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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione III
14.
Mercoledì 24 giugno 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Stefani Stefano, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO DELLE NAZIONI UNITE

Esame e approvazione del documento intermedio:

Stefani Stefano, Presidente ... 3 4
Corsini Paolo (PD) ... 4
Pianetta Enrico (PdL) ... 3

ALLEGATO: Documento intermedio approvato dalla Commissione ... 5
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: (Misto-RRP).

COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI
Comitato permanente sugli obiettivi di sviluppo del millennio

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta pomeridiana di mercoledì 24 giugno 2009


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE STEFANO STEFANI

La seduta comincia alle 16,15.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Esame e approvazione del documento intermedio.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, l'esame del documento intermedio che è stato predisposto dal competente Comitato permanente nelle sedute di ieri e di oggi.
Invito il presidente del Comitato, onorevole Pianetta, a darne illustrazione ai colleghi.

ENRICO PIANETTA. Questo documento intermedio è l'esito dell'attività che in questi dieci mesi è stata svolta dal Comitato permanente per gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, attività che si è articolata in una serie di audizioni - cominciate il 31 luglio 2008 - che hanno permesso inizialmente di definire una metodologia per poi arrivare a delle conclusioni. Abbiamo udito soggetti che a vario titolo operano nel settore della cooperazione allo sviluppo.
Rifacendomi all'illustrazione che ho svolto ieri nell'ambito del Comitato, mi limiterò in questa sede ad illustrare le conclusioni del documento intermedio che prevedono, da parte italiana, la necessità di un approfondimento di alcuni temi particolari quali: la riforma complessiva degli strumenti legislativi in materia di cooperazione allo sviluppo; la focalizzazione degli aiuti sui Paesi poveri che ne hanno effettivamente bisogno, segnatamente l'Africa; la necessità svincolare l'aiuto italiano, attualmente troppo vincolato; l'attuazione di una nuova agenda concordata, per una maggiore efficacia dell'assistenza (implementazione della Dichiarazione di Parigi e dell'agenda di Accra); il superamento della contraddizione tra polverizzazione degli interventi e concentrazione degli stessi su alcuni Paesi ed obiettivi; il potenziamento del quantum contestualmente alla riqualificazione degli interventi di aiuto allo sviluppo in termini di efficacia; corresponsabilizzare i governi beneficiari consentendo loro di utilizzare le proprie procedure ma garantendo che questi fondi siano assoggettati al controllo dei Parlamenti; valorizzare nelle sedi internazionali adeguate la specificità della tradizionale esperienza italiana in tema di cooperazione decentrata.
Direi che questi sono gli aspetti importanti e fondamentali che rappresentano l'esito del nostro lavoro per cui mi auguro l'approvazione del documento intermedio all'esame.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che desiderino intervenire.


Pag. 4

PAOLO CORSINI. Dichiaro il voto favorevole del mio gruppo sulla proposta di documento intermedio testé illustrata dal collega Pianetta.

PRESIDENTE. Pongo in votazione la proposta di documento intermedio come illustrata dal collega Pianetta (vedi allegato).
(È approvata).

Ricordo che il documento, approvato all'unanimità, sarà presentato il prossimo 2 luglio nel corso di un seminario interparlamentare.
Dichiaro concluso l'esame del documento intermedio dell'indagine conoscitiva.

La seduta termina alle 16,20.


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ALLEGATO

Indagine conoscitiva sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.
DOCUMENTO INTERMEDIO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

1. Premessa.

La III Commissione (Affari esteri e comunitari), nella seduta del 30 settembre 2008, con determinazione unanime dell'Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, ha deliberato lo svolgimento dell'indagine conoscitiva sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite. In quell'occasione, fermo restando alla Commissione plenaria il compito di esaminare le risultanze dell'indagine conoscitiva, si è convenuto di affidarne lo svolgimento al Comitato permanente sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, giù istituito il 2 luglio 2008 ai sensi dell'articolo 22, comma 4, del regolamento.
Da un punto di vista formale, è da ritenere significativa la duplice determinazione della Commissione di procedere all'istituzione di un comitato permanente ad hoc e allo svolgimento di un'indagine conoscitiva sui temi degli Obiettivi del Millennio, nel dichiarato intento di rendere tangibile ed efficace l'attenzione del Parlamento italiano su questioni di rilievo primario per l'azione internazionale del nostro Paese. L'obiettivo dalla Commissione - condiviso da tutti i gruppi in essa rappresentati e perseguito con coerenza nei mesi di lavoro trascorsi - è stato infatti valorizzare a pieno il ruolo del Parlamento italiano e, in particolare, l'impegno quotidiano profuso dalla Commissione affari esteri su tematiche strategiche per il nostro tempo, in un anno di particolare rilievo per il ruolo internazionale dell'Italia, impegnata nell'esercizio della presidenza di turno del G8.
In considerazione di tale rilevante impegno per il nostro Paese nei confronti della comunità internazionale - intenta in questa particolare fase ad individuare exit strategies dalla grave crisi economico-finanziaria e nuovi standard di governance globale -, il Comitato permanente ha via via intensificato il proprio lavoro in ragione della fitta agenda governativa. In particolare, nel corso dei mesi di maggio e di giugno 2009, parallelamente allo svolgimento dei più rilevanti vertici ministeriali dei Paesi membri del G8 in relazione alle tematiche degli Obiettivi del Millennio, il Comitato ha acquisito stimoli ed elementi sempre più significativi, maturando il convincimento sull'opportunità di elaborare un documento intermedio sui lavori dell'indagine conoscitiva, anche in vista del Vertice dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi del G8, che si terrà a L'Aquila dall'8 al 10 luglio 2009.

