Variazioni nella composizione della Commissione:
Bruno Donato, Presidente ... 2
Sulla pubblicità dei lavori:
Bruno Donato, Presidente ... 2
INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE C. 3572 REGUZZONI, RECANTE «DISPOSIZIONI PER IL TRASFERIMENTO A MILANO DELLE SEDI DELLA COMMISSIONE NAZIONALE PER LE SOCIETÀ E LA BORSA E DELL'AUTORITÀ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO»
Audizione del professor Corrado Calabrò, presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni:
Bruno Donato, Presidente ... 2 7 8 9
Calabrò Corrado, Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ... 2 8
Calderisi Giuseppe (PdL) ... 8
Lanzillotta Linda (Misto-ApI) ... 7
Vassallo Salvatore (PD) ... 7
Audizione del dottor Vittorio Conti, presidente vicario della Commissione nazionale per le società e la borsa:
Santelli Jole, Presidente ... 9
Bruno Donato, Presidente ... 18 19 20
Conti Vittorio, Presidente vicario della Commissione nazionale per la società e la borsa ... 10 18 19
Lorenzin Beatrice (PdL) ... 18
Vassallo Salvatore (PD) ... 18
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l’Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia, I Popolari di Italia Domani: Misto-Noi Sud-PID; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Repubblicani, Azionisti. Alleanza di Centro: Misto-RAAdC.
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 11,10.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Comunico che il deputato Matteo Bragantini, del gruppo Lega Nord Padania, è entrato a far parte della I Commissione.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, in merito all'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame della proposta di legge C. 3572 Reguzzoni, recante «Disposizioni per il trasferimento a Milano delle sedi della Commissione nazionale per le società e la borsa e dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato», l'audizione del professor Corrado Calabrò, presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Do la parola al professor Corrado Calabrò, che ringrazio a nome mio e di tutti i colleghi per la collaborazione che ha sempre mostrato nei confronti della nostra Commissione.
CORRADO CALABRÒ, Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Esporrò la nostra esperienza di doppia sede - Roma e Napoli - e farò una carrellata anche sui casi di decentramento in Europa di autorità omologhe alla nostra.
La legge istitutiva dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni non contiene nessun riferimento alla sede. Successivamente, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 febbraio 1998 venne individuata in Napoli la sede dell'Autorità. Ciò avveniva nello spirito e in attuazione della legge 14 novembre 1995, n. 481 che, istituendo le autorità di regolazione di settore (l'Autorità per l'energia elettrica e quella per le telecomunicazioni), poneva un vincolo alla discrezionalità del Governo: quello che le due autorità di regolazione non avessero sede legale nella stessa città. Da qui derivò che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas abbia sede a Milano e la nostra Autorità a Napoli.
Prima che fosse istituita la nostra Autorità le funzioni regolatorie erano svolte per l'editoria e la televisione dal Garante per la radiodiffusione e l'editoria e dal Ministero delle comunicazioni con sedi e personale in Roma. La completa delocalizzazione di questi ambiti decisionali, con la collocazione dell'AGCOM a Napoli, alla prova dei fatti si è rivelata difficilmente praticabile, anche perché la legge istitutiva
prevedeva che in prima applicazione il personale fino al 50 per cento dovesse essere selezionato tra quello operante presso il Garante e il Ministero delle comunicazioni, tutto personale che orbitava a Roma.
L'esigenza di una bipartizione, quindi, della presenza tra Napoli e Roma si è fatta poi via via più pressante con l'entrata a regime dell'attività e con i nuovi rilevanti compiti di garanzia che la legge ha affidato a questa Autorità. Negli anni si è consolidata una rilevante prassi istituzionale di consultazione dell'Autorità da parte degli organi costituzionali, in primis il Parlamento, dal quale l'Autorità viene audita con regolarità su materie di sua competenza e, come oggi, su materie adiacenti. Quotidiana è l'interlocuzione col Governo, specie per le questioni di competenza congiunta da trattare con la Commissione europea, con la quale l'interazione è ininterrotta.
L'AGCOM ha un ruolo rilevante in Europa - questo forse non si conosce a pieno - e ha fornito un contributo decisivo per la riforma del quadro istituzionale delle autorità di settore. L'Autorità fa parte del BEREC (Body of European regulators for electronic communications), un tempo ERG (European Regulators Group), oggi con poteri maggiori e che raggruppa le autorità omologhe e presiede all'armonizzazione della regolamentazione in Europa. Il nostro apporto alla nascita del BEREC è stato fondamentale. L'Autorità presiede anche il Gruppo europeo di Politica dello spettro radio, che ha introdotto in Europa l'uso coordinato del dividendo digitale e una più ampia riforma delle regole di utilizzo di un bene scarso e prezioso come le radiofrequenze, tema quanto mai di attualità in questi giorni.
È significativo, inoltre, il contributo che questa Autorità dà al quadro comunitario, sia nella fase ascendente di formazione delle norme mediante le cosiddette procedure comunitarie di comitatologia - ne parlai già in altra occasione presso questa Commissione - sia nella fase discendente per il referto agli organi comunitari sulle regole adottate e sui risultati della loro applicazione.
L'attività dell'Autorità da me presieduta comporta la partecipazione settimanale di funzionari, e quella poco meno frequente dell'organo di vertice, a comitati europei e alle riunioni delle associazioni che raggruppano le corrispondenti autorità europee del Mediterraneo - EMERG (Gruppo per la Regolamentazione dell'Europa Mediterranea) e Réseau méditerranéen - a Bruxelles e nelle varie capitali d'Europa, dell'Africa del nord e del Medioriente. Ad esempio, sono di ritorno da Istanbul, abbiamo recentemente avuto un'altra riunione in Serbia proprio in relazione all'attività di queste associazioni che raggruppano le varie autorità anche al di fuori dell'ambito dell'Unione europea.
Assidui sono, naturalmente, i contatti con le altre autorità italiane, specialmente con l'Antitrust, con il Garante della privacy, con la SIAE - è noto alla Commissione che abbiamo una competenza particolare in materia di diritto d'autore - con l'Associazione consumatori, con gli stakeholder, col TAR Lazio, col Consiglio di Stato e con la RAI.
Nel 2000 l'Autorità, come è noto, è stata investita di un ulteriore compito di grande rilevanza istituzionale: con la legge 22 febbraio 2000, n. 28, è stata, infatti, affidata all'AGCOM la vigilanza sul servizio pubblico radiotelevisivo, e in particolare le è stato attribuito il compito di vigilare sulla parità di accesso ai mezzi di informazione da parte delle forze politiche, la cosiddetta par condicio. La stessa legge prevede che la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi e l'Autorità si consultino prima di adottare gli atti di rispettiva competenza. Tali consultazioni sono frequenti e possono, in periodo elettorale, avvenire con convocazioni ad horas.
Norme successive sulla vigilanza del conflitto di interessi, sul diritto d'autore, come ho già detto, e in tema di diritti sportivi hanno accentuato la necessità di un costante raccordo dei vertici dell'Autorità con istituzioni ed enti pubblici presenti
nella capitale. Ciò ha comportato il progressivo consolidamento della presenza dell'Autorità nella stessa: già col primo Regolamento di organizzazione e funzionamento del 16 giugno 1998 era stato previsto un ufficio di rappresentanza dell'Autorità a Roma; con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 luglio 2007, in occasione della rideterminazione della pianta organica, al distaccamento di Roma dell'Autorità, già sede di rappresentanza, è stata riconosciuta la funzione di sede secondaria operativa con conseguente mantenimento, quindi, della sede di Napoli, che è sede operativa, ma con l'aggiunta della sede di Roma, operativa anch'essa. Il decreto del presidente del Consiglio dei ministri stabilisce, infatti, per l'Autorità un'organizzazione su due sedi: la sede legale a Napoli e quella secondaria operativa a Roma, con una distribuzione equilibrata del personale tra le due
sedi.
L'equiparazione funzionale della sede di Roma a quella di Napoli ha consentito un più efficace svolgimento dei compiti istituzionali dell'Autorità tramite il costante coordinamento con le attività legislative governative dei propri interessi, la più tempestiva e fattiva partecipazione ai consessi internazionali, sopratutto a quelli comunitari, nonché migliori sinergie con l'amministrazione centrale e con le altre Autorità. Lo stesso deve dirsi per la gestione del contenzioso su provvedimenti dell'Autorità notevolmente incrementatosi nel corso degli anni e che la legge attribuisce in via esclusiva e inderogabile al Tribunale amministrativo regionale del Lazio. Inoltre, nel 2006, in seguito alla nuova azione intervenuta col finanziamento all'Autorità posto nella sua quasi totalità, attualmente il 99,5 per cento, a carico del mercato di riferimento e in considerazione della seria congiuntura economica, si
è imposta una razionalizzazione in progress della presenza nelle sedi di servizio, centralizzando le funzioni di amministrazione e ripartendo, invece, su base specialistica tra le due sedi l'attività al fine di conseguire maggiore efficienza e minori costi. Essa è stata perseguita anche in coerenza con la disposizione dell'articolo 2, comma 594, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che impone la rimodulazione degli uffici secondo un criterio di impiego efficiente delle risorse al fine di conseguire risparmi di spesa sotto il profilo logistico e amministrativo comprimendo costi, ad esempio per ragioni di mobilità, che non si giustificano con effettive esigenze.
