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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XI
9.
Martedì 26 gennaio 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Moffa Silvano, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SU TALUNI FENOMENI DISTORSIVI DEL MERCATO DEL LAVORO (LAVORO NERO, CAPORALATO E SFRUTTAMENTO DELLA MANODOPERA STRANIERA)

Audizione di rappresentanti dell'associazione «Medici senza frontiere»:

Moffa Silvano, Presidente ... 3 6 8 10
Delfino Teresio (UdC) ... 7
Eminente Gabriele, Direttore risorse di «Medici senza frontiere Italia» ... 3
Fedriga Massimiliano (LNP) ... 7
Gatti Maria Grazia (PD) ... 7
Magnano Rolando, Vice responsabile dei progetti italiani di «Medici senza frontiere» ... 4 9
Pelino Paola (PdL) ... 6
Santagata Giulio (PD) ... 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

COMMISSIONE XI
LAVORO PUBBLICO E PRIVATO

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 26 gennaio 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SILVANO MOFFA

La seduta comincia alle 12,20.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'associazione «Medici senza frontiere».

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva su taluni fenomeni distorsivi del mercato del lavoro (lavoro nero, caporalato e sfruttamento della manodopera straniera), l'audizione di rappresentanti dell'associazione Medici senza frontiere.
Sono presenti, e li ringrazio, il dottor Rolando Magnano, vice responsabile dei progetti italiani di Medici senza frontiere, e il dottor Gabriele Eminente, direttore risorse Medici senza frontiere Italia.
Do la parola ai nostri ospiti.

GABRIELE EMINENTE, Direttore risorse di «Medici senza frontiere Italia». Signor presidente, ovviamente siamo noi che ringraziamo, a nome di Medici senza frontiere, per l'occasione di essere ascoltati dalla Commissione.
Mi presento rapidamente e svolgo un'altrettanto rapida introduzione, per poi passare la parola al mio collega, Rolando Magnano, che ha lavorato più specificamente su questo tema e che, quindi, ne può parlare più esaurientemente.
Come probabilmente saprete, Medici senza frontiere è l'organizzazione di soccorso umanitario più grande al mondo, fondata nel 1971 in Francia da un gruppo di medici e di giornalisti. Essa è articolata in 19 sezioni, tra cui la sezione italiana, mentre le sue operazioni e attività di soccorso umanitario sono presenti in 63 Paesi, fra cui anche l'Italia. C'è, quindi, una duplice natura della presenza di Medici senza frontiere oggi nel nostro Paese.
Per circostanziarla meglio, spendo una parola sulle attività della sezione italiana e sulla sua realtà e passo poi la parola a Rolando per quanto attiene all'attività di Medici senza frontiere in termini di operazioni nel nostro Paese e, quindi, in quest'ambito, rientrano anche le questioni di Rosarno.
La sezione italiana, come ogni sezione di Medici senza frontiere, ha fondamentalmente tre obiettivi: uno è quello di selezionare e gestire gli operatori umanitari italiani, che poi vanno a lavorare sul terreno nei 63 Paesi, come ricordavo prima. Soltanto per darvi un paio di indicazioni, nel 2009 abbiamo selezionato e fatto partire 267 operatori umanitari; grosso modo un po' più della metà sono operatori umanitari sanitari, quindi medici o infermieri, e circa il 40 per cento, invece, sono tecnici, quindi ingegneri, architetti e via elencando, che vanno sul terreno per svolgervi attività più tecniche.
Sempre per darvi un altro riferimento, forse di maggiore attualità, nelle ore e nei giorni immediatamente successivi all'emergenza


