Sulla pubblicità dei lavori:
Margiotta Salvatore, Presidente ... 2
INDAGINE CONOSCITIVA SULLE POLITICHE AMBIENTALI IN RELAZIONE ALLA PRODUZIONE DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI
Seguito dell'audizione di rappresentanti di Sorgenia:
Alessandri Angelo, Presidente ... 2 4 5 7 8
Bratti Alessandro (PD) ... 5 6
Mariani Raffaella (PD) ... 2 4
Molinari Mario, Direttore generale di Sorgenia Spa ... 2 5 7 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La
Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 15,15.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili, il seguito dell'audizione di rappresentanti di Sorgenia Spa.
Sono presenti l'ingegnere Mario Molinari, direttore generale, e la dottoressa Roberta Romiti, responsabile azioni istituzionali. Ringrazio gli auditi per la sollecitudine con la quale hanno accolto l'invito e li invito a consegnare eventuale documentazione in loro possesso.
Do la parola all'ingegnere Molinari, direttore generale di Sorgenia Spa.
MARIO MOLINARI, Direttore generale di Sorgenia Spa. Stiamo continuando un'audizione iniziata il 6 aprile con il mio collega Massimo Orlandi, che aveva già cominciato la presentazione. Vi chiedo, quindi, come desiderate procedere. Se volete, posso riprendere alcuni dei punti già illustrati; altrimenti, se eravate presenti e avete memoria di quello che è stato detto, possiamo ripartire da dove si era fermato il mio collega, ovvero da pagina 10 della relazione che avevamo depositata nella precedente seduta, in cui indichiamo i nostri suggerimenti in merito al decreto sulle rinnovabili.
RAFFAELLA MARIANI. Alcuni di noi - io, ad esempio - erano presenti all'audizione del 6 aprile scorso, per cui preferiremmo parlare direttamente del decreto sulle rinnovabili, anche perché è in discussione proprio in queste ore e ci interessa molto conoscere il vostro punto di vista.
MARIO MOLINARI, Direttore generale di Sorgenia Spa. Bene. Le nostre indicazioni su questo tema riguardano in particolare tre punti. Il primo è relativo alla questione alla quale vi stavate riferendo, ovvero al cosiddetto «quarto conto energia»; invece gli altri due sono un po' più generali e riguardano il settore rinnovabili. In sintesi, gli aspetti importanti sono il Quarto conto energia, la garanzia di una continuità rispetto al sistema di incentivazione per il fotovoltaico, la connessione elettrica degli impianti da fonte rinnovabile e i problemi autorizzatori.
Relativamente al Quarto conto energia, la nostra idea è che sia necessario garantire una continuità per non disperdere l'interesse che si è creato intorno al settore del fotovoltaico nel mondo imprenditoriale e in quello finanziario. Noi abbiamo a cuore che sia garantita la sostenibilità di questo sistema; infatti, da operatori industriali che intendono rimanere nel settore
energetico per i prossimi cinquant'anni, affermiamo l'esigenza di una maggiore attenzione verso gli impianti di piccole dimensioni, nella convinzione che ciò possa costituire un elemento di stabilizzazione dell'intero sistema. A questo proposito, nelle pagine che tra poco illustrerò, diamo un'indicazione rispetto alla riduzione - dovuta - degli incentivi, che, secondo noi, dovrebbe essere concentrata soprattutto sugli impianti più grandi, mentre dovrebbe essere minore per gli impianti di piccola e piccolissima dimensione. Questo, a nostro parere, porta diversi vantaggi, che riportiamo a pagina 11 della nostra relazione.
Innanzitutto, gli impianti piccoli hanno, tipicamente, un indotto occupazionale più interessante, anche dal punto di vista locale; difatti, le attività per l'installazione di impianti di piccole dimensioni si svolgono soprattutto a livello locale. Inoltre, anche le attività più a valle, essenziali per l'approvvigionamento dei materiali, se gestite su piccole dimensioni, favoriscono una localizzazione più prossima di tutti gli impianti necessari, inclusi quelli manifatturieri.
