Sulla pubblicità dei lavori:
Margiotta Salvatore, Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULLE POLITICHE AMBIENTALI IN RELAZIONE ALLA PRODUZIONE DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI
Audizione di rappresentanti di Enel Spa:
Margiotta Salvatore, Presidente ... 3 5 7 10 12
Bratti Alessandro (PD) ... 8
Dionisi Armando (UdC) ... 10
Mariani Raffaella (PD) ... 9
Mori Simone, Responsabile della Direzione regolamentazione e ambiente di Enel Spa ... 5 11
Realacci Ermete (PD) ... 7 12
Starace Francesco, Amministratore delegato di Enel Green Power Spa ... 3 10
Tortoli Roberto (PdL) ... 10
Zamparutti Elisabetta (PD) ... 9
Audizione di rappresentanti di Edison Spa:
Margiotta Salvatore, Presidente ... 12 16 17
Bratti Alessandro (PD) ... 15 16
Dussin Guido (LNP) ... 16
Potì Roberto, Direttore centrale dello sviluppo di Edison Spa ... 13 15 17
Zamparutti Elisabetta (PD) ... 16
Audizione di rappresentanti di Sorgenia:
Margiotta Salvatore, Presidente ... 18 20
Dussin Guido (LNP) ... 19
Orlandi Massimo, Amministratore delegato di Sorgenia Spa ... 18 19
Stradella Franco (PdL) ... 19
ALLEGATI:
Allegato 1: Documentazione consegnata dai rappresentanti di Enel Spa ... 21
Allegato 2: Nota integrativa trasmessa dai rappresentanti di Enel Spa ... 41
Allegato 3: Documentazione consegnata dai rappresentanti di Edison Spa ... 44
Allegato 4: Documentazione consegnata dai rappresentanti di Sorgenia Spa ... 58
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.
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Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 14,25.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili, l'audizione di rappresentanti di Enel Spa.
Abbiamo una folta delegazione, composta dall'ingegner Starace, dal dottor Mori, dall'ingegner Egidi, dal dottor Agostini, dall'avvocato Giorgianni, dalla dottoressa Poggi e dal dottor Falassi.
Preferiremmo procedere con un intervento iniziale stringato, integrato dalla documentazione che opportunamente avete consegnato agli uffici; ciò al fine di consentire il successivo svolgimento delle domande da parte dei componenti la Commissione.
Nell'autorizzare, quindi, la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata (vedi allegato 1), do subito la parola all'ingegner Francesco Storace, amministratore delegato di Enel Green Power Spa.
FRANCESCO STARACE, Amministratore delegato di Enel Green Power Spa. Accolgo senz'altro il cortese invito ad essere conciso e andrei direttamente, saltando le premesse che sono un po' di stile, alla chart che mostra quale sia la presenza nel mondo delle energie rinnovabili di tutto il gruppo Enel Spa non soltanto, quindi, di ENEL Green Power Spa, ma anche delle grandi centrali idroelettriche rimaste fuori dal perimetro di ENEL Green Power Spa.
Si tratta di una presenza importante, 34.646 megawatt, contati fino all'ultimo, che mostrano come la produzione di energia rinnovabile a livello di gruppo sia molto grande. Sono 87 terawattora, che equivalgono a circa 61 milioni di tonnellate di CO2 evitate.
La chart che segue è forse quella più interessante nel contesto di quest'audizione. È illustrata la crescita delle energie rinnovabili in Italia dal 2007 al 2010. La parte blu riguarda la capacità installata idroelettrica ed è più o meno costante nel tempo: è noto, infatti, che in Italia, come in tutta l'Europa, l'idroelettrico che si è installato durante l'ultimo secolo ha raggiunto praticamente la saturazione. La crescita è invece concentrata nei settori dell'eolico, delle biomasse, della geotermia e del solare.
È importante notare come anno dopo anno la crescita sia stata interessante: abbiamo avuto nel 2008, rispetto al 2007, un più 7 per cento se considerato sul totale delle fonti rinnovabili, ma in realtà un più 28,6 per cento se escludiamo il settore idroelettrico che è rimasto costante. Questa crescita nei megawatt installati
sul fronte delle energie rinnovabili è andata sempre più forte, e nel 2010 abbiamo registrato un più 14,3 per cento complessivo, che diventa un più 41,8 per cento se si esclude il settore idroelettrico.
Nella chart che segue ci chiediamo quanta strada rimane per arrivare agli obiettivi europei: in termini di terawattora abbiamo nel 2010 una produzione da rinnovabili di 75 terawattora. Questo dato si confronta con una cifra che il Governo italiano ha dichiarato dover essere al 2020 di circa 100 terawattora da produzione, 99 per la precisione, e di altri 13,6 terawattora da importazione. Se si considera il modo in cui stiamo crescendo, la nostra opinione è che probabilmente l'Italia riuscirà a raggiungere i 112,5 terawattora che si è imposta come target nel rispetto delle direttive europee facendo molto poco ricorso alle importazioni, ma semplicemente con produzione italiana. Sta, infatti, crescendo a un ritmo più forte di quello ipotizzato all'inizio.
Vedete, inoltre, i megawatt sottesi a questo scenario del Governo, che riteniamo sarà un po' superato. In particolare, due saranno i segmenti che daranno maggiori soddisfazioni: il solare, che sembra essere avviato a superare il target previsto al 2020 di 8,6 gigawatt, e in parte anche l'eolico, che sta andando molto forte.
Le rinnovabili italiane stanno, quindi, crescendo a un ritmo maggiore di quanto previsto al momento della stesura del Piano d'azione nazionale per le energie rinnovabili (PAN), e di conseguenza probabilmente ci sarà meno bisogno di ricorrere a importazioni per soddisfare il target europeo.
Nelle chart che seguono - lo leggerete anche nella documentazione consegnata - vedete quali sono gli impatti benefici delle varie tecnologie. Evidentemente, comune a tutte queste tecnologie c'è un impatto globale: si evita emissione di gas serra, si riduce la dipendenza da importazione di idrocarburi, e questo è un bene per la comunità nazionale ed è un bene globale.
Quanto agli impatti locali, che toccano la comunità che risiede nel territorio in cui vengono installati queste varie tecnologie, abbiamo, per esempio, un'esperienza del fatto che l'installazione di alcune pale eoliche migliora la capacità di prevenire incendi perché il territorio è presidiato in maniera diversa e ci sono strade di accesso necessarie per la costruzione che poi possono essere utilizzate anche per i mezzi antincendio. Ci sono dunque, alcuni aspetti che attengono soltanto alla localizzazione. Siccome producono rumore, si cerca di trovare località lontane, e avendo un impatto sul paesaggio, si cerca di nasconderle e così via.
Spendo solo due parole sulla geotermia. Per chi ancora non lo sapesse, l'Italia ha un primato mondiale nel campo della geotermia che deriva da una cinquantennale esperienza e unicità nella produzione di energia elettrica da geotermia. Siamo di gran lunga il Paese che ha inventato la geotermia nel mondo. Tutti i giacimenti geotermici nel mondo sono stati scoperti da tecnici italiani provenienti da Larderello a cavallo tra gli anni Venti e gli anni Trenta, e ed è quindi sostanzialmente italiano lo sviluppo della geotermia nel mondo. Su questo abbiamo un primato tecnologico sia dal punto di vista esplorativo, che della coltivazione dei campi e della produzione di energia elettrica, che utilizziamo in giro per il mondo e che vorremmo continuare a utilizzare in Italia per cercare di crescere nella geotermia mondiale.
Venendo al tema degli investimenti e della ricerca e sviluppo, direi che c'è un grande fermento nel mondo della tecnologia. Noi siamo presenti su tutte le tecnologie. In particolare, siamo molto forti sulla geotermia, dove abbiamo addirittura il compito di trainare la ricerca - nessun altro se ne occupa - quindi abbiamo effettivamente un po' una croce da portare, ma lo facciamo volentieri; abbiamo uno sviluppo tecnologico significativo sul fotovoltaico insieme alla società giapponese Sharp, all'avanguardia dal punto di vista tecnologico in questo campo - ne parleremo nella chart che segue -; quanto alle altre fonti rinnovabili, abbiamo, val la pena notarlo, un'unicità nel solare termodinamico, vale a dire l'impianto Archimede,
che abbiamo costruito a Priolo, che è fondamentale anche perché si basa su una tecnologia, quella del solare fotovoltaico a sali fusi, che è una tecnologia italiana, e ora ci stiamo accingendo a proporre un altro impianto all'interno di uno schema europeo, NER300, su cui pensiamo ci sia valore per l'Italia.
Sul solare fotovoltaico abbiamo dunque un investimento unico da questo punto di vista a livello europeo, una nuova tecnologia che entrerà in produzione - l'impianto è in costruzione, siamo partiti con il montaggio delle linee di produzione con i giapponesi della Sharp e i colleghi del ST Microelectronics - i primi pannelli saranno prodotti in autunno del 2011 e siamo addirittura un mese in anticipo sul programma. Cominceremo con questo grande investimento di circa 360 milioni di euro e abbiamo la possibilità di espandere questa fabbrica fino a un totale di 480 megawatt all'anno.
