Sulla pubblicità dei lavori:
Bruno Donato, Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULL'INFORMATIZZAZIONE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI
Audizione di Alfonso Fuggetta, professore ordinario di Sistemi di elaborazione delle informazioni presso il Politecnico di Milano:
Bruno Donato, Presidente ... 3 6 8
Calderisi Giuseppe (PdL) ... 7
Fuggetta Alfonso, Professore ordinario di Sistemi di elaborazione delle informazioni presso il Politecnico di Milano ... 3 7
Volpi Raffaele (LNP) ... 7
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 14,30.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna, sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'informatizzazione delle pubbliche amministrazioni, l'audizione del professor Alfonso Fuggetta, ordinario di Sistemi di elaborazione delle informazioni presso il Politecnico di Milano.
Do la parola al professor Fuggetta per lo svolgimento della relazione.
ALFONSO FUGGETTA, Professore ordinario di Sistemi di elaborazione delle informazioni presso il Politecnico di Milano. Grazie presidente. Ho preparato alcune slide, per fornire una traccia della relazione che farò e anche per mostrarvi qualche piccolo esempio dei problemi che si incontrano oggi nell'e-government in Italia. Tengo a precisare che in questo lavoro ho coinvolto alcuni miei colleghi del CEFRIEL (Center of Excellence for Research, Innovation, Education and Industrial Labs Partnership), che io dirigo presso il Politecnico, e soprattutto un caro amico e collega, il professor Sandro Osnaghi di Pavia, che è stato il principale collaboratore del Ministro Bassanini come responsabile dell'e-government una decina d'anni fa.
La domanda da cui ovviamente si parte sempre nel fare questa analisi è la seguente: «Stiamo usando correttamente l'ICT (Information and communication technology) per sostenere lo sforzo di miglioramento della Pubblica Amministrazione?» La risposta è molto semplice: solo in minima parte. Cercherò di essere molto sintetico e schematico, anche per proporvi qualche elemento di riflessione. Secondo il dato dell'ultimo rapporto delle Nazioni Unite, siamo abbastanza in fondo nella classifica. Occorre domandarsi se le ragioni di questo dato sono rintracciabili nel fatto che spendiamo poco in tecnologie. Sicuramente, il nostro Paese non investe molto in tecnologie, però per una volta non vorrei porre l'accento su questo e posso affermare che certamente non spendiamo molto, ma nemmeno poco. Nel corso degli anni sono state messe a disposizione una serie di risorse, che non sono proprio enormi, ma neppure trascurabili.
Dunque, qual è il problema primario? Ebbene, il nostro principale problema è che spendiamo male le risorse a disposizione. Vorrei mostrarvi qualche esempio, per darvi un'idea. Probabilmente, alcune cose sono già di vostra conoscenza, ma provo a ricordarle per poi proporvi qualche suggestione su quello che, in base alla mia esperienza, ritengo si potrebbe fare.
Molte volte accade che il mondo fisico venga replicato su internet. In altre parole, i comuni, le regioni, le province, le associazioni e gli enti pubblici trasmigrano su internet così come sono.
Consideriamo un esempio concreto. Siccome le regioni, le province, i comuni e il ministero stesso a diversi livelli si occupano di incontro tra la domanda e l'offerta di lavoro, al momento di approcciare Internet ciascuno di questi enti ha creato il proprio sito. Quindi, abbiamo decine se non centinaia di «mezzi» siti dedicati alla domanda e all'offerta di lavoro, quando ne basterebbe uno perché su internet non esiste il concetto di geografia. Faccio un esempio: se una persona abita a Stradella, che è un bel comune vicino ai confini di Piemonte, Lombardia ed Emilia Romagna, non è interessata a cercare lavoro in una determinata provincia, piuttosto va alla ricerca di un certo tipo di lavoro che sia possibilmente a mezz'ora o un'ora di distanza da casa sua. Che poi il lavoro si trovi in una specifica provincia non interessa affatto.
