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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite
(I e III)
6.
Martedì 25 maggio 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Nirenstein Fiamma, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'ANTISEMITISMO
Audizione di Domenico Vulpiani, dirigente generale della Polizia di Stato, coordinatore della sicurezza informatica e per la protezione delle infrastrutture critiche informatizzate sul territorio nazionale:

Nirenstein Fiamma, Presidente ... 3 4 8 9 10 14 17 21 22
Corsini Paolo (PD) ... 21
Ferrari Pierangelo (PD) ... 7 10 11 13 15
Pianetta Enrico (PdL) ... 16
Volpi Raffaele (LNP) ... 3 14
Vulpiani Domenico, Dirigente generale della Polizia di Stato, coordinatore della sicurezza informatica e per la protezione delle infrastrutture critiche informatizzate sul territorio nazionale ... 4 7 8 9 10 11 13 17 21
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

COMMISSIONI RIUNITE
I (AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI) E III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI)

Comitato di indagine sull’antisemitismo

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 25 maggio 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FIAMMA NIRENSTEIN

La seduta comincia alle 9,35.

(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di Domenico Vulpiani, dirigente generale della Polizia di Stato, coordinatore della sicurezza informatica e per la protezione delle infrastrutture critiche informatizzate sul territorio nazionale.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'antisemitismo, l'audizione di Domenico Vulpiani, dirigente generale della Polizia di Stato, coordinatore della sicurezza per le infrastrutture critiche informatizzate sul territorio nazionale.
Ritengo che la Polizia postale sia l'istituzione pubblica più importante per affrontare un argomento che abbiamo, invece, trattato in maniera più informale in sedute precedenti, ovvero l'uso dei website e del cyberspace per la diffusione di ideologie antisemite.
A questo proposito - la documentazione che ho raccolto in quest'ultima settimana è depositata agli atti del Comitato d'indagine - mi interessa segnalarvi un attacco molto specifico al lavoro che stiamo conducendo. Sui siti razzisti e antiebraici, di cui abbiamo parlato anche nella seduta in cui si sono svolte le audizioni di Stefano Gatti e André Oboler, è comparso, infatti, un attacco specifico, che sembrerebbe dettato proprio dalla preoccupazione che il nostro lavoro possa sfociare, come ci siamo riproposti durante le riunioni del Comitato, in proposte legislative atte a fermare l'odio antisemita sul web. I curatori di tali siti sembrano molto preoccupati e ci attaccano con minacce e male parole. In tal senso io sono la loro preferita, in quanto ebrea. Penso che questo sia il motivo per cui sono in testa alle loro preoccupazioni, ma si capisce benissimo che l'attacco è rivolto all'insieme del lavoro che sta svolgendo il nostro Comitato e la Camera in generale. Possiamo considerare questa, da una parte, come una minaccia, dall'altra, come una medaglia, perché evidentemente il nostro lavoro risulta per questi soggetti preoccupante e minaccioso.
Ci eravamo ripromessi, colleghi, di svolgere una riunione specifica del Comitato, al di là del ciclo di audizioni previste, che non si esaurisce con quella odierna del dottor Vulpiani. Penso che potrebbe essere quella la sede in cui discutere in maniera particolare del nostro lavoro.
Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Volpi.

RAFFAELE VOLPI. Presidente, io non sono citato nei documenti che lei ha posto all'attenzione del Comitato, però mi permetto di esprimere a lei e ai colleghi citati tutta la mia solidarietà, che mi sembra dovuta per il lavoro che stiamo svolgendo e per l'impegno che tutti voi state profondendo.


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PRESIDENTE. Può anche darsi, invece, che lei, onorevole Volpi, sia citato più avanti, perché abbiamo una discreta massa di pagine attraverso le quali proseguire. La solidarietà è fra di noi, per tutti noi e per tutti coloro che sono impegnati in questo lavoro.
Do la parola a Domenico Vulpiani, dirigente generale della Polizia di Stato, ringraziandolo sentitamente per avere accettato il nostro invito.

DOMENICO VULPIANI, Dirigente generale della Polizia di Stato, coordinatore della sicurezza informatica e per la protezione delle infrastrutture critiche informatizzate sul territorio nazionale. Grazie innanzitutto per l'invito, soprattutto in relazione al tema che viene affrontato, che mi sta particolarmente a cuore perché la mia carriera è stata incentrata in due grandi momenti.
Per quindici anni sono stato all'antiterrorismo, dove mi occupavo di terrorismo ed estremismo di destra. Il tema rientra, dunque, nella mia competenza tecnica. Inoltre, alcune indagini pregresse mi hanno permesso, per esempio, di individuare, identificare e arrestare il secondo criminale nazista responsabile dell'eccidio delle Fosse Ardeatine, il signor Hass, che viveva tranquillamente in Italia ed è stato individuato e identificato grazie a un'indagine che ho condotto personalmente negli anni Ottanta.
Mi sono successivamente occupato per dieci anni di Polizia delle comunicazioni e soltanto recentemente sono stato promosso dirigente generale e ricopro il mio attuale incarico di consulenza.
Volevo svolgere questa premessa perché la scelta del Ministero dell'interno di mandarmi all'audizione odierna è legata anche alla mia particolare esperienza in questo settore.
L'antisemitismo online sta invadendo la rete, però bisogna sviluppare una premessa di ordine tecnico. Infatti, se non si capisce come funziona tecnicamente Internet e non si spiega che cosa è successo nella rete, non si riesce a comprendere come il fenomeno si sia espanso.
In Internet si sono verificati diversi processi. All'inizio esistevano reti locali ancora a carattere territoriale ben definito, in America. Poi è nato il cosiddetto web 1.0, in cui i contenuti dei siti venivano interrogati dagli utenti. Questi ultimi, però, non potevano interagire con essi, ma soltanto esprimere, nella maggior parte dei casi, un parere a favore o contro il tale sito, attingere informazioni e scaricare materiale, navigare all'interno delle pagine dei siti, ma assolutamente non intaccarne i contenuti.
Con l'avvento del web 2.0, invece, si sviluppa una maggiore interazione, intesa come interazione tra utenti, tra se stessi, e utenti e siti nella rete. Gli utenti stessi, cioè, gli user, diventano in grado di fornire i contenuti alla rete. Si tratta di un passaggio epocale e di un modo diverso di vedere le comunicazioni in Internet.
Ciò ha avuto una conseguenza anche sull'intolleranza razziale e sulla diffusione di pensieri razzisti e xenofobi sulla rete. Ovviamente, i primi a esserne colpiti sono stati gli ebrei, attraverso la diffusione sempre maggiore in rete di materiale a carattere antisemita, antisionista o negazionista, le tre famiglie che riguardano la propaganda razzista contro gli ebrei.
Nel 2004 si è tenuto un importante convegno a Berlino sulla situazione dell'antisemitismo in Internet. Vi parteciparono molti Paesi, ma purtroppo non l'Italia...

PRESIDENTE. Io c'ero e parlai per l'Italia.