2. Programma dei lavori.

In base al programma deliberato dalla Commissione, obiettivo dell'indagine conoscitiva è l'approfondimento sull'attività ad oggi posta in essere dalla comunità internazionale per il raggiungimento degli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio, adottati dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel settembre del 2000 e finalizzati a dimezzare entro il 2015 la povertà: sradicare la povertà estrema e la fame (obiettivo n. 1); garantire l'educazione primaria universale (obiettivo n. 2); promuovere la parità dei sessi e l'autonomia delle donne (obiettivo n. 3); ridurre la mortalità infantile (obiettivo n. 4); migliorare la salute


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materna (obiettivo n. 5); combattere l'HIV/AIDS (obiettivo n. 6); garantire la sostenibilità ambientale (obiettivo n. 7); sviluppare un partenariato mondiale per lo sviluppo (obiettivo n. 8).
Com'è noto, i rapporti pubblicati dalle stesse Nazioni Unite evidenziano, soprattutto per quanto concerne l'Africa subsahariana, difficoltà e battute d'arresto nel raggiungimento degli Obiettivi, che restano tuttavia un punto di riferimento acquisito per valutare lo sforzo della comunità internazionale nella cooperazione allo sviluppo.
Al pari degli altri Paesi, l'Italia ha fatto propri gli Obiettivi del Millennio quali linee guida della propria politica di cooperazione allo sviluppo, distinguendosi in particolare nel settore sanitario nell'ambito del sesto Obiettivo, avendo destinato importanti risorse al Fondo Globale per la lotta all'AIDS, la tubercolosi e la malaria. L'Italia riserva altresì un'attenzione particolare al settore dell'educazione e alle tematiche di genere, soprattutto nei contesti di fragilità e post-conflitto.
Alla luce di questi aspetti, l'attività di indagine è stata impostata nella consapevolezza dell'importante interazione fra Paesi donatori e tra livello istituzionale, settore privato e società civile. Essa, in linea con quanto emerso in sede di programmazione dei lavori del Comitato permanente, si è inoltre prefissata di valutare iniziative, aspetti finanziari ed eventuali rapporti con istituzioni internazionali utili a qualificare la posizione dell'Italia sulle diverse questioni e ad individuare le modalità più opportune per dare maggiore visibilità, soprattutto nelle sedi europee, all'impegno italiano per la realizzazione degli Obiettivi.
Il programma dei lavori d'indagine, il cui termine di conclusione è fissato al 31 dicembre 2009, ha quindi individuato gli interlocutori da audire nei rappresentanti del Governo italiano, nei vertici delle organizzazioni ed agenzie internazionali competenti in materia, accademici ed esperti, esponenti di organizzazioni non governative, rappresentanti di organi di informazione ed esponenti del settore privato.

3. La prima fase di attività svolta dal Comitato.

Per le strette connessioni con i lavori dell'indagine conoscitiva, appare opportuno richiamare in questa sede l'attività preliminare svolta dal già citato Comitato permanente sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio.
Fin dal momento della sua istituzione nel luglio 2008, il Comitato permanente ha stabilito priorità di lavoro ed aree di interesse in vista degli importanti impegni internazionali ai quali l'Italia è stata chiamata. I componenti il Comitato, che hanno richiamato il proficuo lavoro svolto nel corso della XV legislatura nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle istituzioni e i meccanismi di governo della globalizzazione e nel quadro del Comitato Africa, hanno indicato il proprio asse di lavoro nel monitoraggio nei confronti delle organizzazioni internazionali per il rafforzamento delle politiche di contrasto alla povertà, con particolare riferimento al lavoro svolto dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e dal G8. Sono state anche individuate l'esigenza di un'attenzione rafforzata a Paesi africani, con particolare riferimento al Corno d'Africa. Per quanto riguarda l'Italia si è ritenuto di operare per una maggiore visibilità nelle sedi europee dell'impegno italiano sul versante della cooperazione allo sviluppo. Non sono mancati frequenti richiami al ruolo determinante giocato dagli organi di informazione ai fini della sensibilizzazione dell'opinione pubblica su questioni che ad oggi sembrano per lo più coinvolgere gli addetti ai lavori. Si è ritenuto altresì di orientare i futuri lavori del Comitato permanente nella direzione di un approfondimento sull'attuazione degli accordi di cooperazione economica tra l'Unione europea e gli Stati terzi, con particolare riferimento al rispetto delle clausole relative alla tutela dei diritti umani e al concreto impiego dei fondi.


