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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XI
11.
Giovedì 15 aprile 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Moffa Silvano, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SU TALUNI FENOMENI DEL MERCATO DEL LAVORO (LAVORO NERO, CAPORALATO E SFRUTTAMENTO DELLA MANODOPERA STRANIERA)

Audizione di rappresentanti dell'ISTAT:

Moffa Silvano, Presidente ... 2 5 7 8
Cazzola Giuliano (PdL) ... 6
Gatti Maria Grazia (PD) ... 5
Giovannini Enrico, Presidente dell'ISTAT ... 2 7
Pelino Paola (PdL) ... 7
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

COMMISSIONE XI
LAVORO PUBBLICO E PRIVATO

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 15 aprile 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE SILVANO MOFFA

La seduta comincia alle 9.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti dell'ISTAT.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva su taluni fenomeni distorsivi del mercato del lavoro (lavoro nero, caporalato e sfruttamento della manodopera straniera), l'audizione di rappresentanti dell'ISTAT.
Sono presenti il professore Enrico Giovannini, presidente, che ringrazio; la dottoressa Patrizia Cacioli, direttore generale per le comunicazioni e l'editoria; il dottor Mario Albisinni, primo ricercatore, Direzione centrale per le indagini su condizioni e qualità della vita.
Vi ringrazio per la vostra presenza e do la parola al presidente Giovannini.

ENRICO GIOVANNINI, Presidente dell'ISTAT. Signor presidente, noi abbiamo predisposto un dossier per la Commissione che è molto ricco: esso contiene una relazione, con molti dati interessanti, alcuni allegati, oltre a delle copie dei comunicati stampa che riguardano la tematica oggi in discussione. Naturalmente mi soffermerò soltanto su alcuni passaggi della relazione, lasciando invece il testo completo a disposizione della Commissione.
Lavoro senza contratto, lavoro in nero, lavoro nascosto, lavoro privo di contribuzione sociale e di garanzie assicurative; in altri termini lavoro non regolare: il fenomeno è diffuso a livello europeo, ma in Italia assume forme e connotazioni tali che le azioni di contrasto, per essere efficaci, devono operare in più direzioni.
La rilevanza che assumono le piccole imprese nel tessuto produttivo, il persistere di forti divari territoriali di sviluppo, il peso economico dei settori produttivi labour-intensive sono alcuni degli aspetti che rendono il nostro Paese permeabile alla presenza di lavoro non regolare.
Se da una parte alcune delle caratteristiche del fenomeno sono messe in luce dall'attività di vigilanza, l'estensione della sua misurazione all'insieme non osservabile delle numerose unità produttive coinvolte appare molto più complessa. Ciò che si nasconde al fisco, tuttavia, può essere stimato dalle istituzioni statistiche utilizzando tecniche di stima indirette e rilevazioni dirette rivolte alle famiglie.
In particolare l'ISTAT, nell'ambito delle stime dell'impiego del fattore lavoro nel processo di produzione del reddito, fornisce valutazioni sul lavoro regolare e non regolare che consentono di quantificare e analizzare il fenomeno a livello settoriale e territoriale.
Alcuni dati chiave. Le più recenti stime prodotte dall'ISTAT riferite all'anno 2009, che abbiamo reso disponibili oggi, indicano in circa 2.966.000 le unità di lavoro (ULA) che risultano non regolari. Le ULA