DOMENICO VULPIANI, Dirigente generale della Polizia di Stato, coordinatore della sicurezza informatica e per la protezione delle infrastrutture critiche informatizzate sul territorio nazionale. Non esisteva, però un'indagine conoscitiva della parte italiana. Non eravamo stati interpellati sul versante tecnico.
Questo convegno, che lei, presidente, conosce perfettamente, ha permesso di effettuare uno screening della situazione a quel momento nel web con la presenza di siti a carattere antisemita. Non erano,


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però, ancora intervenuti i social network e non si era verificata questa trasformazione. Il passaggio da web 1.0 a web 2.0 avviene con la fondazione di Facebook, che in realtà parte nel 2004. Inizialmente aveva pochissimi interlocutori, ma ora conta 400 milioni di utenti iscritti in rete.
Ho allegato alla documentazione consegnata alla presidenza gli atti del convegno, perché i gruppi di cui quel convegno si era occupato sono tuttora attivi, nonostante siano stati più volte perseguiti anche dai diversi Paesi.
Non è possibile - va precisato preliminarmente - eliminare tutti i contenuti da Internet, nonostante la buona volontà di legislatori e di Paesi avanzati, che possiedono legislazioni che consentono di incidere su tali contenuti laddove essi siano trasmessi con mezzi tradizionali. Non è possibile fare lo stesso su Internet, perché, una volta che una notizia viene ripresa in rete, è come se ne fossero eseguite migliaia di fotocopie. Anche se si risale all'origine, esse permangono nella rete come le scorie di un pensiero. Non si riescono a eliminare tutte, perché dovremmo eliminarle nelle case e nei computer degli utenti o dovunque siano state riprodotte. Anche in termini positivi, per segnalare un comportamento negativo, molto spesso non si fa altro che fare da cassa di risonanza a quello stesso comportamento.
Ho portato alcuni esempi di questi siti, che sono tuttora attivi. Ad esempio National Alliance, un sito americano a carattere neonazista con pagine in diverse lingue, compresa una in italiano. Il titolo è molto esplicativo: «Chi comanda in America. La morsa degli ebrei sui mass media deve essere spezzata».
Parliamo di un sito che è tuttora in rete e riproduce gli stereotipi del pensiero antiebraico, che prende le mosse anche da falsi storici, come i Protocolli di Sion, i quali vengono più volte ripresi in tutti questi siti come fonte di prova di un'asserita volontà della comunità ebraica internazionale di dominio del mondo. Partendo da questo pensiero di fondo, vengono poi avanzate tutte le tesi a sostegno di tale ipotesi, anche di natura falsa.
Vi ho portato altri esempi. Non ci siamo consultati prima con il presidente, ma anche noi abbiamo evidenziato lo stesso materiale che lei ha posto in distribuzione. Si tratta di Holy War Organization, un sito dietro il quale probabilmente ci sono organizzatori italiani. Anch'esso si presenta a carattere internazionale ed è ospitato su un server negli Stati Uniti. A tal proposito è importante sottolineare che, laddove i server si trovano nel nostro Paese, si può tentare di intervenire, ma laddove sono ospitati in altri Paesi, la difficoltà di intervento è proporzionata a quanto nei singoli Paesi vengono presi in considerazione i comportamenti di tale natura. Negli Stati Uniti vige il principio della libertà di pensiero che prevale su tutti gli altri, anche su un interesse di giustizia, e quindi lo spazio di espressione è ampio.
In genere, per tutti i crimini commessi in Internet c'è bisogno della reciprocità, ossia che anche nel Paese interessato vengano sanzionati gli stessi comportamenti, altrimenti non viene aperta l'azione penale e non è possibile esercitare la rogatoria.
Holy War contiene offese a persone che anche il Comitato ha audito. Ho portato all'attenzione del Comitato solo alcune pagine, ma sono migliaia, di tutti i tipi e nello stesso sito sono visibili da più punti del web. C'è un settore tutto in italiano e gli stessi contenuti sono propagandati in almeno una decina di lingue.
Si paventa, dunque, un'organizzazione antiebraica internazionale attraverso tali siti. Bisogna vedere quanto seguito abbia, ma questo è un argomento che affronterò più avanti. Sul seguito, per fortuna, abbiamo segnali positivi, anche se esiste una volontà nel senso indicato.
Prima di Internet, la propaganda antisemita era relegata a pubblicazioni di nicchia, a volumi o giornali che giravano nel mondo underground, ma non potevano essere ospitati in quotidiani o in Paesi che non fossero antiebraici o anti-israeliani.
Una delle altre ragioni con cui si cerca di giustificare l'antisemitismo è il portare


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avanti come prima istanza la politica asseritamente imperialista di Israele. Si parte, dunque, dal dato politico di una guerra strisciante in atto, che ha avuto diverse evoluzioni e non è ancora terminata, la guerra arabo-israeliana, per poter dare la motivazione per giustificare tesi antisemite sulla rete.
Se si guardano bene questi siti in generale, si osserva che partono da un problema antisionista, più che antisemita. Sono, però, intrisi di idee antisemite.
Accanto a questa questione, un altro punto di osservazione del problema è emerso da quando sono nati i social network. A quel punto, la situazione di fondo cambia: come ricordavo prima, non ci sono più interlocutori che non possono modificare i contenuti. Essi possono, invece, aprire dibattiti e gruppi di discussione in Facebook.
Nella slide allegata alla documentazione consegnata sono elencati a sinistra tutti i social network che abbiamo reperito, ma ne esistono altri. Di questi, quelli più importanti che riteniamo di prendere in considerazione sono Facebook, per quanto riguarda i gruppi di opinione, YouTube, per quanto riguarda la diffusione di video realizzati in casa o da organizzazioni di tipo antisemita, e le tecnologie wiki.
Sono tre modi diversi di vedere la rete, che valgono anche in senso positivo e non solo negativo. Si parte da un dato positivo per arrivare a quello negativo, ovvero l'utilizzo improprio di queste tecnologie, del mondo stupendo che è Internet, che ci consente di compiere tante operazioni positive. Non bisogna mai dimenticare un dato di fondo: Internet è uno strumento molto positivo, che però si presta anche a scopi negativi, come nel caso di cui stiamo parlando ora.
Prendiamo in esame una delle tantissime sigle di organizzazioni o gruppi di opinione che, attraverso Facebook o YouTube, diffondono video contro gli ebrei in generale. Si tratta di un'organizzazione che si chiama Boycott Israel.
Accanto a questa ci sono alcuni gruppi di opinione. Tra le pagine di Facebook che ho posto all'attenzione del Comitato, vorrei porre la vostra attenzione su una in cui viene presentato un cuoco nei panni di un soldato delle SS che prepara un gruppo di ebrei per la cremazione, come è scritto nella didascalia. L'abbiamo trovato l'altro ieri. Si tratta di un gruppo che nasce per contrastare il Giorno della memoria, che viene celebrato il 27 gennaio. Questo gruppo celebra il 28 gennaio la Giornata della memoria crucca, quindi mette in termini ironici un tema che colpisce molto a fondo la coscienza e l'anima della comunità ebraica, soprattutto di chi ha subìto la deportazione.
È ovvio che questi gruppi non hanno grandi seguiti. Sono alcune decine le persone che vanno a visionare il sito. Anche noi abbiamo contribuito ad alzare il livello quando siamo andati a guardare il sito e ne abbiamo stampato il contenuto. Bisogna stare attenti, perché visionare un sito non significa che si condivide quanto vi viene espresso.
Parliamo ora di Nonciclopedia. Bisogna premettere che una delle innovazioni a mio avviso più brillanti che possiamo rilevare dalla rete è Wikipedia, l'enciclopedia online che viene costruita dagli stessi utenti, con notizie che si affinano sempre di più in senso positivo, perché gli organizzatori verificano di volta in volta che i contenuti non siano stridenti.
Poiché Internet è un processo matematico, a mano a mano che ci si avvicina con una quantità di numeri sempre allo stesso punto, la notizia sottostante diventa sempre più veritiera. Wikipedia ha, dunque, raggiunto in questi anni una grande attendibilità in merito al suo contenuto, anche perché è curata da volontari che si autofinanziano con pochi soldi, la pubblicità è minore e la volontà alla base è seria. È diffusa in tutto il mondo: ne esiste la versione italiana e in molte altre lingue e sono mezzo milione le persone che corrispondono giornalmente con Wikipedia per affinarne i dati.
Accanto a Wikipedia, è nata nel nostro Paese, ma anche in altri - l'origine dovrebbe essere un sito inglese - Nonciclopedia, che, utilizzando la stessa tecnica, prende in giro Wikipedia in tutte le sue