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Il Comitato ha quindi posto le basi per il successivo lavoro d'indagine in occasione dell'audizione sugli Obiettivi del Millennio e sulle priorità dell'Italia per la 63ma Sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, svolta il 31 luglio 2009, dall'Ambasciatore Giulio Terzi di Sant'Agata, allora Direttore Generale del Ministero degli affari esteri per la cooperazione politica multilaterale e attuale Rappresentante Permanente d'Italia presso l'Organizzazione delle Nazioni Unite.
L'audizione ha assolto ad un'importante funzione di impostazione metodologica del lavoro di indagine sulla base di alcuni dati oggettivi di fondo. È stato subito invocato il superamento della visione di contrapposizione tra il mondo «ricco», abitato da 1 miliardo di persone, e il mondo «povero», popolato da 5 miliardi di persone, alla quale fa da sempre riscontro una visione della cooperazione allo sviluppo concepita in termini meramente quantitativi (valutazione degli importi per aiuti umanitari, strutturali e finanziari) e posta alla base degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Si tratta di una visione da affinare considerato che il cosiddetto «mondo povero», fatto di 5 miliardi di persone, che corrispondono a circa l'80 per cento dell'umanità, vive in America Latina, Asia ma anche Europa Centrorientale e si sviluppa in modo molto più rapido di quanto non avvenga nell'Africa subsahariana o in certi Paesi dell'Asia. La vera sfida è oggi intaccare la povertà estrema che affligge l'ultimo miliardo di persone che, per il 70 per cento, popolano l'Africa e sono colpite da fame ma anche da guerre interetniche, epidemie e analfabetismo. Questo miliardo di persone ha un'aspettativa di vita non superiore ai 50 anni, un tasso di mortalità infantile al 14 per cento e il 36 per cento dei bambini in stato di malnutrizione cronica. Nei suoi confronti, come ha documentato il Rapporto ONU sugli OSM del 2007, si è registrato un arretramento in termini reali, soprattutto con riferimento all'Africa subsahariana.
Al fine di comprendere perché alcuni Paesi ce l'hanno fatta e altri no, l'audizione ha segnalato la necessità di un approccio complesso alle questioni dello sviluppo in modo da considerare tutti gli ostacoli che lo frenano: le ragioni profonde dell'instabilità regionale, le mancanza di risorse naturali, la carenza di governance, la corruzione, i mutamenti climatici, i conflitti. Occorre applicare la nuova dottrina della costruzione della pace (peace building) e, soprattutto, dare vita ad un partenariato globale fondato sulla responsabilità condivisa (mutual accountability) tra Paesi più ricchi e Paesi più poveri per indirizzare le singole politiche. In questo quadro le Nazioni Unite - ma anche il G8 - rappresentano le sedi naturali per la definizione di strategie e politiche globali.
È stato espresso l'auspicio che la presidenza italiana del G8 rappresenti l'occasione per l'individuazione del ruolo di altre istanze internazionali e di formule più elastiche nell'ambito del G8 stesso per consentire l'emersione di istanze più diversificate e utili al raggiungimento degli Obiettivi. È stata quindi richiamata la posizione dell'Italia, il cui rapporto percentuale tra aiuto pubblico allo sviluppo e reddito nazionale lordo, sceso allo 0,19 per cento nel 2007, è lontano allo 0,33 fissato dal Consiglio europeo di Barcellona del 2002. Si tenga conto peraltro che, in considerazione dello scarto tra reddito nazionale lordo e prodotto interno lordo, il valore percentuale relativo alla prestazione dell'Italia risulterebbe ulteriormente inferiore se rapportato al PIL. Nel quadro di tale deficit quantitativo, il nostro Paese si caratterizza ulteriormente per l'andamento altalenante nell'erogazione dei finanziamenti, come testimoniano i dati relativi al periodo 2001-2008: si tratta di un problema specifico, che attiene al nodo della prevedibilità delle risorse disponibili da parte degli operatori. L'Italia è però assai presente su alcuni degli Otto Obiettivi, avendo contribuito in modo significativo al sostegno del Fondo Globale per la lotta all'AIDS, alla tubercolosi e alla malaria (con ben 410 milioni nel solo 2007 e ulteriori 130 milioni nel luglio 2009) e degli obiettivi della formazione e delle


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tematiche di genere. Un ulteriore versante di presenza del nostro Paese è quello della cooperazione decentrata, che vede protagonisti gli enti locali ma che non è intercettata dal sistema di contabilizzazione dell'OCSE. L'Italia si è distinta infine per la politica della cancellazione del 100 per cento del debito dei Paesi altamente indebitati con un conseguente avanzamento del nostro Paese nel conseguimento degli obiettivi nel medio termine.
Uno spunto centrale è stata l'individuazione, come priorità, della scelta dei meccanismi multilaterali per la gestione delle problematiche dello sviluppo, rispetto al livello bilaterale. È emersa altresì l'istanza di scongiurare la trappola della retorica dello sviluppo - invocata a copertura di sostanziali inefficienze e incapacità di governance da parte di tante agenzie internazionali - come quella dei raffronti quantitativi. In generale, è stato invocato un approccio concreto, basato su interventi circoscritti e realizzabili, in risposta alle «questioni del Millennio», al fine di evitare che la dimensione dei temi escluda di per sé ogni efficacia e utilità dei diversi e possibili contributi. Piccole cose ma fattibili e fondate su un nucleo di valori di riferimento.
Anche la seduta del Comitato del 2 ottobre 2008 sugli esiti della Riunione ad alto livello sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, tenuta il 25 settembre 2008 in occasione della 63ma Sessione dell'Assemblea Generale dell'ONU, ha influito sull'andamento dei lavori dell'indagine considerato che in quell'occasione sono state focalizzate alcune priorità di lavoro:
1) la necessità di monitorare l'attività svolta a livello regionale da organizzazioni come l'Unione Africana o l'Unione europea, nonché dagli enti locali nell'ambito della cosiddetta «cooperazione decentrata»;
2) la sensibilizzazione del settore privato;
3) la promozione del coordinamento degli interventi e la trasversalità degli obiettivi (con riferimento all'ottavo obiettivo relativo alla global partnership);
4) la verifica dei progressi in particolare in vista della Review Conference di Doha.

