Sulla pubblicità dei lavori:
Margiotta Salvatore, Presidente ... 2
INDAGINE CONOSCITIVA SULLE POLITICHE AMBIENTALI IN RELAZIONE ALLA PRODUZIONE DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI
Audizione di rappresentanti della Confederazione produttori agricoli (Copagri):
Margiotta Salvatore, Presidente ... 2 3 4 6
Cefisi Luca, Addetto ai settori produttivi di Copagri ... 2 4
Piffari Sergio Michele (IdV) ... 3
Realacci Ermete (PD) ... 3
Audizione di rappresentanti del Movimento Salva Alcoa (MSA):
Margiotta Salvatore, Presidente ... 6 8 11 12
Bonacini Simone, Coordinatore del Movimento Salva Alcoa ... 11
Boni Lorenzo, Coordinatore del Movimento Salva Alcoa ... 6
Borellini Stefano, Coordinatore del Movimento Salva Alcoa ... 12
Cantarella Cattaneo Marialaura, Coordinatrice del Movimento Salva Alcoa ... 11
Piffari Sergio Michele (IdV) ... 10
Realacci Ermete (PD) ... 8 11
Zazzera Pierfelice (IdV) ... 10 11
ALLEGATI:
Allegato 1: Documentazione consegnata dai rappresentanti della Confederazione produttori agricoli (Copagri) ... 13
Allegato 2: Documentazione consegnata dai rappresentanti del Movimento Salva Alcoa (MSA) ... 19
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia:
Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.
[Avanti] |
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 14,25.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili, l'audizione di rappresentanti della Confederazione produttori agricoli (Copagri).
Do subito la parola al dottor Luca Cefisi, addetto ai settori produttivi di Copagri, per la sua relazione.
LUCA CEFISI, Addetto ai settori produttivi di Copagri. Ringrazio, a nome della Copagri, il presidente e tutta la Commissione di questo importante lavoro. La questione all'ordine del giorno è di estrema importanza. Dico questo non solo in riferimento alla dimensione macro - il cambiamento climatico, gli accordi di Kyoto, un nuovo modello di sviluppo, una green economy e così via - che è nota a tutti, per cui non mi dilungo, ma anche a quella micro, che è estremamente cogente, relativa alla necessità del mondo dell'agricoltura italiano di modernizzarsi e di avere un accesso quanto più agevole possibile alle nuove tecnologie e a quelle che chiamerò le agroenergie. Infatti, al di là dell'evidente quadro macro di tutela ambientale, vi sono degli interessi molto precisi da parte dei coltivatori e dei produttori agricoli di ricercare, prima di tutto,
attraverso le agroenergie dei risparmi strutturali.
Faccio un esempio per essere più concreto e comprensibile. Presso il Ministero delle politiche agricole, pochissimi giorni fa si è tenuta una riunione della cosiddetta filiera florovivaistica. È un settore che, come potete immaginare, consuma molta energia perché le serre vanno riscaldate o refrigerate a seconda delle stagioni. Tradizionalmente, le fonti energetiche per la coltivazione in serra erano - e sono in gran parte - gasolio e metano. Adesso, una gran parte del mondo florovivaistico italiano chiede disperatamente agevolazioni sui combustibili. Sarà sicuramente già emerso, quindi lo cito en passant, che il costo del gasolio è di poco indietro a quello del metano, che sta raddoppiando nell'ultimo biennio o triennio. Ebbene, pur comprendendo questa richiesta, non ho difficoltà a definirla indice di una mentalità obsoleta, quella del coltivatore, dell'agricoltore o dell'imprenditore di altri
settori che si rivolge al potere politico e al Governo per chiedere aiuto. È evidente che questo è comprensibile, ma occorre dare un altro tipo di risposta che deve guardare avanti.
Esiste, per esempio, un modello umbro in cui l'aver impiegato da anni caldaie a biomassa ha consentito di abbattere l'uso
e quindi il costo del gasolio per riscaldare le serre, permettendo l'avvio di diversi cicli virtuosi in cui tutto costa meno. Si riciclano biomasse e si abbattono i costi, per cui abbiamo un meccanismo win-win. Uso questo esempio per dire che abbiamo bisogno fortemente di una politica virtuosa di incentivazione delle agroenergie per rendere, appunto, virtuoso il problema delle biomasse da rifiuti.
Vi è, peraltro, una richiesta precisa da parte del territorio di regolamenti più chiari e meno complessi sulla gestione dei rifiuti agricoli per trasformarli in biomassa. Infatti, troppo spesso non è chiaro cosa è biomassa utilizzabile e cosa rifiuto che non deve e non può essere utilizzato, il che crea molti problemi nell'attività quotidiana. Abbiamo bisogno, in generale, di una politica attenta che favorisca biomasse e biogas. Negli ultimi anni, l'eolico e il fotovoltaico sono apparsi alla percezione dell'opinione pubblica non come qualcosa di esoterico, ma come qualcosa di finalmente possibile e non futuribile. Ebbene, biomasse e biogas devono essere portati all'attenzione almeno quanto l'eolico e il fotovoltaico.
PRESIDENTE. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata (vedi allegato 1).
Ringrazio il dottor Cefisi e do la parola ai colleghi che vogliano intervenire per porre domande o formulare osservazioni.
