Sulla pubblicità dei lavori:
Valducci Mario, Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SUL SETTORE DEL TRASPORTO FERROVIARIO DI PASSEGGERI E MERCI
Audizione di rappresentanti di Ferrovie dello Stato Spa:
Valducci Mario, Presidente ... 3 6 13 19 24
Bergamini Deborah (PdL) ... 15
Cardia Lamberto, Presidente di Ferrovie dello Stato Spa ... 3
Di Vizia Giancarlo (LNP) ... 17
Elia Michele, Amministratore delegato di RFI Spa ... 24
Garofalo Vincenzo (PdL) ... 15 20
Lovelli Mario (PD) ... 14 19 23
Meta Michele Pompeo (PD) ... 18 19
Moretti Mauro, Amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Spa ... 6 19 20 23
Nizzi Settimo (PdL) ... 14
Velo Silvia (PD) ... 19 24
ALLEGATO: Documento depositato dai rappresentanti di Ferrovie dello Stato Spa ... 25
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.
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Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 14,10.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul settore del trasporto ferroviario di passeggeri e merci, l'audizione di rappresentanti di Ferrovie dello Stato Spa.
Sono presenti il professor Lamberto Cardia, presidente di Ferrovie dello Stato Spa, l'ingegner Mauro Moretti, amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Spa, l'ingegner Vincenzo Soprano, amministratore delegato di Trenitalia Spa, l'ingegner Michele Elia, amministratore delegato di RFI Spa, la dottoressa Barbara Morgante, direttore centrale strategie e pianificazione di Ferrovie dello Stato Spa, il dottor Federico Fabretti, direttore relazioni con i media di Ferrovie dello Stato Spa e la dottoressa Antonella Azzaroni, responsabile degli affari istituzionali di Ferrovie dello Stato Spa.
Do la parola al presidente di Ferrovie dello Stato Spa, Lamberto Cardia, per lo svolgimento della sua relazione.
LAMBERTO CARDIA, Presidente di Ferrovie dello Stato Spa. Signor presidente, onorevoli deputati, desidero innanzitutto ringraziarvi, da parte mia e del gruppo Ferrovie dello Stato italiane, dell'invito a intervenire in occasione dell'indagine conoscitiva in svolgimento che, tra i fini perseguiti, oltre a quello di raccogliere notizie tempestive e aggiornate sui risultati operativi e sul piano di sviluppo del gruppo, ha certamente quello di fare chiarezza sulle regole che presiedono lo stato di attuazione del processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario di passeggeri e merci in ambito nazionale ed europeo e altresì di conoscere l'attuazione pratica che i soggetti interessati - in particolare quelli operanti in Italia - danno all'esistente regolamentazione.
I mutamenti in atto nello scenario economico e sociale europeo fanno da cornice alle scelte strategiche che il nostro Paese è chiamato a compiere nei prossimi anni, scelte che determineranno il futuro posizionamento quantomeno nello scacchiere continentale. L'Italia, pertanto, deve essere pronta a raccogliere la sfida europea, aprendosi al confronto nel mercato globale, nel rispetto delle differenze culturali, sociali ed economiche che lo contraddistinguono. È, infatti, in un contesto europeo che occorre ricercare soluzioni condivise e condivisibili.
Il settore del trasporto ferroviario, come gran parte dei settori strategici del nostro Paese, attraversa una fase di profonde trasformazioni. Ci troviamo di fronte all'esigenza di garantire servizi sempre migliori, adeguati alle richieste di una popolazione che utilizza sempre più il
treno come mezzo di trasporto, pur se tale esigenza deve confrontarsi con limitate disponibilità di risorse.
Sarà compito dell'ingegner Moretti esporre, tra l'altro, i risultati del gruppo e i contenuti del piano di sviluppo avviato. Desidero, però, richiamare alcuni punti: un risultato di bilancio consolidato nel corso dell'ultimo triennio progressivamente in crescita; la transizione volontaria, a partire dal bilancio 2010, con first time adoption dal 1o gennaio 2009, ai princìpi contabili internazionali IAS/IFRS, ponendo con ciò le premesse per poter assumere, ove ritenuta opportuna, la decisione di accesso ai mercati dei capitali sotto forma sia di emissioni di obbligazioni o di altri titoli di debito, collocati in misura diffusa presso il pubblico, sia di avvio di potenziali processi di quotazione in borsa; le iniziative mirate a conquistare remunerative quote di mercato anche all'estero, mediante lo sviluppo diretto dei propri business attraverso l'acquisizione di realtà già presenti oltre confine.
Oggi, il gruppo rappresenta una realtà di sicuro affidamento. È, infatti, innegabile che la rete ad alta velocità e alta capacità rappresenta il fiore all'occhiello del nostro operato. Tuttavia, si è ben consapevoli che i lusinghieri risultati raggiunti non costituiscono un punto di arrivo, bensì di partenza e un volàno rispetto a ulteriori importanti interventi di cui necessitano altri comparti del sistema ferroviario nazionale. Mi riferisco, in particolare, al trasporto regionale e metropolitano e al trasporto merci. In queste aree molto è stato fatto, ma tanto ancora si deve fare per garantire alla popolazione standard qualitativi degni di un Paese moderno.
Il gruppo ha destinato ingenti investimenti alla ricerca e allo sviluppo delle tecnologie più avanzate nel settore della sicurezza, che hanno consentito di dotare la rete e i treni di sistemi di sicurezza intelligenti, che intervengono a sostegno dell'uomo, frenando automaticamente il treno, fornendo informazioni e guidando a distanza. Tutto ciò rende le ferrovie italiane tra le più sicure al mondo.
Anche la protezione dell'ambiente è da anni al centro delle scelte strategiche del gruppo. È noto l'impegno a favore dell'efficienza energetica e della razionalizzazione dell'uso delle risorse naturali, come è ugualmente noto il rispetto dedicato, nello svolgimento delle nostre attività, a tutte le matrici ambientali. Ne sono riprova la recente introduzione del biglietto verde, nonché la riduzione di emissioni di CO2 (quasi 500 mila tonnellate di CO2 due in meno nel 2010); tutte iniziative tendenti a garantire alle generazioni future la fruizione di un ambiente ad alta vivibilità.
Oltre ai problemi di gestione e di sviluppo, con specifico riguardo ai settori più bisognevoli di potenziamento e razionalizzazione, si presentano, con progressiva e manifestata consistenza, problematiche afferenti alla regolamentazione del sistema.
A questo proposito, per evitare di perdere tempo, lascio un documento scritto - che rimarrà agli atti - che riporta tutti i dati dei soggetti che operano nel sistema, anche perché sono certo che sono da tutti conosciuti ancor più di me.
La governance del settore ferroviario prevede la presenza di una pluralità di soggetti indipendenti che regolano il funzionamento del mercato e controllano la conformità delle attività delle società del gruppo Ferrovie dello Stato con i princìpi della concorrenza, verificando altresì la corretta gestione finanziaria dei contributi pubblici. In primo luogo, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti rilascia licenze e titoli autorizzatori alle imprese ferroviarie, nonché l'atto di concessione al gestore delle infrastrutture nazionali, e definisce il canone di accesso alle infrastrutture ferroviarie. Vi è, poi, l'Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari (URSF), istituito nel 2003, che ha poteri prescrittivi su procedure e tempistiche per l'assegnazione di capacità di infrastrutture contenute nel prospetto informativo della rete (PIR), pubblicato dal gestore; si pronunzia sui ricorsi in
materia di accesso alle infrastrutture e verifica l'eventuale lesione dell'equilibrio economico di un contratto di servizio pubblico da parte di
un nuovo servizio passeggeri; per di più, è stato - è opportuno sottolinearlo - recentemente dotato di poteri sanzionatori. Abbiamo, inoltre, l'Agenzia nazionale della sicurezza, istituita nel 2007, che definisce le norme nazionali in materia di sicurezza, controlla il loro rispetto, rilascia i certificati di sicurezza e omologa il materiale rotabile. Mi piace sottolineare che l'Agenzia è indipendente sul piano organizzativo, giuridico e decisionale da qualsiasi impresa ferroviaria, dal gestore delle infrastrutture, soggetto richiedente la certificazione ed ente appaltante, per garantire un trattamento equo e non discriminatorio a tutti i soggetti interessati alla produzione di servizi di trasporto ferroviario. In più, collabora con l'Agenzia ferroviaria europea per consentire una progressiva armonizzazione delle norme di sicurezza nazionale e internazionale. Il settore ferroviario è, quindi, sottoposto al controllo
dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato; la Commissione europea garantisce il corretto recepimento della legislazione europea e la tutela della concorrenza su scala continentale e verifica la legittimità degli aiuti di Stato. Infine, la Corte dei conti, ai sensi dell'articolo 12 della legge 21 marzo 1958, n. 259, ha un magistrato che assiste alle riunioni del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale di Ferrovie, sottopone alla Corte dei conti una relazione sull'attività di gestione, che viene trasmessa al Parlamento dopo l'approvazione da parte del controllo enti.
Come ben appare dalla consistente normativa progressivamente emanata nel tempo, che ho brevemente richiamato, in particolare da quella rappresentata da direttive dell'Unione europea e dal loro recepimento in sede nazionale, il sistema del trasporto ferroviario è ampiamente e analiticamente regolamentato, con specifiche e rilevanti attribuzioni di compiti a soggetti esterni al gruppo.
Auspico che quanto esposto e in parte richiamato solo per completezza di esposizione possa contribuire a far verificare, anche attraverso le informazioni acquisite dai soggetti auditi, istituzionali e privati, se il quadro normativo nazionale, così come disegnato sulla base dell'attuazione della normativa comunitaria di settore, risulti idoneo a governare il processo di liberalizzazione. Peraltro, tale processo si è sviluppato sul territorio comunitario in maniera e in misura eterogenea, anche sulla scorta delle differenze culturali e sociali, nonché delle differenti opzioni di politica economica relativa alle diverse realtà nazionali che compongono l'Unione europea. L'Italia, in certi casi, ha addirittura anticipato questo processo, che oggi, in determinate circostanze, non pone l'operatore nazionale in posizione di equivalenza nei confronti di altri grandi operatori esteri.
D'altra parte, il tema della reciprocità è stato più volte affrontato nel corso delle scorse audizioni, per cui non mi soffermo su questo aspetto. Vorrei, però, evidenziare, in questa sede, che, se è vero che la reciprocità non deve costituire uno strumento di politiche protezionistiche e illiberali, è altrettanto vero che gli interessi del sistema paese, sempre nel rispetto dei princìpi sanciti da Bruxelles, devono essere ugualmente tutelati e che le normative di recepimento delle direttive europee devono essere rispettate in ugual misura e attuate integralmente da tutti gli Stati. Infatti, la libera concorrenza postula, in uguale e integrale misura, l'esistenza di condizioni di piena reciprocità.
