Sulla pubblicità dei lavori:
Margiotta Salvatore, Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLE PROPOSTE DI LEGGE C. 2 INIZIATIVA POPOLARE, C. 1951 MESSINA E C. 3865 BERSANI, RECANTI PRINCIPI PER LA TUTELA, IL GOVERNO E LA GESTIONE PUBBLICA DELLE ACQUE E DISPOSIZIONI PER LA RIPUBBLICIZZAZIONE DEL SERVIZIO IDRICO
Audizione di rappresentanti di Federutility:
Margiotta Salvatore, Presidente ... 3 5 7 9
Lanzarin Manuela (LNP) ... 6
Realacci Ermete (PD) ... 5 7
Romano Paolo, Consigliere di Federutility ... 3 7
Spaziani Adolfo, Direttore generale di Federutility ... 7
Audizione di rappresentanti di R.ETE. Imprese Italia:
Margiotta Salvatore, Presidente ... 9 12
Pergamo Gaetano, Coordinatore area energia e ambiente di Confesercenti ... 10
Realacci Ermete (PD) ... 12
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente
Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 15.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle proposte di legge C. 2 Iniziativa popolare, C. 1951 Messina e C. 3865 Bersani, recanti princìpi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico, l'audizione di rappresentanti di Federutility.
Do la parola agli auditi, ricordando che abbiamo il piacere di avere presente all'audizione odierna anche il sottosegretario di Stato per l'ambiente, Tullio Fanelli. Questo conferisce all'audizione un significato anche di maggiore cogenza.
Avendo visto e apprezzato il documento che ci avete mandato, vi inviterei, anche in ragione della ristrettezza dei tempi a disposizione, ad affrontare subito i punti per voi più importanti.
PAOLO ROMANO, Consigliere di Federutility. Desideriamo come Federutility ringraziarvi per l'opportunità che ci è stata concessa.
Prima di affrontare le questioni più urgenti, mi permetto di riprendere solo un aspetto della nostra storia, essendo le nostre aziende oramai operanti dal 1994, ossia dal più grande intervento di riorganizzazione dei servizi idrici, la cosiddetta legge Galli (legge n. 36 del 1994). Fu allora che si passò da un vecchio sistema molto frammentato in termini di gestori - a quell'epoca c'erano 9-10.000 soggetti gestori -, ad un nuovo sistema che aveva come punti di riferimento due aspetti significativi a cui si è poi sommato un terzo. Li elenco perché saranno ripresi nella logica di questa relazione.
Il primo dei due punti di riferimento del nuovo sistema era quello della gestione del ciclo idrico integrato, ossia non più segmenti di acquedotto, fognature e di impianti di depurazione, ma una realtà unica in termini di servizio che potesse consentire forme di ottimizzazione, masse critiche, e quindi miglioramento di servizio.
Il secondo punto di riferimento riguardava la dimensione territoriale del servizio, ossia non più il fermarsi a logiche che avevano presenze puntuali, di grandi città o alcune cittadine, ma sviluppare, anche con un senso di solidarietà, un sistema che potesse operare in termini di territorio allargato: di qui l'individuazione degli ambiti territoriali ottimali e, di fatto, le cosiddette province perché gli ambiti hanno quasi tutti ricalcato una logica provinciale.
A questo si sommava - è un punto significativo - un discorso di costi del servizio. All'interno del costo del servizio
si aveva finalmente una sommatoria di tutti i costi, comprese le necessità derivanti dagli investimenti, e quindi dalla remunerazione del cosiddetto capitale, in modo da avere una tariffa che ci consentisse, anche di fronte al cittadino, di asserire a quel servizio, a quegli investimenti effettuati corrispondeva una certa somma a metro cubo.
Ricordiamo che quest'ultimo discorso è significativo perché rappresenta il valore a oggi più basso d'Europa, per cui, essendo uno degli elementi che deve vederci a confronto con le direttive europee, comincia a essere un termine di riferimento per l'azione industriale delle nostre aziende.
Come potete vedere, in allegato alla relazione che abbiamo depositato, ci sono anche dei prospetti, in cui sono riportate caratteristiche, costi, con rapporti tra Roma, Parigi, Bruxelles o addirittura la Danimarca, che vanno da 1,3 a 1,4 a 1,5.
È chiaro che tutto questo diventa significativo perché, nella logica degli impegni con l'Unione europea, dobbiamo portare avanti una forte riorganizzazione in termini di qualità del servizio, in particolare sulla depurazione, ma anche per quanto riguarda le acque potabili a fronte di deroghe concesse fino a oggi e che, in un qualche modo, devono essere superate con una logica di miglioramento del servizio.