Invece, in Italia noi abbiamo creato dei siti di incontro tra domanda e offerta di lavoro basati sulle province o in molti casi sulle regioni. Uno soltanto di questi siti sarebbe sufficiente, mentre noi ne abbiamo creati tantissimi, ciascuno con un suo costo e dei quali solo pochi funzionano.
Passiamo ad un altro esempio. Consideriamo la nascita di un bambino e chiediamoci quali sono le cose alle quali un genitore deve pensare. Innanzitutto, occorre registrare il bambino al punto nascita, provvedere alla registrazione in anagrafe presso il comune, richiedere all'Ufficio delle entrate il codice fiscale e infine fare richiesta alla ASL per l'assegnazione di un pediatra.
Ebbene, usando l'ICT - c'è già una sperimentazione in corso e si chiama ICARO - è sufficiente recarsi tipicamente al punto nascita e fornire i dati una volta sola: questi vengono poi trasmessi in automatico a tutti gli altri livelli dell'amministrazione. Tuttavia, si tratta una sperimentazione, perché nella realtà non esiste un servizio di questo tipo.
Parliamo ora del sistema sanitario nazionale. Un mio collega lombardo era in Sardegna ed ha dovuto pagare un medicinale perché non era residente in Sardegna. Notate bene che i soldi sono stanziati dallo stesso ente, il Ministero dell'economia. Tuttavia, non essendo sardo il mio collega ha dovuto pagare, perché non era possibile verificare la sua residenza utilizzando il sistema informativo sardo. La moglie di un altro mio collega, malata terminale di tumore, è domiciliata a Milano ma ha la residenza vicino Bergamo, e quindi si è dovuta recare a Bergamo per la pratica di assegnazione di una carrozzina, che è stata fornita da un'azienda vicino Bergamo e poi trasportata a Milano dal mio collega. Questo accade perché tutto si basa sulla residenza, ma siamo nel 2009 e io non capisco il significato e l'importanza del concetto di residenza, dal momento che tutti ci spostiamo continuamente.
Un altro esempio: si tratta di due multe comminate a una stessa auto a distanza di dieci giorni. Occorre notare un particolare interessante. Una multa è stata presa in Francia ed è stata spedita a Cisano Bergamasco, dove effettivamente risiede il proprietario del veicolo. L'altra multa è stata presa una settimana dopo a Milano ed è stata spedita a Burolo, in provincia di Torino, dove l'automobilista risiedeva un anno e mezzo prima. Ciò accade semplicemente perché ciascuno crea i propri archivi di dati, replicando le informazioni e poi, a seconda di quale archivio si usa, se si è fortunati si riceve l'informazione corretta, altrimenti no.
Noi abbiamo replicato dati ovunque. Qualunque amministrazione si ricostruisce il proprio archivio dati. In realtà, mediante Internet possiamo andare a prendere un dato in qualunque punto del mondo: basterebbe che ciascun titolare dell'informazione - ed è uno solo, che sia al centro o in periferia non importa, ma è sempre uno solo - la rendesse disponibile agli altri, i quali dovrebbero usarla senza
replicarla. Questo è un principio base di internet, eppure non lo mettiamo in pratica.
Dato il breve tempo a disposizione, cerco di arrivare velocemente a qualche piccola proposta. Dunque, chiediamoci quali sono alcuni dei problemi che si incontrano. Ebbene, noi duplichiamo dati dappertutto: chiunque si fa i suoi archivi quando invece bisognerebbe che l'informazione venisse mantenuta solo e soltanto dall'amministrazione che ne è titolare e che è in grado di certificarne la qualità. I dati anagrafici del comune devono stare solo nei comuni e lo stesso deve valere ad esempio per i dati relativi alle automobili. Non bisogna copiare i dati anagrafici ma solo farvi riferimento, ovunque essi risiedano.
