Sulla pubblicità dei lavori:
Alessandri Angelo, Presidente ... 2
INDAGINE CONOSCITIVA SULLE POLITICHE PER LA TUTELA DEL TERRITORIO, LA DIFESA DEL SUOLO E IL CONTRASTO AGLI INCENDI BOSCHIVI
Seguito dell'audizione di rappresentanti delle Autorità di bacino di rilievo nazionale:
Alessandri Angelo, Presidente ... 2 11
Bratti Alessandro (PD) ... 10
Cesari Giorgio, Segretario generale dell'Autorità di bacino del fiume Tevere ... 2 5 10
Checcucci Gaia, Segretario generale dell'Autorità di bacino del fiume Arno ... 7
Corbelli Vera, Segretario generale dell'Autorità di bacino dei fiumi Liri-Garigliano e Volturno ... 4 6 9 10
Ginoble Tommaso (PD) ... 10
Nardi Raffaello, Segretario generale dell'Autorità di bacino del fiume Serchio ... 3 8
Nucara Francesco (Misto-LD-R) ... 2
Puma Francesco, Dirigente delegato dell'Autorità di bacino del fiume Po ... 5
Realacci Ermete (PD) ... 4
Zinzi Domenico (UdC) ... 9
ALLEGATO: Nota prodotta dai segretari generali delle Autorità di bacino di rilievo nazionale ... 12
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.
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Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 12,10.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche per la tutela del territorio, la difesa del suolo e il contrasto agli incendi boschivi, il seguito dell'audizione di rappresentanti delle Autorità di bacino di rilievo nazionale.
Ricordo che nella seduta del 5 febbraio scorso il segretario generale dell'autorità di bacino del fiume Arno aveva svolto la relazione ed erano rimaste in sospeso alcune domande da parte di colleghi della Commissione.
GIORGIO CESARI, Segretario generale dell'Autorità di bacino del fiume Tevere. Signor presidente, vorrei fare solo una precisazione. Se lei consente, vorremmo distribuire un ulteriore documento che abbiamo preparato, da allegare al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. Sta bene, ne dispongo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
FRANCESCO NUCARA. Signor presidente, purtroppo la volta scorsa non sono riuscito, per problemi di tempo, a completare le mie richieste di chiarimento, che considero necessarie prima che il Parlamento, alla fine dell'indagine conoscitiva, possa intervenire con iniziative parlamentari o con risoluzioni, a seconda delle conclusioni.
Nella precedente seduta avevo posto il problema del rapporto tra le Autorità di bacino, lo Stato e le regioni. Il tema della difesa del suolo è diventato più acuto in questo periodo, dal momento che il problema dell'assetto idrogeologico, che inizialmente ha riguardato la Calabria, si è poi allargato a tutta l'Italia.
Le Autorità di bacino, nella mia idea, nella legge n. 183 del 1989 avrebbero dovuto rappresentare l'elemento centrale della difesa del suolo e avrebbero dovuto garantire la gestione del territorio e delle acque.
Tuttavia, dalla lettura dei giornali - spero che mi correggerete se dico qualche inesattezza - mi pare che le Autorità di bacino siano emarginate in questo processo. In altre parole, vengono assunte delle decisioni senza che esse vengano, in alcun modo, coinvolte. Ciò, a mio avviso, costituisce un errore, perché nessuno meglio
delle Autorità di bacino conosce il territorio. Esse, infatti, hanno una visione complessiva, diversa da quella che può essere la visione del piccolo comune soggetto a un dissesto. In questo senso, vorrei avere dei chiarimenti.
Inoltre, quando nei territori di competenza delle Autorità di bacino vengono aperte delle cave, queste - domando ai tecnici - incidono sull'assetto idrogeologico oppure no? Io penso di sì, ma la risposta la chiedo a voi. Ebbene, se la mia risposta è corretta, ossia se è vero che l'apertura di cave di una certa consistenza incide sull'assetto idrogeologico dei territori da voi «governati», chi decide l'apertura di una cava? In genere è la regione a deciderlo, ma c'è un parere vincolante dell'Autorità di bacino? Questo, dunque, è un problema al quale dobbiamo porre rimedio.
Considerato, inoltre, che l'Autorità di bacino controlla sempre un territorio più vasto di quello comunale, qualche volta più vasto di quello provinciale e in alcuni casi - forse uno solo - più vasto del territorio regionale, vi chiedo: chi decide come vengono utilizzate le risorse dello Stato destinate a questo settore? Se ci sono 100 milioni di euro da gestire in un certo bacino, chi decide in proposito? Chi dice al Ministero dell'ambiente, e con quale autorità, in che modo intervenire in un dato comune oppure su una frana invece che su un'altra?
