Sulla pubblicità dei lavori:
D'Alessandri Angelo, Presidente ... 2
INDAGINE CONOSCITIVA SULLE POLITICHE PER LA TUTELA DEL TERRITORIO, LA DIFESA DEL SUOLO E IL CONTRASTO AGLI INCENDI BOSCHIVI
Audizione di rappresentanti delle Autorità di bacino regionali e interregionali:
Alessandri Angelo, Presidente ... 2 5
Nucara Francesco (Misto-LD-R) ... 5
Pagliaro Sonia, Rappresentante del Coordinamento delle Autorità di bacino regionali e interregionali ... 4 6
Verri Giorgio, Rappresentante del Coordinamento delle Autorità di bacino regionali e interregionali ... 2
ALLEGATO: Nota consegnata dai rappresentanti delle Autorità di bacino regionali e interregionali ... 7
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.
[Avanti] |
Resoconto stenografico
INDAGINE CONOSCITIVA
La seduta comincia alle 12.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche per la tutela del territorio, la difesa del suolo e il contrasto agli incedi boschivi, l'audizione di rappresentanti delle Autorità di bacino regionali e interregionali.
Mi scuso con gli auditi per il ritardo, dovuto peraltro al protrarsi della seduta dedicata al dissesto idrogeologico di alcune importanti aree del Paese.
Do la parola ai rappresentanti delle Autorità di bacino regionali e interregionali.
GIORGIO VERRI, Rappresentante del Coordinamento delle Autorità di bacino regionali e interregionali. Signor presidente e onorevoli deputati, ringrazio per avere concesso questa audizione. Abbiamo preparato una memoria, che credo sia già in distribuzione e che mi consentirà di essere più sintetico. La difesa del suolo del nostro Paese trova le proprie origini in epoca moderna, con la legge n. 183 del 1989 che ha radicalmente riformato tutto l'apparato. Una legge che è stata ben attuata, che ha sostanzialmente coperto, con i diversi bacini nazionali, interregionali e regionali, tutto il territorio del nostro Paese e che ha prodotto piani di assetto idrogeologico e quant'altro.
Se si compie una riflessione profonda guardando al futuro, cioè a quanto dovremo fare per l'adempimento della direttiva comunitaria n. 2000/60/CE in materia di acque nonché delle direttive che concernono le acque sotterranee e le alluvioni, dovremmo prendere atto di questa positività di risultati e chiederci perché sussista attualmente una situazione di stallo riferibile alla Parte III del decreto legislativo n. 152 del 2006.
La questione è semplice da definirsi: la legge n. 183 del 1989, addirittura, aveva sopravanzato tutte le disposizioni normative della Comunità europea in materia, trattando il bacino nella sua interezza, includendo tutti gli aspetti che riguardano la difesa del suolo e la qualità delle acque, l'uso - anche ambientale e paesaggistico - dei corsi d'acqua, nonché la tutela delle acque sotterranee.
Nel 2006 esce il decreto legislativo n. 152, dopo tre anni di lavoro di una specifica commissione. Esce forse frettolosamente, magari si voleva dare un segnale di compimento di un certo lavoro impegnativo svolto in quella legislatura; non a caso - siamo nel 2009 - incombono adesso alcune scadenze, come, ad esempio, per i piani di gestione previsti dalla citata direttiva comunitaria n. 2000/60/CE, e ci troviamo in una fase di stallo. Questo
blocco, su una organizzazione ripartita tra Stato e regioni che funzionava molto bene, deriva dal fatto che la materia trattata, che riguarda la difesa del suolo e il governo del territorio, è di competenza concorrente statale e regionale. Credo quindi che se ne possa uscire solo tramite una leale collaborazione fra Stato e regioni e, sostanzialmente, con un'azione di sussidiarietà.
Sotto tale profilo, abbiamo anche visto che cosa avviene negli altri Paesi europei. Posso citare l'esempio del bacino dell'Elba, che riguarda due Stati, mentre i nostri bacini, salvo alcune precisazioni che farò in conclusione, sono quasi tutti di carattere nazionale.
Ci si può ben immaginare come possa funzionare un'autorità distrettuale che insiste su un bacino che appartiene a due nazioni, la Repubblica Ceca e la Germania, e che in Germania vede tutto un insieme di Stati federali, con proprie specifiche funzioni e competenze.