SERGIO MICHELE PIFFARI. Ho sollecitato la Commissione ad ascoltare Copagri perché ho avuto occasione di incontrare alcuni loro iscritti o rappresentanti sul territorio che mi hanno incuriosito su un aspetto richiamato anche nella relazione del dottor Cefisi.
Si dice, infatti, che vi è una grande differenza, per esempio, fra il riutilizzo dei reflui zootecnici, che pare una soluzione assolutamente priva di controindicazioni e quant'altro, rispetto all'uso del suolo con mais e altro. Siccome, dal punto di vista ambientale, c'è un'altra emergenza che non va trascurata, ovvero la questione dei nitrati, rilevante specialmente nella terra lombarda da cui provengo, vorrei capire quanto può far bene, anche in termini percentuali e numerici, un uso di questi reflui. Insomma, le chiedo quanto bene questo tipo di valorizzazione farebbe anche all'altra parte di agricoltura.
ERMETE REALACCI. Credo che la relazione finale della Commissione si orienterà sull'impostazione descritta. Infatti, siamo assolutamente favorevoli all'utilizzo di biomasse, biogas e quant'altro, per la produzione di energia, a patto che queste colture non sottraggano spazio e materia prima alle filiere alimentari. Da questo punto di vista, le vie principali sono sia i residui delle lavorazioni alimentari, sia coltivazioni ad hoc in aree non vocate a uso alimentare, sia soprattutto - come ricordava il collega Piffari - l'utilizzo del biogas derivante dai grandi allevamenti della Pianura padana che, peraltro, può, in determinate circostanze, ottenere l'effetto di abbattimento dei nitrati perché si possono fare impianti che ottengono sia la produzione di energia che, appunto, l'abbattimento dei nitrati.
Ora, il problema è tener conto della richiesta di chiarezza, che giustamente ci veniva da voi rivolta, nei decreti attuativi che il ministero deve emanare e nei regolamenti di cui si devono dotare le regioni. Al tempo stesso, nel dare risposta a questa vostra esigenza, è necessario che i citati provvedimenti dettino regole chiare per impedire ciò che in parte sta accadendo, cioè: in primo luogo, che molti impianti a biomasse o a biogas siano alimentati con il mais o con altri insilati; in secondo luogo, che si dia corso a richieste di impianti per la produzione di biomasse che hanno dimensioni tali da rendere evidente l'intenzione di puntare sull'importazione (è evidente, infatti, che se si fa un impianto da 20-30 megawatt significa che per alimentarlo si ha intenzione di importare olio vegetale o cippati); in terzo luogo, che la filiera lunga (che comporta la distorsione dell'approvvigionamento tramite importazione di materiali), anche
quando non appaia tale, possa
diventarlo attraverso la moltiplicazione di piccoli impianti non coordinati perché, se nel raggio di 10 chilometri si consente che ci siano 10 impianti da un megawatt, allora anche questa situazione diventa non compatibile con le vostre giuste istanze e richieste. Quindi, questo mi sembra uno dei punti su cui riflettere insieme. Del resto, se avete dei dati in merito, ci saranno senz'altro utili per la compilazione della relazione finale perché - ripeto - questo è uno dei punti su cui il lavoro che stiamo svolgendo deve consentire di mettere dei paletti che possono servire per fare delle buone norme.
PRESIDENTE. Condividendo tutte le osservazioni espresse dall'onorevole Realacci, vorrei capire se, dal vostro punto di vista, riscontrate timori sui territori rispetto a centrali di questo tipo. Per esempio, anche se ingiustamente, nella mia regione, la Basilicata, ogni qual volta si ragiona di impianti a biomasse c'è sempre qualcuno che li ritiene pericolosi per l'agricoltura o comunque inquinanti. Chiedo, quindi, se, secondo voi, questo atteggiamento è riscontrabile sono nella mia regione oppure è diffuso sul territorio nazionale.
Do ora la parola al dottor Cefisi per una breve replica.
LUCA CEFISI, Addetto ai settori produttivi di Copagri. Vi ringrazio delle domande, che manifestano - ma non poteva essere altrimenti - una profonda competenza sulla questione; farò del mio meglio per rispondere in maniera adeguata.
In primo luogo, come diciamo nel documento, biomassa vuol dire tutto e niente. Non si tratta di vendere un prodotto generico poiché c'è una forte differenza tra oggetti diversi prodotti in maniera altrettanto diversa. La questione principale, a cui veniva fatto riferimento nella seconda domanda (comincio da questa che mi consente di inquadrare più genericamente la materia, per poi tornare alla prima che è più specifica), rinvia a un dibattito globale, in atto in tutto il mondo. Per esempio, in Brasile, data l'enorme quantità di terra fertile che in quel grandissimo Paese è dedicata alle biomasse, vi è una forte discussione sul ruolo dell'agricoltura che, da un lato, può impattare sulla deforestazione e, dall'altro, sulla produzione di cibo. L'Italia è più piccola; anche l'Europa è di comparativamente più piccola; tuttavia, il dibattito è globale.