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di Haiti, abbiamo organizzato 22 partenze dall'Italia di persone che sono andate a rafforzare il team che, in questo momento, è sul terreno. Abbiamo un migliaio di persone che lavorano per Medici senza frontiere in Haiti, di cui circa 300 operatori internazionali, 22 dei quali italiani.
La prima attività è, dunque, la selezione e la gestione degli operatori umanitari. La seconda è la raccolta fondi: raccogliamo in questi 19 Paesi, quindi anche in Italia, fondi che sono investiti e impiegati, per oltre l'80 per cento - questa è una policy molto rigida, una scelta strategica che Medici senza frontiere rispetta in modo molto rigoroso - sono investiti in attività sul terreno.
Queste 19 sezioni, oltre all'attività di raccolta fondi e di selezione e gestione del personale operativo sul terreno, hanno anche una terza finalità, di sensibilizzazione e di testimonianza. Sin dall'avvio dell'attività di Medici senza frontiere, quindi nel suo codice genetico, c'è l'obiettivo di affiancare all'attività medico-umanitaria vera e propria sul terreno quella di testimonianza. Ciò perché, purtroppo, come potete immaginare, nei 63 Paesi che richiamavo prima, molto spesso le nostre équipe mediche sono testimoni di gravi violazioni di diritti umani o di altrettanto gravi ritardi e omissioni.
È parte della nostra attività, in quanto sezione italiana, portare all'attenzione dell'opinione pubblica, ma anche delle istituzioni del nostro Paese, ciò che testimoniamo sul terreno. In estrema sintesi, questo è ciò di cui si occupa la sezione italiana.
Nell'ambito dei 63 Paesi in cui vanno a lavorare i nostri operatori umanitari e alle cui operazioni partecipano i finanziamenti di cui parlavo prima - finanziamenti che, lo ricordo, vengono esclusivamente da donatori privati: Medici senza frontiere lavora soltanto con donazioni di privati cittadini - c'è anche l'Italia, con operazioni, articolate come Rolando descriverà tra poco, che, nel nostro gergo, mettiamo sotto il cappello di Missione Italia. In questo contesto si sono sviluppate anche le attività, che datano ormai da diversi anni, basate sui lavoratori stagionali.
Se il presidente lo consente, passerei la parola, a questo punto, a Rolando Magnano, per introdurre un po' meglio Missione Italia ed entrare nel merito delle sue attività.

ROLANDO MAGNANO, Vice responsabile dei progetti italiani di «Medici senza frontiere». Signor presidente, mi associo anche io ai ringraziamenti per l'invito all'audizione di oggi, proprio perché, tra le missioni di Medici senza frontiere, vi è anche la testimonianza; è fondamentale, infatti, nella nostra attività, poter testimoniare ciò che facciamo.
Io sono il vice responsabile dei progetti italiani di Missione Italia, ovvero dei progetti che Medici senza frontiere conduce nel nostro Paese.
I progetti di Missione Italia si sono focalizzati da sempre, da quando è nata nel 1999, nell'assicurare assistenza sanitaria agli immigrati. È stato verificato sul territorio che questa fetta di popolazione a volte ha seri problemi di accesso alle strutture sanitarie, tanto è vero che abbiamo aperto alcuni ambulatori. In modo particolare, poi, la nostra attività si è focalizzata a favore degli immigrati senza permesso di soggiorno richiedenti asilo.
Abbiamo aperto, come accennavo, 35 ambulatori dedicati a immigrati senza permesso di soggiorno su tutto il territorio italiano; avevamo, fino all'aprile dello scorso anno, un presidio sanitario sull'isola di Lampedusa, dove svolgevamo primo soccorso sanitario e poi, dal 2003, seguiamo il fenomeno dei lavoratori stagionali immigrati.
Questa popolazione, che noi abbiamo stimato in circa 10-15 mila persone, si muove lungo il territorio soprattutto dell'Italia meridionale, inseguendo le stagioni delle raccolte, che idealmente possiamo far cominciare durante l'estate, a luglio-agosto per la raccolta del pomodoro nel foggiano e nell'area di Castel Volturno; si spostano, poi, più avanti, nel sud della Puglia e in Basilicata, per la raccolta dei


