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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione I
6.
Mercoledì 27 maggio 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bruno Donato, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'INFORMATIZZAZIONE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI

Audizione di rappresentanti di imprese operanti nel settore (Confindustria - Servizi innovativi e tecnologici):

Bruno Donato, Presidente ... 3 6 9 11 12
Calderisi Giuseppe (PdL) ... 12
Giovanelli Oriano (PD) ... 7
Lanzillotta Linda (PD) ... 11
Tripi Alberto, Presidente di Confindustria-Servizi innovativi e tecnologici ... 3 9 11 12
Vanalli Pierguido (LNP) ... 6 9
Volpi Raffaele (LNP) ... 7
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: (Misto-RRP).

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta antimeridiana di mercoledì 27 maggio 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 12,35.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di imprese operanti nel settore (Confindustria - Servizi innovativi e tecnologici).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'informatizzazione delle pubbliche amministrazioni, l'audizione di rappresentanti di imprese operanti nel settore (Confindustria - Servizi innovativi e tecnologici).
Do la parola all'ingegner Alberto Tripi, presidente di Confindustria - Servizi innovativi e tecnologici.

ALBERTO TRIPI, Presidente di Confindustria - Servizi innovativi e tecnologici. Confindustria - Servizi innovativi e tecnologici è la federazione di Confindustria che rappresenta le aziende di informatica, di telecomunicazioni, di comunicazioni e altre quaranta imprese, di engineering ma non solo, per un totale di oltre 15.000.
Siamo molto interessati all'informatizzazione della pubblica amministrazione. Abbiamo portato un documento che consegno alla presidenza. Formulerò alcune osservazioni in merito a quanto sta accadendo e a quanto ci auguriamo accada in futuro nel campo dell'informatizzazione della pubblica amministrazione. Se il presidente e gli onorevoli deputati desidereranno rivolgerci domande, saremo lieti di poter rispondere.
Che cosa si sta verificando nel nostro Paese per quanto riguarda l'informatizzazione della pubblica amministrazione? Anno dopo anno diminuisce la spesa della pubblica amministrazione per il suo ammodernamento e per l'introduzione dell'informatica al proprio interno. Questo credo sia già emerso dalle audizioni che sono già state svolte. Riferisco, infatti, dati del CNIPA che sono a disposizione di tutti.
Un elemento ulteriore su cui dobbiamo riflettere è che non solo diminuiscono le spese per l'informatizzazione, ma anche la loro qualità è inadeguata. Si tratta, infatti, di spese dedicate principalmente alla manutenzione, ossia a tenere in piedi quanto è stato realizzato negli anni passati. Questo fa sì che l'Italia scenda nei ranking relativi all'efficienza informatica della pubblica amministrazione rispetto agli altri Paesi.
L'efficienza in questo campo è importante, in particolare, perché l'informatica consente di limitare molto la discrezionalità dei funzionari pubblici, dal momento che i tempi sono certi, le pratiche sono visibili e i processi compiuti dalla pubblica amministrazione sono evidenti. Oltre a ciò, si determina un'efficienza molto forte dal punto di vista del rapporto fra cittadini e imprese da una parte e pubblica amministrazione dall'altra. Non si deve più pensare, infatti, di tenere una serie di incontri nei vari ministeri, di costringere i