Crediamo, inoltre, che il consumatore, a fronte dell'incentivo che paga in bolletta, potrebbe percepire un effettivo risparmio anche dal punto di vista dell'energia elettrica. Infatti, attualmente sono utilizzati diversi schemi che permettono di offrire impianti fotovoltaici di piccole dimensioni; noi, in particolare, ne abbiamo uno che prevede delle importanti economie per il consumatore finale.
Per di più, con l'incentivo sui piccoli impianti, la questione relativa alla quantità esorbitante di megawatt che è o dovrebbe già essere entrata in esercizio dovrebbe essere ridimensionata. Quando parlo di impianti piccoli intendo da 3, 5, 7, 10, 20 chilowatt, cioè con una grandezza tale per cui, prima di arrivare alle migliaia di megawatt di cui abbiamo sentito parlare in queste settimane, la strada da fare sarà parecchia.
Un ulteriore aspetto, secondo noi altrettanto rilevante, riguarda il mercato parallelo di autorizzazioni che si è sviluppato intorno agli impianti più grossi, che non avrebbe più ragione di esistere nel momento in cui si incentiva soprattutto l'installazione di impianti di piccole e piccolissime dimensioni.
Alle pagine 12 e 13 abbiamo riportato le modalità secondo cui riteniamo che questi principi dovrebbero essere dettagliati in proposte più precise. Non elenco tutte le proposte - che sono, peraltro, in linea con quelle che forse avrete già sentito da Assoelettrica, la nostra associazione di settore - che, nel complesso, spingono verso una significativa riduzione degli attuali incentivi per gli impianti di grandi dimensioni. Infatti, su questi ultimi, dal 2012, prospettiamo una contrazione che raggiunge il 60 per cento. Per contro, sulla base del principio di prestare maggiore attenzione agli impianti piccoli, proponiamo una riduzione del 20 per cento degli incentivi sugli impianti di taglia piccola, soprattutto per quelli sui tetti degli edifici. Riteniamo, comunque, opportuno prevedere un tetto massimo di potenza incentivabile, che abbiamo indicato in circa 2.000 megawatt all'anno.
A pagina 13 trovate la stessa proposta, sviluppata in maniera più dettagliata, con l'indicazione della riduzione degli incentivi. Non entro in tutti i dettagli, a meno che non abbiate un interesse specifico. Direi, quindi, che queste sono le nostre principali indicazioni in merito al conto energia.
Più in generale, per quanto riguarda il decreto e gli incentivi per le fonti rinnovabili in senso più lato riteniamo, prima di tutto, che sia indispensabile continuare - come si è fatto finora - un'attività di sensibilizzazione nei confronti di Terna Spa e degli operatori di reti di distribuzione affinché gli impianti necessari per il trasporto dell'energia elettrica, e quindi la connessione in rete degli stessi, siano sviluppati in tempi più rapidi e nel modo più coerente possibile con lo sviluppo degli impianti da fonti rinnovabili.
A questo proposito, vi ricordo che, purtroppo, tuttora ci troviamo una situazione non ottimale per cui impianti di produzione di energia elettrica da fonte
rinnovabile non possono essere, come si dice in termini tecnici, «dispacciati», cioè non possono produrre tutte le volte che c'è vento o sole a causa di limitazioni sulla rete di trasporto.
Infine, in merito agli iter autorizzativi, le Linee guida hanno dato, finalmente, un contributo positivo a favore della omogeneizzazione del processo autorizzativo degli impianti da fonti rinnovabili. Anche su questo aspetto è necessario, secondo noi, non abbassare la guardia poiché i tempi sono ancora molto lunghi, anche a fronte della fissazione dei 180 giorni da parte della nuova normativa. Nella nostra esperienza, infatti, difficilmente abbiamo avuto l'autorizzazione prima dei 400-500 giorni. Anzi, nelle regioni in cui abbiamo gli impianti in sviluppo abbiamo più di 1000 giorni di attesa nell'iter autorizzativo.
In conclusione, per sintetizzare i tre elementi più importanti, il sistema incentivante dovrà perseguire un principio di stabilità del quadro normativo; le connessioni alla rete, in generale, dovranno perseguire un obiettivo di riduzione dei tempi di risposta e, infine, rispetto alle procedure autorizzative, riteniamo che un contributo all'accelerazione possa venire da una semplificazione delle procedure, da un potenziamento degli uffici regionali e locali che si occupano delle procedure stesse e, non da ultimo, dall'ipotesi di introdurre un costo di apertura dell'istruttoria, come avviene già a livello nazionale, al fine di limitare i fenomeni speculativi di inizio di processi autorizzativi da parte di operatori che non sono interessati a concludere il percorso.