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affermazioni. Si tratta di un sito parallelo falso rispetto a Wikipedia, che può essere alimentato in termini ironici e beffardi per tutte le situazioni illustrate positivamente da Wikipedia stessa.
Quello che riguarda l'indagine conoscitiva del Comitato è la parte di Nonciclopedia che, riprendendo le stesse voci di Wikipedia, compie un'attività completamente denigratoria nei confronti degli ebrei. È possibile accedere a Nonciclopedia, navigarci dentro e vedere che alle voci «Shoah», «ebrei», «razzismo», «antisemitismo» vengono date definizioni completamente false. Dell'antisemitismo si afferma ad esempio che è un'invenzione della lobby ebraica.
È difficile stabilire come procedere. Noi avvisiamo l'autorità giudiziaria e ci formiamo un'idea, ma, in presenza dell'espressione anche di un pensiero completamente denigratorio, laddove però non viene provato l'antisemitismo vero, il reato non è in questo momento sanzionabile. La cosiddetta legge Mancino, infatti, ha alcuni limiti di applicazione, essendo, peraltro, nata nel 1993, prima dell'avvento di Internet. Il legislatore non poteva immaginare come si sarebbe evoluta la rete.
D'altra parte, però, bisogna anche affermare che, se una legge non può essere applicata perché non viene seguita dagli altri Paesi o non esiste un accordo internazionale, diventa inefficace, il che è ancora peggio. Su questi aspetti occorre, dunque, compiere un'azione di denuncia.
Ritengo che la prima strada percorribile, che non necessita di leggi, sia quella di denunciare e sottolineare dall'altra parte della barricata tutte le storture che vengono rilevate in Internet, con una dialettica di tipo culturale, che si contrapponga. È quello che sta avvenendo, infatti, perché in tutti i Paesi del mondo sorgono organizzazioni che contrastano il pensiero negativo che gira in Internet, soprattutto quello antiebraico.
Anche nei gruppi di opinione si possono intraprendere alcune azioni. In Facebook, quando nascono gruppi di opinione antisemiti, immediatamente nascono gruppi contro di essi, in una dialettica che diventa poi difficile controllare: non si può eliminarne uno se non si elimina anche l'altro, da un punto di vista oggettivo degli Internet content provider. Non è un processo che possiamo stabilire noi.

PIERANGELO FERRARI. Mi scusi se la interrompo, ma mi sembra preoccupante che voi abbiate le medesime difficoltà a intervenire per oscurare l'iniziativa - non sono siti - antisemita e a oscurare la risposta a tale iniziativa...

DOMENICO VULPIANI, Dirigente generale della Polizia di Stato, coordinatore della sicurezza informatica e per la protezione delle infrastrutture critiche informatizzate sul territorio nazionale. Forse non mi sono spiegato bene. Abbiamo difficoltà a oscurare il pensiero antisemita, come, allo stesso modo, quello all'istigazione a delinquere in generale.

PIERANGELO FERRARI. Non si riferisce, dunque, alla reazione. Nel secondo caso non era necessario procedere.

DOMENICO VULPIANI, Dirigente generale della Polizia di Stato, coordinatore della sicurezza informatica e per la protezione delle infrastrutture critiche informatizzate sul territorio nazionale. No, non è necessario. Forse non mi sono spiegato. È difficile enucleare dalla parte negativa quella solo antisemita, in tutto il quadro esistente. Diventa difficile stabilire quale gruppo sia responsabile.
Come precisavo nella prima parte, occorre, invece, contrastare - e non è necessaria una legge in merito - l'attività in Internet. È una vigilanza che può essere svolta e che viene, di fatto, svolta.
In una delle slide allegate alla documentazione consegnata compare un sito, Fuck Israel, che ha alcune espressioni sia su Facebook sia su YouTube, con migliaia di video, che partono dalla guerra arabo-israeliana e pongono in evidenza alcune violenze inevitabili di guerra, che non significa che possano, però, essere accomunate alla Shoah, come tali gruppi tendono a fare.


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Il sito Boycott Israel nasce con un'immagine suggestiva, che ritrae un bambino palestinese. I responsabili vogliono avere alcune basi su cui poi agire in termini comunque attuali, rimescolando le carte. Non si può sovrapporre la storia di adesso con quella passata. Si tratta di eventi che sono avvenuti e hanno avuto un significato. Gli antisemiti vorrebbero negare l'Olocausto perché compiono un parallelo con la situazione odierna, un'operazione che non è possibile. La storia ha un'evoluzione e non può essere riproposta in termini diversi quando un fatto è decisamente avvenuto.
Un'altra immagine che pongo all'attenzione del Comitato riprende l'attacco alle Torri gemelle. Esiste un sito di disinformazione che lo attribuisce a un complotto ebraico.

PRESIDENTE. Anche Blondet lo sostiene sempre.