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cittadini a sottoporsi alle file o le imprese a recarsi in uffici preposti: attraverso l'informatizzazione tutto ciò viene pressoché azzerato.
Per quanto riguarda i cambiamenti in atto, direi che questa impostazione, come ha riconosciuto lo stesso Ministro Brunetta nel suo libro, è stata data già nella passata legislatura. Fino ad oggi l'informatizzazione della pubblica amministrazione veniva intesa come un miglioramento dei processi interni della stessa, che sono senza dubbio validi. Come ho detto, i miglioramenti sono avvenuti in misura ridotta e le nuove applicazioni languono, mentre si pensa più alla manutenzione. Comunque, il focus riguarda il miglior flusso di informazioni all'interno della pubblica amministrazione.
Il cambiamento molto forte, invece, sta nel porre i cittadini e le imprese al centro della pubblica amministrazione. Se la pubblica amministrazione è, come credo che tutti noi siamo convinti che sia, una macchina al servizio dei cittadini e delle imprese, credo che il giusto atteggiamento sia quello di pensare a questi soggetti come momento culminante dell'attività della pubblica amministrazione stessa.
Pertanto, non parliamo più semplicemente di una pubblica amministrazione che amministra se stessa - sebbene una auto-amministrazione sia sempre utile, per evitare che si proceda ad libitum - ma di una amministrazione che ha il proprio focus nel cittadino e nelle imprese. Emergono, dunque, tutte quelle attività e applicazioni, in alcuni casi proposte da Confindustria-Servizi Innovativi e Tecnologici - nei diversi anni nei quali siamo stati coinvolti dal Parlamento, dai ministeri, dai sindacati stessi - che, gradualmente, il Governo e il Parlamento stanno facendo proprie.
Il piano di e-government del Ministro Brunetta sta andando proprio in questa direzione. In alcune parti, tale piano ripercorre le proposte di precedenti Governi; in altre, semplifica alcune delle operazioni che si pensa spettino alla pubblica amministrazione, rendendole più fruibili per i cittadini e le imprese.
Al nostro interno abbiamo svolto alcune riflessioni in proposito e abbiamo verificato che la maggioranza delle operazioni che il piano del Ministro Brunetta si prefigge vanno proprio nella direzione da noi sempre proposta alle varie istituzioni con le quali ci siamo confrontati.
Non sfugge che non abbiamo mai riscontrato, nelle istituzioni incontrate finora, una contrapposizione, ma sempre un'accettazione quasi completa delle nostre idee o proposte. Tuttavia, fra l'essere d'accordo sui progetti e concretizzarli finora il passo è stato lungo e difficile. Infatti, la pubblica amministrazione spende sempre di meno. La macchina amministrativa non è certo gradita alle imprese - parliamo come Confindustria - ma anche dai cittadini (le imprese, del resto, sono composte di cittadini) non viene certo accettata di buon grado.
Per quanto riguarda le nostre proposte, proprio oggi pomeriggio presenterò nel consiglio direttivo di Confindustria, insieme al collega Galateri, il nostro piano relativo alla digitalizzazione del Paese, mostrando come Confindustria e le sue aziende possano collaborare a questo processo, alla rivoluzione in termini di efficienza che speriamo il nostro Paese sappia cogliere. Gran parte delle presentazioni previste si rivolgono proprio ai processi di informatizzazione, di ricerca di maggiore efficienza nella pubblica amministrazione.
Se la Commissione lo ritiene opportuno, posso entrare nel dettaglio dei vari progetti da noi individuati; quasi tutti recano lo stesso titolo di quelli che si trovano nel piano di e-government e vanno dalla sanità, all'ottimizzazione dei consumi energetici, al turismo, a una contabilità della pubblica amministrazione più visibile e così via. Nell'ambito di una grande varietà di progetti, molto importante è quello relativo alla digitalizzazione dei processi civili. Insomma, il piano copre tutte le aree a voi note. Non credo di doverle specificare, dal momento che vi occupate spesso di questo argomento, arrivando anche ad emanare leggi, regolamenti e indirizzi.


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Se la Commissione desidera acquisire informazioni ulteriori sui singoli progetti, siamo disponibili a fornirle. Tuttavia, vorrei attirare la vostra attenzione su alcune condizioni necessarie perché questi progetti si possano realizzare, altrimenti, ancora una volta, non si riusciranno a concretizzare le buone intenzioni.
In primo luogo, sapete che le imprese per progredire devono avere denaro. In questo senso, noi siamo i veri finanziatori dell'informatica nella pubblica amministrazione, perché compiamo il nostro dovere, svolgiamo il nostro lavoro, firmiamo alcuni contratti. La pubblica amministrazione, però, non onora i suoi impegni, non paga come noi ci aspetteremmo da parte di un ente così importante, né tiene un comportamento in linea con gli accordi presi.
Capita, dunque, che alcune aziende, in particolare medie e piccole, dotate di tecnologie particolari o di nicchie di know-how estremamente importanti, non possano più essere tra i fornitori della pubblica amministrazione. In questo modo, si perde la possibilità dell'apporto di conoscenze estremamente utili in un processo così delicato come quello dell'informatizzazione.
Avrete letto le stime di Confindustria relative ai debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle aziende private: parliamo di 70 miliardi, 40 secondo il Ministro Tremonti. Si tratta, comunque, di cifre estremamente alte.
Noi ci rendiamo conto del fatto che, se le casse dello Stato dovessero tirar fuori improvvisamente 40 o 70 miliardi, la nostra finanza pubblica ne risentirebbe gravemente. Siamo dunque coscienti che la nostra richiesta non può avere una risposta positiva immediata. È importante, però, che si inverta questo trend che, negli ultimi due o tre anni, è andato peggiorando, in quanto i termini di pagamento delle pubbliche amministrazioni sono aumentati.
Questo fenomeno è inasprito anche da un'altra criticità, relativa alle banche. L'accordo Basilea II, in particolare, non permette di scontare le fatture che hanno un'anzianità superiore ai sei mesi; inoltre, le banche stanno ponendo una certa attenzione nell'erogare i crediti. Ebbene, i crediti delle nostre aziende nei confronti della pubblica amministrazione sono sempre meno scontabili e sempre meno anticipabili. Un'impresa che non vede pagati i propri crediti e che, per di più, non riesce a darli alle banche per avere delle anticipazioni, difficilmente può reggere, a meno che non diminuisca i propri investimenti in miglioramenti tecnologici. Dunque, a trarne un danno è nuovamente la pubblica amministrazione, perché i servizi e i prodotti che le imprese offrono sono di qualità inferiore a quelli che, invece, sarebbero offerti se ci fosse la possibilità di ricevere i pagamenti previsti.
Inoltre, si tratta anche di unfair competition nei riguardi dei Paesi esteri. Pensate che in Germania le pubbliche amministrazioni pagano, ormai da diversi anni, in quarantacinque giorni, mentre da noi la media è di otto mesi, sebbene si arrivi a casi di anni per ricevere il pagamento. Le aziende estere nostre concorrenti, pertanto, possono finanziarsi in maniera più efficace di noi ed hanno la possibilità di farci concorrenza in modo molto più spinto. In definitiva, signor presidente, se non risolviamo questo aspetto il resto non può funzionare.
Aggiungo un altro elemento: il sistema delle gare pubbliche è sbagliato. Si consideri che in Italia abbiamo 20 mila stazioni appaltanti, un numero enorme. I commissari di gara per i concorsi in ambito informatico, inoltre, spesso sono persone probe, egregie, rigorose, magari di cultura umanistica, ma in genere assolutamente privi di conoscenze informatiche. Accade, allora, che questi signori giudichino l'offerta dal punto di vista tecnico a parità, perché non sapendo, ad esempio, se è meglio un software della Microsoft o dell'IBM, assegnano un punteggio uguale all'uno e all'altro.
Ciò fa sì che le gare siano al massimo ribasso. Questo significa che i prodotti costano poco, le aziende più sane non possono neanche più offrirli, forse a volte


