenti al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza e ai servizi di informazione per la sicurezza). - 1. Quando le operazioni previste dall'articolo 266 sono disposte su utenze riconducibili ad appartenenti al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza o ai servizi di informazione per la sicurezza, la richiesta è formulata, a pena di nullità, dal procuratore della Repubblica che ne informa il procuratore generale. Il procuratore della Repubblica dispone l'immediata secretazione e la custodia in luogo protetto dei documenti, dei supporti e degli atti relativi alle operazioni eseguite. Quando non procede di persona, il procuratore della Repubblica indica nel decreto di cui all'articolo 267, comma 3, l'ufficiale di polizia giudiziaria incaricato delle operazioni. Tali attività non sono delegabili.
2. Il procuratore della Repubblica trasmette immediatamente e, comunque, entro cinque giorni dall'inizio delle operazioni, al Presidente del Consiglio dei ministri, copia dei documenti, dei supporti e degli atti di cui al comma 1, per accertare se taluna delle informazioni in essi contenuta sia coperta da segreto di Stato. Il procuratore della Repubblica procede allo stesso modo, e nello stesso termine, in relazione ai documenti, supporti e atti acquisiti nei successivi periodi di esecuzione delle operazioni. Il procuratore della Repubblica è personalmente responsabile dell'esecuzione delle operazioni, della secretazione e custodia dei documenti, dei supporti e degli atti ad esse relativi.
3. Prima della risposta del Presidente del Consiglio dei ministri, le informazioni ad esso inviate possono essere utilizzate solo se le esigenze cautelari di cui alle lettere a) e b) dell'articolo 274 hanno carattere eccezionale o quando è necessario intervenire per prevenire o interrompere la commissione di un delitto per il quale è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni. Resta ferma la disciplina concernente la speciale causa di giustificazione prevista per l'attività del personale dei servizi di informazione per la sicurezza.
4. Se entro trenta giorni dalla notificazione della richiesta il Presidente del Consiglio dei ministri non oppone il segreto, l'autorità giudiziaria acquisisce la notizia e provvede per l'ulteriore corso del procedimento.
5. Al di fuori dei casi di cui al comma 1, l'autorità giudiziaria, quando abbia acquisito, tramite le operazioni previste dall'articolo 266, comunicazioni di appartenenti al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza o dei servizi di informazione per la sicurezza, trasmette immediatamente i documenti, i supporti e gli atti concernenti tali comunicazioni al procuratore della Repubblica, che provvede ai sensi dei commi 2 e 3.
6. L'opposizione del segreto di Stato impedisce all'autorità giudiziaria l'utilizzazione delle notizie coperte dal segreto. Della relativa documentazione non può essere a nessun titolo estratta o rilasciata copia.
7. Non è in ogni caso precluso all'autorità giudiziaria di procedere in base ad elementi autonomi e indipendenti dalle informazioni coperte da segreto.
8. Quando è sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, qualora il conflitto sia risolto nel senso dell'insussistenza del segreto di Stato, il Presidente del Consiglio non può più opporlo con riferimento al medesimo oggetto. Qualora il conflitto sia risolto nel senso della sussistenza del segreto di Stato, l'autorità giudiziaria non può acquisire né utilizzare, direttamente o indirettamente, atti o documenti sui quali è stato opposto il segreto di Stato. In questo caso, l'autorità giudiziaria trasmette la documentazione indicata al comma 2 al Dipartimento delle informazioni della sicurezza.
9. In nessun caso il segreto di Stato è opponibile alla Corte costituzionale. La Corte adotta le necessarie garanzie per la segretezza del procedimento».

15. All'articolo 271, comma 1, del codice di procedura penale, le parole «e 268 commi 1 e 3» sono sostituite dalle seguenti: «, 268, commi 1, 3, 5, 6 e 6-bis, e 270-bis, commi 2, 3 e 5».
16. All'articolo 271 del codice di procedura penale, dopo il comma 1 è inserito il seguente:
«1-bis. I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati qualora, nell'udienza preliminare o nel dibattimento, il fatto risulti diversamente qualificato e in relazione ad esso non sussistano i limiti di ammissibilità previsti dall'articolo 266».

17. All'articolo 292 del codice di procedura penale, dopo il comma 2-ter è inserito il seguente:
«2-quater. Nell'ordinanza le intercettazioni di conversazioni, comunicazioni telefoniche o telematiche possono essere richiamate soltanto nel contenuto e sono inserite in un apposito fascicolo allegato agli atti».

18. All'articolo 293 del codice di procedura penale, al comma 3 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In ogni caso i difensori possono prendere visione del contenuto integrale dell'intercettazione, richiamata per contenuto nell'ordinanza per l'applicazione delle misure».
19. All'articolo 329, comma 1, del codice di procedura penale, le parole: «Gli atti d'indagine» sono sostituite dalle seguenti: «Gli atti e le attività d'indagine».
20. All'articolo 329 del codice di procedura penale, il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Quando è necessario per la prosecuzione delle indagini, il pubblico ministero può chiedere al giudice l'autorizzazione alla pubblicazione di singoli atti o di parti di essi. In tal caso gli atti pubblicati sono depositati presso la segreteria del pubblico ministero».

21. Alla parte seconda, libro V, titolo I, del codice di procedura penale, dopo l'articolo 329 è aggiunto il seguente:
«Art. 329-bis. - (Obbligo del segreto per le intercettazioni). - 1. I verbali, le registrazioni e i supporti relativi alle conversazioni o ai flussi di comunicazioni informatiche o telematiche custoditi nell'archivio riservato previsto dall'articolo 269, non acquisiti al procedimento, nonché la documentazione comunque ad essi inerente, sono sempre coperti dal segreto.
2. I documenti che contengono dati inerenti a conversazioni o comunicazioni telefoniche, informatiche o telematiche, illecitamente formati o acquisiti, e i documenti redatti attraverso la raccolta illecita di informazioni, ove non acquisiti al procedimento, sono sempre coperti dal segreto; i medesimi documenti, se acquisiti al procedimento come corpo del reato, sono coperti dal segreto fino alla chiusura delle indagini preliminari».

22. All'articolo 380, comma 2, lettera m), del codice di procedura penale, dopo le parole: «o dalle lettere a), b), c), d),» sono inserite le seguenti: «e), e-bis),».
23. All'articolo 89 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 1 è abrogato;
b) al comma 2, le parole: «I nastri contenenti le registrazioni» sono sostituite dalle seguenti: «I supporti contenenti le registrazioni e i flussi di comunicazioni informatiche o telematiche» e dopo le parole: «previsto dall'articolo 267, comma 5» sono inserite le seguenti «, nonché il numero che risulta dal registro delle notizie di reato di cui all'articolo 335»;
c) dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:
«2-bis. Il procuratore della Repubblica designa un funzionario responsabile del servizio di intercettazione, della tenuta del registro riservato delle intercettazioni e dell'archivio riservato nel quale sono custoditi i verbali e i supporti.
2-ter. In relazione alle informazioni, documenti, supporti e atti relativi alle operazioni di cui all'articolo 270-bis, si applicano le disposizioni in materia di protezione e tutela dei documenti e materiali classificati ovvero coperti da segreto di Stato».

