Sulla pubblicità dei lavori:
Gibelli Andrea, Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE E SULLE PROSPETTIVE DEL SISTEMA INDUSTRIALE E MANIFATTURIERO ITALIANO IN RELAZIONE ALLA CRISI DELL'ECONOMIA INTERNAZIONALE
Audizione di rappresentanti del distretto ceramico di Sassuolo:
Gibelli Andrea, Presidente ... 3 6 9 10 12
Miglioli Ivano (PD) ... 8
Panzani Alfonso, Presidente di Confindustria Ceramiche ... 3 10
Pattuzzi Graziano, Presidente dell'Associazione dei comuni modenesi del distretto ceramico ... 9
Raisi Enzo (PdL) ... 7 10
Torazzi Alberto (LNP) ... 8
Vico Ludovico (PD) ... 6
Audizione di rappresentanti del distretto n. 6 tessile-calzetteria di Castel Goffredo:
Gibelli Andrea, Presidente ... 12 15 17 18
Fabiani Giovanni Battista, Presidente del Centro servizi calza ... 12 17
Fava Giovanni (LNP) ... 16
Mistrello Destro Giustina (PdL) ... 15
Sanga Giovanni (PD) ... 17
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 14,35.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione e sulle prospettive del sistema industriale e manifatturiero italiano in relazione alla crisi dell'economia internazionale, l'audizione di rappresentanti del distretto ceramico di Sassuolo.
Sono presenti Alfonso Panzani, presidente di Confindustria ceramiche, Franco Vantaggi, direttore generale di Confindustria Ceramiche e Graziano Pattuzzi, presidente dell'Associazione dei comuni modenesi del distretto ceramico e sindaco di Sassuolo.
Do la parola ad Alfonso Panzani, presidente di Confindustria Ceramiche.
ALFONSO PANZANI, Presidente di Confindustria Ceramiche. Buongiorno a tutti. Desidero ringraziare il presidente Gibelli e i membri della Commissione per aver esteso ai rappresentanti del nostro distretto questo invito, importante occasione per rappresentare la situazione della nostra industria.
Rappresento Confindustria Ceramiche, ovvero, oltre al settore di gran lunga più importante della produzione delle piastrelle in ceramica, anche il settore sanitario di ceramica, la stoviglieria, la ceramica sanitaria e la ceramica tecnica.
Questa industria italiana rappresenta complessivamente 7,8 miliardi di euro di fatturato e occupa 42 mila dipendenti attivi in 324 imprese in un numero maggiore di stabilimenti. Siamo una realtà di piccole e medie imprese, che possono avere da qualche milione fino a 1 miliardo di euro di fatturato, di cui 4 sono quotate in borsa. I distretti industriali più importanti sono soprattutto quello di Sassuolo e quello di Civita Castellana per quanto riguarda i sanitari. Da molti anni, oltre l'80 per cento del nostro fatturato viene esportato in 150 Paesi esteri, quindi presidiamo l'area alta del mercato.
Sino al 30 di settembre eravamo, come mi auguro siamo ancora, un settore dell'eccellenza italiana, fortemente connotato dai valori del made in Italy. Il nostro interlocutore è il mondo delle costruzioni a livello mondiale. Soprattutto da settembre dello scorso anno, questo collegamento con il mercato immobiliare internazionale ha creato alcune difficoltà dovute al crollo del mercato immobiliare e del commercio con l'estero, con una drastica riduzione delle dinamiche produttive della nostra industria.
Se si considera soltanto la ceramica sanitaria che occupa 2 mila dipendenti, 1700 che utilizzano gli ammortizzatori sociali, e l'industria delle piastrelle, che occupa 30 mila addetti, purtroppo oggi
abbiamo 6.900 addetti in cassa integrazione ordinaria, 1.900 in straordinaria e 2.000 in solidarietà.
Questi numeri, che hanno raggiunto livelli mai toccati in passato, stanno ulteriormente aumentando, nonostante rilevi con orgoglio come le nostre quote di mercato non stiano diminuendo a livello internazionale, ma rimangano inalterate, in alcuni casi sono persino cresciute. In questo momento, però, i settori che hanno trovato uno sbocco commerciale all'estero soffrono maggiormente, e, nonostante la nostra capacità di confrontarci con i nostri competitor internazionali sia rimasta inalterata, stiamo assistendo a un importante calo degli ordinativi.
Il documento che vi abbiamo presentato è condiviso dalle organizzazioni sindacali, con le quali abbiamo avviato un tavolo per affrontare la crisi del nostro settore presso il Ministero dello sviluppo economico, ed è articolato in due sezioni: gli argomenti trattati riguardano la competitività delle nostre imprese e le politiche di sostegno alla domanda.
Per quanto riguarda la competitività, per un settore gas intensive e capital intensive, l'accesso al credito e i sistemi per garantire il consolidamento a medio e lungo termine del debito rappresentano per noi due aspetti molto importanti. Un altro aspetto rilevante è rappresentato dall'inserimento del nostro settore nella categoria del carbon leakage dell'emission trading (sistema di scambio delle quote di emissione di CO2). Devo ringraziare dunque il Governo per essersi speso molto a favore di questo inserimento.
Questo aspetto appare importante, perché il mancato inserimento in tale categoria altrimenti graverebbe ulteriormente in un momento di difficoltà per il settore e perché rappresentiamo le best practice non solo in Europa, ma nel mondo, in quanto unici nel settore a essere all'avanguardia nel risparmio energetico e delle emissioni. Sarebbe dunque difficile migliorare tecnologie che già oggi utilizziamo e che gli altri vorrebbero copiare.
Uno dei punti principali per il recupero della competitività passa sicuramente attraverso il problema dell'energia, in particolare del metano. Siamo uno dei settori «energivori», ma soprattutto «gasivori». Purtroppo, a dieci anni dal cosiddetto decreto Letta, che doveva portare a una maggiore liberalizzazione del mercato del metano, assistiamo ancora alla presenza di un operatore dominante e all'ingessamento del mercato.
Su questo fronte, insieme a Gas Intensive, consorzio di cui sono Presidente, che raggruppa le principali aziende consumatrici di gas, stiamo portando avanti politiche per introdurre regolamenti che favoriscano l'apertura del mercato, quindi l'accesso alle reti, che devono essere più disponibili, e gli stoccaggi, che attualmente possono essere utilizzati soltanto da coloro che distribuiscono il gas in proporzione alle quote di mercato che hanno sul mercato civile, mentre per le aziende energivore non è previsto l'accesso. Ciò per noi è importante al fine di garantire una maggiore capacità di contrattare il metano, principale materia prima del nostro settore, che ormai ha superato anche il costo della manodopera. Oggi, infatti, a causa di un mercato non pienamente liberalizzato, paghiamo un deficit competitivo nei confronti dei nostri concorrenti europei con tariffe del 30 per cento più alte rispetto ai nostri concorrenti spagnoli,
portoghesi o tedeschi, deficit rilevante per chi esporta e deve competere nel mondo.
Chiederemo quindi che, ottemperando alle disposizioni dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas e dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, vengano rilasciate procedure di gas release a favore del mercato e dei consumatori industriali finali, perché il beneficio andrebbe direttamente al mercato e non alla spartizione delle rendite dei vari distributori di metano.
Questo per noi costituisce un capitolo importante, perché oggi, mentre il mercato delle commodity sta diminuendo in tutto il mondo e il prezzo delle nostre piastrelle e dei nostri sanitari sta calando, perché la domanda complessiva è diminuita del 30 per cento, in virtù di formule a nove mesi stiamo ancora pagando gli incrementi del
prezzo delle tariffe del metano, ovvero gli aumenti collegati al prezzo del petrolio al rifornimento a 160 dollari, prezzo fissato per qualche settimana in connessione a una bolla speculativa, che non rappresentava la realtà del mercato. Oggi, dunque, le nostre imprese si riferiscono a quel prezzo, quindi stanno pagando prezzi crescenti, scontando già un rilevante gap competitivo.