La nostra presenza nel solare fotovoltaico guarda al mercato globale, non solo italiano. L'investimento della fabbrica è in Italia e non a caso perché il nostro Paese in questo momento è al centro di una grande possibilità di sviluppo sia sul territorio nazionale sia fuori dal territorio nazionale. Questa fabbrica ha come mercato di riferimento l'Europa, il Medio Oriente e l'Africa, non solo l'Italia. Non dovete pensare, quindi, che esporti solo in Italia, dove abbiamo una filiera integrata. Investiamo, infatti, nella fabbrica, negli impianti e anche nel retail, nella diffusione di impianti molto piccoli su tutta la popolazione italiana attraverso una società dedicata che si chiama Enel.si Spa, in cui lavorano circa 550 imprenditori italiani affiliati in franchising che danno occupazione mediamente a 5.000 persone sul territorio nazionale.
Mi fermo in modo che il dottor Mori possa completare il suo intervento nei tempi indicati.
SIMONE MORI, Responsabile della Direzione regolamentazione e ambiente di Enel Spa. Toccherò velocemente il tema dell'evoluzione normativa regolatoria nel settore delle fonti rinnovabili, in particolare la riforma del sistema di incentivi. Si tratta di un tema ben noto a questa Commissione, che ha recentemente espresso un parere importante nell'ambito del dibattito sullo schema di decreto legislativo predisposto dal Governo.
PRESIDENTE. ... Un parere che, purtroppo, il Governo finora non ha mostrato di tenere in grande considerazione.
SIMONE MORI, Responsabile della Direzione regolamentazione e ambiente di Enel Spa. Senza entrare nel merito, credo sia utile, però, ripercorrere il nostro punto di vista sulla genesi e sui risultati di questo dibattito. La riforma del sistema degli incentivi si inscrive nell'ambito di una fase di transizione molto profonda nel settore delle fonti rinnovabili di questo Paese. L'ingegner Starace ha dato una visione di lungo termine, ma, se guardiamo nel breve termine, oggi lo sviluppo di questo settore è caratterizzato da due elementi fondamentali. Uno è l'esplosione di richieste di connessione alla rete di nuovi impianti, per un ammontare pari a centinaia di migliaia di megawatt, cioè per un multiplo dei consumi complessivi di energia elettrica di questo Paese, spesso non correlati a progetti industriali effettivi. Peraltro, gran parte di questi progetti è concentrata in
aree dove non vi è consumo, quindi in un contesto tale da creare grande tensione e grandi problemi anche di accoglimento di nuovi impianti nell'ambito della rete di trasmissione di questo Paese.
Ciò è particolarmente vero per quanto riguarda il settore fotovoltaico. Il combinato disposto di un sistema di incentivi, oggettivamente - lo vedremo meglio in seguito - molto generoso, e di modifiche regolatorie negli altri Paesi che hanno portato in Italia numerose iniziative imprenditoriali, ha fatto sì che - vedendo i numeri che il GSE, il gestore dei sistemi energetici, ha recentemente pubblicato - l'Italia si troverà probabilmente nel giugno 2011 a essere molto vicina in termini di pannelli fotovoltaici installati ai valori che il piano d'azione nazionale per le energie rinnovabili prefigurava al 2020.
Questo è alla base della famosa e molto dibattuta riforma del cosiddetto «conto energia» riforma che riteniamo necessaria in quanto, avendo una visione di lungo termine in questo settore, giudichiamo di fondamentale importanza che il sistema di incentivi garantisca una continuità degli stessi e uno sviluppo del settore che sia sostenibile e non tumultuoso, incontrollato, in un periodo di tempo molto breve, tale da rende l'onere complessivo, in termini di sussidi, insostenibile.
Abbiamo cercato di fare un confronto tra il livello di incentivi nel nostro Paese 2010-2011 e nei principali Paesi europei, normalizzandolo per le differenze di insolazione. Vedete che c'è una differenza sostanziale, che oltretutto nel 2011 è andata ad aumentare fra l'Italia e i partner europei. Mentre, infatti, in Germania, Spagna e Francia vi sono stati degli interventi radicali di modifica del livello degli incentivi, in Italia il cosiddetto «terzo conto energia» prevedeva una riduzione molto più progressiva degli incentivi stessi.
Per darvi un'idea di quello di cui stiamo parlando, se accettiamo per buoni i numeri del GSE, la capacità di fotovoltaico installata oggi in Italia avrà un costo per i consumatori compreso tra i 3 e i 3,5 miliardi di euro all'anno: se magicamente potessimo applicare a questa capacità le tariffe tedesche, questo costo si ridurrebbe a meno di 2,5 miliardi di euro all'anno, una differenza molto forte, ma in Germania questo settore sta crescendo, si sta sviluppando, i tedeschi hanno sviluppato con tariffe che sono grossomodo la metà delle nostre circa 6.000 megawatt di investimenti quasi esclusivamente sui tetti. Non parliamo, dunque, di tariffe modeste, povere, non sono in grado di sostenere un settore.
Di fronte a questa crescita tumultuosa c'è una grande pressione sul sistema delle reti. Evidentemente, il sistema delle reti di trasmissione e di distribuzione deve cambiare radicalmente modo di lavorare: da grandi progetti centralizzati di sviluppo della rete bisogna imparare a passare a connettere capillarmente queste fonti distribuite di produzione. Qui riportiamo i dati di Enel Spa distribuzione, che allaccia circa l'80 per cento degli impianti in bassa tensione e vedete che, rispetto a una disciplina regolata, molto dettagliata che l'Autorità per l'energia elettrica e per il gas ha predisposto, i livelli di fuori standard, ossia di ritardi o inadempimenti rispetto alla disciplina dell'Autorità, è assolutamente modestissima. Siamo, infatti, largamente al di sotto dell'1 per cento di «fuori standard» per gran parte dei segmenti disciplinati.
Riteniamo che il nuovo decreto rappresenti una grande opportunità di creare condizioni di stabilizzazione di medio e lungo termine del sistema secondo alcuni criteri che condividiamo in pieno: un allineamento progressivo del livello di incentivi a quello del resto d'Europa; l'introduzione di nuovi meccanismi di incentivazione che valorizzino gli aspetti competitivi, le aste per esempio, che evitino le asimmetrie informative che generano fatalmente delle rendite in capo agli operatori; la previsione di meccanismi di transizione per salvaguardare gli investimenti avviati ed evitare discontinuità regolatorie, sempre mal viste dai mercati; una operazione di grande razionalizzazione dei procedimenti autorizzativi per evitare che ci sia un mercato fatto di carta, totalmente scollato dal mercato fatto di impianti. Crediamo che i processi autorizzativi debbano avviarsi e concludersi laddove ci sono impianti e non per favorire un mercato secondario delle
autorizzazioni.
È importante che il Governo intervenga molto rapidamente per definire attraverso i decreti attuativi le regole di dettaglio. Insistiamo, innanzitutto, senza entrare nel merito, sugli interventi di rifacimento sugli impianti. È, infatti, importante che siano garantite le condizioni affinché questi interventi che possano produrre investimenti reali di valorizzazione del patrimonio soprattutto idroelettrico del nostro Paese e siano sostenuti in modo adeguato. È importante che le regole di accesso alle aste per la nuova capacità rinnovabile siano definite quanto prima, prevedendo aste per tutti gli impianti al di sopra dei 5 megawatt. Quanto più esteso, infatti, sarà
l'ambito di applicazione delle aste, tanto più saremo efficienti nello sviluppare progetti industriali di buon livello.
Inoltre, per quanto riguarda il conto energia, crediamo che debba esserci una riduzione progressiva degli incentivi nel corso dei prossimi mesi e anni fino ad azzerarli, in coerenza con l'evoluzione tecnologica. Riteniamo, infatti, che nell'arco dei prossimi anni questa tecnologia raggiungerà una competitività con le altre fonti, e che quindi il sistema di incentivi debba essere concepito in modo da adattarsi con l'evoluzione della nuova tecnologica. Dovrebbe esserci almeno all'inizio un cap massimo di potenza incentivabile.
Abbiamo visto, infatti, che è molto difficile prevedere l'evoluzione di questo settore e in assenza di un cap rigido rischiamo di riprodurre quello che abbiamo prodotto con il decreto-legge cosiddetto «salva Alcoa», ovvero che in sei mesi ci troviamo di fronte a una quantità di megawatt che ci stravolgono completamente il quadro.
Infine, bisogna creare dei meccanismi attraverso i registri delle fideiussioni, dei controlli, che evitino possibili fenomeni speculativi.