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meloni; in inverno si svolge in Calabria, nell'area di Rosarno, la raccolta degli agrumi e forse questa, tra tutte , è l'attività più dura, proprio perché ha luogo durante il periodo invernale; prosegue poi in Sicilia, prevalentemente nell'area del siracusano.
Come dicevo, questo lavoro è partito nel 2003. Nel 2005 abbiamo pubblicato un primo rapporto di denuncia delle condizioni di vita e di lavoro di questa popolazione, che abbiamo intitolato I frutti dell'ipocrisia. Ho portato un volume, che è a disposizione della Commissione. Nel 2007 abbiamo deciso, dopo questo rapporto di denuncia, di ripetere l'indagine, che ha portato a un secondo rapporto, sempre a disposizione, in cui, purtroppo, abbiamo verificato che, nonostante le denunce del 2004, nulla era cambiato a distanza di tre anni.
Quali sono, dunque, le condizioni di vita e lavorative di questa popolazione? Focalizzando la mia esposizione sulla seconda indagine, quella più recente del 2007, che è stata condotta su 600 persone, le quali hanno tutte ricevuto una consultazione da parte dei nostri medici, è emerso che circa il 90 per cento di esse è privo di un contratto di lavoro; il 15 per cento denuncia di essere stato vittima di episodi di violenza; il 65 per cento vive in case abbandonate, spesso senza un tetto; il 64 per cento non ha accesso all'acqua potabile, ovvero deve percorrere spesso anche tragitti molto lunghi senza automobile per potersi procurare questo elemento fondamentale; il 10 per cento vive all'interno di tende; il 21 per cento condivide il materasso con altre persone; non hanno bagni, riscaldamento, acqua calda, se non riscaldandola attraverso la legna; il 50 per cento non ha mai avuto accesso al Sistema sanitario nazionale, nonostante la legislazione preveda, anche per gli immigrati irregolari, il pieno accesso alle strutture sanitarie.
Per quanto riguarda le loro condizioni di salute, il 73 per cento delle persone visitate accusa patologie croniche, ovvero presenti da più di un mese, tutte legate alle estreme condizioni di vita e di lavoro che sperimenta durante le raccolte, quindi problemi all'apparato respiratorio, all'apparato osteo-muscolare, soprattutto legato al lavoro - tenete presente che molte di queste persone non hanno un'esperienza pregressa di lavoro nei campi e non ricevono alcun tipo di formazione nel condurre questo tipo di mansioni -; problemi diffusi sono anche inerenti all'apparato dermatologico, soprattutto per il contatto con gli agenti chimici utilizzati in agricoltura, e, ovviamente, anche per le condizioni di vita che queste persone sperimentano nei cascinali e nelle fabbriche dismesse. Molto importanti sono anche le patologie come il raffreddore, legate all'apparato pneumologico, dovute - soprattutto nella stagione invernale, durante la raccolta di agrumi, per esempio a Rosarno - al fatto che tali persone vivono completamente esposte alle intemperie e agli agenti atmosferici.
Il nostro intervento, in questi anni, si è focalizzato prevalentemente nel prestare assistenza sanitaria diretta a questa popolazione con una clinica mobile. Il nostro team è composto da medici, infermieri, mediatori culturali e logistici di supporto alle operazioni.
A questo lavoro di supporto medico è stato affiancato anche un lavoro di relazione con le autorità regionali e locali per stimolarle ad attivare alcuni percorsi per garantire almeno gli standard minimi di accoglienza a questa popolazione. L'avevamo fatto anche l'anno scorso con la regione Calabria, ma l'intervento della regione, nonostante sia stato insistentemente sollecitato da noi, è stato assolutamente tardivo e inadeguato per le esigenze che avevamo manifestato.
Abbiamo avuto relazioni più positive, in passato, con la regione Puglia e con la regione Sicilia, che hanno portato, per esempio, taniche per l'acqua potabile nei siti di maggiore concentrazione di questi lavoratori, latrine, prevedendo ovviamente anche un sistema di manutenzione e smaltimento dei rifiuti, a volte anche dei punti luce, perché tali persone si concentrano in siti privi di qualsiasi tipo di servizio.