DOMENICO VULPIANI, Dirigente generale della Polizia di Stato, coordinatore della sicurezza informatica e per la protezione delle infrastrutture critiche informatizzate sul territorio nazionale. I revisionisti agiscono a tutto campo, sempre con l'obiettivo di colpire la classe ebraica. Non posso esprimermi sulle motivazioni, ma solo registrare quello che vedo. Non è il mio mestiere, in quanto mi occupo della seconda parte e non della prima.
Sempre con riferimento a Fuck Israel, un'altra slide mostra come agisca in parallelo sia su Facebook, sia su YouTube.
Volevo mettere in evidenza che questo sito ha 15 mila aderenti. Non sono 15 mila utenti che hanno visionato o si sono collegati al sito, ma che hanno espresso un consenso. Sono 15 mila nel mondo, di cui 1.400 in Italia, perché questo sito esiste in diverse versioni, tra cui anche quella italiana, la cui adesione è quella che ho specificato e corrisponde a circa il 10 per cento del totale.
Sono cifre che non riescono bene a determinare la situazione, perché il fenomeno è molto ampio. In questi giorni abbiamo navigato anche per trovare, al di là delle denunce di cui disponevamo e delle attività svolte in questi anni, un dato più immediato e verificare se la situazione sussistesse ancora in questi termini. In realtà, il fenomeno è aumentato, soprattutto come diffusione di materiale. In una successiva slide che pongo alla vostra attenzione si può vedere Noi odiamo Israele, un sito simile a Fuck Israel.
A proposito della giusta reazione, esistono gruppi tradizionali, come il centro Wiesenthal, a Vienna, che hanno siti in cui vengono segnalati, denunciati e notificati alle autorità competenti i diversi contenuti antisemiti rilevati.
Una delle numerose organizzazioni israeliane, quella che mi sembra più agguerrita, è la JIDF (Jewish Internet Defense Force). A differenza di Wiesenthal, che risale a prima dell'avvento di Internet e ha una avuto una funzione diversa, soprattutto mirata alla ricerca di criminali nazisti, oltre alla segnalazione, alla denuncia, alla ricerca dei siti e al monitoraggio della rete, pone in essere tutte le azioni possibili di contrapposizione, magari navigando nei siti e cercando di capire chi c'è dietro. È un sito che svolge un'attività molto forte. Se lo si esplora, si vede quanta determinazione viene messa in campo.

PRESIDENTE. Non sono violenti.

DOMENICO VULPIANI, Dirigente generale della Polizia di Stato, coordinatore della sicurezza informatica e per la protezione delle infrastrutture critiche informatizzate sul territorio nazionale. Non stiamo parlando di violenza fisica, ma della determinazione alla ricerca. Avviene tutto sempre in Internet. Non c'è violenza, ma determinazione, che è un vocabolo diverso.
Tra le organizzazioni operanti nei principali Paesi, molto attiva è la LICRA francese. Esiste poi nel nostro Paese, l'Osservatorio sul pregiudizio antiebraico contemporaneo, che voi conoscete.
Ho terminato la parte, possiamo dire, illustrativa sul fenomeno. È ovvio che si tratta di un'esposizione alquanto parziale,


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però volevo dare lo spunto e la giusta misura di come effettivamente il fenomeno si sta dipanando nella rete, di come avviene e di quali sono le diverse sfaccettature, per poi cercare di contrastarlo.
Se poi entriamo nella nostra attività di monitoraggio sui siti, la Polizia di Stato opera attraverso due organizzazioni principali, il circuito DIGOS, e quello della Polizia postale. Agiamo, dunque, su due fronti.
Nel circuito DIGOS prevale l'aspetto territoriale, cioè si va a vedere quanto i gruppi estremisti pongano in essere azioni come scritte sui muri o attacchi ai cimiteri ebraici e si svolgono le indagini conseguenti sul territorio.
La Polizia delle comunicazioni, invece, compie un'attività di monitoraggio sulla rete. I dati esposti nel grafico allegato alla documentazione consegnata riguardano l'attività di monitoraggio svolta in rete di tutti gli episodi di razzismo e xenofobia. Non abbiamo un dato disaggregato, ma aggregato, perché era difficile distinguere, soprattutto se in un sito vi è una forte componente razzista di fondo che coinvolge non solo la comunità ebraica, ma anche i rom o gli stessi islamici.
È importante, però, il dato crescente tra il 2008 e il 2009, giustificato dal fatto in Italia si è registrata l'esplosione dei social network proprio con il 2008, mentre nel 2009 c'è stata la loro maturazione e si sono aperte autostrade virtuali per coloro che volevano propagandare il pensiero antisemita e razzista in genere. Passiamo dagli 836 siti rilevati di tipo razzista del 2008 ai 1.172 del 2009.
Occorre tener presente che nella rilevazione noi abbiamo cercato di evitare le copie di un sito. Lo stesso sito potrebbe, infatti, apparire sotto diverse sfaccettature, che cerchiamo di unificare. Spesso, però, ci può essere una sovrapposizione e lo stesso sito può essere visto da punti diversi, anche perché gli uffici agiscono da punti diversi del Paese. Gli agenti addetti al monitoraggio sono più di uno e, quindi, possono verificarsi alcune sovrapposizioni, ma il dato importante è che si è verificata una maggiorazione del 40 per cento.
Ciò significa che il materiale è cresciuto di un terzo in più rispetto all'anno precedente. Il trend è crescente. È come aver preso un campione e affermare che il fenomeno sta crescendo del 40 per cento in tutto il mondo. Parliamo di diffusione di materiale razzista o antisemita in rete, perché comunque l'antisemitismo fa parte di questo filone, anzi, è quello che più alimenta la propaganda razzista in rete.
Volevo fare un breve accenno alla legge Mancino, che, quando fu emanata, nel 1993, rappresentò un grosso passo avanti per il nostro Paese, perché non si riusciva a sanzionare chi effettuava istigazione alla discriminazione razziale o etnica in termini generali.
La legge è stata modificata soltanto una volta, alcuni anni fa. Nel primo comma è stata introdotta una condotta criminis relativa alla propaganda di idee fondate sulla superiorità e sull'odio razziale ed etnico, il che ci ha fatto compiere un passo avanti. Non essendo specificati quali sono i mezzi per tale propaganda, l'articolo 1, primo comma, della legge Mancino può essere tranquillamente applicato a Internet.
La verifica delle idee fondate sull'odio razziale, tuttavia, è molto difficile, trattandosi di un termine sfuggente.

PRESIDENTE. Si parla di superiorità, ma se uno non afferma di essere superiore, come si fa a dedurre che si senta tale?

DOMENICO VULPIANI, Dirigente generale della Polizia di Stato, coordinatore della sicurezza informatica e per la protezione delle infrastrutture critiche informatizzate sul territorio nazionale. È di difficile applicazione. Si rivolge contro chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, però nel diritto penale italiano, ma anche in quello di tutti i Paesi democratici, la condotta da sanzionare deve essere oggettiva e immediatamente individuabile, non può rimanere nella genericità.
Il secondo comma, invece, parla di incitazione alla violenza, non più di istigazione


