Sulla pubblicità dei lavori:
Barbareschi Luca Giorgio, Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SUL SISTEMA AEROPORTUALE ITALIANO
Audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale assistenti e controllori navigazione aerea (ANACNA):
Barbareschi Luca Giorgio, Presidente ... 3 5 12 14 15
Barra Bruno, Presidente di ANACNA ... 3 5 12 14
Compagnon Angelo (UdC) ... 12
Desiderati Marco (LNP) ... 14
Garofalo Vincenzo (PdL) ... 13
Lovelli Mario (PD) ... 12
Rossi Francesco, Consulente di ANACNA per le tematiche ambientali ... 11 Terranova Giacomo (PdL) ... 13
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 14,10.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema aeroportuale italiano, l'audizione di rappresentanti dell'Associazione nazionale assistenti e controllori navigazione aerea (ANACNA).
Do quindi la parola al presidente di ANACNA, dottor Bruno Barra, per lo svolgimento della relazione.
BRUNO BARRA, Presidente di ANACNA. Grazie presidente. Buon pomeriggio a tutti. Vorrei innanzitutto esprimere un ringraziamento personale di ANACNA e di STASA per questa audizione, che ci permette di intervenire su un tema molto delicato e complesso per il nostro Paese. Colgo inoltre l'occasione per presentarvi gli esperti che mi hanno accompagnato e le organizzazioni nelle quali operano: il segretario dell'associazione, Giuseppe Gangemi, il vicepresidente, Massimo Petrella, che è anche dirigente di Cagliari e di Olbia per il profilo di assistenza al volo, il dottore in scienze ambientali Francesco Rossi, che, con altri esperti e due docenti dell'università della Tuscia, ha curato alcune problematiche ambientali.
ANACNA, costituita cinquanta anni orsono, ha maturato una lunga esperienza nel campo dell'assistenza al volo e ha fornito un forte contributo di idee alla modernizzazione di tutto il sistema dell'aviazione civile, con studi, proposte e iniziative che hanno concorso a sensibilizzare il legislatore sull'esigenza che il nostro Paese non si discosti dagli indirizzi delle organizzazioni aeronautiche più evolute nel contesto internazionale.
STASA è un centro studi nato da poco, di cui si è avvalsa ANACNA per trattare problematiche ambientali che non vanno sottaciute e che sono alla base di un corretto sviluppo della rete aeroportuale nel nostro Paese.
Siamo qui a dare testimonianza delle difficoltà di chi opera continuamente quale garante della sicurezza del volo in prima linea sugli aeroporti, e che, in termini di responsabilizzazione, subisce un forte impatto negativo dal disordinato assetto della rete aeroportuale e dall'intero comparto dell'aviazione civile italiana.
Abbiamo provveduto a consegnare una relazione - che purtroppo per motivi di stampa non è stato possibile aggiornare al recente, annunciato piano di sviluppo di Fiumicino e di Milano - che spazia tuttavia da problemi giuridici, tecnici e organizzativi a quelli ambientali. Cercherò dunque di sintetizzare alcuni punti fondamentali.
La realtà aeroportuale italiana è condizionata da un inadeguato quadro di riferimento normativo e organizzativo dell'aviazione civile. L'incidente di Linate dell'8 ottobre, che provocò 118 vittime, fece gridare allo scandalo e molti si chiesero come fosse possibile che l'aviazione civile italiana e l'assistenza al volo avessero raggiunto un simile degrado sia nei sistemi operativi, sia nei livelli di professionalità degli addetti.
Prima della conclusione del processo di Linate si è lavorato alacremente per adeguare alcuni dei maggiori aeroporti, tra cui in particolare Linate, ai requisiti previsti dall'International Civil Aviation Organization (ICAO) e per revisionare la parte aerea del codice della navigazione. Purtroppo, però, la revisione del codice ha finito con il premiare quasi esclusivamente il criterio del bilanciamento degli interessi dei vari soggetti aeronautici. Nonostante le buone intenzioni del legislatore, il disordine che investe oggi il comparto dell'aviazione civile e conseguentemente la gestione degli scali, è andato aumentando per alcune ragioni che cercherò di sintetizzare.
La normativa generale dettata dal codice della navigazione si è andata confusamente a mescolare con aspetti organizzativi, la cui competenza dovrebbe essere rimessa a esperti e contenuta negli atti di organizzazione dell'ente regolatore, vale a dire di ENAC, dell'ENAV e delle società di gestione. Tutto l'impianto codicistico appare inadeguato a una realtà aeronautica moderna e ancor oggi fondato su schemi e lessico maggiormente calzanti per la navigazione marittima e incomprensibili per noi addetti ai lavori; per farvi un esempio, l'atterraggio è ancora definito «approdo», lessico ereditato dal regolamento di navigazione del 1925.
Il codice della navigazione ha voluto assegnare al regolatore il ruolo di unica autorità di regolazione tecnica in materia di aviazione civile. All'aggiornamento del quadro normativo internazionale avrebbe tuttavia dovuto far seguito un'azione di coordinamento da parte dell'ENAC, che non c'è stata. Il nuovo codice della navigazione ha ampliato a dismisura i compiti di ENAC, ma nulla ha detto su come l'ENAC dovrebbe reperire le risorse per far fronte a compiti così estesi.
La riforma del codice della navigazione ha finito per creare una situazione di duplicazione di funzioni, dispersione e diseconomie. La delicata funzione di vigilanza e controllo negli aeroporti e di polizia aeroportuale, funzione che va esercitata con maggiore attenzione nelle strutture periferiche, è svanita insieme alla figura del direttore di aeroporto. È quindi venuto a mancare un organismo che presieda e coordini direttamente un complesso notevole di funzioni, che non possono che essere pubbliche, ovvero un'authority aeroportuale. Chi vive quotidianamente la realtà di un aeroporto saprà illustrarvi cosa effettivamente avviene in aeroporto.