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In ogni caso, nonostante in queste due regioni, in passato, siano stati avviati percorsi per cercare di alleviare le sofferenze di questa popolazione, siamo ancora lontani da standard di accoglienza accettabili.
Il nostro lavoro, inoltre, si è concentrato nel relazionarci anche con le autorità sanitarie locali per cercare di attivare, durante la stagione delle raccolte, alcuni presidi sanitari, gestiti direttamente dalle ASL, che presentassero però alcune caratteristiche fondamentali di accessibilità, ovvero che fossero aperti non durante gli orari di lavoro, che presentassero un servizio di mediazione culturale, fondamentale per questa popolazione, e che fossero anche facilmente raggiungibili, perché gran parte di queste persone non può avere mezzi privati per raggiungere presidi sanitari che spesso sono ubicati anche a diversi chilometri dalle aree dove si concentrano i lavoratori.
Per concludere, abbiamo ripetutamente denunciato in questi anni le condizioni estreme di degrado in cui vive questa popolazione, abbandonata, di fatto, dalle istituzioni, ma anche dalle associazioni di categoria. Spesso siamo presenti in questi siti e constatiamo che cercano di alleviare le sofferenze di tali lavoratori soltanto le associazioni locali, di volontariato e di beneficenza. Abbiamo sempre testimoniato l'assenza delle istituzioni e di associazioni di categoria come sindacati e associazioni datoriali.
La logica che guida il nostro lavoro e i nostri progetti in Italia è quella di seguire, prestare assistenza sanitaria e occuparsi della salute di questa popolazione (partendo dagli sbarchi nelle coste meridionali della Sicilia), costituita prevalentemente da immigrati senza permesso di soggiorno e richiedenti asilo, durante i lavori stagionali e negli ambulatori che abbiamo aperto, dove c'è una maggiore concentrazione di questa popolazione.
Abbiamo condotto anche alcune indagini nei cosiddetti centri per migranti. Con tale dicitura intendo sia i centri per immigrati privi di permesso di soggiorno, sia i centri di accoglienza per i richiedenti asilo (CARA), sia i centri di accoglienza.
Abbiamo condotto una prima indagine in questo senso nel 2004, che ha prodotto un rapporto intitolato CPT: anatomia di un fallimento. L'abbiamo nuovamente condotta nell'inverno 2008 e nell'estate 2009 e il prossimo 2 febbraio uscirà il secondo rapporto sui centri per migranti di Medici senza frontiere, focalizzato soprattutto sui servizi sanitari predisposti all'interno di queste strutture, nonché sulle condizioni igienico-sanitarie e abitative. Presenteremo questo studio il 2 febbraio prossimo in una conferenza stampa, che si terrà presso la Sala stampa estera qui a Roma.
Il 4 febbraio, presso la Sala delle conferenze di Palazzo Marini, si terrà un convegno, il cui obiettivo è anche quello di aprire un dibattito sul sistema dei centri per migranti, a cui parteciperanno il Ministro della salute, Ferruccio Fazio, il vice capo del Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno, Prefetto Angelo Malandrino, il vice direttore della Caritas, Francesco Marsico, e la deputata Rita Bernardini, che, come forse alcuni di voi sapranno, ha visitato moltissimi centri per migranti. È stata, dunque, invitata come interlocutore competente in materia. Il Presidente della Camera ha assicurato anche che invierà un proprio messaggio.
Riteniamo che sia fondamentale e importante la presenza anche dei membri di questa Commissione per poter ragionare insieme e avviare un dibattito su questo sistema. Grazie per l'attenzione.

PRESIDENTE. La ringrazio anche per l'invito che, da ultimo, ha voluto rivolgere all'intera Commissione. Credo che ci sarà senz'altro una presenza qualificata per questo appuntamento importante.
La ringrazio anche per i dati che ha voluto cortesemente fornire e per la documentazione che lascerà a disposizione dei commissari.
Do ora la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

PAOLA PELINO. Visto che le audizioni servono proprio per mettere in risalto


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alcune problematiche e che voi, attraverso la vostra specializzazione, in questo caso, avete riferito dei disagi che vivono queste popolazioni, vi pongo una domanda: quali sono, a vostro giudizio, gli strumenti immediati che potrebbero quanto meno evitare di danneggiare ulteriormente queste persone?
Lei ha giustamente fatto riferimento ai lavori che espongono questa gente a intemperie e via elencando.
Penso, però, anche alle loro abitazioni, che probabilmente non sono idonee. Lei ha parlato anche di persone che non sono in regola con nulla. Vivono, quindi, anche una difficoltà a manifestare i propri problemi perché, essendo clandestine, temono di essere rimpatriate. Sappiamo benissimo tutto quello che avviene.
Sappiamo pure, però, che questo è un problema su cui questo Governo ha posto la sua attenzione. Vorrei sapere che cosa si può fare a breve scadenza e come si può ovviare al grande disagio che queste persone vivono.