4. I lavori dell'indagine conoscitiva.

L'indagine conoscitiva, deliberata il 30 settembre 2008, ha avuto inizio con le audizioni di due esponenti di vertice della Campagna delle Nazioni Unite per gli Obiettivi del Millennio e, segnatamente, il 16 ottobre della Coordinatrice Esecutiva della Campagna, Evelyn Herfkens, e il 27 novembre del Direttore Salil Shetty.
In successive audizioni il Comitato ha raccolto i seguenti contributi:
rappresentante d'Italia presso l'OCSE, ambasciatore Antonio Armellini (29 gennaio 2009);
rappresentanti di Social Watch (Jana Silverman, segretario internazionale di Social Watch, Jason Nardi, coordinatore della coalizione italiana di Social Watch, Sabina Siniscalchi, rappresentante della Fondazione culturale responsabilità etica, Farida Bena, responsabile dell'ufficio campagne UCODEP e OXFAM international, e Tommaso Rondinella, rappresentante dell'associazione Lunaria) (26 febbraio 2009);
il sindaco di Milano, Letizia Moratti, nella qualità di Commissario straordinario del Governo per la realizzazione dell'Expo Milano 2015 (26 febbraio 2009);
rappresentanti di ActionAid e di parlamentari della Tanzania e dell'Uganda (Laurent Wambura, HIV/AIDS officer, della Tanzania; Omari Shaban Kwaangw', parlamentare della Tanzania; Elizabeth Nakiboneka, HIV/AIDS officer, dell'Uganda; Nalwanga Sekalo Lukwago Rebecca, parlamentare dell'Uganda e Iacopo Viciani di ActionAid) (12 marzo 2009);
il direttore generale per la cooperazione allo sviluppo della Commissione europea, Dottor Stefano Manservisi (24 marzo 2009);
componenti della Commissione per l'aiuto allo sviluppo dell'OCSE (Organizzazione


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per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) (Laurence Dubois-Destrizais, Ministro plenipotenziario e consigliere per gli affari economici alla rappresentanza francese presso l'OCSE; Laurent Amar, Capodipartimento per le strategie di sviluppo del Ministero degli affari esteri francese; Helen Zorbala, Ministro plenipotenziario e Vicedirettore generale del Ministero degli affari esteri ellenico per la cooperazione allo sviluppo; Genny Bonomi, economista e policy analist presso il Dipartimento Peer Review and Evaluation dell'OCSE/DAC; Steve Darvill, Humanitarian Aid advisor dello stesso Dipartimento Peer Review and Evaluation dell'OCSE/DAC) (14 maggio 2009);
rappresentanti del Centro Studi di Politica Internazionale (CESPI) (José Luis Rhi-Sausi, Direttore, e Marco Zupi, Direttore scientifico) (20 maggio e 16 giugno 2009);
rappresentante speciale per l'Europa della Banca Mondiale, Cyril Muller (27 maggio 2009);
infine, lo sherpa del Governo italiano per il G8, Ambasciatore Giampiero Massolo (17 giugno 2009).

5. Il 2008: un anno cruciale nel raggiungimento degli Obiettivi del Millennio.

Appare utile svolgere qualche cenno sullo stato di avanzamento degli Obiettivi del Millennio in base alle risultanze dei più recenti documenti ufficiali delle Nazioni Unite, vale a dire il Rapporto per il 2008, e dei maggiori eventi internazionali svoltisi su tali temi.
Preliminarmente si ricorda che gli otto Obiettivi sono articolati in oltre 20 target e in 60 indicatori, individuati allo scopo di rendere misurabili i progressi in direzione della realizzazione degli OSM nel periodo dal 2000 al 2015. Ogni anno il Segretario generale delle Nazioni Unite presenta un rapporto all'Assemblea generale sui progressi effettuati, basandosi sui dati forniti dagli indicatori aggregati a livello globale e regionale. Gli Obiettivi, i target e gli indicatori, come definiti nel 2002, sono stati usati fino al 2007, quando il quadro di monitoraggio degli Obiettivi di sviluppo è stato rivisto per includere i quattro nuovi target decisi dal World Summit del 2005 e, conseguentemente, i nuovi indicatori.
Il 2008 ha costituito un anno cruciale per le strategie di sviluppo perché ha segnato un punto intermedio nel percorso verso il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio, la cui realizzazione è stata fissata entro la fine del 2015, e poiché erano in programma due eventi internazionali ad alto livello che hanno posto gli Obiettivi al centro del dibattito. Si tratta della Conferenza di Accra (Terzo forum sull'efficacia degli aiuti, dal 2 al 4 settembre 2008) e della Conferenza internazionale di Doha (29 novembre - 2 dicembre 2008) per la valutazione dello stato delle iniziative di finanziamento dello sviluppo, assunte nel quadro della Conferenza di Monterrey del 2002.
La Conferenza di Accra sull'efficacia degli aiuti aveva il compito di fare il punto sulla Dichiarazione di Parigi adottata nel 2005 per migliorare la qualità degli aiuti e si è conclusa con l'adozione di un Programma di azione approvato a larga maggioranza dai partecipanti. Con il Programma di Accra i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo si sono accordati per intraprendere un'azione decisa per riformare il sistema degli aiuti: i PVS si sono impegnati ad assumere su se stessi il controllo del proprio futuro, i Paesi donatori a migliorare il coordinamento degli aiuti. Il Programma di Accra è il risultato di una alleanza senza precedenti: tra Paesi in via di sviluppo, Paesi donatori, economie emergenti, Nazioni unite, istituzioni multilaterali, fondi globali e organizzazioni della società civile.
Questi i punti chiave del Programma:
prevedibilità: i donatori forniranno con 3-5 anni di anticipo le informazioni circa gli aiuti che prevedono di accordare ai propri partner;
sistemi nazionali: per fornire gli aiuti, i Paesi donatori utilizzeranno come prima


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opzione i sistemi nazionali dei paesi partner (invece di quelli dei sistemi dei donatori);
condizionalità: i donatori forniranno gli aiuti non più imponendo condizioni sul come e quando erogarli, ma basandosi sugli Obiettivi di sviluppo dei Paesi riceventi;
sganciamento degli aiuti: i donatori attenueranno le restrizioni che impediscono i paesi in via di sviluppo di acquistare merci e servizi da chiunque e dovunque riescano ad ottenere la qualità migliore al prezzo più basso.