Competitività significa anche innovazione, quindi consideriamo importante la realizzazione dei «tecnopoli» di Civita Castellana e Sassuolo, sui quali far convergere la capacità di raccogliere fondi per la ricerca e per la formazione, altro capitolo molto importante, per creare centri di eccellenza in grado di attrarre cervelli da tutto il mondo. Con la regione Emilia-Romagna ci siamo spinti avanti e speriamo di poterli realizzare. Consideriamo infatti i «tecnopoli» Civita Castellana e Sassuolo due interventi molto importanti per dare un segnale della volontà di superare questo momento di crisi attraverso l'innovazione e soprattutto la formazione.
Il nostro distretto ha una notevolissima intensità di traffico, giacché ogni giorno vi circolano 4-6 mila camion. Oltre a essere leader mondiale nella produzione delle piastrelle, è anche una piattaforma logistica di primaria importanza, tanto che alcuni concorrenti spagnoli, portoghesi e turchi vengono nel nostro distretto per inviare in tutto il mondo il loro materiale.
Il problema della viabilità si sta risolvendo per effetto della crisi, ma in condizioni di normalità rimane fondamentale la realizzazione delle infrastrutture fondamentali, quali la bretella Campogalliano-Sassuolo, collegamento che ci congiungerebbe al Brennero, opera che aspettiamo da trentacinque anni. Il potenziamento dell'intermodalità ferrovia, autostrada e collegamento con il porto di Ravenna per le argille che arrivano dai Paesi dell'est è fondamentale per dare slancio, sviluppo e competitività al nostro distretto.
Per quanto riguarda le azioni di sostegno alla domanda, ribadiamo l'importanza che le merci poste in commercio all'interno della Comunità europea abbiano il marchio di origine. La nostra associazione per prima si è volontariamente data un regolamento per l'utilizzo di un marchio collettivo, Ceramic Tiles of Italy, che, aderendo a un codice etico, viene applicato solo ai prodotti delle fabbriche italiane.
Siamo orgogliosi di questa iniziativa, perché molte nostre imprese hanno non delocalizzato ma internazionalizzato le attività produttive in Paesi dove la domanda è molto forte, quindi la crescita della domanda di piastrelle è importante. Sono quindi nate fabbriche in quei Paesi, per cogliere la crescita della domanda.
Nonostante diverse multinazionali rappresentino ormai il 17 per cento della produzione italiana e vengano costruite fabbriche negli Stati Uniti, in Germania, in Francia, in Portogallo, c'è stata una volontà comune di valorizzare le produzioni italiane anche per dare una risposta concreta alla crisi.
Abbiamo apprezzato molto l'annuncio del Governo relativo all'intervento del Piano casa. Speriamo che le norme attuative vengano emanate rapidamente, dando impulso al settore, dal momento che rispetto ai nuovi fabbricati si possono utilizzare i benefici dopo nove mesi o un anno. Aspettiamo dunque con interesse tali norme attuative.
Crediamo che, come drammaticamente constatato in questi giorni, abbattere costruzioni non sicure realizzate soprattutto nel dopoguerra, periodo in cui si è costruito con fondi limitati, e inserire prioritari elementi di rispetto dell'ambiente e materiali ecocompatibili siano risposte positive. Su questo fronte siamo sicuramente all'avanguardia con le certificazioni Lead, Ecolabel, di processo ISO 141.001 ed Emas.
Per un settore che esporta gran parte del proprio fatturato è fondamentale mantenere linee di assicurazione del credito per i clienti della filiera. Purtroppo, su questo fronte stiamo assistendo a continue revoche di fidi dei nostri clienti. I nostri competitor più diretti, gli spagnoli, beneficiano invece dell'assistenza del Governo attraverso un'assicurazione paragovernativa che garantisce con larghezza i crediti
di breve termine all'esportazione. Ricorreremo volentieri anche alla SACE, giacché purtroppo, oltre alla crisi del credito, c'è anche una crisi del credito dei nostri clienti, che nell'immobiliare è molto sentita, non solo in Italia, dove è fortissima, ma anche negli Stati Uniti, nostro primo mercato, o in Inghilterra, dove la situazione appare molto difficile. Dobbiamo quindi affrontare anche questo tipo di problemi.
Saremo inoltre lieti di vedere politiche di sostegno alla domanda attraverso lo strumento dei crediti di imposta finalizzati ad iniziative che facilitino l'esportazione (la partecipazione alle fiere o a iniziative all'estero), o la completa deducibilità delle spese di rappresentanza per ospitare clienti esteri o per recarci in Paesi esteri per aprire nuovi mercati. Capisco che la coperta è corta, ma anche la nostra situazione è difficile e si corre il rischio di non porre fine a questa terribile crisi.
Auspichiamo anche la piena deducibilità per aumentare la penetrazione delle nostre aziende sui mercati esteri e forme di decontribuzione nel caso di inserimento di nuovi addetti per incentivare la penetrazione delle nostre vendite nei mercati internazionali.
L'ultimo aspetto è forse il più importante. Abbiamo molto apprezzato il rilevante aumento dei fondi a disposizione degli ammortizzatori sociali, scelta fondamentale per garantire la coesione di un territorio fortunatamente ancora molto coeso. Le nostre maestranze stanno vivendo insieme al mondo imprenditoriale questa difficoltà, che speriamo di superare entro un anno. Stiamo affrontando questa difficoltà insieme ai nostri dipendenti, cercando di mantenere una coesione sociale che purtroppo, stanti i numeri della crisi, temiamo possa venire meno.
Come già espresso durante un incontro con il Ministro Sacconi, che mi ha abbastanza rassicurato, chiediamo anche una semplificazione burocratica nell'accettazione delle richieste per l'accesso agli ammortizzatori sociali, alla cassa integrazione ordinaria e straordinaria e ai contratti di solidarietà. È importante infatti garantire tempi brevi, perché le imprese sono già in difficoltà rispetto a un capitale circolante sempre più importante rispetto a parametri tradizionali e a un sistema bancario che si fa sempre più indietro nel finanziarle.
Ho cercato di illustrare in modo succinto il nostro distretto. Vi ringrazio per l'attenzione, e resto a vostra disposizione per rispondere a eventuali domande.
PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Panzani per l'estrema sintesi e per aver toccato molti argomenti in tempi rapidi.
Do quindi la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
LUDOVICO VICO. Grazie, presidente. Vorrei rivolgere alcune domande legate all'indagine che la Commissione sta svolgendo, rimandando per ragioni di tempo alle posizioni che il gruppo del PD ha sostenuto nel corso dell'esame dei vari decreti anticrisi.
Le domande sono sostanzialmente tre. La prima riguarda l'innovazione. Sarei interessato a comprendere se, nonostante la crisi, nel campo dell'innovazione il distretto continui a investire sul prodotto e sul processo. Questo rimane infatti un aspetto fondamentale per affrontare la crisi e i suoi effetti.
La seconda domanda riguarda il versante del credito, anche qui al netto delle politiche e delle iniziative su scala nazionale che il Parlamento e il Governo stanno portando avanti. Come pugliese, negli anni scorsi, guardando i distretti industriali del centro-nord soprattutto nella ceramica - giacché in Puglia non esiste un distretto, ma Grottaglie, che non è strutturata come un distretto - avevo positivamente rilevato come un fattore di successo del distretto fosse rappresentato dal ruolo strategico assunto dalle banche locali, che sono state la leva per le fasi di start up delle piccole e piccolissime imprese.