Incidentalmente, va fatto presente che l'AGCOM ha un'articolazione sul territorio unica tra tutte le autorità italiane. Grazie, infatti, ai Comitati regionali per le comunicazioni, i cosiddetti Corecom, l'AGCOM è la sola autorità indipendente con la testa in Europa e col corpo funzionalmente articolato regione per regione, il che è essenziale per la vigilanza sulle televisioni locali ed è fondamentale per il contatto in loco con gli utenti e con gli operatori di telecomunicazioni, soprattutto ai fini della gestione rapida ed efficace delle procedure di conciliazione: sono, infatti, circa 60.000 i procedimenti di conciliazione conclusi l'anno scorso.
Per questo aspetto non c'è un parallelo con le autorità italiane. Esiste, invece, un parallelo con le omologhe autorità straniere, in particolare con quella tedesca. Una rapida disamina delle scelte effettuate da alcune legislazioni europee rispetto al posizionamento sul territorio delle autorità settoriali di regolamentazione può essere utile per una valutazione del possibile impatto su analoghe scelte per l'Italia in termini economici, di difficoltà realizzative e di risorse umane.
In generale, può dirsi che i casi di decentralizzazione delle autorità sono un'eccezione nel panorama europeo internazionale, essendo la grande maggioranza dei regolatori localizzata nelle capitali in considerazione della rilevante interazione con le altre istituzioni.
Esempi significativi delle autorità di regolamentazione del settore delle comunicazioni elettroniche situate esclusivamente nella capitale amministrativa del Paese sono: la Federal Communications Commission americana, localizzata solo a Washington, nonostante l'organizzazione storicamente
federale degli Stati Uniti; l'OFCOM britannico; l'ARCEP in Francia. Queste tre grandi istituzioni - per dimensioni, ambito d'azione e bilancio - svolgono la propria attività esclusivamente nelle capitali amministrative dei rispettivi Paesi che, pur avendo diverse tradizioni di ripartizione territoriale ai poteri pubblici, sono così accomunati da una scelta centralistica in relazione alla funzione regolamentare.
Un caso diverso e peculiare è quello del regolatore tedesco, BNetzA, che ha seguìto la bipartizione delle istituzioni dopo la riunificazione mantenendo la sede principale nella vecchia capitale, Bonn, ma nel contempo aprendo un'importante sede a Berlino. Il modello scelto dal legislatore tedesco è quello di un forte presidio dell'Autorità presso la sede designata per legge e di una presenza diffusa sul territorio realizzata, tra l'altro, mediante 40 uffici locali dotati di competenze specifiche in materia di monitoraggio delle risorse frequenziali. Dicevo, appunto, che esiste una sorta di omologia con la situazione italiana dei Corecom.
Tra i regolatori europei di settori che sono stati oggetto di una delocalizzazione o decentralizzazione - come si voglia chiamarla - figura la commissione spagnola per il mercato delle telecomunicazioni: nel 2004 è stato deliberato lo spostamento degli uffici di questa commissione dalla capitale Madrid a Barcellona. Si è trattato della prima misura adottata dal governo socialista in un'ottica di dislocazione delle istituzioni pubbliche in chiave federalista. Successivamente a tale decisione, peraltro, nessun altro ente pubblico è più stato delocalizzato in Spagna.
Il processo di decentralizzazione spagnolo è stato lungo e complesso: per facilitare il trasferimento è stato firmato un accordo sulle condizioni di lavoro applicabile al personale dell'Autorità con riguardo al trasferimento della sede a Barcellona, che prevedeva incentivi al personale per il trasferimento presso la nuova sede e l'opzione di assegnazione ad altro ente pubblico a Madrid per un periodo transitorio di 5 anni. Malgrado ciò, l'impatto del trasferimento è stato molto sensibile. L'Autorità ha perso circa l'80 per cento del personale esperto: oggi, infatti, solo circa il 20 per cento dei dipendenti che nel 2005 lavorava per la commissione spagnola a Madrid lavora a Barcellona; circa metà del personale lasciò la Commissione al momento del trasferimento e si resero, pertanto, necessari numerosi concorsi pubblici per assumere nuovo personale. Dopo un periodo di rifondazione durato circa due anni, ora la nuova
sede è operativa, ma permane qualche problema nel rapporto con gli stakeholder, imprese, studi legali e istituzioni, i quali si trovano principalmente a Madrid.
Anche l'autorità norvegese per le comunicazioni elettroniche ha vissuto recentemente lo spostamento della propria sede dalla capitale Oslo alla cittadina di Lillesand: nel giugno 2003 il Parlamento ha, infatti, approvato l'iniziativa governativa relativa alla delocalizzazione di 8 istituzioni norvegesi, che sono state spostate nel corso degli anni in altrettante città diverse da Oslo. Le motivazioni alla base del provvedimento sono state molteplici, quantunque il principale obiettivo fosse quello di promuovere lo sviluppo di aree diverse da quella di Oslo. Per quanto riguarda l'impatto della decisione del legislatore norvegese sulle risorse pubbliche, l'operazione di trasferimento ha comportato un costo e tempi di gran lunga superiori a quanto stimato dal Governo con riguardo al progetto di delocalizzazione.
Va sottolineato come, anche in questo caso, vi sia stato un massiccio esodo pari a circa il 90 per cento del personale con almeno due anni di esperienza, che ha lasciato il regolatore norvegese in corrispondenza della delocalizzazione a Lillesand. Solo il tre per cento si è trasferito stabilmente in prossimità della nuova sede, mentre il 7 per cento ha stabilito di spostarsi su base settimanale tra Lillesand e Oslo. Il Governo ha comunque fornito risorse tali da consentire all'Autorità di raddoppiare lo staff a ridosso del trasferimento della sede a Lillesand.
Nel caso del regolatore svizzero, BAKOM, caratterizzato da una ripartizione su base territoriale di alcune competenze specifiche, la scelta del legislatore è caduta sulla città di Biel/Bienne, a 30 chilometri a nord della capitale Berna, principalmente in ragione dei crescenti prezzi degli immobili in quest'ultima, motivo per cui molti uffici federali in quegli anni vennero delocalizzati. Bakom è attualmente dotata di 4 sedi, presidiate da personale decentrato sul territorio. Si tratta di stazioni dedicate primariamente ad attività di monitoraggio frequenziale e di controllo su licenza e installazione, anche qui in maniera analoga alle nostre Corecom. Come nel caso tedesco, anche l'articolazione territoriale prevista in Svizzera si traduce essenzialmente in un'attribuzione di competenze tecniche agli uffici locali e nel mantenimento in capo alla sede centrale di tutte le altre attività regolamentari.
Tra i Paesi che hanno scelto di localizzare le proprie autorità di regolamentazione fuori dalla capitale si ricorda anche l'Olanda. Ciò, tuttavia, va correttamente inquadrato in un'organizzazione territoriale che vede L'Aia e non Amsterdam quale centro istituzionale del Paese.
Anche le autorità di settore di Turchia, Ungheria, Portogallo, Repubblica Ceca e Polonia hanno un'articolazione regionale attraverso punti di contatto localizzati sul territorio, ma mantengono il cuore delle competenze regolatorie in capo agli uffici centrali ubicati nelle rispettive capitali.
Come può rilevarsi da tutto quanto esposto, gli esempi riportati presentano peculiarità nazionali che difficilmente possono essere rinvenute tali e quali nel caso italiano. Quello che in generale si può forse sottolineare è che l'opzione delocalizzatrice è l'eccezione e si accompagna di norma a una perdita in prima attuazione del personale più esperto. Necessita, quindi, di un piano di sostegno all'occupazione che può far aumentare i costi di esercizio dell'istituzione e renderne stentata l'attività almeno nel breve periodo. Sul piano organizzativo, il rischio di duplicazione di funzioni e costi per il raccordo tra più sedi è elevato, soprattutto per strutture di non grandi dimensioni in cui i costi generali pesano significativamente sul bilancio. Peraltro, i costi di coordinamento e di mobilità si possono in parte limitare attraverso un definito e attento processo di specializzazione
funzionale. Questo è ciò che AGCOM ha sempre avuto come priorità nella sua azione di riorganizzazione degli uffici con non poche difficoltà anche sul piano del confronto con le organizzazioni sindacali; ma in definitiva si può dire che i risultati sono stati soddisfacenti, tenendo, però, ben ferma la barra sulla rotta, con grande determinazione, grazie a confronti anche settimanali con il personale dipendente. Alla fine, lo ribadisco, possiamo dire che i risultati di quasi quindici anni di esistenza sono soddisfacenti, ma ogni mese dobbiamo riverificarli perché c'è sempre la tendenza a spostare personale da Napoli a Roma e da Roma a Napoli.