A pochi giorni dalla conclusione della Conferenza, l'11 settembre 2008, è stato reso pubblico il Rapporto sugli Obiettivi del Millennio, (Millennium Development Goals Report 2008) pubblicato a cura delle Nazioni Unite, che riassume per ciascun obiettivo i risultati conseguiti grazie all'impegno profuso nelle attività di sviluppo in circa 190 Paesi. Il Rapporto, come i precedenti, si basa su dati raccolti ed elaborati da Agenzie specializzate e da un Gruppo di esperti, sotto la direzione del Dipartimento degli Affari economici e sociali del Segretariato delle Nazioni Unite.
Successivamente, dal 28 novembre al 2 novembre 2008 si è invece svolta la Conferenza di Doha sul finanziamento allo sviluppo: il documento approvato al termine della Conferenza non è riuscito ad accontentare le nazioni più povere, che stanno pagando il prezzo di una crisi della quale non sono responsabili, ma anche i rappresentanti delle 250 organizzazioni non governative che hanno partecipato ai lavori, che hanno denunciato la scarsità dei nuovi impegni assunti.
L'esiguità dei contenuti del lunghissimo Documento finale è probabilmente dovuta ai molti compromessi ai quali i blocchi negoziali hanno dovuto sottostare per giungere ad un accordo alla fine delle lunghe e faticose trattative. Tutti i delegati hanno però mostrato soddisfazione per il consenso circa il mandato conferito al Presidente dell'Assemblea generale e al Segretario generale dell'ONU per l'organizzazione di una Conferenza ad alto livello sulla crisi finanziaria globale e sui suoi impatti sullo sviluppo.
Il Documento finale contiene, fra l'altro, l'impegno ad agire contro l'evasione fiscale e i movimenti illeciti di denaro, anche se non vi sono chiare indicazioni circa le azioni concrete da adottare. La giustizia fiscale è così stata riconosciuta come una priorità per lo sviluppo. Per quanto attiene agli aiuti, il documento afferma che per raggiungere gli obiettivi già decisi (0,7 per cento del PIL da destinare agli aiuti entro il 2015, con le gradualità stabilite) i donatori dovranno prendere le misure necessarie, in particolare quelli più arretrati sulla tabella di marcia. Sull'efficacia degli aiuti, il documento rinvia invece alle decisioni dell'agenda di Accra.

6. Nodi problematici emersi nel corso delle audizioni.

La prima fase dell'indagine ha consentito, attraverso l'acquisizione di importanti contributi offerti da autorevoli esperti internazionali, rappresentanti di organismi multilaterali ed esponenti di organizzazioni non governative, di inquadrare in modo approfondito i diversi temi.
Una questione emersa prioritariamente in questo ciclo di attività del Comitato è stata quella del ruolo che le istituzioni parlamentari possono svolgere nel processo di attuazione degli Obiettivi del Millennio.
È apparso particolarmente importante che i Parlamenti non limitino il loro sguardo alle politiche di assistenza, ma che valutino anche le altre politiche collegate, come quelle del commercio, per verificarne la compatibilità e la coerenza con gli obiettivi di sviluppo del Millennio, in particolare con l'obiettivo n. 8. È quindi compito dei Paesi più avanzati non soltanto migliorare l'aiuto allo sviluppo, ma modificare le regole del commercio globale per consentire ai Paesi poveri di esportare i loro prodotti verso i nostri mercati.
Per quanto attiene al ruolo dei Paesi beneficiari, gli sforzi in atto in numerosi


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Paesi in via di sviluppo devono basarsi su alcuni presupposti essenziali: una leadership politica decisa, che metta lo sviluppo sostenibile e la lotta della povertà al centro dell'azione dei Governi; l'elaborazione di piani e di politiche per lo sviluppo chiari e attentamente focalizzati; bilanci nazionali ben predisposti, in cui le risorse per lo sviluppo siano identificate con chiarezza; un impegno deciso per la lotta alla corruzione; un coinvolgimento di tutti gli attori nell'elaborazione delle strategie di riduzione della povertà, secondo un principio di inclusività democratica.
Un altro nodo cruciale strettamente connesso alla realizzazione degli Obiettivi del Millennio è stato l'impatto delle molteplici crisi (quella alimentare dall'inizio del 2006, l'aumento dei prezzi delle materie prime in tutto il mondo, la crisi energetica e quella finanziaria). L'Italia può fare molto per contribuire a uscire dalla recessione globale, innanzitutto rispettando gli impegni presi e in secondo luogo considerando i diritti umani come punto di partenza, ma anche con uno sguardo più ampio, poiché a sessant'anni dalla Dichiarazione universale, i diritti umani comprendono diritti economici, sociali, culturali e ambientali prima non considerati.
L'influenza negativa svolta della crisi finanziaria globale sul raggiungimento degli Obiettivi del Millennio è ampiamente attestata dal rallentamento economico che incide fortemente sulla realizzazione dell'Obiettivo 1. In Africa il tasso di crescita si è dimezzato e si sta verificando una perdita di posti di lavoro. La crisi si ripercuoterà anche sugli Obiettivi relativi allo sviluppo umano e sulla salute (si prevede un aumento della mortalità infantile da 200 a 400 mila casi l'anno). La crisi avrà un impatto maggiore sulla popolazione più vulnerabile, maggiore rispetto alla portata della crisi stessa.
Ciò nonostante, il punto di partenza resta il fatto che la povertà assoluta non sia inevitabile, perché oggi viviamo in un mondo che per la prima volta ha le capacità scientifiche, tecnologiche e finanziarie per eliminare la povertà. Può sembrare eccessivamente ottimistico, ma l'eliminazione della povertà assoluta è considerata alla portata concreta della nostra generazione, più di quanto si possa pensare. Quel che è decisivo e può fare la differenza, più dell'inventare «cosa» fare, è mettere a disposizione «quanto» è necessario. La cooperazione allo sviluppo (o Aiuto pubblico allo sviluppo, APS) ha bisogno immediatamente di più risorse per realizzare gli interventi necessari.
Il consenso su quanto sia necessario e cosa serva per raggiungere gli OSM è senza precedenti: i vari documenti pubblicati nel 2005 - il Rapporto sullo Sviluppo Umano e il Rapporto dell'UN Millennium Project delle Nazioni Unite, il Global Monitoring Report della Banca Mondiale, il Rapporto annuale sulla cooperazione allo sviluppo dell'OCSE, il Consenso europeo sullo sviluppo, il rapporto della Commissione per l'Africa istituita da Tony Blair - convergono tutti, con un ampio sostegno della società civile internazionale, sulla necessità di impegnarsi per il raggiungimento degli OSM e dell'obiettivo di destinare lo 0,7 per cento del reddito nazionale lordo agli aiuti pubblici allo sviluppo entro il 2015, aumentando al contempo l'efficacia degli interventi. Ciò che colpisce è che non vi siano state conseguenze. Nessun attore della cooperazione allo sviluppo, a cominciare dai governi dei Paesi beneficiari e di quelli donatori o dalle organizzazioni internazionali - come il sistema delle Nazioni Unite o le istituzioni finanziarie internazionali - è mai stato giudicato individualmente per il mancato raggiungimento di obiettivi di cooperazione allo sviluppo, che hanno sempre impegnato la responsabilità politica di tutti indistintamente, il che si è tradotto nella responsabilità specifica di nessuno. Nel 2007, come già nel passato, soltanto cinque Paesi nordici (Danimarca, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi e Svezia) hanno superato l'obiettivo dello 0,7 per cento, attestandosi su percentuali comprese tra lo 0,81 e lo 0,95 per cento. Nello stesso anno, invece, il totale dei paesi membri dell'OCSE/DAC (Development Assistance Committee) aggiunto appena lo