Internet serve proprio a questo, a cancellare le distanze e a rendere possibile il reperimento dei dati lì dove si trovano. Questa sarebbe già una prima rivoluzione copernicana, ovvero non bisogna duplicare i dati e ciascuna amministrazione deve essere responsabile sia della loro qualità sia del fatto che vengano messi effettivamente a disposizione di tutte le altre strutture o enti che hanno diritto ad accedervi.
Il vero problema è che nella gestione dell'e-government non si può assolutamente pensare che ciascuno vada per conto proprio. Non faccio discorsi politici e non voglio entrare in questioni che non mi competono. Parlo di questi aspetti dal punto di vista economico, tecnico e strategico. Ebbene, da questi tre punti di vista è impossibile che la gestione dello sviluppo dell'e-government avvenga con tanti enti che procedono in ordine sparso. Allora, di cosa abbiamo bisogno? In Egitto, ad esempio, c'è una struttura centrale autorevole che è capace di fare una progettazione dei sistemi e definire gli standard e quelle parti comuni che devono valere per tutte le amministrazioni. I soldi vengono poi distribuiti alle singole amministrazioni, perché facciano i sistemi conformemente alle specifiche, ma soltanto se il sistema alla fine effettivamente rispetta questi vincoli. Ciò consente sì di avere
un'esecuzione distribuita, ma a fronte di una progettazione e di una sistematicità definite a priori in modo univoco, e non in maniera arbitraria da ciascuno.
Peraltro, la Costituzione e il Codice delle amministrazioni digitali prevedono esattamente questo. Quindi ciò è affermato addirittura dalla Carta costituzionale e non soltanto da leggi dello Stato. Io ho fatto parte della Commissione e-government, quando era ministro l'onorevole Lucio Stanca. I soldi non devono essere distribuiti a pioggia alle aziende e soprattutto bisogna pensare ad elargire finanziamenti in funzione della capacità che i sistemi hanno di integrarsi con gli altri. Faccio un'osservazione molto semplice. Tipicamente, le amministrazioni pensano a fare quelle operazioni che servono all'amministrazione stessa o ad interagire con i propri utenti. Mettere un servizio su internet per rispondere ad una richiesta di un'altra amministrazione non è qualcosa che per l'amministrazione ha un ritorno immediato, ma rappresenta solo un costo o quanto meno dalla singola amministrazione viene visto come un costo.
Bene, questi rappresentano quel genere di investimenti che dovrebbero essere previsti, ad esempio, a livello centrale. In altri termini, il livello centrale dovrebbe fornire le risorse e garantire quelle attività che sono necessarie all'amministrazione per interagire non tanto con i propri clienti - e quindi con coloro ai quali deve rispondere del proprio operato - ma con le altre amministrazioni per favorire la creazione del sistema. Quindi, bisogna incentivare in qualche modo le amministrazioni a non pensare di realizzare un servizio che serva solo a se esse, ma ad operare in un ottica di rete.
Vorrei affrontare ora la questione della CIE (Carta di identità elettronica), delle varie carte e così via. Qui si pongono due tipi di problemi: uno riguarda la necessità di mettersi d'accordo una volta per tutte su quali possono essere i sistemi di credenziali, l'altro consiste nel capire che una carta, qualunque essa sia, è una credenziale, ovvero solo un sistema di identificazione. Non è la carta che fa i servizi. La
carta serve ad essere sicuri dell'identità della persona che in quel momento sta interagendo con il sistema. I servizi stanno nella rete, ed è essenziale che, a fronte delle credenziali emesse, si creino quei sistemi informatici distribuiti che poi vanno a controllare l'identità e che sono quelli utilizzati dalle applicazioni per erogare i servizi. Se questo non viene realizzato, non c'è collaborazione su rete e non ci sono servizi.
Devo dire che sono in corso dei progetti interessanti sui quali stiamo lavorando, come ICAR e altri progetti, che servono a creare questa circolarità nell'identificazione. Ciò è essenziale e si tratta di uno snodo inevitabile. Infatti, se la gestione dell'interazione del singolo col sistema non è portata avanti in maniera corretta o si vengono a creare una molteplicità di sistemi di identificazione oppure non si ha il sistema perché non si ha il servizio, dal momento che non siamo capaci di identificare chi abbiamo di fronte.