In questo ambito, uno spunto che l'esame della Commissione sta portando avanti potrebbe anche comprendere la ricerca di consensi in sede europea per la costituzione di una rete di regolatori facenti capo a una neutrale organizzazione di livello comunitario.
La costituzione di autorità di vigilanza, l'ampliamento di quelle esistenti o, infine, l'istituzione di agenzie - ricordo quella recente riguardante il settore postale - è decisione che compete al Parlamento. Quali che siano le determinazioni che saranno assunte, è d'uopo che modifiche normative non determinino posizioni di disparità o di soggezione a carico del sistema esistente, che ha grande rilevanza
per il Paese, per il suo sviluppo, per l'occupazione e per il prestigio che si è andato conquistando nel tempo.
Grazie dell'attenzione.
PRESIDENTE. Do la parola all'ingegner Mauro Moretti, amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Spa.
MAURO MORETTI, Amministratore delegato Ferrovie dello Stato Spa. Grazie, presidente. Cercherò di illustrare gli elementi essenziali del nostro piano industriale, considerando lo scenario in cui ci muoviamo e assumendo alcune ipotesi sui trend di questo scenario che sono regolati sia a livello europeo che a livello nazionale, nonché talvolta anche a livello locale.
Abbiamo svolto, in questi anni, un grande lavoro di razionalizzazione e risanamento. Ricordo che siamo partiti da una situazione in cui l'impresa perdeva oltre 2 miliardi di euro all'anno. Abbiamo avuto una situazione finanziaria drammatica rispetto alla disponibilità di capitale proprio dell'impresa. Abbiamo portato avanti una notevole operazione di ristrutturazione, ma non ci siamo limitati a razionalizzare; abbiamo anche condotto operazioni di investimento e di sviluppo. Non abbiamo mai diminuito i nostri fatturati e tantomeno gli altri elementi caratterizzanti l'impresa. Abbiamo, successivamente, riposizionato l'impresa sul mercato nazionale e internazionale, cercando di focalizzare meglio i rapporti con lo Stato e le regioni, attraverso delle forme di contratto che davano allo Stato la possibilità di verificare analiticamente la composizione dei costi e scegliere l'operatore - noi o altri - per produrre servizi. In relazione al mercato dei passeggeri, abbiamo
individuato ciò che poteva essere considerato a mercato, anche se, in relazione alle disponibilità dello Stato, il cosiddetto «servizio universale passeggeri» non ha avuto disponibilità sufficienti per l'intera copertura.
Abbiamo lavorato, quindi, molto per rendere più produttiva ed efficiente la nostra impresa e capace di competere con gli altri colossi che stanno sul mercato europeo che, nel frattempo, hanno compiuto un'operazione di acquisizione pari, complessivamente, a 15 miliardi di euro. Oggi ci stiamo muovendo in una logica di mercato unico, con due grandi monopolisti, che hanno acquisito negli ultimi dieci anni 15 miliardi di imprese negli altri Paesi. Tra gli altri Paesi c'è, naturalmente, anche l'Italia; infatti, dopo il gruppo FS, il primo operatore nazionale è DB (Deutsche Bahn), il secondo è FFS (Ferrovie federali svizzere), il terzo è SBB (Schweizerische Bundesbahnen) e il quarto è ÖBB (Österreichische Bundesbahnen). Non riconosco, tra queste sigle, un solo privato che sia presente nel mercato in questo momento come operatore frutto della liberalizzazione.
Pertanto, dobbiamo muoverci nella consapevolezza di essere un competitore e non una preda e di essere in grado di poter competere, alla pari degli altri, sul mercato nazionale per consolidarlo, ma anche di riuscire a entrare nei mercati internazionali per concorrere con gli altri grandi incumbent, al fine di poter stare nel singolo mercato in una condizione di reale capacità competitiva. Per fare questo, dobbiamo, però, creare valore. Difatti, nessuna impresa può reggere in uno stato di difficoltà finanziaria ed economica. Dobbiamo seguire la crescita internazionale con investimenti nazionali e internazionali e su tutta la filiera, sia passeggeri che merce che logistica, con una governance unitaria, ma anche con una grande capacità di aderire alle richieste dei singoli mercati.
Dobbiamo ricostruire, sulla base delle risorse realmente disponibili da parte dello Stato, i servizi universali nazionali e locali. Non può essere l'impresa che si fa carico del servizio universale. Peraltro, vorrei dire che vi sono state tante esperienze in questo senso, quindi, se si vuole trasferire ad altri il servizio universale, lo si può fare, com'è avvenuto nel campo dell'energia elettrica. Si prendono alcuni pezzi delle Ferrovie dello Stato, si mettono sul mercato e chi offre di più li acquisisce e li gestisce. La logica del cherry picking è, però, la più folle che un Paese possa
attuare perché prevede che l'incumbent sia svantaggiato per definizione, mentre quelli che arrivano prendono solo le ciliegie e la crema.
Bisogna, quindi, che il Parlamento decida quale tipo di liberalizzazione realizzare, assumendosene la responsabilità. Non si può continuare a dire che si vogliono i servizi universali pagati dalle imprese perché altrove i servizi universali li pagano gli Stati e le regioni. Altrimenti, se si vuole mettere tale servizio al libero mercato, si estrae dall'incumbent questa parte, la si mette, appunto, sul mercato e chi la acquisisce la gestisce secondo le condizioni dettate dallo Stato. Il caso dell'energia elettrica potrebbe essere seguito anche nel caso dei trasporti. Basta, però, prendere questa decisione.
Naturalmente, ogni impresa deve ragionare in termini di redditività e di sfruttamento del proprio patrimonio, altrimenti non ha, in nessun modo, la possibilità di reggere alla sfida di mercato. In questo senso, anche l'operazione di asset allocation è semplicemente l'attribuzione a ogni impresa di capitale proprio, indispensabile per svolgere la propria missione. Questo vale per la rete ferroviaria, per Trenitalia e per ogni altra impresa del gruppo. Non ha senso tenere asset che appartengono a una missione specifica in capo a un'impresa che non ha quella missione.
Vengo, ora, a illustrare gli elementi che connotano i risultati che abbiamo realizzato. Vorrei che su questo poneste la vostra attenzione.
Siamo partiti, nel 2006, con 2,115 miliardi di euro di perdite all'anno e fatturavamo 6,7 miliardi di euro. Abbiamo concluso il 2010 con utili pari a 129 milioni di euro e con un fatturato di 8,64 miliardi di euro. L'EBITDA (cioè il risultato industriale, ricavi meno costi industriali) è passato da - 650 a 1.660 milioni di euro. Ecco, credo che questa sia la dimostrazione di quello che abbiamo fatto. Naturalmente non è merito di chi vi parla, ma di tutti coloro che hanno lavorato nel gruppo FS, dal primo all'ultimo lavoratore. Credo che questo risultato ci debba essere riconosciuto. Infatti, voi che siete esperti potete comprendere che il nostro avrebbe potuto essere il terzo caso, dopo la vecchia Alitalia e la Tirrenia, di fallimento di una grande impresa di trasporto. E in queste condizioni il Paese non era presentabile, in campo di logistica e trasporto, nel mondo.
Stiamo andando avanti con gli investimenti, ma non vorrei rubare troppo tempo su questo.
Abbiamo ricostruito una governance per filiere legate a campi di attività, a mercati e a clienti. Il problema di ottenere una fidelizzazione della clientela base rappresenta l'elemento centrale di un'impresa che sta sul mercato e lo stiamo perseguendo in ogni business strategico della nostra attività.
Tuttavia, lavoriamo con un quadro regolatorio che ha una estrema variabilità; ogni giorno cambiano le regole del gioco, da quelle del mercato a quelle della sicurezza e così via. E non si capisce chi deve pagare perché ogni attore che cambia le regole del gioco non pensa alla sostenibilità economica della propria azione e rimette sull'impresa il peso delle proprie scelte. Questo è profondamente sbagliato. Se le autorità cambiano le regole del gioco e queste ultime comportano maggiori costi, non può essere l'impresa a sostenerli. Ciò vale per FS, ma anche per qualsiasi altra impresa del settore del trasporto ferroviario e del trasporto più in generale.
Peraltro, abbiamo degli obiettivi - ricordo il 20-20-20 fino al 2030 e al 2050 per la sostenibilità - che impongono immediate misure per far sì che vi siano, nel mondo del trasporto, regole diverse da quelle che oggi disciplinano i rapporti concorrenziali. I rapporti intermodali, oggi, sono assolutamente non favorevoli allo svolgimento delle attività per raggiungere gli obiettivi delineati nel Libro bianco dei trasporti in Europa dal 2020, al 2030, al 2050. Peraltro, il 2020 è domani. Avremmo dovuto già intraprendere ieri le azioni per poter raggiungere quegli obiettivi. Il mercato unico è questo.
Quando si prendono decisioni strategiche in relazione agli investimenti, per fare
delle scelte, l'elemento essenziale è avere idea di dove abita la gente, dove lavora e dove si concentra. Non mi dilungo sui problemi infrastrutturali che attengono alle scelte politiche sia europee che nazionali (i famosi corridoi); tuttavia, devo richiamare l'attenzione sul fatto che il core network rappresenta una svolta epocale nell'approccio ai corridoi. Devo dire questo perché, peraltro, come Ferrovie, come organizzazione europea delle Ferrovie - e anche io, a livello personale - ci siamo battuti sul fatto che non possono essere considerati network estesi, né essere considerati tutti uguali. Viceversa, bisogna stabilire dove, nell'interesse comune europeo, dobbiamo investire per i prossimi trenta o quaranta anni. È fondamentale fare queste scelte.
In questa sede intendo delineare quali sono nella visione del gruppo FS - si tratta, quindi, di una visione parziale, e per due motivi: perché è il punto di vista di un'impresa e di una sola impresa - l'insieme degli interessi che intravediamo nell'ambito dell'Unione europea e di parte del Mediterraneo. Le linee d'interesse del nostro business sono quelle disegnate; la prima va - sia per le merci che per la parte dei passeggeri - da Manchester, Liverpool fino a Francoforte, scendendo per la Renania e per il corridoio centrale; la seconda va da Parigi ad Amburgo; vi è, inoltre, la parte di bretella dal Brennero che si estende da Palermo fino a Berlino e poi tutta la proiezione a est della Germania, particolarmente interessante nel corridoio della Polonia, Slovacchia, Cechia, Austria e Italia, dove oggi si concentra il maggior trend di sviluppo dell'intero settore europeo.
Ci muoviamo, però, in una situazione di regole ancora molto ìmpari. Per di più, la discussione che proprio in queste ore si sta portando avanti a livello europeo non darà alcun aiuto perché nessuno si sta battendo per la liberalizzazione dei mercati nazionali. Pertanto, l'idea di creare un single market, legato solamente ai treni europei internazionali passeggeri o merci è, a mio avviso, profondamente sbagliata. Si parla - quando si riesce a entrare - del 5 per cento dei treni passeggeri e dei treni merci; questi ultimi, peraltro, sono concentrati solo nelle regioni ricche dell'Europa. In queste condizioni l'operazione di liberalizzazione sarà un fallimento. In Italia, invece, abbiamo già liberalizzato tutto. Ricordo questa dicotomia perché nemmeno con il recast europeo si avrà la liberalizzazione obbligatoria dei mercati nazionali, tantomeno quella del trasporto locale, di cui non
si parla nemmeno.