Non è, infine, da sottovalutare l'effetto sul capitale umano sotto un duplice punto di vista: da una parte, la perdita inevitabile di memorie organizzative e di elevate capacità tipiche delle professionalità impiegate dalle Autorità indipendenti di regolazione e controllo costituisce un obiettivo impoverimento quanto meno nei primi anni per l'attività istituzionale; dall'altra, soprattutto per il personale meno qualificato, che non accetta di sopportare i costi della rilocalizzazione, si pone il rischio di un difficile riassorbimento nel mercato del lavoro, a maggior ragione in un contesto di crisi quale quello attuale, che lo rende particolarmente asfittico anche nelle grandi realtà metropolitane.
Per quanto i princìpi fondanti della legittimazione delle Autorità indipendenti in Italia abbiano trovato negli ultimi anni nelle relative leggi istitutive declinazioni varie, diverse per cultura, finalità e tipologie d'intervento, io spero, con l'esposizione dei principali aspetti desumibili sia dall'esperienza dalla nostra Autorità sia dai più importanti esempi di dislocazione territoriale in Europa, di aver fornito
un contributo di qualche utilità alla vostra valutazione della proposta di legge in questione.
PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Calabrò per la sua relazione e do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
LINDA LANZILLOTTA. Ringrazio molto il presidente Calabrò che ci ha dato un quadro sia di come opera la sua Autorità sia di valutazione comparata con gli altri analoghi organismi a livello non solo europeo, ma anche statunitense.
Vorrei anzitutto osservare, anche ai fini dei nostri lavori, che l'unica cosa che non si può sostenere è che la proposta di legge al nostro esame sia a costo zero. Andrebbe fatta, quindi, una severa e stringente quantificazione dei costi. Abbiamo visto, infatti, che ne emergono di molto consistenti.
Il presidente Calabrò ci ha descritto, in modo molto istruttivo per il nostro lavoro, come il trasferimento a Napoli dell'Autorità abbia comportato, con norma regolamentare, - la legge non lo prevedeva - una duplicazione della struttura. Da questo punto di vista l'operazione è anche singolare, perché in qualche modo le norme di rango secondario aggirano la decisione del legislatore. Si tratterebbe, quindi, di porre clausole legislative volte a evitare questa elusione.
Mi domando se, con riferimento a questo processo, è stato quantificato il costo aggiuntivo della doppia sede rispetto a un assetto monosede a Roma, come era l'Autorità per l'editoria, dalla quale è scaturita, per ampliamento di competenze e di organizzazione, l'attuale Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni.
Porrei un'altra questione visto che il presente Calabrò ha una competenza molto sofisticata sul tema. Lei sottolineava come uno dei motivi del radicamento dell'Autorità a Roma è quello della competenza attribuita dalla legge al TAR per il sindacato sui provvedimenti: riterrebbe opportuno un decentramento delle competenze in materia giurisdizionale anche - e lo riterrei forse l'unico aspetto positivo di un'eventuale delocalizzazione - per decongestionare il TAR del Lazio che è diventato sostanzialmente un foro unico?
Inoltre, dal punto di vista funzionale, quanto può incidere la distanza in positivo e in negativo dalle autorità politiche e amministrative con cui l'Autorità interagisce?
PRESIDENTE. Prima di proseguire con gli interventi, vorrei rassicurare l'onorevole Lanzillotta e tutti i colleghi che è stata chiesta al Governo, come deliberato dalla Commissione, la relazione tecnica sulla proposta di legge in esame. È stato indicato come termine la fine di questa settimana, per cui entro la prossima settimana la relazione sarà a disposizione della Commissione.
SALVATORE VASSALLO. La mia richiesta di un chiarimento al presidente Calabrò, che naturalmente anch'io ringrazio per la sua esposizione, è molto simile a quella della collega Lanzillotta ed è quindi sostanzialmente una chiosa al suo intervento. Vorrei sapere se il presidente può fornirci qualche elemento in più sulle difficoltà di cui pure incidentalmente si parla riguardo alla collocazione a Napoli dell'AGCOM, tenendo conto del fatto che molte delle attività che vengono citate sono riferite a rapporti con gli organi istituzionali, che quindi si svolgono a Roma, oppure nelle sedi comunitarie. In particolare, vorrei chiedere al presidente Calabrò se in concreto questo complichi l'attività della Commissione: il personale, che presumo sia anche quello più qualificato, che svolge questo ruolo di raccordo, consulenza e rendiconto nei confronti degli organi istituzionali, opera prevalentemente a Roma? Si sposta costantemente? Presumo che nel primo caso questo determinerà costi di raccordo con le strutture che sono, invece, permanenti a Napoli; nel secondo, oneri di tempo ed energie che il personale in questione deve investire nel trasferimento tra le due città. Chiederei al presidente di esporci più in dettaglio questi problemi, di cui ha trattato incidentalmente
in uno dei passaggi della sua relazione.
GIUSEPPE CALDERISI. Intervengo semplicemente per ringraziare il presidente Calabrò; sicuramente valuteremo e approfondiremo gli elementi molto utili forniti dal suo significativo contributo.
PRESIDENTE. Do la parola al presidente Calabrò per una breve replica.
CORRADO CALABRÒ, Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Il nostro sforzo maggiore è stato quello di evitare duplicazioni nelle strutture perché indubbiamente questo avrebbe aumentato i costi, ma anche e soprattutto avrebbe reso meno funzionale l'azione dell'Autorità. Ci siamo riusciti? Abbastanza, credo, ma grandi sono stati il lavoro e l'impegno, anche mio direttamente, ma soprattutto del segretario generale, del capo di Gabinetto, del capo del servizio giuridico, perché ogni assestamento o riassestamento di uffici, necessario anche in relazione alle nuove attribuzioni che ci sono state assegnate, va comunicato ai sindacati, per cui c'è sempre un negoziato, una fase di interlocuzione molto sensibile. C'è stato, dunque, un assorbimento di energie proprio del vertice dell'Autorità per evitare le
duplicazioni con un riassetto razionale. Direi che possiamo dire di avere sufficientemente realizzato quello che era il nostro intento.
Non si è verificata, fondamentalmente, duplicazione: a Napoli ci sono dei servizi, come la tutela dell'utenza, il servizio ispettivo, le reti di comunicazione, la par condicio e i diritti sportivi, che comporta anche rapporti con la Lega Calcio, il ROC, ossia il Registro degli operatori di comunicazione. Tuttavia, queste sono anche materie che trattiamo a Roma, dove stiamo concentrando l'amministrazione e altri aspetti molto importanti.
Per le materie assegnate a Napoli, i capi ufficio, specialmente, vanno avanti e indietro. È vero che adesso col treno è possibile raggiungere Napoli in un'ora e dieci minuti; inoltre, è possibile un collegamento in teleconferenza. Le teleconferenze al momento ancora non funzionano come dovrebbero, ma è in progress una evoluzione della tecnologia che consentirà veramente di essere presenti come se si fosse nella stessa stanza. In tutti i casi, però, per incontri con il presidente, con il segretario generale o con il consiglio occorre che i dirigenti si spostino.
Il consiglio, composto di 9 membri, normalmente svolge una seduta a Roma; le commissioni (servizi e prodotti, e reti) una a Roma e una a Napoli, sono composte di cinque membri, e in genere sussiste un'alternanza.
Per quanto ci riguarda, spostarsi una volta a settimana non è la fine del mondo, ma io, il segretario generale, il capo di Gabinetto e i capi degli uffici dobbiamo recarci più volte a Napoli per seguire più direttamente il personale; mentre i dirigenti che sono a Napoli devono venire a Roma. Il sistema regge anche se non è l'ottimo. Abbiamo cercato di fare di necessità virtù.
Certamente, non avremmo potuto allontanare il vertice gestionale da Roma per i contatti con il Governo, con il Parlamento, ma soprattutto con l'Europa. È vero, si può parlare al telefono, ma quando la destinazione è Bruxelles o altre sedi - dove ci rechiamo frequentemente - da Roma è più facile partire. Inoltre i funzionari inviati da Bruxelles e gli stessi commissari dell'Unione europea preferiscono venire a Roma. In definitiva, abbiamo mantenuto la testa a Roma e il corpo su due gambe, una a Roma e una a Napoli, e lo abbiamo anche diramato sul territorio, ma quello non ci crea problemi per i rapporti coi Corecom perché è quasi fisiologico date le competenze particolari dell'Autorità.
