Sulla pubblicità dei lavori:
Zazzera Pierfelice, Presidente ... 2
INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PROMOZIONE DELLA CULTURA E DELLA LINGUA ITALIANA ALL'ESTERO
Audizione di rappresentanti del Goethe Institut:
Zazzera Pierfelice, Presidente ... 2 5 8 12
Barbieri Emerenzio (PdL) ... 5
Carra Enzo (UdCpTP) ... 7
Coscia Maria (PD) ... 7
Goisis Paola (LNP) ... 8
Höhn Susanne, Direttrice del Goethe Institut - Roma ... 2 8
Narducci Franco (PD) ... 6
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Autonomia Sud - Lega Sud Ausonia - Popoli Sovrani d'Europa: Misto-ASud; Misto-Fareitalia
per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 15,35.
(Le Commissioni approvano il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla promozione della cultura e della lingua italiana all'estero, l'audizione di rappresentanti del Goethe Institut.
Do quindi la parola alla direttrice del Goethe Institut di Roma, Susanne Höhn.
SUSANNE HÖHN, Direttrice del Goethe Institut - Roma. Buonasera a tutti. Grazie dell'invito di presentare stasera il Goethe Institut.
Il Goethe Institut è l'istituto ufficiale di cultura della Repubblica Federale tedesca, nasce nel 1951 e non è una struttura governativa. È un istituto senza fini di lucro, privato, con membri e un Presidente, non siamo diplomatici o membri dell'Ambasciata.
Questo è fondamentale in quanto ha a che fare con la storia della Repubblica federale, con un capitolo molto oscuro della nostra storia, laddove dopo la guerra si è deciso in Germania che la cultura non deve essere mai statale, ma deve essere indipendente, avere libertà di parola e di pensiero, filosofia condivisa anche dal Goethe Institut.
Nel 1976 la Repubblica Federale tedesca ha stipulato un contratto quadro con il Goethe Institut, per cui siamo l'istituzione ufficiale della Repubblica federale, con tre obiettivi: la promozione della lingua tedesca, il dialogo interculturale e la promozione della cultura, l'informazione sulla vita politica e sociale attuale della Repubblica federale.
La nostra sede centrale si trova a Monaco e abbiamo una grande rappresentanza a Berlino. La nostra prima sede all'estero fu fondata nel 1952 ad Atene e la seconda a Torino. Nel 2014, infatti, la nostra sede di Torino festeggerà 60 anni.
Cito alcuni numeri, che poi troverete con maggior completezza nella relazione depositata agli atti. Abbiamo 150 sedi in 93 Paesi, e 13 istituti in Germania che però si occupano soltanto dei corsi di lingua e della certificazione e promuovono poche iniziative culturali, in quanto le sedi in Germania non sono sovvenzionate dallo Stato tedesco, ma sono completamente
autofinanziate e accolgono studenti privati che desiderino imparare il tedesco a pagamento.
Abbiamo 3.000 collaboratori, di cui soltanto 250 in trasferta. In Italia abbiamo solo 2 collaboratori inviati dalla Germania, mentre i restanti hanno contratti italiani.
Abbiamo successo - lo dico con un certo orgoglio - e infatti nel 2011 abbiamo realizzato quasi 8.000 manifestazioni culturali e raggiunto quasi 37 milioni di persone. Per noi è molto importante il nostro lavoro in Internet, perché sappiamo di non poter essere dappertutto e il web ci garantisce maggiore efficienza e la possibilità di raggiungere le persone in posti dove non c'è un Goethe Institut (lo scorso anno più di 25 milioni).
Abbiamo molte associazioni culturali, tanti partner, tante biblioteche e circa 220.000 studenti che imparano da noi il tedesco. Le mappe mostrano dove siamo, e chiaramente il crollo del Muro nel 1989 per il Goethe ha rappresentato una grandissima sfida, perché prima del 1989 il Goethe Institut non aveva sede a Mosca, a Varsavia o in Ungheria, dove c'erano i nostri colleghi dell'Herder Institut della Germania dell'est, e allargare la rete rappresentava una sfida.
Oggi siamo presenti anche in questi Paesi, siamo stati il primo istituto culturale ad aver riaperto la sua sede a Kabul e siamo presenti anche in altri Paesi difficili.
Per quanto riguarda il budget vorrei dichiarare in premessa con determinazione che la cultura costa e uno Stato deve avere la responsabilità di riconoscere che non si può promuovere solo tramite sponsor, anche se sappiamo tutti che oggi è molto importante, e che per la cultura si deve investire.
Le 150 sedi del Goethe Institut ricevono stanziamenti dallo Stato tedesco, in questo caso dal Ministero degli Affari esteri, da cui non dipendiamo, per circa 218 milioni. Circa 103 milioni sono generati da noi tramite le attività di corsi di lingua, di certificazione e anche tramite le sponsorizzazioni di fondazioni che ci aiutano nei programmi culturali. Il budget complessivo del Goethe ammonta quindi a circa 321 milioni.