Svolgo questa riflessione al passato, al presente, ma anche al futuro, per capire in che misura nella fase di crisi il sistema delle banche locali - al netto di interventi
come i «Tremonti bond» e delle dinamiche che dovrebbero derivarne - riveli luoghi negoziali e di concertazione per affrontare le tre questioni da lei poste: il consolidamento, lo slittamento del rientro e la patrimonializzazione.
L'ultima domanda riguarda l'energia. Recentemente, ho letto che nel distretto si sta lavorando sul deposito di stoccaggio gas a Rivara, in provincia di Modena. Si tratta di un contratto di fornitura in grado consentire al distretto una capacità di produzione al target di sempre, Vorrei capire se anche quel deposito di stoccaggio rappresenti un elemento importante ai fini del risparmio sul costo del gas da parte delle imprese del distretto ceramico.
ENZO RAISI. Facendomi forza del fatto di aver iniziato a lavorare proprio in questo settore e di conoscerlo bene, mi permetto di «fare il Pierino» della situazione.
La vostra analisi infatti delinea una preoccupante scenografia di un settore che subirà ineludibili trasformazioni dovute a una serie di fattori che andrò velocemente a elencare, fermo restando che, a mio avviso, il settore della ceramica rimane un esempio della grandezza dell'industria italiana, giacché dal nulla siamo riusciti a creare una realtà prima al mondo cuocendo terra e mettendoci sopra dello smalto. Si tratta infatti di un prodotto molto povero.
Questo è il primo punto di debolezza della questione. Abbiamo infatti paradossalmente due concorrenti nella stessa industria: chi produce le macchine per fare i forni e chi produce gli smalti. I primi forni realizzati in Spagna, primo nostro grande concorrente, sono emiliano-romagnoli.
Si pone un ulteriore problema. Spesso, infatti, si afferma che le aziende italiane non devono delocalizzare, ma questo esempio insegna che senza delocalizzare si rischia. Se il prodotto vale poco e il trasporto vale tanto, in concorrenza ci si rimette. Ormai si costruiscono piastrelle ovunque. Alla metà degli anni Novanta, ho visto i primi prodotti cinesi sul mercato, ovvero una piastrella bianca 20x20, mentre adesso anche la Cina realizza bei prodotti. Hong Kong l'abbiamo fatta tutta noi, mentre dubito che ora la faremmo tutta noi.
È necessario quindi confrontarsi con queste realtà. Mi auguro che questa crisi serva anche a stimolare una ristrutturazione interna, anche perché lei ci ha fornito dati già pesanti. Per alcune settimane, la più grossa azienda del settore ha manifestato l'intenzione di chiudere, compiendo poi un passo indietro. Questa intenzione ha provocato un terremoto in quelle aree, poi placato dal prevalere del buonsenso, anche se la preoccupazione rimane perché il settore deve essere ristrutturato.
Al di là di quanto dovete fare voi, che avete il know-how, le capacità tecnologiche e la storia per salvaguardare un'esperienza imprenditoriale stupefacente nel nostro Paese, dobbiamo puntare sul tema delle intensive, ove c'è un problema di costi. Qui incide ancora molto nel costo finale del prodotto l'energia utilizzata, perché si tratta di forni, quindi quello che conta è l'energia che si spreca. Si può sviluppare la tecnologia dei forni o degli smalti, però questo riguarda settori paralleli che fanno concorrenza. Il tema delle intensive rimane fondamentale, come opportunamente sottolineato dal presidente. Su questo dobbiamo lavorare, perché si tratta di una chiave vincente. Se vogliamo rimanere competitivi almeno in Europa, il tema delle intensive e dell'abbattimento del costo energetico del gas metano è fondamentale.
L'altro aspetto, che reputo scandaloso, è quello delle infrastrutture, per cui farò quanto è nelle mie possibilità anche come parlamentare della regione. Per sei anni ho viaggiato ogni giorno da Bologna a Sassuolo, quindi so cosa significa.
Come Parlamento, dovremmo dunque impegnarci seriamente su una normativa che garantisca un plus sulle intensive e sulle infrastrutture, che credo siano già fra le opere prioritarie, anche se i terremoti spostano le risorse. Questo è il massimo che possiamo sperare per il settore, mentre spetta a loro individuare la giusta
dimensione tra mantenimento delle eccedenze sul territorio e delocalizzazione intelligente, quindi sempre legata alla casa madre, la prima delle quali fu realizzata da Marazzi in Spagna, nella metà degli anni Ottanta.
In questo settore appare difficile rifiutare la delocalizzazione, che però deve essere realizzata in modo intelligente, mantenendo qui la casa madre, il know how e tutta una serie di fattori utili ad arricchire il territorio.
Sul credito bancario si può e si deve fare di più. Finora, le realtà bancarie del territorio non sono state così cattive. Lavoravo con la SACE, che ora è stata privatizzata e forse ha qualche problema in più rispetto al passato nel concedere i crediti. Si rilevano anche problemi per i legami del settore con il mondo dell'edilizia. E voi sapete quanti pericoli, da questo punto di vista, siano insiti in quel mondo.
Quando tornavo a casa con un container solitamente avevo una lettera di credito a vista su una banca italiana. Almeno, così mi era stato insegnato. Non so se questo principio sia stato conservato, ma ho usato questa logica anche negli altri settori in cui ho operato.
IVANO MIGLIOLI. Intervengo rapidamente. Ringrazio gli auditi per la loro presenza e per averci delineato il quadro della situazione di uno dei distretti più significativi del made in Italy.
Condivido molte osservazioni del collega Raisi, ma vorrei porre alcune domande, rivolgendomi innanzitutto al rappresentante delle istituzioni. Il dottor Panzani ha espresso il punto di vista delle imprese e quel documento è espressione anche della volontà del sindacato. Si è avviato un tavolo che vede la presenza del Governo e delle istituzioni nazionali e locali, a fronte dei dati citati dal presidente Panzani, ovvero dei 6 mila lavoratori in cassa integrazione ordinaria, dei 1.700 in cassa integrazione speciale, dei 2 mila a orario ridotto con contratto di solidarietà.
Da questo punto di vista, si pone un primo problema: molte di queste aziende stanno esaurendo il periodo di possibilità di ricorso alla cassa integrazione ordinaria. Si è intervenuti con la circolare del ministro nell'interpretazione della cassa integrazione ordinaria, ma è una misura insufficiente, che si esaurisce rapidamente e rischia di aprire un problema per quanto riguarda il ricorso agli altri ammortizzatori sociali.
Non solo, nel settore ceramico sarebbe necessario intervenire per modificare il meccanismo della cassa integrazione ordinaria per il prossimo biennio e consentire l'applicazione delle 102 settimane. Vorrei conoscere dunque le conseguenze sociali in un distretto come questo, in cui tale aspetto incide pesantemente sul reddito di migliaia di famiglie.
Il secondo quesito è più strategico e riguarda tre punti particolari: il «tecnopolo» ceramico, le infrastrutture e l'energia, i tre aspetti fondamenti sui quali lavorare.
L'ultima questione riguarda il credito. Il contesto sociale sassuolese consente anche di affrontare le dinamiche dei conflitti sociali, come è avvenuto per gruppi industriali assai noti, in un contesto che ha visto una coesione sociale nell'affrontare quelle sfide, che implicano un ridimensionamento del settore e la possibilità che anche mercati, in passato ritenuti ostili, come quelli asiatici diventino il futuro del settore ceramico. Questo richiede però che anche il sistema creditizio a livello nazionale e locale vada in questa direzione.
Si tratta di tre aspetti strategici che si trovano al centro del dibattito. Avrei piacere di conoscere al riguardo le opinioni delle istituzioni locali modenesi.