Vorrei evidenziare che avere uniche regole è condizione indispensabile per il mercato singolo e per la liberalizzazione. Su questo punto mi fermo qui. Devo solamente dire che, oltre alle regole, servono autorità che riescano - proprio sulla base di regole uniche europee - a esprimere la propria valutazione e azione a livello europeo. È assurdo, infatti, parlare di mercato unico europeo e avere 27 autorità che si comportano ciascuna a proprio modo. Quando sento ancora parlare di autorità nazionali in merito a mercati che non hanno più nulla di nazionale, rabbrividisco.
Questo vale anche per la standardizzazione dei sistemi di sicurezza delle reti europee e dei mezzi ferroviari. Siamo l'unico settore al mondo nel quale vi sono gli standard nazionali. Ciò non esiste in campo né aereo, né automobilistico o camionistico e né tantomeno marinaro. Solo nelle ferrovie si mantengono ancora standard nazionali obsoleti, su cui tutti esprimono la loro opinione, che, molto spesso, è assolutamente sbagliata, senza fare mai, peraltro, una valutazione della sostenibilità economica di quello che si propone. Dove va un Paese se chiunque può dire che bisogna aumentare i costi senza mai preoccuparsi di chi deve pagare?
Abbiamo, quindi, bisogno di norme di accesso alle reti uguali in tutta Europa affinché, in maniera trasparente, si sappia anche valutare il comportamento di ogni operatore sul mercato, sia dei gestori delle reti che degli operatori dei servizi. Dobbiamo, perciò, orientarci, in particolare, verso un prospetto informativo unico delle reti europee in cui vi siano le stesse
condizioni per tutte le reti dell'Unione europea. Dobbiamo avere, inoltre, un unico regolamento per l'accesso ai servizi complementari.
Su questo punto mi permetto un'osservazione. È facile dire che la rete deve offrire tutti i servizi agli operatori, ma nessuno dice chi li deve pagare. Si decida questo aspetto, altrimenti non è possibile continuare a sostenere questa posizione. Finora la soluzione è che la rete si rivolge allo Stato, che poi scarica questi costi sulla fiscalità generale. Non credo, però, che questa sia la migliore delle risposte possibili o, perlomeno, è troppo semplice, sembra quasi un atto di furbizia per evitare di assumersi responsabilità in merito al problema che, invece, impone la ricerca di soluzioni economicamente sostenibili.
Nel Piano industriale è prevista la continuazione di opere importanti - permettetemi di non dilungarmi su questo - sulle reti fondamentali del Paese, estendendo il nostro intervento in tutte le regioni, comprese quelle meridionali; ovviamente, finanziamenti permettendo. Inoltre, apriremo, dopo cinquant'anni, nuove stazioni in Italia, collegate non solo a servizi di alta velocità, ma, alle volte, anche a servizi locali. Abbiamo completato all'80 per cento la «tecnologizzazione» della rete nei vari sistemi più evoluti, da quelli di sicurezza a quelli di controllo ad altri tipi di intervento per la gestione della rete. C'è, poi, un programma di investimenti che, naturalmente, dipenderà dalla valutazione che ne farà il Parlamento e gli organi di governo che lo proporranno.
Dobbiamo certamente continuare a razionalizzare i beni che non vengono usati. Conosco la discussione che c'è stata in questa sede, a proposito della quale mi avete già posto delle domande. Le risposte sono semplici: oggi l'80 per cento del traffico nazionale concerne 26 impianti e il 95 per cento del traffico nazionale riguarda 45 impianti. Ora, vi chiedo se è possibile mantenere attivo tutto, con dei costi che sono esattamente il doppio e che nessuno riesce mai a remunerare. Si faccia, allora, una bella privatizzazione; si vendano questi impianti in modo che ciascun proprietario li possa mantenere e gestire. Non è possibile pretendere che impianti utilizzati ogni morte di papa debbano essere mantenuti per tutta la vita in ordine, in perfetta sicurezza e in perfetta agibilità. Questo non sta scritto da nessuna parte ed è, peraltro, contro l'approccio dell'Europa nell'affrontare il problema del core network.
Decidiamo, allora, quali sono gli impianti fondamentali che devono rimanere pubblici (probabilmente, quelli più grandi), invece, per tutti gli altri, si faccia in modo che ciascun proprietario li mantenga con i propri soldi e non con quelli della fiscalità generale. Questa è la situazione.
Tra parentesi, tenete presente che le richieste alla rete trovano soddisfazione a passo di 40 chilometri. Non si trova il posto qui, entro 40 chilometri c'è la risposta. Ora, in campo ferroviario 40 chilometri sono niente rispetto ai bacini di servizio. Il nostro è il network più ampio che esiste in Europa, se rapportato ai chilometri di rete, ai metri quadri di servizio territoriale e alle persone servite. Non si capisce, quindi, per quale motivo si devono tenere aperti impianti che rimangono continuamente vuoti.
Peraltro, le azioni contro il DPCM sono state, come sapete, risolte a livello del Consiglio di Stato che ha dichiarato inammissibili i ricorsi in quanto i punti contestati erano già contenuti nel prospetto informativo. D'altra parte, non si capisce perché, quando queste informazioni sono state rese pubbliche, non siano state contestate; poi c'è stato un momento in cui ci si è accorti della questione degli impianti. Ciò vuol dire che, in tre anni, gli impianti contestati non erano stati neanche considerati.
Del resto, anche il PIR, che è uno strumento perfettamente regolato a livello europeo e nazionale, ha avuto il suo normale corso. Tutte le accuse infondate che sono state avanzate si sono rilevate dei ballon d'essai perché, alla prova dei fatti, le risoluzioni adottate sembra non siano state contestate da nessuno. Anche in
questo caso, non si capisce perché in questo Paese, se si segue una procedura votata dal Parlamento, si è dei delinquenti. Ecco, lo chiedo a voi parlamentari. Se ci sono delle procedure adottate da voi e stabilite come regole del gioco, quando chi le segue viene attaccato, deve essere protetto; altrimenti, siamo all'anarchia; vince sempre chi ha la voce più alta o ha più forza. La forza, però, è sempre relativa al momento in cui la si esercita.
Vorrei ora affrontare una questione cruciale, che attiene proprio alle vostre decisioni.
Vi mostro l'immagine della densità abitativa nel nostro Paese. In alcune parti del territorio nazionale c'è molta gente, in altre non c'è praticamente nessuno, in altre ancora c'è pochissima gente. Ora, è del tutto evidente che oggi il mercato non va dove desidera la politica, bensì dove c'è gente che prende il treno. Pertanto, il mercato è molto concentrato in pochissime zone del Paese; cosa che produce, dal nostro punto di vista, la necessità di determinare su quella colonna vertebrale che abbiamo costruito da Milano a Napoli-Salerno gli hub fondamentali dai quali partono servizi che si irradiano anche nella rimanente parte del territorio, anche verso le aree che non hanno la fortuna di avere le concentrazioni.
L'attuale situazione dei servizi a lunga percorrenza, i servizi nazionali e internazionali, segue questa curva che vi prego di osservare. Per ogni istogramma ideale, c'è il margine di contribuzione positivo o negativo per ognuno dei 640 treni che sono raffigurati. Potete notare che 201 di questi, ad oggi, hanno un margine di contribuzione positivo, cioè i ricavi coprono i costi di ogni genere (tasse, oneri previdenziali e quant'altro). Ci sono, poi, gli altri treni che non sono coperti dal mercato, ovvero dai prezzi pagati dai cittadini. Di questi, lo Stato - non perché non volesse fare di più, ma per mancanza di risorse - ha dichiarato che può contribuire per coprirne solamente circa 250. Ce ne sono, quindi, altri 150, più o meno, che sono in perdita e non hanno nessuna copertura da parte dello Stato. Aggiungo che i contributi dello Stato sono assolutamente insufficienti; infatti, la differenza rappresenta, per ogni treno, il costo
reale. Complessivamente, Trenitalia investe 115 milioni di euro per i servizi cosiddetti «universali». Dico alle varie autorità che ancora non lo sanno che il Governo - ovvero il Ministero dei trasporti - ha stipulato dei contratti, definendo i servizi universali e battezzandoli treno per treno. Non ha lasciato a noi la scelta.
Quindi, Trenitalia ci rimette - ripeto - 115 milioni di euro. Per gli altri treni, che non sono stati battezzati servizi universali, ma che sono strutturalmente in perdita, ci rimette, invece, 40 milioni. Nessuna impresa è, però, obbligata a rimetterci. Anzi, per legge - e per la Corte dei conti, oserei dire - non può rimetterci. Bisogna, quindi, che lo Stato inizi a pensare a come risolvere questo problema perché non può lasciarlo nelle mani di Trenitalia.
Sotto questo aspetto, abbiamo letto sui giornali di un provvedimento che sembra agisca sui treni legati all'alta velocità - se abbiamo capito bene - imponendo un contributo volto alla costituzione di un fondo a vantaggio dei servizi universali. Questo sicuramente peserà soprattutto su Trenitalia, visto che questa azienda offrirà ancora per parecchio tempo la maggior parte dei treni ad alta velocità. Tuttavia, è positivo che si stabilisca la regola che chiunque entra nel mercato - Trenitalia o un altro - e presta servizi redditizi deve contribuire ai servizi universali. Ora, non so se questo sia vero perché non sono in Parlamento e non ho idea di quello che sta succedendo, ma se è così, ben venga.
In linea generale, bisogna, però, chiarire che un'impresa non è tenuta ad avere perdite finanziarie per coprire i servizi universali. È lo Stato, quindi, che deve provvedere. Da parte nostra, proporremo al Governo delle misure di intervento per limitare le perdite, in relazione alle risorse che esso potrà mettere a disposizione per i servizi universali.
Voglio, ancora, sottolineare che l'Italia è l'unico Paese al mondo che ha voluto attuare la liberalizzazione senza porre regole nel rapporto tra il mercato e il
servizio universale. Ha lasciato il cherry picking libero. Ciò vuol dire che ha scelto che sono i contribuenti a dover pagare il servizio universale. Ciò detto, lascio questo punto nelle vostre mani.
Per il resto, per quanto riguarda i servizi al mercato, abbiamo aumentato anche il nostro EBITDA margin, portando la differenza tra costi e ricavi a un livello molto alto. Dobbiamo, però, anche pagare gli interessi sui debiti che abbiamo avuto in eredità e che nessuno paga, così come dobbiamo ricapitalizzare le imprese che hanno un capitale troppo basso rispetto al debito. In alcuni casi arriviamo a un rapporto di uno a quattro, ma siamo partiti da uno a sette, uno a otto.