Gli elementi che, a questo punto, vogliamo portare nella logica dell'analisi dei disegni di legge all'esame della VIII Commissione, partendo da quello per la ripubblicizzazione del servizio idrico, fanno valutare alla nostra associazione questo come un disegno di legge che di per sé ha, certamente, una sua coerenza, ma in una logica abbastanza distante dalla capacità reale di un servizio industriale di poter operare adeguatamente.
Qui, in sostanza, si ripropone il classico modello di trent'anni fa. Non dico che questo non possa essere significativo o valido, ma indubbiamente era stato superato proprio perché già allora delineava molte incapacità a poter operare come era richiesto dalle varie direttive dell'Unione europea.
Questo sistema, inoltre, che vede come punto determinante la costituzione di cosiddette «aziende speciali», di per sé - i legali l'hanno adeguatamente analizzato - si scontra anche con sentenze della Corte costituzionale, la quale ha stabilito che il servizio idrico integrato debba essere realizzato come previsto dalle direttive europee e, quindi, per quanto riguarda le società di gestione del servizio, con le caratteristiche previste dalle direttive europee, e, per quanto riguarda l'affidamento del servizio, con i metodi previsti dalle direttive europee: si bandisce, cioè, una gara, alla quale possono partecipare tutti, società pubbliche, private e miste con certe caratteristiche, società pubbliche di un tipo particolare, come le attuali società in house. Faccio presente che all'interno di Federutility oltre il 70 per cento delle aziende sono affidatarie in house (tra l'altro, io sono rappresentante di
un'azienda del nord, che è quella di Torino, completamente pubblica e che ha avuto l'affidamento in house).
In questa logica, il discorso che si vuole sviluppare è quello di consentire di analizzare quest'aspetto, ossia quello dell'affidamento del servizio in coerenza con le direttive europee e che non ci faccia uscire da un sistema chiaramente oramai consolidato, collaudato e che potrebbe portare a delle discrasie all'interno delle realtà che devono operare.
L'altro aspetto di fondo, in una logica di sviluppo dell'economia e dei «ribaltamenti» che le nostre aziende con gli investimenti stanno facendo, è proprio quello del problema relativo alla remunerazione del capitale investito. Su questo c'è stato un referendum e questo è una dato di fatto.
Siccome siamo coinvolti direttamente, voglio però evidenziare che a oggi c'è una forte crisi di liquidità. Fino a ieri grandi realtà finanziavano i nostri investimenti. Tenete conto che, ad esempio, la società che rappresento fa investimenti tra i 70 e i 90 milioni di euro all'anno, per cui su una logica di 15 anni si supera il miliardo di euro, ed è chiaro che abbiamo dovuto attivare una filiera di finanziamenti
che ci consentissero di recuperare sulla tariffa (che, per dircelo chiaramente, è quasi da Paese sottosviluppato) anche la remunerazione di questo capitale.
Il fatto che dopo il referendum ci sia questo limite, o meglio, ancora questa mancanza di chiarezza sulla remuneratività del capitale, ha fatto sì che molte delle realtà che stanno finanziando le nostre aziende determinassero dei blocchi sui cosiddetti «tiraggi».
In pratica, succede questo che, di regola, noi iniziamo dei lavori e quando li abbiamo in parte realizzati, poniamo per 10-15 milioni di euro, chiediamo l'entrata dei soggetti finanziatori, e quindi il «tiraggio», naturalmente sulla base di un contratto che, in termini anticipati, prevede determinati oneri finanziari.
Siccome oggi tali oneri stanno aumentando e, anzi, sono aumentati, è chiaro che tutto questo porta, da parte di questi enti creditizi, enti significativi come la Banca europea per gli investimenti e non faccio altri nomi, ma sono chiaramente i maggiori finanziatori e i maggiori istituti di credito nazionale, verso una situazione di quasi stallo. La situazione di stallo significa che la visione completa - lo vedete anche dai numeri contenuti nella documentazione che abbiamo depositato - di questi 65 miliardi di investimento, che bisognerebbe realizzare come trend di qui a 15 o 20 anni, indubbiamente avrà un netto ritardo. La logica, quindi, era quella di consentire un aggancio al nostro sistema, che è addirittura un sistema di contratti preesistenti, in modo da evitare che con le nuove norme non sia più possibile attivare logiche finanziarie.
Non credo si possa asserire, considerato il momento attuale, che i finanziamenti potranno essere attuati facendo ricorso alla fiscalità pubblica, ovvero pensare di poter far leva non direttamente sui cittadini ma sugli enti comunali, provinciali o regionali attraverso forme di nuovo prelievo fiscale.