ALBERTO TORAZZI. Intervengo molto velocemente. Ringrazio gli auditi per la loro presenza. Ho ascoltato la loro relazione che ho trovato esauriente, ma anche drammatica.
Provenendo dal mondo dell'impresa, vorrei sapere quali siano i tre provvedimenti più urgenti, non utopistici ma concreti, che il Parlamento e il Governo dovrebbero adottare per sostenere il vostro comparto.
PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.
GRAZIANO PATTUZZI, Presidente dell'Associazione dei comuni modenesi del distretto ceramico. Grazie, mi associo ai ringraziamenti del presidente Panzani nei riguardi del presidente Gibelli e degli onorevoli commissari.
La situazione è seria ed è stata definita drammatica, ma abbiamo la volontà di superare questa seria difficoltà, che onestamente non considero drammatica. Da soli però non possiamo riuscire e questa è la ragione per cui siamo qui.
Il distretto della ceramica, che non comprende solo Modena ma anche Sassuolo, riguarda 178 mila addetti e 15 mila imprese, con i dati sull'occupazione citati dal presidente Panzani. A questi deve essere aggiunto il settore meccano-ceramico , che risente della crisi, con il 10 per cento in meno di fatturato nel 2008, mentre per il 2009 si ipotizza un 20-30 per cento in meno. Questo significa meno occupazione in particolare del cosiddetto precariato privo di tutela.
Ritengo che il primo provvedimento necessario consista nell'affrontare la maggiore durata della cassa integrazione ordinaria, la possibilità di passare dalla cassa integrazione ordinaria a quella straordinaria e il tema del contratto di solidarietà, perché potrebbero andare in crisi anche questi, giacché le risorse sono poche e vengono utilizzate per lo sgravio dei contributi, quindi è necessario intervenire.
I comuni stanno facendo la loro parte. Il Comune di Sassuolo ha già approvato un primo provvedimento con 650 mila euro di risorse da destinare alle famiglie, giacché abbiamo dei nuovi poveri, ovvero persone che non conoscevano le difficoltà di bilancio e si sono trovate a passare dal lavoro alla cassa integrazione o hanno perso il posto di lavoro. Questa è la parte delle emergenze.
Ad esclusione dell'azienda storica e importante che ha salutato il 2009 con una scelta pesante, cui hanno reagito associazioni, sindacati, Confindustria Ceramica, enti locali, regioni e Stato, per cui fortunatamente si è tornati sulle scelte compiute, devo sottolineare lo straordinario impegno di imprenditori grandi e piccoli, artigiani, aziende industriali ceramico-meccaniche, la cui prima preoccupazione consiste nel mantenere i propri dipendenti legati all'azienda. Questo testimonia attaccamento e consapevolezza che l'impresa appartiene alla collettività, che la produzione del capitale sociale, elemento di qualità sul quale si è lavorato in questo territorio negli anni, resta al centro e che queste imprese credono che ci sia un futuro e una ripresa e che nel momento della ripresa l'azienda deve essere in grado di reagire immediatamente. Molte aziende stanno quindi investendo anche con linee nuove e nuovi prodotti.
A questo tema è necessario unire quello della ricerca e dell'innovazione. Su questo la regione, gli enti locali, Confindustria Ceramica e lo Stato dovrebbero intervenire.
Per quanto riguarda il tema delle infrastrutture, da venti anni sono amministratore locale e credo di conoscere la Campogalliano-Sassuolo in tutti i suoi aspetti: non è possibile realizzare questa opera con i 234 milioni di euro che il CIPE ha messo a disposizione.
Ci sono due project presentati e l'ANAS ancora non decide in Consiglio di amministrazione per problemi di varia natura. Credo che sotto questo profilo - scusate se mi permetto - sia necessario un segnale anche da Roma nei confronti dei territori, che sono delusi, che tornano da Roma con l'amaro in bocca, con una risposta rinviata, con una decisione non presa.
PRESIDENTE. Non lo dica a un presidente della Lega!
GRAZIANO PATTUZZI, Presidente dell'Associazione dei comuni modenesi del distretto ceramico. Mi preme sottolinearlo proprio a un presidente della Lega, perché questo è quanto si registra da parte dei territori. Per rispondere in modo concreto, credo che le questioni importanti siano legate all'emergenza, alle tutele sociali e al
loro potenziamento, alla ricerca e all'innovazione.
In proposito, concordo con le considerazioni sulla delocalizzazione espresse dall'amico di un mio amico che mi attacca tutti giorni sull'argomento delle multilocalizzazioni, perché questa è la strada. Non possiamo pensare di esportare il prodotto in Cina o negli Stati Uniti, dove dovremmo portare solo una parte ad alto valore aggiunto.
Vorrei sottolineare anche l'aspetto delle infrastrutture, cui si aggiunge il tema ferroviario. Lo scalo merci di Modena, che sarà pronto nel 2010, non sarà collegato, perché viene collegato attraverso la Campogalliano-Sassuolo. Da anni sono inoltre in programmazione i collegamenti ferroviari tra lo scalo merci di Marsaglia e quello di Dinazzano, altro aspetto indispensabile per il nostro distretto, per far arrivare e partire le merci in modo più sostenibile. Grazie.
ENZO RAISI. Sul tema delle infrastrutture, sono d'accordo. Capisco che i rappresentanti degli enti dopo trent'anni possano essere arrabbiati, ma sarebbe opportuno fare anche un esame di coscienza. Da bolognese, infatti, rilevo come per i due nodi di Casalecchio e di Astignano i primi protocolli siano stati firmati nel 1984 e nel 1986. Forse il territorio ha qualche colpa. Non si può sempre attribuire la colpa a «Roma ladrona», perché da emiliano-romagnolo ribadisco che la mancata realizzazione delle infrastrutture nelle nostre due città in trent'anni dimostra l'esistenza di qualche problema sul territorio.
PRESIDENTE. Dobbiamo purtroppo chiudere i nostri lavori, dando la parola al presidente Panzani sulle questioni di merito che sono state sollevate, perché a mio giudizio le indagini conoscitive non hanno finalità politiche di carattere astratto, ma servono ad elaborare una serie di osservazioni che ci consentono di migliorare la qualità del nostro prodotto, che è l'attività legislativa.
Vorrei quindi ricondurre la questione al merito delle osservazioni relative agli interventi normativi che sono stati indicati puntualmente, patrimonio che cercheremo, in base alle nostre capacità e nelle differenze di impostazione anche politica, di tradurre appunto in termini di iniziative normative.
Do quindi la parola ad Alfonso Panzani, presidente di Confindustria Ceramiche, cui rinnovo la richiesta di sintesi.
ALFONSO PANZANI, Presidente di Confindustria Ceramiche. Sarò molto rapido cercando di rispondere alle domande alle quali non è stata data risposta dal sindaco e presidente dell'associazione dei comuni della ceramica.
Da 25 anni, il nostro settore investe dal 5 al 7 per cento del proprio fatturato in nuovi processi e nuovi prodotti. Ci sono poi gli investimenti straordinari. Nei momenti di crisi, il nostro settore cerca di investire maggiormente.
Mi ha interessato in particolare la domanda sullo stoccaggio di Rivara. Consideriamo strategico il settore dell'energia, poiché la nostra industria è energivora come quella del vetro, dell'acciaio, della carta.
Il sistema dello stoccaggio in Italia, ancor prima forse che il rigassificatore, può essere un importante strumento per le imprese e per la nazione, per dare modularità ai consumi, quindi è necessario comprare e stoccare quando la materia prima costa poco. Pensavamo che l'inverno sarebbe stato di emergenza, mentre abbiamo avuto un eccesso di offerta, anche se, giacché il mercato non è libero, non ha inciso sui prezzi di vendita degli operatori del settore.