Credo che alla fine di questa indagine - il presidente ci ascolterà e deciderà in merito - qualche iniziativa debba essere assunta.
Personalmente, sono del parere che le Autorità di bacino esprimano pareri vincolanti. È giusto, infatti, che la politica la facciano le regioni e il Governo, ma se l'Autorità di bacino è posta nelle condizioni di non poter decidere nulla e di dover accettare le decisioni di altri diventa quasi un orpello e, in questo caso, non può governare il territorio di sua competenza.
RAFFAELLO NARDI, Segretario generale dell'Autorità di bacino del fiume Serchio. Se volete posso rispondere subito sulle cave, avendo una certa esperienza nel campo. Sono infatti il più «antico» segretario generale, essendo stato per dieci anni segretario del bacino dell'Arno e poi del bacino del Serchio.
All'epoca mi posi il problema delle cave, che l'onorevole Nucara ha opportunamente sollevato, e riuscii a portare all'approvazione un piano stralcio del bacino dell'Arno sulle cave e un progetto di piano stralcio del bacino del Serchio sempre sulle cave. Quello dell'Arno entrò in vigore con un DPCM, così come prevede la legge. Il progetto, invece, del Serchio - è un bacino di interesse nazionale, ma è anche l'unico bacino per il quale la regione Toscana si è riservata di approvare piani stralcio - non è mai arrivato ad essere un piano.
Attraverso un censimento rilevai nel bacino dell'Arno la presenza di 1.500 cave - ovvero 1.500 buchi - cento delle quali attive. Nel bacino del Serchio rilevai 560 cave - in quel caso ci sono anche marmi - delle quali 56 attive. Peraltro, una legge regionale della Toscana del 1980 delegava i comuni ad aprire le cave, senza alcun problema, per sei mesi: tanto era concesso in deroga. Trascorsi i sei mesi, dovevano entrare in funzione le leggi regionali.
Quando nel 1994 arrivai a varare questi piani, era ancora in vigore la deroga dei sei mesi concessa ai sensi della legge del 1980. Lo feci presente alla regione, che provvide subito a varare una legge regionale che bloccava questo periodo di deroga. Come ho detto, tra Arno e Serchio si contavano circa 2 mila cave, 150 delle quali attive. Il piano che noi varammo imponeva, in sostanza, di non aprire nuove cave, perché 2 mila erano ritenute più che sufficienti.
Nel bacino del Serchio, dove si cavava materiale inerte di buona qualità, il materiale estratto era il doppio della media nazionale, mentre nel bacino dell'Arno era la metà, poiché il materiale era di qualità più scarsa.
Noi, dunque, apponemmo un vincolo per impedire l'apertura di nuove cave. Esso fu accettato dal comitato istituzionale
e passò come misura di salvaguardia, ma la regione Toscana si oppose e il comitato istituzionale fece marcia indietro.
Sul bacino del Serchio, dunque, è rimasto questo progetto di piano. Molte furono le resistenze opposte dalle lobby dei cavatori. Il problema, infatti, non era quello di cavare determinati quantitativi, che sul Serchio erano il doppio e sull'Arno la metà della media nazionale. Con 2 mila buchi si poteva cavare quanto si voleva! Mi accorsi, però, che la lobby dei cavatori - erano pochi, specialmente nel bacino del Serchio, dove il materiale era buono - non voleva aprire ad altri cavatori e, insieme alla regione, fece pressione a livello di comitato istituzionale.
La regione Toscana, inopportunamente, ha eliminato le competenza in materia dell'Autorità di bacino e ha ridato ai comuni la facoltà di riaprire le cave senza controllo, come accadeva nel 1980.
Io sono stato l'unico ad aver portato i piani stralcio sulle cave. Allora c'era il Comitato nazionale di difesa del suolo e non era facile farlo passare. Questa è l'esperienza che ho maturato.
VERA CORBELLI, Segretario generale dell'Autorità di bacino dei fiumi Liri-Garigliano e Volturno. Vorrei aggiungere una breve considerazione a quanto detto dal professor Nardi. L'onorevole Nucara chiedeva chiarimenti in relazione ai pareri, ossia al modo in cui l'Autorità di bacino può incidere sul tema delle cave, a prescindere dal discorso puntuale sulle Autorità di bacino del Serchio e dell'Arno.
Le Autorità di bacino tengono conto del detrattore ambientale costituito dalle cave, per diversi motivi: sia per i piani stralcio di assetto idrogeologico relativi a frane e alluvioni, sia in quanto sottrazione della risorsa suolo. Dunque, il discorso delle cave incide sulla pianificazione e sulla strategia generale delle Autorità di bacino. Per quanto riguarda i pareri, le Autorità di bacino si esprimono sulle cave e lo fanno in base alla normativa dei piani di assetto idrogeologico. Dunque, esse debbono esprimersi per ciascun intervento compiuto sul territorio, sia a livello di infrastrutture sia a livello di sottrazione della risorsa suolo.