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si favorisce un'occupazione non completamente in linea con i canoni che la stessa dovrebbe avere.
Per ovviare a questa situazione, come abbiamo già proposto in diverse sedi, si dovrebbe istituire un registro di commissari tecnologicamente - ed eticamente, a va sans dire - proponibili alle amministrazioni pubbliche in modo che si abbia la possibilità di bandire gare esaminate da persone competenti.
Infine - terzo e conclusivo elemento - dei circa 3,5 miliardi di euro spesi nella pubblica amministrazione centrale e locale, un miliardo va alle società in house, ossia di totale proprietà della stessa. Questa evidenza non può non farci pensare a una mortificazione della concorrenza. Stipulare dei contratti senza bandire alcuna gara con pagamenti a piè di lista vuol dire impedire la possibilità di concorrere.
Vengo, dunque, a formulare una proposta che oggi prospetterò al consiglio direttivo di Confindustria, ma mi preme sottoporla ancor prima alla vostra attenzione. Per ricavare risorse da queste nostre ipotesi, è necessario che, in qualità di aziende, oltre a fornire tecnologia e tutto il necessario, estendiamo il concetto di project financing dai lavori pubblici standard (ponti, strade e via elencando) anche ai servizi informatici. Abbiamo delle idee di proposte di legge che invieremo senza dubbio al Presidente Bruno, augurandoci che questa possa essere una strada per sviluppare meglio l'informatica nella pubblica amministrazione.
Cito un ultimo dato. Dai nostri conti - con tutta l'approssimazione che possono avere dei conti fatti da imprenditori, essendovi sicuramente figure molto più autorevoli di noi preposte a tale compito - risulta che se nei prossimi quattro anni investiamo quattro miliardi di euro nell'informatica nella pubblica amministrazione, dal terzo anno in poi avremo un risparmio di quattro miliardi l'anno. Questo vale solo per la pubblica amministrazione; sommando a questo beneficio il vantaggio che ne ricaviamo come imprese e come cittadini, non credo ci sia business che abbia un pay back, ossia un ritorno degli investimenti, così forte. Perché non farlo? C'è qualcuno che apprezza e ha interesse a mantenere una pubblica amministrazione male organizzata? Questo è un dubbio che lascio a voi perché dovrete essere voi a fugarlo.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

PIERGUIDO VANALLI. Da sindaco mi viene in mente innanzitutto che il mio comune non si è mai permesso di affidare un appalto, un servizio o comunque espletare una gara senza aver prima messo da parte i soldi, come sancito dalla legge.
Non ho ancora capito, pertanto, quali sono gli enti pubblici che non pagano le imprese che svolgono correttamente il proprio lavoro. Io non potrei farlo neanche volendo e naturalmente non lo voglio. Dunque, esiste un'Italia che, probabilmente, lavora in modo differente da me. Comunque, fare sempre di tutta l'erba un fascio non è correttissimo.
Non ho nulla da eccepire sul fatto che l'informatica sia il futuro del mondo, che ormai questa tendenza sia dominante e via dicendo. Tuttavia, lavorando nella pubblica amministrazione, mi sono fatto l'idea che, ai fini del buon risultato della stessa, tutta questa informatica, negli ultimi quindici anni, non sia stata così efficace. Di fatto, abbiamo costruito una classe lavorativa che sa forse tutto di internet e di come si usano i computer, ma sul territorio non ha la più pallida idea di come si realizza veramente un'opera pubblica (il riscontro più pratico e diretto sono le opere pubbliche) e di come lavorano le imprese. Nonostante le conoscenze attestate sulla carta, crollano i ponti dopo cinque anni e ci si domanda perché. Tuttavia, se si rispolvera via computer l'iter di quella pratica, sicuramente non si riscontrerà alcuna scorrettezza.
Evidentemente, è corretto continuare su questa strada ed è corretto che la pubblica amministrazione paghi le ditte che lavorano per la stessa. Tuttavia, sarebbe anche corretto - non mi rivolgo a