Concludo sottolineando, quindi, che bisogna principalmente, a nostro modo di vedere, definire tempestivamente tutti i decreti attuativi per garantire continuità e regole certe per il raggiungimento degli obiettivi del PAN con incentivi tali da garantire lo sviluppo del settore, ma anche economicamente sostenibili per la bolletta degli italiani; dare un ruolo molto importante ai gestori di rete, anche dal punto di vista dell'innovazione tecnologica - un sistema che ha molti megawatt di fonti rinnovabili richiede una gestione attiva molto complessa delle reti elettriche; riformare i meccanismi di incentivazione del fotovoltaico per garantire uno sviluppo sostenibile nel medio e lungo periodo; infine, riprendendo il concetto della filiera, applicare sistematicamente le migliori tecnologie per inserire gli impianti nel territorio così da valorizzare la filiera industriale italiana.
PRESIDENTE. Do ora la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.
ERMETE REALACCI. Siccome il tempo da voi utilizzato è molto e abbiamo altre audizioni, se non si sarà in grado di rispondere adesso, potranno arrivare anche delle risposte scritte in seguito.
Innanzitutto, abbiamo letto su vari giornali finanziari che l'andamento in Borsa di Enel Green Power Spa è positivo e questo ci fa piacere, ma anche che Enel Spa ha beneficiato del fatto che ha poco nucleare rispetto ad alcuni concorrenti per il suo andamento borsistico. Ci interessa sapere se entrambe queste notizie sono fondate, anche se, onestamente, mi pare di sì dal momento che l'ho letto su molti giornali. Se mi è consentita una battuta, vorremmo anche avere una percentuale sul guadagno in Borsa dell'Enel Spa da questo punto di vista.
Tra i termini citati ci sono questioni molto importanti connesse alle rinnovabili, come quella dello stoccaggio dell'energia: l'Italia può essere avvantaggiata perché con l'idroelettrico può usare il pompaggio in parte come stoccaggio, però probabilmente con l'aumentare dei megawatt installati bisogna fare molto di più; vorrei capire se Enel Green Power Spa ha in materia dei filoni di ricerca aperti.
Quanto alle reti intelligenti, le cosiddette smart grid, francamente non conosco i criteri che sono alla base dei dati riferiti sugli allacci, ma dal territorio ho notizie diverse, che vanno in direzione opposta a quella di una loro efficiente gestione. Sappiamo, del resto, molto bene che il momento in cui scatta il finanziamento è un momento chiave, da definire bene sul piano normativo, anche per evitare di produrre un montagna di cause proprio sulla questione degli allacci che rischierebbe di sommergere i tribunali oltre che rovinare la reputazione dell'Enel Spa o degli altri soggetti competenti rispetto alla verifica di queste questioni.
Sulla questione degli incentivi, siamo d'accordo che debbano essere certi, decrescenti e che, più che avere un cap di
potenza, si tratta di avere un cap di incentivi e molti più controlli. Segnalo, peraltro, che quello stesso problema di overbooking sul fotovoltaico c'è stato anche su altre fonti energetiche in Italia. In un periodo abbiamo avuto, infatti, una percentuale di domande sui cicli combinati a gas pari alla potenza installata dagli Stati Uniti d'America perché i faccendieri andavano in giro a chiedere autorizzazioni non per fare impianti ma per rivendere le autorizzazioni ottenute. È, dunque, un problema che riguarda il «sistema-Italia» ed è compito nostro trovare meccanismi di garanzia.
Infine, è chiaro che l'obiettivo che si è dato l'Italia è assolutamente sottodimensionato rispetto allo sviluppo di questo settore. Segnalo che la Germania, che ha meno sole dell'Italia, è già a 16.000 megawatt nel 2010. L'obiettivo che si poneva prima di Fukushima era 52.000 megawatt al 2020 e entro la stessa data la Germania si proponeva anche l'obiettivo di circa il 40 per cento di energia elettrica da fonti rinnovabili avendo più eolico dell'Italia, ma meno idroelettrico e meno geotermia rispetto a noi.
C'è, dunque, un problema di definizione degli obiettivi rispetto ai quali i soggetti industriali devono concorrere. A tal proposito, mi rivolgo ancora all'ingegner Starace, è molto importante anche un'elaborazione strategica di questi investimenti. Ora sappiamo cosa sta accadendo nella sponda sud del Mediterraneo e tutti ci auguriamo che l'evoluzione sia positiva nel senso sia della democrazia sia dell'economia, ma mi pare che Enel Green Power Spa sia l'unico soggetto italiano attualmente presente - e questa presenza andrebbe, a mio avviso, rafforzata - nel progetto Desertec, molto spinto dai tedeschi, che metterà in gioco, se partirà, un giro d'affari tra i 300 e i 400 miliardi di euro. Si tratta di un pezzo fondamentale di politica industriale, economica e perfino estera del nostro Paese: vorremmo avere maggiori informazioni in materia.
ALESSANDRO BRATTI. Innanzitutto, vorrei capire, con riferimento agli impianti di vostra proprietà, come si distribuiscono percentualmente i grandi, i medi e i piccoli gli impianti installati, con una disaggregazione dei dati rispetto agli impianti a terra. Mi riferisco, naturalmente, agli impianti di produzione di energia da solare fotovoltaico.
Inoltre, al di là degli obiettivi che ci si è posti a livello europeo e del fatto che giustamente, come avete detto, c'è il rischio di una tumultuosità della domanda, vorrei capire perché meglio perché secondo voi bisogna vincolarsi a quegli obiettivi e perché secondo voi non è il caso, come diceva il collega Realacci, di rimettere mano al PAN, visto che, alla luce di quanto sta avvenendo, probabilmente il PAN non è esattamente tagliato sulle potenzialità del Paese. Inoltre, mi piacerebbe sapere qual è la vostra opinione sulla proposta di costruire un diverso sistema per consentire, comunque, una gradualità nello sviluppo del mercato, soprattutto delle rinnovabili, senza però ricorrere a un cap annuale con cui si corre il rischio di creare ulteriore confusione (basti pensare che se si ricorre al cap bisognerà trovare un meccanismo per capire chi arriva
prima e chi dopo, chi fornisce le garanzie sul momento in cui ciascuno è arrivato) o, quantomeno, di creare incertezza, perché il mettere un tetto potrebbe essere visto, da parte degli eventuali investitori come un meccanismo che produce incertezza.
Relativamente alle aste, vorrei sapere se vi risulta che ci sia un meccanismo simile che funziona altrove. Nella discussione affrontata anche in questa Commissione ci è sembrato, infatti, di capire che è un meccanismo con grandissime incognite tanto è vero che non ci sembra che sia così diffuso.
Inoltre, ancora in relazione al PAN, a me sembra importante partire dal dato che rispetto alle potenzialità delle rinnovabili il Paese non è uguale dappertutto. Rispetto, per esempio, alle biomasse, - e su questo vorrei conoscere il vostro punto di vista - sicuramente ci sono delle aree in questo Paese dove spingere molto in questa direzione è più complicato per questioni legate alla qualità dell'aria ed
anche sotto questo aspetto porre dei detti a me sembra un modo complicato di affrontare le questioni.
Infine, vorrei sapere se è possibile avere la vostra documentazione anche su supporto elettronico. I dati che ci avete fornito sono importanti, potremo utilizzarli citando una fonte.
ELISABETTA ZAMPARUTTI. A me interesserebbe sapere se avete dati in merito all'occupazione che sviluppano i vari settori che avete indicato nel vostro prospetto relativamente alle fonti rinnovabili e quali, a vostro giudizio, sono i più promettenti anche nella prospettiva di uno sviluppo di filiere italiane. A mio avviso, infatti, l'unica ragione per cui occorre ed è importante guardare all'esempio della Germania non è per come hanno regolato gli incentivi, ma per la capacità che hanno avuto di sviluppate una filiera tedesca, mentre noi stiamo sviluppando, in particolare sul fotovoltaico, ma anche sull'eolico, capacità di impiantare gli impianti, perdonatemi gioco di parole, con l'importazione dall'estero di gran parte della componentistica. Questo, porta, peraltro, anche questi enormi incentivi, di cui voi stessi avete dato conto, a finanziarie in realtà
manodopera all'estero. Avere, quindi, un quadro chiaro su questo per me è molto importante.
Vorrei anche sapere se non ritenete che, nell'ambito della revisione del sistema di incentivazione, debba essere maggiormente incentivato, proprio in questa logica di maggiore sviluppo di filiere italiane, non il settore delle rinnovabili elettriche, ma quello delle rinnovabili termiche. Vorrei sapere se vi è possibile anche fornirci un quadro dell'estensione degli impianti di potenza, in particolare rispetto al fotovoltaico, cioè gli impianti più importanti da un punto di vista di produzione energetica, e anche sapere dove sono o dove saranno ubicati.
Infine, voi stessi avete sottolineato la crescita esponenziale delle domande che si sono ammucchiate nell'ambito del fotovoltaico: avete fatto una valutazione relativa all'impatto che su questo ha avuto la sanatoria introdotta nel decreto-legge cosiddetto «salva Alcoa»?