Ho già accennato alla nostra filosofia che per noi è fondamentale. Il Goethe Institut non fa esportazione né di cultura né di lingua: noi siamo per il multilinguismo in Europa, vogliamo dialogo e cooperazione, e tutte le nostre manifestazioni sono sempre promosse con un partner in loco e vertono su tematiche che interessano entrambi i Paesi. Vogliamo mostrare anche gli aspetti critici del nostro Paese, perché anche in Germania come in tutti i Paesi del mondo abbiamo tante cose da discutere.
In Italia abbiamo una rete storicamente cresciuta dopo la guerra, Torino era la nostra seconda sede nel mondo. In Italia il Goethe ha sempre avuto 7 sedi (Roma, Genova, Trieste, Palermo, Milano, Torino, Napoli), però dopo l'11 settembre 2001 e la globalizzazione ha subìto un'enorme ristrutturazione perché sia la politica che la nostra sede centrale hanno deciso di investire molto di più nel Medio Oriente, in Asia, nel Paesi dell'est, effettuando tagli in Europa, dove eravamo sempre stati presenti.
Abbiamo subìto forti tagli in Italia, in Francia e anche in Spagna, ma abbiamo deciso di non chiudere alcun istituto perché ciascun istituto in ogni città dell'Italia ha i suoi partners, il suo ruolo, e un istituto di Roma non può organizzare manifestazioni culturali a Palermo o a Trieste. Abbiamo realizzato una centralizzazione, effettuato molti tagli nell'amministrazione, così da mantenere la nostra rete di 2 istituti grandi a Milano e a Roma e 5 piccole antenne nelle altre sedi.
In più abbiamo 5 Goethe-Zentrum, che non dipendono da noi però sono sorvegliati sulla qualità da noi, 38 associazioni culturali italo-tedesche che ricevono sovvenzionamenti dallo Stato tedesco per manifestazioni culturali, e partner accreditati per i nostri certificati della lingua tedesca.
Cresce l'interesse per la lingua tedesca, e voi non sapete quanto piacere mi faccia, non perché ritenga il tedesco la lingua più bella del mondo, ma perché credo che la
Germania e l'Italia abbiano un'affinità elettiva in quanto Stati giovani con problemi abbastanza simili e partner molto forti nell'economia. L'economia e il turismo funzionano bene, ma nonostante questo in Italia soltanto 400.000 ragazzi studiano tedesco nelle scuole, pochi a mio parere.
Dal 2009 ad oggi abbiamo registrato un incremento del 29 per cento: abbiamo più di 14 esami di certificazione e tutto questo ramo dell'istituto in Italia non ha un briciolo di sovvenzionamento. I corsi di lingua e le nostre certificazioni sono tutti autofinanziati in Italia, per cui dobbiamo pagare la luce, i salari, le fotocopie, tutto. Funziona così bene che in questo momento possiamo anche utilizzare i ricavi di questa parte delle nostre attività per la programmazione culturale e anche per qualche investimento.
Credo che, come ho già detto una volta, non si debba parlare di una nuova emigrazione in Germania di cui si discute molto in questo momento. È vero che ultimamente notiamo come tantissimi neolaureati, anche giovani già professionisti, stiano pensando di passare un periodo della loro vita lavorativa in un Paese di lingua tedesca (Germania, Austria e Svizzera). Credo che sia un fatto positivo e dimostri che in Europa esiste una nuova mobilità, cosa che può solo farci bene.
L'altra parte molto importante del Goethe Institut è la cultura, e noi stiamo lavorando in tutte le arti, dalla letteratura alle belle arti alla musica, abbiamo partner molto forti in quanto collaboriamo con Roma Europa, lavoriamo con le Case della letteratura, con imprese e anche fuori Roma, ad esempio con il più bel festival di letteratura esistente in Italia, ovvero il Festival delle letterature a Gavoi in Sardegna, in cui portiamo scrittori tedeschi per conoscere questa realtà.
Molto importanti per noi sono anche le richieste della società, dell'impresa e della politica, per cui abbiamo un concetto della cultura molto largo, in quanto al Goethe Institut non si parla solo di Goethe e Schiller, ma soprattutto di incontri tra scrittori.
Ultimamente abbiamo realizzato il grande progetto Grimmland per il bicentenario dei fratelli Grimm e abbiamo chiesto a scrittori tedeschi e italiani di riscrivere una fiaba non per ragazzi, ma per adulti, perché riteniamo che la fiaba possa fornire una spiegazione alla complessità della nostra vita. A questa iniziativa hanno aderito non solo Sandro Veronesi e Dacia Maraini, ma anche scrittori tedeschi che abbiamo invitato a partecipare. Questo per noi è fare cultura: dialogare, discutere, cambiare idea e crescere insieme.
Ho accennato prima ai nostri progetti in corso. Uno mira a promuovere questa lingua che tanti italiani considerano erroneamente molto difficile da imparare, mentre ogni lingua può essere difficile, il tedesco si può imparare e noi andiamo in tutta Italia a fare lezione nelle scuole per far comprendere l'importanza del tedesco, parlare con i dirigenti scolastici, con i genitori e con le istituzioni responsabili, perché chi impara il tedesco oggi in Italia ha più probabilità di trovare un posto di lavoro.