L'esempio ci porta a dedurre che un'autorità di distretto idrografico deve essere, essenzialmente, un'unità di coordinamento. La direttiva comunitaria n. 2000/60/CE, in effetti, distingue tra le autorità competenti che realizzano i piani e l'autorità di distretto, che ha funzioni di coordinamento. Faccio esempi banalissimi: guardando il caso dell'Elba, che riguarda due Stati, se a livello di distretto (che, in questo caso, sarà un distretto internazionale, come previsto nella normativa) i due Stati decidono che la Repubblica Ceca trattiene un certo quantitativo d'acqua ed è obbligata a rilasciare il resto verso la parte a valle che è la Germania, su questa base le autorità competenti di livello statale o regionale potranno produrre i loro rispettivi piani. Se pensiamo al tema dell'inquinamento, una volta che si è deciso qual è il carico massimo inquinante che la Repubblica Ceca può sversare
nell'Elba e indirizzare verso la Germania, a questo punto risulta definito un altro ambito su cui le autorità competenti possono operare.
Nel nostro Paese abbiamo questo assetto meraviglioso della legge n. 183 del 1989, che copre tutto il bacino. Esiste poi l'ipotesi relativa agli otto «famosi» distretti previsti dal decreto legislativo n. 152 del 2006, tra l'altro contestati dalle regioni, poiché non sono stati fatti in accordo con queste ultime. Alcuni sono transfrontalieri, nel senso che vanno da un versante all'altro dell'Appennino, mentre l'obiettivo totale, almeno per la qualità, è quello di guardare al mare. In effetti, abbiamo bacini che, sostanzialmente, sversano in due mari.
Si rileva una realtà molto differenziata tra il nord (in cui, dal punto di vista territoriale, prevalgono le autorità nazionali) e il sud (in cui prevalgono le autorità regionali). Se guardiamo anche allo scacchiere numerico, vediamo che sono sei le Autorità di bacino nazionali e, rispettivamente, quindici e undici quelle interregionali e regionali. Queste ultime sono sostenute tramite finanziamenti e personale regionale, il che implica anche un'equa ripartizione degli oneri e degli impegni.
Occorre anche ribadire che le autorità regionali e interregionali sono più vicine alle autonomie locali. Vicinissime alle regioni di cui sono emanazione nonché vicinissime alle province, ai comuni e a tutti gli enti territoriali e consorzi ivi residenti, esse hanno certamente un legame con il territorio molto stretto e fecondo, che consente di realizzare piani che, effettivamente, non trovano poi blocchi ulteriori. Oggi, infatti, bisogna tener conto anche della partecipazione che nasce dal basso. La partecipazione deve iniziare prima ancora di avere un progetto definito, seppur messo in discussione, nei piani di bacino. Queste accortezze vanno prese già al momento di impostare il piano.
Crediamo - l'abbiamo espresso anche con fermezza e nello stesso senso si sono espressi i presidenti delle regioni, nonché il Ministro Prestigiacomo, quando ha sentito le regioni nella riunione tenutasi il 2 febbraio scorso - che l'orientamento sia di procedere all'istituzione di distretti a partire dal concetto di autorità di coordinamento, se non si vuole correre il rischio di
paralizzare ulteriormente il Paese e di subire un procedimento di infrazione europeo.
Le autorità competenti, invece, sono tutte le Autorità che attualmente coprono il territorio e che hanno esperienze operative ormai da quindici anni.
SONIA PAGLIARO, Rappresentante del Coordinamento delle Autorità di bacino regionali e interregionali. Vorrei aggiungere alcuni aspetti riguardanti proprio l'assetto attuale delle Autorità di bacino in Italia.
Abbiamo visto che, proprio in funzione dei sistemi fluviali esistenti nel nostro Paese, le Autorità di bacino nazionali sono state create soprattutto nel nord e nel centro, mentre nel Meridione e in parte del centro sono prevalenti sistemi fluviali di dimensioni inferiori, quindi affidati direttamente alla gestione delle regioni. Queste ultime hanno provveduto, di propria iniziativa, a creare Autorità di bacino che mettessero in atto le disposizioni della legge n. 183 del 1989, che ha anticipato le disposizioni della direttiva comunitaria n. 2000/60/CE, oltreché della direttiva riguardante la tutela delle acque sotterranee.
Occorre evidenziare in particolare, come ribadito anche dai presidenti delle regioni durante l'incontro tenutosi con il Ministro Prestigiacomo il 2 febbraio scorso, che ci sono Autorità di bacino interregionali e regionali che sono state create con leggi regionali e che presentano già configurazioni territoriali e assetti che possono essere riferiti a distretti idrografici. Potrei portarvi l'esempio delle regioni Basilicata, Puglia, Molise, Abruzzo, Sardegna e Liguria, le quali hanno già provveduto a riunire i propri bacini regionali e interregionali in strutture uniche, in uniche Autorità di bacino dotate anche di un'autonomia operativa nonché, per le interregionali, amministrativa, che le rende in grado di operare direttamente sul territorio in stretto raccordo con le regioni. Queste strutture rappresentano attualmente il braccio operativo tecnico delle regioni, per ciò che riguarda le materie della difesa del suolo e della
gestione delle risorse idriche.