Questa partita, dunque, non si risolve solamente con le bacchette magiche o con lo stellone. Occorrono delle regole del gioco robuste e coerenti se si vuole dare la possibilità a un'impresa come questa di uscire dal guado in cui ancora si trova. Infatti, non abbiamo risolto tutti i problemi, siamo nel mezzo del percorso. Sarebbe, peraltro, molto semplice liquidarla in maniera diversa. Basta proseguire con la logica del cherry picking, lasciando a noi il compito di dover provvedere alle perdite dei servizi universali! Tuttavia, secondo me, questa scelta sarebbe - ripeto - folle perché, se si va a vedere quanti sono gli investimenti degli operatori ferroviari in Italia, si scopre, incredibilmente, che chi investe in imprese ferroviarie è solamente il gruppo FS. Infatti, gli altri prendono treni che stanno e sono prodotti all'estero. Non sto parlando di un solo operatore, questo vale per tutti gli operatori.
Allora, se la logica è che un nuovo operatore può arrivare e fare cherry picking, peraltro con treni costruiti anche fuori dall'Italia, non capisco qual è il vantaggio per l'Italia, visto che lavoro e capitale vengono premiati se portano bandiere diverse. Lascio a voi questa riflessione. Dal nostro punto di vista, non si può continuare così, per cui dovete porvi rimedio. D'altra parte, se noi vogliamo andare in Francia, senza un treno francese non ci fanno entrare.
Ad ogni modo, noi andiamo avanti con i nostri investimenti. Nel campo di Trenitalia, in autofinanziamento, nei prossimi cinque anni svilupperemo circa 6,5 miliardi di investimenti, di cui una parte sul trasporto passeggeri e mercato e l'altra - più o meno la metà - sul trasporto universale regionale. È una gara veramente difficile, anche perché nel trasporto regionale noi guadagniamo, per ogni passeggero che si muove per un chilometro, tra biglietto e contributo, 12,9 centesimi di euro, mentre i nostri amici francesi della gomma che sono in Italia - peraltro l'altro giorno hanno avuto anche il beneficio del referendum, quindi siamo tranquilli adesso - prendono 17 centesimi di euro. Pensate che, con la differenza di cinque centesimi di euro, noi possiamo fare un piano di investimenti di 2 miliardi. Quindi, se il Parlamento ci permette di avere incassi come una normale gomma - caso unico, perché la gomma prende molto meno delle ferrovie in
tutto il mondo - noi siamo pronti a predisporre un piano di investimenti di 2 miliardi sul trasporto locale. Ebbene, ci si dia questa possibilità.
Voglio far presente, inoltre, che nella liberalizzatissima Inghilterra per ogni passeggero che si muove per un chilometro si pagano 38,42 centesimi di euro, visto che hanno liberalizzato tutto. Noi siamo a un livello quattro volte inferiore. Del resto, i vostri colleghi della Gran Bretagna stanno riesaminando alcuni disegni di legge in cui si ritorna a integrare la rete con i servizi regionali, considerando il disastro che è successo. Ovviamente, mi limito a riportare quello che accade.
Dico anche che, in verità, la nostra difficoltà più grande nel trasporto locale - al quale tutto il piano industriale è dedicato, prevedendo investimenti e altro - risiede nelle grandi città. Salutiamo, dunque, ogni iniziativa - comprese quelle intraprese dalla vostra Commissione - che intenda portare avanti l'idea che, con piccole accise, si possono trovare le risorse per finanziare gli investimenti, che devono essere destinati - ripeto - alle grandi città, dove c'è il problema maggiore. Per grandi città intendo, ovviamente, le grandi
aree urbane nelle quali, ogni giorno, milioni di persone viaggiano su treni insufficienti per capacità e molto spesso obsoleti per funzionalità. Non abbiamo, però, la possibilità di acquistare un parco nelle condizioni attuali di finanziamento. In ogni caso, abbiamo risanato i conti anche in merito a questo settore. I costi e i ricavi sono stati rimessi a posto, per cui siamo in grado di finanziare - come sapete - un piano di investimenti di 2 miliardi, che è già partito, di cui sono già stati assegnati ordini quasi al 75 per cento. Nel trasporto locale abbiamo investito nelle locomotive, nei treni completi, nelle carrozze di ogni genere e per ogni tipo di servizio. Vogliamo proseguire in questa direzione, pur con le scarsissime risorse che oggi ci sono riconosciute.
Nell'ambito del trasporto delle merci ormai si sta realizzando un vero mercato europeo. Difatti, nell'area della Val Padana non siamo più soli: vi sono tutte le sigle possibili e immaginabili, visto che - ricordate la cartina europea - si tratta di uno dei punti più interessanti dell'Europa. Peccato, però, che vediamo pochissimi operatori privati. Non ce n'è più uno.
A questo proposito, vorrei dire che Rail Traction Company non è mai stato un operatore privato perché è posseduto dalla A22, che a sua volta è posseduta da tre regioni, anzi da due province e una regione. Se questo si chiama privato, non so di cosa stiamo parlando. Peraltro, inviterei anche il Parlamento a verificare come vengono effettuati gli aumenti di capitale in un'impresa pubblica. Mi pare, infatti, che avvengano in perfetto spregio delle regole del gioco europeo, che vietano ricapitalizzazioni da parte del settore pubblico in generale, non solo quello nazionale.
Detto questo, ci stiamo muovendo sui corridoi fondamentali. Ci riconcentriamo sugli hub principali poiché, come avete visto, in 26 raccolgono l'80 per cento del traffico, lasciando certamente spazio anche a piccoli operatori che dovrebbero avere, per flessibilità e capacità, la possibilità di fare «feederaggio» con il campo sia ferroviario che automobilistico. Pertanto, auspichiamo regole che incentivino le sinergie tra gomma e rotaia, visto che - come si fa in altri Paesi - si può incentivare la gomma per distanze fino a 250 chilometri, ma non fino a mille; dai 250 ai mille chilometri sarebbe opportuno incentivare l'uso della ferrovia; per distanze maggiori, magari la nave.
Se questo quadro non si definisce, non si crea la possibilità affinché le imprese pensino alla cooperazione e all'integrazione modale, ma si apre semplicemente lo spazio a un'anarchica competizione. Ogni anno sarete, dunque, assediati dalle ferrovie, dai carri e da tutti gli operatori del trasporto che chiedono provvedimenti in perfetto conflitto tra loro.
Noi - ripeto - stiamo guardando gli assi internazionali, stiamo allargando la nostra rete a questo reticolo che vi ho mostrato precedentemente. Noi siamo già presenti in numerosi mercati, ci stiamo estendendo direttamente anche in altri, dove oggi non siamo presenti con imprese da noi controllate, ma in joint venture con altre imprese.
Quindi, in questi anni, abbiamo fatto un'operazione non solo di tagli e di riduzione dei costi, ma anche di allargamento sul mercato internazionale. Abbiamo realizzato un change over completo; abbiamo cambiato il nostro modello di business per evitare di avere solamente perdite, pur mantenendo volumi e quote di mercato.
Speriamo che la crisi 2008-2009 risulti superata, visto che nel 2010 siamo tornati in trend - vi prego di guardare soprattutto gli elementi legati al EBITDA margin - ai livelli 2008 e ci apprestiamo, nel prosieguo del piano integrativo, a portare in positivo l'intero settore delle merci, ancora non in attivo.
Concludo, dicendo che abbiamo un ingresso di competitor nel servizio al mercato dalla fine del 2011 - anzi in verità dal 2010 - visto che abbiamo avuto l'arrivo del gruppo Deutsche Bahn e di ÖBB che sono entrati sul mercato del nord-ovest del Paese. Abbiamo una competizione sui volumi, con quote di mercato dei competitor, per quanto riguarda appunto il volume di mercato, che può raggiungere il
23 per cento, unico caso al mondo. Abbiamo contratti di servizio con condizioni che abbiamo assunto prudenzialmente, in relazione alle condizioni di finanza, ma che necessiterebbero di ben altro tipo di intervento per poter migliorare il servizio di trasporto regionale e locale, cercando comunque di ripristinare per il 2011 i fondi che con la manovra non abbiamo ancora capito dove sono andati a finire. Stiamo continuando, però, a offrire i servizi, quindi qualcuno ce li deve pagare.
In aggiunta, dobbiamo anche trovare una soluzione per stabilizzare definitivamente Trenitalia, portandola a una situazione di rapporto tra capitale proprio e debito di almeno uno a due. Attualmente ci muoviamo da uno a 3,8, ma siamo partiti da uno a sette. Dobbiamo, quindi, trovare una soluzione, altrimenti, le imprese non possono vivere, visto che tutto ciò che va nella logica dell'incertezza della remunerazione per i servizi offerti crea impossibilità, da parte nostra, di realizzare il piano d'impresa, e in particolare gli investimenti.
Dobbiamo rivedere tutti gli asset per far sì che ognuno, al nostro interno, abbia i mezzi a disposizione per produrre al meglio. Dovremmo avere una revisione del pedaggio molto più orientata ai problemi del mercato, come chiede l'Europa. Infatti, l'Europa dice che il pedaggio deve essere determinato dal gestore della rete sulla base di criteri e di controlli rigorosi. Tuttavia, non si può mantenere il pedaggio ai livelli del 1999, anche perché si regalano spazi - pensate alla situazione delle merci, che vi ho mostrato prima - ai competitor che sono incumbent di altri Paesi. Del resto, al di là del confine il pedaggio è due, tre o quattro volte più alto. Si tratta, dunque, di soldi che l'Italia perde a vantaggio non sappiamo di chi né perché.
Vi è, poi, un piano di valorizzazioni immobiliari di circa 900 milioni di euro per poter dare cassa nella ricapitalizzazione, in particolare a Trenitalia.
I nostri obiettivi di EBITDA margin sono riportati in una delle schede che vi ho consegnato. Nel rapporto con Deutsche Bahn - che possiamo fare in maniera perfetta, avendo quest'anno certificato il bilancio con standard internazionali - abbiamo già superato questa azienda nell'EBITDA margin, che è tra il 14 e il 18 per cento, e ci stiamo proiettando in avanti.
Anche questo andamento positivo risente del problema di pagare i debiti del passato. Quindi, l'EBITDA largo non significa soldi utili, ma risorse che servono a pagare gli interessi e i debiti maturati in passato; invece, i risultati netti sono reperimenti concreti sui quali l'investimento si potrà esprimere. Tale risultato positivo credo che possa essere di esempio per altri casi del genere nel nostro Paese. Abbiamo - a euro costante 2010 - tagliato costi operativi per 1.850 milioni e, se continueremo in questa maniera, finiremo il nostro piano industriale raggiungendo i 2.150 milioni. Abbiamo operato sugli sprechi, le improduttività e via dicendo; abbiamo trovato, del resto, anche le risorse per fare gli investimenti e per pagare i debiti, visto che non abbiamo avuto nessuna ricapitalizzazione. Questo è il modo di gestire un'impresa, sebbene controllata dallo Stato, secondo una logica imprenditoriale. Non è, infatti, il controllo dello Stato che
ci toglie la responsabilità di gestire in maniera ottimale e imprenditoriale l'impresa; al contrario, siamo spronati a farlo più e, se è possibile, meglio degli altri.