24. All'articolo 129 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo le parole: «dell'imputazione» sono inserite le seguenti: «, con espressa menzione degli articoli di legge che si assumono violati, nonché della data e del luogo del fatto»;
b) il comma 2 è sostituito dal seguente:
«2. Quando l'azione penale è esercitata nei confronti di un ecclesiastico o di un religioso del culto cattolico, l'informazione è inviata all'autorità ecclesiastica di cui ai commi 2-ter e 2-quater»;
c) dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:
«2-bis. Il pubblico ministero invia l'informazione anche quando taluno dei soggetti indicati nei commi 1 e 2 è stato arrestato o fermato, ovvero quando è stata applicata nei suoi confronti la misura della custodia cautelare; nei casi in cui risulta indagato un ecclesiastico o un religioso del culto cattolico invia, altresì, l'informazione quando è stata applicata nei suoi confronti ogni altra misura cautelare personale, nonché quando procede all'invio dell'informazione di garanzia di cui all'articolo 369 del codice.
2-ter. Quando risulta indagato o imputato un vescovo diocesano, prelato territoriale, coadiutore, ausiliare, titolare o emerito, o un ordinario di luogo equiparato a un vescovo diocesano, abate di un'abbazia territoriale o sacerdote che, durante la vacanza della sede, svolge l'ufficio di amministratore della diocesi, il pubblico ministero invia l'informazione al cardinale Segretario di Stato.
2-quater. Quando risulta indagato o imputato un sacerdote secolare o appartenente a un istituto di vita consacrata o a una società di vita apostolica, il pubblico ministero invia l'informazione all'ordinario diocesano nella cui circoscrizione territoriale ha sede la procura della Repubblica competente»;
d) il comma 3-bis è abrogato.

25. All'articolo 147 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 2 è abrogato;
b) al comma 3, le parole: «dei commi 1 e 2» sono sostituite dalle seguenti: «del comma 1».

26. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:
a) l'articolo 379-bis è sostituito dal seguente:
«Art. 379-bis. - (Rivelazione illecita di segreti inerenti a un procedimento penale). - Chiunque rivela indebitamente notizie inerenti ad atti o a documentazione del procedimento penale coperti dal segreto, dei quali è venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio o servizio svolti in un procedimento penale, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della reclusione fino a un anno.
Chiunque, dopo avere rilasciato dichiarazioni nel corso delle indagini preliminari, non osserva il divieto imposto dal pubblico ministero ai sensi dell'articolo 391-quinquies del codice di procedura penale è punito con la reclusione fino a un anno.
Le pene sono aumentate se il fatto concerne comunicazioni di servizio di appartenenti al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza o ai servizi di informazione per la sicurezza.
Per i reati di cui al presente articolo la competenza è determinata ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale»;
b) all'articolo 614, primo comma, le parole: «di privata dimora» sono sostituite dalla seguente: «privato»;
c) all'articolo 617 del codice penale, dopo il terzo comma è aggiunto il seguente:
«Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque pubblica intercettazioni in violazione dell'articolo 114, comma 7, del codice di procedura penale è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni»;
d) dopo l'articolo 617-sexies è inserito il seguente:
«Art. 617-septies. - (Accesso abusivo ad atti del procedimento penale). - Chiunque mediante modalità o attività illecita prende diretta cognizione di atti del procedimento penale coperti dal segreto è punito con la pena della reclusione da uno a tre anni»;
e) all'articolo 684, le parole: « con l'ammenda da euro 51 a euro 258» sono sostituite dalle seguenti: «o con l'ammenda da euro 1.000 a euro 5.000.»;
f) all'articolo 684 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:
«La stessa pena di cui al primo comma si applica per la violazione dei divieti previsti dall'articolo 114, comma 6-ter, del codice di procedura penale.
Se il fatto di cui al primo comma riguarda le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche o di altre forme di telecomunicazione, le immagini mediante riprese visive o l'acquisizione della documentazione del traffico delle conversazioni o comunicazioni stesse, la pena è dell'arresto fino a trenta giorni o dell'ammenda da euro 2.000 a euro 10.000»;
g) al libro III, titolo I, capo I, sezione III, paragrafo 1, del codice penale, dopo l'articolo 685 è aggiunto il seguente:
«Art. 685-bis. - (Omesso controllo in relazione alle operazioni di intercettazione). - Salva la responsabilità dell'autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, i soggetti di cui agli articoli 268, comma 3-ter, del codice di procedura penale e 89, comma 2-bis, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, che omettono di esercitare il controllo necessario ad impedire la indebita cognizione di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni telefoniche, di altre forme di telecomunicazione, di immagini mediante riprese visive e della documentazione del traffico della conversazione o comunicazione stessa di cui all'articolo 266, comma 1, del codice di procedura penale, sono puniti con l'ammenda da euro 500 a euro 1.032».

27. Dopo l'articolo 25-octies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, è inserito il seguente:
«Art. 25-nonies. - (Responsabilità per il reato di cui all'articolo 684 del codice penale). - 1. In relazione alla commissione del reato previsto dall'articolo 684 del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da duecentocinquanta a trecento quote».

28. All'articolo 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) dopo il terzo comma è inserito il seguente:
«Per le trasmissioni radiofoniche o televisive, le dichiarazioni o le rettifiche sono effettuate ai sensi dell'articolo 32 del testo unico della radiotelevisione, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177. Per i siti informatici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono»;
b) al quarto comma, dopo le parole: «devono essere pubblicate» sono inserite le seguenti: «, senza commento,»;
c) dopo il quarto comma è inserito il seguente:
«Per la stampa non periodica l'autore dello scritto, ovvero i soggetti di cui all'articolo 57-bis del codice penale, provvedono, su richiesta della persona offesa, alla pubblicazione, a proprie cura e spese su non più di due quotidiani a tiratura nazionale indicati dalla stessa, delle dichiarazioni o delle rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini o ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro reputazione o contrari a verità, purché le dichiarazioni o le rettifiche non abbiano contenuto di rilievo penale. La pubblicazione in rettifica deve essere effettuata, entro sette giorni dalla richiesta, con idonea collocazione e caratteristica grafica e deve inoltre fare chiaro riferimento allo scritto che l'ha determinata»;
d) al quinto comma, le parole: «trascorso il termine di cui al secondo e terzo comma,» sono sostituite dalle seguenti: «trascorso il termine di cui al secondo, terzo, quarto, per quanto riguarda i siti informatici, e sesto comma» e le parole: «in violazione di quanto disposto dal secondo, terzo e quarto comma» sono sostituite dalle seguenti: «in violazione di quanto disposto dal secondo, terzo, quarto, per quanto riguarda i siti informatici, quinto e sesto comma»;
e) dopo il quinto comma è inserito il seguente:
«Della stessa procedura può avvalersi l'autore dell'offesa, qualora il direttore responsabile del giornale o del periodico, il responsabile della trasmissione radiofonica, televisiva o delle trasmissioni informatiche o telematiche non pubblichino la smentita o la rettifica richiesta».

29. Al titolo I, capo VI, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, dopo l'articolo 90 è aggiunto il seguente:
«Art. 90-bis. - (Spese di gestione e di amministrazione in materia di intercettazioni telefoniche e ambientali). - 1. Entro il 31 marzo di ogni anno ciascun procuratore della Repubblica trasmette al Ministro della giustizia una relazione sulle spese di gestione e di amministrazione riferite alle intercettazioni telefoniche e ambientali effettuate nell'anno precedente. Ai fini del controllo sulla gestione amministrativa di cui alla legge 14 gennaio 1994, n. 20, la relazione è trasmessa dal Ministro della giustizia al procuratore generale della Corte dei conti».

