Sulla pubblicità dei lavori:
Zucchi Angelo, Presidente ... 2
INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SITUAZIONE DEL SISTEMA AGROALIMENTARE, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AI FENOMENI DI ILLEGALITÀ CHE INCIDONO SUL SUO FUNZIONAMENTO E SUL SUO SVILUPPO
Audizione dei rappresentanti delle associazioni Medici senza frontiere e Integra - Associazione per l'integrazione degli immigrati - ONLUS:
Zucchi Angelo, Presidente ... 2 5 9 12
Cecchini Sergio, Direttore della comunicazione di Medici senza frontiere ... 2 9
Çuka Klodiana, Presidente dell'associazione Integra - Associazione per l'integrazione degli immigrati - ONLUS ... 4 11
Delfino Teresio (UdC) ... 6
Dima Giovanni (PdL) ... 7
Fogliato Sebastiano (LNP) ... 8
Magnano Rolando, Capo missione di Missione Italia di Medici senza frontiere ... 3 9
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD) ... 6
Pepe Mario (PD) ... 5
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 14,10.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla situazione del sistema agroalimentare, con particolare riferimento ai fenomeni di illegalità che incidono sul suo funzionamento e sul suo sviluppo, l'audizione dei rappresentanti delle associazioni Medici senza frontiere e Integra - Associazione per l'integrazione degli immigrati - ONLUS.
Sono presenti per l'associazione Medici senza frontiere i dottori Sergio Cecchini e Rolando Magnano e per l'associazione Integra - Associazione per l'integrazione degli immigrati - ONLUS la dottoressa Klodiana Çuka.
Do la parola ai rappresentanti delle due associazioni.
SERGIO CECCHINI, Direttore della comunicazione di Medici senza frontiere. Ringrazio innanzitutto per l'invito rivolto a Medici senza frontiere a partecipare a questa seduta della Commissione. Prima di passare la parola al collega Rolando Magnano vorrei illustrare brevemente il lavoro di Medici senza frontiere, un'organizzazione medico-umanitaria fondata nel 1971 in Francia da un gruppo di medici e giornalisti, con l'obiettivo di portare assistenza medica alle popolazioni in pericolo in maniera neutrale, imparziale e indipendente, senza fare distinzioni in merito all'appartenenza politica, religiosa, etnica o di altro tipo di tali popolazioni.
In quaranta anni di vita l'organizzazione ha avuto modo di operare in tutti gli ambiti che si caratterizzano come emergenze umanitarie derivanti da catastrofi naturali, tra cui non ultimo il terremoto di Haiti dello scorso anno, da fughe in massa di popolazioni civili da contesti di conflitto, da emergenze epidemiche o legate a guerre e a violenze, da tutte quelle che possono essere definite situazioni di deserto sanitario in molti Paesi in via di sviluppo, nei quali mancano strutture o personale in grado di fornire un adeguato accesso al diritto alla salute.
Oggi Medici senza frontiere opera in oltre sessanta Paesi prevalentemente in contesti di crisi. Più del 50 per cento dei progetti riguarda infatti contesti in cui sono in atto conflitti armati. Nel 1999 ci è stato conferito il premio Nobel per la pace per il lavoro pionieristico nel campo dell'assistenza medica alle popolazioni in pericolo e per la volontà di portare all'attenzione dell'opinione pubblica le situazioni di crisi umanitaria che caratterizzano
questi contesti, che ledono la dignità dell'essere umano.
ROLANDO MAGNANO, Capo missione di Missione Italia di Medici senza frontiere. Mi associo ai ringraziamenti in modo non rituale, perché si tratta del riconoscimento della credibilità del lavoro condotto da Medici senza frontiere anche in Italia.
Permettetemi solo una piccola premessa sul perché un'organizzazione come Medici senza frontiere abbia realizzato progetti anche in Italia. Alla fine degli anni Novanta, Medici senza frontiere ha prestato primo soccorso sanitario alle popolazioni che arrivavano sulle coste della Puglia e, successivamente, quando i flussi migratori si sono spostati, sulle coste meridionali della Sicilia.
Fino al 2009 i medici della nostra organizzazione prestavano primo soccorso sanitario. Contestualmente, abbiamo aperto ambulatori per stranieri senza permesso di soggiorno.
Seguendo i soggetti a cui abbiamo prestato assistenza, anche dopo gli sbarchi, attraverso i nostri ambulatori, abbiamo scoperto il fenomeno dei lavoratori stagionali, una popolazione costituita da circa 10.000 cittadini stranieri che si spostano nelle campagne del sud Italia seguendo le raccolte stagionali. Si tratta di un percorso che comincia a gennaio nella ormai famosa piana di Gioia Tauro con la raccolta delle arance e dei mandarini, prosegue a primavera nel siracusano, e in particolare a Cassibile, per la raccolta delle patate, e poi con la raccolta dei pomodori in Campania nella Piana del Sele e nel foggiano, per poi continuare con la raccolta dell'uva nel sud della Puglia o nella Sicilia occidentale.