Per il resto, mi trovo grosso modo anche d'accordo rispetto all'impostazione che avete dato in merito alle necessità e alla modalità di rivedere gli incentivi. A oggi sarei anche favorevole a un tetto. Questo magari non darà infatti grande certezza agli investitori, ma ne dà ai cittadini con la bolletta.
RAFFAELLA MARIANI. Mi pare che l'idroelettrico sia uno dei parametri rimasti più stabili nella valutazione temporale che avete fatto. Capisco, ovviamente, che sia uno dei settori più sfruttati. Vi chiedo, però, se in quei dati racchiudete anche il cosiddetto «miniidro», ossia tutta quella filiera che si è sviluppata nei nostri territori anche in aiuto a piccoli comuni che hanno gestito lo sfruttamento dell'energia elettrica vendendo a Enel Spa il prodotto dei loro investimenti.
Del periodo in cui Enel Green Power Spa è stata quotata in Borsa ricordo alcune dichiarazioni dell'amministratore delegato sul Corriere della Sera, con cui, proprio per dare ragione della scelta di Enel Spa di investire nel settore rinnovabili, si diceva che non vi era assolutamente il pericolo né di speculazioni né di bolle finanziarie in un settore come quello, che era molto controllato nei vari terminali, e quindi anche sicuro in termini di garanzia degli investimenti futuri. Mi domando se, alla luce di quello che è accaduto nell'ultimo mese e mezzo, anche con riferimento al nostro parere sullo schema di decreto legislativo sulle rinnovabili e al decreto correttivo sulla partita del fotovoltaico, se non fosse stato meglio che anche Enel Spa desse il proprio contributo a monte prima che fosse messo a rischio un settore industriale molto ampio. È inutile dire, al di là delle polemiche, che prima la brusca frenata e poi il
cambio di rotta da parte del Governo sulla materia delle rinnovabili hanno innescato meccanismi di apprensione e di incertezza reali fra gli imprenditori del settore e credo che questo sia il
principale problema che abbiamo davanti, non quello della speculazione sugli investimenti nelle rinnovabili.
Vorrei da voi anche alcune precisazioni riguardo al costo in bolletta. Avete riferito che vi sarà un aggravio per i cittadini provocato dall'aumento degli incentivi alle rinnovabili da solare fotovoltaico, ma io credo sia giusto allora conoscere la misura di tutta la partita del costo in bolletta per il cittadino di tutti gli incentivi, non in riferimento esclusivamente alla partita fotovoltaico. E su questo mi piacerebbe sapere quali siano i vostri dati e quale sia la vostra opinione.
Infine, sulla geotermia, che nel nostro Paese è prevalentemente concentrata nella Toscana e che, come voi avete detto, riguarda una tecnologia prevalentemente se non esclusivamente di Enel Spa, segnalo che questo settore richiederebbe investimenti e tecnologie anche per ulteriori sfruttamenti per livelli e filiere più piccole. In proposito, vi domando se in questo senso vi è una disponibilità di Enel Spa a fare ulteriori investimenti per aumentare la possibilità che i cittadini possano continuare a investire nei territori dove ci sono queste opportunità.
ROBERTO TORTOLI. Vorrei maggiori precisazioni a proposito degli usi diversi del geotermico. Vedo nel prospetto che si fa riferimento a cicli innovativi a bassa entalpia e all'integrazione con altre fonti rinnovabili, solare e biomasse, ma anche che l'area di interesse sono Nord America e Cile: vorrei sapere se ci sono da parte di Enel Spa ipotesi di investimenti anche nel nostro Paese.
Relativamente all'idroelettrico, vorrei sapere se è in possesso di Enel Spa, a prescindere dalla possibilità di utilizzo o meno, il dato nazionale di potenzialità anche non sfruttata dell'idroelettrico.
ARMANDO DIONISI. Anzitutto vorrei capire meglio quanto sui consumi incide il solare, quanto il geotermico, la biomassa, l'eolico e l'idroelettrico per avere un quadro più chiaro della situazione. Credo, peraltro, che anche a livello mondiale sia di molto aumentato l'uso dei combustibili fossili, del petrolio, del gas e mi pare che l'eolico e il solare incidano solo per 1,8 per cento rispetto al fabbisogno complessivo.
L'altra questione che vorrei porre riguarda il fatto che sicuramente bisogna andare a una graduazione degli incentivi perché negli ultimi anni si è prodotto un sistema drogato. Abbiamo avuto, infatti, una grande redditività delle imprese che, stando ai dati ufficiali, sono passate dal 2007 a oggi dal 7 al 20-22 per cento, qualcuno ipotizza anche il 40 per cento di redditività, nonostante che i costi siano di molto diminuiti. Credo, anche relativamente alla vicenda dell'occupazione, non abbiamo avuto un sistema che ha coinvolto l'impresa italiana. Il grande vantaggio è stato, infatti, appannaggio di assemblatori e montatori, ma non abbiamo un'industria che produce pannelli e, soprattutto, un'industria che investe nella ricerca perché ormai produciamo pannelli a basso costo.
L'altro vantaggio enorme che si è determinato è soprattutto sulla rendita fondiaria. Abbiamo terreni di poco valore che oggi hanno, invece, assunto un valore enorme. Credo che queste siano questioni sulle quali ragionare con molta determinazione, ma soprattutto vorrei capire meglio che impatto avrà sulla bolletta dei cittadini il costo del fotovoltaico.
PRESIDENTE. Siccome non c'è tempo per rispondere a tutte le domande, suggerirei di procedere con una brevissima replica e la possibilità di inviarci risposte dettagliate per iscritto che allegheremo agli atti dell'audizione.
FRANCESCO STARACE, Amministratore delegato di Enel Green Power Spa. Ci siamo divisi i compiti. Io risponderò subito ad alcune domande che si prestano a una risposta dialettica. Per quello che riguarda dati e cifre, è più opportuno inviare una risposta scritta.
Sul tema menzionato dall'onorevole Realacci e, mi pare, dall'onorevole Mariani della quotazione in Borsa di Enel Green Power Spa rispondo che si, la quotazione
è andata bene. Il piano strategico che abbiamo presentato aveva cominciato già a far salire il titolo, che ha continuato a salire anche alle viste della volatilità che si è innescata nelle materie delle commodity petrolifere a seguito delle vicende del Medio Oriente. Il terremoto in Giappone è arrivato alla fine di un trend già partito e non vediamo una connessione, almeno immediata, tra quello che succede nel mondo nucleare e quello che succede nel mondo delle rinnovabili. Come ho avuto occasione di dire più volte, sono orizzonti temporali fortemente sconnessi tra di loro: le rinnovabili investono adesso in tante piccole e numerosissime opportunità di investimento; il nucleare è un investimento molto in là nel tempo in pochi grandi impianti. Si tratta di due flussi di investimento tra di loro molto lontani. È molto giornalistico il tema dell'alternativa tra le due
realtà, mentre gli esperti del settore sanno che non c'è un legame.
Per quanto riguarda il tema della bolla speculativa, le attuali valutazioni sul mondo delle rinnovabili le vedono in una crescita abbastanza tranquilla. Noi abbiamo guadagnato il 25 per cento da quando ci siamo quotati, ma vi ricordo che ci siamo quotati alla parte bassa della valutazione, quindi abbiamo recuperato quello che era giusto recuperare. Crediamo che ci siano tutti gli estremi per una continua crescita abbastanza armonica.
È inevitabile verificare che nel mondo delle rinnovabili l'attenzione al costo diventerà un Leitmotiv, e quindi inevitabilmente soggetti poco competitivi, per dimensioni o per poca capacità di competere, avranno qualche contraccolpo. Questo purtroppo fa parte del mondo dell'industria, non possiamo farci granché e credo che sia un bene perché in questo modo si abbatte il costo.
All'onorevole Mariani, rispondo che nei dati forniti era incluso anche il «miniidro», che ha un potenziale di sviluppo ahimè modesto, semplicemente perché da circa un secolo generazioni di intelligenti ingegneri hanno percorso i fiumi italiani e hanno fatto tutto quello che potevano. Si aggiungerà qua e là qualche megawatt, ma parliamo veramente di qualche centinaia di megawatt nell'arco di dieci anni. Lo sforzo e il potenziale maggiore nell'idroelettrico, invece, risiede nei rifacimenti: abbiamo un patrimonio di circa 20.000 megawatt in questo Paese che è l'origine dell'industria italiana e che necessita di continua messa a nuovo per produrre di più a parità di megawatt. Questo è un fatto che sfugge ai più.