In particolare, per esempio, la regione Campania - l'onorevole Zinzi è presente - emanò una direttiva relativa ai pareri sulle cave e sulle attività estrattive. Quindi, a prescindere dai fatti puntuali, le Autorità di bacino si esprimono - poi ci sono le competenze dirette delle regioni - sia per quanto concerne le frane e le alluvioni sia, soprattutto, per quanto concerne il governo della risorsa idrica. Sapete bene, infatti, che una struttura carbonatica incide molto sull'immagazzinamento dell'acqua e, quindi, sugli acquiferi, ripercuotendosi sul governo della risorsa idrica.
ERMETE REALACCI. Sono d'accordo con le osservazioni formulate dal collega Nucara, alle quali vorrei aggiungere due questioni, vista anche l'autorevolezza delle Autorità di bacino rappresentate.
La prima questione riguarda i fondi. È stato operato un fortissimo taglio dei fondi destinati alla difesa del suolo. Erano già insufficienti prima - lo dico fin da subito - ma è chiaro che il taglio è stato drastico. Si parla quasi di un dimezzamento per quest'anno e di una riduzione fino a un quinto, se non si dovessero reintegrare questi fondi. Dunque, vi chiedo: come incide tale riduzione sulle attività di gestione del territorio?
La seconda questione, non semplice, riguarda il fatto che in questi mesi, come avete visto, ci siamo trovati spesso di fronte ad andamenti straordinari della piovosità. Penso, da ultimo, agli episodi che si sono verificati in Calabria, dove si è registrata una concentrazione di pioggia per la quale si può parlare addirittura di una frequenza secolare. In molte di queste occasioni il sottosegretario Bertolaso ha messo in rilievo come, da un lato, l'acutizzarsi di fenomeni estremi e, dall'altro, la cattiva gestione del territorio hanno aggravato il rischio per cose e persone. Ciò è accaduto anche in Sardegna, e non solo.
Ebbene, mi chiedo se da questo punto di vista il sistema delle Autorità di bacino stia producendo una riflessione sia rispetto ai cambiamenti nel modo di fronteggiare
episodi che sono, in termini di intensità, apparentemente più forti che nel passato, sia rispetto alla necessità di rendere più cogenti le norme di salvaguardia. Lo ripeto, in molti di questi casi è stato lo stesso sottosegretario Bertolaso a ricordare che i rischi maggiori che abbiamo corso dipendevano da una sbagliata pianificazione degli interventi sul territorio.
GIORGIO CESARI, Segretario generale dell'Autorità di bacino del fiume Tevere. Ringrazio l'onorevole Nucara e l'onorevole Realacci per i loro interventi, che colgono il senso del testo che abbiamo predisposto, che abbiamo voluto ispirare alla razionalizzazione delle competenze e alla semplificazione degli strumenti operativi.
In relazione alla parte che riguarda le regioni e lo Stato, trattata nel documento in maniera molto sintetica, pregherei il collega Puma di rispondere alle richieste dell'onorevole Realacci.
FRANCESCO PUMA, Dirigente delegato dell'Autorità di bacino del fiume Po. La difficoltà principale è il passaggio dallo straordinario all'ordinario. Le Autorità di bacino sono state molto efficaci nell'azione di pianificazione e programmazione nel decennio iniziale, in particolare a valle degli eventi alluvionali. Infatti, soprattutto per quanto riguarda il Po, ma anche per gli altri bacini, è stato compiuto uno sforzo per la predisposizione dei piani di assetto idrogeologico. In parallelo, la legge prevedeva una programmazione degli interventi che, fino al 2001, sulla base delle proposte delle regioni, ha realizzato importanti interventi nei territori del bacino. A questi si sono aggiunti i piani straordinari conseguenti agli eventi alluvionali.
Nel 2001, con l'ultimazione da parte di quasi tutte le Autorità di bacino dei piani di assetto idrogeologico, si è verificato uno scollegamento tra la pianificazione, la programmazione e l'attuazione. In altre parole, abbiamo assistito ad una caduta dell'attività di programmazione. Le Autorità di bacino non sono state più chiamate a contribuire al processo di programmazione. Ciò è accaduto per diversi motivi, ma anche perché si è pensato che la realizzazione del piano fosse un atto unico, che si apriva e si concludeva, e non un processo continuo.