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0,28 per cento del reddito nazionale lordo G7 lo 0,23 per cento (rispetto allo 0,51 per cento dei Paesi DAC non G7) e l'Italia appena lo 0,19 per cento.
Un grave ostacolo è costituito dalla tendenza alla forte renitenza, se non addirittura inerzia, da parte delle istituzioni della cooperazione allo sviluppo rispetto alla necessità di «gestire» il cambiamento.
Nel corso dei decenni, le politiche di APS hanno finanziato progetti infrastrutturali, spese sociali (soprattutto nei campi dell'istruzione e sanità), attività formative (tramite l'assistenza tecnica), lo sviluppo del settore privato, la good governance e lo sviluppo sostenibile. Con gli anni, i nuovi strumenti ed obiettivi che emergevano progressivamente sono andati non a sostituire, bensì ad affiancarsi ai vecchi strumenti ed obiettivi, cosicché si è assistito ad una proliferazione di obiettivi che diventavano caratteristica strutturale delle politiche di APS, insieme ad una moltiplicazione di strumenti e approcci (aiuti a progetto e a programma, Commodity Aid e aiuto alla Bilancia dei pagamenti, assistenza tecnica, sostegno alle organizzazioni non governative, aiuto settoriale, aiuto al bilancio, cooperazione decentrata). Questa situazione finiva per creare inevitabili problemi di coerenza, nella coesistenza di differenti obiettivi e strumenti, spesso espressione di diverse visioni sullo sviluppo.
La proliferazione di obiettivi (peraltro macro-obiettivi, come la crescita economica e la riduzione della povertà), strumenti e condizionalità certo non ha giocato a favore della reale efficacia degli aiuti. Quando perciò si parla di efficacia degli aiuti, si dovrebbe anche chiarire rispetto a quale tra i tanti obiettivi di fatto perseguiti. Del resto, un numero eccessivo di obiettivi ambiziosi, a fronte dell'esiguità delle risorse messe in campo, non poteva che tradursi in un fallimento.
Un problema di metodo che è stato segnalato riguarda la questione delle informazioni e dei dati inerenti il raggiungimento o meno degli obiettivi stessi in quanto proprio dove la situazione è più problematica, ossia nei Paesi più poveri, i dati disponibili sono minori ed attualmente sono spesso riferiti al 2000. Nel complesso i vari obiettivi si muovono diversamente, il che giustifica il fatto che non ci si concentri sull'unico obiettivo della crescita economica.
Il concentrarsi sulla popolazione povera immediatamente sotto la soglia di un dollaro rischia da un lato di trascurare la popolazione che non può essere portata al di sopra della soglia perché troppo povera dall'altro di non porre la sufficiente attenzione a chi è immediatamente sopra la soglia. Proprio nella popolazione che vive con più di un dollaro ma meno di due al giorno si riscontrano, in alcuni Paesi, i livelli più alti di mortalità infantile ed è questa fascia di persone a subire le conseguenze peggiori della crisi economico-finanziaria e dell'aumento dei prezzi alimentari e del petrolio.
Quanto alla crisi economica il suo impatto appare più preoccupante per gli investimenti diretti esteri verso i Paesi poveri che per quanto concerne gli aiuti. Per i Paesi in via di sviluppo che hanno avuto investimenti con un saldo positivo di oltre 700 miliardi nel 2007, per il 2009 si prevede un saldo negativo. In questo quadro è stato ricordato che la riduzione della povertà, a livello mondiale, e il raggiungimento del primo obiettivo sono legati al successo economico di Cina, India, Vietnam e Indonesia, quattro Paesi che hanno ridotto la povertà senza essere i principali target della cooperazione allo sviluppo.
In tale ottica, non sono mancate voci critiche sulla strategia basata sugli Obiettivi del millennio: un approccio ai grandi temi internazionali secondo obiettivi settoriali non consentirebbe di intercettare le grandi tematiche dello scenario complessivo e impedirebbe una visione multidimensionale.
Si correrebbe inoltre il rischio che il misurarsi con gli obiettivi a distanza di anni che devono essere raggiunti indirizzi l'azione internazionale verso strategie più facili, che permettono di raggiungere risultati da presentare alla comunità internazionale che non sempre hanno delle basi solide. Come esempio è stato citato il