Investiremo 27 miliardi, di cui 11 in autofinanziamento; gli altri sono propri del contratto di programma delle infrastrutture. Vorrei concludere, quindi, sostenendo che un'impresa che aveva perdite per oltre 2 miliardi e che oggi è in grado di formulare piani di investimento in autofinanziamento per 11 miliardi - che, peraltro, andranno alle industrie meccaniche, elettromeccaniche, elettroniche e informatiche del Paese; ribadisco, infatti, che siamo gli unici che investono nel Paese - lascia ben sperare per il futuro. Vi ringrazio.
PRESIDENTE. Ricordo che siamo nella fase conclusiva dell'indagine conoscitiva sul trasporto merci e passeggeri. Vi sarà l'ultima audizione del Ministro Matteoli indicativamente intorno alla metà di luglio
su questo argomento. Vi prego, quindi, di porre domande e chiedere chiarimenti relativamente a questo tema perché poi dovremo stilare il documento conclusivo.
Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
SETTIMO NIZZI. Ringrazio l'ingegner Moretti che, come sempre, è molto chiaro e brillante nell'esposizione della situazione nazionale dei trasporti.
Sono dispiaciuto perché, se avessimo seguito la strada che avevo indicato tre anni fa, quando dissi di mettere a disposizione del Gruppo FS le risorse sufficienti per riequilibrare le spese tra il gommato e il ferro, forse oggi staremmo un po' meglio.
Devo dire che vi è necessità che il Gruppo FS - e voi che lo rappresentate - svolga un ruolo importante nei confronti del Governo e del Parlamento, costituendo eventualmente un gruppo di lavoro serio. Non è più possibile, infatti, per noi italiani, continuare a sentire che a tutti è permesso di venire qui e fare legna gratuitamente, mentre quando noi andiamo all'estero veniamo decapitati. Questo non è più possibile.
In primo luogo, vi chiedo, allora, quali sono i vostri programmi e le vostre ipotesi di lavoro. Avete un dialogo aperto con il Governo, con il Ministro dei trasporti o con la struttura del Ministero dei trasporti in modo da sollecitare interventi concreti in questo settore? Oppure stiamo continuando a lavorare a porte chiuse, ognuno dentro la propria stanza, senza portare a casa risultati? Quanto vale il rapporto con i competitor in termini di mercato che stanno portando via, soprattutto dove c'è lavoro?
In secondo luogo, vorrei sapere se il Gruppo FS è capace di svolgere tutto il lavoro che i competitor stanno acquisendo. Oppure questi portano via il lavoro perché il Gruppo FS non ha le strutture e soprattutto i mezzi per soddisfare la domanda di trasporto nazionale e locale?
Per finire, voglio fare riferimento alla situazione drammatica dei trasporti da e per la Sardegna. Nel documento economico-finanziario del Governo - approvato in Parlamento - vi sono solo 26 milioni di euro stanziati per tutta la Sardegna. L'unico finanziamento è, infatti, quello dei 26 milioni del raddoppio Decimomannu-San Gavino. Certo, noi sardi siamo pochi, ma siamo italiani. Dal grafico, vediamo quelle piccole luci e quei puntini rossi - Cagliari, Sassari ed Olbia - che non vengono messi in contatto tra loro. Peraltro, non abbiamo altre modalità di trasporto, visto che abbiamo chiuso il trasporto marittimo. Su questo, però, sono stato d'accordo perché non si poteva continuare a buttare denaro per il trasporto delle Ferrovie dello Stato via mare. In ogni modo, dal punto di vista dello sviluppo, occorre fare qualcosa per quanto riguarda le strutture e le infrastrutture che devono essere adeguate.
Ecco, ho tanta voglia di lavorare per il mio Paese e vorrei che riuscissimo in Commissione e in Assemblea ad adottare delle leggi utili per gli operatori, che possono giudicarle in quanto svolgono un lavoro che richiede loro proprio l'applicazione della legge. Ciò nonostante, se ci sono queste disparità e queste discrasie, se c'è la disapplicazione, alle volte, delle normative, questo non è facile. Del resto, non tutto dipende dalle 630 persone che vivono in questa Aula parlamentare; il futuro dipende dall'intera società nazionale.
In conclusione, suggerisco a tutti noi di prestare maggiore attenzione.
MARIO LOVELLI. Signor presidente, ringrazio l'ingegner Moretti per l'ampia illustrazione che ci ha fornito, che credo sarà senz'altro utile per tirare le conclusioni di questa indagine conoscitiva.
Per la verità, l'ingegner Moretti ha posto anche molte domande al Parlamento, ma io non sono abbastanza preparato per dare delle risposte. Auspico che la nostra Commissione sia in grado, sulle questioni di merito, di argomentare nel documento conclusivo che stileremo.
Avrei solo due domande da porre al nostro audito.
La prima concerne una questione di cui ho notizie da qualche minuto e riguarda l'accordo raggiunto fra RFI e il Cociv (Consorzio collegamenti integrati veloci) per il terzo valico. Ecco, visto che c'è una notizia ANSA in proposito, vorrei sapere se è vero che questa mattina c'è stato l'accordo e, eventualmente, come vede RFI lo sviluppo di quell'investimento alla luce del quadro degli investimenti che oggi ci è stato prospettato, il quale, peraltro, è sicuramente interessante nel suo insieme, pur sollevando, anche a noi, degli interrogativi in termini finanziari per il futuro.
Passo alla seconda domanda. Ho visto i grafici sull'andamento finanziario dell'azienda che, per fortuna, ci rappresenta un gruppo che ha un utile e quindi ha superato la fase critica. Vedo che l'ultimo bilancio esaminato è quello del 2010, da cui si evince un ammontare dei ricavi che supera gli 8,64 miliardi. Ecco, le chiederei, per cortesia, di scendere nel dettaglio dei ricavi per capire quale è stato, da questo punto di vista, l'andamento della gestione aziendale. Certamente la situazione è migliorata, ma vorrei capire, se è possibile, da che cosa sia stato determinato questo miglioramento.
Ecco, queste sono le due domande che sono interessato a porre in questa sede.
DEBORAH BERGAMINI. Grazie, presidente. Visto che questa è un'audizione specifica nell'ambito della nostra indagine conoscitiva sul trasporto ferroviario, mi attengo alle sue istruzioni, anche se vorrei porre delle domande sulla strage ferroviaria di Viareggio.
Ringrazio, naturalmente, i vertici di Ferrovie perché questa presentazione - mi scuso per il ritardo, ho seguito in particolare quella dell'amministratore delegato - fornisce moltissime indicazioni sul percorso virtuoso imboccato da Ferrovie dello Stato, ormai da qualche tempo. Ciò pone delle questioni anche a noi, rappresentanti del popolo in Parlamento.
L'amministratore delegato ha usato l'espressione «rischio anarchia», nel caso di regole che poi non si fanno rispettare. Le assicuro, dottor Moretti, che è una questione che investe personalmente ciascuno di noi, in ogni momento, visto che sappiamo benissimo che, con il nostro lavoro di legislatori, spesso aumentiamo la complessità, anziché risolverla. Credo che questo sia un problema non soltanto nazionale, che si è venuto a sommare al tema europeo, che lei ha evidenziato molto chiaramente, della difficoltà di armonizzazione dei vari sistemi di autorità e controllo, sui quali credo dovremmo tenere alta l'attenzione e l'iniziativa.
Prima di venire a questa audizione ho provato a scrivere su Facebook che era prevista la sua audizione, per vedere che tipo di interessamento, da parte degli utenti della rete, potesse esserci in relazione a questo appuntamento. È stato molto interessante il riscontro perché, in pratica, ci sono state risposte su tre «P». Tutti mi hanno chiesto di chiedervi della pulizia, dei prezzi e del pendolarismo; questi i tre temi sollecitati. Volevo, allora, approfittarne, visto che mi ha colpito molto questo riscontro. D'altra parte, credo che facciate delle analisi e delle rilevazioni di gradimento da parte dei passeggeri.
La sua disamina è stata - giustamente - molto centrata sulle strategie dell'azienda, però vorrei provare a portare il punto di vista dei passeggeri. Le chiedo, allora, che genere di mutamenti, nella rilevazione del grado di soddisfazione da parte dei clienti e dei passeggeri, state rilevando in questi anni? Dove - perché è importante saperlo - sono le aree di criticità? Su quali state lavorando e quali, invece, hanno registrato eventuali riscontri di miglioramento? Grazie.
VINCENZO GAROFALO. Anch'io voglio ringraziare innanzitutto il presidente Cardia, che è la prima volta che abbiamo il piacere di ascoltare in Commissione, a cui do il benvenuto, anche se da semplice componente della Commissione. Poi, vorrei ringraziare ancora una volta l'ingegner Moretti di averci fornito un aggiornamento delle questioni che affrontiamo periodicamente - in questa legislatura - da ormai tre anni e qualche mese.
Nessuno di noi ha mai messo in discussione la capacità del Gruppo FS, nella sua interezza e di chi lo guida, di aver dato una svolta a un'azienda dello Stato - quindi di tutti - che è stata fondata con capitale pubblico e che amministra beni realizzati con finanziamenti pubblici.
Noi tutti siamo orgogliosi che finalmente - e lo sottolineo - l'Italia abbia un servizio ad alta velocità paragonabile a quello degli altri più importanti Paesi europei e mondiali. Tuttavia, penso che questo debba essere un punto non di arrivo, bensì di convergenza con gli altri Paesi e di partenza, dal quale deve muovere un ulteriore importante sviluppo.
Tutto questo mi porta a porre una domanda, che, peraltro, ho posto tre anni fa e che, però, aggiorno, sperando che sia interpretata in termini non polemici, ma effettivi. Infatti, quando ascoltiamo i nostri ospiti in Commissione, a volte, almeno personalmente, penso di aspettarmi delle riflessioni non da parte di chi guida un'azienda - in questo caso interamente pubblica - ma di chi determina o guida la politica dei trasporti ferroviari, nel caso di specie, nel Paese. Ebbene, dobbiamo renderci conto - e io voglio rendermi conto - che si tratta di due distinti ruoli: chi guida l'azienda fa l'interesse dell'azienda, anche se, come in questo caso, è pubblica, e poi ci sono il Ministero o il Governo che hanno il compito di dettare le linee strategiche per il sistema di trasporti (nazionale, ferroviario, intermodale e così via) all'interno di un contesto europeo.