Lo stoccaggio di Rivara, fatto salvo il sistema di sicurezza, perché i territori devono essere sicuri, è una grande opportunità per il nostro settore, che ha un polo industriale a soli quattro o cinque chilometri di distanza, e per tutto il Paese, perché purtroppo in questo momento siamo in deficit di stoccaggi. Questi però devono essere regolamentati. Oggi, le imprese industriali non possono accedere agli stoccaggi, però credo che si possa per una piccola parte dare questa possibilità
anche al sistema industriale per cercare di creare risparmi energetici, quindi anche nei consumi. Vedremmo molto positivamente lo stoccaggio, purché ci siano le condizioni di sicurezza, che mi pare siano assicurate nell'ultima formulazione della società inglese che vuole portare a termine questo progetto. Credo che questo non sia un aspetto ideologico. Deve essere un progetto scientifico realizzato da esperti. Vi chiedo quindi di formulare un giudizio anche sulla base delle opinioni dei massimi esperti al mondo. Se gli esperti ravvisano che vi siano le condizioni di sicurezza, si va avanti, ma affidare tale decisione alle opinioni dei singoli diventa un fatto ideologico, giacché in Italia siamo portati a dividerci in fazioni.
Con la risposta sul credito alle imprese riunisco tutte le restanti domande. Le banche locali sono state sempre vicine al nostro settore, rappresentando il motore principale insieme alle istituzioni e agli imprenditori per ottenere questo successo straordinario perché importiamo argilla dall'Ucraina e dalla Turchia, la cuociamo con il gas più caro in Europa, la produciamo con la manodopera più qualificata, ma più costosa rispetto ai distretti industriali ceramici nel mondo, la esportiamo pagando più tasse in centocinquanta Paesi. Questo ci rende ottimisti perché stiamo esportando con un enorme fardello sulle spalle. Alcune di queste grandi e medie banche hanno un coefficiente patrimoniale (TIER-1) abbastanza basso, quindi faticano ad erogare credito. Concordo con l'onorevole Raisi, riconoscendo che forse nelle imprese principali il credito sta affluendo regolarmente, ma sulla filiera è veramente un dramma. Nell'immobiliare
c'è una chiusura totale e, poiché quello è il nostro sbocco, emerge una problematica molto importante.
Se fossi stato convocato ai primi di luglio del 2008, la prima risposta circa le priorità da affrontare sarebbe stata le infrastrutture, per le quali abbiamo condotto battaglie impegnative. Oggi, prevalgono tre tematiche: innanzitutto gli ammortizzatori sociali che riguardano un problema di coesione sociale. Le cinquantadue settimane più cinquantadue, i tre anni di cassa integrazione straordinaria erano richieste nostre e di Confindustria, ma si rilevano difficoltà nella loro concessione.
Noi vi chiediamo di destinare più risorse possibili agli ammortizzatori sociali e di erogarli velocemente, perché le imprese sul nostro territorio stanno anticipando i salari della cassa integrazione per rendere meno drammatica la crisi per i propri dipendenti, ma questo crea una crisi di liquidità per alcune. In secondo luogo, è necessario garantire l'assicurazione del credito, la possibilità di consolidare e di continuare a investire. Sul leasing, si dovrebbe aprire un discorso a parte. Oggi, non è possibile ottenere finanziamenti in leasing a causa della crisi bancaria. Mantenere alti gli investimenti è importante per mantenere alto il presidio sui mercati.
Ritengo che la nostra industria sia tra le eccellenze, perché come i migliori settori italiani che si sono avviati all'esportazione ha portato avanti un processo evolutivo, innalzando la qualità dei prodotti e quindi posizionandosi su una fascia amplissima di mercati e sul segmento più alto.
Stiamo vendendo in India, in Cina e in Paesi normalmente concorrenti. L'internazionalizzazione è sicuramente uno degli aspetti che ci caratterizzano.
Insieme alla questione del credito metterei la SACE e l'assicurazione, poi l'energia, che per noi è fondamentale. Siamo favorevoli al prolungamento dei tetti antitrust, per regolare il mercato in modo adeguato in futuro. Credo che oggi stiate lavorando su questo emendamento, quindi l'onorevole Raisi conosce la questione. Siamo favorevoli all'accesso agli stoccaggi e a quanto nel medio e lungo termine possa creare un minimo di mercato. Nel breve, però, è indispensabile per tutti i settori come il nostro, come peraltro evidenziato dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato e dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, garantire in questo momento, stanti le tariffe molto elevate e le difficoltà di mercato, procedure
di gas release capaci di andare a favore dei produttori e consumatori industriali, come avvenuto in altre occasioni, non attraverso lotterie, come per la capacity release sulla TAG, ma direttamente ai consumatori industriali finali, in modo tale che il mercato e le imprese ne beneficino in termini competitivi e la rendita vada direttamente al mercato e non sia spartita.
Questo è possibile, se le gas release vengono rilasciate sulla base di aggregazione di imprese e di mandati.
PRESIDENTE. Nel ringraziare gli auditi, dichiaro conclusa l'audizione.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione e sulle prospettive del sistema industriale e manifatturiero italiano in relazione alla crisi dell'economia internazionale, l'audizione di rappresentanti del distretto n. 6 tessile-calzetteria di Castel Goffredo.
Desidero in primo luogo scusarmi, a nome della Commissione, del ritardo con cui diamo inizio all'audizione, ma essendo i temi trattati interessanti, non sempre riusciamo a rispettare i tempi. Potremo, tuttavia, recuperare considerato che i lavori dell'Assemblea hanno oggi seguito un ordine diverso rispetto alle previsioni.
Sono presenti, in rappresentanza del distretto della calzetteria di Castel Goffredo, i signori Giovanni Battista Fabiani, presidente del Centro servizi calza, Francesco Merisio, direttore del Centro servizi calza, Nazzareno Uggeri, assessore al bilancio, tributi e innovazione tecnologica del comune di Castel Goffredo, Giulia Merlo, assessore ai servizi sociali del comune di Castel Goffredo, Pietro Bianchi, imprenditore e consigliere dell'Associazione distretto della calza e intimo.
Come ripeto in ogni audizione, l'ordine degli interventi è libero; seguiranno le domande dei parlamentari presenti, che sarà mia cura presentare indicando anche il gruppo di appartenenza.
Do la parola al dottor Fabiani, presidente del Centro servizi calza, per lo svolgimento della relazione.
GIOVANNI BATTISTA FABIANI, Presidente del Centro servizi calza. Innanzitutto vi ringraziamo di averci convocato per questa audizione. Siamo molto contenti di questa opportunità. A me spetta il compito interessante e anche un po' gravoso di parlare di un distretto che è motivo di orgoglio non solo per noi ma per tutta l'Italia, della cui forza ed eccellenza siamo convinti e contemporaneamente di spiegarvi perché siamo in difficoltà. Le due cose possono apparire lievemente in contraddizione.
Il nostro è un distretto della regione Lombardia, copre una dozzina di comuni e ha una particolarità importante: nel settore tessile, la tradizione del made in Italy è riuscita a mantenere sul territorio nazionale una quota di mercato altissima. Negli ultimi quindici anni, infatti, in un mercato delle calze che a livello mondiale si è tendenzialmente ridotto grazie al miglioramento qualitativo del prodotto, giacché oggi una calza dura sette-otto giorni, non più due o tre come tanti anni fa, siamo passati da un 30- 40 per cento di quote di mercato europeo a oltre il 70 per cento. A prodotto omogeneo, la qualità è salita molto: il molto trasparente dura poco, ma più di prima.