Anche come piccolo datore di lavoro in Italia incontro sempre difficoltà nel trovare personale specializzato che parli il tedesco, perciò questa campagna per noi è fondamentale.
Come avrete sentito, lunedì il Ministro Fornero e il Ministro von der Leyen si sono incontrati a Napoli per parlare del futuro dei nostri ragazzi e il ministro tedesco ha opportunamente sottolineato come dieci anni fa in Germania avessimo un tasso di disoccupazione giovanile molto alto che giungeva al 20 per cento, cosa che abbiamo dimenticato in quanto abbiamo il 7,9.
Cerchiamo di divulgare cosa significhi lavorare con il tedesco, di effettuare il collegamento tra scuola e impresa, perché è molto importante che i ragazzi nel percorso scolastico comprendano cosa significa lavorare in un'impresa.
Abbiamo quindi promosso una grandissima iniziativa di workshop e stage in scuole con orientamento professionale, e sia in Italia che in Germania abbiamo
trovato tante imprese disponibili a ospitare ragazzi per far loro annusare il mondo della professione.
Abbiamo realizzato un grande progetto denominato Va bene?! La Germania in italiano - Italien auf Deutsch, con cui cerchiamo di abbattere gli stereotipi, anche se sono ben cosciente della difficoltà di farlo. Ritengo che tra i nostri Paesi regnino ancora troppi stereotipi e, poiché spesso gli italiani pensano che i tedeschi non siano capaci di autoironia, abbiamo chiesto a tanti scrittori italiani e tedeschi di descrivere i piccoli difetti di ogni Paese, al di là dello stereotipo degli italiani e mandolino e dei tedeschi sempre tutto in ordine, che poi non è più così in quanto tutti i treni tedeschi sono in ritardo!
Abbiamo chiesto agli scrittori dei piccoli articoli e a 36 vignettisti di descriverci questo rapporto italiano/tedesco e abbiamo fatto una cosa fondamentale: abbiamo invitato i giornalisti a scambiarsi il posto di lavoro per un mese, chiedendo ai giornalisti italiani di trasferirsi per un mese in Germania e di lavorare in una redazione tedesca, e lo stesso ai giornalisti tedeschi.
Il trasferimento di un giornalista tedesco a Napoli o di un italiano a Berlino ha rappresentato una grande scoperta, e l'ultimo scambio è avvenuto con il giornale Die Taz, che è paragonabile al vostro Il Manifesto, con Radio Vaticana.
Questo significa abbattere stereotipi, aprirsi (e questa è la nostra missione), intavolare un dialogo e lavorare insieme su obiettivi comuni non solo limitati a Italia e Germania, ma magari anche per la sopravvivenza della nostra Europa. Spesso, infatti, dimentichiamo che questa è anche un concetto culturale, non solo economico. Chiudo qui, in attesa delle vostre domande.
PRESIDENTE. Ringrazio la professoressa Höhn per questo bel momento di scambio interculturale e di conoscenza di una visione che ci permette di stare nell'Europa.
Do quindi la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.
EMERENZIO BARBIERI. Desidero rivolgere alla dottoressa Höhn un ringraziamento non formale perché le sue importanti considerazioni e per l'interessante materiale consegnato.
Desidero fare una considerazione di carattere generale e porre alcune domande. La mia convinzione personale (non posso parlare a nome del PdL perché non so quanto sia condiviso ciò che sto per dire) è che l'inglese abbia rovinato l'Europa. Potrei fare numerosi esempi approfittando della presenza dell'onorevole Mecacci, ma il fatto che ad esempio all'Assemblea parlamentare dell'OSCE l'unica lingua considerata ufficiale sia l'inglese pone delle situazioni francamente imbarazzanti.
Questo si è recentemente accentuato, perché non era così. Non sono giovanissimo e ho cominciato a frequentare il liceo scientifico nella mia città, Reggio Emilia, nel 1960, e ai ragazzi di 14 anni si chiedeva se volessero fare il corso di tedesco, il corso di inglese o di spagnolo. Quando nel 1965 mi sono diplomato vigeva ancora questa regola.
Ebbi come prima professoressa di tedesco al liceo una signora che aveva fatto l'interprete al Comando tedesco di Modena durante la guerra, che, poiché la mia città era piena di comunisti, come può immaginare non era molto gradita, però come insegnante era molto brava.
Veniva infatti esercitata una fortissima pressione per evitare che l'inglese fosse l'unica lingua straniera studiata, poi invece ci siamo adattati, abbiamo imboccato una strada a mio giudizio rovinosa, e ne sono talmente convinto che nelle due scorse legislature con parecchi altri colleghi ho presentato una proposta di legge per l'introduzione in Italia dell'esperanto, che, come lei può immaginare, non ha fatto neanche un passo avanti perché coloro che combattono l'inglese in questo Parlamento rappresentano una minoranza, seppur robusta.