Questi sono i contributi che ritenevamo di darvi. Se avete domande, siamo a vostra disposizione.
PRESIDENTE. Do ora la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.
RAFFAELLA MARIANI. Intanto, vorrei ringraziarvi per il vostro contributo. Le questioni che avete proposto nella vostra relazione rispetto al Quarto conto energia sono oggetto di discussione tra i vari ministeri proprio in queste ore. Immagino, pertanto, che anche voi sarete della partita. D'altra parte, queste stesse tematiche le abbiamo ribadite anche oggi sia al Ministro dell'ambiente, che era qui poco fa, sia in Aula questa mattina, dove abbiamo sollecitato il Governo al rispetto dell'impegno che aveva preso, nella sua interezza, di fronte all'Aula della Camera dei deputati, cioè di produrre le modifiche significative al decreto entro la prima decade di aprile. Quello era, infatti, l'impegno, quindi auspichiamo che giunga velocemente una risposta.
Noi ci siamo molto concentrati sul sistema incentivante, che in questo momento compromette anche investimenti già avviati e quindi preoccupa di più il sistema delle aziende, soprattutto si quelle piccole e medie. Tuttavia, il gruppo del Partito Democratico teneva a sottolineare che i punti che avete elencato debbano essere messi sullo stesso livello. Infatti, sul tema della connessione alla rete si è fatta una grande pubblicità, soprattutto rispetto ai costi in bolletta - che, a nostro avviso, ha rasentato il «terrorismo» - ma non si sono affrontate con la stessa enfasi e con la stessa richiesta di approfondimento da parte del Governo le questioni dell'efficienza e della connessione della rete e soprattutto il problema delle procedure autorizzative.
D'altra parte, rispetto a quest'ultimo aspetto, noi che siamo nelle istituzioni ci sentiamo rivolgere quotidianamente domande perché chi deve dare l'assenso alle procedure autorizzative - lo stesso capita, per esempio, anche con il GSE (Gestore dei servizi elettrici), che non riesce a fornire chiarimenti nei tempi dovuti - sia sulla base del nuovo decreto che delle vecchie direttive, blocca tutto il sistema.
Onestamente, per tutelare tutti gli interessi in campo, ma soprattutto quelli del cittadino utente, che non deve avere il terrore di ritrovarsi sulla bolletta il carico di tutta questa operazione, e delle imprese, che stanno facendo degli investimenti e stanno creando occupazione (che, di questi tempi, è veramente oro colato), le procedure autorizzative devono essere più
chiare. Insomma, visto che non ci sono le risorse, almeno cerchiamo di lavorare per semplificare i codici anche in questo settore, come stiamo facendo per i lavori pubblici.
Per la nostra parte, ci impegniamo a portare avanti queste proposte nei confronti del Governo. Del resto, anche la rappresentanza delle grandi imprese sta discutendo su questi temi - anche se abbiamo sentito, a questo proposito, le lamentazioni di alcune società del settore delle rinnovabili che non si sentono pienamente rappresentate dalle loro associazioni di riferimento - per cui in questo momento dovremmo accendere i riflettori sui tre punti che il decreto deve regolamentare congiuntamente, ai quali occorre attribuire la stessa importanza.
In tal modo faremo un lavoro molto utile, anche in relazione allo sviluppo futuro. Difatti, questo sarà un segnale decisivo sia per chi ci guarda dall'estero, sia per chi opera all'interno del nostro Paese, cercando di sviluppare questo settore.
Se, poi, nemmeno con il Quarto conto energia il Governo riuscirà a fare chiarezza e a dare le risposte necessarie a dare stabilità e prospettive di sviluppo, ci sarà l'abbandono del settore; cosa che, dal nostro punto di vista, sarebbe un esito veramente nefasto. Spero, quindi, che si possa trovare il modo per fare di questo momento di stop politico del Governo un momento utile per trovare una soluzione positiva a tutte le questioni che abbiamo davanti.