Nel 2004 abbiamo condotto una prima indagine sulle condizioni di salute, di vita e di lavoro di questa popolazione. Gli esiti di questa indagine sono stati raccolti in un primo rapporto, dal titolo «I frutti dell'ipocrisia. Storie di chi l'agricoltura la fa. Di nascosto», di cui metterò a disposizione della Commissione il primo volume.
Da questa prima indagine sono emerse condizioni spaventose, assolutamente comparabili con le condizioni di vita sperimentate dai beneficiari che un'organizzazione come Medici senza frontiere incontra nei tradizionali luoghi di intervento.
Tale popolazione vive in cascinali abbandonati, fabbriche dismesse, prive di un accesso all'acqua potabile, di bagni e di smaltimento di rifiuti, senza riscaldamento, elemento particolarmente gravoso nella stagione invernale, ad esempio, nella Piana di Gioia Tauro, soprattutto nei mesi di dicembre, gennaio e febbraio.
Sperimentando queste condizioni di vita, questa popolazione soffre anche dal punto di vista sanitario. Infatti, nel 73 per cento della popolazione incontrata dai nostri medici abbiamo riscontrato patologie, tre quarti delle quali croniche ovvero presenti da più di un mese. Si tratta di patologie legate alle condizioni di vita e di lavoro, che riguardano quindi l'apparato respiratorio, gastroenterico e dermatologico.
Sono dati allarmanti, soprattutto considerando che si tratta di una popolazione tra i 20 e i 30 anni, il 90 per cento della quale costituito da maschi nel pieno della vigoria fisica, soggetti che arrivano in Italia in buone condizioni di salute.
Gran parte di loro proviene dall'Africa subsahariana e giunge in Italia con viaggi estremamente provanti attraverso il deserto del Sahara e il canale di Sicilia. Arrivano nel nostro Paese in buone condizioni di salute, come sappiamo perché fino al 2009 abbiamo avuto un presidio medico sul molo di Lampedusa e negli anni precedenti anche sulle coste meridionali della Sicilia, ma disperdono velocemente il loro capitale di salute a causa delle condizioni di vita e di lavoro sperimentate.
Nell'estate del 2007 abbiamo deciso di ripetere l'indagine sulle condizioni di salute, di vita e di lavoro di queste persone, per verificare se il rapporto di denuncia pubblicato nel 2005 avesse sortito qualche effetto e si rilevassero cambiamenti, ma purtroppo abbiamo dovuto constatare come nulla fosse cambiato rispetto all'indagine condotta tre anni prima e le condizioni di lavoro fossero rimaste le stesse.
Il 90 per cento dei nostri beneficiari non aveva un contratto di lavoro; il 75 per cento era costituito da stranieri senza permesso di soggiorno, mentre il restante 25 per cento prevalentemente da richiedenti asilo e rifugiati. Alla luce di questi esiti abbiamo deciso di inaugurare relazioni con le autorità regionali nei territori in cui abbiamo constatato la presenza di questo fenomeno, in particolare con la regione Puglia e la regione Sicilia.
L'obiettivo che ci siamo posti, insieme alle autorità regionali, è quello di garantire a questa popolazione almeno standard minimi di accoglienza, quindi l'accesso all'acqua potabile e ai bagni, lo smaltimento dei rifiuti e anche la predisposizione di luoghi di accoglienza.
È stato avviato un intenso percorso con la regione Puglia attraverso la stipula di protocolli di intesa, che ha portato negli ultimi tre anni - dal 2008 al 2010 - alla predisposizione da parte della regione Puglia di accessi a servizi fondamentali come l'acqua potabile, i bagni e lo smaltimento dei rifiuti.
Anche la regione Sicilia ha predisposto campi di accoglienza aperti anche a stranieri senza permesso di soggiorno per quanto riguarda l'accesso a servizi fondamentali come l'acqua, i bagni e il servizio medico. In collaborazione con le autorità regionali abbiamo anche rafforzato gli ambulatori per gli stranieri senza permesso di soggiorno in contemporanea con i tempi delle raccolte, per garantire loro la possibilità di accedere a questo servizio fondamentale.
Per agevolare tale accesso abbiamo affiancato al nostro intervento una attività di promozione alla salute, informando tale popolazione della presenza di questi ambulatori, dei diritti sanitari e quindi della possibilità di accedervi senza correre il rischio di essere denunciati, condividendo con loro informazioni fondamentali su come prevenire patologie tipiche di chi vive in queste situazioni.
Siamo stati testimoni di come una fetta importante dell'economia agricola del sud Italia debba la sua sussistenza all'utilizzo di questo tipo di manodopera in grandissima parte impiegata in nero; secondo i nostri dati, tale impiego è stimabile nell'ordine del 90 per cento. Si tratta di una popolazione vittima di sfruttamento e di mancanza di attenzione da parte delle autorità preposte, ma anche di tutte le associazioni di categoria, anche se negli ultimi anni in seguito ai fatti di Gioia Tauro qualcosa è cambiato.