In questi anni, un'elevata propensione all'investimento e una grande dedizione al lavoro ci ha infatti permesso di scoraggiare gli altri produttori europei. La calza è sempre stata prodotta in distretti anche all'estero. C'erano sette grossi calzifici in Inghilterra, ne è rimasto uno. Il loro lavoro è stato in larga misura portato a Castel Goffredo.
Da questo punto di vista, i nostri numeri, anche se non enormi, sono impressionanti: fatturiamo globalmente circa 1 miliardo di euro, di cui 600-650 milioni vanno all'esportazione. La quota di mercato italiano è assolutamente dominante
(il 95 per cento), per cui quasi nessuno prova a mandare calze in Italia perché, come il caffè o la pizza, le sappiamo fare solo noi. La quota europea è altrettanto importante.
In molti Paesi soprattutto emergenti, i nostri calzifici sono stati capaci di imporsi con il loro marchio: Omsa, Sisi, Oroblu fanno pubblicità nelle televisioni russe.
In questi dieci comuni lavorano circa 6.400 addetti in 400 aziende, che vanno da quella grande e strutturata del gruppo Golden Lady con 500 milioni di fatturato, piuttosto che Calzedonia con 700 milioni di fatturato, che sono parenti (genero e suocero) e concorrenti, fino ai numerosi calzifici piccoli. Cerchiamo di difendere in particolare l'aspetto del tessuto.
Il calzificio è stato capace di raggiungere questa posizione di eccellenza perché il grande e il piccolo si sono integrati. Quando nasce una nuova tecnologia in fase semiartigianale, il grande fa fatica a incorporarla immediatamente, il piccolo ci si butta, la digerisce, la manipola, la migliora. Si tratta di un lavoro in cui anche nell'era dell'elettronica - ho un centro di ricerca in cui mi diverto molto - il cacciavite ha una sua importanza. Questo fornisce all'Italia quel concetto misto di industria e artigianato, che ci rende inimitabili nella pelletteria e in altri settori. Il calzificio piccolo parte con questa innovazione, poi, se il prodotto ha successo, viene industrializzato e il grosso calzificio effettua l'investimento. Se perdiamo questa rete di piccoli produttori, di laboratori e di consulenze, eliminiamo una delle forze propulsive che ci permettono di mantenere questo ruolo.
Nel 2007-2008, la calza è tornata di moda in quasi tutta Europa, le ragazze giovani hanno riconosciuto il prodotto e abbiamo quindi registrato un aumento della produzione dell'ordine del 3-4 per cento, che per il tessile è straordinario. Improvvisamente, a metà ottobre del 2008 la crisi ha fermato il mondo. Alla crisi generale si è aggiunto un problema specifico, di cui nessuno è responsabile: l'Inghilterra, quarto mercato di esportazione per Castel Goffredo, e la Russia, primo mercato di esportazione per Castel Goffredo, hanno svalutato del 35 per cento. Il 22 per cento della nostra esportazione si è trovato davanti un muro di clienti che affermavano di volere le calze, ma di non avere i soldi per comprarle a quel prezzo. Da lì sono emersi l'improvviso arresto del fatturato, il calo degli ordini e una certa tendenza alla delocalizzazione, per cercare, attraverso scappatoie e abbassamenti improvvisi di costi, di soddisfare
mercati che avevano improvvisamente subìto un crollo nella capacità di potere d'acquisto.
La nostra struttura mista funziona. Si avvale anche di un'unicità: il distretto è definito come produzione di calze, ma nel tempo ha aggregato i produttori di filati. La calza è fatta essenzialmente di nylon. Tutti i produttori leader del settore sono a Castel Goffredo. Con una clientela così qualificata questo garantisce a noi la possibilità di fare ricerca e innovazione e di essere competitivi, ai nostri clienti di non avere magazzino o tempi morti e di poter partire in qualunque momento. Anche questo effetto fisarmonica è tipicamente distrettuale. Non ci spaventa un ordine grande di una grande catena. Anche se il cliente ha osato prendere un ordine troppo grosso per lui, comunque sarà capace di subappaltarlo. C'è una rivalità all'interno del distretto, ma c'è anche questo senso della sinergia che vale per i filati e per un altro aspetto importantissimo. Il meccano-tessile italiano è
fondamentale. Nel caso specifico della calza da donna, la tecnologia è interamente bresciana. Il Gruppo Lonati possiede l'80-90 per cento del mercato mondiale, che probabilmente sfida l'Antitrust. Si tratta di una tecnologia interamente italiana. Tutte le macchine di automazione, il fissaggio, la tintoria si trovano in questa zona. Quindi è proprio un cluster globale di eccellenza. Questo ha anche permesso un'elevata automazione e ha consentito di resistere all'aspetto «costo del lavoro». Non abbiamo fatto miracoli, ma siamo riusciti, attraverso un ciclo di produzione altamente automatizzato, ad aumentare il numero di tecnici, diminuire il numero di braccia e arrivare sino a questo punto.
Vi è una grossa propensione all'investimento. Tutti i calzifici sono stati fondati da qualcuno che aveva un istinto meccanico. Oggi, i titolari delle aziende o i loro figli sono comunque appassionati di produzione, a volte anche troppo. L'investimento nasce da questa cultura e porta a un miglioramento continuo e a una determinazione, che probabilmente ha scoraggiato i nostri concorrenti esteri. I grandi manager investono sulla base di numeri. Bisogna tornare ad investimenti in due o tre anni. Talvolta, il calzificio a Castel Goffredo investe in una macchina nuova, il proprietario vede che la calza è bella e ritiene di aver bisogno di quella macchina per realizzare una calza più bella di quella del suo vicino. So che sembra assurdo, ma mi trovo sul territorio da 25 anni e si resta contagiati. Personalmente, sono uno straniero importato, ma sono rimasto contagiato.
Peraltro, vendendo filati in giro per il mondo riesco a valutare la differenza di attitudine fra il calzificio italiano e quello straniero. In questo momento, ci troviamo dunque nella situazione di un pugile favorito e fortissimo nella competizione, che all'inizio del round ha preso una botta a causa di una momentanea distrazione ed essendo ancora intontito, decide di prendere tempo per non rischiare di subire altri colpi. L'aspetto fondamentale è finanziario. Il calo improvviso del 30 per cento del fatturato e degli ordini incide in un settore di natura stagionale. Il calzificio consegna infatti buona parte della sua produzione nel periodo tra giugno e settembre di ogni anno, perché il grosso delle calze si vende d'inverno. Chiaramente, è necessario considerare anche il fattore anticiclico, poiché vendiamo molte calze in Australia, in Sud America e qualcosa si recupera, ma il ciclo maggiore è invernale.
Un crollo del fatturato tra ottobre e gennaio, con una situazione di magazzini altissimi e circolazione bancaria improvvisamente arrestata, ci pone, come distretto, dinanzi a un problema di liquidità, per cui in questo momento le aziende vanno in cassa integrazione, rallentano o fermano la produzione. Le banche non ci hanno tradito, non sono scappate, perché la statistica del settore è estremamente favorevole per le banche, giacché pochissime aziende sono andate male nella storia di Castel Goffredo. È considerata una situazione sana, quindi il sistema bancario ci appoggia, ma oggi di fronte a richieste maggiori tutti scappano, perché hanno i loro problemi.
Ci siamo quindi interrogati, abbiamo promosso numerose riunioni e valutato la situazione di vari calzaturifici. Siamo convinti che l'attuale flessione di attività non sia definitiva, strutturale. Si rileva una sfasatura tra consumo delle calze ridotto di un 5, 6, 7 o 8 per cento a causa della crisi e un abbassamento delle vendite del 30 o 40 per cento, che può protrarsi ancora parecchi mesi.