Vi do come termine di riferimento quello che è successo in Irlanda, dove il servizio idrico aveva un finanziamento iniziale pubblico, per cui l'onerosità degli investimenti era sopportata dallo Stato: dal 2010, da quando c'è stata questa forte criticità a livello di finanza globale, è partita una nuova disciplina nazionale che impone la realizzazione di contatori, che non c'erano, proprio per ribaltare sul cittadino quelli che logicamente sono costi di un servizio diretto, che tra l'altro sono un corrispettivo a fronte di un servizio in quanto definito da un'Authority a livello centrale e poi, in applicazione, da un'autorità locale, proprio per garantire la sostenibilità finanziaria degli investimenti e dei costi del servizio.
Questi sono i termini della situazione. Non vorrei, tra l'altro, evitare alcuni punti, ma, all'occorrenza, ci sono e potranno rispondere alle vostre eventuali domande il direttore e altri esperti di Federutility. Io, però, ci tenevo a dire alcune cose sugli aspetti specifico della proposta di legge presentata dai comitati per l'acqua pubblica.
PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.
ERMETE REALACCI. La descrizione della situazione è condivisa, incluse le criticità rappresentate non solo dalla dispersione di rete e dall'inefficienza del servizio che voi avete sottolineato, ma anche, ad esempio, dalla partita della depurazione che, come voi sapete, ha prodotto in passato anche non pochi contenziosi visto che in molti casi venivano riscosse in tariffa le quote per servizi di depurazione che in molti casi non c'erano e, purtroppo, in molti casi non ci sono ancora adesso in alcune aree del Paese.
Credo, inoltre, che nell'analizzare la proposta di legge d'iniziativa popolare, come pure quella a prima firma Bersani, tutti dobbiamo tener conto del fatto che sono antecedenti allo svolgimento del referendum e che oggi tutti, anche voi da questo punto di vista, dobbiamo tenere conto della volontà popolare. Come sapete, anche perché le direttive europee lo consentono, ci sono forme di gestione del servizio idrico molto differenziate da Paese a
Paese (dalla gestione pubblica a quella privata), né pensiamo, assolutamente - parlo almeno per il mio partito -, di supplire con la fiscalità generale a costi che non possono che essere presenti nella tariffa, magari creando una situazione - se non sbaglio, anche a Torino c'è un'iniziativa di questo tipo - di garanzia delle fasce sociali più deboli, che mi sembra la maniera giusta per affrontare il problema tariffario: garantire cioè il minimo vitale, per capirci, alle categorie più deboli e caricare sul costo della tariffa gli oneri degli investimenti.
I punti da cui vorremmo da voi - approfitto anche dell'autorevole presenza del sottosegretario Fanelli - qualche indirizzo più chiaro sono principalmente due ed entrambi, a mio avviso, vanno affrontati tenendo presente anche la rilevanza degli aspetti e delle modalità comunicative: esclusa l'ipotesi che la fiscalità generale possa essere quella a cui attingere, è chiaro infatti che, se si dice che stiamo facendo ricadere nella tariffa il costo degli investimenti necessari per un servizio idrico di qualità, il cittadino è ben predisposto; se si dice che stiamo facendo ricadere nella tariffa il costo del rendimento del capitale, questa appare una cosa diversa.
Il primo punto è questo: dobbiamo trovare un meccanismo attraverso cui, in maniera trasparente, gli investimenti possano essere, anche attraverso gli indirizzi che l'Autorità darà, portati in tariffa. Probabilmente, anche il «mitico» 7 per cento che era scritto nella norma abrogata dal referendum ha rappresentato un'iniziativa un po' avventurosa: quantificare, infatti, una volta per tutte, per legge, la quota della loro remunerazione - considerata l'epoca che stiamo vivendo - non mi sembra un'idea geniale. In ogni caso, vorrei capire se avete riflettuto sulla forma che possiamo dare alla soluzione di questo problema, nell'ambito delle norme che l'Unione europea ci ha proposto.
In secondo luogo - e mi sembra che nel decreto-legge n. 1 del 2012 pubblicato ieri sulla Gazzetta Ufficiale (cosiddetto «decreto liberalizzazioni») il punto sia stato risolto - è ovvio che bisogna venire incontro all'altro indirizzo dato dal referendum, e cioè riportare, sostanzialmente, in un ambito più pubblico la gestione dell'acqua garantendo anche lì forme di efficienza, e quindi anche, se possibile, di competizione.
Parlo di forme di competizione perché il riferimento, seppur sommario, opportunamente fatto all'inizio della vostra relazione alla situazione pre-legge Galli è un riferimento che chiaramente non può essere considerato positivo. La situazione della fase precedente alla legge Galli era infatti una situazione di mostruosa frammentazione e anche di mostruoso clientelismo politico. Ricordo la famosa battuta dell'epoca secondo la quale l'acquedotto pugliese dava più da mangiare che da bere! Era una battuta che aveva un suo fondamento visto il tipo di investimenti realizzati.