KLODIANA ÇUKA, Presidente di Integra - Associazione per l'integrazione degli immigrati - ONLUS. Ringrazio per l'invito e mi complimento per la sensibilità della Commissione nel dar vita a un'indagine conoscitiva su questo argomento.
Integra ONLUS è un'associazione di immigrati nata a cavallo tra il 2002 e il 2003 a Lecce, ad opera di un gruppo di mediatori linguistici-culturali e di professionisti italiani con l'obiettivo di dare risposte a un territorio di accoglienza come quello salentino.
Oltre ad aver dato vita a questa associazione ho l'onore e il piacere di continuare a presiederla, e ringrazio di nuovo perché la nostra presenza rappresenta la voce degli immigrati, dei diretti interessati in materia. Potrebbe essere dunque molto importante anche evidenziare alcuni aspetti non molto conosciuti da chi non è in contatto con la popolazione migrante.
La nostra esperienza nel territorio prevalentemente salentino e pugliese - oggi operiamo anche in altre città italiane - è basata soprattutto sull'attività di progettazione, operando in forte sinergia con vari enti sul territorio. Integra ONLUS è infatti membro del Consiglio territoriale sull'immigrazione, costituito presso la prefettura di Lecce e opera con molte altre associazioni in stretta collaborazione con le amministrazioni pubbliche delle città in cui ha sede.
Desidero informarvi di un progetto attuato nel territorio salentino. Come la Puglia è da sempre conosciuta soprattutto per il fenomeno del «caporalato» nella zona di Foggia per la raccolta dei pomodori, il territorio leccese è conosciuto per la raccolta delle angurie.
Sul nostro territorio la scorsa estate è nata una prassi che sarebbe interessante diffondere anche in altre regioni perché, come già evidenziato dai colleghi, il lavoro nero in agricoltura interessa varie regioni del territorio italiano in base ai prodotti che vi vengono coltivati.
Nel territorio salentino c'è stata una forte sinergia tra il comune di Nardò in cui è molto sviluppata la raccolta delle angurie e la provincia di Lecce, tramite il coordinamento operato dal Consiglio territoriale sull'immigrazione. È stata quindi recuperata la masseria Boncuri attraverso il «Progetto Amici», mirante a garantire favorevoli condizioni di vita ai braccianti agricoli, perché spesso le condizioni di lavoro e gli alloggi nel quale risiedono nel periodo della raccolta sono prossimi al disumano.
È stata creata quindi una tendopoli sul territorio e come operatori del sociale abbiamo rilevato la forte sinergia nata con un insieme di volontari, con la Croce Rossa, con la Protezione civile, con la provincia di Lecce e il comune di Nardò per assicurare non solo condizioni di vita favorevoli, ma anche un impegno istituzionale a regolarizzare il lavoro dei braccianti agricoli.
Queste persone sono spesso sfruttate in quanto vittime del lavoro nero. Oggi, infatti, in Italia l'immigrazione funge da specchio per far emergere deficit già esistenti del sistema. Un lavoro di sinergia e di rete come quello che ho descritto sarebbe molto importante per favorire l'emersione dal lavoro nero.
L'associazione Integra opera soprattutto in materia di progettazione reperendo i fondi, presentando i bandi e attivando le sinergie con le amministrazioni pubbliche, per individuare le esigenze in materia di immigrazione e individuare con i diretti interessati proposte progettuali vincenti attraverso una ricerca su tutto il territorio nazionale.
In questo momento, nelle regioni del sud Italia, grazie al Programma operativo nazionale (PON) sicurezza, è in corso il Progetto INEA, che attraverso un'analisi condotta sui territori del sud Italia mira a individuare l'entità e la mappa del lavoro dei braccianti agricoli.
Oltre a questa mappatura del lavoro dei braccianti agricoli in Italia, dei loro collegamenti, del loro operato e del tipo di raccolta di cui si occupano, sarebbe importante anche dare vita a un'indagine su eventuali attività progettuali in corso, in grado di migliorare le condizioni di vita dei braccianti agricoli immigrati. Creando un'azione di sistema su tutto il territorio nazionale, valorizzando queste prassi in altre regioni e plasmandole secondo le esigenze di ogni territorio, questo potrebbe diventare un lavoro molto importante.
Dopo la ricerca che abbiamo effettuato a livello nazionale, anche tenendo presente la relazione dei colleghi di Medici senza frontiere, presenteremo in settimana il nostro documento, affinché possa integrare quanto è stato detto e offrire alla Commissione gli strumenti per promuovere con la massima efficienza quest'indagine. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a voi. Naturalmente, i documenti sono per noi sempre molto utili. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
MARIO PEPE (PD). Intervengo per avere un'interlocuzione con gli ospiti che hanno relazionato su un argomento underground, che è conosciuto nella storia politica e istituzionale del nostro Paese, ma che sul piano delle azioni meritorie condotte non ha rilevanza ai fini di una maggiore istituzionalizzazione dei medesimi organismi tecnici, quali le associazioni Medici senza frontiere e Integra ONLUS.
