Sulla pubblicità dei lavori:
Russo Paolo, Presidente ... 2
INDAGINE CONOSCITIVA SUL SISTEMA DI FINANZIAMENTO DELLE IMPRESE AGRICOLE
Audizione dei rappresentanti della Banca d'Italia:
Russo Paolo, Presidente ... 2 5 6 8
Bellotti Luca (PdL) ... 5
Gobbi Giorgio, Direttore titolare della Divisione struttura ed intermediari finanziari del Servizio studi di struttura economica e finanziaria della Banca d'Italia ... 2 6 7
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD) ... 7
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 17,50.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul sistema di finanziamento delle imprese agricole, l'audizione dei rappresentanti della Banca d'Italia.
Sono presenti il dottor Giorgio Gobbi, direttore titolare della divisione struttura e intermediari finanziari del servizio studi di struttura economica e finanziaria, il dottor Marcello Bofondi, funzionario del servizio studi di struttura economica e finanziaria, il dottor Gianluca Lonardo, funzionario della divisione stampa e relazioni esterne.
Do subito la parola al dottor Gobbi per lo svolgimento della relazione.
GIORGIO GOBBI, Direttore titolare della Divisione struttura ed intermediari finanziari del Servizio studi di struttura economica e finanziaria della Banca d'Italia. Secondo gli ultimi dati recentemente resi noti dall'ISTAT, il comparto dell'agricoltura, silvicoltura e pesca contribuisce alla formazione del valore aggiunto in una misura di poco inferiore al 2 per cento, occupa più del 5 per cento delle unità di lavoro, e ad esso è destinato oltre il 4 per cento dei prestiti che gli intermediari vigilati dalla Banca d'Italia, banche e società finanziarie, erogano al complesso delle imprese.
Ad ogni euro di valore aggiunto prodotto in agricoltura ne corrisponde quindi 1,4 di credito concesso allo stesso comparto produttivo, valore molto elevato se confrontato con quello degli altri principali settori di attività economica. Ad esempio, per l'industria in senso stretto questo rapporto è pari all'unità, per cui nell'agricoltura è più alto del 40 per cento.
Questi semplici indicatori dimostrano come il settore primario sia caratterizzato da un elevato fabbisogno di risorse finanziarie per attivare i propri processi produttivi. Oltre al credito concesso dalle banche e dagli altri intermediari, due sono sostanzialmente le fonti di finanziamento: come per tutte le altre imprese, il capitale di rischio fornito dagli imprenditori e, verosimilmente in misura più ampia rispetto ad altri comparti produttivi, i contributi che sotto varie forme sono forniti dal settore pubblico.
Desidero illustrare le caratteristiche dei finanziamenti forniti dagli intermediari vigilati della Banca d'Italia alle imprese agricole, che sono desumibili dalle nostre statistiche e che rileviamo nell'assolvimento dei compiti istituzionali del nostro istituto. Si tratta di informazioni di natura molto aggregata, in grado di rendere conto solo in misura molto limitata delle grandi
differenze esistenti all'interno di questo comparto tra diverse categorie di imprese in ragione della loro dimensione, della specializzazione produttiva e delle tecnologie impiegate.
Un ulteriore elemento che caratterizza questo settore è l'ampia e diffusa presenza di piccole e piccolissime aziende, che adottano sistemi contabili molto semplificati. Questo riduce in maniera sostanziale la possibilità di interpretare i dati relativi al credito, utilizzando informazioni di bilancio.
Pur con tutte queste limitazioni, l'esame delle nostre statistiche consente di individuare alcuni tratti salienti, che possono essere riassunti schematicamente in quattro punti. Il primo punto è che nel corso del decennio che si è appena concluso, se si esclude l'ultimo biennio che coincide con la crisi finanziaria prima e la recessione poi, il credito affluito alle imprese agricole è cresciuto a ritmi molto sostenuti, analoghi a quelli degli altri settori, per il complesso degli altri settori produttivi. Tuttavia, la dinamica della produzione e del valore aggiunto in agricoltura è stata molto più debole rispetto a quella degli altri settori. Questo ha fatto sì che sia aumentato il rapporto - già strutturalmente più elevato - tra debito e valore aggiunto.