Nel 2001 c'è stata anche una caduta delle attività di studio e di monitoraggio necessarie per l'attuazione e l'aggiornamento dei piani. In particolare, l'azione delle Autorità è diminuita per quanto riguarda gli aspetti di tutela delle acque, perché il decreto legislativo n. 152 del 1999 ribalta il rapporto tra gli strumenti di piano, dando alla pianificazione regionale il valore di stralcio di piano di bacino.
Valutando, tuttavia, l'attuazione del decreto legislativo n. 152 del 1999, devo dire peraltro che l'esito è positivo. Difatti, più o meno tutte le regioni hanno predisposto i piani di tutela che oggi sono in vigore e che ci permettono di pensare di predisporre i piani di gestione nel ristretto tempo che si prefigura. Ricordo che dobbiamo predisporre i piani di gestione entro la fine dell'anno.
Se posso fare una critica al decreto legislativo n. 152, in quel momento si è pensato che ci potesse essere solo un livello di pianificazione, quello regionale, mentre l'esperienza ha dimostrato la necessità, per quanto riguarda la tutela delle acque, del livello di pianificazione di bacino. Ovviamente, si tratta di livelli differenziati: a livello di bacino si tratta della definizione dei quadri di criticità, di verifica delle azioni delle singole regioni a livello di bacino e di monitoraggio e controllo, ovviamente non di carattere fiscale, al fine di apportare agli strumenti di pianificazione le modifiche che si presentano necessarie in relazione agli esiti della pianificazione.
Se esaminiamo le tre parti del processo - pianificazione, programmazione e gestione -, sicuramente il rapporto con le regioni è buono sotto il profilo della pianificazione. Infatti, sono in corso di registrazione varianti importanti alla pianificazione di bacino da parte non solo dell'Autorità di bacino del Po, ma anche di altre Autorità di bacino. Più critico è l'aspetto collegato alla programmazione. In questo caso, esiste anche un problema,
che posso tratteggiare solo brevemente, legato alla natura degli interventi. Nel PAI sono stati individuati grandi sistemi difensivi - nel caso del Po si tratta di sistemi difensivi molto importanti -, interventi in relazione alle aree ad elevato rischio idrogeologico e la manutenzione. È chiaro che l'intervento di manutenzione può essere programmato a livello territoriale; quindi, è un campo di intervento tipico delle regioni e dei soggetti che si occupano di gestione delle opere.
Per quanto riguarda le aree a rischio idrogeologico, la programmazione è ricondotta al Ministero dell'ambiente e, attraverso il piano strategico, al Ministro dell'ambiente. C'è una situazione critica per quanto riguarda il finanziamento e il completamento dei grandi sistemi, in quanto le risorse finanziarie necessarie sono consistenti.
È chiaro che tutti e tre i livelli di intervento sono necessari e devono essere garantiti. Non è facile, ma bisogna individuare una modalità di finanziamento che non sia direttamente collegata allo stanziamento annuale della finanziaria, per quanto riguarda i grandi interventi. Diversamente, si privilegia ovviamente l'intervento a carattere più locale, che evidentemente è anche meglio distribuito sul territorio.
Importante è anche il finanziamento delle azioni di tipo non strutturale. Tendiamo sempre a finanziare prevalentemente opere, mentre assumono molta importanza, soprattutto oggi che per molti investimenti sono stati fatti, gli interventi di tipo non strutturale, le azioni conoscitive e le azioni di monitoraggio.
La sicurezza del territorio - come abbiamo avuto modo di vedere negli ultimi due mesi - è legata agli interventi strutturali, che sono fondamentali, e alla gestione del territorio in relazione ai rischi presenti. Devo dire che la risposta dei comuni, per quanto riguarda il piano di assetto idrogeologico, è stata buona. Oggi, infatti, più o meno tutti i comuni del bacino del Po o hanno adeguato il piano regolatore al PAI oppure lo stanno adeguando, sulla base della nuova normativa, che separa il piano strutturale dal piano operativo comunale. Inoltre, è fondamentale, in corso di evento, l'intervento di previsione e prevenzione di competenza della protezione civile.
Si tratta di creare la possibilità di mettere insieme tutti questi elementi.
Per quanto riguarda le attività estrattive nel bacino del Po, l'Autorità di bacino si esprime a due livelli: quello delle verifica della compatibilità della pianificazione dell'attività estrattiva (tutte le regioni hanno una pianificazione provinciale, e in alcuni casi provinciale e regionale) e quello della partecipazione alle conferenze di servizi quando si esaminano le singole cave.
Ovviamente, questo comporta un impegno molto oneroso, però si cerca di intervenire, anche perché la programmazione delle attività estrattive è uno dei compiti che la legge assegna alle Autorità di bacino.
VERA CORBELLI, Segretario generale dell'Autorità di bacino dei fiumi Liri-Garigliano e Volturno. Vorrei aggiungere una considerazione a quanto detto dal dottor Puma, in merito alla domanda posta dall'onorevole Realacci sull'uso del territorio e sull'assetto idrogeologico.