Riguardo all'aumento dei costi, gli affitti sono duplicati perché non abbiamo spazi vuoti, abbiamo dimensionato gli edifici in relazione al personale presente, disponiamo di un edificio in affitto a Roma e uno in affitto a Napoli. Il personale è composto da un totale di 351 dipendenti, di cui 195 a Roma e 156 a Napoli. Certo, se fossero stati o tutti a
Roma o tutti a Napoli il rispettivo edificio avrebbe dovuto essere più grande, ma probabilmente una cosa è affittare due edifici e altra cosa affittarne uno.
Quanto al TAR del Lazio, confesso che mi riesce difficile spogliarmi di una valutazione soggettiva, non perché non abbia avuto molteplici esperienze, anche nel campo giurisdizionale -, sono stato per 40 anni nel Consiglio di Stato, per 6 anni nel Consiglio di giustizia per la regione siciliana - però devo dire che il TAR del Lazio è stata per me una sorpresa stupefacente. Io per primo lo ritenevo un monstrum perché quando ho scritto la legge istitutiva dei TAR li pensavo distribuiti ugualmente sul territorio per l'appello al Consiglio di Stato in un unico grado. A mano a mano che trascorrevano gli anni si sono, invece, addensate sempre maggiori competenze nel TAR del Lazio, quindi, nell'insediarmi come presidente di quel TAR, ho affrontato il mio incarico con mentalità quasi commissariale, ma mi sono ricreduto perché, almeno nei quattro anni e mezzo della mia presidenza, il personale era eccellente a livello dei magistrati
del Consiglio di Stato, cosa che non sempre accade nei TAR, e l'esercizio di quelle competenze era affinato. Io non ho trovato una diversità di qualità nel giudizio al TAR rispetto al Consiglio di Stato, laddove invece temevo che fossero meno sperimentati, meno provveduti. Per esempio, con la competenza unica che ha nei confronti dei magistrati ordinari il Consiglio superiore della magistratura, si rilevano pochissime polemiche contro le decisioni del TAR del Lazio, eppure il CSM è un organo sensibilissimo. Questo significa che le decisioni di quel TAR sono gestite con criterio.
Inoltre, proprio nel periodo della mia presidenza, sono state concentrate nel TAR del Lazio le competenze relative al calcio. Nei confronti di alcune squadre di calcio - tanto per non fare nomi, Catania, Salernitana e via dicendo - le decisioni dei TAR locali erano sembrate, probabilmente sbagliando, influenzate da una eccessiva sensibilità alla situazione locale; trasferite al TAR del Lazio le cose si sono svolte in maniera molto più pacata, tenuto conto che nel calcio niente può andare in maniera completamente tranquilla. Io, nella mia esperienza, ho esercitato la giurisdizione sull'Antitrust, la Consob, la Banca d'Italia, anche decisioni di un certo rilievo sono state prese senza contrasti. Ora, quando la giurisdizione del TAR del Lazio viene esercitata sulla nostra Autorità, devo dire che mi ritrovo nelle decisioni di quell'organo. Forse in questi ultimi tempi c'è stata meno sintonia di valutazione tra il TAR del Lazio e l'Antitrust, ma
per quanto riguarda la nostra Autorità, ribadisco la mia sintonia con le decisioni prese da quel TAR.
D'altra parte, l'esperienza dell'Autorità dell'energia elettrica e del gas a Milano col TAR Lombardia è stata molto più insoddisfacente, quindi convengo che è un'anomalia che tante competenze siano concentrate nel TAR del Lazio. Temo, infatti, che non sempre il personale riesca a essere all'altezza perché ci sono continui ricambi e forse non tutti sono allo stesso livello.
Mi auguro che siano sempre all'altezza dei loro compiti, ma oggi come oggi questa specie di monstrum funziona.
PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Calabrò e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta, sospesa alle ore 11,45, è ripresa alle ore 12,10.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, in merito all'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame della proposta di legge C. 3572 Reguzzoni, recante «Disposizioni per il trasferimento a Milano delle sedi della Commissione nazionale per le società e la borsa e dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato», l'audizione del dottor Vittorio Conti,
presidente vicario della Commissione nazionale per le società e la borsa.
Do la parola al dottor Conti per lo svolgimento della relazione.
VITTORIO CONTI, Presidente vicario della Commissione nazionale per la società e la borsa. Ringrazio il presidente e tutta la Commissione per la possibilità di condividere alcune considerazioni sul tema che vede impegnata da qualche tempo la politica. Mi riprometto di interpolare la memoria che è stata consegnata alla Presidenza con l'obiettivo di contestualizzare la scelta su cui si sta discutendo, valutarne la praticabilità, e quindi vedere se è possibile collocarla all'interno delle priorità che, a mio avviso, riguardano la nostra Autorità.
Faccio una rapidissima premessa: Consob nasce con sede unica a Roma nel 1974 come distacco del Ministero del tesoro, è infatti ospitata presso quel Ministero e il personale è distaccato dalle amministrazioni pubbliche. A quel tempo il ruolo della Consob è strettamente legato nelle sue presenze sul territorio alla necessità di seguire l'attività della Borsa, luogo fisico in cui avvenivano gli scambi e le negoziazioni. È una presenza garantita dalla figura dei commissari di borsa, che avevano vari compiti, vigilavano sullo svolgimento delle negoziazioni, controllavano la formazione dei prezzi, effettuavano le ispezioni sino a vistare i fissati bollati delle negoziazioni che avvenivano nell'ambito della Borsa.
Per dieci anni la Consob, dal momento della sua costituzione, di fatto opera nell'ombra del Ministero del tesoro. È caratterizzata dalle funzioni che ho appena richiamato alla ricerca costante di una propria identità, che andava in quel periodo qualificata in termini di indipendenza, di definizione delle proprie funzioni e anche di dotazione adeguata in termini numerici e qualitativi delle risorse che svolgevano la propria attività per la Consob.
Ho parlato di dieci anni perché è con l'inizio degli anni Ottanta che si incomincia a intravedere un ragionamento più sistematico sui ruoli e sulle funzioni della Borsa. La legge 30 aprile 1981, n. 175 , aumenta l'organico della Consob fissandolo a 150 persone e prevede una sede secondaria a Milano. Negli anni successivi il Parlamento si occupa della Consob in modo più sistematico: nel 1984 viene promossa un'indagine conoscitiva sui problemi e sulle funzionalità operative dell'istituzione e la legge 4 giugno 1985, n. 281 perfeziona definitivamente lo status giuridico del personale e l'Autorità acquisisce una sua fisionomia di autorità amministrativa indipendente con poteri più articolati di quelli che ho richiamato fino a ora.
Non mi soffermo sui passaggi successivi che hanno caratterizzato e accompagnato la crescita di questa Authority; ricordo soltanto che, se i compiti, i ruoli e le funzioni hanno avuto in un primo momento un difficile avvio legato sostanzialmente alla difficoltà di dare a questa istituzione una propria fisionomia nella sede romana, in seguito questi si sono progressivamente ampliati con una normativa copiosa che ha accompagnato gli anni Ottanta e gli anni Novanta. A valle di questa copiosa produzione normativa, anche la posizione della presenza a Milano è progressivamente decollata. Ha vissuto nella fase iniziale tutte le vicende che hanno accompagnato la trasformazione e il ruolo della Borsa.
Ricordo che negli anni Novanta il contesto istituzionale cambia in modo significativo, la Borsa si trasforma da soggetto pubblico in soggetto privato, da luogo fisico in luogo virtuale; è del 1991 l'unificazione dei diversi organi di Borsa in un unico Consiglio di Borsa con sede principale a Milano; c'è l'obbligo di concentrazione degli scambi, la possibilità di usare delle soluzioni di tipo organizzativo di natura telematica del mercato. Gli anni Novanta vedono la privatizzazione delle borse: la Borsa diventa una società per azioni con fini di lucro. Nel 1998, il decreto legislativo n. 58 del 24 febbraio, il Testo unico della finanza, razionalizza e coordina tutte le leggi vigenti in materia di
intermediari e di mercati immobiliari e la Consob diventa a pieno titolo garante indipendente degli investitori del mercato. Si tratta, quindi, di un iter molto lungo, molto sofferto, e in particolare la presenza a Milano è conseguenza della necessità di seguire il luogo fisico dove avvenivano le negoziazioni.