Ha suscitato in noi qualche perplessità l'assegnazione al privato gestore aeroportuale di funzioni tipiche delle authority pubbliche, quali quella di garante della sicurezza nonché di poteri di interdizione, anche questi tipici della funzione pubblica. Ci siamo sempre domandati come possa risolversi il conflitto di interessi privati e pubblici posto in evidenza anche dal processo di Linate per il disastro del 2001, dove è emerso fin dall'inizio come i soggetti pubblici dell'epoca, preposti a svolgere una funzione di controllo sulla capacità aeroportuale dello scalo, si siano dovuti piegare a esigenze commerciali che li hanno indotti a non ridurre drasticamente i movimenti aeroportuali in una giornata in cui le condizioni metereologiche erano proibitive. Appare opportuno sottolineare in proposito che in tutto il mondo aeronautico occidentale la natura giuridica delle autorità aeroportuali, anche quando partecipata da privati, rimane
sempre a prevalenza pubblica.
Oggi, i servizi di assistenza al volo sono forniti da ENAV, ma in conformità a una regolamentazione emanata da ENAC. In Italia, infatti, si è voluto dare applicazione al criterio dell'indipendenza dell'autorità di regolazione e di vigilanza, cioè dell'ENAC, dai fornitori di servizi della navigazione aerea, cioè ENAV, mediante una
netta distinzione degli enti, a differenza di quanto è avvenuto in molti altri Paesi, non solo europei, nei quali questa indipendenza è garantita esclusivamente a livello funzionale. Questa soluzione è anche coerente con la regolamentazione europea, mentre la nostra si è rivelata scarsamente efficace sul piano operativo e ancor più sul rapporto tra costi e benefici.
Altra lacuna per noi preoccupante è la mancanza di un organo tecnico ministeriale di supervisione sovraordinato ad ENAC. In merito, è sintomatico il paragone con l'ordinamento aeronautico statunitense, nel quale l'ispettore generale del Department of Transportation ha il potere di sorveglianza sulla pur indipendente Federal Aviation Administration.
Per quanto concerne la sicurezza del volo sugli aeroporti, è necessario segnalare una impropria gestione degli incidenti e degli inconvenienti aeronautici. Più volte ANACNA ha segnalato come l'Unione europea abbia relegato l'Italia agli ultimi 6 posti dei 27 Paesi per sistema legale e just culture, ovvero adeguata cultura aeronautica. Questo è stato ribadito in più rapporti, anche di Eurocontrol.
La sicurezza si fa con la prevenzione, incoraggiando il reporting e quindi la costruzione di banche dati su informazioni di sicurezza riservate, fornite su base volontaria. Questi principi, ormai condivisi a livello mondiale, stentano ad avere pratica attuazione nel nostro Paese, anche per problemi legati a un ordinamento giuridico e a un sistema giudiziario datati.
Recentemente, ANACNA ha anche segnalato alla Presidenza del Consiglio, che è l'organo vigilante, l'inadeguatezza e la scarsa tempestività con la quale sono state condotte talune inchieste aeronautiche da parte dell'Agenzia nazionale della sicurezza del volo. Allo stesso modo si è intervenuti con il decreto legislativo n. 118 del 2008, recante attuazione della direttiva relativa alla licenza comunitaria dei controllori del traffico aereo riguardo al quale ANACNA ha segnalato un'incongruenza eclatante del decreto rispetto alle direttive europee, ossia l'istituzione di un nesso automatico tra un singolo evento pregiudizievole per la sicurezza del volo e la sospensione o la revoca della licenza, dell'abilitazione o della specializzazione. Non posso approfondire più di tanto questo aspetto, che tuttavia meriterebbe una lunga trattazione dal punto di vista dell'opera di prevenzione e della sicurezza del volo.
Si tratta di un sistema sanzionatorio inconciliabile con l'immunità per chi segnala eventi di pericolo garantita dall'articolo 9 del decreto legislativo n. 213 del 2006, e che scoraggia definitivamente ogni operatore aeronautico a segnalare eventi pregiudizievoli per il volo e quindi a fare prevenzione. Tale decreto, se applicato, produrrà effetti devastanti sul piano della sicurezza del volo; oggi, in Italia, è praticamente inattuato, perché il reporting è quasi nullo, differentemente da quanto avviene per esempio in Danimarca.
PRESIDENTE. Cosa vuol dire reporting?
BRUNO BARRA, Presidente di ANACNA. Reporting significa riportare, senza avere problematiche di sanzionabilità, cioè senza essere perseguiti, eventuali errori che si commettono durante la resa del servizio. Se infatti capita un evento di pericolo e qualsiasi operatore lo comunica - gli errori operativi capitano quotidianamente nello svolgimento di attività ad alto coefficiente di rischio, come succede anche in ambiente medico - è possibile costruire una banca dati e, sulla base di tutti gli errori operativi riportati, adottare interventi correttivi. In Danimarca, questo è stato attuato nel 2002, e le notifiche di errori sono passate da 40-50 a 1000 all'anno.
PRESIDENTE. Vorrei solo una precisazione. Questo ha anche un'incidenza sui problemi assicurativi?
BRUNO BARRA, Presidente di ANACNA. No, assolutamente. Non vorrei rubare troppo tempo per questo argomento, che tuttavia è molto importante per noi e per altre categorie a cosiddetto «rischio autorizzato»,
ma si tratta di un problema di cultura e di mentalità giuridica. Se infatti l'ordinamento giuridico di un Paese prevede che, in presenza di un evento di pericolo, ci sia la perseguibilità addirittura giudiziaria, l'operatore è dissuaso dal fare la segnalazione; con il decreto legislativo n. 213 si introduce una procedura cui si dovrebbe dare attuazione pratica, ma che in realtà nessuno osserva. Le banche dati quindi non esistono, non sono operative, non si fa prevenzione. Sarebbe quindi illusorio ritenere che in Italia siano stati già raggiunti elevati livelli di sicurezza del volo come in altri Paesi europei, perché così non è.
Urge quindi un intervento del legislatore per allineare il codice della navigazione e la parte aerea alle direttive e regolamentazioni europee, che incoraggiano il reporting volontario e obbligatorio di eventi pregiudizievoli per il volo. Per attuare ciò sarà probabilmente necessario intervenire anche sul piano dell'ordinamento giuridico nazionale, in particolare avviando un più generale processo di modernizzazione dei codici.