Le Autorità di bacino sono arrivate, in Italia, a un ottimo livello qualitativo di individuazione del rischio. In dieci anni siamo riusciti ad individuare le zone a rischio e le zone soggette a suscettibilità e pericolosità.
Tuttavia, bisogna compiere uno sforzo maggiore. La strategia in merito al rischio idrogeologico, che si connette anche al discorso delle acque, non solo al piano di gestione ma anche al piano di distretto, va reimpostata. Occorre, quindi, dare valore alla pianificazione di bacino. Intendo dire che dobbiamo passare dal rischio qualitativo al rischio quantitativo. Dobbiamo introdurre, cioè, dei concetti di tollerabilità e di accettabilità. Solo valutando il rischio quantitativo, infatti, individuiamo le priorità degli interventi. Una volta deciso che sulle priorità agiscono le Autorità di bacino, bisogna intervenire con un processo
diverso che tenga conto della quantificazione del rischio. L'Italia è avanti rispetto a questo.
Dobbiamo insistere su queste situazioni, perché se non diamo delle risposte tecniche le Autorità di bacino non hanno autorevolezza e diventano uno dei tanti enti che si sovrappongono ad altri. Come Autorità di bacino, a livello nazionale, ma ritengo anche a livello regionale ed interregionale, abbiamo le idee chiare. Il punto è che dobbiamo attuare questo percorso, non solo nella direzione del piano di gestione - a questo la direttiva comunitaria chiama l'Italia a rispondere entro il 2009 - che sarà un piano generale, non specifico, o del piano di gestione per le alluvioni. Dobbiamo, bensì, entrare nella prospettiva del piano di distretto, quindi rimodulare il discorso del rischio, da qualitativo a quantitativo, il discorso del bilancio idrico e del minimo deflusso vitale, ed inserirci nel governo della risorsa, dunque nella gestione e nel corretto uso del territorio.
GAIA CHECCUCCI, Segretario generale dell'Autorità di bacino del fiume Arno. Vorrei fare alcune puntualizzazioni riprendendo quanto già tratteggiato dal collega Puma e rispondendo così, magari anche solo parzialmente, alla domanda dell'onorevole Nucara circa il rapporto tra regioni e Autorità di bacino, e a quella dell'onorevole Realacci sull'ordinario e lo straordinario nell'intervento in materia di difesa del suolo.
L'impianto normativo della legge n. 183 del 1989 - siamo nell'ambito del finanziamento ordinario attraverso la programmazione triennale - rimane nell'impostazione del decreto legislativo n. 152 del 2006. Non c'è più il Comitato dei ministri, tuttavia troviamo il comitato istituzionale e l'approvazione con il contributo delle Autorità di bacino, ovviamente sulla base delle pianificazioni che le stesse Autorità di bacino hanno elaborato.
Allo straordinario si risponde per la prima volta con il decreto-legge n. 180 del 1998, nel quale si parla di piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a rischio più alto. Quindi, nel 1998, con il decreto-legge n. 180, alla programmazione ordinaria della legge n. 183 del 1989 si affianca per la prima volta il concetto di pianificazione straordinaria.
Tale impostazione è, poi, confermata, nella legge n. 179 del 2002, nella quale, nel noto articolo 16, si legge: «Per le finalità di difesa del suolo nelle aree a rischio idrogeologico (...) il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con le regioni o gli enti locali interessati» - quindi le Autorità di bacino non sono menzionate - «definisce ed attiva programmi di interventi urgenti per il riassetto territoriale (...)». Siamo, dunque, nell'ambito dell'urgenza.
Sia con il citato decreto-legge n. 180 del 1998 che con la legge n. 179 del 2002, effettivamente, la compartecipazione delle Autorità di bacino all'individuazione degli interventi nell'ambito della pianificazione e della programmazione viene gradualmente ad assottigliarsi, fino a scomparire con le successive norme del biennio 2006-2007.
Addirittura, nella legge finanziaria per il 2007 si conferma soltanto l'intesa con regioni ed enti locali, mentre nella successiva legge finanziaria per il 2008 l'impianto prevede l'intesa anche con le Autorità di bacino. Si tratta in quest'ultimo caso, dal nostro punto di vista, di un passo avanti e, pertanto, ad oggi, il contesto normativo di riferimento all'interno del quale ci muoviamo e nell'ambito del quale avvengono le ripartizioni anche di risorse in capo alla direzione competente presso il Ministero dell'ambiente afferma che «il Ministro dell'ambiente adotta piani strategici nazionali e di intervento per la tutela del rischio idrogeologico da attuare d'intesa con le Autorità di bacino territorialmente competenti, con le regioni e gli enti locali, tenuto conto dei piani di bacino». Quindi, rispetto al biennio precedente, a livello normativo, torna nuovamente al centro - come correttamente, a nostro modo di vedere, deve essere - la
pianificazione di bacino, che rappresenta l'assunto di base sulla scorta del quale, d'intesa con le Autorità di bacino, con le
regioni e gli enti locali, vengono indicate le priorità del piano strategico nazionale.