Vengo alle domande che mi interessano molto, anche perché entro il 31 dicembre dobbiamo concludere questa indagine conoscitiva. Lei ne ha fatto cenno ma vorrei chiederle cosa intenda per collaboratori quando fissa in 3.000 il numero di collaboratori del Goethe Institut.
Vedo che avete una presenza molto forte nel mondo però è oggetto di grande interesse per la chiusura della nostra indagine capire perché abbiate istituti a Novosibirsk e a Ulan Bator e non a Baghdad, con tutto quello che l'Europa dopo il ritiro dei militari si è impegnata a fare (e noi ovviamente come Italia, avendo avuto una forte presenza militare, maggiore di quella altri Paesi) per aiutare l'Iraq.
Vorrei sapere inoltre con quale criterio vengano scelte le vostre sedi in Italia, perché ad esempio non avete sedi a Venezia, a Bologna o a Firenze. Lei evidenzia inoltre come nella prima metà del 2012 il Goethe Institut attraverso la sua attività abbia generato oltre 650 articoli sulla stampa e sui media on line e questo corrisponda a un valore di 8,5 milioni di euro. Gradirei che lei mi spiegasse in che modo arrivi a determinare questa cifra. La ringrazio.
FRANCO NARDUCCI. Desidero ringraziare veramente la dottoressa Höhn per aver non solo delineato una panoramica sul Goethe Institut, ma anche toccato argomenti molto importanti come i nuovi flussi migratori e i rapporti economici tra la Germania e l'Italia.
Consideriamo molto importante questa indagine perché il nostro Paese detiene il 60 per cento del patrimonio culturale e artistico mondiale (ce lo dice l'UNESCO), ma non riusciamo a mettere a frutto questa nostra straordinaria ricchezza, che nei tempi della globalizzazione non è soltanto una ricchezza culturale, ma è un punto forte del Paese.
Ho quindi apprezzato molto che lei abbia dichiarato che la cultura non si può fare a buon mercato, ha dei costi ma produce anche dei grandi benefici. Lei ha parlato di affinità elettive e io vorrei ricordare che in Germania vivono 720.000 nostri connazionali, che una volta erano semplicemente braccia ma oggi fanno parte delle gerarchie professionali, del mondo dell'imprenditoria, e un italiano (chiamiamolo così) dirige uno dei maggiori giornali tedeschi.
È quindi fondamentale tener presente questo quadro nell'ambito di un'indagine conoscitiva come questa, però abbiamo anche l'acuto problema dell'inserimento dei nostri ragazzi nella scuola tedesca. Questo è un vulnus che tocca alcuni Länder come in particolare il Baden -Württemberg, dove non si riesce a risolvere il problema delle Sonderklasse, delle scuole speciali in cui vanno a finire molti giovani italiani.
Lei parla di mobilità, però francamente oggi si assiste a una fuga verso la Germania dei nostri laureati, dei nostri giovani migliori che trovano un Paese che li accoglie e li inserisce in un sistema che funziona. Lei ha parlato di «annusare» il mondo delle professioni, ma purtroppo non abbiamo in Italia questo legame tra formazione e mondo del lavoro.
Credo quindi che in questa indagine sia importante non solo parlare di dati, ma anche mettere in relazione le potenzialità di un grande Paese come la Germania e cosa noi potremmo fare, tenendo conto che anche noi siamo un grande Paese, fino a prova contraria, in quanto da anni teniamo lo stesso passo della Germania nelle esportazioni, e questo significa che l'Italia ha non solo problemi, ma anche grandi potenzialità.
La prima domanda è anche un punto critico e una critica alla Germania. Lei ha parlato di 400.000 ragazzi italiani che in varie scuole studiano tedesco, ma, nonostante l'accordo tra Italia e Germania sulla promozione reciproca del tedesco in Italia e dell'italiano in Germania, solamente 30.000 ragazzi tedeschi studiano l'italiano in Germania.
In un recente incontro ho detto a Sylvia Löhrmann, Ministro dell'istruzione del Nordrhein-Westfalen, che mi rendo conto che c'è una forte pressione da parte di russi, polacchi e francesi perché la loro
lingua venga studiata di più in Germania, ma che, dopo quella turca, la comunità italiana è la più grande della Germania, abbiamo stipulato questi accordi e quindi ritengo che si debba fare di più per evitare che questa promozione sia sbilanciata e l'italiano in Germania non trovi spazio.
Ho visitato la scuola Heinrich Heine di Düsseldorf, che considero un esempio di grande positività dell'insegnamento dell'italiano nella la scuola tedesca, dove la nostra lingua viene valorizzata dalle elementari fino alla maturità. Forse dovremmo avere un numero superiore di questi esempi.
Il tedesco è una lingua importante, in forte espansione soprattutto nel continente latino-americano. Oggi le lingue vengono utilizzate per promuovere il sistema Paese, per cui, visti gli obiettivi del Goethe Institut, vorrei sapere quale sostegno riceviate dal sistema imprenditoriale tedesco per valorizzare ancora di più la vostra istituzione.