Stiamo cercando di individuare soluzioni per superare questo periodo limitando i danni, perché il rischio è che la grande azienda, discutendo con il sistema bancario, riesca a resistere portando il lavoro a casa, mentre le aziende medie e piccole a servizio del sistema vadano a zero. La grande azienda perde il 20 o 30 per cento, ma il laboratorio per due o tre mesi può perdere il 60 o 70 per cento. L'indotto soffre moltissimo.
Abbiamo immaginato alcuni interventi. Castel Goffredo nel suo sviluppo non ha mai usufruito di finanziamenti pubblici di alcun genere, se non forse di qualche fondo ricerca nell'ordine di centinaia di migliaia di euro nel decennio. Non siamo mai venuti a chiedere, il mantovano è sempre stata una zona altamente industrializzata, non ci sono mai stati problemi. È la prima volta che chiediamo qualcosa.
Si tratta di interventi di natura congiunturale, soprattutto nel quadro finanziario. È necessario trovare un rapporto con il sistema bancario. Per una rinegoziazione globale di distretto dell'aspetto mutui, si potrebbero spostare alcune rate verso la fine dell'anno e guadagnare cinque, sei o otto mesi, semplicemente perché siamo convinti che il giro stia arrivando. So che non è facile, ma questi sono gli interventi cui abbiamo pensato, come il
credito agevolato per le piccole aziende. Adesso c'è un rifinanziamento di Confidi, cercheremo di utilizzare anche quello, ma sono importi piccoli. Il settore della calza ha un'elevata capitalizzazione, quindi giriamo somme piuttosto importanti.
I mutui sarebbero la prima cosa da rinegoziare. Auspicavamo in maniera probabilmente incosciente che il sistema bancario potesse finanziare almeno l'IRAP, talmente importante che chiedere di toccarla sembra impossibile. Spostarne in avanti i pagamenti sarebbe però interessante.
Ho un'azienda in Francia, dove stanno facendo slittare i pagamenti pubblici, contributi o IVA. Ci si reca in ufficio a discuterne, perché i vari «INPS francesi» hanno avuto una specie di ordine di scuderia. Sono infatti necessarie diluizioni nel tempo, che ci consentano di arrivare alla buona stagione e ricominciare il fatturato per riequilibrare la situazione.
Tra gli aspetti strutturali, il costo dell'energia in Italia incide molto nella catena dei filati e delle calze, laddove paghiamo il 20-30 per cento in più dei nostri concorrenti e rispetto alla Francia quasi il doppio.
I dazi doganali costituiscono un tema a me molto caro. Sono consapevole del fatto che nei momenti di crisi le aziende chiedano dazi, scatenando giustamente le ire degli amministratori pubblici. Noi invece chiediamo di eliminare i terribili dazi a noi imposti per esportare in America, tanto che, a conferma dell'eccellenza, il gruppo Golden Lady è proprietario del secondo marchio americano, ha 2-3 mila addetti in America e il 20 per cento del mercato americano. Ha però dovuto comprare un'azienda e produrre là, perché è impossibile inviare calze dall'Italia con il 25-30 per cento di dazio.
Lo scorso anno, con un finanziamento della regione Lombardia e della camera di commercio, siamo andati in missione a Shanghai per preparare l'ingresso nel mercato. Il gruppo Golden Lady sta aprendo un negozio a Shanghai. Siamo convinti che la Cina per Castel Goffredo possa diventare un mercato, certo non immenso come quello russo, che dominiamo. In Cina, esiste infatti una produzione locale, per cui non sarà possibile. Ci siamo rivolti alla Cina per realizzare un business, ma abbiamo il dazio posto sulla parte della Cina. In Russia, abbiamo un dazio del 25 per cento. Fra l'altro, la Russia non ha una produzione locale di calze, quindi il dazio non sembra avere motivazioni. Peraltro, la Serbia, per vecchi motivi politici, non ha dazi sulla Russia. In questo momento, un fenomeno ci preoccupa come distretto, come Comune, come industriali della zona: per aggirare il dazio sulla Russia, è in atto una delocalizzazione verso la Serbia di una parte dei calzifici, attratti
non solo dal limitato costo della corrente e del personale, quanto dalla problematica dei dazi nelle sue duplici valenze. Si considera quindi innanzitutto il costo e, in secondo luogo, il fatto che oggi, per inviare calze in Russia, si debbano attraversare dogane notoriamente impervie, che costringono i nostri calzifici ad affidarsi a importatori e intermediari. Dalla Serbia, invece, il camion arriva direttamente.
Per riassumere, quindi, vi è un aspetto finanziario. Sarebbe utile individuare uno strumento per diluire nel tempo i pagamenti di alcune imposte e ottenere aiuti dal sistema bancario limitatamente a 6-8 mesi o un finanziamento delle scorte attualmente eccessive. Si dovrebbe inoltre effettuare un'analisi dei dazi nel mondo della globalizzazione.
PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.
GIUSTINA MISTRELLO DESTRO. Saluto i rappresentanti di questo importante gruppo di aziende, che rappresenta un significativo settore del mercato.
Mi ha fatto piacere ascoltare un'analisi di un comparto che forse non conoscevo. Vorrei sapere se vi siate consorziati in distretto nel settore per poter affrontare questi temi ed essere più forti nei confronti della categoria, delle associazioni e del mondo della finanza.
Le maggiori unioni industriali di Treviso, di Venezia, di Padova hanno siglato
un accordo interessante per quanto riguarda i Confidi e si sono consorziate, operazione interessante anche nei riguardi del mondo bancario. La regione è stata partner di questa aggregazione. Questo diventa un punto di forza strategico soprattutto per le piccole imprese, per accedere al credito in momenti particolarmente difficili.
Anche nel settore dell'energia in Veneto abbiamo creato il Consorzio di Vicenza, secondo in Italia, che permette di accedere all'utilizzo dell'energia con costi nettamente inferiori per le aziende, specialmente le piccole.
Questa è una riflessione su due temi emersi dalla nostra esperienza del Veneto e dalla mia particolare vicinanza al sistema delle imprese e della piccola industria. Ritengo che si possa fare una lobbying con tutto il settore dell'export italiano. Poiché l'Italia ha una leadership nel settore delle calze, potrebbe essere uno dei settori leader dove anche l'attività produttiva può giocare come carta anche per ottenere alcune facilitazioni, non ultima quella nel settore dei dazi.
GIOVANNI FAVA. Non ho particolari domande da rivolgere, perché è un settore che conosco abbastanza bene e che riguarda il territorio dal quale provengo.
Purtroppo, oggi non ho appreso nulla di nuovo, perché la mia conoscenza del tema è abbastanza approfondita, ma apprezzo il fatto che vi sia la possibilità che la Commissione trasmetta queste informazioni anche ai colleghi. Mi limito a svolgere due osservazioni generiche, ma importanti, che potrebbero essere elemento di valutazione più approfondita nell'ambito del lavoro della nostra Commissione, perché, seppur incidentalmente, potrebbero essere oggetto delle decisioni che la Commissione dovrà prendere.
Parto dalla fine, cioè dall'intervento del presidente Fabiani sul tema del dazi, che in questa sede deve essere affrontato in modo laico, spogliandosi dalle casacche indossate in questi anni su fronti opposti e cominciando a ragionare su questioni oggettive.
Ci troviamo in una situazione in cui, per essere realisti, rischiamo di subire da soli contraccolpi negativi in termini di ritorno. Se infatti abbiamo tenuto fede agli impegni presi in termini di libertà di circolazione delle merci e di gestione autonoma del mercato nei confronti dell'Unione europea, rileviamo come nell'ambito dell'Unione questo non sempre avvenga con la stessa precisione con cui tendiamo ad applicare le nostre normative. Non molto lontano dal confine italiano, infatti, questi meccanismi diventano sistemi surrettizi, per conservare immotivatamente analoghi distretti industriali. Per riconoscere questo rango al distretto della calza di Castel Goffredo, è necessario ragionare in termini di dazi. Non possiamo essere gli unici a predicare il mercato libero, mentre gli altri aprono e chiudono a seconda delle convenienze e tengono inalterata la produzione in modo surrettizio. Ritengo che questo elemento debba essere affrontato con attenzione e mi auguro
che ci sia la volontà di farlo a partire dalle prossime settimane.