30. Con decreto del Ministro della giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura, è stabilito annualmente lo stanziamento complessivo massimo di spesa per il servizio riguardante le operazioni di intercettazione ripartito per ciascun distretto di Corte di appello. Il procuratore generale della Corte di appello provvede alla ripartizione dello stanziamento tra le singole procure della Repubblica. Il limite di spesa può essere derogato su richiesta del procuratore capo al procuratore generale per comprovate sopravvenute esigenze investigative.
31. All'attuazione del comma 30 si provvede nell'ambito delle risorse previste a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
32. L'articolo 13 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni, è abrogato.
33. Al codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 5 dell'articolo 139 è sostituito dal seguente:
«5. In caso di violazione delle prescrizioni contenute nel codice di deontologia o, comunque, delle disposizioni di cui agli articoli 11 e 137 del presente codice, il Garante può vietare il trattamento o disporne il blocco ai sensi dell'articolo 143, comma 1, lettera c)»;
b) dopo il comma 5 sono inseriti i seguenti:
«5-bis. Nell'esercizio dei compiti di cui agli articoli 143, comma 1, lettere b) e c) e 154, comma 1, lettere c) e d), il Garante può anche prescrivere, quale misura necessaria a tutela dell'interessato, la pubblicazione o diffusione in una o più testate della decisione che accerta la violazione, per intero o per estratto, ovvero di una dichiarazione riassuntiva della medesima violazione.
5-ter. Nei casi di cui al comma 5-bis, il Consiglio nazionale e il competente consiglio dell'Ordine dei giornalisti anche in relazione alla responsabilità disciplinare, nonché, ove lo ritengano, le associazioni rappresentative di editori, possono far pervenire documenti e la richiesta di essere sentiti.
5-quater. La pubblicazione o diffusione di cui al comma 5-bis è effettuata gratuitamente nel termine e secondo le modalità prescritti con la decisione, anche per quanto riguarda la collocazione, le relative caratteristiche anche tipografiche e l'eventuale menzione di parti interessate. Per le modalità e le spese riguardanti la pubblicazione o diffusione disposta su testate diverse da quelle attraverso la quale è stata commessa la violazione, si osservano le disposizioni di cui all'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 2003, n. 284»;
c) all'articolo 170, comma 1, dopo le parole: «26, comma 2, 90,» sono inserite le seguenti: «139, comma 5-bis,».

34. Le disposizioni della presente legge non si applicano ai procedimenti pendenti alla data della sua entrata in vigore.
35. Le disposizioni di cui al comma 3 dell'articolo 268 del codice di procedura penale, come sostituito dall'articolo 1, comma 11, della presente legge, si applicano decorsi tre mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'apposito decreto del Ministro della giustizia che dispone l'entrata in funzione dei centri di intercettazione telefonica di cui al medesimo comma 3 dell'articolo 268. Fino a tale data continuano a trovare applicazione le disposizioni del comma 3 dell'articolo 268 del codice di procedura penale nel testo vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge.

Conseguentemente sopprimere gli articoli da 2 a 23.
1. 1000.Il Governo.
(Approvato)

A.C. 1415-A - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, recante norme in materia di intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, rappresenta una tappa fondamentale di un processo di riforma in una materia alquanto delicata che, oltre ad incidere in maniera significativa sul diritto penale sostanziale e processuale, deve necessariamente tener conto di interessi contrapposti e costituzionalmente rilevanti, quali l'esigenza di ricerca della prova, il diritto di cronaca e il diritto alla riservatezza del soggetto intercettato;
il tema delle intercettazioni è stato anche in passato oggetto di grande attenzione sia da parte dell'opinione pubblica, sia da parte del Parlamento ma, in moltissimi casi, si è assistito ad una vera e propria strumentalizzazione, con clamorosi casi di fughe di notizie e coinvolgimento di persone estranee ad una determinata inchiesta giudiziaria oggetto di intercettazione, con gravi danni alla privacy dei soggetti coinvolti e a cui, soprattutto, non è seguita l'individuazione dei responsabili;
è necessario, dunque, contrastare l'uso improprio di uno strumento di grande importanza nella lotta alla criminalità, attraverso un inasprimento delle sanzioni nei confronti appunto di chi, per motivi istituzionali o d'ufficio, detiene il contenuto delle intercettazioni,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa di propria competenza, anche di natura normativa, volta a ridurre il rischio dell'abuso dello strumento delle intercettazioni telefoniche, telematiche ed ambientali, con maggiori controlli ed un inasprimento delle sanzioni nei confronti dei soggetti che, per i propri compiti istituzionali o di ufficio, vengano in possesso del testo delle intercettazioni e le diffondano in modo improprio recando ingiusto danno alle persone coinvolte.
9/1415-A/1. Garagnani.

La Camera,
premesso che:
è urgente e nel programma del Governo razionalizzare e contenere l'eccessivo costo delle intercettazioni telefoniche;
le spese relative a queste operazioni sono oggi tutte riunite in un capitolo di spesa (1360) ove confluiscono tutte le altre diversificate spese di giustizia, da quelle previste per il gratuito patrocinio a quelle relative ai periti;
in detto capitolo, accanto a tutte le altre spese di giustizia, con riguardo alle operazioni di intercettazione sono imputati sia gli oneri eventualmente dovuti agli operatori sia le spese dei fornitori di servizi a supporto delle attività di intercettazioni: le prestazioni dei primi, obbligatorie, sono determinate nella forma di canone annuo ai sensi dell'articolo 96 del decreto legislativo 1o agosto 2003 n. 259 (codice delle comunicazioni elettroniche); i costi dei secondi sono rimessi al libero mercato;
la riunione all'interno di un unico capitolo di spesa di voci tanto diverse, anche quando interessano la medesima fattispecie come nel caso delle intercettazioni, impedisce qualsiasi forma di programmazione di spesa,

impegna il Governo

a verificare la possibilità di istituire un capitolo di spesa autonomo dedicato alle intercettazioni telefoniche e articolato, al suo interno, tra le spese sostenute dai fornitori di servizi e quelle relative agli eventuali oneri da riconoscere agli operatori.
9/1415-A/2.Nicola Molteni, Brigandì, Paolini.

La Camera,
premesso che:
è urgente e nel programma del Governo razionalizzare i costi delle operazioni di intercettazione;
l'articolo 21 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, come sostituito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, in sede di conversione, prevede che «per il pagamento delle spese di giustizia non è ammesso il ricorso all'anticipazione da parte degli uffici postali, tranne che per gli atti di notifiche nei procedimenti penali e per gli atti di notifiche e di espropriazione forzata nei procedimenti civili quando i relativi oneri sono a carico dell'erario»;
l'applicazione di tale disposizione alle spese sostenute dai fornitori di servizi a supporto dell'attività di intercettazione ha sensibilmente rallentato il saldo di quanto loro dovuto con ricadute sulla razionalizzazione delle spese di giustizia e, più in generale, sull'efficienza del sistema,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con le esigenze di finanza pubblica, di adottare le necessarie iniziative legislative al fine di ripristinare l'anticipazione da parte degli uffici postali dei costi sostenuti dai fornitori dei servizi a supporto delle attività di intercettazioni.
9/1415-A/3. Brigandì, Nicola Molteni, Paolini.