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o propaganda, ed è meno applicabile in rete, che non a condizioni reali. Nei giorni scorsi i carabinieri hanno fermato i membri dell'organizzazione Militia Christi per incitazione, applicando il secondo comma.
Per la rete dovrebbe benessere applicabile il primo comma, ma volevo porre in luce come la genericità del concetto di idee fondate sulla superiorità e sull'odio razziale molto spesso non consenta una visione univoca del fatto di reato.
Uno dei primi casi, di cui mi sono occupato nella passata veste di direttore della Polizia delle comunicazioni e che ha avuto una grossa risonanza mediatica è stato quello della lista dei 162 professori ebrei accusati di costituire una lobby all'interno delle università.
Tale lista fu pubblicata in un sito che non aveva carattere antisemita, ma di divulgazione. L'autore si è difeso in quanto giornalista, che aveva solo pubblicato una notizia fornitagli. Tecnicamente è stato possibile oscurarla perché il server era situato in Italia. Abbiamo sequestrato il sito con provvedimento di Polizia giudiziaria, con sequestro preventivo, in attesa di decisione del giudice e l'abbiamo eliminato dalla rete.
Abbiamo identificato il soggetto che aveva messo in rete la lista, che abbiamo denunciato sia per la legge Mancino, sia per violazione della privacy e per diffamazione. Da una delle prime sentenze, non definitiva, abbiamo notizia che tale soggetto è stato incriminato soltanto per diffamazione e violazione della legge sulla privacy, avendo rivelato le identità dei professori. La legge Mancino, invece, non ha funzionato.
Abbiamo svolto diverse operazioni di polizia, che non posso elencare e leggere per intero in questa sede. Ho messo in risalto alcune di quelle più importanti, che hanno avuto un maggiore impatto mediatico e che per alcune ragioni sono ancora degne di interesse.
Un gruppo musicale skinhead, i 99 Fosse, riprendendo il nome di un gruppo musicale di sinistra, i 99 Posse, si è proposto con canzoni a carattere decisamente antisemita e razzista.
Nel blog che compare nella slide allegata alla documentazione consegnata, si può vedere il gruppo che si esibisce su YouTube, con accanto tutti i video analoghi. L'ho scaricato nella giornata di ieri e, quindi, è ancora attivo. Li abbiamo denunciati, il gruppo si è sciolto e abbiamo chiuso il sito già una prima volta. Qualcuno, però, lo ripropone sulla rete attraverso server che si trovano in altri Paesi e non nel nostro.
È difficile anche intervenire giudiziariamente - spiegherò perché alla fine - anche perché i crimini informatici definiti tali con la Convenzione di Budapest del 2001 hanno una via procedurale adeguata all'indagine da svolgere in Internet: tecnicamente, pongono gli investigatori di tutto il mondo in collegamento tra loro e, a prescindere dalle rogatorie, possono intervenire chiedendo i sequestri preventivi dei siti, il congelamento dei dati e via elencando. Ciò non è immediatamente applicabile...

PRESIDENTE. La Convenzione di Budapest che cosa riguarda?

DOMENICO VULPIANI, Dirigente generale della Polizia di Stato, coordinatore della sicurezza informatica e per la protezione delle infrastrutture critiche informatizzate sul territorio nazionale. Si tratta della Convenzione di Budapest sulla criminalità informatica. La cito anche nel materiale che ho fornito e vi tornerò su nuovamente in seguito per una considerazione importante.

PIERANGELO FERRARI. Con riferimento ai 99 Fosse, questi dementi sono stati sciolti?

DOMENICO VULPIANI, Dirigente generale della Polizia di Stato, coordinatore della sicurezza informatica e per la protezione delle infrastrutture critiche informatizzate sul territorio nazionale. Si sono


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anche autosciolti. Una delle canzoni che propugnavano, in un album denominato «Zykclon B», il gas usato...

PIERANGELO FERRARI. Sono stati sciolti nel senso che non possono più tenere concerti?

DOMENICO VULPIANI, Dirigente generale della Polizia di Stato, coordinatore della sicurezza informatica e per la protezione delle infrastrutture critiche informatizzate sul territorio nazionale. Non esistono più. Si sono autosciolti.

PIERANGELO FERRARI. O non possono più comparire in rete?

DOMENICO VULPIANI, Dirigente generale della Polizia di Stato, coordinatore della sicurezza informatica e per la protezione delle infrastrutture critiche informatizzate sul territorio nazionale. Questi video erano stati sequestrati, ma sono ricomparsi. Non li hanno messi loro.

PIERANGELO FERRARI. Sono ricomparsi in rete, ma non nel circuito pubblico, per quanto semiclandestino, a quanto a lei risulta?

DOMENICO VULPIANI, Dirigente generale della Polizia di Stato, coordinatore della sicurezza informatica e per la protezione delle infrastrutture critiche informatizzate sul territorio nazionale. È come ripescare vecchie pagine di giornale.

PIERANGELO FERRARI. Non sono attivi?

DOMENICO VULPIANI, Dirigente generale della Polizia di Stato, coordinatore della sicurezza informatica e per la protezione delle infrastrutture critiche informatizzate sul territorio nazionale. No, non sono attivi. Sono stati sciolti nel 2006, ma si sono autosciolti. Se non cantavano quelle canzoni, avrebbero potuto comunque cantarne altre. Non possiamo impedire di cantare.
I 99 Fosse, però, hanno realizzato un album in cui una delle canzoni, «Anna non c'è», il cui testo compare nella slide che pongo all'attenzione del Comitato, riprende la canzone «Laura non c'è» ed è riferita, purtroppo, ad Anna Frank, in un modo molto beffardo nei suoi confronti e della memoria storica. Ne leggo alcuni versi: «Se vuoi ti brucio adesso, se vuoi, oppure io ti gasso con i tuoi, comunque fa lo stesso, tu lo sai. La soluzione è questa per gli ebrei, per gli ebrei!» Insomma, si parla del gas.
Non si può sostenere che non sia antisemita o antisionista, lo è violentemente. Questi testi di canzoni non solo sono stati sequestrati e denunciati, ma, laddove erano presenti sui server italiani, li abbiamo eliminati. Se, però, sono presenti in siti stranieri, e tuttora lo sono...

PIERANGELO FERRARI. Se sono stati scaricati, circolano.

DOMENICO VULPIANI, Dirigente generale della Polizia di Stato, coordinatore della sicurezza informatica e per la protezione delle infrastrutture critiche informatizzate sul territorio nazionale. Questo è il dato che volevo sottolineare. È impossibile poi fermare la marea.
Abbiamo poi effettuato un'altra operazione su un sito denominato Spaventaebrei. Si trattava di un sito nato per spaventare gli ebrei con contenuti su Facebook e gruppi di opinione di questo tipo. Automaticamente, è sorto un gruppo contro tali soggetti, che tende a contrastare con le stesse armi le idee e le immagini - soprattutto le immagini, perché di idee ne hanno poche - propugnate attraverso la rete.
In un'altra slide, relativa a un'altra operazione che abbiamo svolto, pongo alla vostra attenzione il sito che pubblicava le canzoni dei 99 Fosse. Si tratta di Stormfront, un sito di estrema destra tuttora presente in rete. Non vi figurano più, però, le canzoni. I colpevoli della prima diffusione dell'album dei 99 Fosse sono stati identificati in due giovani di Teramo. Sono stati sottoposti a perquisizione ed è stato