ALESSANDRO BRATTI. Vorrei porre alcune questioni. Innanzitutto, il Governo è costretto a rincorrere, attraverso questo decreto, una serie di inefficienze a monte, che come «sistema Paese» rischiamo però di pagare in maniera salata. Si sapeva, infatti, che il mercato delle rinnovabili sarebbe stato in espansione anche nel nostro Paese; bastava seguire le politiche europee per rendersene conto. Ciò nonostante, siamo arrivati, il Governo è arrivato, molto in ritardo su molti aspetti.
La domanda che vorrei porre è questa: visto che siete operatori importanti del settore, da quanto tempo, rispetto a queste questioni, avete avuto - se mai vi è stato sollecitato - un colloquio interattivo con i ministeri competenti?
Sembra, infatti, che ci si sia svegliati improvvisamente e ci si è accorti che c'è stata una bolla speculativa. Il punto è, invece, che non avendo regolamentato a monte, quando era il momento opportuno, un mercato interessante e importante come quello delle fonti rinnovabili, si è colpevolmente dato origine ad una distorsione che adesso si è costretti ad affrontare, rischiando, qualunque cosa si faccia, di penalizzare ulteriormente la situazione. Si tratta, dunque, di un'operazione non semplice per il Governo, anche perché vi sono, tra l'altro, interessi molto configgenti.
Mi chiedo, però, ancora una volta perché questi ragionamenti non siano stati fatti nei momenti opportuni e se il Governo abbia mai sollecitato gli operatori del settore ad una riflessione comune sulle varie questioni. Ritengo, infatti, inaccettabile che il nostro Paese, anche in questa occasione, venga a trovarsi nella situazione di chi arriva sempre tardi rispetto a determinate situazioni e quindi deve rincorrerle, per poi cercare di mettere pezze su pezze, con il rischio - come diceva l'onorevole Mariani - di mettere in ginocchio uno dei pochi settori che funziona.
Torno per questo a chiedervi: da quanto tempo interloquite su queste questioni con i ministeri in maniera interattiva?
PRESIDENTE. Do la parola ai rappresentanti di Sorgenia Spa per la replica.
MARIO MOLINARI, Direttore generale di Sorgenia Spa. Per quanto ci riguarda, l'interlocuzione c'è da sempre. La nostra è una società piuttosto giovane, per quanto si sia consolidata abbastanza rapidamente. La società esiste dal 1999, quindi non posso dire che esattamente da quella data c'è stata interlocuzione; comunque, in merito alle fonti rinnovabili. Però da sempre
c'è stato un dialogo a livello sia di organizzazioni di rappresentanza, come Assoelettrica, sia della nostra azienda rispetto a queste problematiche.
Tuttavia, mi sembra che il grande tema che in questo momento preoccupa sia frutto di una situazione effettivamente contingente, cioè quella di fine anno relativa al fotovoltaico. Infatti, se guardiamo alla storia, il resto delle fonti rinnovabili ha avuto uno sviluppo in ritardo rispetto agli obiettivi, visto che, con il pacchetto 20-20-20, ci siamo impegnati a porre per l'Italia l'obiettivo del 17 per cento di produzione di energia da fonti rinnovabili.
In quel senso, alcuni Paesi si sono mossi prima dell'Italia per cercare di creare le condizioni affinché gli obiettivi fossero raggiunti. Per esempio, nella nostra relazione abbiamo citato l'esperienza tedesca, che offre, già oggi, una quantità di incentivi e di risorse messe a disposizione delle rinnovabili. Ciò in funzione dell'obiettivo che la Germania si è posta, assieme a qualche altro Paese europeo, di arrivare al 2020 con un surplus di energia rinnovabile, che - sulla base delle decisioni prese a livello di Comunità europea - sarà poi scambiabile in ragione di accordi bilaterali con i Paesi che, invece, saranno in deficit. Ovviamente, in quel caso, la questione per il Paese sarà quella di entrare nell'accordo bilaterale.
La Germania, quindi, si è posta l'obiettivo di essere in surplus entro il 2020 e sta supportandolo e gestendo questo processo, prevedendo costi significativi - oggi pesano per circa 22 euro per ogni megawattora consumato - per questo sistema e per questa attività.