La Camera,
premesso che:
il traffico illecito dei rifiuti e altri reati ambientali - come gli incendi boschivi dolosi e lo sfruttamento degli animali da parte della criminalità organizzata - sono delitti gravissimi che ogni anno concorrono a danneggiare gravemente il territorio italiano mettendo a rischio l'incolumità delle persone e dell'ambiente;
anche grazie alle intercettazioni telefoniche, rese possibili nelle indagini per questi reati dall'articolo 53-bis del «decreto Ronchi» (oggi articolo 260 del decreto legislativo. n. 152 del 2006), le forze dell'ordine dal 2002 ad oggi hanno portato a buon fine 131 inchieste, con 841 arresti, che vedevano coinvolte 574 aziende e denunciato 2425 persone tra imprenditori, autotrasportatori, funzionari pubblici e tecnici corrotti, intermediari nella gestione dei rifiuti oltre a diverse organizzazioni criminali;
il traffico e lo smaltimento illegale dei rifiuti è un crimine odioso che avvelena l'aria, contamina le falde acquifere, inquina i fiumi e le coltivazioni agricole, minaccia la salute dei cittadini, contaminando con metalli pesanti, diossine e altre sostanze cancerogene prodotti che arrivano sulla tavola delle famiglie. Questo fenomeno è purtroppo diffuso in quasi tutte le regioni italiane, ma in alcune aree del Paese, come la Campania, gli smaltimenti illegali di rifiuti pericolosi e i roghi dei clan della camorra hanno causato delle vere e proprie piaghe per quei territori e l'abbattimento di migliaia di capi di bestiame il cui latte risultava contaminato da tali quantità di diossina da essere considerato un rifiuto industriale;
si tratta di un fenomeno che alimenta il redditizio giro d'affari delle ecomafie stimabile, solo per il ciclo dei rifiuti in 7 miliardi di euro. Un'intricata rete criminale che conta su pratiche collaudate di corruzione, frode, evasione fiscale, in cui imprenditori e amministratori pubblici, non sempre inconsapevoli, affidano i rifiuti a pseudo professionisti dediti alla truffa dello smaltimento illecito. Una pratica spregiudicata, che annienta l'economia pulita, quasi sempre condotta attraverso la falsificazione dei documenti di accompagnamento, il cosiddetto giro bolla, che trasforma rifiuti speciali, spesso nocivi, in rifiuti, per così dire, innocui,

impegna il Governo

a vigilare affinché le nuove norme introdotte in materia di intercettazioni telefoniche non indeboliscano il contrasto nei confronti di questi reati gravissimi e la repressione di uno dei fronti più avanzati delle politiche criminali ed economiche delle ecomafie.
9/1415-A/4. Realacci, Granata, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Frassinetti, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Mariani, Martella, Mastromauro, Morassut, Motta, Murgia, Rampelli, Viola, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
le disposizioni del comma 28, lettera a), dell'articolo 1 estendono ai siti informatici le procedure di rettifica delle informazioni ritenute non veritiere o lesive della reputazione dei soggetti coinvolti;
come già si rilevava nel parere espresso sul provvedimento in esame dalla IX Commissione (trasporti, poste e telecomunicazioni) in data 18 febbraio 2009, tale previsione, in quanto riferita ad un termine generico come «siti informatici», potrebbe essere interpretata nel senso di porre l'obbligo di rettifica a carico, piuttosto che degli autori dei contenuti diffamatori, dei gestori di piattaforme che ospitano contenuti realizzati da terzi, che, in considerazione del volume dei contenuti ospitati dalla piattaforma, non sarebbero in grado di far fronte a tale obbligo;
la disposizione sopra richiamata dovrebbe pertanto essere interpretata nel senso di porre l'obbligo di rettifica, di cui all'articolo 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, come modificato dalla lettera a) del comma 28 dell'articolo 1 del provvedimento in esame, a carico degli autori dei contenuti diffamatori,

impegna il Governo

ad assumere tutte le opportune iniziative per assicurare che in fase di applicazione delle disposizioni dell'articolo 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, come modificato dalla lettera a) del comma 28 dell'articolo 1 del provvedimento in esame, siano applicate nel senso di porre l'obbligo di rettifica a carico degli autori dei contenuti diffamatori.
9/1415-A/5. Valducci.

La Camera,
premesso che:
le modifiche apportate dalla Commissione al testo giunto in Aula contengono disposizioni che hanno destato un forte allarme tra gli operatori dell'informazione e nei settore dell'editoria;
in particolare, è disposto il divieto della pubblicazione, anche per riassunto, di ogni documentazione e degli atti relativi a conversazioni, anche telefoniche o flussi di comunicazioni informatiche o telematiche o i dati riguardanti il traffico telefonico, anche se non più coperti dal segreto, fino alla fine delle indagini preliminari;
è previsto altresì il divieto assoluto di pubblicare il contenuto delle richieste di misure cautelari fino a quando indagato e difensore non ne siano venuti a conoscenza;
nei casi più gravi, quando siano pubblicati brani di intercettazioni destinate alla distruzione o di persone estranee alle indagini è, infine previsto il carcere per i giornalisti;
infine, sono state inasprite le sanzioni pecuniarie nei confronti degli editori,

impegna il Governo

a valutare, ferma restando la necessità di garantire e tutelare il diritto alla privacy e di evitare abusi e distorsioni, l'opportunità di monitorare l'impatto della norma in questione sul diritto costituzionalmente garantito della libertà di espressione e a verificare che non venga limitato pesantemente il diritto dei cittadini ad essere informati, prevedendone eventualmente i correttivi conseguenti.
9/1415-A/6. Rao, Vietti, Occhiuto.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali rappresentano un prezioso ed insostituibile strumento di indagine soprattutto nella lotta al crimine organizzato, al terrorismo e ad altri delitti particolarmente gravi;
allo stato, il servizio di intercettazione è affidato a società private altamente specializzate, su incarico degli uffici giudiziari, tuttavia risulterebbe che le procure abbiamo maturato, nel corso degli anni, un debito pari a circa 450 milioni di euro;
il mancato introito di tale importo espone le aziende interessate al rischio di fallimento tanto che tali società hanno indetto il blocco delle attività di intercettazione richieste dall'autorità giudiziaria, in quanto impossibilitate a svolgere il proprio lavoro;
tale eventualità comprometterebbe numerose indagini in corso in materia di criminalità organizzata,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile a garantire il saldo del credito vantato dalle aziende incaricate dello svolgimento delle operazioni captative e ad adoperarsi per evitare nel futuro analoghe situazioni, sia per impedire la chiusura delle aziende sia per evitare la sospensione delle operazioni e quindi delle indagini in corso.
9/1415-A/7. Compagnon, Vietti, Rao, Occhiuto.

La Camera,
premesso che:
la scoperta di archivi paralleli, contenenti documentazioni ed atti relativi a conversazioni telefoniche o riguardanti il traffico telefonico di persone coinvolte in indagini giudiziarie, ha dimostrato come il conferimento del servizio di intercettazioni a privati possa diventare fonte di abusi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere iniziative normative volte all'istituzione di un ente pubblico titolare e responsabile di tutte le operazioni di intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche, di altre forme di telecomunicazione, di immagini mediante riprese visive, e l'acquisizione della documentazione del traffico delle conversazioni o comunicazioni, richieste e autorizzate dall'autorità giudiziaria.
9/1415-A/8. Pezzotta, Vietti, Rao, Occhiuto.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
l'articolo l, commi 1 e 2, modifica gli articoli 36 e 53 del codice di procedura penale prevedendo un ulteriore obbligo di astensione del giudice e di sostituzione del pubblico ministero nel caso in cui, rispettivamente, il giudice abbia rilasciato pubbliche dichiarazioni e il pubblico ministero risulti solamente iscritto nel registro degli indagati per il reato di illecita rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale (articolo 379-bis del codice di procedura penale);
tale norma costituisce un grave attacco, per la sua indeterminatezza e discrezionalità di valutazione delle condotte, all'autonomia e alla indipendenza della magistratura: in particolare si presta a strumentalizzazioni, perché è sufficiente un esposto o una denuncia nei confronti di un pubblico ministero «scomodo» per l'iscrizione nel registro delle notizie di reato di un procedimento a suo carico per il reato ex articolo 379-bis del codice di procedura penale, per autorizzare il procuratore della Repubblica a provvedere alla sostituzione dello stesso nell'indagine di cui è assegnatario,