Nell'ultimo biennio in cui ci sono stati problemi connessi con la crisi finanziaria, condizioni più difficili di accesso al credito e una domanda generalmente più debole da parte di tutte le imprese, il credito all'agricoltura ha continuato a crescere a tassi positivi e a ritmi leggermente superiori a quelli delle altre imprese. Il primo punto è che veniamo da un decennio di crescita molto elevata del credito, dei finanziamenti forniti dalle banche e dagli altri intermediari, soprattutto se confrontati con la crescita molto più contenuta del valore aggiunto, della produzione.
Il secondo punto è che la crescita dei finanziamenti è stata in larga parte resa possibile da un progressivo allineamento dei tassi di interesse, del costo del denaro, delle imprese agricole a quello pagato dalle altre imprese, e più in generale da condizioni dei mercati creditizi favorevoli per tutte le imprese e anche per le imprese agricole. In questo periodo, i tassi di mercato relativamente più bassi rispetto al passato in termini sia reali che nominali hanno reso meno costoso per le imprese il venir meno di molte delle agevolazioni in conto interessi (credito agevolato). I contributi e i sostegni all'agricoltura hanno preso altre forme, sempre meno quella delle agevolazioni in conto interesse.
Secondo una tendenza generale riscontrata per tutte le imprese in maniera consistente nell'indebitamento a breve termine delle imprese agricole, sono aumentati i finanziamenti a medio e a lungo termine. Questo ha portato a un maggiore equilibrio nello stato patrimoniale delle imprese, perché nell'agricoltura gli investimenti sono a lungo termine e talora su scadenze molto più lunghe che in altri settori.
In terzo luogo, una quota consistente - più ampia che in tutti gli altri settori registrati nelle nostre statistiche - della produzione in agricoltura avviene in imprese di piccole e piccolissime dimensioni. A prescindere dal settore di appartenenza, le imprese di piccole e piccolissime dimensioni hanno difficoltà ad accedere al credito per diverse ragioni: sono più rischiose, i costi di erogazione sono più elevati e hanno minore potere contrattuale con le banche.
Sempre nell'ultimo decennio, all'interno dei mercati di credito italiano si sono sviluppati strumenti e enti che agevolano l'incontro tra domanda e offerta. I Confidi infatti forniscono garanzie alle piccole imprese e rappresentano una specie di cerniera tra domanda e offerta. I dati che abbiamo a disposizione, che sono molto incompleti e parziali, dimostrano come questo sia avvenuto in maniera molto limitata nel settore dell'agricoltura. Sebbene le piccole imprese del settore agricolo abbiano beneficiato per un'ampia parte del decennio di condizioni particolarmente favorevoli, non si sono sviluppati strumenti in grado di facilitare l'accesso al credito nel caso in cui le condizioni diventino meno favorevoli.
Il quarto punto riguarda i pochi dati che abbiamo a disposizione sui bilanci delle imprese. Questi si limitano a un campione molto limitato, tratto dalla centrale dei bilanci di imprese medio grandi, che nel corso dei decenni varia tra le seicento e le settecento unità. Questi dati mostrano sostanzialmente due cose. La prima è che, per certi versi, l'indebitamento delle imprese agricole non è molto diverso da quello della media delle altre imprese. Sotto questo profilo non si riscontrano quindi squilibri particolari.
Emerge invece come elemento di marcata differenza il rapporto tra debito e valore aggiunto prodotto in azienda. Questo è molto più elevato che negli altri settori e dipende dal basso valore del denominatore. La produttività nel settore delle poche imprese agricole che abbiamo in bilancio appare infatti molto inferiore rispetto a quella di altri settori. A parità di lavoro e capitale impiegato in agricoltura, il valore aggiunto è dunque relativamente più basso. Ciò ha un'immediata implicazione negli equilibri finanziari delle imprese. A parità di indebitamento, valore aggiunto più basso significa che una più ampia quota di reddito prodotto in azienda in agricoltura deve essere destinata a coprire gli interessi, il costo del debito. Ciò lascia meno risorse per l'autofinanziamento, per il finanziamento dell'attività di investimento, a meno di condurre gli investimenti aumentando di nuovo
il debito.