Venendo alla sua domanda, non mi sembra che negli anni sia mancato un colloquio, né uno stimolo reciproco su questo tema.
Il momento critico si è evidenziato, in modo puntuale ma molto significativo relativamente al fotovoltaico, rispetto al quale è po' mancata la capacità di gestire con un adeguato anticipo il segnale che annunciava quello che stava succedendo. Infatti, a un certo punto si è scoperto che, rispetto agli 8.000 megawatt previsti per il 2020, c'erano potenzialmente 7.000 megawatt che sarebbero entrati in esercizio tra dicembre 2009 e giugno 2010. Questo è l'aspetto sul quale, forse, si poteva agire in modo diverso. Capisco che non esistono delle modalità normate per avere indicazioni e capire che cosa stava succedendo, ma, forse, qualche strumento poteva essere pensato per avere qualche informazione nel breve termine (anche se essendo successo tutto in sei mesi, non è che si poteva avere il segnale con tre anni di anticipo). Per esempio, quando si parte con un impianto si fa la dichiarazione di inizio lavori agli enti che hanno
autorizzato, per cui, se ci fosse stato qualche strumento per raccogliere e analizzare questi dati, si sarebbe potuto avere sentore che la situazione poteva prendere una deriva del genere, si poteva agire quantomeno con due o tre mesi di anticipo.
ALESSANDRO BRATTI. Quello che dite è comprensibile e poi c'è stato il decreto-legge «salva-Alcoa» che ha portato diverse altre problematiche. Però, quello che io mi chiedo è questo: è vero che ci sono grandi impianti di campi fotovoltaici da 20 megawatt che hanno fatto saltare parecchi meccanismi, ma come mai non si è riusciti a prevenire questi eventi? Come mai non si è provveduto a regolare questi fenomeni? Tenete conto che il decreto legislativo n. 387 è del 2003, sette anni fa, mentre le sue Linee guida attuative sono uscite solo sei o sette mesi fa. Forse è anche questo ritardo che ha reso possibile l'emergere, in questo lasso di tempo, di comportamenti e pratiche speculative che, se si fosse fatto un ragionamento e un intervento normativo più puntuale, potevano essere evitate. L'Assoenergia dice, per esempio, che il 50 per cento degli impianti fotovoltaici a terra, è al di sopra del livello rispetto al quale si considera medio un impianto fotovoltaico. Ma se si voleva davvero adottare una politica per privilegiare i piccoli e medi impianti fin dall'inizio, probabilmente potevano essere utili delle Linee
guida, emanate tempestivamente, che supportassero l'indirizzo verso una parte invece che verso l'altra.
MARIO MOLINARI, Direttore generale di Sorgenia Spa. Noi, da operatori del settore, abbiamo ravvisato un percorso abbastanza comune anche agli altri Paesi europei. Infatti, quasi dappertutto c'è stata una prima fase durante la quale, con l'obiettivo di stimolare lo sviluppo del settore, si sono incoraggiati anche impianti di dimensioni ragguardevoli. Questo è, del resto, il modo più semplice per fare da volano all'indotto, per creare una domanda di pannelli fotovoltaici, per stimolare un'industria e via discorrendo.
Obiettivamente, non è semplice far partire un settore con impianti da 3 chilowatt perché ciò crea una visibilità molto ridotta per chi deve fare investimenti a monte. Dunque, l'aver deciso di stimolare per un certo periodo anche gli impianti di dimensioni significativi è un percorso che ha seguito tutta l'Europa, quindi di per sé non lo considero un elemento negativo.
C'è, poi, una questione di sensibilità - che, peraltro, hanno vissuto anche altri Paesi: la Spagna ha provveduto ex post, la Germania ha avuto i suoi momenti di ripensamento e di reindirizzo degli incentivi e via dicendo - nel capire quando il sistema si è messo in moto e quando l'incentivo può cominciare a essere indirizzato in maniera più virtuosa verso impianti che, oltre a stimolare le fonti rinnovabili, abbiano anche il beneficio di salvaguardare le aree, di creare l'indotto e via dicendo.