Sulla geotermia confermo che siamo impegnati anche nella ricerca nell'ibrido, quindi nell'accoppiamento tra geotermia, fonte solare termica e fonte biomassa. In fondo, si tratta di origini che utilizzano il calore per generare energia elettrica, quindi se questo viene dal fondo della terra o dall'alto del cielo basta essere in grado di gestire le due cose insieme e si riesce. Su questo stiamo investendo e siamo i primi al mondo a farlo. Confermo, inoltre, che investiremo in Italia nella geotermia durante l'arco di questo piano circa 600 milioni di euro sia per impianti nuovi sia per continuare a mantenere esercizio impianti esistenti. In Italia porteremo tecnologie che oggi non ci sono, sostanzialmente cicli binari, quindi esiste, sì, uno sviluppo potenziale nella geotermia ancora molto importante.
SIMONE MORI, Responsabile della Direzione regolamentazione e ambiente di Enel Spa. Rispondo all'onorevole Realacci sulle reti intelligenti e sugli allacci confermando che i dati sono quelli che forniamo alle autorità, quindi ufficiali. È ovvio che siccome parliamo di decine di migliaia di operazioni a settimana, uno 0,5 per cento di operazioni fuori standard comporta un numero che noi tutti vediamo, ed è evidente che questo indica un problema di processo, però il processo complessivamente sta funzionano molto bene.
Quanto alle reti intelligenti, certamente la capacità di essere leader nel campo dell'innovazione sulle reti è per noi una sfida decisiva, sia come impresa sia come Paese. L'Italia è particolarmente avanzata, siamo il primo Paese al mondo ad aver installato 30 milioni di contatori elettronici,
siamo leader nei progetti internazionali ed europei con un'impresa coreana per lo sviluppo delle smart grid, ossia quel sistema di reti intelligenti che consentono di far funzionare in modo perfettamente efficiente e integrato le fonti rinnovabili nell'ambito di una rete molto complessa.
Quanto alla questione cap sì cap no, le perplessità dell'onorevole Realacci sono assolutamente comprensibili. È molto difficile gestire una lista d'attesa con un cap, è ovvio che servono strumenti diversi da quelli di oggi, servono strumenti di impegno economico finanziario, fideiussioni, depositi cauzionali, impegni a realizzare un investimento, serve un'attività di verifica che il GSE e le imprese di distribuzione sono disposte e pronte a fare al momento dell'allaccio dell'impianto.
All'onorevole Mariani che in sostanza ci chiedeva perché non abbiamo esposto per tempo i problemi dico che purtroppo, in questo mondo è molto difficile capire cosa sta avvenendo in termini di numeri. Oggi abbiamo richieste di connessione alla rete del fotovoltaico per oltre 26.000 megawatt. Capire quante sono quelle vere è per noi praticamente impossibile. Rispondo, inoltre che sì, il decreto-legge «salva Alcoa» è responsabile di quasi 4.000 megawatt perché ha prodotto un incentivo oggettivo e quindi una spallata al sistema. È per questo che diciamo che fintanto che il livello di incentivi non sia portato in equilibrio con l'effettiva redditività ragionevole di questi progetti, riteniamo che se non c'è un cap rigido, qualunque vincolo sarà sfondato come è avvenuto con il decreto-legge «salva Alcoa».
Infine, sulla questione «quanto costano le rinnovabili» rispondo che ad oggi, secondo l'Autorità per l'energia elettrica e per il gas, che ha appena aggiornato le tariffe, le rinnovabili in generale costano 6 miliardi di euro all'anno.
ERMETE REALACCI. Chiedo scusa, sono 6 miliardi se ci mettiamo tutta la parte A3, perché altrimenti il costo è meno della metà. Invito quindi a fare attenzione perché su questi temi non si può continuare a dire sciocchezze!
SIMONE MORI, Responsabile della Direzione regolamentazione e ambiente di Enel Spa. Ha ragione, onorevole Realacci, faccio una specificazione tecnica: in questo momento ci sono le fonti rinnovabili e le cosiddette fonti assimilate. Però dico anche che i 6 miliardi di euro all'anno che oggi si raccolgono complessivamente sono, a detta dell'Autorità, ma noi condividiamo, ampiamente incapienti rispetto all'esigenza e al fabbisogno tariffario che sta evolvendo sulla base di quello che vediamo sul Conto energia, quindi nei prossimi dodici mesi sarà un numero destinato ad aumentare ulteriormente.
Quanto alla questione posta dall'onorevole Bratti della revisione del PAN, dico che di fatto è stato già rivisto. Se infatti raggiungiamo domani gli 8.000 megawatt, la posizione che anche noi stiamo proponendo di un cap annuale intorno ai 2.000 megawatt ci porterebbe a un livello di fotovoltaico al 2016, a conti fatti, pari a circa 20.000 megawatt. Ciò significa arrivare al 2020 con il triplo del fotovoltaico previsto in PAN, quindi il PAN di fatto è sostanzialmente già superato.
PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di Enel Spa, scusandomi per i tempi ristretti nei quali hanno dovuto contenere la loro replica. La Commissione rimane in attesa di una nota, contenente le integrazioni alle risposte fornite nel corso dell'audizione, di cui autorizzo, fin d'ora, la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato 2).
Dichiaro conclusa l'audizione.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione
di energia da fonti rinnovabili, l'audizione di rappresentanti di Edison Spa.
Sono presenti l'ingegner Potì, direttore centrale dello sviluppo, l'ingegner De Sanctis, direttore fonti rinnovabili, il dottor Nunzio Ferrulli, responsabile dei rapporti con il Parlamento, e la dottoressa Lucia Caltagirone dell'ufficio stampa.
Vi chiederemmo un primo intervento molto rapido per lasciare il tempo ai colleghi di rivolgere domande e per la vostra replica. Nell'autorizzare, quindi, la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata (vedi allegato 3), do subito la parola all'ingegner Potì.
ROBERTO POTÌ, Direttore centrale dello sviluppo di Edison Spa. Buongiorno, saremo abbastanza concisi. La documentazione consegnata alla Commissione illustra il nostro punto di vista sulla politica ambientale e sul contenimento della CO2 non solo ristretto al decreto legislativo attuale e al dispositivo particolarmente attuale del fotovoltaico.
L'obiettivo internazionale del contenimento della CO2 al 2050, i famosi 450 ppm (parti per milione), in realtà non è raggiungibile, secondo le previsioni dell'Agenzia internazionale per l'energia, soltanto attraverso l'utilizzo delle fonti rinnovabili, ma anche attraverso altri sistemi e, in particolare, l'efficienza energetica e l'utilizzo del combustibile, quindi il fuel switch o il passaggio da combustibili ad alta emissione di CO2 a combustibili a minor emissione di CO2.
A pagina 3 della documentazione di presentazione sono riassunti gli obiettivi dell'Unione europea per il «20/20/20» e la declinazione italiana. Abbiamo inserito un'interpolazione tra quanti milioni di tonnellate equivalenti di petrolio erano utilizzate nelle varie fonti rinnovabili nel 2005, quelle per il 2020, e quelle raggiunte al 2010 e siamo quasi a metà del percorso: siamo, infatti, a circa 10,7 milioni tonnellate equivalenti e a circa l'8,2 per cento della produzione da fonti rinnovabili rispetto ai consumi finali su un 17 per cento che, invece, è il target.
Devo dire, comunque, che c'è stato un incremento molto rilevante soprattutto per quanto riguarda il settore elettrico, così almeno ci consta, mentre sono un po' in ritardo soprattutto gli interventi nel settore del calore e del condizionamento, quindi gli interventi del risparmio energetico anche per quanto riguarda l'aspetto del residenziale.
Per quanto riguarda lo specifico settore elettrico, il piano nazionale (PAN) prevede una produzione aggiuntiva di circa 31 terawattora al 2010, da realizzare prevalentemente attraverso eolico, biomasse e fotovoltaico, con un incremento - in termini di capacità installata - di circa 14.000 megawatt di rinnovabili addizionali. In questa percentuale, come sapete, la parte eolica e la parte idraulica purtroppo non avranno una grossa partecipazione perché il potenziale idroelettrico è stato abbastanza sviluppato. Questo per quel che riguarda il raggiungimento dell'obiettivo del più 17 per cento di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale di energia.
Per quanto riguarda l'obiettivo della riduzione del 20 per cento delle emissioni dei gas serra - come vedete a pagina 6 della documentazione consegnata -, abbiamo proceduto alla seguente semplificazione: sappiamo che gli obiettivi non sono nazionali, ma europei, però simulando che l'Italia debba mantenere l'obiettivo europeo per se stessa, quindi fare né più né meno di quello che ognuno dovrebbe fare, noi dovremmo passare per i settori coinvolti nello schema di emission trading (EU-ETS) dai 225 milioni di tonnellate di CO2 del 2005 ai circa 177 del 2020.
A pagina 7 c'è la simulazione del consuntivo al 2005 della produzione di CO2 dovuta al settore termoelettrico, quello che al 2010 sarebbe la crescita tendenziale, inerziale, e quale la riduzione necessaria per tornare al famoso obiettivo del 20 per cento di riduzione: noi saremmo al 2020 a circa 185 milioni di tonnellate di CO2 equivalente come emissione del termoelettrico
italiano a fronte di un obiettivo, sempre al 2020, di 116 milioni di tonnellate di CO2 equivalente.