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sequestrato loro tutto il materiale, molto del quale era comunque attinente all'estremismo di destra. Era materiale documentale che testimoniava la loro appartenenza a questi movimenti estremisti.
Nel 2008 - sto ricostruendo storicamente il dato che prima mi sfuggiva - questi filmati sono stati riproposti su YouTube. Questa volta abbiamo identificato un italiano che si nascondeva in rete col nickname di Karl Gebhardt, il famoso medico di Himmler che si dedicava agli esperimenti medici sui bambini ebrei nei campi di concentramento. Abbiamo identificato e denunciato questo soggetto, che viveva a Enna.
Il danno apportato da questi soggetti è molto più ampio di quanti non siano in realtà a livello numerico. Spesso si tratta di una sola persona, che ripropone gli stessi materiali su più siti, come se eseguisse enormi quantità di fotocopie.
Dispongo di un elenco di altre operazioni, che ho allegato in un documento scritto che farò pervenire al Comitato come dato che testimonia un'attività costante da parte della Polizia di Stato verso questo settore. Si tratta di un'altra ventina di operazioni, che testimoniano anche come, quando si rimane a livello di interlocutori italiani, che si servono di server italiani, riusciamo a colpirli. Il discorso è, invece, diverso quando i siti sono collocati, per esempio, in Iran. In tal caso, è inutile provarci; non pensiamo proprio a poterli colpire.
L'ultima operazione da noi svolta è quella su Spaventaebrei, che è in corso da aprile. La denuncia è stata sporta nell'aprile del 2010 e la polizia sta indagando. Su alcune operazioni ci sono indagini in corso, anche se sono molto difficili.
Vorrei poi affrontare - sto arrivando alle conclusioni e spero di dare un'indicazione da investigatore, di cui ci sarebbe bisogno - il tema di razzismo e xenofobia online, frutto di diverse correnti di pensiero: antisemitismo, antisionismo, nazismo, fascismo, estremismo politico in genere.
Anche la sinistra, infatti, ha alcuni gruppi estremisti. Su un punto l'estrema sinistra e l'estrema destra sono d'accordo: colpire gli ebrei. Su tutto il resto sono in disaccordo, ma su quello trovano una volontà comune. Ovviamente parliamo di estremisti e non di partiti ufficiali.
Si pone poi il problema del revisionismo e del negazionismo. Va premesso che in alcuni Paesi il negazionismo dell'Olocausto viene sanzionato penalmente. Tali Paesi hanno ritenuto, quindi, che esistesse la necessità di introdurre una norma specifica che impedisse la propaganda di idee fondate sul negazionismo dell'Olocausto.
Molte attività dei soggetti negazionisti nel nostro Paese diffondono un'idea di questo tipo, ma noi non riusciamo a intervenire, se non riaggiustando la legge Mancino. Non sempre viene riconosciuta dall'autorità giudiziaria la sussistenza del reato.
Sul revisionismo la situazione è ancora peggiore, perché è più generico. Sono venuti in Italia a parlare soggetti molto famosi in tavole rotonde. Purtroppo sono esecrabili sotto il profilo etico, ma vanno combattuti sul piano culturale e della dialettica. Le legislazioni di altri Paesi prevedono anche un negazionismo di tutti i genocidi, non soltanto dell'Olocausto, che da alcuni è previsto espressamente. La necessità è, dunque, sentita.
Passo alla difficoltà che citavo prima. Il contrasto al razzismo e alla xenofobia online presenta due grossi problemi.
Il primo è l'esigenza di un'armonizzazione della legislazione in materia. Se non sussiste un parallelismo tra un Paese e l'altro, è inutile discuterne. Non riusciamo a ottenere l'assistenza giudiziaria che sarebbe necessaria per poter colpire. Inoltre, occorre una collaborazione più intensa di Polizia giudiziaria e di polizia. Su temi ampiamente sentiti in tutto il mondo come contrari all'etica umana e sociale, tipo la pedofilia online, si è avuto un consenso tale e così forte che ci ha consentito di combatterli in maniera efficace con rilevanti alleanze di investigatori a tutti i livelli.
L'Italia ha svolto in ciò un ruolo guida; bisogna dare atto al Parlamento italiano che abbiamo una legislazione di contrasto


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alla pedofilia online particolarmente efficace sotto il profilo sia delle norme sostanziali, sia di quelle procedurali, sia degli strumenti dati alle forze dell'ordine, sia preventivo. È stato, infatti, istituito il Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia online, in cui vengono addirittura classificati ogni giorno i siti pedofili, che vengono eliminati con la navigazione. Si procede, inoltre, con l'interdizione dalla navigazione degli utenti italiani verso tali siti.
Facebook ha cambiato la situazione, perché non è possibile colpire con la stessa efficacia i social network. Nel web 1.0 di cui parlavo all'inizio, un sito pedofilo ha un indirizzo individuabile. Il meccanismo intervenuto con la legge 6 febbraio 2006, n. 38 per i siti pedofili consente alla polizia italiana di dare a tutti i provider italiani gli indirizzi di siti non raggiungibili, per questioni di giurisdizione, dall'Italia, ed essi interdicono la navigazione verso tali siti.
Un meccanismo analogo, in altre situazioni di reato, funziona per il web 1.0, ma non per i gruppi di opinione. Quando il problema si è posto, alla fine del 2009, il Governo ha preso l'iniziativa, di cui si è fatto promotore il Ministro dell'interno Maroni, di portare intorno a un tavolo sia i provider, sia i responsabili di Facebook, di Google e degli altri social network che diventa tecnicamente difficile oscurare per dotarsi di un codice di autodisciplina.
Quello che la polizia è riuscita a fare con alcuni siti è dovuto alla collaborazione, sostanziale, più che formale, con Facebook, iniziata due anni fa, quando segnaliamo fatti a evidente carattere criminale che compaiono sui siti, i gestori li rimuovono. Vi è, quindi, una volontà di collaborare. Sul piano del razzismo e della xenofobia rimangono, però, un po' scettici, nonostante l'inventore di Facebook e attuale proprietario sia un ebreo. Non vuole, evidentemente, assumere la veste di censore primario. È una questione delicata, che andrebbe evidenziata.
Passo all'ultimo punto su cui volevo richiamare l'attenzione del Comitato. A proposito della Convenzione di Budapest sulla cybercriminalità, il problema dell'armonizzazione delle leggi in questa materia e delle procedure più spedite è stato posto a livello europeo ed è stato adottato nel 2003 dal Consiglio d'Europa un Protocollo addizionale per il contrasto a forme di xenofobia e razzismo con i mezzi informatici.
Mentre l'Italia ha sottoscritto la Convenzione di Budapest, ratificata con la legge 18 marzo 2008, n 48, non ha invece sottoscritto né, tantomeno, ratificato il protocollo aggiuntivo. Il testo si trova sul sito del Consiglio d'Europa. Attualmente, è stato sottoscritto da 34 Paesi nel mondo, dei quali 17 l'hanno anche ratificato. Per essere efficace aveva bisogno della ratifica di sei Paesi. È, dunque, già perfettamente vigente, ma noi non l'abbiamo sottoscritto.

PIERANGELO FERRARI. Che cosa prevede tale protocollo aggiuntivo?

DOMENICO VULPIANI, Dirigente generale della Polizia di Stato, coordinatore della sicurezza informatica e per la protezione delle infrastrutture critiche informatizzate sul territorio nazionale. Viene previsto che gli Stati aderenti possano disporre di norme specifiche che puniscono il negazionismo, non solo dell'Olocausto, ma di tutti i genocidi. Sono norme che possiamo dire perfezionerebbero, se applicate nel nostro Paese la cosiddetta legge Mancino, rendendola più attuale. Non ci manca la norma primaria, ma potremmo renderla più attuale, o meglio, più confacente ai nuovi mezzi di comunicazione. Le condotte che vengono elencate in questo protocollo...