Vorrei portarvi un esempio concernente la gestione delle risorse idriche. Le regioni Basilicata e Puglia hanno riorganizzato i propri bacini idrografici in due Autorità di bacino autonome, che partecipano direttamente alla gestione delle risorse idriche e che sono regolate dall'unico accordo di programma oggi esistente in Italia, stipulato nel 1999 tra queste due regioni e l'ex Ministero delle infrastrutture. Quindi, attualmente, queste due Autorità di bacino, che presentano tutte le caratteristiche di un distretto idrografico, operano anche nella gestione: sono coerenti, sia con i sistemi fisici sia con i sistemi di infrastrutture idriche. Esse operano non solo nella pianificazione e gestione delle risorse idriche, ma anche, contemporaneamente, nel campo della difesa del suolo.
Ebbene, ciò che i presidenti delle regioni hanno richiesto è proprio questo: valorizzare al massimo quello che di positivo già esiste sul territorio nazionale, in termini di strutture già organizzate, tenuto conto degli aspetti territoriali specifici del Paese, per poi procedere eventualmente a una revisione del decreto legislativo n. 152 del 2006 che possa recepire le istanze delle regioni, nel rispetto, naturalmente, delle disposizioni della direttiva n. 2000/60/CE.
Il piano di gestione dei distretti idrografici rappresenta uno strumento importante, che non può essere predisposto da un organismo che, attualmente, non è ancora funzionale (l'autorità di distretto) né, comunque, da un soggetto terzo che, dati i tempi ristretti per la predisposizione del piano (entro dicembre 2009), non sarebbe naturalmente in grado di recepire tutti gli strumenti di pianificazione creati dalle strutture regionali in merito. In tal senso, quindi, è necessario evidenziare l'opportunità, anzi la necessità di una stretta collaborazione, tra lo Stato e quelle strutture regionali che partecipano alla pianificazione delle risorse idriche, nella predisposizione del piano di gestione, cosicché quest'ultimo possa essere approntato
in tempi rapidi, coerentemente con le caratteristiche dei territori. Queste ultime, peraltro, sono patrimonio conoscitivo delle strutture che lavorano sui territori: regioni e Autorità di bacino regionali e interregionali.
Pensiamo che, per la maggior parte, i distretti idrografici, così come attualmente individuati dall'articolo 64 del decreto legislativo n. 152 del 2006, contengono un'Autorità di bacino nazionale che ne ricopre solo in parte il territorio. L'unica Autorità di bacino nazionale che coincide esattamente con un distretto idrografico, attualmente, è quella del Po, mentre tutte le altre Autorità di bacino nazionali si troverebbero ad operare in distretti idrografici costituiti da più territori regionali e in cui operano più Autorità di bacino. Da qui la necessità, appunto, di creare un raccordo forte fra Stato, regioni e Autorità di bacino, affinché si possa pervenire a uno strumento coerente, nei tempi previsti dalla normativa.
Un ultimo aspetto che vorremmo evidenziare, specificamente in materia di difesa del suolo, riguarda ancora il decreto legislativo n. 152 del 2006, che prevede la programmazione triennale degli interventi. Le esperienze in materia, assommate dalle Autorità di bacino nazionali, interregionali e regionali, evidenziano che programmazioni di ampio respiro temporale possono riguardare le infrastrutture che definiremmo «strategiche», cioè di grande rilievo e grande impatto sul territorio.
Tuttavia, tenuto conto delle caratteristiche fisiche del territorio nonché del frequente ripetersi di movimenti franosi e di fenomeni di esondazione, è necessario porre l'attenzione sulla necessità di una programmazione annuale degli interventi, a supporto dei piani di bacino.
Date le caratteristiche degli eventi di dissesto idrogeologico, è necessario procedere a un continuo aggiornamento dei programmi di intervento, proprio per essere rispondenti alle esigenze del territorio. Questo è uno degli aspetti che riteniamo fondamentali nella programmazione degli interventi.