Quanto agli strumenti che abbiamo per ridurre le emissioni nella produzione di energia elettrica, essi sono: l'efficienza energetica, le fonti rinnovabili e, a nostro avviso, il maggior utilizzo del gas nella produzione termoelettrica. Quest'ultimo aspetto, che non fa parte ovviamente del decreto legislativo in questione, è però rilevante. Abbiamo una capacità di turbogas già installata e sottoutilizzata. Gli impianti viaggiano al 35-37, in rari casi al 40 per cento della capacità, quindi non richiedono un addizionale investimento. Inoltre, sono ormai collegati alla rete. C'è una politica nazionale del gas e quindi di infrastrutture di importazione e, come vedete dal grafico, il potenziale massimo di riduzione della CO2 dovuto semplicemente al fuel switch, dal carbone al gas, fino al 2020 ci darebbe una riduzione pari al doppio delle rinnovabili e ben oltre il risparmio energetico.
Nella nostra visione, quindi, della riduzione della CO2 non ci sono solo risparmio energetico e rinnovabili, ma anche il fuel switch sul gas. Tra l'altro, si tratta di impianti a massima efficienza, che quindi di per sé raggiungono gli obiettivi.
Passiamo ora specificamente alle fonti rinnovabili. La storia della Edison Spa, ovviamente, comincia con l'idroelettrico agli inizi del Novecento. A oggi abbiamo circa 12.500 megawatt di capacità installata e già il 17 per cento di capacità installata da fonti rinnovabili tra centrali idroelettriche, impianti eolici, impianti fotovoltaici e impianti a biomasse. Sono distribuite un po' al sud e al nord secondo le varie specificità di territorio e tecnologie. Abbiamo, dunque, un'esperienza sulle varie fonti rinnovabili.
Per quanto riguarda il decreto legislativo n. 28 del 2011, quello del quale ci stiamo interessando da un po' di tempo, riteniamo che questi siano i principali aspetti che esso affronta: il recepimento della direttiva europea; la semplificazione delle procedure di autorizzazione; la stabilità del quadro regolamentare dal punto di vista normativo; la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, quindi la limitazione della dipendenza energetica; il contenimento dei gas serra; l'efficienza energetica; la facilitazione all'accesso delle reti degli impianti da fonti rinnovabili.
È stato poi inserito un principio di flessibilità per quanto riguarda sia i rapporti con gli Stati membri dell'Europa, per cui può esserci uno scambio delle fonti rinnovabili in eccesso, sia con i Paesi terzi, che invece prevede uno scambio fisico. Infine, esiste un'attività dell'Energy community affinché si sviluppino i potenziali nei Balcani. Per l'Italia è particolarmente importante perché i Balcani sono collegabili elettricamente a noi attraverso le interconnessioni che Terna sta predisponendo sull'Adriatico.
A pagina 11 della nostra nota descriviamo le criticità e i suggerimenti che vorremmo dare. Innanzitutto, il decreto legislativo nel suo complesso riguarda una parte che serve per la transizione dai certificati verdi alla nuova normativa incentivante nel lungo periodo. Devo dire che, con una certa sorpresa, mentre eravamo preparati a discutere di decreti attuativi, si è innestato il discorso del fotovoltaico che sta attirando l'attenzione in questi momenti. In ogni caso, il decreto legislativo, così come strutturato, non è assolutamente efficace se non si definisce la tariffa a regime per l'eolico, per le biomasse, per l'idroelettrico. Ci sono numerosi investimenti avviati e bloccati perché non si conoscono i decreti attuativi e, quindi, la definizione economica del loro rendimento.
In particolare, si dovrebbe definire, per il dopo 2013, la tariffa per tipologie di intervento per quanto riguarda le tecnologie e la taglia, il periodo dell'incentivo - è scritto - pari alla vita media utile per ogni impianto (20, 15 o 25 anni, ancora non è stato definito), la soglia di potenza al meccanismo delle aste. Qui faccio un piccolo inciso: le aste sono corrette dal punto di vista teorico, ma l'applicabilità, a nostro avviso, è molto critica. Ad esempio, si realizzano impianti, si ottengono le
autorizzazioni, ma non si riesce a partire con gli investimenti perché tutto sarà collegato all'asta. Negli iter autorizzativi, allora, raccomanderemmo di creare dei princìpi fideiussori per dare delle garanzie agli incentivi, ma se si è soggetti all'esito dell'asta, tutto si complicherà.
Peraltro, a nostro giudizio, si tratta di un meccanismo molto complicato che si presta in Italia a ricorsi: ci sarà, quindi, un'aggiudicazione, dei ricorsi e si bloccherà tutto. Questo principio teoricamente efficiente di fatto ritarderà lo sviluppo di tutti gli impianti soggetti all'asta.
ALESSANDRO BRATTI. Mi scusi, le risulta che ci sia l'applicazione in Europa o da qualche parte di un sistema del genere di quello delle aste che funzioni?
ROBERTO POTÌ, Direttore centrale dello sviluppo di Edison Spa. Vorrei presentare l'ingegner De Sanctis, presidente di Edison Energie Speciali Spa, la nostra società delle fonti rinnovabili, e il dottor Ferrulli degli affari istituzionali. Alcune risposte potranno fornirle loro.
Ancora in merito all'asta, non è definito il floor, quindi questo meccanismo, che poi sarà un cap e floor, non so bene, deve essere messo a punto e io credo che anche chi deve gestirlo, ossia il GSE, abbia le sue preoccupazioni. Prima di parlare del fotovoltaico, quindi, concentriamoci sul decreto legislativo «madre», che è quello che deve definire il transitorio dai certificati verdi alle tariffe.
Per quanto riguarda le procedure autorizzative, per le quale sono state date le Linee guida alle regioni - e questo è già un passo avanti - vorremmo che questi impegni da parte delle regioni con il Governo sia abbastanza definito, che quindi questo burden sharing sia condiviso da ogni regione in modo che queste, nei propri piani di autorizzazione non solo delle fonti rinnovabili ma anche delle reti di collegamento a media tensione e ad alta tensione, tengano presente il burden sharing che spetta loro. È, inoltre, difficile stabilire un premio, una penalizzazione oppure il subentro del Governo centrale, laddove le regioni nei 180 giorni non venissero fuori con il processo autorizzativo.
A nostro avviso dovrebbe esserci poi una soglia di ingresso all'iter autorizzativo per limitare gli oltre centomila megawatt di autorizzazioni, che poi è quello che è stato fatto nel noto decreto «sbloccacentrali» per gli impianti a cicli combinati. A un certo punto l'onerosità, che altro non era che il pagamento dei costi di istruttoria da parte delle strutture pubbliche, in qualche modo fa da filtro fra chi prova ad aprire dei procedimenti autorizzativi e chi, invece, è veramente intenzionato a fare i progetti. Tutto questo non riguarda solo il solare, ma tutte le fonti rinnovabili.
Procedendo sugli incentivi del fotovoltaico, l'ultima attualità e urgenza, siamo d'accordo, ovviamente, con un graduale decremento degli incentivi con allineamento al benchmark europeo, tenendo conto però delle peculiarità italiane, ossia la lunghezza dell'iter autorizzativo, la sicurezza degli investimenti e direi anche il costo del denaro. Diverso è il costo del denaro in Germania, infatti, per questi investimenti, che sono capital intensive, da quello in Italia. Del resto i Bund tedeschi e i nostri BTP hanno differenti rendimenti.
Vorremmo, inoltre, introdurre meccanismi di correzione automatica degli incentivi. Se quello annuale da autorizzare è, ad esempio, un gigawatt, e verifichiamo che attraverso questi meccanismi si è fatto un gigawatt e mezzo, evidentemente significa che la tariffa può essere ridotta; se invece sono 500 megawatt, bisogna avere un correttivo in aumento.
Abbiamo, inoltre, tre specifiche richieste. Vorremmo incentivare l'utilizzo delle fonti del solare fotovoltaico per l'autoconsumo, ovvero laddove ci sono delle applicazioni di efficienza energetica abbinate al fotovoltaico, i tetti dei capannoni di amianto e quant'altro, quindi con un indice superiore al 70 per cento di autoconsumo, dovrebbe esserci un forte godimento di incentivi. Inoltre, pensiamo che sarebbe giusto incentivare il residenziale più omogeneamente tra nord e sud, per cui, stabilito un incentivo per un numero di ore
superiore a quello del nord, 1000 ore l'anno di insolazione, bisognerebbe concedere un incentivo abbastanza omogeneo sul territorio nazionale. Certo, il sud avrà il vantaggio di poter vendere più energia elettrica, ma non si ribalterebbe l'incentivo nell'ambito del contenimento dei costi automaticamente lì dove ci sono più ore di insolazione. Dove ci sono, invece, più ore di insolazione, bisognerebbe realizzare gli impianti di potenza, incentivando così nelle aree idonee. Il famoso progetto Desertec si realizza nel nord Africa perché i tedeschi pensano agli impianti di potenza lì per distribuire l'energia in Germania. In questo senso, io penserei che alcuni impianti si possano fare al sud della Sicilia o della Puglia e trovo sbagliata la polemica sulle centrali di potenza perché, ripeto, penso che alcuni impianti ha senso farle, sempreché, ovviamente, rientrino nella pianificazione territoriale
delle regioni.