Desidero esprimere una considerazione generale. Dobbiamo renderci conto che il sistema bracciantile è ancora forte nella storia del nostro Paese ed è stato superato per quanto riguarda le forze lavorative italiane, ma non con riferimento ai nuovi immigrati, con le conseguenze mediche, sanitarie, economiche e sociali che rendono il problema significativo.
Voi svolgete un'azione di conoscenza di esigenze diverse e di intervento diretto di
recupero di patologie contratte per effetti climatici e per condizioni di lavoro in un Paese diverso da quello di origine. Avete anche accennato ai rapporti con gli enti istituzionali, tema su cui vorrei soffermarmi.
Il progetto illustrato dalla dottoressa Çuka recupera la conoscenza di dati che le istituzioni dovrebbero acquisire ed evidenzia l'esigenza di inserire nel tessuto produttivo questi soggetti con una notevole capacità professionale. È infatti necessario recuperare pienamente un disegno che tenga conto della professionalità di tali soggetti e che punti anche alla loro formazione.
Vorrei sapere se in questo lavoro «sotterraneo» che talvolta si palesa soprattutto in alcune regioni abbiate registrato interesse e attenzioni dei maggiori enti istituzionali quali la regione e abbiate stipulato con queste, con i comuni o con le province eventuali protocolli di intesa, ricevendone anche beneficio e sostegno dal punto di vista economico per le finalità non lucrative delle vostre associazioni.
Senza tale recepimento si rischia infatti di fare un'azione meritoria palesando però un elemento di debolezza sul piano delle risposte a livello politico-istituzionale.
TERESIO DELFINO. Ho ascoltato la parte finale dell'intervento del dottor Magnano, laddove citava lo sfruttamento di questa manodopera e la carenza di attenzione delle autorità preposte e delle associazioni imprenditoriali per quanto riguarda il rispetto delle regole.
Ho avuto modo di ascoltare la dottoressa Çuka che delineava la pregevole esperienza qui rappresentata e le interconnessioni da entrambi evidenziate con il fatto che i lavoratori immigrati sono largamente lavoratori in nero.
Poiché questa realtà non è peculiarità esclusiva del sud sebbene in esso se ne rilevi una maggiore incidenza, negli anni passati è emersa in diverse realtà del nord. Seguo da anni questa materia per quanto concerne la provincia di Cuneo dove il fenomeno è stato fortemente ridotto anche se non del tutto eliminato grazie al controllo sociale esercitato dalle organizzazioni di volontariato, dalle stesse aziende e dalle organizzazioni professionali.
Mi domando quali attività di denuncia ci siano rispetto a un'illegalità così diffusa soprattutto da parte dei mondi da voi rappresentati, dotati di particolare sensibilità verso il rispetto della dignità del lavoratore. Trovo infatti sempre difficile comprendere perché non vi sia una sufficiente reazione sociale del volontariato e delle organizzazioni professionali.
Vorrei sapere inoltre quali proposte possiate avanzare, perché noi abbiamo una serie di normative che prevedono controlli da parte delle autorità statali. Nella mia realtà, quando di notte qualcuno viaggia con il motorino a velocità elevata, la terza volta viene fermato dai carabinieri perché qualcuno li ha sollecitati. Mi domando dunque quali proposte possano essere avanzate per affrontare gradualmente il fenomeno anche nelle zone più facilmente recuperabili alla legalità.
La nostra legislazione prevede infatti controlli, percorsi di regolarizzazione, premialità per le aziende virtuose, misure per l'integrazione, per cui non comprendiamo le motivazioni di questa inattività degli enti locali e delle autorità preposte e l'assenza di una forte massa critica in grado di opporsi alla situazione di evidente degrado.
In una missione a cui ho partecipato come componente del Comitato Schengen a Rosarno sono rimasto infatti profondamente colpito dall'indegna situazione abitativa degli immigrati, per cui ci si chiede dove sia lo Stato, e dove siano gli enti locali, che rappresentano il primo terminale dell'autorità statuale. Senza una reazione locale, uno stato di polizia non può risolvere problemi di cultura e di civiltà.
NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Ringrazio gli auditi per lo spaccato di realtà della vita degli immigrati che ci hanno fornito, ma soprattutto per il lavoro che svolgono quotidianamente a favore
delle persone più sfortunate e umili. Ringrazio dunque sia Medici senza frontiere sia l'Associazione Integra ONLUS.
Vorrei chiedervi innanzitutto quale rapporto abbia l'associazione Medici senza frontiere con la popolazione del territorio dove opera. Ho visto il lavoro realizzato a Rosarno, ma vorrei sapere quale rapporto ci sia stato con la comunità locale in cui lavorano anche numerosi altri immigrati.
Si è parlato del positivo rapporto con la regione Sicilia, ma vorrei sapere che tipo di rapporto ci sia stato con la regione Calabria dopo i fatti di Rosarno.