Sapete bene che nell'ambito del servizio ferroviario, in alcune parti del Paese, alcune tratte mantengono gli stessi standard da vent'anni, in termini soprattutto di tempi di percorrenza, ma probabilmente anche di qualità. Per esempio, se da Palermo o da Siracusa si vuole raggiungere Milano, secondo gli orari pubblicati sul sito di Trenitalia, i tempi di percorrenza variano da 17 a 15 ore, con la necessità di cambiare, a volte, fino a quattro treni.
Quindi, ingegner Moretti, è questo il punto sul quale mi sarei aspettato una novità. Voi avete annullato 5,5 milioni di abitanti, cioè avete stabilito che 5,5 milioni di italiani, che, con le loro tasse e con i loro sacrifici, hanno contribuito e continuano a contribuire affinché esista un servizio ferroviario nazionale, debbano negare a se stessi questo tipo di modalità di trasporto. Rispetto a questa situazione, nel piano industriale 2011-2015 cosa c'è di nuovo? Cosa c'è di temporalmente definito? Come si fa a pensare che si deve continuare a investire nei settori che, in qualche modo, già funzionano per farli funzionare meglio, tralasciando le aree critiche? L'investimento di un'azienda, tra l'altro, dovrebbe essere diretto dove non ha ancora, ma c'è un potenziale mercato. Avete mai domandato, regione per regione, cosa si aspettano gli utenti, i cittadini, i vostri potenziali clienti?
Queste sono le domande che ci pongono le persone, alle quali, alle volte, francamente, non riusciamo a dare risposte.
A questo proposito, oggi ci hanno consegnato il Rapporto Pendolaria 2010 di Legambiente, che conoscerete e sicuramente avrete già analizzato. Ecco, nessuno disconosce i risultati raggiunti dal vostro gruppo. Sotto questo profilo, i complimenti ricevuti sono sempre pochi perché riuscire a far capire a un'azienda pubblica che è una grande impresa non deve essere stato facile; oggi, però, credo che Ferrovie abbia dato un segno di competitività nel mondo europeo (infatti non penso che si possa o si voglia andare in altri continenti). Ciò nonostante, l'Italia è una nazione che non ha un servizio ferroviario adeguato, né equamente distribuito sul proprio territorio. Ho il dovere di sottolineare questo punto, proprio in virtù del ruolo di maggiore responsabilità che lei ci attribuisce.
Quando un parlamentare del sud sente parlare di 6,5 miliardi di investimenti si pone delle domande. D'altronde, non credo che si tratti di fondi privati, né sudati, ma forniti, anche attraverso la tariffazione, il servizio universale e via dicendo. Lei saprà di un emendamento al decreto-legge sviluppo - credo, infatti, che la vostra azienda sia capace di monitorare, se non addirittura di sostenere emendamenti -
che prevede l'inserimento di un nuovo articolo 10-bis molto importante. Peraltro, saprà anche che c'è un commento da parte di un collega parlamentare dell'Italia dei Valori che dice di essere sospettoso perché teme che serva più a proteggere FS che altro. Ebbene, io ritengo da sempre che la rete ferroviaria debba fruttare di più e che chi la utilizza, alla pari dell'incumbent, debba pagare profumatamente l'asset del nostro Paese.
Allora, rispetto a tutto ciò, i 6,5 miliardi di investimenti, che non sono presi dalle nostre tasche individualmente, ma, in ogni caso provengono dal Paese, devono soprattutto ricucire l'Italia sotto il profilo della omogeneità dei servizi. Sono molti i meridionali che prenderebbero il treno e avrebbero piacere di percorrere 500-600 chilometri di distanza in poco più di tre ore e che non capiscono perché si spendono miliardi per risparmiare mezz'ora quando vi sono decine di ore sprecate o molteplici cambiamenti di treno da parte di persone, spesso anziane, che vorrebbero scegliere questo mezzo di trasporto e non lo possono fare.
Sulla ricapitalizzazione, mi consenta una piccola riflessione, ovviamente da ignorante e non da grande amministratore di enti. Le Ferrovie dello Stato sono ricapitalizzate anche dal patrimonio che gli è stato dato gratuitamente e che, spesso, attraverso Ferservizi Spa o altre aziende, viene venduto. Quindi, ingegner Moretti, noi vogliamo svolgere il nostro lavoro di parlamentari e vogliamo che Ferrovie resti un'azienda orgogliosamente italiana, che noi vogliamo difendere; tuttavia, metteteci nelle condizioni di farlo, anche perché, in questo momento, chi viene dal mio territorio non ha assolutamente stimoli in questo senso e lo fa solo per spirito di servizio.
GIANCARLO DI VIZIA. Ringrazio l'ingegnere Moretti che nelle sue relazioni è sempre chiaro e molto concreto.
Voglio essere molto sintetico. Da quel che ho ascoltato, anche se sono arrivato in ritardo - e mi scuso - vi sono tre punti essenziali.
Il primo è che occorre, come diceva l'amministratore delegato, superare gli standard nazionali, per aprirsi alle procedure europee.
Il secondo punto, su cui ho una domanda, è che occorre incentivare la gomma fino a 250 chilometri, mentre per le distanze maggiori è chiaro che c'è bisogno di un piano di investimenti che riguarda il potenziamento del traffico merci su ferrovia. Se, però, questi investimenti devono essere spostati dal trasporto su gomma al comparto ferrovie, credo vi siano delle resistenze invalicabili da parte del cosiddetto «partito del trasporto su gomma». Allora, la domanda è questa. Ingegner Moretti, ritiene sia giunto il momento in cui è possibile contenere questa pressione e finalmente avere possibilità di approntare un piano di investimenti nel comparto ferroviario del trasporto merci?
L'altro punto riguarda come coniugare il servizio universale con le linee ferroviarie remunerative e con quelle che non lo sono. Mi sembra che lei - forse un po' provocatoriamente - abbia parlato di un'ipotesi di liberalizzare le linee non remunerative. Ora, è chiaro che il capitale privato non è attirato da posizioni di investimento troppo onerose, che, forse, potrebbero compensare solo con delle tariffe molto elevate. Ciò determinerebbe, quindi, uno scompenso nel mercato del trasporto ferroviario, a meno che non vi sia un contributo da parte dello Stato in questo settore, che sia determinato e calcolato razionalmente. Le chiedo, quindi, la sua opinione in proposito. Lei diceva giustamente che è vero che c'è una parte di contributo statale per il servizio universale, ma è insufficiente. Pertanto, secondo lei, la strada più percorribile sarebbe liberalizzare queste linee «non efficienti» oppure sarebbe
più facile cercare di compensare, dal punto di vista economico, la gestione di linee efficienti e meno efficienti, con un contributo statale più ponderato, per fare in modo che l'azienda possa svolgere economicamente il servizio universale?
MICHELE POMPEO META. Ringrazio l'ingegner Moretti perché ancora una volta ci ha fornito un quadro molto chiaro. Inoltre, è uno dei pochi che quando si reca in Parlamento ha un grande rispetto per le istituzioni. Non mi sembra che abbiamo - a differenza di altri passaggi, non con lei - corso il rischio di una deriva didattico-pedagogica.
Quelli che ha citato sono dati importantissimi che però - ingegner Moretti - per quanto ci riguarda vorremmo anche valutare con il vizio e lo strumento della politica. Difatti, ci verrebbe facile dire che sono trascorsi tre anni dall'inizio dell'avventura di questa nuova maggioranza e che avremmo avuto il piacere di ascoltare, da lei, un primo bilancio per capire dove stiamo andando. Del resto, anche quando assumiamo i contesti dell'Europa, non possiamo farlo dimenticando che le azioni che si mettono in campo e le distrazioni che si hanno sono sempre legate alle responsabilità politiche.
Rispetto alla situazione in cui versano i trasporti aerei e quelli marittimi, credo che complessivamente dobbiamo essere soddisfatti per questo risultato raggiunto in Italia. Lei ha riformato qualcosa che probabilmente non era riformabile e ha restituito a questa realtà un dinamismo competitivo, innovando moltissimo e guardando anche alle esperienze più avanzate dell'Europa, togliendoci di dosso quel complesso che spesso, quando parliamo di Europa, ci fa apparire come la Cenerentola della situazione.
Ora, però, tutto questo non può farci nascondere un dato. La situazione della cura del ferro in Italia e della dimensione del fenomeno del pendolarismo non è migliorata. Rispetto ai diritti, anche a quelli universali, sanciti nelle Costituzioni nazionali ed europee, dovremmo mettere da parte la categoria del profitto. Altrimenti, se così non fosse ed eliminassimo tutti i segni negativi dal consuntivo, cambieremmo la funzione e la missione delle Ferrovie italiane. Dico questo perché le Ferrovie, anche in occasione del centocinquantesimo dell'Unità d'Italia, sono state un elemento che ha aiutato, più di tanti altri, a tenere unito il Paese, nelle politiche di scambio culturale, economico e così via. Quindi, in questa fase, le Ferrovie - ripeto - dovrebbero avere una nuova missione, ma questo presuppone un indirizzo politico da parte degli azionisti e di quelli che esercitano il controllo.
Per quanto concerne la questione dei pendolari, dei cittadini, della cura del ferro, delle relazioni ecocompatibili e via dicendo, credo che sia necessario ritornare a parlare i linguaggi degli anni scorsi o, diversamente, non c'è futuro. Peraltro, questo lo dicono tutti i consessi internazionali, i vecchi e nuovi Libri verdi o Libri bianchi dell'Europa e anche gli accordi che sistematicamente andiamo a sottoscrivere. Allora, io vorrei capire meglio la questione del piano industriale quasi esclusivamente dedicato ai pendolari. Vorrei, cioè, capire meglio quali sono gli indirizzi e le indicazioni degli azionisti del Governo e quali sono anche i suoi orientamenti.
A questo proposito, ricordo che quando abbiamo avuto, in questa Commissione, con un atteggiamento molto unitario, l'accortezza di dire che vogliamo dare una mano per rinnovare il materiale rotabile e, siccome il Governo non ha risorse, attraverso un ragionamento coerente, abbiamo proposto di prendere tali risorse dalle accise sulla benzina, ci hanno risposto che era una manovra inflattiva. Poi, invece, quando si è trattato di finanziare la cultura, i rischi dell'inflazione non ci sono stati. Queste sono contraddizioni, sulle quali, ovviamente, non chiedo risposte a lei; tuttavia, chi si occupa di queste grandi questioni, legate sia alle emergenze, sia alle pianificazioni future, dovrebbe avviare una certa interlocuzione non neutrale anche con i vertici aziendali, che devono anzitutto rispondere agli azionisti e a chi governa.
In questo quadro, le rinnovo le domande poste dal collega Lovelli. In particolare, vorrei capire qualcosa in più per quanto concerne la questione dei piani industriali, «curvati» senza precedenti sul terreno della difesa dei pendolari.