È evidente, quindi, che abbiamo un problema nell'utilizzazione di terreno fertile per scopi non alimentari, ma per produrre biocombustibili. Questa è una distinzione che abbiamo voluto fare nel documento perché ne siamo perfettamente consapevoli. D'altra parte, aggiungiamo che c'è una problematica in più, quella dell'eventuale impatto negativo che queste nuove colture più «orientate» all'industria possono avere su quelle tradizionali. Senza nessuna retorica bucolica e passatista, nel mondo dell'agricoltura vi è un portato di ricchezza colturale e di tradizioni che può essere spazzato via da mutazioni e ristrutturazioni (uso volutamente un termine industriale) della terra. Per questo avevo posto l'accento sul modello win-win, con il quale si vince da entrambe le parti. Insomma, la coperta non sembra tanto corta da scontare il prezzo dall'altra parte, ma sembra coprire i due lati del
problema.
Allo stesso modo, pongo l'accento sulla produzione di bioenergia da reflui di allevamento o da biomasse che derivano da sottoprodotti di altre colture perché in quel caso si ha il doppio effetto virtuoso di utilizzare materiali che sarebbero rifiuti e che, invece, diventano una risorsa aggiuntiva, cosa che ha una ricaduta positiva sul modello moderno di azienda agricola. Infatti, come si dice nei convegni, la nuova azienda agricola deve essere multifunzionale. Quindi, è eccellente che sia messa in grado, con adeguati interventi a livello di incentivazioni, di politiche regionali e nazionali, di essere multifunzionale, nel caso specifico di riutilizzare i propri scarti, che altrimenti vanno a finire nell'ambiente, e di essere parzialmente autosufficiente sul piano energetico.
Sulla questione dei nitrati e dei reflui, mi rammarico di non essere in grado di poter dare, qui ed ora, i dati che la
domanda richiedeva per la semplice ragione che nella nostra presentazione abbiamo toccato tantissimi punti, mantenendoci su una certa approssimazione di informazione. Se invece avessimo dovuto elaborare dati per molti dei punti che abbiamo toccato, il nostro documento sarebbe diventato un libro. Mi impegno, però, a fornirvi questi dati nei prossimi giorni poiché sono di particolare interesse.
Come osservava l'onorevole Realacci, è evidente che tutto dipende dal tipo di impianto che si fa. Occorre adoperare la tecnologia opportuna che non solo utilizzi i reflui per produrre energia, abbattendo il livello di rifiuti, ma che sappia gestire anche il residuo di nitrati. Questo è possibile. Tuttavia, come per l'alta velocità e per altre questioni, c'è un modo giusto, opportuno e tecnologicamente all'avanguardia, e uno sbagliato di fare le cose.
Dico questo anche per quanto riguarda la domanda sulle preoccupazioni da parte del territorio, come in Basilicata. Anche su questo aspetto, faccio un'osservazione generale. È innegabile una resistenza conservatrice all'innovazione diffusa in una parte del mondo dell'agricoltura. Occorre, ovviamente, rassicurare e chiarire. Tuttavia, rassicurare non significa dire che va tutto bene, ma entrare nel merito dei problemi. Se le tecnologie sono corrette e adeguate, il rischio di residui pericolosi e di ricadute negative sull'ambiente non ci devono essere o devono essere comunque sostenibili. Abbiamo, pertanto, un problema di informazione, ovvero di mettere in luce i vantaggi.
Come dicevo all'inizio, il primo vantaggio sull'energia da biomasse e biogas, quando si utilizzano reflui scarti, è proprio mettere in produzione e trasformare in reddito prodotti che, altrimenti, rappresentano soltanto una passività aziendale, nonché un rischio per l'ambiente.
Aggiungo due ultime brevissime riflessioni generali. In primo luogo, in merito al problema delle coltivazioni per biocarburante, ricordiamoci che è sempre meglio il biocarburante - questa è ormai una banalità nota a tutti - piuttosto che il combustibile fossile perché, anche se si brucia in un motore a scoppio, che comunque produrrà CO2, quella contenuta nel biocarburante viene rimessa nella biosfera in cui era già presente, non dopo essere stata estratta da un pozzo di petrolio kuwaitiano. Tornando al discorso che la tecnologia deve essere adeguata e razionale, è meglio - ripeto - il biocarburante perché è vero che mette in circolo CO2, ma è quella stessa che stava nel ciclo della biosfera, non della nuova che si aggiunge. Dopodiché, siamo d'accordo che, in linea strategica, dovremmo superare ogni forma di combustione perché è un'attività che ha
comunque un impatto, una carbon footprint. Viceversa, dovremmo arrivare a forme ancora più efficienti ed efficaci di produzione di energia. Ciò nonostante, questo richiede tempi decisamente lunghi.
D'altro canto, il mondo dell'agricoltura è anche interessato a un fotovoltaico che non mangi terreno. Bisogna anche vedere, quindi, quanto sarà possibile migliorare il fotovoltaico perché è ancora relativamente arretrato l'impianto che sta, per esempio, sulle serre. Certo, i nuovi provvedimenti lo incentivano, ma non è ancora pienamente efficiente e crea molti problemi. Tuttavia, scommettiamo anche in questo caso sul differenziale tecnologico. Insomma, dobbiamo nutrire ottimismo sul futuro e sulla tecnica applicata all'agricoltura.
Infine, è vero che possono essere irrazionali tante piccole centrali sul territorio, se non gestite. È, insomma, un problema di governance perché devono essere consorziate. Mi pare, peraltro, che l'esito del referendum sul nucleare - al di là della polemica politica spicciola - abbia posto al centro della questione la perplessità, che mi sembra razionale, verso il modello della megacentrale, a vantaggio del reticolo di piccole centrali gestite e governate dalle comunità e dalle aziende a livello locale e da una tecnologia guidata da qualcuno sotto casa e non dallo scienziato sacerdote che viene chissà da dove. La questione, però, non è solo tecnica.