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caso del Ghana e del Kenya dove l'aumento delle iscrizioni è stato notevole ma all'uscita della scuola elementare le bambine non sanno né leggere né scrivere.
Più in generale, secondo tale impostazione, sembra essere poco considerato nel quadro degli Obiettivi di sviluppo del millennio il nesso tra povertà e disuguaglianza. A tale proposito sono ritenute necessarie politiche che creino non solo aumento del reddito ma anche mobilità sociale, opportunità e sostenibilità.
In particolare, risultano meritevoli di riflessione e di attenzione le seguenti osservazioni critiche sugli Obiettivi del Millennio che:
risentono di una forte contraddizione tra la dimensione mondiale dell'obiettivo principale (sradicamento della povertà) e quella nazionale delle politiche per affrontarlo;
non rivelano attenzione al tema della disuguaglianza economica e sociale, né alle dimensioni culturali, scientifiche e di partecipazione politica dello sviluppo; non vi è alcun richiamo a obiettivi di crescita economica;
non valorizzano alcuni importanti strumenti della finanza per lo sviluppo (come gli investimenti diretti esteri e le rimesse dei migranti);
sono caratterizzati da scarsa chiarezza e contraddittorietà sui target intermedi, risultati e input;
incoraggiano una concentrazione verso gli Obiettivi più «semplici», rapidamente raggiungibili e facilmente misurabili, a scapito di quelli di più lenta realizzazione;
non indicano politiche innovative ed eco-sostenibili industriali, di ricerca e sviluppo tecnologico;
evidenziano scarsa coerenza tra obiettivi, traguardi e indicatori.

7. L'Italia, l'Unione europea, il G8.

Per quanto concerne in particolare l'Italia, i dati mostrano un alto livello di frammentazione degli aiuti (cioè elevata dispersione in numerosi PVS), situazione che nel tempo non si è modificata, indipendentemente dal cambiamento della legislazione in materia di aiuti, che è risultato un fattore ininfluente in proposito. Inoltre, l'Italia registra ed ha sempre registrato un elevato livello di concentrazione degli aiuti: a fronte di un alto grado di frammentazione, cioè, gran parte degli aiuti sono andati a un numero ridotto di PVS.
In buona sostanza, l'Italia è passata da una situazione di aiuti a più di 80 PVS agli inizi degli anni Ottanta, ad oltre 100 PVS beneficiari negli ultimi anni, continuando però a dare molto a pochissimi paesi. Sembra, cioè, che il paese abbia voluto «presidiare» con la propria presenza un numero sempre più alto di PVS, mandando un preciso segnale politico di global player, senza però assumersi, in gran parte dei casi, la responsabilità di un impegno finanziario significativo. Tale profilo caratterizza sostanzialmente anche il comportamento attuale degli altri principali donatori bilaterali.
Quel che, invece, continua a distinguere sensibilmente l'Italia dagli altri donatori è l'elevata quota di cooperazione veicolata attraverso il canale multilaterale: nel 2007 ha rappresentato il 68 per cento del totale degli aiuti italiani, rispetto a una media DAC del 30 per cento e a un ridottissimo 13 per cento nel caso del principale paese donatore, gli Stati Uniti.
A proposito dell'Italia sono quindi risultati meritevoli di approfondimento e discussione i seguenti temi:
la riforma complessiva degli strumenti legislativi in materia di cooperazione allo sviluppo;
focalizzazione degli aiuti sui Paesi poveri che ne hanno effettivamente bisogno, segnatamente in Africa;
svincolare l'aiuto italiano che attualmente è troppo vincolato: l'OCSE-DAC ribadisce che bisogna svincolare questi


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aiuti, altrimenti risulteranno inefficaci e si genererà corruzione;
attuazione di una nuova agenda concordata, per una maggiore efficacia dell'assistenza (implementazione della Dichiarazione di Parigi e dell'agenda di Accra);
superare la contraddizione tra polverizzazione degli interventi e concentrazione degli stessi su alcuni Paesi ed obiettivi;
provvedere al potenziamento del quantum contestualmente alla riqualificazione degli interventi di aiuto allo sviluppo in termini di efficacia;
corresponsabilizzare i governi beneficiari e consentire loro di utilizzare le proprie procedure e garantire che questi fondi siano assoggettati al controllo dei loro Parlamenti;
valorizzare nelle sedi internazionali adeguate la specificità della tradizionale esperienza italiana in tema di cooperazione decentrata.