A me piace definire i piani di e-government in funzione di sfide visibili. Quando parlo di innovazione sono solito fare l'esempio del pendolino. Il pendolino è stato una dei progetti più belli realizzati in Italia, perché in quel caso un ente dello Stato, le Ferrovie, ha fatto una richiesta precisa, ovvero di un treno che andasse veloce su una linea convenzionale. È stata posta una sfida, e il risultato era chiaro ed evidente: o va veloce o non va veloce.
Le aziende si sono date da fare, e la FIAT ferroviaria ha creato un prodotto che oltre a rispondere ad un'esigenza - se ricordo bene Ancona-Roma è stato il primo tratto ad essere percorso ad alta velocità o ad una velocità superiore alla media, grazie al pendolino - ha abilitato le aziende ad essere competitive, visto che il pendolino lo abbiamo venduto in tutto il mondo.
In quel caso, si è partiti non dall'idea di realizzare grandi progetti, ma piuttosto dall'identificazione di un bisogno preciso, a fronte del quale è stato richiesto l'impegno delle imprese, avendo una committenza forte e una chiarezza di obiettivi.
A questo proposito, ho alcuni esempi di situazioni simili che sono già in corso. Ad esempio, in Lombardia si è deciso di non produrre più ricette cartacee. In questo modo, la regione ha risparmiato non so quanti milioni di euro in carta.
In più, capite bene che con la ricetta cartacea non c'è tracciabilità della spesa. Questo è un «piccolo» dettaglio, e voi sapete quanto vale la spesa farmaceutica in Italia.
Inoltre, pensiamo ai referti elettronici. In Lombardia sono già molto diffusi e non credo che lo siano altrettanto a livello nazionale.
Invece, si potrebbe decidere che i referti diventino per definizione elettronici, ovvero consultabili via internet. Bisognerebbe fare in modo da non produrre più referti cartacei. Naturalmente, nel caso della signora anziana è chiaro che le si garantisce il referto tradizionale, ma resta il fatto che se si ha il referto elettronico si può generare il cartaceo, al contrario se si ha solo il cartaceo non si può produrre quello elettronico. Pensiamo ai pagamenti: chiunque deve poter pagare in forma elettronica, poi è evidente che la signora anziana pagherà in contanti, ma se qualcuno vuole pagare in elettronico deve poterlo fare sempre e comunque. Questo ovviamente rappresenta un traino per l'offerta di servizi innovativi.
Inoltre, per ogni evento occorre un solo interlocutore. Ogni servizio essenziale deve essere fornito indipendentemente dalla residenza o dal domicilio del cittadino. Se una persona va spesso a Venezia, pur risiedendo in Lombardia. deve poter godere degli stessi servizi indipendentemente dal luogo di residenza. Naturalmente, questi sono degli stimoli, ma credo che siano dei punti di partenza sui quali poter impostare quello che si definisce un procurement intelligente, ovvero acquistare sul mercato ciò che effettivamente serve.
PRESIDENTE. Grazie, professore. Do la parola ai colleghi che vogliano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
GIUSEPPE CALDERISI. Questa impostazione indubbiamente presenta un grande fascino. Tuttavia, mi chiedo se e come si è pensato di evitare anche un grande rischio di tipo orwelliano. Mi riferisco alla possibilità che, alla fine, la vita di ciascuno diventi interamente tracciabile, con una fonte centralizzata in grado di sapere, ad esempio, quando una persona entra nel centro storico, a che ora usa la carta di credito in un ristorante o in un albergo, o ancora che malattie ha. Ebbene, come si fa ad evitare questo rischio?
ALFONSO FUGGETTA, Professore ordinario di Sistemi di elaborazione delle informazioni presso il Politecnico di Milano. È già così. Il problema non è tanto evitarlo...
GIUSEPPE CALDERISI. Il problema è proprio questo.