In conclusione, ribadisco che vorrei capire come secondo voi è possibile portare in maniera trasparente in tariffa, a valle di una garanzia per le fasce sociali più deboli, gli investimenti necessari al miglioramento del servizio (ad esempio, in termini di diminuzioni delle perdite della rete, di potenziamento degli impianti di depurazione e di tutto il resto che serve) e quale secondo voi dovrebbe essere l'evoluzione del sistema societario per venire anche incontro alla domanda politica che dal referendum è emersa.
MANUELA LANZARIN. Vorrei solo rivolgere una domanda relativamente alle società pubbliche, che mi sembra rappresentino la maggior parte delle società di gestione del servizio idrico integrato, e in particolare a quelle a totale capitale pubblico. Abbiamo visto che nel «decreto liberalizzazioni» è stato reintrodotto - io non l'ho ancora letto - il vincolo per le società in house del rispetto delle norme del Patto di stabilità interno.
Io ritengo che questo sia molto penalizzante. Vediamo già cosa sta succedendo negli enti locali, col blocco dei pagamenti e la connessa sofferenza di tutta la filiera legata agli investimenti, alla realizzazione
dei lavori da parte di piccoli e grandi fornitori, per cui credo che anche nel mondo delle multiutility questo rappresenti effettivamente una problematica non da poco. Vorrei capire quali sono la vostra posizione e il vostro orientamento su questo, visto che rappresentate una fetta molto importante di questa realtà.
ERMETE REALACCI. Se posso intervenire per una precisazione, vorrei dire che la seconda parte della mia domanda era collegata proprio a questo fenomeno: per questo vi chiedevo qual è, secondo voi, la struttura societaria da proporre per la migliore gestione del servizio idrico. È chiaro, infatti, che, se la struttura societaria è quella pubblica, allora questo comporta inevitabilmente l'inserimento pieno nel Patto di stabilità, con la conseguenza che gli investimenti diventano impossibili.
PRESIDENTE. Io ho una semplice curiosità. Siccome l'ingegner Romano, facendo riferimento alla sua azienda, diceva che fa investimenti per 70-90 milioni di euro all'anno, mi chiedevo se questo dato è relativo al solo territorio di Torino città o di Torino e provincia.
PAOLO ROMANO, Consigliere di Federutility. Ai 286 comuni, tutti quelli della provincia.
PRESIDENTE. Grazie, stavo provando a confrontare i suoi dati con quelli relativi alla società Acquedotto Lucano, che gestisce il servizio idrico nella mia regione.
Do la parola ai rappresentanti di Federutility per la replica.
ADOLFO SPAZIANI, Direttore generale di Federutility. La ringrazio, presidente. È per noi davvero un piacere avere questa possibilità di discussione perché stiamo vivendo un dramma. A valle del referendum, infatti, quello che si è verificato di sicuro - tante altre cose sono cambiate - è che tutto il sistema che ci finanziava non solo si è fermato, ma legge tutto il dibattito in corso - anche la discussione di oggi - come un rischio, per cui ci aumenta gli oneri finanziari quando andiamo a prendere credito per gestire anche l'attività di manutenzione. In una situazione, dunque, in cui fra l'altro siamo sotto procedura di infrazione comunitaria sulla depurazione, la situazione è veramente drammatica e noi rischiamo di spendere soldi non per le opere, ma per pagare le sanzioni comunitarie, e quindi avere un ulteriore costo.
Ciò che bisogna evitare, dal nostro punto di vista - abbiamo analizzato i disegni di legge, ce n'è qualcuno che ci sembra dia risposte più concrete, come dalla relazione abbiamo potuto dire - è che un'ulteriore instabilità legislativa, magari anche volta al positivo, se non ben indirizzata a rimuovere le cause di rischio che stanno su questo sistema, si traduca in questo momento solo un costo aggiuntivo per i cittadini. Alla fine, infatti, si tratta di questo, in termini di danno e di costi ambientali o tariffari.
Dobbiamo, dunque, veramente cercare di risolvere questo dramma. Il nostro appello qui è affinché il Parlamento faccia il possibile - qui vedo presente anche il rappresentante del Governo - almeno per darci delle soluzioni. Come sempre noi diciamo, è preferibile conoscere una strada, che magari non condividiamo, ma che è certa e chiara, in modo che si sappia chi paga, chi deve mettere i soldi. Ciò che non possiamo fare è lasciare che si degradi il sistema per cui le perdite crescano e le opere primarie non si realizzino (e il problema della mancata realizzazione di opere primarie incide anche sulla tutela del territorio per quanto riguarda la difesa del suolo, con una serie di questioni che viviamo con i drammi e le ricorrenti emergenze per calamità naturali e con la spesa di soldi anche in quella direzione, per fronteggiare le emergenze, senza averne effetti positivi duraturi).