È anche un problema di democrazia economica perché, per essere virtuosi, ci devono essere consorzi di produttori, interventi
degli enti locali, governo vero del territorio e quant'altro. Insomma, le piccole centrali possano essere uno strumento di democrazia, a fronte di un modello autoritario che cala dall'alto e che non può piacere ai produttori agricoli, anche perché siamo per lo più piccole aziende, almeno nel contesto italiano. Pertanto, l'idea di una democrazia diffusa nel governo dell'energia è molto importante e va oltre la tecnica. Proprio perché siamo in Parlamento, è una questione politica che tutti ci dovremmo porre.
PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti della COPAGRI del contributo e dichiaro conclusa l'audizione.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili, l'audizione di rappresentanti del Movimento Salva Alcoa (MSA).
Il movimento è rappresentato da una nutrita delegazione: i coordinatori dottoressa Marialaura Cantarella Cattaneo, dottor Stefano Borellini, dottor Simone Bonacini e dottor Lorenzo Boni. Vi sono, inoltre, il dottor Ruffini, il dottor Gianesi e il dottor Zanotti, membri del movimento.
Do la parola al dottor Lorenzo Boni, coordinatore del Movimento, per la relazione.
LORENZO BONI, Coordinatore del Movimento Salva Alcoa. Sono Lorenzo Boni, uno dei coordinatori del Movimento Salva Alcoa. Vi ringraziamo di averci dato la possibilità di esprimere le nostre considerazioni sul sistema delle energie rinnovabili e dei relativi ambiti di incentivazione.
Comincio con una breve presentazione della nostra associazione. Il Movimento Salva Alcoa, anche se il nome fa ricordare un momento doloroso delle forme di incentivazione, nasce come occasione di aggregazione spontanea di tecnici che si sono ritrovati insieme per affrontare problematiche comuni. Attraverso un sistema di scambio di informazioni, è sorto, quindi, dal basso un movimento di collaborazione spontanea e naturale che ci ha portato fin qui a esprimere le difficoltà che riscontriamo quotidianamente lavorando per favorire l'applicazione delle norme per le incentivazioni delle fonti di energie rinnovabili.
In questo momento, circolano informazioni probabilmente non scorrette, ma pilotate in modo scorretto dalle varie lobby, che mirano a scoraggiare il proliferare di piccoli impianti di generazione distribuita, che sarebbe la finalità ultima delle forme di incentivazione proposte in varie occasioni dai diversi Governi della Repubblica italiana. Attualmente, l'Italia è in assoluto, assieme la Germania, il mercato di riferimento a livello mondiale riguardo al fotovoltaico. Nel nostro Paese si è creata una filiera estremamente importante e qualificata e un know-how che costituisce un patrimonio enorme, che non deve essere disperso da una politica che vada a scoraggiare e a disincentivare l'ultimo passo che dobbiamo fare per rendere ciò che è stato fatto finora fisiologicamente strutturale.
L'Italia è all'avanguardia per la tecnologia, ma anche per la quantità di impianti che sono realizzati e installati. Sfortunatamente, per come è stata strutturata la forma di incentivazione e per le storture che ne sono derivate - da cui la genesi del nostro nome, «salva Alcoa» - si sono favoriti i grandi gruppi che, di fatto, hanno monopolizzato buona parte del potenziale di capacità installativa suddivisibile in tanti piccoli impianti che potevano essere realizzati, concorrendo alla microgenerazione distribuita e alleviando, in tal modo, il peso delle bollette pagate dagli italiani per i loro consumi.
In questo momento, in Italia abbiamo più di 337.000 impianti che hanno ricevuto l'incentivazione, con una produzione possibile di 15 terawattora di energia che possono essere immessi in rete e che sono importanti anche per la diminuzione del carico del prezzo unico nazionale (PUN)
dell'energia elettrica. Alcuni dati, contenuti nella relazione che vi abbiamo inviato, fanno evincere chiaramente che l'apporto del fotovoltaico, che non è più marginale per la quantità, ha, di fatto, calmierato l'aumento dei costi base dell'energia elettrica nel nostro Paese.
In particolare, abbiamo allegato una tabella (pagina 13 della relazione) che mostra chiaramente che, in Italia, pur avendo un valore mediamente più alto rispetto alla media dei Paesi europei, si è avuto un fenomeno di mantenimento dei costi, ascrivibile all'apporto delle fonti di energie rinnovabili che operano in antifase rispetto al valore massimo delle energie, cioè permettono di calmierare i prezzi nei momenti in cui questi hanno un valore maggiore, mentre negli altri Paesi europei dal 2008 al 2010 si è assistito a un aumento dei costi dell'energia a causa dell'aumento dei prezzi delle fonti (soprattutto carbone e gas) da cui si ricava energia. Ovviamente, le fonti di energia rinnovabile hanno priorità di dispacciamento, quindi il fatto che devono essere comunque piazzate sul mercato elettrico favorisce sicuramente la loro vendita.