Credo che l'idea del legislatore fosse quella di consentire al ministro competente di elaborare un piano strategico nazionale e definire una serie di priorità, anche sotto l'aspetto temporale, o tenendo conto di quelle che, non a caso, sono indicate dal sottosegretario Bertolaso come emergenze nazionali. Comunque, immagino che la ratio ispiratrice fosse quella di ricondurre a unità nazionale - lo ripeto - quegli interventi indicati, ovviamente, dal Ministro, ma con il contributo delle Autorità di bacino sulla base delle pianificazioni esistenti, magari in un'ottica di attualizzazione delle stesse, come è normale che sia, dato che parliamo di strumenti dinamici. D'altronde, i piani sono strumenti che devono evolversi e devono essere aggiornati, altrimenti non avrebbero l'efficacia necessaria e sarebbero fotografie istantanee di una data situazione senza rappresentare il passare del tempo.
Per la prima volta c'è stato un accenno da parte del Ministro al coinvolgimento delle Autorità di bacino per la redazione di questo piano strategico nazionale. Il nostro è, dunque, un auspicio, ma esso è in qualche modo confortato dall'apertura che per la prima volta c'è stata. Fino ad oggi, infatti, le Autorità di bacino non avevano contribuito in termini conoscitivi, portando cioè le proprie pianificazioni, alla redazione del piano strategico nazionale. Quello attuale è stato, quindi, un piano strategico nazionale - torno al discorso del rapporto regioni-Stato - che ha effettivamente esaltato il ruolo delle regioni, così come degli enti locali. Non dimentichiamo, infatti, che nel piano strategico nazionale ci sono blocchi di finanziamenti per interventi che vanno direttamente, come è giusto che sia, agli enti locali. Però siamo in regime ordinario, siamo sul piano di quella che dovrebbe
rappresentare l'ordinarietà e non la straordinarietà, che è ambito, invece, del decreto n. 180 del 1998 e della legge n. 244 del 2007.
RAFFAELLO NARDI, Segretario generale dell'Autorità di bacino del fiume Serchio. Signor presidente, rispondo sul problema dei finanziamenti. All'inizio, la legge n. 183 del 1989 aveva la disponibilità di 2.427 miliardi per gli interventi. Allora non c'erano i piani di bacino, quindi erano per gli schemi previsionali programmatici; il 10 per cento andava alla pianificazione, il resto agli interventi, dalla manutenzione agli interventi più strutturali. Questo impianto ha funzionato, con l'unico difetto che invece dei tre anni previsti ne sono trascorsi sei-sette per l'impiego delle risorse disponibili.
Dopodiché, con la legge n. 253 del 1990, furono concessi alle Autorità di bacino nazionali i soldi necessari per il personale e per il funzionamento. In sintesi, attualmente, a parte quelli per il personale, non abbiamo più soldi per il funzionamento. Abbiamo il 20 per cento di quello che per legge era stato stabilito nel 1990. Dal 2003-2004, inoltre, non abbiamo nessuna risorsa per le attività istituzionali, a meno di «raccattare» qualcosa dalle regioni o dalla Protezione civile.
In una legge, infatti, è stato stabilito che potevano essere finanziati direttamente i comuni, saltando le regioni e le Autorità di bacino. I soldi, quindi, sono andati ai comuni e si è perso quel 10 per cento sull'ammontare delle risorse per gli interventi, che precedentemente andavano alle Autorità di bacino. Recentemente, poi, la norma è stata di fatto modificata, per cui il 50 per cento viene dato dalle regioni e il 50 per cento direttamente dal Ministero, saltando nuovamente le Autorità di bacino come attività istituzionali. Mi sembra che questo sia importante, perché se la situazione prosegue in questa direzione significa che, pur avendo svolto noi tutti un grande lavoro - autorità di bacino regionali, interregionali e nazionali - e avendo acquisito la conoscenza della situazione dell'Italia, non siamo chiamati a partecipare alle scelte sulla programmazione e sugli interventi. Da universitario,
distinguo gli studi che servono per la pianificazione, che con i soldi disponibili vanno sulla programmazione, che poi
vanno sui progetti. Secondo me, per volontà dei ministeri, ma anche delle regioni, vogliono portarci a rimanere solo nell'ambito degli studi.