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voi, che svolgete il vostro lavoro, ma a noi parlamentari - come ho già avuto modo di dire in un'altra occasione, cercare di restituire ai nostri funzionari e a quanti lavorano per il pubblico l'autorevolezza che probabilmente una volta avevano, ma oggi non hanno più. Forse ci si nasconde dietro le carte e le procedure, per mettersi al sicuro sotto il profilo della ricerca della responsabilità. La realtà è che non disponiamo più di persone sicure di svolgere bene il proprio lavoro, tanto da essere in grado di prendere una decisione anche contro l'evidenza di una carta.
Probabilmente, gli imprenditori hanno questa capacità, devono necessariamente possederla per poter fare impresa. Infatti, se si dovessero attenere esclusivamente a qualsiasi carta alla loro portata, probabilmente non arriverebbero neanche a pagare l'IVA l'anno successivo. Continuiamo a sostenere la necessità di portare nel pubblico questa capacità propria del privato, ma non ci si può limitare a trasferire una capacità di spesa. Occorre, piuttosto, portare nel pubblico la responsabilità degli amministratori nel saper prendere una decisione e nel difenderla anche quando una qualche carta afferma il contrario. Purtroppo, per come si è impostato il lavoro nella pubblica amministrazione, siamo pieni di carte che ci dicono quello che sarebbe bello fare, ma nemmeno una che ci dica quello che è giusto fare. Ciò avviene perché non siamo più capaci di prendere una decisione.
Si è parlato della necessità di ridare autorevolezza ai funzionari nell'espletamento delle gare pubbliche. Personalmente ne ho bandita qualcuna e posso dire che sono necessari mesi di lavoro per organizzare una gara pubblica e, alla fine, non si è mai sicuri di aver svolto tutto correttamente e si spera sempre che nessuno invalidi il procedimento, pur sapendo in cuor proprio di aver agito nel modo più corretto possibile. Devo dire, tra l'altro, che gran parte delle ditte gioca su questo elemento. In molte aziende, infatti, imprenditore equivale a dire avvocato, con uno studio da qualche parte dell'Italia e alle gare si partecipa tramite computer (con l'uso del computer, in effetti, è aumentato il consumo della carta) per poi fare ricorso. In un caso su due si vince e si coprono anche le spese delle altre gare a cui si partecipa.
Si è innescato un meccanismo, dunque, tra finti imprenditori che non lavorano, ma producono solo carta, e pubblica amministrazione che rincorre la carta prodotta dagli altri. Probabilmente, il bello, come del resto il brutto, non sta da nessuna delle due parti, però è corretto fare delle proposte per aiutarci a vicenda.
Dobbiamo creare i presupposti, presidente, per quanto di nostra competenza per permettere al pubblico di ritornare quello di una volta, dandogli un indirizzo migliore, più corretto, più efficace e fornendo risposte ai cittadini su queste problematiche.

RAFFAELE VOLPI. Credo che i suggerimenti di chi fa impresa siano utili anche a noi che dovremmo stimolare maggiormente la pubblica amministrazione nel raggiungimento dell'efficienza.
Se mi consente, presidente Tripi, le pongo una domanda precisa, perché mi ha molto interessato l'ultimo punto che lei ha trattato. Mi riferisco al ritorno degli investimenti rispetto a un intervento sulla pubblica amministrazione o, comunque, di sinergia con la stessa. Mi interesserebbe conoscere in maniera più precisa i meccanismi sui quali si dovrebbe esercitare questa spinta che porterebbe a un risparmio della pubblica amministrazione. Del resto, credo che l'intervento, seppur tecnologico, abbia nell'amministrazione pubblica dei limiti diversi da quelli di un intervento specifico, per esempio, in un'impresa privata sulle risorse umane. Ci sono modalità diverse, quindi vorrei capire se si tratta di un miglioramento funzionale dei sistemi o se esiste una previsione diversa che potrebbe essere valutata come intervento.