Dal tipo di immigrazione che avete disegnato sembra che il fenomeno riguardi essenzialmente Napoli e Caserta, ma a me risulta che la manodopera illegale sia impiegata in molte altre zone. Vorrei sapere dunque se Medici senza frontiere non sia ancora giunta in quelle realtà o se il fenomeno vi si presenti in veste diversa.
Se c'è questa migrazione della manodopera, significa che qualcuno la organizza, che c'è il caporalato. In alcuni studi anche di Medici senza frontiere avevo letto che 5 euro del salario quotidiano del lavoratore straniero vengono dati a chi gestisce queste persone. Vorrei sapere quindi come si possa intervenire per fermare questo esecrabile fenomeno.
Il gruppo del Partito Democratico sta lavorando per presentare un progetto di legge che prevede il sequestro dei beni attraverso cui si esercita l'azione del caporalato. Vorrei chiedervi dunque se esistano altri strumenti da mettere in campo.
Vi rivolgo poi una domanda che ho posto anche ad altri, sebbene non abbia elementi certi. Vorrei sapere se esista un mercato fondiario parallelo in questi territori, ovvero un fenomeno di illegalità organizzata quali la 'ndrangheta, la camorra o la mafia in grado di promuovere questo mercato parallelo. Nella zona di Rosarno, ad esempio, vi sono appezzamenti di terreno molto piccoli, per cui vorrei sapere se vi sia un fenomeno che ne incentivi la vendita.
GIOVANNI DIMA. Vorrei riportare la discussione nell'alveo di un ragionamento legato a un percorso che acquisisce dati e notizie. In questa ulteriore serie di audizioni, come in quella pregressa, abbiamo cercato e cerchiamo di monitorare tutto l'universo mondo che gravita intorno a questa problematica partendo dall'INPS per arrivare, attraverso le confederazioni agricole, agli organi di polizia, alle Prefetture e a una serie di soggetti che operano sul territorio, per capire le dimensioni e le specificità territoriali che segnano il fenomeno del lavoro nero in agricoltura per quanto riguarda lo sfruttamento non solo degli immigrati, ma anche degli italiani.
Abbiamo comunque strumenti per agire. Il primo episodio eclatante in Italia fu registrato a Villa Literno, tra la provincia di Napoli e quella di Caserta. Il prodotto interessato era il pomodoro e la fisiologia dei comportamenti fu simile a quella riscontrata a Rosarno, con la differenza che in Calabria il fenomeno è divenuto così evidente solo ora, trascorsi venti anni.
Rivolgerei la prima domanda, più che agli auditi, a noi parlamentari della Repubblica. Le forze dell'ordine e l'INPS hanno il dovere di effettuare verifiche, ma in questi anni hanno fatto poco; i comuni, le province e le regioni possono fare ben poco nella verifica del fenomeno, giacché i livelli istituzionali possono sensibilizzare altri livelli istituzionali, ma le istituzioni preposte alla verifica di questo fenomeno esistono da sempre.
Ogni tanto l'INPS interviene con qualche ispezione, affiancata anche dalle forze di polizia, per verificare la trasparenza di alcune cooperative agricole che spesso, dietro questa facciata, nascondono il caporalato.
È chiaro che le verifiche dell'INPS sono uno strumento operativo. Non voglio alleggerire il peso politico istituzionale e territoriale di un sindaco, ma oggi un sindaco non può fare tutto, e altri enti devono affiancarlo.
Come spesso accade in Italia, anche qui emerge la politica dell'equivoco e dell'ambiguità, basti immaginare i costi di un lavoratore dichiarato in una regione come la Sicilia, la Calabria, la Puglia, la Campania
o anche in zone dell'Emilia-Romagna, della Lombardia o del Veneto, e l'ambiguità degli atteggiamenti rispetto al tema della raccolta di prodotti ortofrutticoli stagionali.
Si evidenzia una doppia morale: da un lato si esalta la necessità di bloccare questo fenomeno, dall'altro è necessario dare risposte a chi afferma che senza gli extracomunitari gli agrumi resteranno sugli alberi, i pomodori per terra, l'uva del Tavoliere pugliese o della Sicilia occidentale sulla pianta.
Non possiamo assolutamente disconoscere questa questione, che evidentemente è molto più complessa di quanto s'immagini e che abbiamo necessità di affrontare cercando di indurre le istituzioni preposte a svolgere il proprio compito e a favorire una normativa più severa, laddove l'onorevole Oliverio ha dichiarato che il PD sta preparando una proposta di legge per punire il caporalato. Non abbiamo difficoltà a immaginare un confronto di merito su questo fronte.
Rimane la necessità di capire come intervenire e come favorire alcuni possibili interventi. Credo che nei prossimi giorni avremo modo di audire gli organi di polizia e le Prefetture per avere un quadro non solo statistico, ma ben preciso rispetto a coloro che esercitano questo tipo di attività illegale per comprendere anche come andare avanti.