Ricordo che alla fine degli anni Novanta, con la presidenza di Padoa-Schioppa, l'importanza della piazza di Milano viene in qualche modo formalmente riconosciuta: per la prima volta la relazione annuale della Consob viene, infatti, svolta in quella sede. Ritengo significativo ricordare che a quell'epoca il presidente dichiarava che «come ogni autorità di governo dell'economia, la Consob ha, infatti, un duplice riferimento: le istituzioni dell'esecutivo e del legislativo e le istituzioni del mercato». In quella scelta di Milano, quindi, era già presente in nuce l'idea che dovesse esserci qualcosa di più di un semplice riferimento a un luogo fisico di negoziazioni, la Borsa: si diceva anche che questo non comportava e non poteva comportare un allontanamento dalle istituzioni dell'esecutivo e del legislativo, da cui discendeva l'idea delle due sedi come soluzione organizzativa quasi necessitata dai compiti istituzionali che la Consob
doveva portare avanti.
Gli anni duemila sono anni che vedono ulteriori significative trasformazioni nel ruolo della Authority, non solo perché viene recepita la direttiva europea sugli abusi di mercato, che amplia notevolmente i compiti della Consob, ma anche perché è in questa fase che le funzioni della sua sede milanese vengono notevolmente ampliate: c'è sì ancora la Borsa, che rimane una delle funzioni, delle prerogative, delle giustificazioni principali della nostra presenza a Milano, ma in parallelo viene potenziata la vigilanza sugli intermediari che in quel periodo erano interessati da un processo di concentrazione del settore molto forte parallelamente a una crescita della rilevanza della piazza finanziaria milanese.
Come altro elemento qualificante della presenza della Consob a Milano credo sia utile ricordare il nuovo modello di enforcement sugli abusi di mercato; a Milano vengono, quindi, spostate importanti funzioni, tra cui l'ufficio Insider trading, la divisione intermediari, la divisione emittenti, la divisione mercati. Il disegno della Consob sulla piazza di Milano conosce, quindi, una crescita necessitata dalla esigenza di garantire una efficiente ed efficace presenza e un efficace perseguimento delle finalità assegnatele in vista dei cambiamenti del contesto esterno. La Borsa, quindi, ad esempio, guida in quelli e negli anni successivi l'aumento quantitativo e qualitativo delle risorse della Consob che si accompagna all'ampliamento del perimetro delle funzioni che interessa il nostro istituto.
Sin dall'inizio la flessibilità organizzativa - prima osservazione - è interpretata dai vertici della Consob come sensibilità alla necessità di garantire un presidio efficace. Ricordo che è del 2007 la Direttiva MiFID, che abolisce l'obbligo di concentrazione degli scambi sui mercati regolamentati; compaiono piattaforme alternative ai mercati regolamentati; la Borsa italiana si fonde con la London Stock Exchange nel 2007, spostando di fatto il baricentro decisionale da Milano a Londra. Questo serve per evidenziare che la necessità di essere presente a Milano per la Borsa va progressivamente esaurendosi: si definiscono confini molto più labili tra mercati e intermediari, le negoziazioni prendono la strada dei circuiti telematici, lo spazio delle negoziazioni si frammenta e si dematerializza.
Questa trasformazione dei mercati pone problemi nuovi: non più quelli dei vecchi commissari di borsa, cui facevo riferimento all'inizio, ma quello della trasparenza della negoziazione, quello del consolidamento delle informazioni; gli strumenti a disposizione non sono più scanditi dalla presenza fisica ma da strumenti tecnologici per il cui utilizzo è assolutamente neutrale la localizzazione di una funzione di vigilanza in un determinato sito piuttosto che in un altro. La presenza a Milano si è, quindi, configurata e tuttora è fortemente configurata da
esigenze che sono molto lontane da quelle imposte dalla Borsa. Ciò che ho esposto sulla Borsa è un pezzo importante della storia, ma la funzione si è progressivamente trasformata e le vicende della Borsa italiana, in questo contesto di rapido cambiamento, sono solo uno dei tanti aspetti che hanno in questi anni modificato e accompagnato profondamente la trasformazione dei mercati e i rapporti tra mercati e intermediari.
Tali mutamenti sono tuttora in corso. Il cambiamento che stiamo vivendo in Europa in questo momento anche a valle e anche sollecitato dalla crisi che abbiamo tutti quanti attraversato negli ultimi anni sta ponendo una grande enfasi su una evoluzione completamente diversa dei contesti di mercato e sul ruolo e l'importanza delle piazze finanziarie dei diversi Paesi. Il problema della localizzazione fisica diventa sempre meno importante nel processo di trasformazione.
Ritengo, quindi, a questo punto che quando ci poniamo il problema di trasferire o meno una Authority in una determinata località fisica non possiamo prescindere dal contesto e dai cambiamenti che il contesto ci sta imponendo. È un contesto in continua evoluzione che, sottolineo, ha visto l'Authority pronta a trovare le soluzioni organizzative necessarie per consentire un presidio efficace.
A questo punto, vorrei svolgere alcune considerazioni: la provocazione, se mi consentite di definirla in questo modo, che ci viene dalla politica in questo momento è un'eccellente occasione per riflettere più in generale sulla efficacia o inefficacia dell'attuale assetto, sul fatto che la soluzione attuale sia adatta o meno a rispondere ai compiti istituzionali che ci sono stati affidati, o su un conseguente, inefficiente o inefficace uso delle risorse di cui dobbiamo rispondere. Se ci fosse e se c'è questo sospetto, è chiaro che la nostra attenzione deve rivolgersi alla identificazione di cosa in questo momento, alla luce delle trasformazioni del contesto che ho succintamente rappresentato, ci sta condizionando di più o, detto in termini diversi, quali tra le criticità che stiamo vivendo dobbiamo collocare in cima alle nostre priorità e alle nostre scelte. Ovviamente, l'obiettivo è sempre quello di mantenere alta
l'efficacia del nostro presidio, dei compiti istituzionali che ci sono stati affidati. Da questo punto di vista vorrei richiamare tre snodi ineluttabili che a cascata devono improntare le nostre scelte, le nostre riflessioni, e al cui interno si inserisce anche il problema della localizzazione: il primo snodo riguarda l'evoluzione che stiamo verificando a livello europeo; il secondo fa riferimento alla riforma delle Authority e il terzo, ripeto, a cascata, riguarda le scelte organizzative che la Consob, in quanto Authority, deve fare.
A livello europeo, in questo momento - è inutile che lo ricordi espressamente in questa sede, vi faccio un breve cenno - si stanno ridiscutendo gli assetti perché si vanno ricomponendo gli equilibri, si stanno riscrivendo le norme, si stabiliscono nuovi rapporti di forza tra le diverse autorità e tra i diversi Paesi. La crisi ha sollecitato la necessità di affrontare il problema delle regole e delle prassi di vigilanza non in modo isolato, che consentiva arbitraggi normativi e regolamentari nei vari Paesi in Europa, ma l'idea era ed è tuttora quella che affrontare in modo sistematico tutti quanti insieme le problematiche che si possono annidare nei mercati, lavorare insieme in modo coordinato e condiviso sia l'unica garanzia per prevenire possibili deviazioni di tipo sistemico o crisi sistemiche. Il disegno è condiviso, fatto di regole comuni, di presìdi di vigilanza allineati e coerenti.
Dei due tipi di interazioni su cui si sta lavorando a livello europeo, il primo è tra autorità di settore: per la prima volta l'orizzontalità dell'approccio viene eletta a livello europeo come necessità di parlare tra operatori presenti in settori diversi. Se pensiamo al problema della tutela e del risparmio, è molto evidente il perché di questo orientamento: se consideriamo, infatti, che la crisi finanziaria ha mostrato che nel portafoglio dei piccoli investitori sono finiti indistintamente prodotti bancari, fondi o prodotti assicurativi, questa è la
chiara indicazione che la fungibilità di questi strumenti all'interno dei portafogli di investimento non può garantire adeguate tutele se le regole sottostanti ai diversi settori non sono omogenee, condivise e trasversali. Questo ha portato a livello europeo a immaginare che la nuova Autorità nasca dal contributo di tre Autorità di settore, quella delle assicurazioni, quella delle banche e quella dei mercati. A questo tipo di trasversalità tra le Autorità se ne aggiunge un'altra molto importante e significativa: quella che deve valere tra tutti i Paesi dell'Unione. Quello che viene deciso è, quindi, il più possibile vincolante per inquadrare i comportamenti di tutti gli operatori nazionali.
Si tratta di un itinerario molto complicato, si annuncia un processo molto complesso, lungo, difficile che deve essere ben presidiato a livello nazionale. Da questo punto di vista, lo stiamo presidiando al meglio e faccio riferimento, in particolare, a quello che noi come Consob stiamo facendo a livello europeo, credo, con una qualche soddisfazione, che non è personale ma è il merito dell'istituzione che in questo momento presiedo: c'è, infatti, una grande stima e una grande fiducia in quello che la Consob ha prodotto, sta producendo ed è in grado di produrre a livello europeo.