SILVIA VELO. Una breve domanda su cui dichiaro di essere in conflitto di interessi. Abbiamo parlato di servizi, ma io vorrei porre una domanda sulla rete. È vero che l'acquisto di nuove rotaie da parte di RFI è in stallo, come mi si dice? Venendo dalla città in cui si producono le rotaie e avendo preoccupazione per un'azienda in crisi, le pongo questa domanda dichiaratamente in conflitto di interessi.
PRESIDENTE. Terminate le domande dei colleghi, do la parola ai nostri ospiti per la replica.
MAURO MORETTI, Amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Spa. Sull'ultima domanda credo che l'ingegner Elia possa dare una risposta diretta.
Sul problema RFI-Cociv, non c'è ancora un accordo.
MARIO LOVELLI. È uscita una notizia ANSA, è per quello che dico...
MAURO MORETTI, Amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Spa. Non l'ho vista. Comunque, come sapete, abbiamo un incontro al Ministero oggi alle 17. Al momento, però, non c'è ancora l'accordo. Auspichiamo, ovviamente, che vi sia.
MARIO LOVELLI. Ma lei pensa vi siano le condizioni per l'accordo?
MAURO MORETTI, Amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Spa. Secondo noi, sì. Del resto, con le stesse condizioni abbiamo già fatto l'accordo con il Consorzio Cepav per fare la Treviglio-Brescia e, siccome non alteriamo, ma poniamo le stesse condizioni, supponiamo che, se uno le ha accettate, anche l'altro lo possa fare.
Do queste risposte in relazione a un discorso più legato alla discussione che abbiamo fatto. Vorrei, quindi, proprio entrare nel merito della questione.
MICHELE POMPEO META. Volevo informare anche i colleghi che, per quanto concerne il decreto-legge sullo sviluppo attualmente all'esame della camera, abbiamo saputo che ieri sera nelle due Commissioni riunite Bilancio e Finanze sono apparsi diversi emendamenti (Pagano-Soro, Simonetti, Bitonci, Comaroli, D'Amico, Forcolin, Montagnoli e poi ancora un altro emendamento Savino). Ora, si tratta della libertà dei colleghi, ci mancherebbe; il Parlamento, oltre a essere sovrano, tutela anche le libertà di ciascuno. Francamente - lo dico da questi banchi, ma anche all'altra parte politica - a me avrebbe fatto piacere, però, discutere in questa sede di una norma, che tra l'altro condivido. Il lavoro che sta svolgendo questa Commissione per quanto concerne i trasporti e la mobilità è molto utile e responsabile. Non ci siamo sentiti scavalcati, ma è una forzatura. Peraltro,
non credo che lei ne fosse a conoscenza, altrimenti, l'avremmo potuto anche impostare diversamente.
Insomma, è un bene per chi prende l'alta velocità, ma sappiamo che, dai tempi del general contractor, l'abbiamo realizzata con i fondi pubblici. È bene, quindi, che chi fa tratte oltre i 250 chilometri, in un meccanismo di solidarietà, aiuti anche il trasporto regionale e locale. Ad ogni modo, ci sembra una furbizia che, peraltro, non va al cuore dei problemi. Poteva essere scritta meglio dai presentatori e lo stesso Governo poteva, con molta più attenzione, approfittare di questa occasione per calibrare meglio l'intera vicenda.
Grazie e chiedo scusa dell'interruzione.
MAURO MORETTI, Amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Spa. Vorrei sottolineare che, leggendo quell'emendamento, il più grande contributore del fondo per il servizio universale sarà Trenitalia. Infatti, oggi fa al 100 per cento i servizi su quelle linee; domani, forse, non sarà al 100 per cento, ma sarà di gran lunga l'operatore prevalente, quindi anche quello che paga di più. Dico questo anche perché ho letto stamattina qualche giornale che paventava informazioni diverse.
Questo, peraltro, fa parte della chiarezza da dare alle regole del gioco. Servizio e mercato possono contribuire,
quindi il servizio universale va bene, basta stabilire che sia uguale per tutti. Ogni azienda, poi, dovrà tener presente anche questo elemento. D'altra parte - ripeto - il problema dei servizi universali, sia a lunga percorrenza sia del pendolarismo, è che non vi sono risorse sufficienti per farli. Quindi, se queste sono le strade interne al settore per recuperare risorse, ben vengano. Credo, però, che il settore più di tanto non possa dare perché è sempre Trenitalia che, alla fine, è salassata.
Anche il ritorno a idee come quelle che l'onorevole Meta stava ricordando, ovvero delle accise legate agli investimenti per il materiale rotabile, ritengo sia una proposta ragionevole. Per ogni centesimo in più che incassiamo, facciamo 250 milioni di euro di investimenti. Quindi, 4 centesimi sono un miliardo. Basta semplicemente che questa partita sia collegata in maniera trasparente al problema non dei nostri costi - perché, come vedete, non ne abbiamo più bisogno - ma degli investimenti.
Con questo vorrei rispondere al problema del pendolarismo e dei prezzi. Non so come si possa impostare un ragionamento diverso, soprattutto nelle sedi politiche, se non quello basato sul confronto tra quanto si guadagna in Italia e in altri Paesi. Se incassassimo quello che guadagna la Germania, faremmo un piano di investimenti di 2 miliardi di euro, che è il bilancio avanzato, più 6 miliardi di euro. Purtroppo, però non disponiamo di quelle cifre.
Oggi, la produttività dell'impresa e del lavoro in Trenitalia è superiore fortemente a quella di SSF ed è superiore, anche se non fortemente, a quella di Deutsche Bahn. Nelle imprese che abbiamo acquisito in Germania, come trasporto locale, incassiamo 21 centesimi di euro per passeggero/chilometro. Dico questo anche agli effetti della finta discussione, proposta anche in questa sala da parte di chi mi ha preceduto, sulla base della quale si sostiene che vi è chi è pronto a fare immediatamente il servizio universale. Ebbene, che lo faccia; vorrei gli offriste questa possibilità.
Non è possibile - ripeto - che in Italia la liberalizzazione sia legata solamente al fatto che chi arriva può prendere la ciliegina. Voi parlamentari dovete saper dire qual è il binomio tra ciliegie e patate affinché ognuno lo gestisca; non sono io che lo posso fare. Del resto, se si fa la tratta Roma-Milano non si può non fare - onorevole Garofalo - anche la linea Catania-Palermo. Capisce quello che voglio dire? Altrimenti, viene fuori che l'operatore marginale prende solo le ciliegie e Trenitalia solo le patate, quindi fallisce e non abbiamo più il trasporto.
La risposta al vostro problema è questa: unite la traccia da Milano a Napoli con una traccia siciliana.
VINCENZO GAROFALO. Lei non risponde. La domanda che le ho fatto è un'altra.
MAURO MORETTI, Amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Spa. Bisogna farlo; si può fare. Del resto, la Gran Bretagna si comporta in questo modo, mettendo in mercato una tratta profittevole con una che non lo è. Così l'operatore si assume gli oneri e gli onori. Perché questa operazione non si fa e alla fine - come diceva l'onorevole Di Vizia - chi arriva prende il meglio e quello che rimane lo si paga con le tasse? Capite che questa legge non regge? Se si continua così, caricando sempre tutto sul fisco, come si può - vi chiedo - fare la riforma fiscale?
Bisognerà iniziare a pensare che chi acquista i servizi, li deve pagare in relazione alla sua disponibilità di reddito; poi, ci sarà la solidarietà nei confronti degli strati che non hanno reddito, ma non deve essere caricato tutto sulla fiscalità generale. Questa è l'opportunità.
Quindi, se create delle regole secondo le quali si stabilisce che si passa attraverso il fondo che è stato istituito con questo emendamento, una parte degli incassi va al fondo e il Governo potrà decidere a chi
affidare il servizio universale, unendo, quindi, le tratte in attivo con quelle in perdita non solo per Trenitalia, ma per tutti.
Questo è il cuore della discussione. Vi ripeto che non c'è nessun caso al mondo in cui si verifichi una situazione del genere. Non c'è nessun esempio di liberalizzazione di un mercato nazionale in cui si decide che si privatizzano le parti migliori; al limite, si privatizza, in maniera obbligatoria, tutto l'insieme, cosa che sarebbe molto più corretta.
Sarebbe molto più giusto privatizzare sia la parte alta velocità che i servizi universali; invece, qui chi arriva all'ultimo istante prende la traccia residua dove si fanno guadagni marginali. Questo non si è mai visto né nel trasporto, né nell'energia, né da nessuna altra parte. Del resto, l'operazione Enel non l'avete costruita in questa sede e non avete fatto mettere sul mercato i pezzi di impianti che la gente ha pagato?
Per quanto riguarda i pendolari, questo è uno dei punti più importanti del nostro piano. Partiamo, infatti, dalla constatazione che il nostro primo obbligo è mostrare che i soldi che abbiamo a disposizione li stiamo utilizzando nel migliore dei modi possibili. Questo, peraltro, è un dovere dell'impresa. Siamo partiti in un momento in cui si perdeva in questo settore, avevamo grandi costi e sprechi, abbiamo tagliato i costi e abbiamo raggiunto un'efficienza che nessuno dei grandi oggi ha. Certo, poi se guardiamo alla piccola impresa, in cui il macchinista pulisce, fa il meccanico e fa i biglietti, noi siamo sempre fuori gioco; tuttavia, la piccola impresa non sarà mai in grado di gestire operazioni complesse.
A questo punto, si tratta di capire quante risorse mettiamo a disposizione dei poveri pendolari - lo dico io - soprattutto delle grandi città, del nord, del centro e del sud. Sono questi, infatti, che oggi hanno il problema - prima ancora della pulizia - dell'affollamento, che poi comporta problemi di pulizia. Non parlerei di problemi di prezzi perché non si paga niente. Un abbonamento di 50 chilometri costa 50 euro al mese; cosa bisogna fare più di così? In Gran Bretagna lo stesso abbonamento costa 350 euro al mese.
Non possiamo continuare a non guardare agli altri Paesi. Vi invito a fare operazioni di benchmarking: reddito, costi e ricavi per ogni persona. Dopodiché scoprirete che in Italia, con questa politica, abbiamo favorito l'esplosione delle città. Infatti, la gente, sapendo che il trasporto è gratis, prende la casa più lontano. Tuttavia, ormai c'è una domanda elevatissima dalle periferie verso il centro, concentrata in due ore. Dobbiamo, quindi, investire per quelle due ore e poi, per il resto della giornata, i treni sono vuoti. Stiamo, quindi, parlando di regole non solamente legate al trasporto ferroviario, né al trasporto in generale, ma al sistema urbano sul quale - permettetemi - non posso dare io una risposta. Noi diamo una risposta imprenditoriale.
In particolare, sulle pulizie, abbiamo cambiato tutte le imprese; abbiamo avuto denunce e controdenunce; ne abbiamo viste di tutti i colori e non abbiamo ancora una situazione ottimale. Siamo passati, però, da una situazione drammatica ad una situazione di sufficienza nel trasporto locale, che diventa, però, insufficiente nelle ore di punta nelle grandi città. Del resto, dopo due volte che il treno è passato è evidente che non è più pulito.