Oggi ci siamo arricchiti della presenza di Medici senza frontiere che ha evidenziato anche la tipologia delle malattie che colpiscono i lavoratori che oltre ad essere sfruttati non vivono in luoghi sani, mentre la dottoressa Çuka ci ha illustrato l'esperienza del Comune di Nardò e di questa sorta di tendopoli per ricevere al meglio gli extracomunitari.
Prima di venire qui in Commissione lei mi diceva che gli extracomunitari potrebbero benissimo assolvere alla vecchia funzione un tempo svolta nel mondo agricolo dagli italiani con la mezzadria. Potremmo quindi immaginare l'emersione dal lavoro nero di una parte rilevante di extracomunitari, collocando nell'attività agricola soggetti che così troverebbero un ruolo economico ma anche sociale.
La proprietà italiana è fortemente frammentata e l'estensione agricola in Italia si riduce sempre di più non solo per l'avanzare del cemento, ma anche per l'abbandono di molte aree.
SEBASTIANO FOGLIATO. Ringrazio per questa audizione che pone l'accento, nell'ambito dell'indagine conoscitiva che la Commissione agricoltura ha avviato, su quanto emerso in seguito ai fatti di Rosarno.
Mi scuso per essere arrivato ad audizione già iniziata, ma vorrei accennare a un fatto molto importante. Condivido con l'onorevole Delfino la considerazione che riguarda la sensibilità delle popolazioni locali, laddove da noi se succede qualcosa di simile c'è una sollevazione popolare o comunque chi possiede senso civico avverte i carabinieri, mentre sembra che questo in altre parti del Paese non avvenga.
Per quanto riguarda la tendopoli per l'accoglienza e i progetti con gli enti locali, alimentare il mercato del lavoro nero realizzando un progetto per ospitare lavoratori in nero mi preoccupa ancora di più. Sebbene si tratti di fondi comunitari, si deve comunque evitare di istituzionalizzare il lavoro nero.
Dovremmo verificare anche i controlli effettuati dall'INPS. Sembra infatti che talune cose avvengano perché, oltre al disinteresse civico della popolazione locale, su un problema così pressante i controlli in realtà appaiono molto limitati, mentre dovrebbero essere decuplicati.
È quindi necessario accentuare il senso civico della popolazione locale e intensificare i controlli, perché il tutto si traduce anche in una concorrenza sleale sul mercato, laddove utilizzare manodopera in nero e a basso costo rende pesante il confronto con chi si serve di manodopera in regola e attua tutte le norme della sicurezza sul lavoro, per cui possono resistere solo le aziende che usano manodopera irregolare.
Vi ringrazio a nome del Gruppo della Lega Nord per essere venuti in Commissione a esporci il vostro punto di vista e le vostre esperienze riguardo a questo problema. Come Commissione continueremo queste audizioni per addivenire a un quadro più completo delle varie casistiche territoriali.
PRESIDENTE. Prima di dare la parola ai nostri ospiti vorrei porre due brevissime domande. Vorrei sapere se dal vostro punto di osservazione, avendo realizzato anche presìdi sanitari sul territorio, possiate valutare se e in che misura gli immigrati senza permesso di soggiorno tornino ogni anno a svolgere questo lavoro.
Questa può essere un'indicazione utile perché, se c'è una sorta di fidelizzazione, è evidente che l'organizzazione è più facilmente riscontrabile.
Avete sostenuto che i rapporti con le associazioni di categoria ultimamente sono migliorati e, siccome abbiamo sentito che il tessuto sociale e territoriale è fondamentale per contrastare questo fenomeno e non tutto può essere fatto in termini di ordine pubblico, vorrei sapere come si possa concretizzare il miglioramento del rapporto e il ruolo delle associazioni di categoria con cui siete entrati in contatto.
Do la parola agli auditi per la replica.
SERGIO CECCHINI, Direttore della comunicazione di Medici senza frontiere. Come veniva giustamente ricordato, il compito di Medici senza frontiere è colmare un vuoto medico, sanitario, che spesso è un vuoto delle istituzioni, della politica. In questo caso, rispetto a una popolazione vulnerabile, a cui non era garantito il diritto all'accesso alla salute, si cerca di intervenire sulla fascia degli immigrati stagionali.
Il nostro compito è portare assistenza medica e far presente l'esistenza di questo vuoto, delle conseguenze mediche per le persone direttamente coinvolte ovvero gli immigrati, ma anche il valore medico-sanitario del problema che andiamo a evidenziare.
Da questo punto di vista, i vari rapporti stilati, il primo rapporto del 2005 e il secondo del 2007, servivano a far conoscere il problema, ad attirare l'attenzione e a indurre ad adottare soluzioni.
È stato più volte menzionato l'episodio di Rosarno, la cui situazione è più volte citata nei nostri rapporti stagionali. Prima che gli scontri e le violenze diventassero fatto di cronaca avevamo più volte denunciato quella situazione, ma l'unico mezzo di informazione che aveva raccolto la nostra denuncia prima delle violenze era stata la BBC, network internazionale straniero che aveva visto alcune immagini di quella situazione e aveva deciso di raccontarla.