Questi sono i quattro elementi salienti che abbiamo tratto dalle nostre indagini.
Volendo entrare più nel merito di ciascuno di questi punti, nel passato decennio il credito è cresciuto molto. In media d'anno, tra il 1999 e il 2009 questa crescita è stata di circa il 7 per cento, valore molto vicino a quello registrato per il complesso delle imprese. Questa crescita è molto sostenuta, perché la quota del credito sul totale dei finanziamenti alle imprese per l'agricoltura è rimasta stabile, ma la quota del valore aggiunto dell'agricoltura sul PIL si è progressivamente ridotta. Tale andamento è motivato da fattori sia di domanda, che di offerta.
Tra i fattori di domanda - che credo siano sono stati ampiamente illustrati nelle audizioni precedenti - c'è stata una maggiore domanda di capitali per i processi di ristrutturazione, molte imprese marginali sono uscite dal mercato e sono rimaste quelle a più alta intensità di capitale, c'è stata in parte la riduzione dei trasferimenti pubblici e la rimodulazione di numerosi interventi, ad esempio la possibilità di contrarre credito a fronte di contributi comunitari. tutto ciò ha portato le imprese a domandare più credito.
Tra i fattori, invece, che hanno portato le banche e gli altri intermediari a concedere più credito ce ne sono sostanzialmente due: il lungo periodo di stabilità monetaria e di condizioni favorevoli di accesso al credito, che, a parità di indebitamento, ha reso l'onere del debito più basso, per cui i tassi di interesse rispetto al decennio precedente sono diminuiti in termini sia nominali che reali, e i cambiamenti strutturali intervenuti nel sistema bancario.
Nel 1993, la riforma normativa del sistema bancario interessò direttamente anche i finanziamenti all'agricoltura con la scomparsa degli istituti di credito speciali, che la finanziavano. La recessione a metà degli anni Novanta ha avuto un impatto molto negativo sulla capacità delle banche di offrire credito.
Questo ha fatto sì che per tutta la seconda parte degli anni Novanta le dinamiche del credito siano state piuttosto contenute. C'è stato un grande processo di ristrutturazione tramite le fusioni, le acquisizioni e i guadagni di efficienza all'interno del sistema dell'industria bancaria. Una parte di questi guadagni di efficienza è arrivata ai consumatori finali, ossia alle imprese che prendono in prestito credito e ai risparmiatori che utilizzano i servizi bancari.
Numerosi indizi testimoniano un aumento della concorrenza, di cui hanno maggiormente beneficiato le banche di piccole dimensioni, radicate nel territorio, con maggiore capacità di avvicinare le piccole imprese. Non è un caso che le
piccole banche abbiano guadagnato notevoli quote di mercato anche nel credito alle imprese agricole.
Un ulteriore elemento che ha favorito l'espansione del credito è stato il tasso di insolvenza relativamente contenuto per tutto il decennio. Questo fenomeno ha riguardato la generalità delle imprese, ma in particolare le imprese agricole, per cui i rischi contenuti hanno aumentato la propensione delle banche a concedere prestiti a questo settore.
Le piccole imprese sono particolarmente numerose in agricoltura. Circa il 70 per cento dei prestiti erogati dalle banche alle imprese agricole riguarda imprese con meno di 20 addetti, mentre per un totale delle imprese, includendo l'industria e i servizi, questa quota scende al 20 per cento. Il 90 per cento delle imprese censite dalla centrale dei rischi, che hanno un indebitamento superiore a 30 mila euro, ha meno di 20 addetti, mentre la stessa quota per il complesso dell'economia scende al 60 per cento.
Se negli anni passati la piccola dimensione non ha rappresentato un ostacolo, resta tuttavia un problema strutturale, perché le piccole imprese hanno costi più elevati per accedere al credito e maggiori difficoltà a trasmettere alle banche informazioni corrette sul loro merito di credito, sui loro progetti. Un rimedio a questo è rappresentato dalle garanzie pubbliche e private.