L'altro tema che ho colto nell'intervento del presidente Fabiani riguarda il rapporto con le banche, in particolare il riferimento alla cosiddetta moratoria sui mutui, che è ingloriosamente finita nel famoso provvedimento sulla rottamazione. Credo che il tema debba essere nuovamente affrontato. Abbiamo formulato la proposta di congelare le quote capitali per gli esercizi in corso, che aveva trovato un certo consenso.
In qualità di capogruppo della Lega, sollevo questa questione dinanzi alla Commissione, prendendo spunto proprio dagli interventi che mi hanno preceduto. Si tratta di argomenti assolutamente interessanti, ma vorrei in modo succinto richiamare due questioni fondamentali. Dobbiamo appropriarci della nostra capacità propositiva anche in termini legislativi e lavorare su questi due argomenti, cercando una soluzione condivisa dalla Commissione, con la più ampia disponibilità a discuterne anche con i gruppi dell'opposizione, oltre che con i colleghi della maggioranza.
PRESIDENTE. L'argomento introdotto dal collega Fava in alcuni punti converge con l'esigenza di introdurre argomenti di interventi legislativi propri dell'attività parlamentare.
Abbiamo subìto in termini positivi l'iniziativa legislativa del Governo fisiologica all'inizio di ogni legislatura, indipendentemente dal colore politico del Governo. Questo è però il ruolo primario del Parlamento che con queste audizioni intende definire una serie di iniziative.
GIOVANNI SANGA. Innanzitutto, desidero esprimere un forte apprezzamento per l'attività svolta dal distretto.
Nell'attività di distretto possiamo constatare la rilevante capacità del territorio di affrontare questa crisi attraverso iniziative e interventi, nonché in particolare con la capacità di fare relazione, di creare e di determinare legami sociali anche sul piano della solidarietà imprenditoriale che ne deriva.
Su alcuni punti da voi evidenziati, come gruppo del Partito Democratico esprimiamo piena condivisione, avendoli anche sostenuti con appositi emendamenti durante l'esame dei vari provvedimenti esaminati dal Parlamento nell'ambito delle misure anticrisi di natura finanziaria e fiscale. Oltre all'IRAP, auspichiamo attenzione alle prossime scadenze fiscali, perché a giugno tante aziende non saranno in grado di adempiere ai loro obblighi verso l'erario.
Avete citato le difficoltà sul piano della liquidità. Questo anticipa quanto si verificherà, come sosteniamo da mesi. Siamo inascoltati, ma intendiamo ribadirlo, perché lo consideriamo una priorità.
Per quanto riguarda il tema dei dazi, che deve essere affrontato in modo laico, le azioni devono essere unanimemente condivise. Riteniamo che su questo tema debba vigere il principio della reciprocità, altrimenti il mercato non regge. Consideriamo quindi inaccettabile operare nelle condizioni espresse. Il tema della reciprocità per quanto riguarda le relazioni commerciali, diventa quindi la questione principale anche sul piano internazionale.
PRESIDENTE. Do la parola al dottor Giovanni Battista Fabiani, presidente del Centro servizi calza, per la replica.
GIOVANNI BATTISTA FABIANI, Presidente del Centro servizi calza. Dal punto di vista del distretto, non abbiamo un vero Consorzio, a parte quello per l'acquisto di energia elettrica, che risponde alla terza osservazione.
Dobbiamo essere rispettosi del meccanismo rappresentativo. Noi facciamo parte di Assindustria e gli interessi del tessile sono difesi dal Sistema Moda Italia così come da Assindustria. Siamo attenti a evitare di sovrapporci, perché vari livelli di rappresentanza sono inutili.
Il nostro è un tentativo di far convergere l'attenzione su un concetto a me molto caro. Poiché non cerchiamo assistenzialismo, talvolta piccoli interventi garantiscono enormi risultati ed è un peccato dover sempre ricorrere a decreti costosissimi perché di colpo 2 mila o 3 mila persone su 6 mila vanno a casa. Per la prima volta, quest'anno ne perderemo forse 500 o 600, un numero enorme.
Normalmente, negli anni precedenti piccole ristrutturazioni fisiologiche sono state ben assorbite dalla provincia di Mantova, una delle province a minor disoccupazione. Castel Goffredo è una città di 11 mila abitanti, dove il 24 per cento della popolazione è extracomunitaria. Abbiamo anche una grossa percentuale di immigrati dal sud Italia, tutte persone su cui pesano mutui, affitti e situazioni difficili in un settore mediamente ricco. L'impatto improvviso di un 30 o 40 per cento in meno ancora per qualche mese, con difficoltà a pagare i contributi e l'IRAP può scatenare una gran confusione. Se le banche fossero spinte ad anticipare l'IRAP di qualche mese, il sistema potrebbe trarne vantaggio. Non voglio citare esperienze personali, ma in Francia i contributi sono oggi dilazionabili sino a nove mesi senza interessi, per dare respiro alle imprese, e oltre i nove mesi viene messa una garanzia e si pagano gli interessi.
Anche noi in quest'ultimo periodo abbiamo ottenuto il cambiamento delle regole
della cassa integrazione e gli ammortizzatori sociali. Non serve piangersi addosso. Sono venuto a chiedere aiuto, ma anche a difendere l'orgoglio della gente che lavora, crede di lavorare molto bene e vuole avere parità di condizioni rispetto agli altri. Quando sui giornali si afferma che in Italia la corrente costa il 23 per cento in più, probabilmente ci si riferisce alle famiglie, perché le mie fatture indicano che pago il doppio.
Personalmente, avendo un'azienda in Francia, quest'anno ho effettuato una ristrutturazione e ho ridotto una parte di produzione in Italia, perché su certe lavorazioni spendere 1 milione l'anno in più di corrente era troppo esoso.
Si rilevano forti differenze. Anche noi abbiamo realizzato un Consorzio ed esistono quelli di Assindustria, però come consorzio 14 aziende formulano offerte con una differenza del 3 per cento. Tutte comprano l'energia in Francia e la rivendono al 20 per cento in più.
Confidi funziona, per cui Mantova sta facendo la fusione con gli altri Confidi lombardi. Lunedì abbiamo avuto una riunione con Assindustria per questo rifinanziamento di Confidi, di cui, penso, possano usufruire le piccole aziende. Confidi a Mantova si sta ormai aprendo a tutte le banche. Oggi, infatti, talvolta le banche preferiscono stare lontano nonostante le garanzie.
Il tema del dazio è importante perché il settore non era abituato alla delocalizzazione. Ci sono 1.500, 1.800 persone, che probabilmente sono state pensate all'inizio come opportunità di crescita e oggi rischiano di diventare osmosi recando danno per il nostro settore.
Mi ha fatto piacere sentire affermare che, poiché due donne europee su tre mettono le nostre calze e il collant copre il 55 per cento del corpo femminile, dovremmo essere più conosciuti di quello che siamo. Se non altro, spero di andarmene lasciando un ricordo di questo nostro impegno per far star bene le donne.
PRESIDENTE. Questa battuta verrà iscritta nella storia della Commissione come importante elemento di valutazione economica e legislativa!
Nel ringraziare gli auditi per il prezioso contributo fornito alla nostra indagine conoscitiva, dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 16,15.