È necessario qui fare un inciso per questo delicato aspetto. Unitamente ad altre categorie che svolgono attività a cosiddetto «rischio autorizzato», quali medici, piloti, forze dell'ordine e militari, ANACNA ha tracciato un possibile percorso comune, per sensibilizzare il legislatore a rivedere, anche nell'ambito della progettata riforma del codice penale, il concetto di colpa in presenza di errore umano. L'associazione ha auspicato con la Società italiana di chirurgia la condivisione di una strategia comune, mirata a far apportare correttivi alle norme che innescano procedimenti penali a carico di tutti quei professionisti che operano in situazioni di rischio non sempre riconoscibile.
La proposta che si andrà a elaborare tenderà a limitare facili criminalizzazioni e conseguenti sanzioni penali per violazioni involontarie e non intenzionali, che possono prodursi nello svolgimento di attività complesse. Si tratta quindi di una proposta di correttivi costruita nella logica di una cultura giuridica più moderna e rispettosa delle indicazioni internazionali, volte a incoraggiare la comunicazione degli errori professionali, per fare opera di prevenzione a vantaggio della salute e dell'incolumità dei cittadini.
Non si tratta di una cosa che nasce da noi; ci sono in proposito raccomandazioni dell'ICAO, del National Transportation Safety Board, di tutte le federazioni dei piloti e dei controllori, dell'International Fligth Safety Committee, di Eurocontrol, ma noi non recepiamo queste raccomandazioni volte ad evitare le facili criminalizzazioni di fronte a errori professionali di categorie che operano con alto coefficiente di rischio e responsabilità, perché si pensa che questo faccia diminuire il livello di sicurezza del volo. Si tratta di un concetto fondamentale, sul quale ci stiamo battendo da più di venti anni.
L'analogia tra le categorie a rischio autorizzato ha fatto emergere l'esigenza di creare una regola generale, che faccia andare oltre la cultura della colpa. Siamo in questa autorevole sede, in qualità di esperti di ANACNA e STASA, per portare un contributo di idee di coloro che operano in prima linea e avvertono maggiormente l'esigenza di risposte precise all'inadeguatezza normativa e organizzativa, dalla quale frequentemente è derivato, oltre che un senso di disagio, anche un accrescimento di responsabilità giuridiche in capo ai controllori del traffico aereo e ad altri operatori.
Nel tempo, sono state avanzate proposte su come adeguare il nostro vacillante comparto del trasporto aereo e dei trasporti in genere per ricondurre il tutto a sistema, ma si sono purtroppo scontrate con gli egoismi di ciascuna componente istituzionale e con velleitarie rivendicazioni localistiche. Sono dunque necessari interventi sul piano organizzativo e regolamentare idonei ad allineare la nostra aviazione civile e la nostra rete aeroportuale ai Paesi aeronauticamente più evoluti.
In relazione a ciò, ANACNA formula le seguenti proposte: l'accorpamento di ENAC, ENAV e gestioni aeroportuali sotto
un unico organismo simile alla Civil Aviation Authority inglese o alla statunitense Federal Aviation Administration, lasciando tuttavia a ciascun ente la propria indipendenza funzionale; la costituzione di un organismo ministeriale tecnico di supervisione, vigilanza e controllo sovraordinato alla Civil Aviation Authority nazionale; la creazione di una scuola unica per tutti gli operatori dell'aviazione civile, che in Francia esiste già dal dopoguerra, dal momento che creare una cultura aeronautica comune rende più proficui i coordinamenti tra i vari soggetti; lo spostamento dalla Presidenza del Consiglio alle apposite Commissioni parlamentari delle attività di vigilanza sull'operato dell'Agenzia nazionale della sicurezza del volo. Tale agenzia è oggetto di riordino e il 15 ottobre scorso è stato approvato dal Consiglio dei ministri uno schema di decreto presidenziale di riorganizzazione. Sarebbe auspicabile un intervento per rendere
svincolata da possibili influenze politiche l'Agenzia nazionale della sicurezza del volo, organismo che attualmente risponde solo alla Presidenza del Consiglio dei ministri, mentre in altri Paesi non è così.
Proponiamo, inoltre, per la gestione degli aeroporti: lo studio di un sistema simile a quello spagnolo, in cui esiste una sola società di gestione per tutti gli aeroporti, la AENA, ed è pubblica, come le società di gestione di tutti gli aeroporti europei; l'inserimento dei princìpi del decreto legislativo n. 213 nel Titolo VIII del Codice della navigazione, dedicato alle inchieste tecniche sugli incidenti e sugli inconvenienti aeronautici; la rivisitazione, anche nell'ambito della progettata riforma del codice penale, del concetto di colpa in presenza di errore umano commesso da professionisti che svolgono attività a rischio autorizzato.
Ora entro nello specifico dei motivi che ritengo abbiano indotto questa Commissione a svolgere questa indagine conoscitiva, ovvero l'assenza di una moderna pianificazione di un sistema aeroportuale nazionale. Come già esposto da un esperto in sistemi aeroportuali audito prima di noi, gli aeroporti italiani sono afflitti da mali storici. Si tratta per la quasi totalità di aeroporti militari adattati al traffico civile, per cui s'incontrano disfunzioni derivanti dall'originaria realizzazione per altri scopi. Solo qualche aeroporto è stato realizzato successivamente da enti non aeronautici, come quello di Malpensa, ma i risultati non sono stati esaltanti. In Italia, una pianificazione coordinata non è quindi mai esistita.
Con la liberalizzazione europea, ogni aeroporto si è fatto carico di una propria imprenditorialità. C'è stato uno sviluppo disordinato, aspetto su cui non ci soffermiamo in quanto molto è stato detto compiutamente da chi ci ha preceduto. Per quanto riguarda il ruolo degli aeroporti italiani e la devastante tendenza di taluni a voler il proprio aeroporto sotto il campanile, si dirà qualcosa trattando del sistema aeroportuale romano.
Avrete ascoltato numerose considerazioni sugli scali. Ne abbiamo 105, di cui 37 sufficientemente utilizzati mentre i rimanenti 68 sono militari o aperti solo al traffico dell'aviazione generale. Nella relazione che abbiamo depositato sono riportati gli indici di movimenti aerei e passeggeri relativi al 2008 e al primo semestre del 2009.