Vorrei proporre un'altra osservazione. Non abbiamo superato la crisi, ma siamo in una situazione di trapasso. Trenitalia ha un capitale sociale di 1,750 miliardi e debiti per 6 miliardi, quindi la crisi non è superata. Certo, abbiamo superato la fase in cui non perdiamo più, per cui non distruggiamo ricchezza. Ora stiamo creando ricchezza, ma ci serve per pagare i debiti.
Su questo - mi rivolgo sempre all'onorevole Garofalo - è vero che lo Stato ha capitalizzato, ma i nostri predecessori hanno mangiato tutto. Pensare di dire che vi sia il capitale sociale solo perché si vedono beni materiali è una finzione; infatti, al capitale sociale corrispondono i debiti creati in passato ai quali oggi, faticosamente, stiamo mettendo mano. Peraltro,
avendo vissuto l'esperienza della Tirrenia e della vecchia Alitalia, sapete cosa vuol dire mangiarsi i capitali, entrare in debito e fallire.
Quest'anno per la prima volta abbiamo certificato i nostri bilanci con gli standard internazionali. Il 22 presenteremo, con i Ministri dell'economia e dei trasporti, il piano industriale alla comunità finanziaria e per la prima volta siamo in grado di guardare ad essa in maniera tranquilla. Ciò nonostante, questo non vuol dire aver superato la crisi. E in ogni caso, non sono certamente stato io personalmente a superare la crisi. Il plauso va a tutti quelli che hanno lavorato, non solo ai colleghi qui al tavolo, ma a tanti altri che non sono qui. Ogni lavoratore di Ferrovie in questi anni ha vissuto un cambiamento enorme delle condizioni di vita e di lavoro perché non si fanno le stesse produzioni con il 25 per cento di risorse in meno, se non c'è una forte trasformazione. Del resto, tra le risorse, vi sono anche le persone che sono diminuite.
Ora il nostro problema è cambiare, ricapitalizzare, investendo laddove non si perde più e creare ricchezza che, però, non va a vantaggio di un padrone che porta via i profitti. Tutto quello che creiamo viene, infatti, reinvestito nello stesso ciclo; e più creiamo valore, più possiamo reinvestire.
Invece, se continuiamo con il cherry picking, la perdita sul mercato del trasporto passeggeri ammonta dal 20 al 25 per cento e quella nel settore delle merci al 30 per cento. Non dovete, però, guardare solamente alla perdita dei servizi di Trenitalia, ma anche alla sua ricaduta industriale. Ciò significa, in pratica, che gli investimenti equivalenti vanno negli altri Paesi e quindi tutta la filiera del trasporto ferroviario viene a mancare di quel 25 per cento o di quel 30 per cento che, in un momento di trapasso come questo, rappresenta la differenza competitiva di un Paese rispetto all'altro o di una filiera industriale rispetto all'altra. Se il nostro sistema di materiale rotabile invece di avere 50 treni ad alta velocità ne ha 80, cambia da così a così. Se, però, gli altri 30 treni invece di appartenere alla filiera italiana vanno su quella tedesca piuttosto che su quella spagnola o quella francese, la situazione si
ribalta nuovamente.
La stessa cosa vale per il trasporto locale. Vi sono tante industrie sparse, quasi tutte in crisi che prendono adesso, con questi investimenti in autofinanziamento, una boccata d'ossigeno. Non è, però, la soluzione dei loro problemi.
Vorrei tornare al discorso dei pendolari e vorrei concentrarmi su questo tema. Non possiamo non pensare a un piano di investimenti diverso da quello che, come impresa, possiamo svolgere. Su questo punto, voglio ricordare la politica del Libro bianco e della sostenibilità del trasporto che vede l'Italia, nell'ambito della produzione di CO2, all'ultimo posto tra i grandi Paesi europei. Da noi, il trasporto partecipa per oltre il 30 per cento, contro il -25 per cento della media europea; il che vuol, dire che bisogna ricostruire una politica nel campo delle merci e dei passeggeri per valorizzare la funzione propria di ogni modo, ma occorre altresì intraprendere un'operazione, anche di forzatura, nell'incentivare l'integrazione modale affinché la funzione specifica ottimale di ogni modalità di trasporto venga valorizzata al meglio. Il camion è ottimo per fare la distribuzione, quindi per operare nei 250-300 chilometri; ha una
flessibilità eccellente, ma non può essere la colonna vertebrale del sistema della logistica - come avviene in Italia - per la lunga percorrenza. Badate che si tratta di una diversa politica degli incentivi. Infatti, quando in Svizzera non si potrà più passare con il camion perché finiscono il Gottardo - che hanno fatto anche con i soldi dei pedaggi dei camionisti italiani - saremo doppiamente danneggiati: sia perché con quei soldi abbiamo fatto il valico, sia perché non si potrà più attraversare i valichi. E se per tempo non avremo una filiera ferroviaria capace di sopperire, siamo tagliati fuori non sulla Torino-Lione, ma dal più grande valico che collega l'Italia con la Renania, che vale quattro volte la parte dell'est.
Quindi, questo è un problema che deve essere affrontato. Noi possiamo darvi degli elementi, ma non possiamo risolvere la questione. Abbiamo rappresentato questi aspetti alle autorità competenti, peraltro abbiamo buoni rapporti con il Ministero delle infrastrutture e trasporti e dell'economia e finanze. Vediamo che fanno tutti gli sforzi possibili - del resto, anch'essi hanno dei problemi, soprattutto di finanze - per cui immagino che operino in modo ottimale. Presentiamo sistematicamente le nostre idee, le nostre opinioni, le nostre soluzioni e naturalmente i conti economici e i piani industriali per offrire i suggerimenti utili - dal nostro punto di vista che, però, è sempre parziale e miope perché è quello di un'impresa, non di chi ha una visione completa dell'intero panorama - per poter affrontare i punti fondamentali.
Concluderei, con riferimento al problema del servizio universale nel sud. Io non credo - è un'opinione personale che mi sento di esprimere - che nel 2011 si debba ancora parlare dei treni da Milano a Palermo. D'altra parte, come lei, onorevole Garofalo, ha detto, molto spesso già oggi bisogna cambiarne due o tre. Bisogna cercare di razionalizzare questo sistema. In alcuni casi, ormai l'aereo ha superato la parte ferroviaria perché costa di meno in valore assoluto e ci mette meno tempo, soprattutto su queste distanze.
Oggi, in relazione alla quota mercato ferroviaria su distanza Palermo-Milano siamo a qualche punto percentuale. Quindi, è inutile continuare a dire che bisogna per forza introdurre i treni da Palermo a Milano. Bisogna mettere più treni, secondo me, tra Palermo, Catania, Messina; tra la Sicilia e Napoli e Roma; tra la Calabria e Napoli e Roma perché l'85 per cento dei traffici è su queste linee. Quindi, dal mio punto di vista, vale la pena togliere qualche treno che da Roma va verso Milano e che serve a Palermo e mettere qualche treno in più verso Palermo, da Roma o da Napoli, perché lì si svolge il mercato, e - come facciamo in Val Padana - garantire le relazioni tra le grandi città. Questo, però, è un mio punto di vista e, siccome quella è una parte del servizio universale, la decisione spetta alla volontà politica perché e il Governo che si deve pronunciare nel campo del
servizio universale. Noi, naturalmente, collaboreremo in tutti i modi per fornire ogni informazione affinché questa pianificazione riesca, da un lato, a qualificare la nostra offerta del servizio universale e, dall'altro, a far ridurre i costi del servizio universale, realizzando un rendimento maggiore delle risorse disponibili su questo settore.
MARIO LOVELLI. Scusi, non ho capito il dettaglio dei ricavi.
MAURO MORETTI, Amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Spa. Sul dettaglio dei ricavi, sul totale di 8,64 miliardi, abbiamo, sulla lunga percorrenza, 2,143; sul regionale, 2,905; sulle merci, più di 1 miliardo; su altre cose, come la gomma, 200 milioni; sui servizi infrastrutturali - che sono i soldi che lo Stato dà per la manutenzione - 1 miliardo; poi, operazioni immobiliari e vendita di servizi a terzi, come la vendita dei servizi a Trenord, che è separata, ormai, come società, 874 milioni.
MARIO LOVELLI. Quindi, sono i ricavi da tariffe e da contratti di servizio?
MAURO MORETTI, Amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Spa. Sì, da prezzi, mercato e dal contratto di servizio. Se vuole, possiamo essere più esaustivi, anzi, le faremo avere anche un volumetto.
Vorrei dire che quando l'ENEL fornisce energia elettrica allo Stato, alle regioni o ai comuni, questo non viene affatto considerato servizio universale, anche se paga lo Stato. Si tratta, per me, di contratti. Allora non so perché si ragioni in questo modo solo nell'ambito del trasporto. Noi facciamo impresa.
MARIO LOVELLI. Forse lei pensa questo, noi non lo pensiamo affatto.
MAURO MORETTI, Amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Spa. Allora bene, sono contento.
LAMBERTO CARDIA, Presidente di Ferrovie dello Stato Spa. Sarò velocissimo. Volevo fare alcune osservazioni. La prima è che se si riesce a trovare un quantum da investire su rotaia, invece che su strada vi sono dei benefici molto rilevanti per tutto il Paese. In questo ambito, osservo che una situazione di grave disagio è quella della Sardegna alla quale, in un modo o nell'altro, occorrerà prestare una qualche attenzione affinché non appaia come un'isola separata. Infine, ringrazio del benvenuto che mi è stato dato la prima volta che ho avuto l'occasione di essere in questa sede in una veste diversa.
MICHELE ELIA, Amministratore delegato di RFI Spa. Per quanto riguarda Piombino vorrei precisare che ad oggi ci sono due accordi-quadro in corso e nessuno li ha sospesi. Uno di questi, quello più rilevante lo prolungheremo con un atto aggiuntivo, quindi con un'ulteriore fornitura su quello in essere. In più, sta partendo la gara per il nuovo accordo-quadro, per centinaia di milioni.
Il problema, comunque, è che stiamo attingendo ancora alla cassa di qualche anno fa perché, in relazione al contratto di programma del 2010-2011, l'aggiornamento non è stato ancora siglato e noi siamo in deficit di finanziamenti, in termini di competenza, quindi possiamo vivere ancora solo sette o otto mesi. La questione si ripresenta nel momento in cui dobbiamo attingere a competenza nuova perché lavoriamo con anni «n - 2», dati i tempi delle gare, delle forniture e via dicendo. Questo è il vero problema di oggi, ma su quel contratto non vi sono criticità al momento perché è un elemento essenziale della manutenzione.
SILVIA VELO. La ringrazio, era solo per rendere evidente quello che era chiaro.
PRESIDENTE. Ringrazio i rappresentanti di Ferrovie dello Stato per le loro relazioni e per il documento depositato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato alla seduta odierna (vedi allegato) e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 16.
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