E allora, noi che siamo società prevalentemente pubbliche, che in conformità ai princìpi comunitari gestiscono un servizio secondo il meccanismo in house, chiediamo, almeno dal punto di vista degli affidamenti, è che si eviti qualsiasi ulteriore intervento legislativo. Per questa materia, infatti, è sufficiente fare riferimento
alla normativa comunitaria e fare in modo che i soggetti che decidono gli affidamenti siano soggetti di vasta scala territoriale. Per il resto, così come era sicuramente sbagliato il tentativo di andare per forza verso un soggetto solo privato, nemmeno si può dire che bisogna andare a un modello tutto pubblico, in cui un certo modello si impone in tutta l'Italia. Per i princìpi comunitari, infatti, esistono le tre forme di gestione richiamate anche nel decreto legislativo n. 152 del 2006 e sono gli enti locali a doversi assumere la responsabilità di decidere cosa fare.
Oggi il vantaggio è di avere una regolazione che speriamo - e qui davvero, sottosegretario Fanelli, c'è da sperare - si attivi immediatamente in termini operativi perché per noi le prossime delibere dell'Autorità in materia tariffaria sono decisive per rifinanziare le opere e gli investimenti programmati o in corso di realizzazione.
Comprendiamo, quindi, quello che è avvenuto nel Paese per effetto del referendum e so benissimo che la domanda che in buona fede è emersa dal referendum ha creato dei problemi. Condivido, inoltre che, oggi, paradossalmente, il 7 per cento avrebbe qualche problema, quindi era sbagliato forse quel metodo di legiferare. Oggi, però abbiamo un'Autorità, il Governo può dare delle indicazioni e noi diciamo che si deve fare riferimento al costo di capitale - è questa la nostra proposta - che va verificato nel concreto.
Naturalmente, se prendo i soldi solo a debito, probabilmente nessuno mi finanzierà; se invece metto insieme qualcosa (in termini di programmazione di investimenti), credo che il costo degli investimenti si possa livellare nel tempo, con una periodicità di controlli e con un soggetto controllore che verifica che il costo di capitale è in grado di realizzare gli obiettivi programmati. Questo è ciò che credo che il Parlamento e il Governo possono fare, aiutandoci in tal modo a raggiungere, ad esempio, gli obiettivi fondamentali di portare il servizio di distribuzione dell'acqua sul 100 per cento del territorio italiano, di innalzare progressivamente, ma rispettando i limiti comunitari, il livello di depurazione delle acque reflue (perché, peraltro, per un Paese che vive di turismo, come il nostro, raggiungere questo obiettivo è veramente essenziale anche per tanti altri fini) di superare il regime delle deroghe dal punto vista
della qualità del servizio e, infine, di garantire la continuità del servizio nelle 24 ore e non solo in certe città. Questo è quello che, a nostro avviso, la funzione di regolazione deve e può contribuire a garantire, a seguito, ovviamente, della individuazione degli obiettivi che, naturalmente, spettano al legislatore.
C'è dunque un buco nella legislazione che auspichiamo sia colmato al più presto. Ci sono inoltre da approntare, anche sul piano legislativo, nuovi strumenti di pianificazione territoriale e di governo anche territoriale della risorsa idrica. Parliamo, per esempio, della problematica dell'istituzione dei distretti idrografici di matrice comunitaria, che comporta anche una ridefinizione dei bacini, degli ambiti, dei comuni e così via. Molto probabilmente c'è dunque da riordinare questa filiera affinché il governo della risorsa idrica non guardi solo alla questione della quota del 7 per cento di remunerazione del capitale, ma guardi all'intera risorsa idrica utilizzata per tutti i vari usi e non solo per quello civile (e forse è qui il caso di ricordare che l'acqua che beviamo è solo l'1 per cento di quella che utilizziamo complessivamente).
L'utilizzo dell'acqua per i vari usi, infatti, non è neutro dal punto di vista complessivo della gestione del territorio perché spesso siamo soggetti passivi nel vedere fenomeni che (anche prendendoci a volte responsabilità di gestione, ad esempio in quanto soggetti che si occupano della depurazione) non possiamo governare perché dipendendo da scelte che occorrerebbe fare «a monte». Non voglio citare le piogge acide, che comunque incidono rispetto alla qualità di quello che andiamo a potabilizzare e a bere, ma credo che dobbiamo occuparci anche di tutto il resto degli usi della risorsa idrica.