TERESIO DELFINO. Ho ritenuto molto interessante quest'audizione, perché vista dalla parte di chi opera con un atteggiamento di grande disponibilità verso la persona, qualunque sia il colore della sua pelle, quindi nella considerazione del principio fondamentale del rispetto della dignità della persona e della vita.
Poiché siamo, però, nell'ambito di un'indagine conoscitiva su taluni fenomeni distorsivi del mercato del lavoro e avendo potuto recentemente effettuare un sopralluogo a Rosarno, credo che la vostra denuncia sia pienamente coerente con quanto abbiamo ascoltato, in quell'occasione, dalle organizzazioni di volontariato presenti sul luogo.
La questione su cui voglio focalizzare la nostra attenzione riguarda un'osservazione che lei ha formulato quando ha affermato che c'è un totale - se ho ben compreso - disinteresse da parte sia delle istituzioni locali, sia delle organizzazioni datoriali. Da uomo di altra parte del Paese, credo che questa sia una responsabilità fortissima.
Considerati i vostri costanti rapporti con coloro che dovrebbero avere il governo del territorio, tenuto conto della necessità di creare una sinergia forte con gli apparati delle altre istituzioni - essendo in gioco competenze statuali, regionali, locali, che coinvolgono anche le forze economiche - vi chiedo quali possano essere le ragioni di tale totale disinteresse per un fenomeno che, da vent'anni, risulta essere indispensabile in determinate realtà del Paese.

MARIA GRAZIA GATTI. Desidero ringraziare i responsabili di Medici senza frontiere, non solo di essere qui presenti, ma soprattutto delle azioni che compiono quotidianamente.
Colgo l'occasione per chiedervi, dal vostro punto di vista, a seguito dell'esperienza che avete maturato, con particolare riferimento al nostro tipo di indagine, legata al caporalato, al lavoro nero e via elencando, se pensate che ci sia la necessità di un intervento legislativo di tipo diverso e specifico e che caratteristiche dovrebbe, eventualmente, avere.

MASSIMILIANO FEDRIGA. Non entro nel merito della questione dei centri di immigrazione ed espulsione dell'irregolare, perché non penso sia il tema oggetto della nostra audizione. Avrei anch'io molto da dire, ma non siamo chiamati qui per questo.
Per quanto riguarda la situazione di Rosarno e, in generale, del fenomeno del caporalato, anch'io vi chiedo quale può essere la strada da perseguire. Ciò che personalmente - vi invito, al riguardo, a esprimere le vostre riflessioni - mi lascia perplesso è che non si parte dalla base, vale a dire dal lavoro irregolare, che non ci dovrebbe essere.
È chiaro, infatti, che un lavoro irregolare, non controllato, di cui alcune istituzioni non sono nemmeno a conoscenza - non è il caso di Rosarno, che ci avete appena testimoniato e che era noto - è un fenomeno ingestibile, che non può governare uno Stato.
Al contempo, evidentemente, ci sono stati anche mancati adempimenti della


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legge, perché al lavoratore che viene nel nostro Paese devono essere garantiti i mezzi per sopravvivere in modo dignitoso. Stiamo, dunque, parlando di situazioni assolutamente fuori dalla legalità.
Mi domando se debbano avere una risposta legislativa oppure amministrativa, cioè se sia necessario un maggiore controllo e un maggiore rigore nei controlli affinché casi come questi, con persone che vivono nelle condizioni di degrado descritte, non siano più permessi nel nostro Paese.