ORIANO GIOVANELLI. Relativamente alla questione dei ritardi dei pagamenti, faccio presente che il Partito democratico l'ha sollevata ripetutamente in Aula, anche


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nel corso dell'esame dei provvedimenti relativi alla crisi particolarmente pesante che investe il mondo del lavoro nel nostro Paese. Tuttavia, non sono giunte risposte al riguardo.
Credo che la situazione non sia esattamente quella che ha riferito in precedenza il collega della Lega. Certo, ci sono amministrazioni e amministrazioni - questo va da sé, dal momento che la situazione è a macchia di leopardo - ma ci sono anche tipologie diverse di amministrazione. Non esiste, infatti, solo l'amministrazione locale, ma anche l'amministrazione sanitaria, quella della giustizia, l'amministrazione centrale, con meccanismi di funzionamento oggettivamente diversi.
Non c'è dubbio che, per quanto riguarda la parte locale, un peso negativo su questa vicenda grave dei ritardati pagamenti è da attribuirsi all'articolazione del patto di stabilità interno. Infatti, anche qualora le risorse siano state previste in competenza, se si supera il limite sulla cassa saltano i patti di stabilità. In vista dei bilanci consuntivi, dunque, molte amministrazioni cominciano a non pagare mesi prima della fine dell'anno finanziario. Questo tema va assolutamente affrontato e mi auguro che non si vada alla prossima legge finanziaria con un patto di stabilità interno di questo tipo. È necessario, cioè, dare una mano alle imprese, ma anche alle autonomie, creando le condizioni per chi è in grado di spendere e di pagare. Credo che questa debba essere una richiesta che unitariamente il mondo delle imprese e il mondo delle autonomie rivolgono al Governo.
Inoltre, bisogna considerare che, in una fase di crisi, l'impegno degli altri Paesi per affrontare la situazione si è concretizzato in misure che, rispetto al prodotto interno lordo, sono ben più significative di quanto ha speso il nostro Paese. Pertanto, si sarebbe potuto prendere in considerazione un allentamento dei cordoni, per dare la possibilità di coprire, non dico i 40 miliardi di esposizione nei confronti delle imprese, ma almeno una parte, secondo opportuni criteri. Non considerare questa possibilità credo sia stato un errore.
Sicuramente esiste la questione delle stazioni appaltanti. Da questo punto di vista, si può fare molto di più, ma ritengo giusta la direzione intrapresa negli ultimi anni verso la concentrazione delle stazioni appaltanti. Mi pare, infatti, che nei provvedimenti finanziari del Governo Prodi - non smentiti dall'attuale Governo - ci sia una tendenza a una loro razionalizzazione. Questa, in ogni caso, è sicuramente una criticità per il nostro Paese.
Allo stesso modo, resta il problema delle società in house. Se fosse stata presente la collega Lanzillotta, avrebbe sicuramente detto meglio di me che nel disegno di legge da lei presentato nella scorsa legislatura era previsto al riguardo un vincolo molto forte, non approvato al Senato per divisioni interne alla maggioranza, ma anche per la forte ostilità di alcuni componenti dell'opposizione. Questo provvedimento, che va nel senso di un'effettiva liberalizzazione del mercato dei servizi pubblici locali, inclusa l'informatica, è un peso. Le ultime rilevazioni, non a caso, danno il nostro Paese in forte arretramento su questo tema. In altre parole, ci siamo fermati nel processo di liberalizzazione. Dal momento che questo fattore conterà per accelerare la ripresa nel momento in cui, passata la crisi, si dovrà ripartire, credo che la maggioranza dovrebbe ragionarci sopra seriamente.
Non ho dubbi sul fatto che, se si investisse un miliardo all'anno, si arriverebbe a un risparmio. Credo, però, che da questo punto di vista dovremmo anche analizzare - lo faceva bene prima il collega Vanalli - con una certa sobrietà e serietà i risultati di quanto abbiamo investito finora.
Anch'io ho avuto un'esperienza da sindaco e devo dire che, quando ero in carica, gli investimenti che abbiamo attuato in questo settore hanno dato risultati. Una regione come la mia, che rientrava nella lista nera per la spesa sanitaria, grazie alla creazione di un'azienda unica sanitaria regionale e grazie all'informatica, che nella sanità può essere di grande ausilio, è uscita dalla lista nera e oggi è una delle


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regioni in condizioni migliori dal punto di vista dell'equilibrio dei conti della sanità.
Più ci allontaniamo dal territorio, più si ha la sensazione che questa spesa nell'informatizzazione non dia risultati immediatamente tangibili. Mi riferisco, tra l'altro, alla stagione del CNIPA, al significato assunto da questo Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione e alla tipologia di progetti finanziati. Si è insistito molto, in particolare, sulla e-democracy e sull'e-government, facendo balenare idee di offerta di chissà quali servizi on line, alle quali non corrispondeva nulla di concreto. In effetti, credo che molti soldi siano stati spesi male.
Da questo punto di vista, si dovrebbe rimettere a punto un patto strategico fra le regioni, le autonomie locali e lo Stato sull'orientamento della spesa, visto che le risorse saranno limitate. Se non ricordo male, il Ministro Nicolais aveva messo a punto un piano strategico, approvato anche dalla Conferenza Unificata, che mi sembrava rileggesse, anche autocriticamente, la storia degli ultimi anni e ponesse le basi per capire meglio la direzione da intraprendere.
Al riguardo, mi sentirei di non buttare via quel lavoro e di sottolineare la necessità di riprendere un dialogo fra Governo e imprese, non soltanto sulle risorse, ma anche in relazione agli orientamenti.