Come sapete, gli aeroporti si dividono in comunitari, nazionali e regionali, a seconda del numero dei passeggeri. Secondo questa suddivisione, dei 37 aeroporti utilizzati, 2 sono aeroporti comunitari: Fiumicino e Malpensa, 5 nazionali: Bergamo, Catania, Linate, Napoli, Venezia, e 30 regionali. È necessario ripensare la politica di sviluppo aeroportuale nel quadro di un sistema europeo intermodale, intelligente e maggiormente vicino alle esigenze di mobilità della maggior parte dei cittadini.
ANACNA e il centro di studi STASA, in linea con i prevalenti orientamenti dell'Unione europea, non sono favorevoli alla realizzazione di mega-aeroporti classificati come nazionali e comunitari, laddove non se ne avverta la necessità, senza svolgere un'accurata verifica del sistema aeroportuale di riferimento. Dovrebbero essere attentamente valutate le conclusioni cui
pervengono annualmente le Commissioni di Eurocontrol in relazione alla performance dei principali aeroporti europei. Abbiamo tanti piccoli aeroporti e pochissimi sono conformi alle condizioni minime previste dalla normativa; c'è stata un'incontrollata crescita di infrastrutture, cui non è corrisposto un intervento sistemico. Il documento depositato alla Commissione è il risultato di analisi tecniche operative, al fine di determinare i livelli ottimali e le indicazioni programmatiche ritenute indispensabili per un adeguamento del nostro sistema a quelli internazionali più efficienti.
Anche gli aeroporti comunitari come Malpensa sono stati progettati e sono cresciuti senza un adeguato programma di utilizzazione e sviluppo, creando non pochi problemi. A titolo di esempio, le runway incursion occorse a Malpensa negli ultimi dieci anni sono quasi pari a quelle che avvengono su tutti gli aeroporti nazionali, fenomeno allarmante, dovuto al fatto che il layout dell'aeroporto di Malpensa è nato in maniera sbagliata e continua ad operare in maniera sbagliata. Dal punto di vista operativo e logistico, infatti, l'aeroporto poteva essere realizzato meglio.
La gravità di tale risultato risiede in un progetto definito senza il fattivo contributo di esperti aeronautici, in particolare di piloti e controllori, che sono i primi veri clienti-utenti della struttura aeroportuale. È nostra opinione che le disfunzioni operative siano frequentemente dipendenti da logiche di localizzazione e progettazione inadeguate sotto il profilo legislativo, programmatico e gestionale.
Nella relazione depositata è stato anche approfondito l'aspetto relativo ai criteri che devono ispirare la scelta di localizzazione degli aeroporti. Il nostro Paese dispone mediamente di un aeroporto ogni 70-80 chilometri. Non riuscendo a promuovere una scelta sistematica e intermodale dei trasporti, registra un incolmabile ritardo nel potenziamento dell'unico modo di trasporto pulito: le ferrovie. La lunghezza della nostra alta velocità è circa un terzo di quella della Germania, della Spagna, della Francia.
La configurazione orografica e la stessa conformazione geografica del nostro Paese imporrebbe una cura crescente allo sviluppo del traffico aereo come sistema integrato con gli altri mezzi di trasporto. Sarebbe opportuno classificare gli aeroporti in funzione del volume di traffico previsto nei prossimi dieci anni e completare singoli piani regolatori di aeroporto. Vorremmo evitare che si ripeta quanto è successo con l'apertura dell'aeroporto di Malpensa. Non siamo comunque contrari alla creazione di un'intelligente rete di piccoli aeroporti regionali, atta a soddisfare le esigenze di sviluppo locale e a fronteggiare eventuali crisi di capacità degli aeroporti nazionali e comunitari. Per questa tipologia di aeroporti l'Unione europea prevede anche finanziamenti.
In Italia, disponiamo di troppi aeroporti inutilizzati o sottoutilizzati. Con interventi meno velleitari e con piccoli investimenti potremmo potenziarne alcuni, rendendoli strutture adeguate che movimentano passeggeri e aeromobili, e che siano compatibili con il territorio sotto il profilo ambientale.
Nella relazione troverete un'ampia trattazione scientifica delle problematiche di tipo ambientale e delle metodologie articolate che si dovrebbero seguire per localizzare nuovi aeroporti, ovvero le analisi multicriterio che il nostro Paese non ha mai seguito. Di queste vi fornirà un breve resoconto il nostro esperto, il dottor Rossi.
Per dare un'idea di come si possa compiere in modo disordinato la scelta di localizzazione di un aeroporto senza che sia preceduta da un'ampia opera di pianificazione, è sufficiente considerare quanto proposto in questi ultimi tre anni, per risolvere la nota problematica dell'eventuale chiusura di Ciampino nel quadro di una rivisitazione del sistema aeroportuale romano. Il dibattito ancora aperto, relativo all'opportunità di realizzare a Viterbo il terzo aeroporto del Lazio - una volta chiuso Ciampino sarà il secondo - pare destituito di fondamento e
destinato a fallire nel tempo per una molteplicità di ragioni di carattere tecnico, logistico, economico e ambientale, che troverete ampiamente descritte nella relazione.
È infine necessario riflettere sul maxi piano di investimenti miliardari, riflessione che purtroppo nella relazione non è contenuta, di 3,6 miliardi in dieci anni, che poi dovrebbero diventare 10 miliardi nel 2035, che consentirà a Fiumicino di passare da 35 a 65 milioni di passeggeri e in futuro, a 100 milioni di passeggeri. Non è dato sapere come si possa conciliare questo con la nascita di un altro grande aeroporto da realizzare a 70 chilometri da Fiumicino, che diventerà un aeroporto ad elevatissima capacità.
Riteniamo invece che per ciascun aeroporto minore regionale debba essere individuata un'appropriata e specifica funzione, compatibile con il territorio e con il suo sviluppo sostenibile. Per l'aeroporto di Viterbo era stata correttamente individuata, come naturale vocazione, quella di quella di essere un centro interregionale di protezione civile per la sua ubicazione centrale, vicina ai laghi, al mare, che rendeva ottimale questa sua utilizzazione. Il suo potenziamento infrastrutturale avrebbe permesso di ospitare anche qualche volo regionale per lo sviluppo territoriale del viterbese e delle zone limitrofe.