GIULIO SANTAGATA. Nostro Signore non è morto dal freddo, mi verrebbe da dire con una battuta emiliana.
In questa Commissione abbiamo il vizio di parlare di questioni come il lavoro nero come se fossero calamità naturali. Non sono calamità naturali, ma scelte prima di tutto imprenditoriali, che l'imprenditore può compiere in un tessuto sociale e normativo che glielo consente.
Purtroppo, va detto che in questo Paese, dove abbiamo il record di lavoro sommerso fra i Paesi OCSE, è del tutto evidente che, alla fine, troviamo l'anello più debole di tutta la catena del valore a pagare prezzi insostenibili, fino alla riduzione in schiavitù.
Credo, dunque, che non sia tanto una questione legislativa, ma politica, ragion per cui questo Paese deve seriamente interrogarsi se, nella competizione globale di questo millennio, possiamo pensare di continuare a competere al ribasso. A forza di competere al ribasso, infatti, finiremo che non sapremo dove collocare chi oggi è già ridotto in schiavitù; stiamo, di fatto, abbassando tutto il livello delle tutele del nostro lavoro, in una rincorsa verso il basso assolutamente insostenibile.
Ringrazio Medici senza frontiere per la loro testimonianza e per i dati forniti. Credo che questa Commissione dovrebbe seriamente interrogarsi su che cosa il Parlamento può fare, in un'azione che non è solo legislativa, secondo me, ma prima di tutto culturale.

PRESIDENTE. Volevo anch'io rinnovare il ringraziamento per il lavoro che voi prestate, nonché per il contributo che date ai nostri lavori.
Voglio ricordare, peraltro - forse non ne avete avuto conto, perché non conoscete gli atti della nostra Commissione - che l'avvio dell'indagine conoscitiva richiamava e richiama proprio il documento a cui lei si riferiva, quindi la vostra indagine, perché ritenevamo, al di là delle divisioni, che pure esistono, e delle appartenenze, che ci fosse una condivisione nell'individuare in tale analisi uno degli elementi sui quali il Parlamento deve riflettere.
Non vorrei ora caricarvi di eccesso di responsabilità rispetto alle soluzioni che il Parlamento deve trovare. Mi rendo conto che arrivano domande che sollecitano una risposta, soprattutto sul quadro normativo o sulle attività di tipo amministrativo(ovviamente siamo qui per ascoltare anche le vostre indicazioni in materia). Non vorrei neppure che la nostra indagine si riducesse a un dibattito sui massimi sistemi avulso dai problemi reali e concreti con i quali ci si misura drammaticamente ogni giorno, pur condividendo la necessità di un approccio culturale diverso rispetto alla problematica che attiene al fenomeno migratorio e a tutte le politiche di natura economica globale che stanno investendo le nostre realtà territoriali.
Se posso permettermi una domanda, vorrei capire, proprio sul versante della vostra specifica competenza, che, in questo caso, è ovviamente di grande solidarietà e di grande umanità, ma soprattutto di grande apporto sotto il profilo medico, se è proprio su quel versante che, in qualche misura, si possa intervenire ulteriormente per garantire ancora di più non solo il controllo, ma anche la tutela, la prevenzione necessaria per evitare che il degrado, che è un fattore sicuramente di natura sociale, per come è caratterizzato in alcune parti del nostro Paese, possa assumere i connotati terrificanti dello sfruttamento e della schiavitù che abbiamo dovuto registrare. Ciò potrebbe aiutarci meglio, dal momento che questa indagine nasce anche con la presunzione - mi auguro onorata dal lavoro che porteremo avanti - di offrire anche al Parlamento


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spunti certamente per ulteriori proposte legislative, ma anche per cambiare l'approccio.
Personalmente - lo dico soltanto come una mia peculiare e personale attenzione al fenomeno - mi domando perché nel nostro Paese non esista, per esempio, un Ministero dell'immigrazione, che si occupi in maniera integrata del fenomeno, e perché tutto venga parcellizzato con competenze che, alla fine, finiscono per confliggere.
Ho l'impressione che molto spesso la non attenzione che viene dal versante istituzionale, sia locale che di altro tipo, nasca anche dalla sovrapposizione e dalla conflittualità che emerge da un sovraccarico di norme, le cui competenze spesso sfuggono. Questo non aiuta il processo.
Forse dovremmo, quindi, parlare di maggiore integrazione, di maggior coinvolgimento, di una semplificazione anche del quadro normativo, che aiuti anche i processi di coloro che sono sul campo in prima persona e che, ovviamente, in questo caso, svolgono anche un ruolo di supplenza importante.
Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