La terza domanda riguarda il punto già toccato dall'onorevole Barbieri in merito ai vostri 3.000 collaboratori. Questa connotazione è emersa già nel corso dell'audizione dei direttori del British Council e dell'Institut Français e probabilmente emergerà nell'audizione dell'Instituto Cervantes: non riusciamo a realizzare questa inversione di tendenza, perché pensiamo ancora che si debba inviare personale dall'Italia all'estero.
Oltre a problemi di comprensione del tessuto sociale, del processo di integrazione, questo ha costi almeno doppi rispetto a quelli sostenuti dagli istituti citati, che assumono personale in loco. Lei parlava di 250 inviati dalla Germania su 3.000 collaboratori, mentre il resto è assunto con contratto locale. Questo significa retribuzioni italiane, con un contratto che rispetta le norme legislative e contrattuali italiane. Credo che questo sia un elemento importante da chiarire all'interno dell'indagine.
Questo sistema ci sembra quasi irraggiungibile, perché l'accordo quadro tra la Bundesrepublik e il Goethe prevede 218 milioni di sovvenzioni dello Stato. In Italia attualmente, se mettiamo in conto gli istituti di cultura, gli enti gestori, i docenti inviati all'estero, al massimo arriviamo a 30 milioni di euro. La Dante Alighieri, che sta diventando per l'Italia l'equivalente del Goethe Institut, riceve dal nostro Governo un contributo di 500.000 euro annui e tutto il resto deve essere autoprodotto.
Se vogliamo che questa indagine produca effetti fondamentali per il sistema Italia, all'estero c'è veramente tanta Italia, bisogna ragionare anche su queste strategie e su queste cifre.
ENZO CARRA. Farò una sola domanda e spero sia abbastanza chiara. Considerato che queste audizioni servono soprattutto agli italiani, quindi agli istituti con la debita distinzione tra istituti di cultura e la Dante Alighieri, chiederei alla nostra gentile ospite che relazione abbiate consolidato tra insegnamento della lingua tedesca e altre attività culturali, che vanno dalla letteratura, al teatro, al divulgare nei diversi Paesi ciò che accade in Germania.
Vorremmo sapere quali risorse umane ed economiche siano investite nei corsi di lingua e nel resto, considerato che almeno per quanto riguarda l'Italia i corsi di lingua hanno dei costi ma anche dei ricavi, a differenza delle attività più strettamente culturali e di attualità. Vorrei sapere come siano bilanciate le due attività.
MARIA COSCIA. Ringrazio la dottoressa Höhn per averci fornito materiale utile alle nostre riflessioni e all'indagine. I colleghi, in particolare il vicepresidente Narducci, hanno posto domande che condivido, ma vorrei fare una domanda più specifica sul tema dell'insegnamento della lingua e dei rapporti con il sistema dell'istruzione italiana, sapendo che ovviamente bisogna salvaguardare la storia e la cultura di ciascun Paese europeo.
Solo attraverso questo e lo scambio continuo, infatti, possiamo costruire il popolo europeo, perché per i giovani è fondamentale la conoscenza, e per questo ritengo un errore che l'Erasmus sia stato messo in discussione dall'Unione europea e mi auguro che si possa recuperare.
Solo attraverso questo scambio, questa conoscenza è possibile creare un popolo europeo pur mantenendo la propria storia e le proprie origini. Come evidenziato dal vicepresidente Narducci, abbiamo però seri problemi per quanto riguarda l'insegnamento dell'italiano all'estero, in quanto abbiamo un sistema misto, che in parte fa capo agli enti gestori, in parte fa capo a insegnanti italiani.
Riteniamo che questo sistema vada salvaguardato e che sia un errore tagliare con l'accetta come è avvenuto con la recente spending review, quindi ci auguriamo di poter recuperare da questo punto di vista. Se non ho capito male, voi fate corsi di lingua presso il Goethe, poi ci sono gli esami di certificazione per gli alunni italiani e oltre 400.000 studenti che apprendono il tedesco nelle scuole italiane.
C'è una differenza importante tra la Germania e l'Italia: abbiamo oltre 700.000 italiani di seconda e terza generazione che hanno bisogno probabilmente di un lavoro più mirato per riappropriarsi delle proprie origini e quindi c'è l'esigenza di un insegnamento della lingua che veda anche una presenza importante di insegnanti italiani. Teniamo quindi a salvaguardare questa esperienza.
Vorrei capire però come funzioni il rapporto con il sistema dell'istruzione italiana e l'insegnamento della vostra lingua.
PAOLA GOISIS. Saluto i nostri ospiti. La relazione che lei ci ha proposto è molto interessante, in particolare per quanto riguarda questo orgoglio di diffondere la lingua e la cultura tedesca in Italia.
Vorrei però chiederle quale sia la percezione che avete della cultura italiana, della storia e delle tradizioni, vista anche la volontà di non parlare di Italia, mandolino e pizza. Chiedo questo per capire quanto interesse i tedeschi nutrano verso l'Italia nella sua globalità, non soltanto per la bellezza dei luoghi e il clima.