Insomma, in questo momento, il sogno di poter considerare la produzione di energia fotovoltaica come una fonte affidabile e strutturale per l'economia del Paese sta diventando una realtà. Ciò nonostante, assistiamo, forse a causa della crisi economica generale, alla messa in discussione di valori in cui abbiamo creduto in questi anni. Infatti, la possibilità di produrre da fonti di energia rinnovabili è stata incentivata e ha permesso un calo dei prezzi che ha perfettamente centrato l'obiettivo prefissato. Tuttavia, oggi non si riesce a compiere l'ultimo passo, cioè a far diventare strutturale questo meccanismo nel nostro sistema Paese.
Vi riportiamo tutte le problematiche che affrontiamo quotidianamente nell'operare per rafforzare questa filiera che, a livello nazionale, ha fatto investimenti e ha cominciato a consolidare posizioni che sono assolutamente da mantenere. Di fatto, abbiamo una filiera di produttori di pannelli, di inverter, di strutture di sostegno, di progettisti, di installatori, di aziende di manutenzione e quant'altro. Tutto l'indotto è stato creato nel nostro Paese e questo ha permesso di creare dei posti di lavoro, soprattutto di primo impiego e qualificato. Questo è un patrimonio che non dobbiamo disperdere per nessun motivo perché è di primissimo livello sul piano mondiale. Pertanto, non compiere l'ultimo passo per fare diventare strutturale questo sistema sarebbe criminale, scusate il termine. Sembra, infatti, di aver fatto una maratona e di non riuscire a completare l'ultimo miglio.
Tra l'altro, dobbiamo essere orgogliosi, come sistema Paese, di avere tecnologie all'avanguardia anche per l'implementazione delle smart grid, che potranno portare in brevissimo tempo - le tecnologie sono già disponibili - ad avere dei sistemi di gestione dei picchi di richieste e a fare in modo che le varie fonti di energie rinnovabili compensate all'interno della domanda possano essere disponibili anche per sistemi di mobilità sostenibile. Parlo della mobilità elettrica, ma anche di spingere verso la parziale indipendenza di abitazioni e piccole aziende che consumano direttamente l'energia elettrica che possono produrre sia da fotovoltaico che da altre fonti.
Riteniamo che il futuro sia oramai delineato. Non crediamo, quindi, si possano operare scelte che vanno in un'altra direzione. Tuttavia, in questo momento, assistiamo costantemente alla messa in discussione della validità di ciò che abbiamo ormai praticamente raggiunto con tanta fatica. Il continuo variare delle norme, anche solo nella manifestazione delle intenzioni, crea dei grossi problemi riguardo alla capacità di implementare questi impianti, soprattutto in merito alla finanziabilità. Infatti, rischiamo di avere una credibilità molto limitata nel momento in cui si cerca di fare il passaggio per rendere queste tecnologie, che ormai sono mature, disponibili per gli utenti.
Vi sono due aspetti che riteniamo molto importanti. In primo luogo, chiediamo che ci possano essere delle regole certe e stabili per un periodo che ci possa
accompagnare alla stabilità del sistema. Inoltre, soprattutto noi, come operatori dal basso, subiamo una mole di adempimenti burocratici che, di fatto, impediscono una riduzione di costi per compiere l'ultimo passo verso la grid parity.
Puntiamo alla microgenerazione distribuita. Vogliamo lavorare sui piccoli impianti. Si tratta, quindi, di un lavoro diffuso, che dà la possibilità a tanti operatori di muoversi nel pieno rispetto della legalità. A questo fine, in merito alla valutazione per la revisione degli incentivi, a seguito del quarto conto energia, per quello che dovrebbe essere il quinto conto energia, chiediamo di porre un limite agli impianti di grossa taglia, mantenendo una politica favorevole agli impianti di piccola taglia, che possono operare in regime di scambio sul posto e che hanno la valenza maggiore anche per la regolamentazione della rete.
Chiediamo, inoltre, la possibilità di mantenere regimi di scambio sul posto, che è un sistema che permette di utilizzare e valorizzare l'energia che viene immessa in rete in eccedenza e di scambiarla in modo virtuale con la rete. Richiediamo anche di semplificare alcune norme riguardo alle installazioni sopra gli edifici, che sono particolarmente difficili da interpretare anche per l'attuatore (il GSE, Gestore Servizi Energetici), il quale, nell'ambito di una normativa estremamente complessa, fa fatica a identificare il rispetto di determinate norme.
Riteniamo sia ragionevole non utilizzare i terreni agricoli per la realizzazione di impianti fotovoltaici di grossa taglia, ma anche che, nel regime di autoconsumo, non sia da sottovalutare, per le aziende agricole, la possibilità di avere dei piccoli impianti che servano direttamente alle funzioni delle aziende agricole in attività. Non parliamo, quindi, di ambiti speculativi. Tra l'altro, c'è una filiera italiana estremamente importante in merito agli impianti a concentrazione che sono realizzabili solo con l'utilizzo del terreno, cioè non è possibile farli sopra i tetti degli edifici, per cui lasciare la possibilità di utilizzare piccole parti di terreno per fare impianti fotovoltaici a concentrazione o di tipo tradizionale è importante per noi. Si rimane, però, nell'ambito dello scambio sul posto, quindi sicuramente sotto i 200 chilowatt. Insomma, sono impianti, tutto sommato, piccoli.
Chiediamo anche, se è possibile, una maggiore tolleranza in merito alle valutazioni paesaggistiche relative agli impianti su edifici, che, in alcuni casi, portano lungaggini per poi avere autorizzazioni sostanzialmente tacite. Sotto questo aspetto, ci sono le tecnologie che permettono di assolvere a qualsiasi tipo di problematica installativa.