DOMENICO ZINZI. Signor presidente, la ringrazio per questa ospitalità che mi offre la possibilità di partecipare a questa importante audizione dei segretari generali delle Autorità di bacino.
Penso che stiamo vivendo un momento in cui si verificano troppe straordinarietà e troppe emergenze in materia di difesa del suolo. Credo che siamo d'accordo sulla necessità di rafforzare il percorso ordinario, dando un'ulteriore spinta a quel processo di pianificazione che riguarda la costituzione del distretto idrografico.
Intanto, dobbiamo sottolineare che queste emergenze e questi eventi straordinari assorbono ingenti risorse e, quindi, diventano sempre meno quelle da impiegare nella direzione della prevenzione e della previsione.
Questo è il punto intorno al quale credo che ci si dovrebbe soffermare e dare delle risposte, individuare dei percorsi, anche al fine di essere in linea con la Comunità europea per quel che riguarda le proposte da avanzare e le indicazioni che ci vengono fornite.
Inoltre, alla dottoressa Corbelli vorrei chiedere, in primo luogo, quale sia il livello di pianificazione ad oggi raggiunto per il territorio del bacino dei fiumi Liri-Garigliano e Volturno e, in secondo luogo, quali siano, in termini di concertazione e partecipazione con gli enti, le strategie attuate e predisposte, in particolar modo per il territorio della regione Campania e, aggiungo, della provincia di Caserta.
VERA CORBELLI, Segretario generale dell'Autorità di bacino dei fiumi Liri-Garigliano e Volturno. Rispondo a questa domanda specifica sul bacino dei fiumi Liri-Garigliano e Volturno.
Onorevole Zinzi, per quanto concerne la pianificazione e la programmazione, dal 1989 l'Autorità di bacino ha lavorato su tutto il territorio, che è di circa 12 mila chilometri quadrati, abbracciando cinque territori regionali. Come tutte le altre Autorità di bacino, ha sviluppato i vari piani stralcio, che vanno dalle frane, alle alluvioni, alle acque, in termini sia di bilancio idrico, sia di minimo deflusso vitale, fino al piano di tutela ambientale; abbiamo, quindi, tenuto conto di tutti i detrattori ambientali, dei punti di forza e di debolezza del territorio, e abbiamo dato delle direttive e degli orientamenti in merito.
L'ultimo piano, infine, è quello relativo alle coste: il problema dell'erosione costiera, infatti, è molto sentito e rilevante, specialmente per il territorio campano.
Abbiamo, quindi, una conoscenza molto omogenea e unitaria di tutto il bacino idrografico. Sulla base di questo, abbiamo già individuato le azioni da porre in essere e stiamo focalizzando l'attenzione su alcune criticità, fornendo delle risposte non più su scala di bacino, ma su scala comunale, provinciale o regionale.
Sul territorio di bacino sono state individuate delle zone critiche, quali quella del Fucino, nella zona dell'Abruzzo dove, come sapete, esistono dei problemi di acqua abbastanza rilevanti e, sebbene ci sia dell'acqua sotterranea preziosa, a cui attinge parte del territorio nazionale, si sta determinando un fenomeno di depauperamento della falda.
Inoltre, abbiamo preso in considerazione tutto il territorio del basso Garigliano e la problematica del fiume Sacco, per quanto concerne il Lazio. Per quanto concerne, invece, la regione Molise, abbiamo un problema legato al trasferimento delle risorse idriche - ex articolo 17 della legge n. 36 del 1994 - e problemi di frane.
Per quanto riguarda la zona del casertano, essa è emblematica dell'approccio strategico al governo della risorsa suolo, acqua e ambiente. Nel suo piccolo territorio, infatti, sono presenti tutte le problematiche: dalle frane, alle alluvioni, alla subsidenza, all'intrusione del cuneo salino, all'erosione costiera, oltre ai problemi relativi ai detrattori ambientali (cave, discariche e quant'altro). Su questa zona, quindi, abbiamo focalizzato l'attenzione e ci stiamo muovendo, a livello provinciale,
regionale e di Governo nazionale, per raggiungere un accordo di programma ed una intesa che, sulla base della conoscenza di cui disponiamo, consenta di attuare degli interventi specifici.
A questo riguardo chiediamo naturalmente una mano al Governo - in questo caso l'abbiamo chiesta al Ministro Prestigiacomo - per siglare questa intesa e procedere anche utilizzando e canalizzando risorse provenienti dal Quadro comunitario di sostegno 2007-2013 (in questo la regione è d'accordo) e quelle che possono venire dai fondi FAS.
Chiedo, quindi, il supporto di tutti quelli che possono in qualche modo incidere su tale azione strategica.