impegna il Governo

a riferire al Parlamento, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. acquisendo i dati dalle procure generali della Repubblica e dai presidenti delle corti d'appello, circa i casi in cui il giudice è stato chiamato ad astenersi e quelli in cui il pubblico ministero è stato sostituito nelle indagini perché indagato per il reato di cui all'articolo 379-bis codice di procedura penale, evidenziando anche i nomi degli esponenti o la fonte della notizia di reato, nonché l'esito del procedimento a carico del magistrato medesimo.
9/1415-A/9. Ferranti.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi,

impegna il Governo

ad adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, adeguate misure volte al monitoraggio degli effetti dell'applicazione delle nuove norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche ed ambientali.
9/1415-A/10. Tenaglia.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini per reati ambientali.
9/1415-A/11. Melis.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di violenza sessuale.
9/1415-A/12. Ciriello, Pollastrini.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite al reato di stalking.
9/1415-A/13. Concia.

La Camera,
premesso che:
uno dei campi in cui più delicato è il contrasto tra le esigenze investigative proprie della giustizia penale e quelle di tutela del diritto alla riservatezza è costituito, con tutta evidenza, dalle intercettazioni di comunicazioni;
i commi 15 e 16 dell'emendamento 1.1000 del Governo vietano l'utilizzazione delle intercettazioni qualora nel corso dell'udienza preliminare o del dibattimento il titolo del reato, al quale gli stessi afferiscono, venga modificato in un altro che non consente l'intercettazione;
si tratta di un passaggio normativo necessario per contrastare il fenomeno delle iscrizioni strumentali,

impegna il Governo:

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere una deroga che consenta comunque l'utilizzazione dei risultati delle intercettazioni ogni qualvolta e solo nel caso in cui vi sia semplice mutamento del nomen iuris della fattispecie contestata, fermo restando il divieto di utilizzabilità in relazione al reato concorrente o alle ipotesi di fatto nuovo o diverso.
9/1415-A/14. Piffari.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati legati allo sfruttamento della prostituzione.
9/1415-A/15. Madia.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati contro la pubblica amministrazione.
9/1415-A/16. Naccarato.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati in materia di sicurezza sul lavoro.
9/1415-A/17. Gatti.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 317 del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/18. Vassallo.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 319-ter del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/19. Bachelet.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 423-bis del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/20. Barbi, Boccia.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 575 del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/21. Berretta.

La Camera,
premesso che:
come dimostrano le numerose operazioni delle forze dell'ordine, oggi le organizzazioni criminali sono sempre più capillari e sempre meno identificabili;
operano organizzazioni criminali i cui componenti non sono affiliati ai gruppi mafiosi;
lo strumento di ricerca della prova, quale è l'intercettazione, è necessario a verificare gli eventuali collegamenti delle organizzazioni criminali con le realtà mafiose,

impegna il Governo

entro sei mesi dall'approvazione della presente legge, a informare il Parlamento sull'attuazione della stessa al fine di verificare la necessità delle modifiche normative per consentire l'autorizzazione a disporre le intercettazioni per reati di criminalità organizzata sulla base di sufficienti indizi di reato.
9/1415-A/22. Andrea Orlando, Bossa.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 600-ter del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/23. Boccuzzi.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 600-quinquies del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/24. Calvisi.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 605 del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/25. Cardinale, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 609-bis del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/26. Marco Carra.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 609-quater del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/27.Cuomo.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 628 del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/28.De Biasi.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 629 del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/29. De Micheli.

La Camera,
premesso che:
vi sono reati di grande allarme sociale come: sequestro di persona, violenza sessuale, usura, concussione, omicidio, corruzione in atti giudiziari, atti di violenza con minorenne;
alcuni dei reati succitati sono strettamente collegati alla criminalità organizzata come, in particolare, l'estorsione e l'usura;
per questi reati lo strumento di ricerca della prova dell'intercettazione è fondamentale per acquisire gli elementi necessari ad individuarne gli autori,

impegna il Governo

entro sei mesi dall'approvazione della presente legge, a informare il Parlamento sull'attuazione della stessa al fine di verificare la necessità delle modifiche normative per consentire l'autorizzazione a disporre le intercettazioni per reati di sequestro di persona, violenza sessuale, usura, concussione, omicidio, corruzione in atti giudiziari, atti di violenza con minorenne, sulla base di sufficienti indizi di reato.
9/1415-A/30.Garavini.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 644 del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/31.De Torre.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/32.Farinone.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/33.Fiorio.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 317 del codice penale.
9/1415-A/34.Froner.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 319 del codice penale.
9/1415-A/35.Ginefra.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 319-ter del codice penale.
9/1415-A/36.Gnecchi.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 423-bis del codice penale.
9/1415-A/37.Graziano.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 575 del codice penale, a carico di ignoti.
9/1415-A/38.Laratta.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 600-bis del codice penale, a carico di ignoti.
9/1415-A/39.Lenzi.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 600-ter del codice penale.
9/1415-A/40.Lo Moro.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 600-quinquies del codice penale.
9/1415-A/41.Marrocu.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento, richiedendo specifici dati a tutte le procure della Repubblica d'Italia, in quanti procedimenti iscritti a carico degli indagati per il reato di cui all'articolo 319 del codice penale si siano interrotte le intercettazioni per il raggiungimento del massimo periodo di durata delle stesse, pur essendo emersi elementi meritevoli di approfondimento.
9/1415-A/42.Piccolo.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 605 del codice penale.
9/1415-A/43.Mastromauro.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 609-bis del codice penale.
9/1415-A/44.Meta.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 609-quater del codice penale.
9/1415-A/45.Miglioli.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 628 del codice penale.
9/1415-A/46.Mosca.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 629 del codice penale.
9/1415-A/47.Murer.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 644 del codice penale.
9/1415-A/48.Oliverio.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
9/1415-A/49.Peluffo.