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sono le unità di analisi che quantificano in modo omogeneo il volume di lavoro svolto da coloro che partecipano al processo di produzione; quindi non sono le teste, come si suol dire, ma sono ottenute dalla somma delle posizioni lavorative a tempo pieno e dalle prestazioni lavorative a tempo parziale, principali e secondarie, trasformate in unità equivalenti a tempo pieno.
Nel 2009 il tasso di irregolarità calcolato come incidenza dell' unità di lavoro non regolare sul totale dell' unità di lavoro risulta pari al dodici virgola due per cento e si presenta in diminuzione rispetto al 2001, quando le unità di lavoro irregolari si attestavano intorno ai 3.280.000 unità e il tasso raggiungeva il 13,8 per cento.
Se le prestazioni lavorative sono non regolari, quindi non direttamente osservabili, producono un reddito che non viene dichiarato dalle unità produttive che le impiegano. L'incidenza del valore aggiunto prodotto dalle unità produttive che impiegano lavoro non regolare risulta nel 2006, ultimo anno di pubblicazione delle stime, pari al 6,4 per cento del PIL e in netto calo rispetto al 2001 quando rappresentava il 7,6 per cento.
In particolare, questo calo che abbiamo osservato dall'inizio degli anni Duemila è dovuto certamente alla normativa sul lavoro che è cambiata in modo considerevole, offrendo alle imprese la possibilità di ricorrere a forme di lavoro flessibile, sia in termini di durata del contratto che di orario di lavoro. Le nuove tipologie contrattuali, come ad esempio il lavoro interinale e il lavoro a termine, hanno consentito di incrementare il livello dell'occupazione dipendente regolare, mentre quella non regolare ha registrato un decremento. Gli strumenti normativi che regolano il lavoro atipico hanno avuto, inoltre, un rilevante impatto sul lavoro indipendente.
Anche gli interventi legislativi volti a sanare l'irregolarità lavorativa degli stranieri extracomunitari hanno agito sulla diminuzione del lavoro non regolare dei dipendenti.
Come detto, gli irregolari residenti e gli irregolari non residenti complessivamente sono circa 2.966.000 in termini di unità di lavoro. Gli irregolari residenti rappresentano la componente più rilevante delle unità di lavoro non regolari e sono, nel 2009, circa 1.650.000. L'altra componente rilevante è rappresentata dalle unità di lavoro riferibili alle posizioni plurime, cioè le posizioni che vengono svolte come seconda attività sia da residenti, sia da non residenti; queste attività plurime sono circa 937.000.
Gli stranieri clandestini rappresentano, invece, la componente più ridotta del lavoro non regolare e sono valutati in circa 377.000 unità di lavoro nel 2009. Nonostante gli interventi di sanatoria, tuttavia, è da rilevare che nel periodo 2001-2008 il numero di lavoratori stranieri irregolari è cresciuto subendo un'interruzione di tendenza solo nel 2009. Tale dinamica è presumibilmente dovuta a una tendenziale crescita della domanda di lavoro da parte delle famiglie, in particolare colf e badanti, che solo nel 2009 è stata controbilanciata dalla perdita complessiva di occupazione che ha riguardato le imprese a causa della crisi economica.
Nel periodo 2001-2008, quindi, gli interventi normativi hanno agito nella direzione di un contenimento del lavoro non regolare, consentendo di trasformare lavoratori già occupati irregolarmente in posizioni lavorative regolari. La crisi economica che ha riguardato l'ultimo biennio, invece, ha dato luogo a un differente quadro che, sebbene ancora basato su evidenze statistiche che dovranno essere consolidate, evidenzia una riduzione complessiva dell'occupazione pari a 660.000 unità e in particolare una forte contrazione del lavoro regolare (668.000) accompagnata da una lieve crescita del lavoro non regolare.
La diversa dinamica del lavoro regolare e non regolare ha determinato una modesta crescita del tasso di irregolarità, che è passato dall'11,9 per cento del 2008 al 12,2 per cento del 2009.
Se poi consideriamo che questa dinamica ha avuto degli effetti diversificati a livello settoriale, vediamo come anche nel 2009 siano confermati il minor tasso di