PRESIDENTE. Do la parola all'ingegner Tripi per la replica.

ALBERTO TRIPI, Presidente di Confindustria - Servizi innovativi e tecnologici. Ieri ero a Torino, in occasione della presentazione del Salone del software. È significativo che a Torino, patria della meccanica, ci fossero quattrocento imprese che proponevano software.
In quella occasione abbiamo parlato di crediti con gli amministratori pubblici che hanno partecipato, dal sindaco di Torino, al presidente della regione e altri sindaci. Tra l'altro, onorevole Vanalli, se mi dice qual è il suo comune vengo subito a offrire i miei prodotti, almeno lei pagherà.

PIERGUIDO VANALLI. Pontida.

ALBERTO TRIPI, Presidente di Confindustria - Servizi innovativi e tecnologici. Benissimo.
Ebbene, questi amministratori ci hanno riferito che fanno sempre affidamento su crediti che vantano nei confronti di non so quali soggetti, in base ai quali predispongono il piano delle spese.

PIERGUIDO VANALLI. C'è una legge...

ALBERTO TRIPI, Presidente di Confindustria - Servizi innovativi e tecnologici. Questi signori, sapendo di poter fare affidamento su alcuni crediti e non potendo riscuoterli, non ci pagano. Questo è quanto mi hanno riferito.
Tenga presente, onorevole, che i crediti che vantiamo non riguardano solo la pubblica amministrazione locale. La mia azienda vanta 200 milioni di fatture scadute presso l'amministrazione centrale. Peraltro si tratta di crediti reali, che nessuno mette in dubbio. Attualmente, però, le banche vedono con una certa difficoltà anche i crediti certi.
Quanto alla progettazione dei ponti, delle strade e così via, se lasciamo che venga fatta tramite computer, i risultati saranno migliori e i ponti non crolleranno più. Per il resto, sono d'accordo con lei sul fatto che più abbiamo dei funzionari autonomi, capaci di gestire, indirizzare e controllare, meglio è. Certamente alcuni miei colleghi, come alcuni dei suoi, non svolgono in modo adeguato il proprio lavoro. Tuttavia, non possiamo pensare di non migliorare tutta la macchina per lasciare a questi signori lo spazio per svolgere male le proprie mansioni. Vogliamo fare in modo che il nostro interlocutore pubblico sappia operare in maniera rigorosa, attenta e professionale nel proprio lavoro, che è quello di indirizzare, verificare e controllare, non di progettare. Del resto, sarebbe piuttosto strano che una pubblica amministrazione si mettesse a scrivere software. Non è un obiettivo che le compete, almeno se consideriamo il suo operato nei Paesi un po' più efficienti del nostro.
Per quanto riguarda la carta, magari la si abolisse tutta! Dal momento che non