Credo, quindi, per tornare alla questione della gestione del servizio idrico
integrato, che ci sia bisogno, da un lato, di imprese che sappiano fare bene il proprio mestiere, anche dal punto di vista industriale della protezione della risorsa idrica; dall'altro lato, c'è bisogno di strumenti di pianificazione territoriale e su questo diciamo al Governo e al Parlamento che siamo assolutamente disponibili a mettere la nostra responsabilità su tutti questi punti.
Sulla tariffa, vorrei dire che forse a voler fare sempre le cose in un certo modo rischiamo di non fare nulla. Per esempio, per quanto riguarda le agevolazioni alle fasce sociali meno abbienti, vorrei segnalare che nell'elettrico e nel gas l'aiuto alle famiglie bisognose, al di sotto di un certo livello di redditi, è stato dato più che nel settore idrico, in cui magari Torino ha fatto la sua parte, ma non da per tutto è avvenuto. Anche in questo caso dobbiamo avere la consapevolezza di intervenire con meccanismi abbastanza semplici.
Sul patto di stabilità, infine, è evidente che ce lo trasciniamo dal 2008 continuando a dire che stiamo aspettando, ma penso che non sarà allentato perché il giorno in cui si dovesse farlo, è evidente che emergeranno dei debiti in quanto ogni azienda ha bisogno comunque di contrarre un debito per la realizzazione di queste opere, dovendo negoziare dei finanziamenti. È evidente, quindi, che c'è una difficoltà a consentire l'uscita dal Patto di stabilità. Questo, almeno, è quello che ci è sempre stato detto, almeno dal precedente Governo. Adesso aspettiamo di avere nuove indicazioni su questo punto.
Credo che, comunque, sia anche evidente che i princìpi comunitari sull'in house portino dei vincoli. Hanno dei vantaggi perché non passano attraverso meccanismi concorrenziali, ma si trascinano dei vincoli da un punto di vista dei riflessi sui bilanci degli enti locali. Credo, allora, che la cosa migliore sia cercare di accettare quei vincoli che mandino avanti imprese che funzionano, che siano efficienti e che non producano debiti. Se poi c'è una tariffa stabilita quando deve esserlo e che copre in modo adeguato il costo e non le inefficienze del servizio, allora il debito non va considerato tale perché serve a finanziare la realizzazione degli investimenti.
Ora - è presente Bardelli, che ha studiato con Utilitatis tutto il lavoro presentato nel Blue Book - è evidente che abbiamo bisogno di innestare questo circolo virtuoso, altrimenti l'alternativa tutto-pubblico o tutto-privato sarà comunque un disastro per il nostro Paese.
Di emergenze ce ne sono tante, ma la prima cosa sbagliata è non fare quello che possiamo fare immediatamente. Immediatamente c'è da attivare la regolazione di far partire il ciclo degli investimenti. Gli occupati nei primi anni sono almeno 25-30.000 diretti e altri 20.000 indiretti, con opere cantierabili nell'anno tra manutenzioni ordinarie e opere primarie già in qualche modo approvate.
PRESIDENTE. Ringrazio, a nome dell'intera Commissione, i rappresentanti di Federutility intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle proposte di legge C. 2 Iniziativa popolare, C. 1951 Messina e C. 3865 Bersani, recanti princìpi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico, l'audizione di rappresentanti di R.ETE. Imprese Italia.
Dovrebbero essere presenti la Confesercenti, con il dottor Gaetano Pergamo e il dottor Alessandro Tatafiore, la CNA, con la dottoressa Barbara Gatto, Confartigianato Imprese, con la dottoressa Stefania Multari, e Confcommercio-Imprese per l'Italia, con il dottor Renato Pesa.
Altre persone probabilmente si aggiungeranno, ma nel frattempo direi avviare l'audizione.
Do la parola al dottor Gaetano Pergamo.
GAETANO PERGAMO, Coordinatore area energia e ambiente di Confesercenti. Sono coordinatore dell'Area energia e ambiente di Confesercenti, che in questo semestre ha la presidenza di turno di R.ETE. Imprese Italia. Vi ringraziamo per l'invito a quest'audizione. Abbiamo preparato un documento, che lasciamo agli atti e che vado a illustrare. Il documento, ovviamente, è frutto del lavoro delle associazioni che fanno parte di R.ETE. Imprese Italia, Confesercenti, CNA, Confartigianato, Confcommercio e Casartigiani.