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irregolarità nell'industria in senso stretto, il forte tasso di regolarità nelle costruzioni e l'ancor più forte tasso di irregolarità nel commercio, riparazioni, alberghi e ristoranti, trasporti e comunicazioni.
A livello territoriale vi sono differenze significative. La diversa intensità emerge chiaramente dall'analisi dei dati ripartizionali sui tassi di irregolarità. Il classico schema che vede le regioni del nord e poi del centro comportarsi meglio di quelle del Mezzogiorno è pienamente rispettato anche per ciò che concerne i tassi di irregolarità. La quota di lavoro irregolare del Mezzogiorno, infatti, è più che doppia rispetto a quella delle due ripartizioni settentrionali.
Nel testo troverete i dettagli sia regionali che settoriali. Infatti, il tasso di irregolarità di una regione dipende anche dal fatto che in quella regione vi sono maggiormente attività ad alto tasso di irregolarità, quindi c'è un effetto composizione che sfavorisce nel caso particolare il Mezzogiorno.
Nella nota - e mi avvio alla conclusione - vi è anche una serie di dati che riguardano l'occupazione straniera italiana e per genere, derivati dall'indagine sulle forze lavoro nel 2009.
In particolare, nel 2009 si assiste alla forte caduta dell'occupazione italiana (meno 527.000 unità) e alla crescita di quella straniera (più 147.000 unità). Nel corso dell'anno, peraltro, mentre prosegue senza soluzione di continuità la riduzione degli occupati italiani, appare evidente la sostanziale contrazione della domanda di lavoro per gli stranieri che passano da un tasso di crescita su base annua del 12,5 per cento nella prima parte del 2009 al 4,9 per cento della seconda.
Mentre il tasso di occupazione degli italiani manifesta nel corso del 2009 una ininterrotta discesa, posizionandosi nel quarto trimestre al 56,5 per cento dal 57,8 per cento di un anno prima, il tasso di occupazione degli stranieri diminuisce anch'esso, anche se su livelli superiori: da 67,1 per cento del 2009 al 64,5 per cento. Il risultato riassume, quindi, per gli stranieri l'accentuata flessione del tasso di occupazione maschile e il cedimento di quella femminile.
Alla discesa del tasso di occupazione si accompagna la crescita della popolazione in cerca di un impiego, fenomeno questo che coinvolge sia gli italiani che gli stranieri. L'allargamento dell'area della disoccupazione italiana interessa con intensità progressivamente più forte l'intero 2009. Nel quarto trimestre il tasso di disoccupazione degli italiani raggiunge l'8,2 per cento, il tasso più elevato dal 2005, mentre il tasso di disoccupazione di stranieri raggiunge nello stesso periodo il 12,6 per cento: 10,8 per cento per gli uomini e 15 per cento per le donne.
La contrazione della base occupazionale è stata finora contrastata dal sostegno fornito dal lavoro non qualificato che coinvolge larga parte degli stranieri; in questo, senso l'immigrazione continua a rispondere, anche nella crisi, ai fabbisogni della domanda di lavoro non soddisfatti dalla manodopera locale.
Consolidando il modello di specializzazione degli ultimi anni, le professioni non qualificate coprono gran parte dell'occupazione straniera, dal manovale edile all'addetto delle imprese di pulizie, dal collaboratore domestico al bracciante agricolo, dall'assistente familiare al portantino nei servizi sanitari.
Se poi alle professioni non qualificate si aggiungono quelle svolte dagli operai - elettricisti, carpentieri, camionisti, addetti a macchinari e impianti - l'aumento degli occupati stranieri viene completamente spiegato. La nuova occupazione straniera si posiziona, quindi, nei settori dove era già maggiormente presente, accentuando il carattere duale del mercato del lavoro, con gli immigrati concentrati nei lavori meno qualificati e a bassa specializzazione.
In particolare, la componente maschile degli stranieri svolge una professione operaia in circa il 60 per cento dei casi e un'attività non qualificata in un ulteriore 23 per cento dei casi. Quella femminile si colloca per il 54,4 per cento nelle professioni


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non qualificate, rappresentando il 37 per cento del totale delle donne impiegate nei lavori non qualificati.
Nelle costruzioni, la quota di occupati stranieri è di oltre due volte superiore a quella degli italiani: 16,5 per cento rispetto al 7,7 per cento.
Come tutti sappiamo, nei servizi alle famiglie si colloca gran parte dell'occupazione, in particolare femminile, straniera. Complessivamente, in questo settore si colloca il 30 per cento degli occupati stranieri che operano nel terziario con una forte caratterizzazione femminile. Nello specifico, la concentrazione delle donne nel lavoro domestico e di cura diffusa sull'intero territorio nazionale è molto elevata; è vicina al 35 per cento del totale delle occupate straniere e a poco più del 40 per cento delle donne che lavorano nei servizi.
Gli alberghi e la ristorazione costituiscono i comparti dove si colloca un ulteriore 30 per cento dell'occupazione straniera che opera nel settore dei servizi. Il tipo di lavoro tende naturalmente a diversificare le realtà degli occupati italiani e quella straniera; ad esempio, nella ristorazione, in confronto alla concentrazione degli occupati stranieri in attività di bassa qualifica - lavapiatti, camerieri, cuochi - gli italiani si orientano in maniera decisamente più significativa verso le attività di gestione.
Concludo questa presentazione facendo riferimento a un documento, un flyer che vi abbiamo distribuito, che riguarda i censimenti; infatti, questi dati sono disponibili grazie ai censimenti.
Peccato che non sappiamo ancora se l'anno prossimo ci sarà il censimento.
Purtroppo, poiché mancano ancora la legge di indizione e i finanziamenti, il rischio è che questo appuntamento fondamentale per conoscere la realtà economica e sociale italiana venga mancato. Peraltro, non fare il censimento costa, in termini di multe, praticamente quanto farlo, visto che da quest'anno è anche richiesto dal regolamento comunitario. Pertanto, utilizzo l'occasione di oggi anche per invitare i parlamentari presenti a fare ciò che è in loro potere per avviare questa fondamentale operazione che, come potete immaginare, è già in ritardo straordinario.