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produco carta, ma informatica, per me sarebbe vantaggioso. Ci si nasconde dietro la carta a danno della sostanza delle procedure. Un documento ben scritto, infatti, ripara da qualsiasi rischio in cui un funzionario possa incorrere, ma si dimentica che il nocciolo della questione non è scrivere un bel testo che ripara da qualsiasi rischio, ma agire in modo corretto, naturalmente senza correre rischi.
Venendo alle gare, se usiamo delle procedure tecnologicamente più adatte evitiamo tanti ricorsi, che hanno luogo proprio perché le gare sono mal organizzate. Siamo contrari ai ricorsi, perché comportano spese per il pagamento degli avvocati e rimandano di molto le nostre attività, bloccando l'intero processo. Pertanto, anche avendo vinto la gara, siamo costretti ad attendere che questa diventi effettiva. Per noi, dunque, è un danno, non certo un risultato.
Mi è stato chiesto come realizzare risparmi nella pubblica amministrazione. Uno dei progetti più avanzati tra quelli in cantiere riguarda la sanità; in particolare, esso propone misure molto semplici da realizzare dal punto di vista tecnico, come l'abolizione della ricetta.
Come sapete, avendolo letto sui giornali o verificato nella vostra attività, esistono parecchie strade «perverse» - chiamiamole così - nella fruizione dell'assistenza sanitaria, dal punto di vista dei medicinali. Vi racconto un episodio: sono andato in una farmacia che conosco a comprare un collirio; quando ho tirato fuori 8 euro per pagare, la farmacista mi ha detto di lasciar stare, perché avrebbe staccato il bollino e avrebbe provveduto lei stessa a chiedere la ricetta al mio medico di base. Nel mio caso sono andato a comprare un collirio, ma il medico avrebbe potuto prescrivere qualsiasi altro farmaco. Come avete letto sui giornali, fatti del genere capitano.
Come si fa a ridurre questo tipo di mal interpretazione? Se eliminiamo la ricetta e mettiamo la prescrizione medica in rete - ormai il 90 per cento dei medici di famiglia e tutti i farmacisti dispongono di un personal computer - stabilendo che una persona per ritirare il medicinale deve esibire la tessera sanitaria, le cose cambiano. Certo, può esserci sempre la possibilità di una prescrizione falsa o della presentazione di una tessera sanitaria di un altro utente, ma diventa un meccanismo ben più laborioso rispetto all'episodio che ho esposto in precedenza.
In Lombardia lo stiamo già sperimentando - lo fa la mia azienda, per questo ne parlo con tanta enfasi - e, secondo un nostro calcolo, si risparmiano 2 miliardi l'anno. Anche supponendo che abbiamo sbagliato i conti e che si risparmi un quarto del previsto, cioè 500 milioni l'anno, le cifre in ballo sono comunque alte. Quando si parla di risparmio nessuno intende proporre di licenziare 100.000 dipendenti pubblici e di automatizzare la totalità dei procedimenti. Non è questa la strada giusta; questo, semmai, è un altro capitolo che, se volete, possiamo trattare in privato.
Bisogna eliminare, piuttosto, tutte le sacche di inefficienza dove alberga il malcostume. La scelta di semplificare il processo civile sapete quante cause in meno produrrà? Molti imprenditori, infatti, approfittano della lungaggine del processo civile per non pagare quanto dovuto e rimandare il pagamento, per così dire, «a babbo morto». Tutto ciò non vuol dire licenziare - in questo periodo non sarebbe certo il messaggio migliore - ma eliminare le sacche di inefficienza.
La tecnologia necessaria per realizzare questo obiettivo è di una semplicità incredibile, non dobbiamo inventarci nulla di nuovo; inoltre, i costi non sono alti, come abbiamo visto in Lombardia.
È grave - mi piace tornare su questo aspetto - che in Lombardia abbiamo dovuto fare ricorso a un project financing sovvenzionato dalle imprese, perché le banche non ci hanno neanche pensato. Se chiediamo a una banca di finanziare un nuovo quartiere per villette, forse la risposta è positiva. Se, invece, mi rivolgo a una banca, anche la più illuminata, per chiederle di finanziare il progetto per la sanità, pur mostrandole i conti e quant'altro, sicuramente la banca non eroga il finanziamento.


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Se vogliamo andare verso una collaborazione fra banche e imprese, una volta che il progetto è serio, validato e sano, è necessario che l'istituto di credito elabori insieme a noi il project financing. Le possibilità delle imprese - tranne qualche multinazionale enorme, ma dobbiamo pur pensare alle aziende italiane - di finanziare progetti per la pubblica amministrazione, infatti, sono limitate.
Le aziende pubbliche di informatica in Italia sono circa 400, alcune delle quali serie. Il CSI del Piemonte, per esempio, svolge bene il suo lavoro, mentre altre realtà - non voglio dire quali - lo compiono davvero male. Vi sembra logica l'esistenza di 400 aziende pubbliche che possono occuparsi di informatica, stando almeno all'oggetto sociale? Alcune lo fanno realmente, ma poche in modo efficace. Comunque, queste aziende operano al di là di qualsiasi competizione, con contratti a piè di lista che possono includere voci di ogni genere, come potete capire da politici esperti. Pertanto, dobbiamo porre fine a questa proliferazione di aziende pubbliche.
Si è parlato di spese poco utili. In precedenza ho detto che forse, come aziende, abbiamo molto spinto sulla ottimizzazione dei processi interni, perché più facili da controllare, dal momento che possono essere verificati direttamente. Un processo di informatizzazione della pubblica amministrazione diretta al territorio, invece, è verificato dai cittadini e dalle imprese, pertanto è molto più difficile e complesso - come ben sapete - realizzare un intervento indirizzato al territorio, piuttosto che un processo interno.
Probabilmente sono state effettuate delle spese inutili, come in qualsiasi ambito. L'importante, a parer mio, è cambiare ottica: non concentrarsi, per esempio, sull'automazione a tutti i costi della contabilità generale di una comunità montana - ammesso che ci sia - ma sulle modalità con cui questa serve i propri aderenti. Dobbiamo andare verso un focus che non può più consistere nel limitarsi a migliorare la contabilità, ma contribuire a individuare gli strumenti più adeguati per permettere all'amministrazione locale di servire i propri cittadini.