Nell'ambito dei servizi di pubblico interesse, è evidente che l'acqua assume una valenza fondamentale per le sue caratteristiche di bene primario, fondamentale per la vita di tutti i cittadini. Le confederazioni aderenti a R.ETE. Imprese Italia evidenziano in proposito che l'acqua, al pari di altre risorse primarie, è un bene necessario anche allo svolgimento di qualsiasi attività di natura economica, e dunque rappresenta per le nostre imprese un elemento di fondamentale importanza nella gestione quotidiana delle proprie attività in tutti i suoi ambiti, dall'artigianato alla produzione, al commercio, alla somministrazione, alle attività del turismo.
Ovviamente, l'acqua ha per noi un grande valore di natura pubblica sia in quanto tale sia per quanto riguarda le infrastrutture idriche. Per noi è assolutamente importante garantire, dal punto di vista pubblicistico, il controllo della qualità e la tutela della risorsa idrica e lavorare per il risparmio di questa risorsa assolutamente importante. Sotto questo punto di vista, riferimenti della nostra azione sono la gestione efficiente e, appunto, la lotta agli sprechi.
Ciò detto, ovviamente va fatta una valutazione del costo del prodotto e dell'utilizzo oculato della materia. La stessa Unione europea, peraltro, ci ricorda nella direttiva 2000/60/CE che l'acqua non è un prodotto commerciale al pari degli altri, bensì un patrimonio che va protetto, difeso e trattato come tale.
Non possiamo dimenticare che le politiche di gestione delle acque hanno anche un impatto rilevantissimo sull'intero sistema ambientale e territoriale. Da questo punto di vista, la situazione italiana non è incoraggiante. Lo stato del servizio idrico nazionale risente di forti arretratezze, con infrastrutture che necessitano di investimenti ingenti per i prossimi anni ed è più che mai urgente la necessità di trovare soluzioni ai diversi problemi che impattano sulle diverse aree delle attività economiche. Pensiamo, soprattutto, anche ad alcune aree del sud e ad alcuni comparti come il turismo, che possono risentire negativamente di problemi di arretratezza delle strutture, quindi trasformandosi questo in un disvalore competitivo.
Riteniamo che si debba lavorare sulla modernizzazione delle infrastrutture, cercando di recuperare quel 40 per cento di perdite e oltre che ci sono segnalate dalle cronache, con punte anche più alte. Questi sono per noi elementi importanti.
Tali premesse impongono una riflessione sulle modalità, quindi, più efficaci ed efficienti con cui affrontare tale settore. Le nostre confederazioni, che in linea di principio sono favorevoli a una gestione liberalizzata dei servizi pubblici locali basati su un assetto effettivamente concorrenziale, ritengono che il servizio idrico presenti caratteristiche particolari e delicate, e che quindi richiedano una gestione differenziata dagli altri servizi, mantenendo il ruolo della pubblica amministrazione di garante per il pieno accesso al servizio idrico a condizioni di economicità e garantendo, al contempo, il rispetto dei princìpi di efficienza e di tutela dell'ambiente.
Da questo punto di vista, è molto preoccupante l'andamento dei prezzi del prodotto acqua. Secondo stime, nel periodo 2000-2010, abbiamo registrato un'inflazione sul prodotto superiore di quasi tre volte quella dell'inflazione cumulata media nello stesso periodo. Questo fenomeno nell'ultimo triennio ha conosciuto addirittura un'accelerazione e ciò, ovviamente, anche per quanto riguarda i settori di nostro riferimento, incide negativamente sulle attività.
In quest'ambito, quindi, in ragione della necessità di garantire certezza del diritto agli operatori economici, non si può
non considerare l'esito del referendum del giugno 2011. L'azione delle modalità di gestione del servizio idrico, pertanto, deve essere valutata con estrema attenzione, tenuto conto, certo, dell'esperienza concreta, oltre che evidenziando come, in particolare, non possa esistere un unico modello di riferimento.
Al riguardo, R.ETE. Imprese Italia auspica che, nell'ambito della ridefinizione di un contesto normativo per il settore idrico, possa trovare ed essere valorizzato lo strumento del partenariato pubblico-privato. Il contesto in cui ci inseriamo è dato, certamente, dalla direttiva europea già citata, la n. 60 del 2000, che richiede per la gestione un quadro trasparente, efficace e coerente.
Purtroppo, gli ultimi anni hanno visto un'evoluzione normativa del settore che, a detta di più osservatori e anche di addetti ai lavori, non è stata molto chiara. I princìpi generali sono contenuti nel Codice ambientale (decreto legislativo n. 152 del 2006), che introduce criteri e nozioni operative importanti, quali l'acqua come bene pubblico e il risparmio idrico del servizio idrico integrato.