A questa domanda aggiungo un corollario, chiedendo quanto i tedeschi studino l'italiano, perché certo per voi è importante diffondere la lingua e la cultura tedesche nel mondo, ma a noi interessa anche sapere quanto i tedeschi apprezzino la nostra cultura e la nostra lingua e quanto la studino.
Vorrei sapere inoltre quanta parte dedichiate nel sistema dell'istruzione alle lingue locali. Rappresento la Lega Nord in Parlamento e lei saprà che siamo per il federalismo e per lo studio della cultura e delle lingue tradizionali, ovvero dei dialetti. Vorrei sapere se siano presenti anche nelle vostre scuole, visto che i Länder hanno una forma di autonomia.
Essendo veneta, vorrei chiederle infine se abbiate in programma di aprire una sede in Veneto.
PRESIDENTE. Vorrei porre anch'io una domanda in merito ai corsi di lingua che voi fate e certificate, per conoscere il rapporto con il sistema produttivo italiano e quindi la possibilità di utilizzare questa ulteriore conoscenza al suo interno, e capire quanto invece di questa conoscenza si trasformi in un viaggio verso la Germania per interagire con il mondo produttivo tedesco.
Do quindi la parola alla nostra ospite per la replica.
SUSANNE HÖHN, Direttrice del Goethe Institut - Roma. Spero di non dimenticare niente e per questo ho preso appunti. L'inglese non basta: questa è la mia risposta. Secondo me oggi l'inglese è fondamentale, ma, se vogliamo formare i nostri ragazzi per un futuro nel mondo lavorativo, una sola lingua non basta. Anche secondo l'Unione europea, oltre alla lingua madre in Europa si dovrebbero imparare due lingue, infatti siamo preoccupati del fatto che in Italia siano state tolte le altre lingue soprattutto nei licei, scelta a mio parere da rivedere.
Sui collaboratori cerco di riunire le domande. Abbiamo 3.000 collaboratori in tutto il mondo, solo 250 hanno un contratto tedesco, usufruiscono della trasferta e posso confermare che costano il doppio, per esempio, di un direttore in loco. Tutti gli altri hanno un contratto italiano con tutti i diritti e gli obblighi previsti dalla legge italiana.
Questi 3.000 sono posti fissi. Nel 2001 in Italia lavoravano 18 persone provenienti dalla Germania, ma in seguito ai grandi tagli effettuati nel 2005-2006 li abbiamo ridotti a 2, il direttore di Milano e io a Roma, che paghiamo le tasse in Germania e godiamo della trasferta.
Calcoliamo al Goethe per una persona inviata all'estero una media di 110.000 euro all'anno, mentre invece un direttore in loco in Italia percepisce poco più della metà, per cui c'è stato un grandissimo risparmio.
Vorrei però sottolineare che il Goethe Institut ha deciso di adottare questa politica in Europa, dove grazie alla mobilità europea il personale si trova molto facilmente, ma non è così in tutto il mondo. Adesso non vorrei citare sedi in particolare perché non abbiamo pregiudizi, però in certe sedi non potremmo assumere un direttore amministrativo in loco.
Questa cosa va valutata con molta attenzione, ma per noi in Italia funziona benissimo. Tre dei nostri direttori sono italiani e questo è l'unico Paese in cui il Goethe ha affidato le sedi di Palermo, Genova e Napoli in mano a tre donne italiane molto capaci, che parlano perfettamente il tedesco e hanno vissuto anche in Germania.
L'altra cosa che ci distingue dagli istituti italiani di cultura è che noi non abbiamo collaboratori di cosiddetta «chiara fama» come quelli che avete voi. Questo da noi non esiste e anche in grandi centri come Roma, New York e Mosca il personale interno del Goethe Institut viene assegnato in base alla qualifica.
Una piccola parentesi su come viene fatta la valutazione del personale del Goethe Institut. Ho appena superato la valutazione, per cui posso illustrarvelo in prima persona. Dopo cinque anni di lavoro in Italia, ora che sono pronta per essere trasferita in un altro Paese (probabilmente l'anno prossimo), la mia valutazione viene fatta a trecentosessanta gradi.
Si tratta di circa 16 domande in merito alla competenza professionale, alla capacità direttiva, alla competenza interculturale, alla competenza personale e sociale di un direttore o di un direttore di reparto.
Devo fare un'autovalutazione, viene fatta una valutazione di una persona del mio livello che non deve essere in Italia, però conosce il mio lavoro, viene fatta una valutazione dal mio capo a Bruxelles e viene allegata la valutazione di tre impiegati in Italia estratti a sorte, che devono fare insieme una valutazione su di me che io non conoscerò. In questo modo si ottiene una valutazione a trecentosessanta gradi, che è fondamentale per la prossima sede a cui sarò assegnata.
Novosibirsk è una delle ultime sedi che abbiamo aperto. A tutti quelli che hanno chiesto notizie su città come Bologna, Venezia, Verona vorrei rispondere che il Goethe Institut ha tantissime associazioni e sedi in cui ancora non è presente ufficialmente.