La Camera,
premesso che:
gli eccessi e gli abusi che si sono verificati in questi ultimi anni nell'utilizzazione e nella pubblicazione delle intercettazioni telefoniche hanno reso necessaria una riforma della disciplina sulle intercettazioni diretta a contemperare il diritto alla riservatezza individuale con la tutela del segreto processuale, da un lato, e le esigenze investigative con il diritto ad informare e ad essere informati, dall'altro;
il testo del disegno di legge su cui il Governo ha posto la questione di fiducia introduce norme molto dannose per la sicurezza dei cittadini. In nome di una «falsa tutela della privacy», si indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova». Uno strumento che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
la nuova legge limita in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini. L'uso delle intercettazioni come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo. Per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo;
con queste norme sarà davvero impossibile ricorrere allo strumento delle intercettazioni nelle indagini contro tutti i reati dove i responsabili risultano ignoti,

impegna il Governo

entro un anno dall'approvazione della presente legge, a comunicare al Parlamento quanti procedimenti siano stati archiviati per essere rimasti ignoti gli autori del reato, comparandoli con i dati relativi all'anno precedente all'entrata in vigore della legge, con particolare riferimento al reato di cui all'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75.
9/1415-A/50.Pes.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame introduce una profonda innovazione in merito alla competenza ad autorizzare l'intercettazione, che viene affidata al tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha richiesto l'intercettazione, in composizione collegiale;
lo strumento intercettivo è un supporto di indagine fondamentale, se immediatamente attivato, specialmente per alcuni tipi di indagine, in quanto consente di ottenere con immediatezza informazioni indispensabili al successo dell'azione di polizia;
il nuovo testo del disegno di legge in esame prevede che le intercettazioni sono consentite nei procedimenti relativi a tutti i reati di «allarme sociale», con particolare riferimento a quelli commessi contro le donne e i minori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ogni direttiva utile affinché le modalità investigative si svolgano in modo sempre più efficace nei procedimenti relativi ai reati commessi a mezzo del telefono o delle reti informatiche ai danni di minori.
9/1415-A/51.Di Giuseppe.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 644 del codice penale.
9/1415-A/52.Touadi.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 628 del codice penale.
9/1415-A/53.Cavallaro.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 609-quater del codice penale.
9/1415-A/54.Mattesini.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 609-bis del codice penale.
9/1415-A/55.Codurelli.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 605 del codice penale.
9/1415-A/56.Cuperlo.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 600-quinquies del codice penale.
9/1415-A/57.Sbrollini.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 600-ter del codice penale.
9/1415-A/58.Sarubbi.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 600-bis del codice penale.
9/1415-A/59.Tidei.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 575 del codice penale.
9/1415-A/60.Rossomando.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 423-bis del codice penale.
9/1415-A/61.Braga.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 319-ter del codice penale.
9/1415-A/62.Samperi.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 319 del codice penale.
9/1415-A/63.Vaccaro.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 629 del codice penale.
9/1415-A/64.Tocci.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 317 del codice penale.
9/1415-A/65.Zaccaria, Picierno.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
9/1415-A/66.Tullo.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75.
9/1415-A/67.Velo.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 544-quater del codice penale.
9/1415-A/68.Margiotta.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano un strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
la nuova legge limita dunque in modo sconsiderato la possibilità di usare le intercettazioni nel corso delle indagini: l'utilizzazione di esse come strumento per la ricerca delle prove sarà consentito in realtà solo per alcuni reati tipicamente legati alla criminalità organizzata e al terrorismo, mentre, per tutti gli altri reati, cosiddetti comuni, che affliggono la vita quotidiana e mettono a rischio la sicurezza dei cittadini le nuove norme introducono molti ostacoli che impediscono l'efficace utilizzo di questo importante strumento investigativo che negli anni ha consentito di risolvere importanti casi;
con il testo approvato si prevede che l'uso delle intercettazioni potrà essere autorizzato solo in presenza di «evidenti indizi di colpevolezza». Si potrà quindi richiedere l'autorizzazione dell'intercettazione solo dopo che sia stato già individuato un colpevole. Si tratta di una palese contraddizione in termini, di una norma del tutto irragionevole;
anche nel caso in cui le intercettazioni fossero autorizzate gli investigatori le potranno utilizzare per un periodo di tempo limitato: al massimo per 60 giorni. Un periodo incongruo e assolutamente inadeguato ad una indagine che può durare per legge anche un anno e mezzo,

impegna il Governo

a garantire, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'elaborazione e la diffusione di dati statistici relativi alla sua applicazione, con particolare riferimento alle indagini riferite ai reati di cui all'articolo 544-quinquies del codice penale.
9/1415-A/69.Zampa.

La Camera,
premesso che:
le intercettazioni rappresentano uno strumento di indagine e di ricerca della prova insostituibile, alcune volte sicuramente indispensabili, in ogni caso certamente di grande efficacia, che deve essere, certo, attentamente regolato dalla legge, in attuazione dell'articolo 15 della Costituzione;
la realizzazione del contemperamento delle esigenze investigative con il diritto alla riservatezza sia di soggetti estranei che degli indagati dovrebbe, dunque, essere il denominatore comune per una sua corretta disciplina;
il provvedimento in esame introduce, invece, un insieme di norme estremamente dannose per la sicurezza dei cittadini, che, in nome di una «falsa tutela della privacy», indebolisce in modo smisurato uno strumento essenziale ed insostituibile per la «ricerca della prova» e che in questi anni ha portato alla soluzione di numerosissimi casi, non solo legati alla criminalità organizzata e al terrorismo;
il disegno di legge in esame contiene anche un duro attacco al diritto di cronaca e una sua compressione esagerata, tanto da arrivare a configurare un vero e proprio bavaglio all'informazione: con le nuove norme tutti gli organi di stampa (televisioni, giornali, radio e siti internet) non potranno più informare per tutta la durata delle indagini sul contenuto degli atti di cronaca giudiziaria;
il provvedimento in esame interessa pesantemente anche la produzione libraria e impatta in modo significativo sulla attività degli editori e su quella degli autori;
il divieto di pubblicazione degli atti di indagine, anche se non più coperti dal segreto, i cavillosi riferimenti ora al contenuto ora al riassunto degli atti di indagine pubblicabili e le pesantissime sanzioni pecuniarie a carico dell'editore che li pubblica, mettono un vero e proprio bavaglio al diritto-dovere dell'informazione e «forzano» gli autori ed editori a una censura preventiva e contraria ai principi di libertà democratica in vigore nei principali paesi occidentali e chiaramente affermati anche nella nostra Costituzione,

impegna il Governo

a riferire al Parlamento, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, in merito all'applicazione delle norme in essa contenute, con particolare riferimento a quelle che introducono reati a carico di giornalisti, editori e autori di pubblicazioni.
9/1415-A/70.Ghizzoni.

La Camera,
premesso che:
la normativa vigente, ribadita nel provvedimento in esame, prevede un particolare riguardo nel caso in cui l'azione penale è esercitata nei confronti di un ecclesiastico o di un religioso del culto cattolico, prevedendo che l'informazione sia inviata all'ordinario della diocesi a cui appartiene l'imputato;
tale previsione di legge ha le sue radici nella legge 25 marzo 1985, n.121, (Ratifica ed esecuzione dell'accordo con protocollo addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, tra la Repubblica italiana e la Santa Sede) dove al punto 2, lettera b), si legge: «La Repubblica italiana assicura che l'autorità giudiziaria darà comunicazione all'autorità ecclesiastica competente per territorio dei procedimenti penali promossi a carico di ecclesiastici» e nella modifica dell'articolo 129 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, approvata dal Governo Prodi;
questa norma fa degli appartenenti al clero cattolico dei cittadini che rispondono prima alle autorità ecclesiastiche che a quelle civili,

impegna il Governo

a rivedere la normativa sopraindicata affinché lo Stato non interferisca nella libera testimonianza della Chiesa o di qualsiasi altra comunità di fede e al tempo stesso garantisca che la Chiesa non sia coinvolta nell'azione di un organo dello Stato quale la magistratura.
9/1415-A/71.Maurizio Turco, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci.