L'ultima testimonianza è che sembra che venga affidato al gruppo guidato dalla Consob la definizione delle prossime regole che dovranno regolamentare tutto il mondo degli investimenti alternativi, sto parlando degli edge fund e del private equity, ovvero la direttiva che ancora manca, il buco importante nella regolamentazione, il luogo dove gran parte del sistema bancario ombra, come viene definito nel gergo, si annida. Credo che sia bello poter dire che un'istituzione italiana è stata indicata ancora una volta a livello europeo come quella capace di portare avanti questa difficile elaborazione.
È un ruolo apprezzato e riconosciuto; però a livello europeo in questo momento, proprio per la consapevolezza che l'itinerario che abbiamo di fronte non è né facile né breve, si stanno cercando compagni di viaggio affidabili che siano supportati da un forte segnale dagli esecutivi dei rispettivi Paesi.
Con riferimento al profilo ora esposto, cosa deve fare il nostro Paese? L'ho collocato in testa alle priorità: credo che sia importante cercare di cancellare o attenuare la percezione che l'attenzione che il nostro Paese sta prestando in questo momento alle problematiche che riguardano i mercati finanziari sia adeguata alle sfide che ci stanno aspettando. Ci sono scelte che riguardano il nostro Paese che in Europa in questo momento si capiscono con una qualche difficoltà.
Il confronto si gioca molto più che in passato, come dicevo prima, su un approccio orizzontale: è importante cogliere le contaminazioni che ci sono tra le possibili finalità e tra i possibili operatori. Per dare efficacia a questo tipo di esigenza, che è ormai una scelta fatta a livello europeo, è indispensabile che la trasversalità si verifichi anche tra le diverse autorità nazionali.
A tale proposito devo dire che si sta già in parte facendo il lavoro che riguarda le Autorità: Consob ha già dei protocolli di coordinamento con Banca d'Italia, analoghe iniziative sono in corso o sono in fase di avvio con l'ISVAP. Si tratta di un approccio coerente con gli orientamenti che si stanno delineando a livello europeo. La mia chiara percezione è che queste attività spontanee non siano nel momento attuale sufficienti a causa.
E vengo al secondo snodo che in questo momento dovrebbe rientrare tra le priorità anche della politica, oltre all'attenzione per le problematiche internazionali, quello cioè della riforma delle authority. Se ne sta parlando da tantissimo tempo, anche tra gli addetti ai lavori, quindi non solo sul piano politico come esigenza di tagliare rami secchi o eliminare le inefficienze, senza che ci siano esiti significativi.
L'Europa ci sta ponendo una sfida più alta con riferimento alla riforma delle authority: non basta accorpare, bisogna ridisegnare e riscrivere i contenuti, le deleghe, lavorare su nuove esigenze che la crisi ha posto alla nostra attenzione, ovvero
nuove tutele ed emergenze, come la tutela del risparmio, quella degli azionisti di minoranza. Oltre al problema dell'efficienza c'è, però, anche un problema di efficacia, la quale non può che declinarsi in termini di copertura.
Il secondo snodo da affrontare, quindi, è una più chiara ridefinizione dei compiti e dei ruoli delle diverse autorità per capire cosa è meglio accorpare e a chi per fare in modo che non ci siano costi eccessivi da sovrapposizione, quindi inefficienze e costi per il mercato, lasciando magari parallelamente scoperte aree importanti che di fatto non vengano presidiate. Vanno ridefiniti i parametri, le interazioni, vanno riscritte le regole del gioco a livello nazionale e non possiamo farlo se non in coerenza con quanto sta succedendo a livello europeo.
È una riflessione che va affrontata e non è stato fatto ancora in modo sistematico. Parlavo delle rilevanti iniziative avviate con Banca d'Italia e con Isvap, aggiungo il Comitato di stabilità finanziaria, ma ciò non è sufficiente perché gli operatori che stanno sul mercato vogliono anche ridurre al minimo i costi, vogliono che vengano eliminati i vuoti regolamentari, che quello delle authority sia un assetto in cui a livello nazionale si giochi più una staffetta che non una corsa in linea ciascuno per sé senza guardare cosa accade nel palazzo accanto.
La crisi ci ha reso, credo, in termini molto chiari la necessità di gestire anche una potenziale tensione tra obiettivi e finalità diversi - problema della stabilità, problema della trasparenza - quindi è assolutamente fondamentale che il dialogo con le principali istituzioni nazionali e di governo dell'economia si giovi di una presenza fisica sullo stesso territorio che assicuri elasticità, tempestività agli incontri, ai contatti, allo scambio di informazioni e di documenti. Faccio riferimento a ciò perché mi risulta difficile in questo contesto immaginare come non si possa pensare che rimangano anche dei presìdi laddove esistono altre istituzioni con le quali è indispensabile interagire perché l'efficacia del processo nel suo complesso sia garantito.
Per tutte queste ragioni la Consob a mio avviso deve mantenere strutture organizzative flessibili e aperte: flessibilità ed apertura che la Consob ha dimostrato in tutti questi anni, da quando si è trasformata da somma di commissari di borsa a una entità che ha sulla piazza di Milano presìdi ritenuti più adatti e più efficaci per presidiare le connotazioni della piazza finanziaria milanese.
Questo ci porta al terzo snodo, che non può che essere conseguenza dei precedenti: alla luce di quanto detto come va ripensato l'assetto organizzativo della Consob? Noi abbiamo avviato una riflessione abbastanza approfondita negli ultimi due anni in cui sono stati passati in rassegna i vari profili della necessità di ridefinire e ripensare all'assetto organizzativo della nostra istituzione. Il contesto era quello che potete immaginare: l'efficienza del sistema informatico e la valorizzazione delle risorse umane. Il vero capitale di un'authority sono, infatti, le risorse su cui può contare, un misto di competenze tecniche e di dedizione a un lavoro che è di servizio all'interno di un Paese. Questo è uno spirito che io ho ritrovato molto presente e molto diffuso nei colleghi che lavorano in Consob.
La Commissione, al momento attuale, non è in numero tale da consentire di affrontare ridisegni di tipo organizzativo - non rientra nelle autonomie di un collegio imperfetto come il nostro - ma è chiaro che tutta la riflessione su queste problematiche non può che essere, a mio avviso, ragionata in termini di efficienza e di efficacia, e quindi valorizzazione del patrimonio umano, soluzioni organizzative e informatiche efficienti. Questo lo dico perché per le sempre più frequenti connessioni e interazioni con quanto verrà deciso a livello europeo - il collegio delle autorità europee avrà poi delle presenze coerenti a livello nazionale - non potremo che puntare su risorse sempre più qualificate, su
sistemi informatici sempre più efficienti, il problema sarà quello di trasferire informazioni da un Paese all'altro.
Ora, è chiaro che in questo contesto anche la location è un pezzo delle scelte organizzative che si può affrontare; può, tuttavia, avvenire, a mio avviso, coerentemente solo a valle di una riflessione che deve partire da una consapevolezza che lo spazio geografico all'interno del quale ci muoviamo è cambiato e sta cambiando, che le esigenze in via di definizione sono cambiate e stanno tuttora cambiando, ed è chiaro che tutto questo cambiamento in corso mal si presta a soluzioni che tolgano flessibilità e capacità di adattamento. Senza conoscere il contesto il cambiamento organizzativo rischia sempre di essere un passo con un alto rischio di «fallimento».
Veniamo al punto conclusivo di questa mia breve introduzione: l'ipotesi di trasferimento. Darò come sfondo la rappresentazione estrema di un trasferimento a Milano solo per capirsi. Attualmente la Consob è presente su due sedi, Milano e Roma, dove ha risorse dedicate a compiti di vigilanza sostanzialmente analoghi in termini numerici: il presidio è uguale, Roma dispone di più risorse in questo momento perché ci sono delle funzioni trasversali, le attività strumentali, diverso è se si guarda chi sta sul mercato.
Le attività di vigilanza hanno, dunque, sostanzialmente lo stesso numero di risorse sulle due sedi. Tengo a dire, proprio per quello che ho detto fino a questo punto, che non è un assetto che noi stessi consideriamo dato all'infinito, ma un assetto sul quale noi stessi stiamo ragionando per rendere più efficace e più fisiologico il posizionamento tra Milano e Roma delle nostre risorse in funzione di quello che il mercato e le esigenze di presidio ci chiedano. Devo dire a questo punto che non si può prescindere, quando si pone, come provocatoriamente viene fatto - ripeto che è una provocazione molto utile questa perché aiuta a riflettere - il tema di uno spostamento, da una scelta in cui si mettano, da un lato, i benefici e, da un lato, i costi: stiamo ragionando su una soluzione organizzativa che abbia un impatto anche sulla modalità con la quale le nostre funzioni si possono dispiegare sul territorio.