Anche per gli altri aeroporti alcuni studi avevano individuato analoghe situazioni di vocazione territoriale, ma la fretta di risolvere il problema di impatto ambientale della popolazione di Ciampino e di Marino, originata dalla crescita esponenziale dei movimenti di Ciampino, ha per un verso condizionato la politica, sollecitata da velleitari interessi locali, e per l'altro verso indotto le istituzioni aeronautiche ad assentire, per quieto vivere, ad una scelta condivisa nelle esternazioni ufficiali e negata nella sostanza dell'agire. Il processo di delocalizzazione è stato maggiormente influenzato da spinte localistiche e interessi particolari che non dalla consapevole e ragionata necessità di risolvere problematiche ambientali e di crisi di capacità ricettiva del sistema aeroportuale romano.
Ci si è mossi, a nostro giudizio, in modo confuso e contraddittorio. Al di là di superficiali valutazioni comparative svolte da ENAC sul piano prevalentemente operativo e di gestione ottimale dello spazio aereo nord-sud di Roma, non risulta esservi ancora un vero studio di fattibilità. Si tratta quindi di una scelta politica non preceduta dalle indispensabili e approfondite valutazioni tecniche di tipo economico, logistico e ambientale. La stessa ENAC, per bocca di uno dei suoi massimi esperti, ha parlato di investimenti necessari e cospicui, di lunghi tempi realizzativi, di risorse disponibili che non sono disponibili, di certezze sul modello concessorio da verificare in ambito europeo.
A nostro avviso, non esistono ancora le condizioni minime per decidere di realizzare un'imponente e per certi versi devastante opera pubblica, senza un progetto preliminare corredato di tutti gli elementi tecnico-economici e i sondaggi e carotaggi necessari. Si sono inutilmente persi tre anni per dibattere animosamente questioni sulle quali non si aveva alcun dato tecnico-economico né contezza, e quindi ventilate a velleitarie ipotesi di fattibilità.
Nonostante un recente comunicato stampa ministeriale, ci pare di capire che, come asserito qualche mese fa anche dal presidente dell'ENAC, Vito Riggio, la verifica sulla delocalizzazione dell'aeroporto di Ciampino a Viterbo debba ancora iniziare, se mai inizierà dopo la presentazione del grande piano di Fiumicino. Ancor prima che la concessionaria Aeroporti di Roma (ADR) inizi a svolgere le attività a lei demandate da ENAC, propedeutiche a verificare se sotto i vari profili sopra indicati il sito di Viterbo si presti a essere oggetto di delocalizzazione e quindi si debba procedere a modificare l'esistente sistema romano, sulla base dei regolamenti europei è necessario informare i 27 Paesi dell'Unione europea e la Commissione europea. Quando si cambia un sistema aeroportuale è infatti previsto che venga informata la Commissione europea
e che essa renda pubblica la decisione sulla Gazzetta Ufficiale. Diversamente, qualsiasi attività in funzione della modifica del sistema aeroportuale romano in violazione delle norme comunitarie e di una legge di recepimento è da ritenersi nulla.
Il presidente Riggio ha sottolineato che, se si vuole realizzare un nuovo scalo, i collegamenti dovranno essere potenziati secondo quanto previsto dall'Unione europea e che, se non si potenzia la ferrovia, non ci sarà nessun aeroporto, almeno finché lui sarà il presidente dell'ENAC. Ci chiediamo dunque perché buttare soldi pubblici per progettazioni, studi di fattibilità, costose verifiche tecniche, carotaggi idrogeologici, senza aver prima riscontrato con la società Ferrovie dello Stato la possibilità di realizzare in tempi ragionevoli il collegamento Roma-Viterbo.
Entrando nel merito di questa assurda localizzazione, è lecito porsi una serie di riserve sulla coerenza di questa scelta con la diversa politica perseguita dalla Commissione europea, sui tempi ristretti che sono stati ventilati - si è parlato di soli 4 anni per fare una ferrovia ex novo - sulla possibilità che possa risultare sostenibile in fase progettuale un aeroporto ubicato a poco più di 2 chilometri dalla città.
I costi dell'operazione ammontano a quasi 2 miliardi di euro di sole spese per infrastrutture e logistica di supporto, cui va sommato il costo dell'aeroporto. Vorremmo sapere quindi chi finanzierà costi così ingenti, se sarà la società di gestione Aeroporti di Roma a farlo. Per quanto riguarda il programmato sviluppo della città di Viterbo, due terzi dei bacini termali, i più belli, giacciono nel perimetro aeroportuale descritto dal documento programmatico ministeriale.
Questo aeroporto dovrebbe arrivare ad avere da un minimo di 5 milioni a un massimo di 20 milioni di passeggeri all'anno. Per quanto riguarda i danni che si verrebbero a produrre, le emissioni di un grande aeroporto sono note a tutti e impatterebbero con forza su un'agricoltura di qualità come quella viterbese. Emerge poi la contraddizione tra questo progetto e la volontà di potenziamento dell'aeroporto di Fiumicino, che per certi versi condividiamo pienamente. Sarebbe infatti sufficiente rendere Fiumicino un grande aeroporto, alla stregua di Charles de Gaulle o Heathrow, e collegarlo in modo efficiente con tutti i centri di rilievo della regione Lazio e si otterrebbe lo stesso risultato con costi decisamente inferiori.
Ci chiediamo inoltre come si concilino queste decisioni governative - le ricadute economiche di rilievo sul piano nazionale europeo, nonché la diatriba tra province che ambiscono a ospitare questo secondo grande aeroporto - con le parallele attività politiche volte a dare finalmente all'Italia dopo quarant'anni una pianificazione ragionata, ordinata e sistemica degli aeroporti.
Ci riferiamo ovviamente non solo a questa importante indagine conoscitiva, per la quale manifestiamo il nostro più vivo apprezzamento, ma anche alle iniziative promosse dallo stesso Ministro Matteoli, che ha affidato a un raggruppamento di imprese l'elaborazione di uno studio «sul futuro sviluppo della rete aeroportuale nazionale quale componente strategica dell'organizzazione infrastrutturale del territorio». Lo studio ha richiesto una spesa di circa 600.000 euro e sembra probabile la sua pubblicazione entro la fine di questo mese. Sarebbe interessante essere riascoltati dopo averne preso visione. Si tratta di una nobile, ma tardiva iniziativa, quasi contemporanea alla diffusione di un generico documento programmatico di sviluppo per il nuovo aeroporto di Viterbo.