Riteniamo anche che in un prossimo futuro ci possa essere una exit strategy per arrivare all'eliminazione degli incentivi, che comunque gravano sulla componente A3 della bolletta energetica pagata dagli italiani, attraverso delle forme di rimodulazione anche simili a quella prevista per il 55 per cento. D'altro canto, il calo dei costi della burocrazia permetterebbe di diminuire ancora di più il costo di un impianto ben realizzato secondo i parametri di sicurezza.
In conclusione, chiediamo di alleggerire alcuni adempimenti burocratici costosi. Mi riferisco, in particolare, a quelli alle dogane, che sono inutili e che hanno una raccolta di accise insignificante rispetto alla mole di lavoro che comportano. Anche il certificato antimafia e l'attestazione di idoneità del titolo abilitativo sono documenti tutto sommato inutili, per cui domandiamo di non doverli più chiedere a chi deve erogare gli incentivi. Infine, chiediamo di aumentare i tempi per la presentazione delle pratiche da 15 a 30 giorni.
PRESIDENTE. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata (vedi allegato 2).
Ringrazio gli auditi e do la parola ai colleghi che vogliano intervenire per porre domande o formulare osservazioni.
ERMETE REALACCI. In questa sede e considerate le persone presenti, lo dico francamente, non c'è bisogno che ci convinciate
che il fotovoltaico è buono. Il problema che tutti abbiamo davanti è, invece, secondo me, di capire come andare avanti. Per questo credo sia giusto dirvi con sincerità come la penso e rivolgervi anche delle domande.
Innanzitutto, il vostro nome è un nome sfortunato perché il provvedimento salva Alcoa ha segnato per certi aspetti il destino del fotovoltaico in Italia. Infatti, quel provvedimento ha prodotto un atto molto irrazionale per cui l'Italia ha speso un mare di soldi per fare una quantità enorme di impianti fotovoltaici, anziché produrre una politica razionale che permettesse l'accompagnamento e il consolidamento di una filiera industriale ed energetica nazionale. Insomma, se invece di fare 9-10.000 megawatt in un anno, avessimo stabilizzato 3.000 megawatt all'anno, probabilmente saremmo evoluti come costi, come tecnologie e come filiera italiana, cosa che non è accaduta. Pertanto, oggi dobbiamo capire cosa è realisticamente fattibile. Se fosse per me, farei molto. Tuttavia, siccome non siamo nel Paese dei campanelli - peraltro, leggete anche voi le dichiarazioni che vengono da grandi organi di stampa, dal Ministro dello sviluppo
economico e così via - dobbiamo capire cosa si può realisticamente fare, partendo da alcuni dati di fatto.
In primo luogo, spendiamo tantissimi soldi per il fotovoltaico. Quel che era vero quando il Ministro Romani bloccò il fotovoltaico, che la componente A3 era fatta di altre voci, che il costo del fotovoltaico non gravava molto sulle bollette, e via dicendo. Oggi non è più vero, perché nella bolletta degli italiani il fotovoltaico pesa per una cifra tra i 5 e i 6 miliardi di euro all'anno, destinati ad aumentare. Ora, queste cifre, in un momento di crisi, non sono cosa da poco.
Inoltre, ho visto un passaggio della vostra relazione in cui fate riferimento alla riduzione degli incentivi tedeschi come cosa inaccettabile. Ebbene, io al contrario spero che si arrivi a una riduzione come quella dei tedeschi perché ci potrebbe essere una soluzione ancora peggiore. Purtroppo, sono stati commessi degli errori da chi governava, anche, in generale, per la pressione che c'è stata. Occorre, pertanto, capire qual è il punto in cui ci si può attestare per mettere a regime il fotovoltaico, cioè accompagnarlo verso la grid parity. Non so qual è la frontiera, ma credo 2-3 anni, non di più. Dobbiamo, però, capire se abbiamo le risorse per fare questo passaggio.
Da questo punto di vista, vorrei rivolgervi due domande. Innanzitutto, nella vostra relazione fate un accenno - ma siete sicuri che i numeri sono esatti? - al fatto che il solare fotovoltaico ha abbassato il costo della bolletta (cosa, peraltro, che dicono in molti e credo sia vera) perché va a incidere sui picchi in cui la produzione marginale ha un costo molto alto. Tuttavia, mi piacerebbe sapere - l'ho chiesto anche ad altri interlocutori, ma finora non mi hanno fornito dei dati precisi, forse perché non è facile averli - se si può quantificare questo elemento. In effetti, i dati presentati da voi - un risparmio di 21,34 milioni di euro, il 30 per cento di quanto speso per l'incentivazione - sono numeri che a me sembrano sbagliati perché l'incentivazione ha le dimensioni della cifra di cui parlavo prima, non sicuramente dei centinaia di milioni di euro, ma dei miliardi di euro. Quindi, mi piacerebbe capire se c'è un calcolo
più preciso perché questo aiuterebbe concretamente a far capire che vi è un sistema in cui il fotovoltaico non produce solo un aumento del costo della bolletta.