La valutazione dei benefici in questo momento è particolarmente difficile, è molto incerta e complicata, non saprei come e in che direzione spingermi per quantificarli. Attualmente esiste già una copertura efficiente ed efficace per quanto mi riguarda, al di là degli aggiustamenti che si possono comunque fare al margine. Tuttavia, in questo contesto multipolare, in cui abbiamo la Borsa a Londra, le regole che vengono scritte dalla Commissione a Bruxelles, un'authority posizionata a Parigi, un'altra lo sarà a Francoforte, un'altra a Londra, mi chiedo se la priorità sia ragionare su un riposizionamento come quello che ci stiamo ponendo in questo momento. Pur rendendomi conto che si tratta di una rappresentazione un po' distorta, un po' zoppa, mi scuso, ma non sono in grado di vedere i benefici, e quindi non sono neanche in grado di quantificarli.
Sul versante dei costi avete già sentito altre voci e non vorrei annoiarvi con una descrizione pedante dei costi diretti e dei costi indiretti: ci sono, si sa che ci sono, se ci si sposta bisogna spostare le persone, pensare a nuove location, a un nuovo sistema informatico. Le stime non sono un problema, ma forse non è neanche un problema il costo totale. Il problema vero che mi permetto di segnalare, forse, come unico elemento di riflessione aggiuntiva è che sussiste un aspetto che normalmente non viene valutato con l'adeguata attenzione: prima dicevo che le risorse umane sono il vero capitale su cui può contare una istituzione come la nostra, ed è un capitale per la specificità delle competenze e per la dedizione delle persone che ci lavorano, è un capitale che normalmente non si trova facilmente sul mercato perché ha delle capacità squisitamente tecniche, con una specifica sensibilità
istituzionale, una specifica conoscenza delle norme e una specifica capacità di restare allineati con quanto in tema di norme si sta producendo a livello europeo.
Vi garantisco che questo è un lavoro a tempo pieno e solo maturando nel tempo l'evoluzione delle normative si riesce ad avere una chiara percezione di quali sono i contenuti e le sfide contenuti in questa trasformazione. Se dovessimo, quindi, fare adesso un esercizio di trasferimento immediato, il primo problema da porsi dovrebbe essere quello non tanto dei costi per accompagnare le persone da Roma a Milano, quanto di quello che questo trasferimento possa avere delle vischiosità. Come succede normalmente, questo non solo capita per le authority, ma per qualsiasi altra istituzione che si delocalizza: normalmente le risorse che possono, cercano di riposizionarsi sul proprio luogo di origine. La valutazione che abbiamo fatto è un tentativo di stima e in quanto tale si presta a qualsiasi affinamento.
Abbiamo cercato di valutare in base alle caratteristiche delle persone che compongono l'organico della Consob in questo momento, chi è più vischioso al cambiamento, incrociando questa informazione con quella di chi ha più facilità a trovare un posizionamento sulla piazza dalla quale proviene. Le nostre valutazioni ci portano a ritenere che tale rischio potrebbe esistere per un 50 per cento delle risorse attualmente posizionate su Roma. Se apriamo queste risorse in base all'esperienza accumulata nel tempo, quindi per seniority, per competenze portate, vediamo che una metà ha un alto tasso di professionalità incorporata: si tratta normalmente di quelli più bravi, che potrebbero avere maggiore facilità di riposizionamento nel pubblico o nel privato sul territorio. Questo di per sé potrebbe non essere un problema, sennonché lascerebbe scoperta una fetta significativa di dimensionamento che non
potrebbe trovare sul mercato un'adeguata sostituzione se non mettendo in conto un numero piuttosto lungo di anni di formazione o prossimi alla formazione che quelli che potrebbero decidere di lasciarci dovrebbero acquisire nel tempo. Si tratta, quindi, di una vischiosità che si somma con la difficoltà di reperire queste risorse.
Vorrei segnalare un altro dato - in realtà non sto fornendo dati, che troverete nella nota scritta che abbiamo consegnato alla presidenza e che stiamo raccogliendo anche per il ministero per far sì che in sede informativa siamo il più rigorosi possibile al di là di quello che si può dire in queste sedi in modo molto informale e qualitativo - non stiamo parlando di un posto qualsiasi, ma della piazza milanese. La vischiosità, quindi, va valutata come ho detto fino a ora. Credo sia doveroso prendere in considerazione il fatto che quella milanese è una piazza particolarmente «difficile» per il personale Consob: se guardiamo i concorsi banditi per posti dedicati a Milano su Milano e dedicati a Roma su Roma, il tasso di adesione ai concorsi è molto più basso sulla piazza milanese, molto competitiva. Abbiamo ottime università, persone di valore, ma queste persone trovano nel mercato del lavoro
che offre Milano soluzioni molto più competitive rispetto a quelle che noi siamo in grado di offrire in questo momento. Possiamo riscontrare la stessa cosa rovesciando il ragionamento e osservando come, una volta che si entra in Consob, si acquisiscano informazioni specifiche, particolarmente appetibili per l'industria - la conoscenza delle regole in questo momento non è secondaria per un intermediario per essere presente in modo efficace nel proprio settore - ebbene, se guardiamo i tassi di abbandono sulla piazza di Roma e sulla piazza di Milano, gli abbandoni sulla piazza di Milano sono molto più significativi rispetto a quelli riscontrati sulla piazza romana.
Il discorso, quindi, del posizionamento o riposizionamento può e deve, a mio avviso, essere preso in considerazione con la dovuta attenzione che qualsiasi proposta di questo genere richiede: bisogna innanzitutto sciogliere il nodo della nostra presenza in Europa con l'evoluzione che vi si sta verificando; in secondo luogo - e questa è la seconda priorità - bisogna rimettere mano finalmente al problema della riforma delle authority andando al di là
della pura efficienza da taglio dei rami secchi, per ridiscutere, invece, dall'interno i contenuti, i ruoli e i perimetri che devono in modo armonico coordinare il lavoro delle autorità. Questa non è la situazione che stiamo vivendo in questo momento.
Infine, in relazione alla discussione se l'autonomia organizzativa e la flessibilità che la Consob ha mostrato e utilizzato in questi anni siano strumenti, la mia valutazione - io sono entrato in Consob relativamente da poco - è che se ne leggo la storia dei cambiamenti non posso che sottolineare con enfasi il fatto che l'autonomia è stata bene utilizzata. La perfezione, ovviamente, non è di questo mondo e la nostra perfezione viene continuamente messa alla prova dalle sfide che il mercato ci sta ponendo specie in questo momento, in cui ci sono complessità in più, ma mi sembrerebbe veramente pericoloso togliere lo strumento della flessibilità mentre attorno sta cambiando assolutamente tutto.
È una valutazione che va fatta e che porta certamente a osservare come sia difficilmente praticabile nel breve periodo un progetto di questo genere non solo e non tanto per i costi, che esistono, sono importanti, ma per i quali si possono anche trovare delle soluzioni, quanto per la perdita delle risorse, che non è rimediabile nel breve. Rischieremmo, così, di imporre sì dei costi di trasferimento, per i quali si potrebbero trovare delle soluzioni diverse rispetto a quella di aumentare gli oneri imposti ai nostri vigilati, ma il rischio maggiore sarebbe di ridurre l'efficienza del servizio che prestiamo. Di Milano e Roma mi pare di aver parlato a sufficienza.
Vorrei lanciare un'ultima provocazione. Stiamo ragionando con questi fattori di contesto, con i risultati che abbiamo prodotto, con i problemi che il mondo e il mercato ci stanno ponendo nel momento attuale, con una struttura che funziona su due sedi e in un contesto in cui si sta gestendo l'allocazione delle risorse in modo proattivo e non reattivo né caratteriale in funzione della necessità di dare delle risposte; la nostra presenza a Milano si sta ampliando - oltre allo stabile abbiamo appena acquisito altri locali perché riteniamo di sviluppare ulteriormente la nostra presenza su quella sede - però credo che dietro tutto ci sia una scelta molto più significativa che altre autorità in Europa hanno fatto: non si possono fare le nozze con i fichi secchi, come si suole dire con brutta espressione, ma le autorità che sono costrette a confrontarsi per il loro posizionamento fisico nel centro delle piazze finanziarie dei
rispettivi Paesi hanno normalmente, a livello di politica di assunzioni e di retribuzioni, esattamente le stesse regole e le stesse condizioni di chi sta sul mercato.