GIORGIO VERRI, Rappresentante del Coordinamento delle Autorità di bacino regionali e interregionali. Se il presidente me lo consente, vorrei aggiungere che sussiste un aspetto, riguardante i bacini dei distretti idrografici internazionali, che era stato affrontato nella prima stesura del decreto legislativo n. 152 del 2006 e che poi, invece, non è stato ripreso nell'attuale versione del decreto legislativo. Alcune parti del Paese, il nord-est in particolare e il nord in generale, presentano bacini transfrontalieri. Vi porto un esempio che riguarda proprio la mia regione, il Friuli-Venezia Giulia: il fiume Isonzo ha due terzi del proprio bacino nel territorio sloveno e solamente un terzo nel territorio italiano. Occorrerebbe forse riconsiderare, anche per obblighi internazionali, la costituzione di questi distretti.
Vi porto un altro esempio restando sempre nella mia regione: il fiume Timavo nasce in Slovenia, attraversa la provincia in terra di Trieste e infine sfocia nell'alto Adriatico. In montagna, vicino a Tarvisio, abbiamo un piccolo bacino che fa parte del Danubio, tant'è che esiste una comunità del Danubio. Esistono anche altre realtà; ad esempio in provincia di Bolzano nasce l'affluente Drava, mentre in Lombardia un piccolo corso d'acqua alimenta l'Inn.
Penso che questi aspetti dovrebbero essere oggetto di un intervento normativo, nel momento in cui si pensasse di andare alla revisione del decreto legislativo n. 152 del 2006, quantomeno in virtù degli obblighi internazionali espressamente previsti dalla direttiva comunitaria n. 2000/60/CE.
PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti e formulare osservazioni.
FRANCESCO NUCARA. Il discorso che ho ascoltato questa mattina dai due rappresentanti delle Autorità di bacino mi è sembrato molto interessante. Sono un cultore della legge n. 183 del 1989, ma non altrettanto, forse, dei provvedimenti successivi.
Ebbene, uno dei problemi che ci poniamo svolgendo queste audizioni sono i rapporti tra le Autorità di bacino e le regioni. Nella gerarchia dei valori espressi, vi dico subito che personalmente sono per le Autorità di bacino. Credo che le Autorità di bacino, gerarchicamente, dovrebbero stare al di sopra delle regioni, poiché hanno una visione del territorio diversa. Inoltre, come abbiamo sentito, dobbiamo gestire problemi interregionali e addirittura internazionali.
Mi pare un pasticcio far sì che, all'interno di un bacino, coesistano distretti idrografici e Autorità di bacino che hanno le stesse competenze. È inutile costituire le Autorità di bacino, se nella stessa regione insistono già due o tre autorità che dovrebbero essere gerarchicamente inferiori, ma che detengono le stesse competenze.
La prima domanda che vorrei porvi riguarda, dunque, il rapporto fra Autorità di bacino e regioni. Le regioni, spesso (probabilmente per ragioni storiche), tendono a mettere da parte le Autorità di bacino, come se si trattasse di un proprio ufficio e non di un'autorità con competenze e responsabilità proprie. Difatti, quando si verifica qualche disastro, pensiamo subito alle Autorità di bacino e alle sue inadempienze, non certo all'ufficio dell'assessore all'ambiente della regione.
Mi preme, inoltre, sottolineare il persistere di un continuo conflitto tra Stato, regioni e Autorità di bacino. Ebbene, la nostra Costituzione, pur modificata, all'articolo 117, lettera s), stabilisce che è competenza dello Stato la tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. Quindi, nessuno meglio delle Autorità di bacino può riferirsi a questo articolo e a questo comma della Costituzione.
L'audizione di questa mattina per me è stata veramente importante, dal momento che da quanto avete detto possiamo trarre spunti per valutare la possibilità, oltre che la necessità, di apportare qualche modifica legislativa.
SONIA PAGLIARO, Rappresentante del Coordinamento delle Autorità di bacino regionali e interregionali. Onorevole Nucara, ho apprezzato particolarmente le sue considerazioni. Purtuttavia, vorrei sottolineare che la difesa del suolo rientra oltre che nella tutela dell'ambiente anche nel governo del territorio (Commenti del deputato Nucara)..., per cui dovrebbe essere rafforzato il senso di compartecipazione. Lo Stato deve svolgere funzioni - che sono fondamentali - di indirizzo e coordinamento a livello nazionale. Le regioni devono avere, però, la possibilità di intervenire attivamente nel processo, proprio perché legate al territorio. Auspico per questo una maggiore compartecipazione di Stato e regioni, anche se capisco perfettamente la posizione espressa dall'onorevole Nucara.
PRESIDENTE. Nel ringraziare i rappresentanti delle Autorità di bacino regionali e interregionali, dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 12,20.
[Avanti] |