Siamo ad esempio ben presenti a Baghdad, dove abbiamo aperto una sala di lettura, perché la prima cosa importante nel Paese è creare un luogo di informazione a entrata libera. Per motivi di sicurezza in Iraq siamo andati soprattutto a Erbil, perché lì è molto più facile lavorare. Portiamo formatori, insegnanti di tedesco e registi fuori dall'Iraq per fare corsi di aggiornamento. Li abbiamo fatti fino a poco tempo fa in Siria, ma adesso non è più possibile. Siamo presenti anche in Iran con un istituto, quindi siamo nei luoghi «caldi».
Il Goethe Institut non sta pensando di aprire nuove sedi in Italia perché ne abbiamo già sette storicamente cresciute, in quanto alla fine degli anni Cinquanta e all'inizio anni Sessanta abbiamo scelto questi luoghi importanti, però siamo a Firenze, Bologna, Venezia, Piacenza tramite le associazioni italo-tedesche e i cosiddetti Goethe-Zentrum, che operano in nostro nome, sono associazioni private però controllate da noi per quanto riguarda i corsi di lingua, le certificazioni, i corsi di aggiornamento. A Bologna c'è un Goethe-Zentrum con cui lavoriamo strettamente, come anche a Verona.
Criteri per la rassegna stampa. Ogni istituto in tutto il mondo (anche un istituto italiano di cultura) deve dimostrare alla centrale la propria bravura, anche per ragioni di marketing interno. Siccome in Italia siamo abbastanza bravi, lavoriamo molto con la stampa italiana perché è fondamentale entrare nel mondo della radio, della stampa, di Internet e della televisione per cambiare la percezione sulla Germania.
Oggi si effettua anche l'analisi della rassegna. Questo significa che un articolo su la Repubblica, Il Corriere della Sera e La Stampa vale più di uno che sia pubblicato su Il Secolo XIX per ragioni di tiratura. Gli esperti di comunicazione stabiliscono il valore corrispondente al costo che dovrebbe sostenere l'istituto per farsi pubblicità.
L'onorevole Narducci ha evidenziato come solo 30.000 ragazzi in Germania studino l'italiano, mentre sono molto di più gli studenti in Italia. In Germania vige ancora una storica suddivisione, fino alla riunificazione, tra Germania dell'Est, dove si imparava soprattutto il russo, oltre all'inglese, mentre nella Germania dell'Ovest si imparava inglese, francese e spagnolo. Io ho fatto un liceo scientifico linguistico e ho studiato quattro lingue (latino, inglese, francese e spagnolo).
Non dobbiamo sottovalutare il tedesco adulto che impara l'italiano, laddove circa il 5 per cento degli italiani conoscono un po' di tedesco e il 7 per cento dei tedeschi conoscono un po' di italiano. Nelle scuole intendiamo rafforzare questo studio, in modo che si impari più italiano soprattutto nelle aree del sud, perché secondo me è la lingua più bella del mondo.
Come Goethe ci apriamo molto al sistema imprenditoriale e abbiamo anche un piccolo accordo con l'ambasciata, per cui le delegazioni del mondo economico devono passare in visita al Goethe Institut, perché soprattutto per l'iniziativa Impresa e scuola abbiamo bisogno della sensibilizzazione di imprese in grado di accogliere questi ragazzi per stage e forme di tirocinio.
In Italia il Goethe Institut riceve un sovvenzionamento di 4,5 milioni. Come ho detto già all'inizio, non prendiamo niente per i nostri corsi di lingua in quanto i corsi di lingue sono completamente tagliati fuori dal resoconto economico.
Se un nostro insegnante fa una fotocopia, deve farla su un codice dei corsi di lingua, mentre se si rompe una lampada nell'aula, la deve pagare il direttore dei corsi di lingua e non l'istituto, in quanto si adotta una separazione molto rigida. I corsi di lingua e la certificazione ci costano in Italia circa 2 milioni, che sono completamente autofinanziati.
Chi viene da noi (soprattutto adulti) paga il corso o la certificazione e i cittadini tedeschi non pagano questo servizio con le loro tasse, però riceviamo sovvenzioni per le iniziative che realizziamo con il Ministero dell'istruzione italiano per gli insegnanti di tedesco o per la promozione della lingua tedesca nelle scuole.
Insieme ad alcune università pilota in Italia abbiamo creato un sistema di qualificazione di persone che vogliono insegnare il tedesco, per cui mettiamo a disposizione il materiale e la nostra didattica. Queste iniziative sono pagate dallo Stato tedesco.
Per quanto riguarda l'insegnamento della lingua tedesca in Italia, la Germania ha una posizione diversa da quella di Francia e Italia, in quanto non manda docenti in Italia. Abbiamo le nostre scuole tedesche a Genova, Milano, Roma in cui lavora personale tedesco, pagato dalla Germania, però non troverete un insegnante pagato dallo Stato tedesco per insegnare il tedesco nella scuola italiana.