PRESIDENTE. Do la parola alla collega Lanzillotta, che, a causa di altri impegni, è arrivata in ritardo, per porre una domanda all'ingegner Tripi.

LINDA LANZILLOTTA. Vorrei scusarmi con l'ingegner Tripi e gli altri rappresentanti per il ritardo ma, purtroppo, avevo programmato un impegno cui non potevo mancare. In ogni caso, leggerò la relazione presentata.
Vorrei porre una sola domanda. Vorrei conoscere qual è, dal punto di vista delle imprese, lo stato di effettiva attuazione e di finanziamento del piano illustrato dal Ministro Brunetta, che dovrebbe prevedere un certo volume di investimenti nei vari settori di innovazione. Inoltre, vorrei capire come il mercato percepisce l'avanzamento in termini concreti e operativi di questi progetti, la cui attuazione spetta ai singoli ministeri, con il coordinamento del Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione.

ALBERTO TRIPI, Presidente di Confindustria - Servizi innovativi e tecnologici. È molto semplice dare una risposta alla sua domanda. I finanziamenti che il Ministro Brunetta ha pensato di stanziare - circa 1,3 miliardi di euro - sono poca cosa. Innanzitutto il ministro non ha queste risorse a disposizione, ma anche se ce l'avesse sarebbero insufficienti rispetto agli interventi necessari.

LINDA LANZILLOTTA. Ma ci sono o no?

ALBERTO TRIPI, Presidente di Confindustria - Servizi innovativi e tecnologici. Questo non sono in grado di dirlo. È una domanda da rivolgere al ministro Brunetta.
Tuttavia, in aggiunta a quello che il Ministro Brunetta e il Ministro Tremonti riescono a stanziare per questa «avventura» - la chiamo così perché una rivoluzione


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è sempre un'avventura - abbiamo calcolato che, con investimenti per un totale di 4 miliardi di euro in tre anni, avremo un risparmio, nel corso del tempo, di 4 miliardi ogni anno.
Questo obiettivo possiamo raggiungerlo collaborando. Certo, se avremo le risorse da parte del Ministro Tremonti ne saremo felici, ma non mi sembra che, al momento, questa sia la situazione.

GIUSEPPE CALDERISI. Questo piano è illustrato nella relazione?

ALBERTO TRIPI, Presidente di Confindustria - Servizi innovativi e tecnologici. Questi numeri mancano, perché oggi dovrei presentare il piano in consiglio direttivo di Confindustria. Una volta ottenuto il timbro di Confindustria, lo renderemo pubblico.
Forse ci siamo sbagliati, il risparmio non sarà di 4, ma di 3 miliardi di euro all'anno - a parer mio, si tratterà di una cifra ancora maggiore - comunque sono cifre importanti. Per conseguire questo risultato, possiamo collaborare con il famoso project financing, che non dovrebbe limitarsi alle opere pubbliche importanti (nessuno, ovviamente, dice che non si devono realizzare infrastrutture, anche perché Confindustria collabora con l'informatica a questo scopo). Questo strumento dovrebbe essere utilizzato anche per progetti di questo tipo; e si potrebbe pagare chi realizza questi lavori con il risparmio derivante da questi progetti. Ho citato l'esempio del progetto per la sanità, con l'abolizione della ricetta.
Se mettiamo in moto questo meccanismo - e le banche, a questo punto, devono collaborare, sarebbe indegno il contrario - forse si riesce ad attivare una mole di denaro al confronto della quale la cifra di 1,3 miliardi di euro del piano del Ministro Brunetta risulterebbe utile solo per avviare il progetto. In Italia, attualmente si spendono 3,5 miliardi di euro per l'informatica; nessuno può pensare che l'aggiunta di 1,3 miliardi di euro, per cinque anni, significhi un cambiamento epocale.
Questa azione deve stimolare i vari ministeri, che hanno budget propri, a investire e coinvolgere gli imprenditori privati. Peraltro, con la semplificazione delle gare, se si paga in base al risultato, l'imprenditore non deve più offrire il prodotto meno costoso, ma un prodotto che funzioni.
In questo modo ci sarebbero servizi migliori, lo Stato avrebbe maggiori garanzie di ottenere un risultato positivo dal nostro operato e si riuscirebbe a confortare il Ministro Tremonti, non più obbligato a investire tutte le risorse a sua disposizione. Sul territorio, inoltre, anche le piccole e medie aziende, con il sostegno di qualche banca, riuscirebbero a realizzare progetti altrimenti impossibili.

PRESIDENTE. Dopo la riunione di oggi di Confindustria aspettiamo l'ulteriore documentazione, che verrà messa in distribuzione.
Nel ringraziare i rappresentanti di Confindustria-Servizi tecnologici e innovativi per il contributo offerto, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,25.

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