La Camera
premesso che:
il provvedimento in esame intende intervenire sulla delicata materia delle intercettazioni telefoniche e ambientali, al fine di disciplinare in maniera più adeguata rispetto all'attuale disciplina il rapporto tra le necessità investigative e la libertà dei cittadini di essere informati, nonché il diritto degli stessi a vedere tutelata la loro riservatezza. Il diritto al rispetto della vita privata e familiare e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee costituiscono infatti valori tutelati, oltre che dagli articoli 13 e 15 della Costituzione, anche dagli articoli 8 e 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a introdurre il riconoscimento del divieto della pubblicazione degli atti di indagine preliminare e degli atti posti in essere dal pubblico ministero o dal difensore, fino a che non siano concluse le indagini preliminari.
9/1415-A/72.Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame introduce una profonda innovazione in merito alla competenza ad autorizzare l'intercettazione, che viene affidata al tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha richiesto l'intercettazione, in composizione collegiale;
lo strumento intercettivo è un supporto di indagine fondamentale, se immediatamente attivato, specialmente per alcuni tipi di indagine (attentati terroristici, sequestro di persona, omicidio), in quanto consente di ottenere con immediatezza informazioni indispensabili al successo dell'azione di polizia;
l'istituzione di un collegio che deve autorizzare l'impiego delle intercettazioni - sostitutiva della responsabilità del singolo procuratore - porterebbe un inevitabile allungamento dei tempi di attivazione e di intervento delle Forze dell'ordine e, in alcune procure, alla paralisi del sistema con conseguenze drammatiche;
il tribunale distrettuale in funzione collegiale deve decidere non solo sulle intercettazioni, ma anche sulle proroghe, ma i tribunali distrettuali sono pochi, e la maggior parte di essi è rappresentata da piccoli tribunali sparsi per il territorio;
accentrare tutto a livello di tribunale distrettuale, in funzione collegiale, significa ingolfare totalmente il lavoro dei magistrati, fino a determinare stati di paralisi dell'attività giurisdizionale, anche alla luce delle vigenti regole in tema di incompatibilità del giudice;
una conseguenza immediata della citata innovazione, inoltre, è rappresentata dalla perdita dell'autonomia e della responsabilità dell'azione del singolo procuratore della Repubblica;
vi sono casi in cui l'immediatezza delle attività di intercettazione è fattore essenziale di successo (ad esempio attentati terroristici, sequestro di persona, omicidio);
si verificherebbe un'evidente discrasia tra i poteri dei magistrati che, se da un lato possono condannare, dall'altro non potranno disporre un accertamento istruttorio;
il testo prevede che la durata delle operazioni è prevista per un periodo massimo di trenta giorni (anche non continuativo) ed è consentita una prima proroga da parte del tribunale su richiesta motivata del pubblico ministero fino a quindici giorni, anche non continuativi, ed un'ulteriore proroga fino a quindici giorni, anche non continuativi, solo qualora siano emersi nuovi elementi, specificamente indicati nel provvedimento di proroga;
per i delitti di particolare allarme sociale di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale la durata massima delle operazioni è aumentata a quaranta giorni, e può essere prorogata dal tribunale con decreto motivato per periodi successivi di venti giorni, qualora permangano i presupposti indicati nel comma 1 dell'articolo 267 del codice di procedura penale, entro i termini di durata massima delle indagini preliminari,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative volte a prevedere deroghe che consentano, comunque, di conciliare i limiti tassativi previsti dal testo in termini di limiti di durata delle attività di intercettazione con le esigenze dei casi in cui le modalità investigative si presentino più articolate e pertanto richiedano tempi più lunghi, anche al fine di non vanificare il lavoro fino a quel momento svolto.
9/1415-A/73.Aniello Formisano.

La Camera
premesso che:
l'utilizzo degli impianti di vigilanza audiovisiva soprattutto nei confronti di esercizi pubblici e commerciali e di imprese si è rivelato un efficace deterrente per l'azione di contrasto al racket;
i suddetti strumenti di indagine, insieme alle intercettazioni telefoniche, si sono dimostrati strategici nel contrastare la strategia di controllo e penetrazione nell'economia legale da parte delle mafie, oltreché strumenti di sicurezza innovativi ed efficaci per la libera attività imprenditoriale,

impegna il Governo

a vigilare affinché le nuove norme introdotte in materia di intercettazioni non indeboliscano il contrasto nei confronti di questi reati gravissimi sempre collegati alle attività delle mafie e non limitino l'attività di indagine delle procure e delle Forze dell'ordine.
9/1415-A/74.Granata, Realacci.

La Camera
premesso che:
il disegno di legge in esame introduce una profonda innovazione in merito alla competenza ad autorizzare l'intercettazione, che viene affidata al tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha richiesto l'intercettazione, in composizione collegiale;
lo strumento intercettivo è un supporto di indagine fondamentale, se immediatamente attivato, specialmente per alcuni tipi di indagine (attentati terroristici, sequestro di persona, omicidio), in quanto consente di ottenere con immediatezza informazioni indispensabili al successo dell'azione di polizia;
a partire dal 2004 molte procure, su indicazione ministeriale, hanno avviato ricerche di mercato per selezionare le aziende in grado di fornire tali servizi. In seguito a tali ricerche di mercato sono state ottenute economie superiori al 50 per cento, oltretutto con un notevole incremento della qualità dei servizi;
non tutte le sedi hanno eseguito ricerche di mercato; si evidenzia la grave disomogeneità di prezzo applicato alle distinte procure;
sarebbe opportuno estendere il metodo a tutte le sedi, specialmente quelle che attuano un numero più elevato di intercettazioni;
il disegno di legge prevede che la registrazione avvenga presso le 26 sedi di corte d'appello, mentre l'ascolto possa essere autorizzato presso le singole procure o addirittura presso le sedi operative della Polizia giudiziaria;
il nuovo impianto normativo, quindi, comporterà inevitabilmente maggiori costi, in quanto sarà necessario realizzare una poderosa infrastruttura di rete per collegare le sedi periferiche alle sedi distrettuali con costi enormi considerata la larghezza di banda necessaria per garantire un servizio adeguato;
attualmente la tariffa indiscriminatamente (senza ricerca di mercato) applicata è di 20 euro bersaglio/giorno ed oltre,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità dell'emanazione di una circolare del Ministero della giustizia che imponga, con effetto immediato, a tutte le procure della Repubblica le ricerche di mercato e l'applicazione di tariffe massime di 14-10 euro bersaglio/giorno, in luogo di 20 euro/bersaglio ed oltre.
9/1415-A/75.Favia.

La Camera
premesso che:
nel provvedimento in esame si prevede che sia il tribunale distrettuale, in funzione collegiale, a decidere non solo l'autorizzazione delle intercettazioni, ma anche le proroghe;
l'attribuzione della competenza ad autorizzare le intercettazioni al giudice in composizione collegiale non potrà non comportare problemi organizzativi gravissimi, soprattutto nei tribunali di piccole dimensioni;
nei tribunali di minori dimensioni, infatti, la disciplina unita a quella delle incompatibilità dei magistrati determinerebbe il pericoloso approssimarsi di quel limite di saturazione oltre il quale si verifica la materiale impossibilità di celebrare i processi;
in tutti gli uffici giudiziari interessati il «sicuro maggiore aggravio dei carichi di lavoro», senza che «sia stata prevista alcuna misura organizzativa idonea a attenuarne gli effetti di immediato aumento delle loro competenze», «si ripercuoterà inevitabilmente sulla capacità di definizione ordinaria dei processi, rallentando ulteriormente i tempi di esaurimento degli affari giudiziari»;
tale aggravio costituirà anche un ulteriore grave ostacolo alla possibilità di disporre le intercettazioni e molti operatori del diritto e delle forze dell'ordine hanno rilevato come questa nuova normativa costituisca un forte arretramento nella lotta contro la criminalità,

impegna il Governo

a valutare le ricadute dell'applicazione della normativa di cui sopra al fine di predisporre tutte le opportune iniziative atte a far fronte al rilevante carico di lavoro sopra ipotizzato, compresi i mezzi materiali e l'ampliamento dell'organico degli uffici dei magistrati, anche al fine di recuperare un buon livello di efficacia dell'azione della magistratura.
9/1415-A/76.Monai.