Noi investiamo nella formazione dell'insegnante italiano che insegna il tedesco, perché sono convinta che sia più fruttuoso. Abbiamo solo poche scuole dove si segue un modello di maturità riconosciuto, per esempio a Bologna, dove c'è un insegnante di tedesco ma per un progetto
pilota, su cui la Repubblica Federale non investe.
Quella sulla percezione è una domanda molto difficile, su cui potrei fare una relazione di due o tre ore. L'Italia è molto amata in Germania e c'è molta attenzione per l'Italia perché per il tedesco da centinaia di anni (non devo citare solo il mio padrone di casa, il signor Goethe) questa è una meta da sogno, un Paese bellissimo e caldo. Anche se è difficile non cedere agli stereotipi, il tedesco ammira molto nell'italiano qualità che noi tedeschi abbiamo meno come la creatività, la flessibilità e l'estetica, aspetti che il tedesco verrebbe anche conoscere maggiormente.
Ricordo negli anni Ottanta, quando alla Fiera del libro di Francoforte era ospite l'Italia avevamo un boom dell'Italia nell'editoria, aspetto che secondo me oggi si dovrebbe rafforzare, mostrando l'Italia attuale, anche con i problemi attraverso libri, traduzione di libri, dibattiti sull'Italia.
Come confermano anche i miei colleghi degli istituti italiani di cultura, il tedesco nutre un profondo interesse per l'Italia, perché la base e già molto positiva. Il tedesco può anche criticare l'Italia perché talune cose appaiono strane, come ad esempio la burocrazia italiana che è anche peggiore di quella tedesca, ma siamo molto vicini, ci dividono solo le Alpi. Le compagnie low-cost portano da Berlino a Palermo con 40 euro, ma lavorando da sei anni in Italia mi rendo conto che c'è ancora tanto da scoprire reciprocamente tra i nostri Paesi e dobbiamo diffondere molti aspetti.
Questo sarebbe compito anche degli istituti italiani di cultura in Germania, che pure già si impegnano molto: aprire un dialogo italo-tedesco anche su tematiche sulle quali in questo momento esistono frizioni. Anche quando ci sono discussioni difficili e amare si parla, e parlando solitamente si trova una soluzione, perciò la percezione di base del tedesco in Germania dell'Italia è positiva e noi tedeschi vorremmo diventare un po' tutti napoletani!
Per quanto riguarda i dialetti, al Goethe Institut non si ha l'opportunità di imparare dialetti: noi parliamo il tedesco dovuto, anche se ogni tanto assumiamo un insegnante bavarese, controllando però che non parli troppo il bavarese. Nelle nostre scuole vengono insegnati i dialetti lì dove sono riconosciuti, come ad esempio per i sorbi nell'ex Germania dell'Est o nell'estremo nord dove si parla il Plattdeutsch, ma si tratta di piccole zone. Nelle nostre scuole viene insegnato il tedesco seppur con un colore, in quanto il tedesco di Amburgo è diverso dal tedesco di Monaco.
In Veneto abbiamo il nostro bellissimo Goethe-Zentrum a Verona. A chi viene da noi chiediamo perché voglia seguire un corso di tedesco e abbiamo soprattutto persone tra i 18 e i 35 anni e anche qualcuno della terza età (anche i novantenne sono benvenuti!) e la maggior parte lo considera un arricchimento della propria formazione. Vengono da noi tanti studenti di filosofia, di lettere, di musica che dichiarano di dover conoscere il tedesco per la loro professione.
Tante persone vengono da noi perché incuriosite da questa lingua che studiano nel tempo libero. Non tutti desiderano trasferirsi in Germania, però ultimamente tanti ragazzi si rivolgono a noi chiedendo corsi intensivi di due settimane e poi, dopo un piccolo break, di altre due settimane intensive per arrivare al livello europeo B1, che indica una buona conoscenza di sopravvivenza per trovare lavoro in Germania.
Questi ragazzi sono soprattutto neolaureati, tanti ingegneri, tanti fisici, tanti medici, tante persone che hanno studiato il cinese e non trovano lavoro in Italia, tutti professionisti. In un'altra audizione qualcuno ha detto che poi fanno i camerieri a Berlino, ma non è vero: non fanno i camerieri a Berlino perché sono tutte persone con elevata competenza, che provano a trasferirsi.
Vorrei però sottolineare fortemente che il Goethe Institut non è un ufficio di collocamento. Siamo un istituto di cultura, diamo la possibilità di studiare il tedesco, però ultimamente ci sono giunte numerose domande di cacciatori di teste che ci hanno chiesto, per esempio, se nei nostri corsi ci fosse un ingegnere spaziale che potrebbe avere subito un contratto.
Noi magari lo scriviamo sulla lavagna in modo che chi è interessato possa informarsi, però non siamo incaricati di questo e non lo faremo neanche in futuro, perché questa non è la nostra filosofia.
PRESIDENTE. Nel ringraziare la dottoressa Höhn a cui auguriamo buon lavoro, dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 16,45.