ROLANDO MAGNANO, Vice responsabile dei progetti italiani di «Medici senza frontiere». Ringrazio tutti degli attestati di stima e di riconoscimento espressi nei confronti di Medici senza frontiere.
Come ha ricordato anche il presidente, Medici senza frontiere è un'organizzazione medica di soccorso, un'organizzazione umanitaria. La nostra missione è prestare soccorso sanitario a chi non ha accesso a questo diritto fondamentale dell'uomo. Non è nel nostro mandato trovare soluzioni legislative ai problemi. Mi dispiace, dunque, se ad alcuni di voi non potrò dare una risposta alle domande che avete posto.
Posso, comunque, fornirvi altri dati, che nella prima parte della mia esposizione non vi ho illustrato.
Mi è stata posta la domanda sugli irregolari e sui regolari. Ebbene, nell'indagine condotta nel 2007 emergeva che circa il 30 per cento della popolazione interessata è costituita da regolari, prevalentemente da richiedenti asilo e rifugiati, una categoria particolare, definita da molti «vulnerabile».
Nel caso di Rosarno - sono dati non di Medici senza frontiere, ma del Ministero dell'interno - il 70 per cento erano regolari e una parte importante era costituita da rifugiati non richiedenti asilo, persone a cui lo Stato italiano aveva già garantito una protezione internazionale perché erano state riconosciute vittime di situazioni e condizioni degradanti e in fuga da conflitti. Parliamo, quindi, di persone che avrebbero diritto a particolari tutele.
Fornisco altri dati per chiarire il quadro della situazione. La stragrande maggioranza delle persone che abbiamo visitato hanno affermato di essere giunte in Italia in buone condizioni di salute. Lo possiamo attestare direttamente, proprio perché, fino a quando ci sono stati gli sbarchi, avevamo il nostro presidio sanitario sull'isola di Lampedusa e, prima ancora, sulle coste meridionali della Sicilia.
Sono, quindi, persone che sono riuscite ad attraversare indenni il deserto del Sahara e il canale di Sicilia e che arrivano ad ammalarsi in Italia per le condizioni di lavoro e di vita che sperimentano. È ancora vera, almeno per la fetta di popolazione che osserviamo, la famosa teoria dell'effetto migrante sano: l'immigrato arriva in Italia sano e si ammala per le condizioni di vita e di lavoro che sperimenta.
Per quanto riguarda il caporalato, dalle nostre interviste è emerso che tali lavoratori percepiscono dai 25 ai 40 euro al giorno per 8-10 ore di lavoro, di cui devono darne circa 5 o al caporale, che spesso è un loro connazionale, o a chi poi li porta direttamente sui campi di lavoro. Da questa cifra di 25-40 euro bisogna, dunque, decurtare ulteriormente questi 5 euro.
Il presidente mi chiedeva poi, dal punto di vista medico, come si potrebbe migliorare la condizione di questa popolazione. Come dicevo, secondo noi è fondamentale attivare presidi sanitari che abbiano la caratteristica dell'accessibilità; non basta


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attivare un presidio sanitario in queste zone, proprio perché si tratta di una popolazione particolare. Affinché queste persone possano ricevere realmente le cure sanitarie a cui hanno diritto anche per la nostra legislazione, tali ambulatori devono essere aperti anche in orari non di lavoro e devono essere facilmente raggiungibili anche con i mezzi pubblici. Non è facile, in queste aree a bassa densità abitativa, dove, a volte, i servizi di trasporto pubblici sono carenti; non siamo in una grande città e queste persone non hanno automobili, come ricordavo.
Un altro elemento fondamentale per noi è la mediazione culturale: una parte importante di questa popolazione non conosce ancora l'italiano perché è arrivata non da molto tempo in Italia. A volte, si tratta di persone che sono da diversi anni in Italia, ma, vivendo comunque marginalizzate rispetto alla società, la loro conoscenza della lingua è estremamente precaria e spesso non sufficiente per poter comunicare efficacemente ai sanitari i propri malesseri.
Spero di aver fornito alcune risposte ai vostri interrogativi.

PRESIDENTE. Nel ringraziare i nostri auditi per la disponibilità manifestata, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13.

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