Se si vuole avere un ruolo proattivo nell'azione di vigilanza non si può pensare di avere risorse meno capaci di quelle che stanno sul mercato; se sulla piazza finanziaria si va a cercare qualcuno capace quanto chi sta nell'industria e ha i guadagni dell'industria, vanno bene la dedizione, lo spirito di civil servant, però anche l'aspetto retributivo può fare la differenza. Questo, ad esempio, è il caso del Portogallo, di Londra, in cui c'è molta più flessibilità. Non sto certamente auspicando questo, da noi le cose vanno benissimo così come sono, questa è una mia valutazione. Consideriamo che non si può, con quello che accade a livello europeo, lasciare non presidiata la posizione su Roma per quelle grosse interazioni che ci verranno sempre più richieste. Sullo sfondo, se vogliamo ragionare per una sfida Paese, e credo che questo sia il posto giusto - la politica è una scelta
di valori - in Europa si sta combattendo non soltanto una battaglia per come presidiare i sistemi delle authority, ma anche tra mercati e tra ruoli dell'industria e dei servizi di investimento.
Noi siamo la miniera del risparmio in Europa: se non vogliamo correre il rischio di perdere il primato o di non stare almeno al pari degli altri con riferimento alla nostra capacità di presidiare questo patrimonio e la nostra industria dei servizi di investimento, la nostra industria finanziaria,
che è una delle condizioni indispensabili anche per garantire la crescita, allora diventa anche difficile e sterile ragionare sulle autorità. Le autorità funzionano e hanno un obiettivo nella misura in cui esiste una piazza finanziaria funzionale a un disegno Paese.
Mi scuserete, se sono andato forse un po' fuori tema, ma mi sembra che ciò che ho detto rientri tra le priorità.
PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
SALVATORE VASSALLO. Ringrazio il dottor Conti per la esposizione molto chiara, ampia e certamente utile ai nostri fini anche per le notazioni che ci inducono a riflettere sulla eventualità di irrigidire la definizione della sede, di trasferirla a Milano.
Mi sembra di capire che gli argomenti principali su cui dovremo riflettere sono la prospettiva di una nuova regolazione europea delle authority, che ci consiglia una certa flessibilità, oltre, naturalmente, a una valutazione dei costi di trasferimento. Si tratta di una notazione forse non irrilevante date le finalità che tale trasferimento dovrebbe avere riguardo ai problemi collegati alla dinamica del mercato del lavoro lombarda, milanese e romana.
Chiederei solo un paio di specificazioni riguardo al tipo di interazioni con soggetti esterni che oggi sono più frequenti: vorrei, cioè, capire se le interazioni con i soggetti esterni sono principalmente dislocate a Milano o a Roma e quale di queste due sedi sia preferibile dal punto di vista delle relazioni con gli emittenti, gli intermediari e gli organi istituzionali, ossia se può fornirci una percentuale dell'intensità delle interazioni con questi diversi soggetti nella sede romana e milanese.
Mi scuso per essere così minuzioso, ma chiederei un ulteriore chiarimento sull'attuale dislocazione delle risorse di personale perché ci sono passaggi della nota scritta che è stata distribuita che non mi sono del tutto chiari: nel paragrafo intitolato «La sede di Milano oggi», si afferma che l'articolazione tra le due sedi ha raggiunto, per i compiti di vigilanza, un rapporto di quasi uno a uno, poi si dice che il totale del personale della sede di Milano è numericamente un terzo di quello della sede di Roma; subito dopo, nello stesso paragrafo, si afferma che il rapporto tra il personale operativo nelle divisioni di vigilanza presente a Milano rispetto a quello presente a Roma è di 126/148, quindi sembrerebbe che il rapporto dal punto di vista del personale di vigilanza sia molto più sbilanciato su Milano, cioè sarebbero 126 contro 22, non di uno a uno, a meno che 126 non sia 126 a 148.
VITTORIO CONTI, Presidente vicario della Commissione nazionale per la società e la borsa. Sì, è 148 a Roma, 126 a Milano.
SALVATORE VASSALLO. Infine, si dice, ma questo è marginale, che la sede di Milano «si qualifica per essere un centro di pura vigilanza dove opera oltre un quarto del personale dell'istituto»: qui non si capisce se il personale complessivo, quindi, è oltre un quarto quello di Milano o un terzo, come si dice nel capoverso immediatamente precedente.
Al di là di queste specificazioni, il quesito più rilevante che pongo è naturalmente quello sulle interazioni con i soggetti esterni.
BEATRICE LORENZIN. Intervengo a nome del gruppo del PdL per ringraziare il dottor Conti della sua relazione che è andata anche oltre quelle che erano probabilmente le nostre intenzioni fornendo un'analisi molto chiara che ci ha permesso anche di avere uno spaccato di approfondimento sull'agenda in corso in Europa sulla riforma delle autorità vigilanti di garanzia nel sistema finanziario. Credo,
quindi, che sia stata un'opportunità estremamente importante e sicuramente il contributo del dottor Conti ci aiuterà a maturare una decisione estremamente consapevole e precisa.
PRESIDENTE. Do la parola al dottor Conti per una breve replica.
VITTORIO CONTI, Presidente vicario della Commissione nazionale per la società e la borsa. Farei innanzitutto una distinzione tra i soggetti vigilati e le altre autorità di vigilanza perché il discorso di Roma si giustifica in gran parte con la necessità di interagire con le altre autorità di vigilanza e con le istituzioni.
Segnalo che questa è un'esigenza percepita in tutti i Paesi europei: grazie all'opportunità che ho avuto in questi ultimi tempi di seguire dall'interno l'attività di gruppi internazionali in rappresentanza della Consob, ho visto che la presenza degli Esecutivi è molto vicina ai discorsi che i responsabili delle authority fanno in sede europea. Questo, ci terrei a precisarlo, non è l'effetto di condizionamenti che la politica dei diversi Paesi ha sul modo di rapportarsi delle autorità: il fatto è che in Europa si sta tentando un esercizio molto complicato, quello di livellare le norme avendo un terreno di gioco non livellato perché le prassi operative sono diverse, le leggi sono diverse, e quindi spesso in quelle sedi la visione nazionale riflette le diverse caratterizzazioni che ci sono in Europa. Questo dà non solo alle autorità, ma anche ai politici dei diversi Paesi una precisa
responsabilità di traghettare i loro Paesi verso la «normalità» europea.
Fatta questa precisazione, con riferimento ai soggetti vigilati, devo dire che quella che si è formata nel tempo è una specializzazione per materia. Ormai, riguardo al discorso della vigilanza sulla Borsa, essendo la Borsa un fatto ormai di natura telematica, i sistemi informatici non richiedono alcuna presenza fisica in un posto o nell'altro. Per tutta la grossa attività sui prospetti che noi abbiamo, che segue gli emittenti, si stanno utilizzando e perfezionando dei sistemi di trasmissione della documentazione per via telematica dagli emittenti, e quindi anche questa parte non richiede necessariamente una presenza fisica. Forse l'attività di interlocuzione è più fitta con riferimento agli operatori che stanno sui mercati finanziari.
In questi casi le modalità con le quali viene esplicata l'attività di vigilanza dovrebbero passare sempre di più da attività di tipo reattivo a attività di tipo proattivo, laddove per «reattivo» intendo che si rilevano le violazioni e partono i procedimenti sanzionatori a carico degli intermediari, per «proattivo» che c'è la necessità di interagire per scrivere delle norme migliori e confrontarsi e aiutare l'industria a interpretarle. Se, però, si prescinde da questa connotazione, non vedo una grande differenza legata alla necessità di una presenza fisica su una piazza o su un'altra. È chiaro che la piazza finanziaria milanese per sua natura e per sua istituzione ha una più alta concentrazione di operatori che si occupano e che ruotano nel mondo di intermediazione finanziaria e dei mercati. Non a caso lì si è stabilita la nostra unità che segue
gli intermediari. A Milano abbiamo anche il corpo ispettivo, ma gli ispettori sono un po' dei girovaghi, vanno dove c'è l'esigenza, e quindi il fatto che siano localizzati in un posto o nell'altro non fa una grande differenza.
Abbiamo collocato a Milano tutta l'attività che segue gli abusi di mercato perché lì ci sono i mercati, lì c'è il monitoraggio, lì ci sono anche delle consuetudini tuttora di interazione con gli uffici della Borsa che sono ancora sulla piazza milanese.
Relativamente al discorso dei numeri: può darsi che ci sia nella nota scritta qualche imperfezione. Il punto è che nei numeri si ragiona su quelli che riguardano il trasferimento e normalmente lasciamo fuori il personale a contratto: su un totale di 432 collaboratori che lavorano presso Roma, 43 sono a contratto e 389 in ruolo,
quindi può darsi che giocando su questi due tipi di rappresentazione possa essere sfuggita quella differenza.
In ogni caso - lo dico in generale, ci sono alcuni numeri nella nota scritta, ma sono puramente indicativi - se la Commissione ha bisogno di approfondimenti più precisi, ovviamente siamo a disposizione. Stiamo raccogliendo sistematicamente il materiale per il Ministero dell'economia: credo che sia finalizzato allo stesso tipo di analisi che la Commissione sta conducendo.
PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Conti e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 13,15.