Le principali leve, dunque, per contenere la CO2 sono per noi l'efficienza energetica, le fonti rinnovabili e il maggior utilizzo del gas nel parco termoelettrico esistente, ovvero non procedere ad altri investimenti. Se, come sento, si parla di un volume complessivo economico di incentivi, bisogna stare attenti a non dedicarli solo a una fonte. Adesso si parla del fotovoltaico, non vorrei che si scoprisse che tra poco non ci sono più le disponibilità per il fotovoltaico, per le biomasse o per l'idroelettrico. L'ultima leva è data, infine, dagli impianti da incentivare per l'autoconsumo, la media e piccola taglia e quelle di potenza solo in certe regioni.
Infine, vi riporto una'idea di Edison Spa che so suscitare alcune critiche: ricordiamo che questi incentivi pesano sulla tariffa elettrica, ma servono a sviluppare una fonte energetica che riduce la CO2. Abbiamo delle aste sulla CO2, quindi esiste effettivamente un'economia basata sui certificati di CO2: se una parte di questo ricavo fosse rivolta agli incentivi sulle rinnovabili, non aumenteremmo il costo dell'energia, utilizzando invece esattamente la penalizzazione della CO2, che è l'obiettivo dello sviluppo delle rinnovabili. Nei capitoli di spesa del Governo italiano saranno già stati destinati ad altro, ma la razionalità vorrebbe che si incentivassero le rinnovabili attraverso il costo della CO2.
Rimaniamo a disposizione per le domande.
PRESIDENTE. Do ora la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.
ELISABETTA ZAMPARUTTI. Nel vostro prospetto documentate un apporto delle rinnovabili sui consumi finali dell'8,2 per cento: a me interessa sapere se avete dei dati rispetto all'apporto ai consumi finali delle singole voci relative alle rinnovabili, quindi solare, geotermico, biomassa, eolico e idroelettrico.
GUIDO DUSSIN. Mi interesserebbe sapere se siete favorevoli a spalmare gli incentivi in un arco temporale più lungo affinché si abbassi la quota in bolletta, dato che anche per l'importanza del vostro gruppo ritengo che la vostra opinione possa contribuire ad orientare il Governo nelle sue scelte?
Mi resta qualche perplessità sul discorso delle aste, ma soprattutto su quello delle centrali nel sud. Con tutto il mondo dell'agricoltura troveremmo, infatti, dei conflitti. Penso che sia più corretto rimanere nell'ambito di quello che avevamo già scritto col parere di individuare particolare aree dedicate agli impianti di potenza. Diversamente, per quello che ho sentito dire, ci sarà comunque un conflitto in Parlamento.
ALESSANDRO BRATTI. Siccome sono molto d'accordo sul tema mix rinnovabili-gas, ci spiega il motivo del perché oggi c'è questo sottoutilizzo del gas, che non riguarda, peraltro, solo la vostra società? Ho visto, infatti, anche l'andamento del funzionamento di alcuni impianti a cicli combinati. Ho visto l'andamento di alcuni, uno piccolissimo di Hera Spa piuttosto che quelli dell'Eni Spa ma mi sembra che, al di là del fatto che viene utilizzato il funzionamento delle centrali nel momento in cui il prezzo è più favorevole - con
questi sistemi si riesce a fare perché sono molto flessibili - resti importante capire le motivazioni di questo grande sottoutilizzo. Oltretutto, oggi il gas ha avuto una ripresa grazie anche alle nuove tecnologie in termini di stoccaggio per l'utilizzo molto interessante rispetto al passato.
PRESIDENTE. Do la parola ai rappresentanti di Edison Spa per la loro replica.
ROBERTO POTÌ, Direttore centrale dello sviluppo di Edison Spa. Rispondo parzialmente alla domanda dell'onorevole Zamparutti dicendo che per quanto riguarda l'elettricità il dato fornito è un consuntivo 2010, quindi siamo sicuri di questo; per quanto riguarda, invece, la parte relativa al calore e ai trasporti, è una stima ricavata dal PAN. In ogni caso, possiamo provvedere una lista dettagliata secondo le nostre fonti in modo da fornirvi il quadro generale.
Per quanto riguarda la localizzazione di impianti di potenza al sud, non ci riferiamo alle zone agricole. Vorremmo che ci fosse una pianificazione territoriale da parte delle regioni e fossero indicati i terreni idonei per questi impianti, dopodiché mi sembra ovvio che è meglio realizzare un impianto di potenza laddove le ore di sole sono maggiori, senza invadere i terreni idonei per l'agricoltura. Ci sono, infatti, anche terreni industriali disponibili.
Quanto al décalage delle tariffe - come avete visto non abbiamo fornito nessun numero - semplicemente vorremmo che non fossero penalizzati gli impianti di potenza, non che fossero incentivati.
Per quanto riguarda la spalmatura degli incentivi, in principio abbiamo partecipato al discorso in Confindustria. I fornitori di impianti solari fotovoltaici hanno identificato la grid parity al 2017, io ho una perplessità personale: dovremmo ritrovarci nella condizione che alla fine del 2016 il fotovoltaico, che oggi è la più cara fonte rinnovabile, non abbia più incentivi. Al 2016, invece, eolico e quant'altro, che oggi sono meno cari, dovrebbero continuare ad avere degli incentivi. E questa è effettivamente una situazione nuova.
Ora, noi siamo d'accordo a spalmare in un tempo maggiore: se, però, veramente ci fosse il breakthrough tecnologico, per cui al 2017 si raggiunge la grid parity, cioè la parità del costo, perché dare gli incentivi? Se questo è vero, va bene il sistema così fino al 2017; se questo, invece, non lo è, verosimilmente, così come anche le altre fonti rinnovabili, dopo il 2017 avranno gli incentivi, sarà necessario farlo a parità però di spesa complessiva per il sistema.
Per quanto riguarda il sottoutilizzo del gas, va considerato innanzitutto il costo della CO2. Bisogna dare, allora, un segnale. Sapete, per esempio, che in Inghilterra si ha un battente sul costo della CO2, alcuni parlano di carbon tax o simili. In secondo luogo, l'Italia è vittima dei nuovi progetti: per sanzionare dei nuovi progetti si devono fare dei contratti di gas di lungo termine, che sono vincolati nei volumi e nella revisione prezzi legata all'olio. Nel prezzo spot, invece, non è più così. Naturalmente, nessuno costruisce un impianto di rigassificazione sulla base dei prezzi spot, deve avere un contratto di lungo termine.
Quello che stiamo facendo, quindi, come operatori gas è cercare di svincolare l'indicizzazione con l'olio, ma se non ci sarà un forte segnale sul costo della CO2, non ci sarà un'inversione di tendenza verso le tecnologie a minor emissione.
Inoltre, io ho profilato lo scenario fino al 2020, ma dopo la CCS (Carbon Capture and Storage) deve avere un segnale di CO2 molto importante, altrimenti non avremo mai impianti a carbone con la CCS: non sarebbe nient'altro che uno spot pubblicitario. A nostro avviso, quindi, deve esserci una politica del prezzo della CO2 che incentivi fino al 2020 lo switch sul gas visto che gli impianti esistono già e in seguito verso quelle fonti che possono avere beneficio dalla cattura e dal sequestro della CO2.
PRESIDENTE. Ringrazio, a nome dell'intera Commissione, i rappresentanti di Edison intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili, l'audizione di rappresentanti di Sorgenia Spa.
Oltre all'ingegner Orlandi, amministratore delegato, è presente anche la dottoressa Romiti, responsabile delle relazioni istituzionali.
Ringrazio tutti per la presenza e, nell'autorizzare la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata (vedi allegato 4), do subito la parola all'ingegner Orlandi.
MASSIMO ORLANDI, Amministratore delegato di Sorgenia Spa. Grazie, innanzitutto, dell'opportunità che ci è stata offerta di partecipare a questa audizione parlamentare. Sorgenia Spa ha un impegno robusto nel mondo delle rinnovabili. Dico questo anche per evidenziare che le considerazioni che farò muovono non solo da convinzioni personali, ma anche da scelte industriali che abbiamo fatto e che vogliamo continuare a fare.