PRESIDENTE. Ringrazio molto il professor Giovannini, anche perché ci ha dato un quadro assolutamente importante e significativo sull'andamento del lavoro nel nostro Paese, tra l'altro fornendoci anche qualche dato sorprendente, contenuto nella documentazione che ci ha portato.
Ad esempio, per me è sorprendente che in agricoltura il tasso di irregolarità è maggiore nel Lazio rispetto alla Calabria e ad alcune aree del Mezzogiorno. È vero che l'Agro Pontino si è sempre distinto per questi aspetti, però vediamo che ha raggiunto il 32,8 per cento, un tasso assolutamente inedito rispetto alle percentuali precedenti.
Tra l'altro accolgo anche l'invito, di cui ovviamente faremo tesoro, a sollecitare il Governo a che si apprestino tutti gli strumenti per quello che è un appuntamento assolutamente importante dell'anno prossimo che lei ha correttamente richiamato.
Do ora la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare le osservazioni.

MARIA GRAZIA GATTI. Signor presidente, vorrei ringraziare il professore per i dati che ci ha fornito e per il materiale che mi sembra - anche se l'ho visto molto rapidamente - di grande qualità. Devo dire che i report trimestrali che l'ISTAT produce sono assolutamente essenziali anche per il nostro lavoro.
Raccolgo, anche a nome del PD, l'appello che viene dall'Istituto affinché possa continuare ad operare anche con il metodo del censimento che mi sembra in certe situazioni l'unica possibilità per raccogliere i dati e per fornirne letture interpretative.
In relazione, invece, all'indagine conoscitiva che stiamo svolgendo, io vorrei soffermare la mia attenzione sulla tabella 3 che riporta il tasso di irregolarità delle unità di lavoro per settore di attività economica. Vorrei fare un paio di osservazioni e vedere se quella che do è una lettura di una qualche ragionevolezza.
Noto che, per il 2009, l'agricoltura, dopo un andamento discendente - ma


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questo riguarda tutti i settori - comincia a risalire e presenta un 24,5, valore che rispetto alla media del 12,2 è assolutamente significativo.
Ora, se noi pensiamo che stiamo riflettendo sul caporalato soprattutto extracomunitario e in certe zone, i settori che mi vengono subito in mente sono l'agricoltura da una parte e l'edilizia dall'altro.
Rispetto a un andamento che vede una discesa dei tassi di irregolarità per un certo numero di anni con un'inversione di tendenza nell'ultimo anno in cui sicuramente ricomincia a crescere leggermente, il vostro rapporto presenta, anche in questo caso, un'agricoltura con un dato assolutamente significativo; inoltre, anche la parte relativa alle costruzioni ha una percentuale di tutto rispetto.
Insomma, a prescindere dagli episodi più clamorosi - come Rosarno e via dicendo - mi sembra di capire che una serie di problemi crescono e sono assolutamente significativi anche dal punto di vista della quantità delle persone coinvolte.