PIERANGELO FERRARI. Si estendono al negazionismo.

DOMENICO VULPIANI, Dirigente generale della Polizia di Stato, coordinatore della sicurezza informatica e per la protezione delle infrastrutture critiche informatizzate sul territorio nazionale. Sì, ma di tutti i genocidi. Ho il testo del protocollo con me, ma si tratta di un documento complesso. Posso comunque lasciarne una copia alla Presidenza.


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Non so se ci siano state valutazioni politiche a monte che hanno impedito la sottoscrizione. Segnalo il fatto come tale.
A onor del vero, per esempio, gli Stati Uniti hanno ratificato la Convenzione sul cybercrime, che era aperta anche alla sottoscrizione di altri Stati non appartenenti al Consiglio d'Europa. Uno di tali Stati, che ha partecipato a tutti i lavori e alla fine ha sottoscritto la Convenzione, era appunto gli Stati Uniti. Per noi ciò è importantissimo, perché il 70 per cento dei server mondiali sono in America: in tal modo, possiamo avere una collaborazione di ordine tecnico da parte degli Stati Uniti, che non hanno firmato, però, il protocollo aggiuntivo. Probabilmente avranno svolto valutazioni politiche che impediscono di farlo.
Il testo è comunque disponibile su Internet. È pubblicato anche il calendario da cui si evince che l'Italia non ha né sottoscritto, né ratificato il protocollo aggiuntivo. Forse potrebbe anche dipendere da mancanza di informazione. Ho concluso così il mio intervento. Ho voluto esporre gli aspetti più significativi di tutto il tema, con l'avvertenza che occorrerebbe ovviamente più tempo per svolgere un'analisi più dettagliata.

PRESIDENTE. Ringrazio sentitamente della grande praticità e fattività, che ci aiuta e ci convince sempre di più che il terreno dell'intervento giuridico-legislativo è quello che dobbiamo praticare, nonostante sia molto difficile.
Svolgo una brevissima considerazione. Nel materiale che vi è stato distribuito sugli ultimi attacchi al Comitato di indagine, dopo la relazione mi spiego come mai, per esempio, Blondet, nell'incitamento intitolato «Cosa fare alla Nirenstein», sia molto attento alle norme che citava il dottor Vulpiani. Scrive, infatti: «dobbiamo pregare per la sua conversione, dobbiamo costringerla con la nostra forza spirituale a convertirsi. Sembra un'impresa impossibile, ma alle volte ci sono stati anche dei kamikaze che hanno dato la loro vita pur di portare alla conversione di qualcuno. In questo caso, io aspetto che un kamikaze sia pronto a dare la sua vita per mettere tutta la sua forza spirituale in modo da liberare l'anima della Nirenstein e renderla degna di diventare una credente della nostra religione».
L'allusione ad ammazzarmi è evidentissima, ma assolutamente non esplicita. Blondet si limita a questa dimensione spirituale, perché evidentemente gli sono note in maniera precisa tutte le leggi che riguardano, ora come ora, il web.
Non so se sarebbe difficile, ma spero che sia possibile, interdire la pubblicazione di un testo di questo genere, con cui Blondet e altri siti, come Kelebek, si affannano a diffamare uno per uno, comprese le persone che sono in questa stanza, tutti coloro che partecipano a questa Comitato.
Un'altra questione molto importante, con la quale chiudo, è il fatto che citano tutto ciò che diciamo. Il fatto che le nostre parole vadano tutte in rete, giustamente, come è necessario e ovvio, data la pubblicizzazione e la trasparenza di tutto il nostro lavoro alla Camera, mostra come l'interattività del web faciliti enormemente e stimoli l'aggressività che viene dimostrata anche nei confronti di questo nostro Comitato.
Avrei molte domande, che rimando a dopo gli interventi dei colleghi.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

RAFFAELE VOLPI. Ricorda, presidente, quando ho fatto - per così dire - arrabbiare in questo Comitato alcuni auditi? Credo sempre, colleghi, che noi dovremmo utilizzare questi personaggi nel nostro Comitato e verbalizzare le loro affermazioni. So che potrebbe succedere il contrario, ovvero che qualcuno pensa che, così facendo, li ufficializzeremmo, ma se non c'è altro modo per far svolgere loro determinate considerazioni, resto della mia opinione che forse dovremmo ascoltarli. Chiedo scusa se sono provocatorio su questo lato.


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Volevo ringraziare anch'io per l'intervento, perché credo che quella di oggi sia una delle audizioni tecnicamente più importanti. Ci eravamo posti un po' tutti in questo Comitato la necessità di capire quali sono i nuovi mezzi di divulgazione dell'antisemitismo e di una forma di razzismo sempre più nebulosa e, come sosteneva lei, difficilmente individuabile perché i mezzi sono diversi. Ormai esiste l'hosting anonimo, ci sono i social network e talmente tante forme di comunicazione per cui, passando a un nuovo sistema Internet più evoluto, tali fenomeni diventano appunto difficilmente individuabili.
Trovo esaustiva la parte di supporto tecnologico che lei ci ha illustrato oggi, però le voglio porre una domanda.
Dottor Vulpiani, lei non si dispiace se la chiamo poliziotto e vi aggiungo l'aggettivo «famoso»? Credo che chi si è interessato di un pezzo di storia e poi di cronaca la conosca sufficientemente per sapere che lei ha sensibilità che superano il lavoro che sta svolgendo adesso in questo specifico settore. Le pongo, pertanto, una domanda che esce da quanto ci siamo detti fino adesso.
Ritenendo che il mezzo tecnologico, come abbiamo considerato da un po' di tempo in questo Comitato, arrivi alle nuove generazioni - si immagina che non tutti, ma comunque una buona parte dei fruitori delle nuove tecnologie appartengano alle nuove generazioni - le chiedo una sua sensibilità, che fa un richiamo storico al lavoro che lei ha svolto in tutti questi anni al servizio dello Stato. Mi piacerebbe sapere da lei se ci può dare una sua impressione su quali sono i fili di continuità fra quello che lei ha indagato o visto negli anni Settanta o in precedenza e come si arriva oggi a questo problema.
In particolare, ci sono spazi di continuità fra le azioni neofasciste e neonaziste degli anni Settanta e quali sono i momenti? I ragazzini disgraziati che abbiamo citato prima, i 99 Fosse hanno tenuto concerti in ambiti mutuati da situazioni politiche indirizzate attraverso persone e personaggi di derivazione storica proprio degli anni Settanta. Mi piacerebbe se lei volesse darmi una sua impressione a questo proposito, che esce dal tema della tecnologia di supporto.