TOMMASO GINOBLE. Quello che ci rimane, se ci rimane ancora qualcosa, dei fondi FAS che il Governo ha utilizzato per qualsiasi cosa...
VERA CORBELLI, Segretario generale dell'Autorità di bacino dei fiumi Liri-Garigliano e Volturno. Certo, quello che ci rimane. Tuttavia, onorevole, lei mi insegna che molte volte i fondi alla fine non vengono utilizzati. Le faccio un esempio: il piano stralcio erosione costiera per il territorio campano, rispetto al quale esiste anche un'azione di monitoraggio sugli argini e un piano di protezione civile, lo abbiamo realizzato - poiché di fondi, come dicevano i colleghi, non ce ne sono - con risorse residue del QSN che terminava nel 2006. Erano soldi che altrimenti sarebbero andati persi e che, invece, abbiamo utilizzato.
È necessario, quindi, anche un raccordo con gli enti. Nell'ultima domanda si chiedeva della partecipazione delle regioni nelle attività di pianificazione con gli enti. Noi abbiamo un ottimo rapporto di condivisione con gli enti e questa forse è una realtà più tipica del centro-sud che del nord. Le regioni, le province, gli enti locali, compresi comuni, comunità montane, consorzi di bonifica, individuano nell'Autorità di bacino Liri-Garigliano e Volturno il supporto tecnico di riferimento. Questo avviene anche grazie a un percorso tecnico-gestionale che l'Autorità di bacino ha portato avanti, internalizzando le capacità tecniche e dando quindi uno spessore tecnico a questa struttura che è, peraltro, una delle poche nel centro-sud.
ALESSANDRO BRATTI. Sono state esposte moltissime questioni e a molte di esse sono già state fornite risposte esaurienti, per cui mi limiterò a un paio di brevi quesiti.
In primo luogo, chiedo agli auditi di rispondere a una mia curiosità. Ricordo che la volta scorsa ci avete comunicato che quattordici regioni in Italia dispongono dei piani regionali di tutela delle acque, che costituiscono una buona base per poi costruire i piani successivi. Sarei curioso di sapere quali siano le sei regioni che non hanno tali piani. Sei regioni su venti rappresentano, infatti, quasi il 30 per cento del Paese.
In secondo luogo, abbiamo constatato che uno dei problemi più grossi che spesso si incontrano è il coordinamento di tutti gli enti che lavorano sul bacino. L'Autorità di bacino ha ovviamente tutte quelle competenze di cui si è parlato, ma in realtà, se contiamo le istituzioni e gli enti che hanno a che fare con essa, arriviamo a numeri assolutamente cospicui. Uno dei temi che ciclicamente tornano nell'operatività quotidiana è proprio quello relativo alla difficoltà di operare un coordinamento, a volte insufficiente, e alle problematiche che ciò crea nell'intervento. Insomma, gli enti che intervengono sono molti, ne discutiamo spesso, e vorrei sapere se anche su questo, alla luce dei prossimi provvedimenti, avete qualche indicazione da fornire per poter migliorare o potenziare la funzione di coordinamento che, giocoforza, credo debba essere posta in capo all'Autorità di bacino.
GIORGIO CESARI, Segretario generale dell'Autorità di bacino del fiume Tevere. Quanto alle regioni specifiche, direi che forse è inutile soffermarsi. Qualche carenza in più è presente nel centro-sud, ma non è assolutamente un riferimento. Mi sembra, comunque, che sia in atto un'azione di completamento.
Vorrei sottolineare quanto detto dall'onorevole Bratti: la pianificazione è un compito molto preciso e importante e deve ricevere tutto il sostegno dei soggetti più autorevoli. In questo le Autorità, pur nello spirito della semplificazione e della razionalizzazione, devono impegnarsi in quanto l'applicazione della direttiva comunitaria 2000/60/CE per l'irrigazione, della direttiva comunitaria n. 2007/60/CE per le inondazioni e della direttiva comunitaria 2006/118/CE per le acque sotterranee richiede un forte sforzo di pianificazione. Quindi, vi preghiamo di non confondere i possibili fabbisogni finanziari degli studi, ma soprattutto dell'attività di pianificazione, che ci mette in condizione di rispondere o meno all'Unione europea.
In questo senso, ci siamo anche permessi di individuare una possibilità di macroattribuzione, non soltanto di tipo finanziario - di cui abbiamo lasciato una traccia nel documento - ma anche di competenza, per diventare noi il fulcro di questa azione di coordinamento. Credo infatti che tante cose siano state fatte finora molto bene, ma che si possa operare in maniera ancora migliore.
PRESIDENTE. Nel ringraziare i rappresentanti delle Autorità di bacino, e con la promessa di incontrarci nuovamente appena possibile, dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 12,55.
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