GIULIANO CAZZOLA. Signor presidente, ringrazio anch'io il professor Giovannini e mi associo alle sue considerazioni rispetto alle iniziative da adottare, anche col nostro contributo, per l'esigenza di realizzare il censimento l'anno prossimo nei tempi e con le risorse dovute.
Ho una domanda e una considerazione da svolgere; lo faccio rapidamente.
Lei ha detto - sebbene l'avessimo già notato poiché risultava dai dati - che nel 2009, a fronte di un calo dell'occupazione italiana, abbiamo avuto, invece, un incremento, decrescente nei trimestri di rilevazioni, ma comunque sempre in crescita, della occupazione straniera; diceva inoltre che nel 2010 questo trend si è invertito e ha cambiato di segno, nel senso che anche l'occupazione straniera nel 2010 presenta aspetti di declino. Questo a suo avviso deriva da una intensificazione dei processi di crisi, oppure il dato del 2009 era un dato diciamo spurio, in quanto risentiva anche di vicende di carattere classificatorio, statistico, di sanatorie e via dicendo?
Lo chiedo perché io interpretavo, per esempio, i dati del 2009 alla luce di una convinzione; del resto si fa sempre così, si finisce sempre per usare i dati come gli ubriachi usano lampioni, ovvero per appoggiarvisi anziché per fare luce. Sostengo che in Italia ci sono dei lavori rifiutati dagli italiani, che solo gli stranieri fanno, per cui anche in una situazione di crisi nel 2009 posti ce n'erano però erano, anche in una situazione di crisi, rifiutati dagli italiani.
Ciò detto, mi pare che il dato del 2010 richieda una conferma o una smentita di questa mia tesi.
La considerazione, invece, è la seguente: a pagina 16 del suo dossier - e anche qui io sono rimasto colpito - c'è una valutazione molto interessante sull'occupazione straniera in Italia, che si concentra per il 40 per cento nell'industria, peraltro con tassi di occupazione che sono grossomodo equipollenti a quelli italiani; trovo che questo sia un dato davvero molto importante. Nell'edilizia, addirittura, mi pare che il numero degli occupati stranieri sia due volte superiore a quello degli italiani. Nel terziario, invece, abbiamo una prevalenza dell'occupazione italiana, salvo alcuni settori dei servizi alle persone.
Nello stesso tempo, però, nel capoverso precedente si insiste molto sulla caratteristica occupazionale degli immigrati che li vede collocati nei lavori meno qualificati a bassa specializzazione; ebbene, ritengo, invece, che sia molto difficile.
È chiaro che anche nell'industria c'è il caporeparto e l'operaio qualificato; è chiaro che lavori più o meno qualificati ci sono ovunque. Tuttavia, io credo che sia molto difficile dire che oggi come oggi l'occupazione nell'industria e l'occupazione edilizia sono lavori scarsamente qualificati, in quanto proprio la nuova tecnologia ha in qualche modo superato i lavori meno qualificati. Nel campo dell'edilizia non esiste più l'operaio che si mette cinque pietre in spalla e le porta su; questi sono lavori che, salvo forse in qualche caso marginale, non esistono più.
Ho l'impressione che avere un numero così importante di lavoratori immigrati in


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settori di occupazione secondo me più qualificata, rispetto a quella che viene richiesta per esempio in un negozio che apre sei mesi e poi chiude, sia un segno del fatto che, per fortuna, gli immigrati hanno fatto strada anche nella qualificazione sociale del lavoro nel nostro Paese.

PAOLA PELINO. Vorrei soltanto esprimere un concetto. Il presidente Giovannini, che ringrazio della sua relazione, ha messo in evidenza attraverso alcuni dati che c'è una flessione per quanto riguarda gli immigrati del lavoro irregolare; questo è un dato importante perché penso che gli strumenti legislativi messi in atto, che hanno consentito una regolamentazione dell'immigrazione in vista del rilascio di permessi di soggiorno regolari, comportano necessariamente la registrazione al lavoro di questi immigrati.
Questo, dunque, potrebbe contribuire a debellare una piaga - quella del lavoro nero - dove l'immigrato sino a qualche tempo fa la faceva più da protagonista. Vedo, invece, che adesso c'è una sorta di flessione, anche se in alcuni settori probabilmente c'è ancora qualcosa da sistemare.
La ringrazio, comunque, perché la sua relazione è stata interessante e anch'io mi associo nell'accogliere la preghiera che ha rivolto lei al Parlamento in relazione all'esigenza di assicurare la prosecuzione delle attività di censimento: credo che il vostro lavoro sia necessario e interessante; è un complemento molto importante per il nostro lavoro in generale, quindi faremo di tutto per soddisfare la sua richiesta.

PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, do la parola al nostro ospite per la replica.