In ogni caso, vorrei essere chiaro e ribadire che per me il fotovoltaico andava fatto in Italia, ma andava fatto bene. È dunque importante che il nostro Paese abbia un parco molto esteso, però sarebbe stato meglio se fosse stato accompagnato da politiche per la costruzione e il rafforzamento di un'industria nazionale del fotovoltaico. Oggi, quest'industria c'è per gli inverter, ma non per i pannelli e sarà difficile crearla, date le condizioni.
Comunque, a parte questo, vorrei sottolineare che uno degli aspetti importanti di cui parlate riguarda la sburocratizzazione. Si tratta, però, di mettere nero su bianco le richieste. Effettivamente, abbiamo
monetarizzato spesso le lungaggini e le complicazioni italiane. Per esempio, in Germania avevano incentivi più bassi, ma un sistema autorizzativo più semplice. Ho visto la modulistica tedesca per cui posso dire che è realistico che abbia dei tempi certi. Peraltro, so cosa significa fare la stessa cosa in Italia. Insomma, se ci fossero delle richieste che consentono di ottenere dei vantaggi su quel fronte, potremmo lavorare.
Invece, sul versante economico, dico francamente che bisogna capire qual è la ricaduta, ma sarà comunque dura perché, nella situazione in cui siamo, il sovraccarico del fotovoltaico non può essere più considerato irrilevante. È vero che ci sono tante altre voci, ma i numeri sono quelli che sono. Occorre, quindi, mettere nero su bianco le semplificazioni procedurali e normative necessarie e provvedere al calcolo dei vantaggi collaterali per la bolletta. Se fosse possibile inviarci una nota al proposito, potrebbe esserci molto utile perché in tanti parlano di questo aspetto, che è sicuramente vero, ma bisogna capire che dimensioni ha.
SERGIO MICHELE PIFFARI. Cercherò di non ripetere le questioni che ha già affrontato il collega Realacci.
C'è, innanzitutto, la questione degli incentivi che pesano sulla bolletta. Poi, ci lamentiamo sempre perché l'energia in Italia costa il 20-30 per cento in più rispetto agli altri Stati europei. Stamattina abbiamo affrontato in Aula una questione in relazione al decreto legge n. 2 del 2012 (cosiddetto «decreto ambiente») e al problema dei rifiuti in Campania, rispetto alla quale ho portato un esempio. Mi riferisco agli incentivi CIP6, utilizzati in mille maniere. Nel bergamasco - ho portato un esempio non della Campania proprio per evitare problemi - si è finanziata una centrale di cogenerazione da 60 megawatt. Finiti gli 8-10 anni del CIP6, dopo aver preso contributi e quant'altro, la centrale, che è servita a distribuire acqua calda, oltre che alla fabbrica vicina, anche alla città o al paese dove si trovava, chiude e si smantella tutto. Con ciò voglio dire che se i contributi sono finalizzati solo a fare
business, non ci interessano. Quindi, al di là di quanto costa, dobbiamo anche vedere se dopo la fine degli incentivi (5, 10, 15 anni), l'impianto vive e produce. Insomma, è fondamentale pensare al dopo.
Ciò detto, condivido la questione dello scambio sul posto, della microdiffusione e quant'altro, con una maggiore democrazia sulla produzione e sul commercio di energia. Tuttavia, siamo una fase in cui non ci sono risorse, tanto è vero che siamo costretti a fare una battaglia per la stabilizzazione delle agevolazioni fiscali del 55 per cento per la riqualificazione energetica degli edifici, ma il Governo ha risposto che, forse, potremmo ricollocarci in prospettiva al 36 per cento da ammortizzare in più anni. In sostanza, dobbiamo pensare che le risorse saranno certamente di meno.
In ogni caso, vorrei chiedervi cosa pensate della questione dell'accumulo di energia. Su questa filiera abbiamo speso poco. Negli anni Settanta e Ottanta, quando si pensava al nucleare, sono state fatte alcune centrali di pompaggio in campo idroelettrico, ma poi abbiamo abbandonato il settore, anche se oggi qualcosa viene fatto, per esempio batterie da 1 megawatt. A ogni modo, vorrei sapere se questi investimenti aiutano o diventano superflui, a fronte della microdiffusione di piccole centrali.
PIERFELICE ZAZZERA. Grazie presidente dell'ospitalità, visto che questa non è la mia Commissione, che ho chiesto perché era giusto portare un saluto a questa associazione che si occupa di energie rinnovabili e che, forse, a differenza del nostro Paese, ha già fatto una scelta.
È vero che in questa Commissione non dobbiamo convincerci di nulla. Tuttavia, questo Paese non ha un piano energetico nazionale, quindi, evidentemente, non fa una scelta. Da parte di questa Commissione, attraverso gli interventi e le audizioni, dovremmo spingere in questa direzione. Mi sembra, però, che non si vada verso una scelta che porti alle rinnovabili e al fotovoltaico, almeno stando alle
dichiarazioni di esponenti del Governo.
Al di là della crisi del momento, credo che vada fatto un discorso intorno alla carenza di risorse. Infatti, proprio per intervenire sulla questione della carenza di risorse, c'è la necessità di liberalizzare l'energia, che significa rompere i monopoli di gestione e semplificare le procedure. Per inciso, provenendo da una regione del Sud, ma credo che il problema riguardi anche il Nord, voglio dire che non sono d'accordo sull'abolizione del certificato antimafia perché la criminalità è arrivata molto prima delle istituzioni in questo settore.