La maggior parte degli addetti al settore dell'aviazione civile ha tuttavia manifestato perplessità sulla rilevanza giuridica delle iniziative promosse e discusse dalla regione Lazio relativamente alla nascita di quest'aeroporto e anche degli aeroporti di Frosinone e Latina, prima ancora che si conoscesse il futuro sviluppo della rete aeroportuale nazionale, che dovrebbe essere ripianificata.
Fermamente contrarie sono state le compagnie low-cost, la Ryanair, e l'IBAR (Italian Board Airline Representatives).
Siamo d'accordo con quanto espresso dall'IBAR, ma anche la popolazione è preoccupatissima per il processo di «ciampinizzazione» che potrebbe compiersi a Viterbo. Nonostante tutte queste controindicazioni, qualora si decidesse di costruire un aeroporto internazionale a nord di Roma, l'attuale aeroporto T. Fabbri di Viterbo non sarebbe la sede più adatta. Attraverso un'analisi multicriterio che abbiamo predisposto e inserito nella relazione depositata, si è infatti evidenziato come in base a determinati parametri non costituisca la localizzazione ottimale.
Nel ringraziarvi per l'attenzione, passerei la parola al dottor Rossi per una brevissima relazione sulle problematiche ambientali e di localizzazione.
FRANCESCO ROSSI, Consulente di ANACNA per le tematiche ambientali. Buongiorno a tutti. Desidero solo riassumere la nostra indagine conoscitiva sul punto di vista ambientale e sull'analisi multicriterio.
Negli ultimi anni, si è sentito molto parlare di sostenibilità ambientale, concetto al quale si sono affiancati quelli di prevenzione di catastrofi e di previsione di fenomeni naturali. La natura agisce secondo un suo schema tanto semplice quanto imprevedibile. Quando si modifica l'omeostasi del sistema naturale si va incontro, a seconda delle zone e dei progetti, a reazioni più o meno pesanti. Per il concetto di sviluppo, l'antropizzazione dell'ambiente che ci circonda non può essere fermata e non esisterebbe progresso senza inquinamento. Le opere che si costruiscono, però, incidono in maniera diversa sul sistema, creando conseguenze diverse geograficamente e temporalmente.
Esistono impatti apprezzabili contestualmente all'avanzare dell'opera o impatti che si palesano solo nel medio-lungo periodo. Esistono anche inquinamenti di tipo puntuale, regionale o globale in base all'area che ne subirà le conseguenze. Esempio eclatante di inquinamento regionale è quello delle emissioni gassose che danno origine a piogge acide, con tutte le ripercussioni geopolitiche che ne conseguono; per gli inquinamenti globali, uno su tutti l'aumento di emissione di CO2 e l'effetto serra che ne consegue, che si è cercato di frenare con strumenti politici internazionali, quali il Protocollo di Kyoto.
Fortunatamente, la natura ha un suo potere autodepurante, grazie al quale le sostanze immesse nei vari comparti con il tempo diffondono, diluiscono, complessano, si degradano e spariscono. Ovviamente, i tempi differiscono a seconda delle quantità e della composizione dei vari composti xenobiotici emessi.
Per quanto riguarda l'ubicazione di uno scalo aeroportuale, gli impatti da prevedere sono diversi e diffusi. A livello puntuale, si deve fotografare la situazione ante operam e si deve stimare pragmaticamente quali saranno le modificazioni che un'opera così grande provocherà sul territorio, in base a un tipo di aeroporto che politicamente si è scelto di costruire. La scelta su due piedi e per ragioni meramente politiche dell'ubicazione del sedime è, però, controcorrente rispetto a tutte le conquiste sociali, scientifiche e ambientali che sinora si sono ottenute. Qualora sia necessaria un'altra struttura del genere, la logica suggerisce di individuare un areale ove ubicare il progetto in base all'uso e di basare su di esso tutti gli studi per individuare a priori un luogo ove gli impatti siano minori, più ecosostenibili. Individuato il sito, si procederebbe poi alla compilazione del progetto, che è
differente caso per caso, per assecondare i tratti naturali della zona, mitigare ed eventualmente compensare le eventuali criticità specifiche. In particolare, per quanto riguarda l'aeroporto di Viterbo, ossia il sedime T. Fabbri, esso di trova a 1,5 chilometri dalla necropoli etrusca di Castel d'Asso e a pochi chilometri dalla necropoli di Ferento; inoltre si trova esattamente sul bacino che si vuole adibire a parco idrotermale nella provincia di Viterbo.
Non è scontato ritenere che un grosso impatto, se ben gestito, possa rappresentare un elemento di valorizzazione per il territorio stesso. La conquista scientifica per eccellenza in campo urbanistico (e non solo)
è rappresentata dall'analisi decisionale multicriterio (MCDA), strumento nato per fornire dati e aiutare il decisore politico ad affrontare la problematica della scelta dell'ubicazione per qualsiasi grande opera strategica. Questa tecnica consiste nello stimare i vari impatti che una struttura potrebbe produrre sui più disparati campi: economico, occupazione, ambientale, sanitario, culturale, sociale, e attribuisce a ciascuno un peso rispetto agli altri. Sulla base delle diverse alternative offerte e dei punteggi di ogni campo investigato, si ottiene un ranking per il quale vengono classificati i siti più idonei e quelli meno idonei ad accogliere l'opera stessa.
In bibliografia si trovano diversi studi già effettuati in Europa e nel mondo, che hanno usato la tecnica MCDA per diversi casi studio, per decidere dove ubicare gli inceneritori nella regione Piemonte, la gestione forestale in Italia, gli strumenti urbanistici in Olanda, Inghilterra, Germania, Stati Uniti, la scelta dei siti delle discariche, gli strumenti finanziari, le infrastrutture (c'è un bell'esempio sulla valutazione di impatto ambientale dell'università di Bologna), l'approvvigionamento di fonti energetiche, l'uso del suolo e gli aeroporti stessi. Per gli aeroporti di Caselle, di Lugano, o ancora in Turchia, in Messico, in Canada, negli Stati Uniti si sono utilizzate tecniche MCDA.