Rosarno svela però un fenomeno che, per quanto riguarda l'assistenza medica, abbiamo cercato di descrivere in maniera dettagliata nei nostri due rapporti, per permettere a istituzioni, enti, associazioni di categoria e alla classe politica di adottare strumenti adeguati.
ROLANDO MAGNANO, Capo missione di Missione Italia di Medici senza frontiere. Provo a rispondere in modo dettagliato alle varie questioni cominciando dall'ultima posta dal Presidente. Abbiamo riscontrato un ritorno degli stessi lavoratori negli stessi luoghi. Abbiamo notato che per questa popolazione l'area del casertano rappresenta un punto di riferimento da cui poi si sposta nelle varie campagne del sud Italia, quindi in Calabria, Puglia e Sicilia, durante le varie stagioni.
Abbiamo constatato questo, anche attraverso i dati statistici degli ambulatori che abbiamo gestito direttamente nel casertano, nella provincia di Napoli, ma anche nelle aree in cui questi lavoratori stagionali si spostano. Abbiamo notato, infatti, come il numero degli accessi nel casertano diminuisse in concomitanza con le stagioni, perché questa popolazione migrava durante il periodo delle raccolte.
Ogni anno questo fenomeno evolve: nel 2007 avevamo riscontrato che il 70 per cento della popolazione era senza permesso di soggiorno mentre già l'anno seguente, nel 2008, coloro che avevano il
permesso di soggiorno erano molto più numerosi. Il lavoro a favore di questa popolazione ci ha infatti permesso di riscontrare questo dato.
Molti di questi soggetti provenienti dal nord Italia, dove avevano perso il lavoro, si spostavano infatti nel sud Italia per trovare un introito nell'ambito del lavoro nero, quindi senza un contratto di lavoro, per cui erano molto preoccupati di non poter rinnovare il permesso di soggiorno in scadenza, che è legato a un contratto di lavoro regolare.
Per quanto riguarda il rapporto con le autorità regionali, abbiamo attivato un rapporto con la regione Puglia, la regione Calabria e la regione Sicilia, dalle quali abbiamo avuto tre risposte differenti.
La regione Sicilia ha deciso di realizzare, in collaborazione con la Croce Rossa italiana, un campo di accoglienza. Con la regione Calabria avevamo già provato nel 2008 ad avviare un processo per garantire l'accesso all'acqua potabile e ai bagni, e un sistema di smaltimento rifiuti per questa popolazione, e a predisporre strutture di accoglienza.
Nel 2008 eravamo giunti anche alla stipula di un protocollo di intesa con la regione Calabria, ma questo era stato in larga parte disatteso dalla regione stessa che, solo a stagione finita, in seguito a fatti antecedenti ai famosi episodi di cronaca che avevano visto una persona, probabilmente del luogo, sparare ad alcuni lavoratori stagionali, ovvero in seguito a una manifestazione e a momenti di tensione che in quell'anno non erano sfociati in scontri, aveva tardivamente stanziato un finanziamento assolutamente inadeguato all'entità della popolazione e dei suoi bisogni.
L'anno seguente avevamo avviato di nuovo un rapporto con le autorità regionali per cercare di predisporre in tempo utile servizi di accoglienza per questa popolazione, ma i famosi fatti di Rosarno avevano fatto decadere tutto e anche in questo caso con la regione Calabria non si era riusciti ad avviare un percorso virtuoso, che almeno in parte è stato avviato con la regione Puglia. Sulla base di protocolli d'intesa abbiamo elaborato un intervento per portare cisterne di acqua potabile, bagni chimici e predisporre lo smaltimento dei rifiuti, servizi curati direttamente dalla regione Puglia con la nostra collaborazione.
Abbiamo effettuato questo intervento per una popolazione con differenti status giuridici perché come organizzazione medico-umanitaria prestiamo assistenza sanitaria e cerchiamo di garantire un'accoglienza dignitosa a qualsiasi tipo di persona, indipendentemente dalla provenienza e dall'appartenenza.
Negli anni passati abbiamo notato un'assenza delle associazioni di categoria, dei sindacati, mentre dopo i fatti di Rosarno sono stati organizzati manifestazioni, iniziative, eventi di sensibilizzazione da parte di queste organizzazioni di categoria, soprattutto nella Piana di Gioia Tauro.
Per quanto riguarda il caporalato e la presenza della mafia, nel rapporto con i nostri beneficiari non riusciamo a cogliere un contatto diretto con questi fenomeni. I nostri beneficiari ci hanno però confermato che della loro misera paga, che oscilla tra i 25 e i 40 euro al giorno, devono dare 5 euro ai caporali, che loro chiamano «caponeri» perché spesso sono loro concittadini.
Non abbiamo capito, però, se questi abbiano un contatto diretto con il datore di lavoro o se invece in mezzo si collochi l'ulteriore mediazione di un caporale italiano. Non siamo riusciti a cogliere questo aspetto anche perché non era oggetto della nostra indagine e del nostro intervento.