MARIALAURA CANTARELLA CATTANEO, Coordinatrice del Movimento Salva Alcoa. In realtà, noi vorremmo solo che non sia il privato, ma il GSE a chiederlo in base alla legge Brunetta.
PIERFELICE ZAZZERA. Certo. A ogni modo, credo che dobbiamo fare una scelta una volta per tutte in questo campo. D'altra parte, ritengo che energia e democrazia vadano insieme. La gestione sul posto dell'energia deve essere, quindi, interpretata in questa direzione. Infine, vorrei chiedervi cosa pensate del decreto-legge n. 1 del 2012 (cosiddetto «decreto liberalizzazioni») e, nello specifico, dell'articolo 65 che vi riguarda in modo particolare.
PRESIDENTE. Do la parola ai rappresentanti del Movimento Salva Alcoa per una breve replica.
SIMONE BONACINI, Coordinatore del Movimento Salva Alcoa. Anzitutto, in merito al costo delle bollette, ragioniamo sempre sui 6 miliardi di euro. Peraltro, sono numeri che abbiamo tutti perché sono pubblicati sul sito del GSE. Quindi, ragioniamo sempre di questa cifra lorda. Considerate, però, che c'è gente che ci paga le tasse, per cui sulla bolletta la cifra è quella, ma in parte torna indietro.
ERMETE REALACCI. Sì, ma sui cittadini pesano sempre 6 miliardi.
SIMONE BONACINI, Coordinatore del Movimento Salva Alcoa. Certo. Ragiono, però, anche su quanto cuberanno questi 6 miliardi, che - come dice Passerà - diventeranno centinaia nei vent'anni, sul costo reale delle bollette. I 21,34 milioni di euro indicati nel documento si riferiscono a un periodo di analisi specifico di 30 giorni lavorativi, perciò sono pochi. Probabilmente, anche Terna e GME (Gestore dei mercati energetici) faranno fatica a tirar fuori questi dati perché il mercato assorbe vari tipi di energia, quindi è molto difficile capire quanto il fotovoltaico determini, in euro, il peak shaving. È, però, indiscutibile che il fenomeno esiste e diventerà ancor più importante nel 2012, data la maggiore potenza installata. Peraltro, è banale che ciò avvenga perché sappiamo bene che il fotovoltaico pompa
molto quando abbiamo i picchi di richiesta sulla rete. Infatti, Terna ed Enel sono preoccupati di possibili squilibri prossimi venturi.
Sul discorso degli accumulatori, purtroppo i bacini idrici sono ormai a livello, quindi possiamo giocare poco su di essi. Se volete tentare di investire fondi incentivanti sulle batterie, siamo qui anche per quello perché aiuteranno tantissimo il settore e la rete a sgravarsi. In Cina, dove puntano moltissimo sulle rinnovabili perché hanno un bisogno estremo di energia, stanno lavorando molto sullo sviluppo di sistemi di accumulo. Del resto, la stessa Terna ha già lanciato il bando per realizzare 130 mega di batterie, quindi non sistemi di accumulo statico attraverso bacini. Insomma, ben venga se il prossimo conto energia contenesse un'associazione di questo tipo. Ne saremmo molto felici.
Rispondo all'onorevole Zazzera in merito alla questione dell'articolo 65. A noi non disturba. Abbiamo raggiunto una posizione di compromesso perché all'interno del gruppo c'è chi è favorevole agli impianti a terra alla cieca, chi ha delle posizioni intermedie e chi è contro. Pertanto, non vorremmo tagliare le gambe agli agricoltori, ma consentire loro di realizzare i loro impianti in scambio fino a 200 chilowatt.
Tuttavia, come tecnici e come cittadini disprezziamo i cambiamenti in corsa, cosa che fa inalberare tutti. Non è possibile che, in Italia, cambino le leggi ogni tre per due! C'è gente che ha già investito e non parlo solo di chi ha già buttato pannelli in campo, ma anche di cittadini che hanno investito migliaia di euro in pratiche lunghissime. Non possiamo sempre dire di aver scherzato. D'altro canto, le stesse amministrazioni sono in difficoltà.
Personalmente, ho presentato delle pratiche nei giorni immediatamente precedenti la pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale - peraltro, il file è delle ventitré e qualche minuto; credo che sia la prima volta che ciò accada - e la provincia dalla quale provengo ha dovuto, prima di valutarle, interpellare i propri avvocati per capire se era fattibile. Insomma, ho presentato le pratiche il 24 perché sapevo che proprio quel giorno sarebbe stata pubblicata la normativa, ma non può essere questo il sistema. Occorre non cambiare le regole mentre si sta giocando. So che il decreto è in corso di conversione in legge, per cui direi di cercare di mantenere quanto contiene.
STEFANO BORELLINI, Coordinatore del Movimento Salva Alcoa. In merito alla domanda dell'onorevole Realacci sulla sburocratizzazione, vorrei dire che riteniamo che possa essere barattato un calo degli incentivi con un calo degli adempimenti necessari per l'installazione di impianti di piccola taglia. In pratica, pochi documenti chiari possono permettere di ridurre il costo degli impianti proposti all'utente finale e mantenere un livello di validità dell'investimento anche con incentivi più ridotti. Questo sarebbe meglio per tutti. Infatti, per noi è un carico di lavoro pesante, opprimente e difficilmente comprensibile.
PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti del Movimento Salva Alcoa del loro contributo e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15,20.
[Avanti] |