ALFONSO FUGGETTA, Professore ordinario di Sistemi di elaborazione delle informazioni presso il Politecnico di Milano. Oggi questo succede - esattamente come diceva lei - semplicemente perché le cose funzionano male e quindi abbiamo buttato via dei soldi. Semmai, io mi porrei il problema opposto, ovvero facciamole funzionare. In ogni caso, è evidente che devono esistere dei meccanismi che riducano il rischio che lei ha richiamato.
Bisogna dire che noi già viviamo in un mondo che ci traccia, perché la carta di credito la usiamo comunemente. Secondo me la vera questione è che, a fronte degli innumerevoli e incredibili vantaggi che la rete ha, ci sono anche dei rischi. Tuttavia, rientra nei compiti di una società matura identificare quei meccanismi che danno la possibilità di godere dei vantaggi spendendo bene i soldi. D'altra parte, credo che sia assolutamente possibile definire tutte quelle tutele e quei meccanismi di protezione che facciano sì che il cittadino sia tutelato.
Comunque, già oggi conviviamo con intercettazioni e via dicendo; dunque il problema, più che la paura, è quello di gestire bene la spesa e dare ai cittadini le opportunità che le ICT effettivamente possono offrire.
RAFFAELE VOLPI. Nel corso delle nostre audizioni abbiamo sentito molti attori che sono interessati a questo tema. Le rivolgo una domanda - e lei dovrà assumersi l'onere di dare una breve risposta - che riguarda tutto quello che penso rispetto a quanto ho sentito in questi mesi.
Lei ha esordito facendo un'analisi precisa - che ritengo assolutamente condivisibile - sulle diversità, sia di forma sia di organizzazione, dei sistemi che abbiamo a disposizione in questo momento. Troppe cose sono state fatte male, si sono buttati dei soldi.
Ho avuto la percezione che ci sia, rispetto a questa funzione importantissima, un grossissimo scollamento tra l'organizzazione dei sistemi dal punto di vista teorico e chi, invece, dovrebbe realizzarli dal punto di vista tecnico. Partendo dal presupposto che esiste un mercato, noi abbiamo posto alcune domande, ad esempio cercando di stimolare anche chi fornisce i sistemi a ragionare sull'unificazione dei protocolli, perché è chiaro che poi i sistemi devono potersi parlare. Ebbene, qual è il livello di conflittualità fra il sistema di mercato e la capacità di trovare una soluzione vera, per andare incontro ad un'esigenza organizzativa quale quella da lei proposta?
ALFONSO FUGGETTA, Professore ordinario di Sistemi di elaborazione delle informazioni presso il Politecnico di Milano. Voglio rispondere in maniera schietta. «Chi è che fa un buon venditore?» diceva il mio papà operaio. Il compratore. Dunque, il problema che noi oggi viviamo è che compriamo male. Se io compratore voglio andare a comprare un'auto, mi informo, verifico, guardo e confronto. Quando noi compriamo le ICT molte volte lo facciamo non dico a scatola chiusa, ma senza pensare a tutti i risvolti possibili. Ciò vuol dire che dobbiamo rafforzare molto le strutture che hanno il compito, nelle amministrazioni (nel
CNIPA, nel ministero), di progettare i sistemi e di definire i capitolati di gara e i meccanismi di pagamento. Poi è chiaro che essendoci le gare cercheremo coloro che sono capaci di realizzare al meglio i sistemi. Tuttavia, le imprese questi progetti sono capaci di farli, dunque non si tratta di fantascienza ma di tecnologie che sono già utilizzabili.
Il vero problema è che chi compra deve saper comprare bene, avendo ben chiaro qual è lo scenario, l'architettura, in che modo i vari sistemi si devono incastrare, ovvero cosa bisogna chiedere al fornitore e su che cosa il fornitore deve essere valutato per capire se adatto o meno a fornire la soluzione richiesta.
PRESIDENTE. Nel ringraziare il nostro ospite, dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 14,55.