Mi è stato chiesto se queste popolazioni arrivino in questi luoghi in modo organizzato, ma a quanto ci è sembrato di constatare non esiste un'organizzazione superiore: tra di loro c'è un velocissimo passaparola per cui trovandosi in un luogo dove c'è bisogno di lavoro invitano immediatamente i loro amici a raggiungerli. Da questo punto di vista c'è una mobilità e una disponibilità a migrare anche all'interno del territorio italiano.
I nostri interventi, per quanto riguarda non solo i lavoratori stagionali, ma anche
l'apertura di ambulatori e il primo soccorso sanitario nei luoghi dove avvengono gli sbarchi, sono sempre stati funzionali a un passaggio di consegne alle autorità locali, giacché non è mai stata nostra intenzione creare servizi paralleli. Intendiamo infatti indurre le autorità locali e prevalentemente quelle sanitarie regionali a farsi carico dell'assistenza a questa popolazione. Grazie.
KLODIANA ÇUKA, Presidente di Integra - Associazione per l'integrazione degli immigrati - ONLUS. Cercherò di essere sintetica perché mi rendo conto della limitatezza dei tempi.
Prendo spunto dalle sue domande, signor presidente, per riepilogare anche le altre. Lei chiedeva con quale frequenza gli immigrati tornino a svolgere questo lavoro. A volte la frequenza è ciclica, stagionale, ma esiste una specificità: i braccianti agricoli appartengono alla categoria dei richiedenti asilo o rifugiati politici.
Sul nostro territorio è quindi nata l'esigenza di garantire, con spirito umanitario, condizioni migliori di vita, ma non per coprire il lavoro nero. Si è trattato di fare in modo che, la sera, gli immigrati potessero raccogliersi nella tendopoli per fare una doccia calda e per dormire, perché spesso queste persone hanno la disgrazia di lavorare in condizioni disumane sotto il sole senza avere la possibilità di curare l'igiene e di evitare le malattie.
Tutto questo è stato fatto attraverso un'azione parallela sul territorio, una sensibilità e un senso civico e critico, perché solamente se ognuno di noi, prima come cittadino e poi come operatore specifico delle forze dell'ordine o dell'INPS sul territorio, ha la coscienza critica e sociale per denunciare qualsiasi episodio si verifichi possiamo evitare il fenomeno.
Le associazioni degli immigrati del terzo settore fungono da sentinelle del territorio per far emergere il lavoro nero con azioni concrete, fatte in rete, che possono essere determinanti per un lavoro fatto sul piano istituzionale orizzontale, che, come ricordava l'onorevole Mario Pepe, poi rischia di non emergere sul piano verticale nel territorio.
Abbiamo uno strumento meraviglioso sul territorio italiano: i consigli territoriali per l'immigrazione costituiti nelle prefetture, tavoli di coordinamento per eccellenza che uniscono tutti gli operatori che si occupano di immigrazione: le istituzioni, le associazioni di categoria, i sindacati e il terzo settore.
Se il lavoro conoscitivo di alto livello, come questa indagine, può essere calato sui territori attraverso i consigli territoriali per l'immigrazione costituiti nelle prefetture, così altrettanto ogni iniziativa fatta sui territori dal basso può essere discussa, perché il consiglio territoriale per l'immigrazione è emanazione del Ministero dell'interno. Se, quindi, questo lavoro viene fatto dal basso in alto riportando la voce del territorio e le sue esigenze, e si calerà dall'alto in profondità il pensiero dell'associazione, che rappresenta la voce dei diretti interessati in materia di immigrazione, tale sinergia potrà portarci ad affrontare meglio le problematiche.
L'onorevole Dima suggeriva di affiancare le indagini conoscitive con proposte concrete, anche progettuali. Attualmente, in Italia, abbiamo a disposizione i Fondi europei per l'integrazione (FEI) e conoscendo i territori si può dare una mano alle pubbliche amministrazioni nell'affrontare la materia perché spesso in Italia le pubbliche amministrazioni sono sprovviste di risorse.
La progettazione può essere affrontata solamente attraverso un'operazione conoscitiva delle reali esigenze e un'azione di rete in cui crediamo fortemente, come stiamo provando in Puglia in relazione al territorio salentino. Mi ha fatto piacere che sia stato rilevato come l'accordo migliore sia stato concluso con la regione Puglia.
Stiamo facendo tutto questo realizzando una verifica sul territorio attraverso la progettazione fatta con i diretti interessati ovvero gli immigrati, per cui si può arrivare a valorizzare il nostro territorio,
e nel dire «nostro» mi spoglio dei panni di immigrata e parlo da italiana del territorio che ci ospita.
Soprattutto, i richiedenti asilo e rifugiati politici, che spesso vengono in Italia senza alcun riferimento, possono essere orientati sul territorio e diventare protagonisti nel valorizzare l'agricoltura italiana che, soprattutto per le regioni del sud, è un settore trainante, unica salvezza, oltre al turismo.
Ringrazio ancora per la sensibilità oggi dimostrata nell'ascoltarci.
PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi per il loro contributo e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15,10.