ENRICO GIOVANNINI, Presidente dell'ISTAT. Vi ringrazio per le gentili parole di apprezzamento del lavoro dell'Istituto; credo che per chi è presente qui sia un incoraggiamento importante perché con le risorse disponibili i dipendenti dell'ISTAT fanno veramente grandi sforzi per soddisfare la domanda di informazione che è sempre crescente.
Nell'agricoltura certamente il problema è non solo grave ma, come abbiamo visto, in crescita. È evidente che, soprattutto nel momento in cui si pensa all'agricoltura non solo come a un'attività economica ma anche come a un'attività di gestione del territorio in termini rurali, quindi in termini più ampi, avere un tasso di irregolarità molto forte non aiuta la costruzione di politiche e di piani di medio termine, anche per la difesa dell'ambiente.
In altre parole, il radicamento dei lavoratori dell'agricoltura - che come abbiamo detto non è solo attività agricola ma è anche attività rurale - è importante per il successo di questa iniziativa.
L'onorevole Cazzola faceva riferimento a vari punti, quindi sarò un po' più dettagliato nelle mie risposte.
Innanzitutto veniamo alle sanatorie e in particolare alla sanatoria di settembre che tutti abbiamo più o meno in mente. In realtà a settembre c'è stato solo l'avvio del processo di sanatoria; al di là delle domande che sono state presentate, in realtà lo smaltimento delle domande e quindi la regolarizzazione e l'iscrizione in anagrafe dei regolarizzati stanno procedendo, come voi sapete, molto lentamente.
Non ci dovevamo aspettare, dunque, un gradino a settembre, visto che questo dato viene spalmato in tutti i mesi successivi; noi naturalmente, nell'indagine sulle forze lavoro, prendiamo atto di questo cambiamento nel momento in cui le persone sono iscritte in anagrafe, facendo l'aggiornamento della popolazione tipicamente all'inizio di ogni anno.
Pertanto, è soltanto con i dati del 2010 che questo elemento verrà preso in considerazione; come dicevo, le regolarizzazioni effettive stanno procedendo molto gradualmente.
Per ciò che concerne i tassi di occupazione alti per gli stranieri, dobbiamo anche considerare che naturalmente la popolazione di stranieri che è sul nostro territorio è relativamente giovane e quindi è naturale che i tassi di attività siano relativamente più alti, anche perché la legislazione richiede, per poter risiedere,


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di avere un lavoro. Non possiamo, dunque, semplicemente confrontare il tasso di attività degli italiani e il tasso di attività degli stranieri, perché c'è un effetto composizione di base che introduce una asimmetria strutturale.
Tuttavia, quando dico che sono relativamente giovani, dico anche che sono di relativamente recente entrata nei nostri mercati; pertanto, è evidente che la progressione nella struttura piramidale di una fabbrica, ad esempio, che richiede tempo, anche per gli stranieri necessita di un tempo sufficiente per fare carriera, se posso usare questo termine. Quindi, se osserviamo il fatto che sono collocati in posizioni relativamente meno qualificate - questo non vuol dire che il tipo di lavoro è più qualificato di una volta, ma che è relativamente ancora meno qualificato rispetto al dirigente, per esempio - questo elemento tempo va considerato, nel momento in cui si fanno queste analisi.
È vero che un operaio oggi non svolge più l'attività tipica operaia di vent'anni fa e quindi la qualificazione è più elevata, ma resta il fatto che un operaio è relativamente meno qualificato rispetto ad altri tipi di professionalità che noi pure misuriamo qui.
Da questo punto di vista direi che questo paragrafo a cui l'onorevole faceva riferimento distingue tra le professioni più qualificate e quelle meno qualificate da una parte e, dall'altra, la posizione nella professione: sono due elementi che le nostre classificazioni consentono di cogliere.
L'ultima considerazione che volevo esprimere riguarda le analisi che vi abbiamo presentato che chiaramente sono estremamente sintetiche rispetto alla ricchezza dei dati che abbiamo; pertanto, l'incrocio dei settori e dei territori, a mio parere - se posso permettermi - potrebbe essere un elemento su cui la Commissione potrebbe particolarmente dedicarsi e soffermarsi. Anche le attività di prevenzione o di repressione, infatti, che sono localizzate sul territorio, devono andare a insistere su quelle attività che su quel territorio specifico sono particolarmente rilevanti; in questo caso, dunque, le medie statistiche sono meno significative della variabilità e quindi il mio suggerimento è di andare a guardare questi dati in veste più disaggregata possibile. Naturalmente l'ISTAT resta a disposizione della Commissione se ci fosse bisogno di dati ancora più disaggregati.

PRESIDENTE. La ringrazio molto, anche perché noi stiamo sostanzialmente per ultimare la nostra indagine conoscitiva; dopo l'audizione con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, presumibilmente concluderemo i nostri lavori entro il mese di maggio.
La ringrazio per la sua disponibilità, dunque, perché nel momento in cui entreremo poi nella fase di elaborazione del documento conclusivo, probabilmente qualche ulteriore dato disaggregato - perché questo è un interesse specifico che vorremmo portare all'attenzione del Parlamento, ovvero capire esattamente quali sono le aree «di crisi» sulle quali intervenire in maniera più significativa, anche attraverso percorsi normativi specificatamente guidati - per raggiungere questo obiettivo potrebbe essere assolutamente necessario. La ringrazio, quindi, anticipatamente.
Ringrazio il presidente e i collaboratori dell'ISTAT per il contributo che ci hanno fornito. Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 9,35.

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