Per quanto riguarda le modalità di gestione, ricordiamo che prima delle consultazioni referendarie il servizio idrico rientrava nell'ambito di applicazione della riforma dei servizi pubblici locali. Come è noto, il referendum del giugno scorso ha abrogato non soltanto l'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, nella parte in cui prevedeva un'accelerazione verso la privatizzazione del servizio idrico, ma anche le disposizioni del Codice ambientale che permettevano al gestore di garantirsi profitti sulla tariffa caricando in bolletta un minimo del 7 per cento.
Con l'obiettivo di colmare il vuoto normativo, il Governo è nuovamente intervenuto con l'articolo 4 del decreto-legge n. 128 del 2011, che ha conservato nelle finalità l'impianto preesistente, escludendone l'applicabilità al settore idrico per tenere conto, appunto, della consultazione referendaria.
Tale evoluzione normativa richiede una riflessione per valutare, ferme restando le decisioni definite col referendum, la modalità di gestione del servizio idrico che possa rispondere ai già evidenziati princìpi di garanzia del bene pubblico.
Quanto detto finora evidenzia il fatto che bisogna organizzare un servizio idrico che, per le caratteristiche evidenziate e in funzione dell'evoluzione normativa, deve orientarsi anche verso modelli di partenariato pubblico-privato in ragione delle caratteristiche del territorio, consentendo, laddove possibile, l'ingresso nella gestione del servizio anche di soggetti privati, quindi con una forte valenza anche della territorialità.
Questo assunto richiede la definizione di procedure, regole e modalità di gestione che rispondano ai princìpi citati, che necessariamente devono caratterizzare il servizio idrico. A tal fine evidenziamo alla Commissione che, in materia di Agenzia nazionale di vigilanza sulle risorse idriche, il decreto-legge n. 70 del 2011 (cosiddetto «decreto sviluppo») ha previsto l'istituzione di un'Agenzia nazionale al fine di garantire l'osservanza dei princìpi contenuti nel decreto legislativo n. 152 del 2006 in tema di gestione delle risorse idriche e di organizzazione del servizio.
L'Agenzia rappresenta un organismo indipendente e autonomo con l'attribuzione di poteri di una vera e propria Authority. L'istituzione di tale Autorità è di fondamentale importanza per garantire il rispetto di adeguati livelli di qualità del servizio, la determinazione delle componenti tariffarie, il monitoraggio e la corretta gestione da parte delle autorità territorialmente competenti con criteri di indipendenza e terzietà. Ne attendiamo, dunque, la piena operatività.
Riteniamo, pertanto, che possa considerarsi utile adottare, nella direzione interpretativa e applicativa appena indicata, il Capo III della proposta di legge C. 3865 all'oggetto dell'indagine nella parte in cui prevede, all'articolo 6, la disciplina di un'autorità di regolazione del servizio idrico integrato.
Come è noto, la normativa si basa sul principio di gestione unificando la gestione delle singole fasi: tale modello rimane
condivisibile ed è funzionale poiché garantisce maggiore efficienza. Riteniamo, dunque, che tale impostazione vada mantenuta.
Sulle autorità d'ambito territoriale, per quanto riguarda la gestione unitaria del servizio all'interno degli ambiti territoriali, riteniamo che tale impostazione sia condivisibile con lievi aggiustamenti.
Sugli ulteriori princìpi, riteniamo che si possa asserire che l'esclusione del servizio idrico dall'ambito di applicazione della riforma dei servizi pubblici locali non riguarda i princìpi di incompatibilità e di premialità contenuti nella stessa riforma, quindi ci riferiamo in primo luogo a incompatibilità e a sovrapposizioni di ruoli per i soggetti che ricoprono incarichi negli enti, anche se pubblici, che dovranno gestire il servizio.
Un altro criterio da ribadire è quello relativo alla possibilità di prevedere misure di premialità da parte dello Stato per quei territori maggiormente virtuosi nella gestione del servizio. Altri elementi dovrebbero sicuramente essere riferiti all'individuazione delle tariffe costruite secondo metodi semplici e chiari, in modo da garantire l'uniformità e la trasparenza nei diversi territori.
Lasciamo comunque agli atti il documento nella sua interezza.
PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.
ERMETE REALACCI. Intervengo soltanto per dire che l'Agenzia nazionale di vigilanza sulle risorse idriche è stata soppressa dal decreto-legge n. 201 del 2011. Capiremo in seguito come il Ministero dell'ambiente si organizzerà per garantire la vigilanza sulla qualità complessiva della risorsa acqua, però quell'Agenzia non ha poi visto la luce e i compiti, come sapete, dal punto di vista tariffario sono stati, invece, assorbiti da un'Authority che già esisteva e che adesso allarga le sue competenze anche alla questione dell'acqua.
PRESIDENTE. Ringrazio, a nome dell'intera Commissione, i rappresentanti di R.ETE. Imprese Italia e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15,50.