Quanto al ruolo e agli obiettivi dell'Unione europea, i 27 Paesi si sono posti due primi traguardi: il raggiungimento dello 0,56 per cento del prodotto interno lordo nel 2010 e dello 0,7 per cento nel 2015, tenendo presente che ci sono velocità diverse: ridurre la frammentazione delle politiche di sviluppo, evitando così che troppi donatori intervengano in realtà diverse e con strumenti diversi.
Tra gli obiettivi dell'Unione rientrano inoltre i punti fissati ad Accra: la riduzione dei costi di transazione, la massima utilizzazione del codice di condotta sulla divisione del lavoro e l'aumento della prevedibilità dell'aiuto. Nell'ambito del Fondo europeo di sviluppo, per i Paesi ACP, l'UE ha raggiunto il 48 per cento dell'aiuto programmabile che viene speso attraverso lo strumento dell'aiuto al bilancio.
Un terzo traguardo consiste nell'allineare sempre più le pratiche dei donatori alle procedure e al sistema del Paese nel quale si lavora, in modo che l'aiuto faccia crescere le istituzioni e la loro capacità di gestione (senza dover esportare assistenza tecnica, procedure e burocrazia). Infine, un ultimo obiettivo è quello di sviluppare un concetto di condizionalità per risultati e non ex ante: fare in modo, cioè, di accompagnare un processo e di fissare degli obiettivi, piuttosto che fissare delle condizioni di entrata e di eleggibilità.
Un particolare rilievo assume infine il progetto comunitario intenso al reperimento, accanto al classico aiuto pubblico allo sviluppo, di altre forme di sostegno, come l'investimento privato, i trasferimenti di tecnologia e altre forme ancora che possano esportare la nostra conoscenza al servizio dei Paesi in via di sviluppo, per fare sì che questi non si distacchino dall'economia globale.
Il primo semestre di lavori dell'indagine conoscitiva è culminato nell'audizione dello sherpa del Governo italiano per il G8, Ambasciatore Giampiero Massolo, che ha illustrato le linee di fondo per il Vertice dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi membri del G8, previsto dall'8 al 10 luglio 2009, relativamente ai temi del Millennio. Il Vertice, destinato a rappresentare un momento di verifica e messa a punto di metà percorso, è finalizzato alla definizione di una metodologia per una migliore rendicontazione degli impegni presi dai Paesi del G8, date le ricorrenti critiche rivolte a tale sede in termini di accountability. La crisi economico-finanziaria ha peraltro favorito l'avvio di una fase più sobria, fatta di minori annunci su cifre e di una più attenta analisi di quanto davvero è stato fatto in termini di adempimenti quantitativi e di efficacia sul piano qualitativo. In generale occorre definire un concetto più ampio di sviluppo, basato su uno strumento di policy che renda più coerente e più efficiente l'insieme delle politiche dei Paesi più sviluppati, includendo l'aiuto allo sviluppo, le politiche del commercio internazionale e quelle relative all'investimento e alla cancellazione del debito. Bisogna riuscire a convergere tutte le risorse a disposizione, siano esse statali, di enti locali, di fondazioni o della società civile, mobilitando tutti gli attori coinvolti


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(il cosiddetto «whole of country approach») per promuovere lo sviluppo nei Paesi in difficoltà. In questa direzione il G8 ha avviato una cooperazione con l'OCSE incaricata di sviluppare ulteriormente la nuova metodologia al servizio di tutti i Paesi.
Occorre inoltre evitare di porre l'attenzione soltanto sui Paesi più poveri, occupandosi invece in generale dei più deboli, anche all'interno dei Paesi sviluppati, secondo un concetto che al Social summit di Roma venne definito come il principio del «people first».
In relazione alla crisi economica il Governo italiano intende proporre al vertice un pacchetto complessivo atto ad evitare che la crisi si ripercuota duramente sui Paesi in via di sviluppo e su quelli più poveri che includa:
la riconferma dei volumi evitando la corsa immotivata al rialzo degli impegni;
un impulso a concludere il Doha Round per far ripartire la crescita mondiale;
un'azione decisa per la cancellazione del debito e la promozione di strumenti innovativi di finanziamento, quali Advance Market Commitments (AMC) e la Detax;
la riduzione alla metà dei costi di transazione delle rimesse agli immigrati;
la centralità della sicurezza alimentare, promuovendo una forte iniziativa che porti alla conclusione, a dicembre, in sede ONU, della global partnership per la sicurezza alimentare e che serva anche a rendere più coordinate e coerenti le politiche e più strutturali, e non solo puntuali, gli interventi.

Dopo una panoramica sulle iniziative del G8 rispetto ai temi della fame, dell'approvvigionamento idrico, della salute e dell'educazione, è stato segnalato che sul piano del metodo il vertice G8 sotto la presidenza italiana intende sviluppare, attraverso un rapporto stabile e duraturo con i Paesi ad economia emergente una corresponsabilizzazione nell'aiuto allo sviluppo. Infine è stato reso noto che è in preparazione un piano di rientro per l'Italia al fine di un riallineamento del ritmo di avvicinamento dell'Italia agli impegni.

8. Conclusioni: alcune linee di intervento.

Lavorare alla mutual accountability tra Paesi più ricchi, ad economia emergente e Paesi destinatari:
instaurare un rapporto più coerente tra fatti e impegni;
nella gestione delle problematiche dello sviluppo privilegiare le sedi multilaterali, riportando al centro delle questioni l'efficienza e l'impegno dell'ONU;
monitorare i diversi livelli regionali (Unione europea e Unione africana ad esempio) e fare emergere il dato della cooperazione decentrata;
nella valutazione dell'impegno a favore della realizzazione degli Obiettivi del Millennio riservare pari considerazione al dato qualitativo e a quello quantitativo, entrambi essenziali per un'azione coerente, sviluppando un'attenzione operativa ai due aspetti in conformità con il dettato della Dichiarazione di Parigi e nella valutazione delle priorità fissate dalla comunità internazionale rispetto alla particolare fase di crisi economico-finanziaria;
valorizzare ulteriormente il ruolo dei Parlamenti nazionali ed accrescere la consapevolezza delle tematiche del Millennio presso l'opinione pubblica;
ridurre la frammentazione degli aiuti;
ovviare alla imprevedibilità delle risorse destinate alla cooperazione allo sviluppo, allo scarso coordinamento, all'insufficiente trasparenza;
procedere alla razionalizzazione complessiva delle iniziative di cooperazione allo sviluppo provvedendo anche ad interventi incisivi nel campo della liberalizzazione degli scambi commerciali, della cancellazione del debito e della giustizia fiscale, nonché attivando una più incisiva politica di investimenti in strutture e servizi.

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