La Camera,
premesso che:
il problema delle intercettazioni telefoniche continua a riproporsi all'attenzione del Parlamento e dell'opinione pubblica, in quanto si tratta di un fenomeno che incide sulla dignità dei cittadini e sulla loro privacy;
vi sono stati numerosi casi di fughe di notizie che, quasi mai, si sono risolte con l'individuazione dei responsabili;
in alcuni casi le intercettazioni coinvolgono soggetti che nulla hanno a che vedere con le inchieste giudiziarie, per cui il fenomeno si può trasformare in una gogna mediatica, con danni gravi e spesso irreparabili per l'onorabilità e la reputazione dei cittadini;
un'attenzione particolare deve essere posta all'esigenza di arginare il fenomeno della indiscriminata pubblicazione, da parte degli organi di stampa e dei mass media, di stralci o anche di interi verbali relativi a conversazioni captate dagli organi requirenti;
i commi 23, 24 e 25 dell'emendamento 1.1000 del Governo estendono ai siti informatici le procedure di rettifica delle informazioni ritenute non veritiere o lesive della reputazione dei soggetti coinvolti, prevedendo che «per i siti informatici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono»;
tale previsione, in quanto riferita ad un termine generico come «siti informatici», sembra porre l'obbligo di rettifica a carico, piuttosto che degli autori dei contenuti diffamatori, dei gestori di piattaforme che ospitano contenuti realizzati da terzi, che, in considerazione del volume dei contenuti ospitati dalla piattaforma, non sarebbero in grado di far fronte a tale obbligo,

impegna il Governo

ad intraprendere ogni iniziativa volta a far sì che l'obbligo di rettifica, di cui all'articolo 8 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, come modificato dai commi 23, 24 e 25 dell'emendamento 1.1000 del Governo, piuttosto che essere riferito genericamente «ai siti informatici», debba essere riferito ai giornali e periodici diffusi per via telematica e soggetti all'obbligo di registrazione di cui all'articolo 5 della citata legge n. 47 del 1948.
9/1415-A/77.Pisicchio.

La Camera,
premesso che:
il problema delle intercettazioni telefoniche continua a riproporsi all'attenzione del Parlamento e dell'opinione pubblica, in quanto si tratta di un fenomeno che incide sulla dignità dei cittadini e sulla loro privacy;
vi sono stati numerosi casi di fughe di notizie che, quasi mai, si sono risolte con l'individuazione dei responsabili;
in alcuni casi le intercettazioni coinvolgono soggetti che nulla hanno a che vedere con le inchieste giudiziarie, per cui il fenomeno si può trasformare in una gogna mediatica, con danni gravi e spesso irreparabili per l'onorabilità e la reputazione dei cittadini;
tutto ciò lede la privacy e la dignità delle persone, la cui sfera privata viene invasa arbitrariamente,

impegna il Governo

ad adottare, per quanto di competenza, ogni misura utile ad introdurre più rigorose garanzie procedurali nella difesa del segreto investigativo ed utile a far sì che la situazione descritta in premessa non si verifichi in futuro accentuando i controlli a carico di chi, per i propri compiti istituzionali o di ufficio, venga in possesso delle intercettazioni e sia in grado di diffonderle.
9/1415-A/78.Porcino.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame introduce una profonda innovazione in merito alla competenza ad autorizzare l'intercettazione, che viene affidata al tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha richiesto l'intercettazione, in composizione collegiale;
lo strumento intercettivo è un supporto di indagine fondamentale, se immediatamente attivato, specialmente per alcuni tipi di indagine (attentati terroristici, sequestro di persona, omicidio), in quanto consente di ottenere con immediatezza informazioni indispensabili al successo dell'azione di polizia;
il disegno di legge in esame prevede che la registrazione avvenga presso le 26 sedi di corte d'appello, mentre l'ascolto possa essere autorizzato presso le singole procure o addirittura presso le sedi operative della polizia giudiziaria;
ciò comporta maggiori costi, in quanto sarebbe necessario realizzare una poderosa infrastruttura di rete - per collegare le sedi periferiche alle sedi distrettuali - con costi enormi considerata la larghezza di banda necessaria per garantire un servizio adeguato;
comporta, inoltre, minori garanzie di sicurezza, in quanto le registrazioni, che fino ad ora vengono eseguite localmente all'interno di ogni singola procura, circoleranno sulla rete dalle sedi distrettuali alle sedi periferiche con la possibilità di essere a loro volta illegalmente intercettate ed ascoltate;
comporta, ancora, riduzione dell'autonomia delle procure di minore dimensione, maggiore controllo/dipendenza dalla sede distrettuale con conseguente aumento dei tempi di indagine e dei tempi processuali: esattamente l'opposto delle esigenze di razionalizzazione e di economia di una moderna magistratura;
la contabilità del Ministero della giustizia iscrive i costi di gestione dei sistemi informatizzati per le intercettazioni di telecomunicazioni come «noleggio» di apparati;
sebbene 10 anni fa si trattasse effettivamente di noleggio, ora si tratta di «servizi completi» che vanno dalla fornitura degli apparati allo sviluppo, in tempo reale, degli stessi, alla formazione della polizia giudiziaria, all'assistenza continuativa e alla fornitura di materiali di consumo;
la soddisfazione delle esigenze istituzionali impone expertise, ricerca ed investimenti nel campo delle intercettazioni che nessuna struttura statale al mondo può possedere in proprio e che solo società private del settore - tra loro in forte competizione, con lunga esperienza progettuale e di ricerca, in regola con i requisiti di sicurezza imposti per legge (NOS) - possono condensare per offrire un servizio di estrema delicatezza e sofisticazione che non può essere banalizzato con la voce «noleggio apparati»;
lo scenario attuale offre poco meno di una decina di società italiane, in possesso di NOS, costruttrici di sistemi e proprietarie dei sistemi informatizzati - fortemente impegnate nella ricerca - che sono in concorrenza per fornire i migliori e più avanzati servizi alle procure della Repubblica e per stare al passo con l'accelerata evoluzione dei sistemi di comunicazione;
a partire dal 2004 molte procure, su indicazione ministeriale, hanno avviato ricerche di mercato per selezionare le aziende in grado di fornire tali servizi. In seguito a tali ricerche di mercato sono state ottenute economie superiori al 50 per cento, oltretutto con un notevole incremento della qualità dei servizi;
la centralizzazione del sistema rischia di ricreare, ora, le condizioni di monopolio, esistenti 10 anni or sono e riproporrebbe le tipiche problematiche dello scarso impegno nella ricerca, con costi elevati e bassissima qualità del servizio a causa dell'assenza della competitività scientifica tra i fornitori, con conseguente riduzione dell'efficacia investigativa,

impegna il Governo

ad intraprendere ogni iniziativa volta a perseguire la competitività interna, mediante la costituzione di una task force tecnica, indirizzata dai Ministeri della giustizia, dell'interno, della difesa e dai servizi di intelligence con la partecipazione dei migliori ingegneri delle poche società italiane di ricerca, progettazione e sviluppo di sistemi per intercettazioni.
9/1415-A/79.Misiti.