Mentre nel resto dell'economia, in settori comparabili quali l'artigianato, il ruolo dei Confidi si è sviluppato molto rapidamente, questo non è avvenuto nell'ambito delle imprese agricole, in parte per l'ampia copertura di natura pubblica testimoniata ad esempio dai rappresentanti dell'ISMEA. Esistono comunque difficoltà di aggregazione dei Confidi, difficoltà nel raggiungere dimensioni operative adeguate per fornire questo tipo di servizi.
Il problema delle piccole imprese, che non è stato rilevante nei decenni passati, potrebbe diventarlo in futuro, perché esse rappresentano il segmento più debole del mercato del credito. Questo è un elemento di riflessione da valutare sopratutto in prospettiva.
Le grandi imprese sono poche e le conosciamo ancora meno. Il problema fondamentale appare quello di produrre flussi di reddito adeguato per rendere sostenibile l'aumento del debito registrato negli anni passati. I nostri dati incompleti rendono difficile trarre drastiche conclusioni, ma ci pare di rilevare un grande problema di produttività.
In passato, questo non ha rappresentato un problema, perché le condizioni di accesso nel mercato del credito erano particolarmente favorevoli e hanno consentito di riequilibrare i bilanci, spostando il debito dal breve termine al medio e lungo termine. Ora, però, questo spostamento è avvenuto in larga parte ricorrendo a finanziamenti a tassi variabili, per cui, a fronte di condizioni più difficili di crescita di tassi di interesse, aumenteranno anche gli oneri.
Le nostre statistiche sembrano evidenziare come per le imprese agricole non esista un problema generalizzato di disponibilità di credito da parte degli intermediari. Negli anni passati, probabilmente questo credito ha affluito in misura molto più abbondante rispetto alla crescita della produttività e del reddito del settore. Il vero problema è capire se il debito contratto negli anni passati possa essere sostenibile in condizioni dei mercati creditizi e finanziari più difficili di quelle sperimentate in passato.
PRESIDENTE. Do ora la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.
LUCA BELLOTTI. Ho ascoltato con assoluto interesse la relazione relativa all'indagine conoscitiva sul sistema di finanziamento delle imprese agricole, per cui vorrei porre alcune domande.
È stata rappresentata una situazione molto generale, raggruppando le imprese agricole, ovvero i produttori, e le aziende agricole, ovvero l'agricoltore e colui che si occupa della prima trasformazione, entrambi
considerati nel calderone del sistema di finanziamento delle imprese agricole. Vorrei sapere se esistano dati sul sistema di sostenibilità finanziaria di questo settore in grave difficoltà.
Vorrei sapere inoltre se a fianco dell'indagine vi sia anche una sorta di lettura strategica dell'evoluzione del sistema del finanziamento delle imprese agricole e del piccolo settore agroindustriale, ovvero di prima trasformazione.
Qualsiasi sistema industriale è deperibile, quindi necessita di una sorta di ammortamento per sopperire a questa deperibilità. La terra non deperisce. Nel passato, quello immobiliare era ritenuto un settore strategico assolutamente stabile, dove le garanzie bancarie venivano date se un soggetto era proprietario di immobili.
Nel futuro, ma anche nell'immediato, per fare reddito in agricoltura serviranno purtroppo grandi finanziamenti rispetto a piccoli capitali. Mi riferisco anche alle opportunità offerte dal sistema Paese sulla questione del fotovoltaico, sul settore delle bioenergie in ambito agricolo. Poiché si tratta di notevoli investimenti per il settore dell'agricoltura, vorrei sapere quali garanzie siano richieste dal sistema bancario.
Sarebbe forse opportuna una riflessione diversa rispetto al passato, quando il settore immobiliare era ritenuto un settore strategico fondamentale, molto stabile, mentre oggi compie passi indietro anche negli altri Paesi. Forse, l'agricoltura può rappresentare una stabilità ulteriore in questo Paese. Credo infatti che anche i tassi di insolvenza o le sofferenze bancarie nel mondo agricolo siano molto più bassi rispetto a tutti gli altri settori. Queste ulteriori riflessioni mirano al completamento di un'indagine assolutamente importante per questa Commissione.