Sulla scorta di questo, si è cercato di compilare un'analisi per la scelta di un sito idoneo ad accogliere un aeroporto a servizio della città di Roma, in un areale a nord della capitale, localizzato nella provincia di Viterbo, e si sono utilizzate quattro alternative ubicate sulla carta, raggruppate in otto criteri con dodici sottocriteri. La scelta finale è ricaduta sul territorio di Montalto di Castro, per le sue caratteristiche di bassa densità di popolazione e per fattori orografici come la vicinanza con il mare, importante soprattutto per la dispersione degli inquinanti.
PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.
ANGELO COMPAGNON. Ho trovato estremamente interessante la relazione soprattutto per l'aspetto che riguarda la sicurezza, sul quale ho rilevato una rilevante preoccupazione. Su questo stiamo lavorando da tempo. Poiché, a causa dei miei impegni di segretario d'Aula, non posso assistere al prosieguo del dibattito, vorrei potervi rivolgere delle domande in forma scritta, soprattutto in ordine al profilo della sicurezza, e ricevere da voi le risposte successivamente. Grazie.
MARIO LOVELLI. Ringrazio per la documentazione e la relazione fornite, anche se mi pare che buona parte del vostro intervento sia dedicata alla problematica di Viterbo, che non è esattamente la materia specifica della nostra indagine. È un problema puntuale, di cui naturalmente teniamo conto, perché dalle vostre osservazioni emerge come la mancanza di una programmazione nazionale faccia sì che le localizzazioni degli impianti aeroportuali siano affidate a scelte di programmazione regionale, o in molti casi ad iniziative più localistiche.
Per quanto riguarda Viterbo, come gruppo, prendiamo atto delle osservazioni e ci riserviamo di fare approfondimenti di merito, anche perché ci avete informato del fatto che dal Ministero dei trasporti sta per essere ufficializzato questo studio sullo sviluppo della rete aeroportuale, di cui non avevamo informazioni aggiornate.
BRUNO BARRA, Presidente di ANACNA. È all'interno della relazione.
MARIO LOVELLI. Anche di questo vi ringraziamo, perché ci servirà per effettuare le nostre verifiche. Un punto di particolare interesse per noi è la questione dell'eventuale accorpamento di ENAC ed ENAV, su cui voi avanzate una proposta specifica, che dovremo prendere in considerazione alla fine di questa indagine.
Vorrei porvi una domanda sulle vostre considerazioni su Malpensa, laddove esprimete un giudizio molto critico sulla progettazione dell'aeroporto, sul layout sbagliato. In relazione a Malpensa e a Fiumicino,
poiché i piani di sviluppo sono appena stati presentati, vorrei chiedervi un ulteriore approfondimento e conoscere il vostro giudizio. Infine vorrei chiedervi una vostra opinione sul possibile aumento delle tariffe aeroportuali attualmente in discussione, in particolare se lo riteniate una scelta utile per programmare investimenti sulle infrastrutture aeroportuali.
VINCENZO GAROFALO. Innanzitutto grazie per la vostra relazione molto estesa, che abbiamo ascoltato con attenzione; vi ringrazio anche per il documento consegnatoci che sarà occasione di riletture, giacché, oltre alla parte che riguarda tutta la rete infrastrutturale e aeroportuale, interviene sugli aspetti di carattere ambientale, utilizzabili anche per altri tipi di infrastrutture, e sulle varie metodologie.
Desidero soffermarmi su una questione, perché avete centrato un tema che rischia di indurci a fare un'analisi facile della rete aeroportuale nazionale. Sappiamo tutti che i nostri aeroporti sono nati come aeroporti militari, e che, una volta aperti al traffico civile, hanno costituito una rete non ragionata, perché non si è tenuto conto - e il caso di Viterbo è ancora più grave, perché si tratta di in una nuova opera - della localizzazione strategica rispetto alle altre reti di trasporto.
Questo ha generato anche la nascita di nuovi aeroporti, che sono sorti non tanto per un egoismo territoriale quanto nella logica dell'utente, che deve prendere l'aereo per guadagnare tempo. Se l'aeroporto è lontano ore, la somma di tutte le modalità di trasporto vanifica l'utilizzo di una delle modalità più veloci.
Nel salvaguardare l'attuale rete aeroportuale e renderla migliore, ottimizzandola con strade aggiuntive per l'ultimo miglio o tratte ferroviarie, rischiamo di continuare ad avere una rete aeroportuale con i difetti di una rete nata in quel modo, piuttosto che pensare a qualche nuovo aeroporto, che forse ne cannibalizzerà qualche altro, ma darà un risultato di rete migliore. Vorrei conoscere la vostra opinione su questo, perché sono combattuto tra l'ipotesi di ottimizzazione l'attuale e quella di abbandonarne alcuni aeroporti e farne altri, decisione che richiede coraggio.
Mi ha sorpreso la vostra proposta di un'unica società di gestione aeroportuale nazionale, come in Spagna e nel resto d'Europa. Questa per me è una novità, che approfondirò, anche se nell'attuale indirizzo normativo di liberalizzazione questa scelta potrebbe frenare la competitività, che è uno degli obiettivi da perseguire, sempre a parità di condizioni di sicurezza.
L'ultima domanda è già stata posta dal collega Lovelli: vorremmo conoscere la vostra opinione sull'aumento delle tariffe aeroportuali.
GIACOMO TERRANOVA. Sarò rapido. Esprimo anche io il ringraziamento per questo lavoro che trovo estremamente interessante, completo e che tocca tutti i profili delle problematiche aeroportuali. Vorrei chiedervi alcuni chiarimenti su alcuni aspetti che sono stati sfiorati.
Al di là dell'approfondita valutazione negativa sullo scalo di Viterbo, non ho ben compreso la vostra idea sulla vicenda relativa all'aeroporto di Ciampino, riguardo al mantenimento di questo scalo, alla limitazione del numero di movimenti, alle possibilità di sviluppo.