In particolare, da qui al 2016 abbiamo un business plan che prevede di investire mezzo miliardo di euro nel mondo delle rinnovabili, sia solare sia eolico. L'importante chart che vedete riassume il cosiddetto piano nazionale e evidenzia un dato che per vostra comodità abbiamo messo nel rettangolo al centro della slide: pur essendo ottimisti, e io, francamente, non lo sono, circa la possibilità che il Paese riesca a ridurre i consumi di energia primaria anche nel settore del calore e dei trasporti, al mondo elettrico rimarrebbero da sviluppare addirittura circa 40 miliardi di chilowattora di rinnovabili aggiuntive rispetto a quelle che sono state disponibili fino all'anno scorso. Si tratta di un numero importante, come lo è il fatto che sia energia rinnovabile nuova e non da impianti esistenti. Quando parleremo di cifre, vedremo quanto sia rilevante sottolineare anche questo aspetto.
Nella chart successiva è illustrato un concetto fondamentale, che purtroppo si dimentica spesso: gli obiettivi dati dall'Unione europea finiranno per avere un costo per chi consuma elettricità, quindi per i clienti finali. Questo è un elemento fondamentale, non possiamo illuderci che così non sarà e credo che il lavoro che state facendo anche voi in questo momento vada in questa direzione, ossia fare in modo che questo costo sia il più basso possibile, ma non possiamo immaginare che questi obiettivi si raggiungano senza pesare sulle tasche degli italiani.
Un esempio importante sono i dati relativi alla Germania. Nel grafico che vi mostriamo, ripreso dall'associazione dei produttori dell'energia elettrica tedesca, si evidenzia che in Germania, che è molto avanti in questo settore, nel 2010, la produzione di energia rinnovabile è stata di 90 miliardi di chilowattora - ricordate che noi abbiamo un obiettivo al 2020 di 40 miliardi di chilowattora da aggiungere agli attuali - e che nello stesso anno la spesa per gli incentivi alle fonti rinnovabili - in quel Paese l'energia rinnovabile è incentivata su base annuale - è stata pari a 13 miliardi di euro. Inoltre, se spalmiamo questi 13 miliardi di euro sulla domanda tedesca per vedere quanto pesano sulla bolletta dei tedeschi, scopriamo che l'anno scorso i tedeschi hanno pagato 22 euro a megawattora in più sotto varie forme, tipicamente in tariffa elettrica, per il sostegno alle rinnovabili.
La fotografia al 2015 è ancora più interessante - e in questo mondo il 2015 è domattina perché, se si inizia a fare degli investimenti nelle politiche industriali oggi, si fa fatica a vedere i risultati già a quella data - quando, con gli obiettivi che si sono dati, arriverebbero a spendere 21 miliardi di euro per incentivare più di 110 miliardi di chilowattora all'anno. Hanno un target incrementale tra 2010 e 2015 di 25 miliardi di chilowattora, che avrebbe un'incidenza sui consumi di 34 euro a megawattora.
Per darvi un riferimento, sappiate che oggi nella Borsa elettrica un chilowattora è scambiato mediamente come baseload a 65 euro a megawattora, quindi il prezzo aggiuntivo sulla parte di produzione che genera questi obiettivi è di 22 euro su 65 al 2010 e quasi 35 su 65 nel 2015 se le cose andranno come loro sperano.
Non c'è da spaventarsi, ma solo da prendere atto che, se si vuole un ambiente di un certo tipo, con delle emissioni di un certo tipo, purtroppo la produzione ambientalmente più nobile costa di più. Naturalmente, è giusto e sacrosanto cercare di minimizzarne i costi.
GUIDO DUSSIN. Quei tredici oggi in Italia quanto valgono?
MASSIMO ORLANDI, Amministratore delegato di Sorgenia Spa. Per l'anno scorso, se parliamo di rinnovabili nuove, saranno un paio di miliardi, otto o nove euro a megawattora.
FRANCO STRADELLA. Da che cosa derivano i costi in più?
MASSIMO ORLANDI, Amministratore delegato di Sorgenia Spa. Dagli investimenti. È evidente che gli incentivi possono anche essere sbagliati. Se, come ci siamo accorti recentemente, ne abbiamo di troppo generosi, il costo aumenta, inutilmente ma aumenta. Il concetto fondamentale resta però che la promozione delle rinnovabili costerà, a noi, ai tedeschi, agli inglesi, ai francesi. Non si scappa perché i costi degli impianti per fonti rinnovabili eolico e fotovoltaico magari in Italia saranno maggiori, ma più o meno son paragonabili.
Preso atto di questo, il mio consiglio è di eliminare tutti i costi indiretti. Noi abbiamo fatto una campagna fortissima, passata anche in Parlamento, per un'imposizione diversa del cosiddetto sistema dei certificati verdi, che avrebbe fatto risparmiare da un miliardo all'anno in poi. Purtroppo, è stata abbattuta in una serata. Oggi l'Autorità - vi cito i dati pubblicati da Ortis poco prima che lasciasse la presidenza - per la prima volta finalmente con una formula ha dichiarato i costi indiretti del sistema di certificato verde in 700 milioni al 2009, destinati ad aumentare.
È vano, dunque, innanzitutto, evitati sprechi. Bisogna dedicare le risorse solo agli impianti che permettono di raggiungere l'obiettivo. In ogni caso, il nuovo decreto prevede che questi costi indiretti andranno a zero entro il 2015. Abbiamo accettato che per qualche anno peseranno sulle tasche degli italiani, però almeno si è capito che son costi inutili e li si fa «spegnere» entro il 2015.
L'altro elemento essenziale è che, a fondi ridotti perché purtroppo i soldi valgono, soprattutto in questi momenti di crisi, a noi sembra veramente sbagliato non dedicarsi esclusivamente alle produzioni rinnovabili aggiuntive. A nostro avviso è sbagliato dedicare risorse per impianti che si pagano già da soli e non hanno bisogno di incentivi.
Premetto che sono convinto che i sondaggi non servano a fare le scelte, ma resta utile sapere che alla fine anche gli italiani - lo dice, appunto, un sondaggio che lasceremo alla agli atti - asseriscono espressamente di essere disposti a sacrificare anche dei soldi per avere un'attività più importante nel mondo delle rinnovabili. Qui ci sono due casi eclatanti: il 70 per cento degli italiani sostiene che è necessario puntare sulle fonti rinnovabili per ridurre la dipendenza energetica e il 75 per cento che accetterebbe anche un aumento della bolletta a questo scopo.
Il messaggio vero che vorremmo quindi trasmettervi è che quello delle rinnovabili è un obiettivo europeo, è perseguibile, costerà - anche se dobbiamo far di tutto per limitarne i costi, ma costerà: dunque, evitiamo di sprecare risorse in mille rivoli.
Sul fotovoltaico, in particolare - so che Enel Spa vi ha dato una posizione che più o meno è mutuata dalla posizione di Assoelettrica, e quindi non ve la recito, ma vi do i concetti importanti - abbiamo assistito indubbiamente a un fenomeno in larga parte inatteso e a cui bisogna porre qualche rimedio. La realtà è che fermarsi
sarebbe un errore. Adesso in qualche modo si sta cercando di evitare uno stop definitivo. A nostro avviso, però, visto che comunque soldi bisognerà spenderne, sarà utile spenderli in modo da massimizzare l'indotto, così che i soldi che il Paese investe per raggiungere questi obiettivi rimangano il più possibile in Italia e diano un contributo, come pare sia capitato l'anno scorso, al PIL nazionale, funzionino un po' da stimolo.
Per far questo abbiamo una scelta molto forte che tende a una riduzione moderata delle incentivazioni al fotovoltaico per gli impianti piccoli, soprattutto per quelli su tetti e per quelli piccoli a terra e, in generale, con incentivi più alti per gli impianti su tetti che per quelli a terra, e una riduzione molto forte, che potete vedere anche nei grafici, per gli impianti che invece sono grandi, diciamo da 20 chilowattora in su. In questo modo, innanzitutto si corre meno il rischio di inseguire affollamenti con degli investimenti molto robusti. In secondo luogo, in qualche maniera l'indotto è italiano davvero. Non è pensabile, infatti, che, se il Paese investe qualche miliardo nel mondo del fotovoltaico per impianti molto piccoli, ci sia qualcuno che si arricchisce con questi soldi stando oltre frontiera. Inoltre, se vogliamo impianti piccoli sui tetti, dobbiamo organizzarci con degli installatori locali.
La logica vera dietro la nostra posizione, che è quella di Assoelettrica, sulla tariffa nuova del quarto conto energia e il raccordo tra la tariffa esistente e quella nuova è dunque quella di puntare a favorire impianti piccoli e fra questi gli impianti sui tetti.
PRESIDENTE. Mi scusi ingegnere, la seduta dell'Assemblea sta per riprendere. Dobbiamo concludere necessariamente l'audizione. Direi che non c'è tempo per le domande, per cui le chiederemo di ritornare. La ringraziamo molto dell'esposizione.
Rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.
La seduta termina alle 15,55.
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