PRESIDENTE. Vorrei aggiungere un'ulteriore riflessione utile a questa analisi.
Per quanto concerne le problematiche del sistema del credito in agricoltura, un valore è rappresentato dalla dimensione delle imprese, nel senso che il tema delle micro imprese rappresenta un elemento di criticità. Una difficoltà deriva inoltre dalla localizzazione geografica delle imprese.
In questi anni, secondo lei, si registra la percezione di un allontanamento del sistema bancario, degli sportelli dedicati all'agricoltura? Vorrei sapere se anche questo sia un ulteriore elemento di criticità per il sistema del credito in agricoltura.
Do la parola ai nostri ospiti per la replica.
GIORGIO GOBBI, Direttore titolare della Divisione struttura ed intermediari finanziari del Servizio studi di struttura economica e finanziaria della Banca d'Italia. In risposta all'onorevole Bellotti, occorre dire che è molto difficile avere dati disaggregati, anche perché, sebbene importante per l'economia e soprattutto per il futuro e lo sviluppo del Paese, si tratta del 4 per cento dei finanziamenti, quindi un valore molto piccolo.
Per quanto riguarda la sostenibilità finanziaria, credo che all'interno del settore esistano diversità molto più grandi e articolate di quanto emerga dai dati aggregati, infatti, per le imprese molto dinamiche i finanziamenti sono destinati ad ampliare la scala produttiva, mentre per altre i finanziamenti sono una forma di sostentamento. Da questo punto di vista, i nostri dati sono muti ed altri non ci consentono comunque di trarre ulteriori indicazioni. Mentre la terra, essendo un bene che poteva essere offerto in garanzia, è stato uno degli elementi che ha favorito la crescita del credito al settore agricolo, una parte delle imprese vicine all'agricoltura non può svilupparsi facendo leva su questa forma di garanzia. Tutto dipende cioè dalla capacità dell'impresa di rappresentare i propri progetti di investimento e dalla capacità del banchiere di saper guardare con lungimiranza soprattutto in questo momento.
In un'economia di mercato che funzioni sarebbe interesse del banchiere selezionare l'impresa che innova su settori nuovi come quello delle bioenergie. Il problema è l'incrocio tra diversi fattori, quali i sistemi di contabilità di rendicontazione dell'impresa agricola spesso legati
alla dimensione, che rendono difficile per il banchiere la valutazione del progetto, o la complementarità e concorrenza dei vari tipi di sussidi pubblici, che rendono difficile una pura valutazione del merito imprenditoriale, lasciando subentrare altri fattori.
Per quanto riguarda invece la domanda del presidente, quando una quota tanto elevata di credito va a imprese così piccole pone difficoltà ad accedere al credito e a rappresentare situazioni e progetti innovativi, difficoltà che vengono valutate con metodi statistici.
Probabilmente, è vero che si sono perse professionalità con la scomparsa di istituti di credito agrario, ma nel gioco della concorrenza una quota molto superiore dei prestiti viene concessa attualmente alle imprese agricole da banche locali. È infatti sensibilmente aumentata la quota delle banche di credito cooperativo e delle altre banche locali, mentre le grandi banche, che pure hanno attivato progetti dedicati all'agricoltura, laddove molti degli istituti di credito speciale sono finiti con i processi di integrazione delle grandi banche, come per tutte le piccole imprese hanno trovato difficoltà ad avvicinare il settore.
Si sono quindi evidenziati, da una parte, una perdita di specializzazione e, dall'altra, un guadagno in termini di vicinanza del cliente all'impresa. Il forte aumento degli sportelli bancari nel decennio fa sì che il valore della prossimità possa essere un aiuto di breve periodo per l'impresa, ma resta da vedere se queste piccole banche - domanda per la quale neanche io ho una risposta - riescano ad impostare l'impresa con la visione strategica della piccola impresa.
È vero, onorevole Bellotti, che i tassi di insolvenza delle imprese agricole sono stati più bassi e che lo sono soprattutto in questo periodo, ma ciò è attribuibile alla garanzia fornita dalla terra e al sistema di garanzie pubbliche. Si tratta infatti di un credito più protetto e garantito rispetto a quello di altre imprese.
NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Il 4 per cento di cui lei parlava non è un dato muto, ma è un dato che parla chiaro, testimoniando come l'agricoltura si avvantaggi poco di questa possibilità ed evidenziando il punto di partenza della nostra indagine: la non facilità di accesso al credito. Questo è vero per tutto il territorio. Se le garanzie che chiedete alle aziende che necessitano di un prestito sono sui terreni, poiché i redditi dei terreni sono bassissimi e pochissime aziende agricole presentano un bilancio, a fronte di un mutuo basso viene data una garanzia molto elevata superiore a quella del mercato.
Vorremmo sapere inoltre come poter mobilitare il problema dei Confidi, laddove, se non ci arrivano le banche, dovrà arrivarci una politica agricola più attenta a questo problema. Avete dichiarato che la robusta crescita del credito ha interessato tutte le aree del Paese. Vorrei sapere se però si rilevino articolazioni diverse all'interno del Paese.
GIORGIO GOBBI, Direttore titolare della Divisione struttura ed intermediari finanziari del Servizio studi di struttura economica e finanziaria della Banca d'Italia. Ovviamente, è difficile dire se il credito sia cresciuto tanto o poco. Il punto fondamentale è che la quota del credito era del 4 per cento agli all'inizio del decennio e il 4 per cento alla fine, mentre la quota del contributo del settore primario alla formazione del valore aggiunto, del PIL, è calata di circa 1-1,5 punti percentuali. Il rapporto tra debito e prodotto è quindi notevolmente aumentato. Questo significa che una parte rilevante di questo reddito viene assorbita dagli oneri finanziari, dal pagamento degli interessi, pur non avendo le imprese agricole tassi di interesse superiori rispetto agli altri settori e pur non discostandosi per altri fattori.
Dal nostro punto di vista di raccoglitori di statistiche aggregate, le imprese agricole hanno le stesse difficoltà di accesso al credito di altre imprese artigiane o di altre piccole imprese. Il problema è che probabilmente la produzione delle imprese agricole ha cicli più lunghi, richiede un maggiore investimento e per far fronte a
questo debito è necessario un incremento di produttività. In assenza di un incremento di produttività, che può avvenire attraverso processi di aggregazione o in modi che probabilmente gli esperti di economia agraria conoscono più di me, si determinano fattori di criticità, e un evento esterno che turba gli equilibri impone costi e sacrifici.
Il problema probabilmente non è tanto quello di avere più credito, giacché quello che hanno impone oneri molto elevati, quanto di indirizzarlo verso imprese che hanno maggiori prospettive di sviluppo e di crescita e sopratutto verso politiche che accrescano la produttività.
Quanto ai Confidi, pur non essendo un processo rapido, un miglior utilizzo di un ampio sistema di garanzie pubbliche per far sviluppare accanto alla garanzia pubblica anche la garanzia privata, come è avvenuto in altri settori, potrebbe fungere anche da strumento di selezione delle imprese con maggiori prospettive di sviluppo.
A livello territoriale, abbiamo questi dati aggregati tra macroaree, dai quali emerge che il credito è comunque cresciuto dappertutto, probabilmente in misura più intensa al centro-nord e meno intensa nel Mezzogiorno, ma complessivamente si tratta di una crescita positiva, di gran lunga superiore a quella del valore aggiunto. Si evidenzia però una situazione a macchia di leopardo, perché all'interno di ogni macroarea ci sono sottosistemi produttivi molto diversi, imprese molto diverse per specializzazione, per cui ci possono essere aree che hanno maggiormente sofferto.
Ho premesso che la Banca d'Italia non concede crediti, quindi non ha il problema di richiedere garanzie. I beni che possono essere dati in garanzia hanno svolto la loro funzione nei confronti del credito. Al di là dei valori catastali, laddove le banche, come quando concedono i mutui per le abitazioni, vanno di solito oltre il valore, il punto è che hanno concesso tanto credito e questo può generare squilibri, se questi beni immobili non vengono valorizzati nella loro produttività.
PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Gobbi per le utili informazioni che ha voluto offrirci e per la relazione che ci è stata consegnata.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 18,30.