Ricollegandomi alle considerazioni dell'onorevole Garofalo, anch'io sono stato colpito dalla identificazione di possibili soluzioni ad alcune problematiche con un appello a un'idea in assoluta controtendenza con il sistema, ormai considerato prevalente, degli affidamenti quarantennali alle società di gestioni o per periodi più brevi, qualora gli investimenti non siano adeguatamente rapportati e ammortizzati in un arco temporale così lungo e quindi dal confronto con modelli esistenti in altre realtà, che però sono assolutamente lontani e quindi non possono apparire come probabile scenario. Comprendo quindi meno questa parte della relazione, anche se è apprezzabile il contributo per tutti gli altri aspetti.
Ribadisco comunque un autentico ringraziamento, perché, da quando seguo i
lavori di questa Commissione, è uno tra i documenti più completi forniti da soggetti presenti in audizione. Grazie.
MARCO DESIDERATI. Una delle mie domande verte sulla questione del reporting. Vorrei sapere perché riteniate che l'attuale normativa scoraggi il reporting e quindi sia negativa rispetto a quello che dovrebbe succedere.
Vorrei anche capire la questione ENAC/ENAV e l'ipotesi di creare un nuovo organismo, che dovrebbe avere un ulteriore controllo da parte di un comitato tecnico, per capire come funzioni all'estero e come questa proposta sarebbe attuabile in Italia.
PRESIDENTE. Anche io vorrei ringraziarvi per questa relazione che ho trovato interessantissima. Mi ha colpito moltissimo la differenza fra noi e il resto dell'Europa, che spero induca tutto il Governo e anche l'opposizione a riflettere in tempi rapidi sulle normative. Prima, mi sono permesso di intervenire per capire una cosa rispetto alle assicurazioni, perché spesso in Italia si innesca un meccanismo vizioso più che virtuoso.
Do la parola al presidente di ANACNA, Bruno Barra, per la replica.
BRUNO BARRA, Presidente di ANACNA. Partiamo dalla questione di Malpensa. In 13 anni, si sono spesi circa 2.000 miliardi per realizzare un layout operativo, che è abbastanza rischioso. Ho lavorato a Malpensa alla fine degli anni '60: c'era un layout che prevedeva una torre di controllo e due piste parallele, di fronte. L'aerostazione era a un dato punto di là dalla torre di controllo, non c'era nessuna interferenza, gli aeromobili andavano al parcheggio tranquillamente. Adesso non è più così: l'aerostazione è da un'altra parte, gli aeroplani che atterrano su una pista sono costretti ad attraversarne un'altra per andare in aerostazione, una cosa rischiosissima. Tutto questo diminuisce la capacità del traffico e crea una serie di runway crash.
Oltre a questo, da un punto di vista logistico, da trenta anni Malpensa attende un collegamento veloce con Milano, che non è stato realizzato. Ricordo che alla fine degli anni '80 come ANACNA ci siamo recati a Forlì a vedere il plastico e criticammo il progetto degli ingegneri, eppure il progetto è stato realizzato.
Quanto alle tariffe aeree, siamo favorevoli a un loro aumento nella misura in cui siano equiparate ai sistemi di tariffazione europei. La tariffazione deve infatti essere adeguata al servizio che si rende. Se, come avviene dal punto di vista dell'assistenza al volo, rendiamo un buon servizio, è giusto che le tariffe siano allineate a quei Paesi europei, che rendono un equivalente buon servizio alla navigazione aerea.
Le società di gestione aeroportuale si comportano in modo anomalo in molti aeroporti, poiché, invece di incassare le tariffe, pagano loro i vettori per farli venire sugli aeroporti. Abbiamo situazioni di bilancio preoccupanti, mentre la spagnola AENA ha un bilancio in attivo. In tutti i Paesi aeronauticamente più progrediti, anche laddove c'è una partecipazione del privato, la quota maggioritaria sugli aeroporti è quella pubblica, perché il pubblico deve garantire la sicurezza del volo.
Ho assistito a circa 52 udienze del processo di Linate ed è stato un esempio devastante. La confusione di competenze e la trascuratezza della SEA, che ha avuto due condanne, sono abbastanza evidenti. L'invito non era di imitare la Spagna, la portavo solo come esempio, ma un intervento del legislatore sarebbe quanto mai opportuno.
Quanto all'assetto futuro che dovrebbe avere la rete aeroportuale, per noi la chiave di lettura è molto semplice. Abbiamo 105 aeroporti, 68 dei quali sono militari o dedicati a un'aviazione non commerciale. Facendo un discorso di rete e di intermodalità, l'ipotesi di non creare nuove strutture aeroportuali e di potenziare la rete stradale o ferroviaria potrebbe creare qualche perplessità. Posso tuttavia citare esempi nazionali o internazionali. In questo primo periodo, l'alta
velocità ha già prodotto sulla Roma-Milano un abbassamento della domanda di trasporto aereo di circa il 30 per cento. Sulla Barcellona-Madrid, dove è stata realizzata un'equivalente alta velocità, la domanda di trasporto aereo è diminuita del 70 per cento, perché ci vuole un periodo di ambientamento.
Oggi, prendere l'aereo da Roma per andare a Milano è un nonsense, perché ci si impiega di più delle tre ore e un quarto del pendolino. ANACNA non ritiene calzanti neanche le previsioni di alcune organizzazioni internazionali quali Eurocontrol su un aumento vertiginoso della domanda di trasporto aereo nei prossimi vent'anni, proprio alla luce di questa nuova visione intermodale di potenziamento dell'alta velocità, che sta avvenendo nei Paesi più evoluti. Non condivido quindi l'ipotesi di costruire adesso nuove strutture aeroportuali con costi di miliardi.
Quella che riguarda Ciampino è una risposta lampo. Crediamo in molti che non sarà facile chiudere l'aeroporto di Ciampino all'improvviso, perché per dismettere Ciampino e spostare 5 milioni di passeggeri da un aeroporto all'altro è necessario realizzare in tempi tecnici ragionevoli un altro aeroporto. Dal momento che Fiumicino prevederà addirittura un terminal per le compagnie low cost, non se ne capisce la ragione. Conviene quindi potenziare Fiumicino, incrementare gli interventi su Fiumicino nel minor tempo possibile, ma è inutile costruire un altro aeroporto. Questa è la nostra visione.
PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di ANACNA per il loro intervento e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15,15.