È, quindi, veramente una questione di sensibilità, per cui si ritorna al discorso di prima, ovvero all'avere dei segnali che portano alla capacità di cogliere quei segnali che avrebbero portato potuto annunciare che il sistema andava in una direzione, che, in verità, è stata inattesa per tutti. Difatti, non c'era veramente nessuno che avesse sentore che dai 1.000 megawatt dell'anno prima si arrivasse a 7.000. Ad ogni modo, rispetto a questo aspetto, il lavoro poteva essere poteva più accurato, anche se non mi sentirei di dire che il percorso fosse mal disegnato dall'inizio perché lo hanno intrapreso tutti i Paesi europei, ovviamente con sensibilità diverse rispetto al momento per cominciare a reindirizzare il movimento.
PRESIDENTE. Visto che questa è un'indagine conoscitiva voluta da tutta la Commissione, d'accordo con il Ministro dell'ambiente, abbiamo anche l'esigenza di mettere per iscritto una sorta di documento finale che esprima esattamente i numeri. Infatti, in questo settore i numeri sono i più disparati, ognuno ha i suoi.
Proprio nell'ambito di questa indagine conoscitiva, che riguarda in particolare il fotovoltaico, vorrei porre una domanda su un aspetto su cui non si è mai ragionato fino in fondo, ovvero la questione del post mortem degli impianti. Chi vi deve provvedere e chi paga? So che ci sono delle linee guida in proposito, ma non vengono attuate.
Credo che sarebbe opportuno - lo dico a voi che siete fra i principali operatori del mercato - prevedere una quota, ovvero immaginare chi deve fare le cose fin dall'inizio, altrimenti si rischia di scaricare questo peso sulle generazioni future; infatti, tra quattro o cinque anni qualche impianto raggiungerà già il «fine vita». Poi, in molti campi vi sono atti vandalici, impianti arrugginiti; insomma ne accadono di tutti i colori. Per non parlare del silicio che, in quanto rifiuto pericoloso, dovrebbe essere in buona parte smaltito, secondo la normativa europea.
Insomma, con la «fregola» di correre dietro alla fonte rinnovabile e pulita, non ci siamo posti il problema che, forse, non è così reversibile, ma che comporta lo smaltimento delle scorie o dei rifiuti. Ecco, non sappiamo ancora chi deve pensare a questo.
Immagino un campo fotovoltaico finito; a quel punto chi deve smaltirlo? Come sapete, in alcuni casi, c'è una sorta di affitto e, finito di produrre, il campo rimane in capo all'agricoltore che lo ha affittato e, a quel punto, nessuno è più obbligato a dover fare lo smaltimento. In futuro dovremo cominciare interrogarci su
questo perché va bene spingere a favore delle fonti rinnovabili, però dobbiamo anche pensare che non sono così reversibili, ma pongono un problema quando esauriscono la loro funzione.
Non so se vale la pena prevedere già dall'inizio una sorta di accantonamento obbligatorio, come accade, per esempio, con le discariche, rispetto alle quali il post mortem va previsto prima. Ad ogni modo, dovrebbe essere previsto un accantonamento per il post mortem e soprattutto si deve stabilire chi deve realizzarlo.
Vi chiedo, quindi, cosa ne pensate.
MARIO MOLINARI, Direttore generale di Sorgenia Spa. Noi siamo assolutamente d'accordo, anche se la nostra situazione è semplificata perché gli impianti sono nostri, quindi sappiamo che è nostra responsabilità. Su schemi contrattuali più complicati, come per gli impianti in affitto, la situazione è diversa, ma non ho presente il quadro perché sono modelli che non usiamo. Noi, quando facciamo l'investimento sull'impianto, sappiamo che rimane nostro per tutta la vita, quindi ci prendiamo cura anche dello smaltimento e della sistemazione.
PRESIDENTE. La mia domanda è motivata dal fatto che ho svolto una verifica che ha dimostrato che all'inizio si è ragionato solo a incentivare, non si è pensato al dopo. Invece oggi sarebbe opportuno, visto che questi numeri stanno lievitando sensibilmente, cominciare a pensarci seriamente, altrimenti lasciamo alle generazioni future un problema enorme da risolvere.
Ringrazio i rappresentanti di Sorgenia Spa per la disponibilità dimostrata e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15,50.