PIERANGELO FERRARI. È rassicurante assistere ad audizioni come questa, perché ci rendiamo conto di essere in buone mani e che la polizia svolge un grande lavoro. Vorrei quasi scusarmi, ma sono così poche le occasioni in cui la «casta», come noi tendiamo a essere rappresentati, condivide un sentimento, un giudizio. Quello che noi sicuramente oggi abbiamo avvertito e avvertiamo è un senso di riconoscenza per il lavoro svolto dalla Polizia di Stato e dai suoi funzionari. Per noi che stiamo indagando una questione complessa, che mette allo scoperto ogni settimana, da un'audizione all'altra, la profondità di un degrado culturale, sapere che tale fenomeno è monitorato, seguito, indagato, represso dagli apparati dello Stato è rassicurante e positivo. Ci tengo a sottolinearlo.
Ci sono, tuttavia, alcune questioni che noi riprenderemo necessariamente in mano alla fine di questa indagine. Tenga conto che noi non abbiamo ancora aperto la discussione al nostro interno, che apriremo alla fine delle audizioni. Immagino, anche se non è detto, che ci sforzeremo di chiudere questo lavoro - sarà un'ipotesi che discuteremo - con una proposta legislativa. Questo è un Parlamento e alla fine di un'indagine, se riuscissimo a scrivere un testo che fa compiere un passo più avanti alla legislazione, sarà comunque utile.
Vi è un passaggio che io sicuramente ho mal compreso, ragion per cui le chiedo un chiarimento. In un inciso cui non ha dedicato particolare riflessione, preso com'era dall'illustrazione di questi siti - vorrei aver capito male - lei ha affermato che non è necessaria una legge, ma che bastano interventi, suppongo, amministrativi e tecnico-operativi.
È così? Sulla partita che lei ci ha sottoposto una legge che noi dovessimo produrre alla fine di questo lavoro o per iniziativa di qualsiasi altro parlamentare fuori di qui, appartenente a qualsiasi


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gruppo, davvero avrebbe così scarsi margini di incisività, date le condizioni che lei ci ha descritto, come le piattaforme che hanno sedi in Paesi su cui non possiamo intervenire e via elencando? Se così fosse, il nostro lavoro rischierebbe di atrofizzarsi in un'indagine socioculturale, che verrebbe però meno alla nostra propria funzione.
Passo alla seconda questione, più politica, di un respiro un po' più di lunga portata.
Lei ha notato, nel corso di questi anni, un andamento di questi rigurgiti antisemiti, nazisti e nazistoidi legati a vicende politiche? Immagino, come tutti, che ci sia un riferimento alle vicende in Medio Oriente, ma, a parte quelle, emergono vicende europee? Quando leggiamo i risultati elettorali di alcuni Paesi europei e assistiamo all'emersione improvvisa - penso all'Olanda recentemente o all'Ungheria - di gruppi di estrema destra, lei trova tracce di una dinamica che accompagna questi fenomeni anche per la parte che sta indagando? Sono nicchie che si autoalimentano o - è un punto decisivo - hanno liaison, rapporti, come tutti gli estremismi di destra o di sinistra, contigui con le parti più massimaliste ma legalitarie dei gruppi politici? Esiste un andamento di questo tipo anche nei siti che ha citato o sono solo confinati a un'autoreferenzialità un poco monomaniacale?
Forse mi spingo oltre i confini, perché stiamo indagando, o meglio la stiamo ascoltando, su relazioni che ci mettono davanti a reati. Separo il mondo che cito e a cui faccio riferimento ora da ricadute in termini di reati, ma a me risulta, essendo la mia professione d'origine quella di insegnante di scuola media superiore e avendo colleghi che me ne parlano, che la cultura nazirock stia crescendo molto negli ultimi anni. Sono nati diversi gruppi. Lei li ha incrociati in queste dinamiche, fermo restando che un gruppo nazirock non necessariamente esegue canzoni antisemite e, quindi, non necessariamente rientra nell'arco di indagine della sua attività?
Ripeto che non sto alludendo a reati, ma tale ambiente potrebbe rappresentare, ovviamente, un terreno di coltura, dentro cui una minoranza della minoranza potrebbe agire. Lei ha indagato questo fenomeno, è vero che è in crescita, esiste, ha una dimensione?
Infine, come immagino accada, ma vorrei sentirlo confermare e comprendere anche i limiti che incontra e i risultati che ha raggiunto, come su altre questioni importanti, che riguardano le polizie nazionali, esiste una rete di relazione su questo terreno delle polizie postali, delle DIGOS, uno scambio di informazioni, un coordinamento per quanto riguarda l'indagine in Internet a proposito di questo fenomeno e di altri analoghi riconducibili a rigurgiti terroristici o a degradi pedopornografici? La rete è monitorata a livello nazionale ciascun Paese per conto suo o ci sono relazioni europee tra le polizie nazionali?

ENRICO PIANETTA. Nel ringraziarla, svolgo una considerazione velocissima. Mi ha colpito la constatazione secondo la quale il consenso a livello internazionale e, quindi, la possibilità di mettere in atto modalità di reciprocità per quanto attiene al fenomeno della pedofilia ha permesso di compiere passi in avanti molto importanti. Questo consenso, evidentemente, è carente per quanto riguarda l'argomento dell'antisemitismo o del razzismo, forse perché legato a questioni più complesse.
Si tratta di un fatto indubbiamente molto preoccupante, perché, dal punto di vista tecnico, devo capire che, se ci fosse più consenso, più capacità di condivisione nell'affrontare anche tecnicamente questi argomenti, si potrebbero raggiungere obiettivi e risultati più efficaci. Credo che questo sia veramente preoccupante e lo voglio sottolineare per la seconda volta.
Poiché il nostro obiettivo è quello di essere legislatori, come ha ricordato il collega Ferrari un attimo fa, per quanto riguarda il suo lavoro - in fin dei conti, abbiamo apprezzato i dati che lei ci ha illustrato - vorremmo essere anche al suo servizio, nel senso di mettere a disposizione sua e di tutto il servizio della Polizia


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postale, attraverso una legislazione più efficiente, quanto di meglio ci sia per rendere più efficace il suo lavoro.
Mi pare di capire che la legge Mancino potrebbe subire un'evoluzione per conseguire tale risultato. Credo che sia questo il punto sul quale lei potrebbe ulteriormente focalizzare la questione, in ordine al protocollo aggiuntivo o ad altri provvedimenti. Come legislatori, a prescindere o comunque interpretando anche elementi del protocollo aggiuntivo, che cosa possiamo fare? Mi pare che questo sia il punto centrale attorno a cui possiamo costruire l'esito del lavoro di questo nostro Comitato.

PRESIDENTE. Dottor Vulpiani, nel darle la parola per la sua replica, vorrei farle notare che è particolarmente attesa, in quanto l'abbiamo individuata come nostro consulente per l'ipotesi di una revisione o di un ampliamento delle leggi vigenti, proprio per il taglio che lei ha dato alla sua relazione.
A mia volta, senza porle ulteriori domande - sono state tutte molto bene poste dai colleghi - la invito a venire con noi su questa strada.
Do la parola al dottor Vulpiani per la replica.

DOMENICO VULPIANI, Dirigente generale della Polizia di Stato, coordinatore della sicurezza informatica e per la protezione delle infrastrutture critiche informatizzate sul territorio nazionale. Ho visto che molte domande hanno aspetti comuni e, quindi, parto dall'onorevole Volpi, altrimenti dimentico la prima questione, che è quella più particolare.
L'estremismo politico nel nostro Paese ha avuto, sia da un lato, sia dall'altro, una vicenda calante. Non possiamo affermare che sia violento come negli anni Settanta. Sono venuti meno i presupposti di fondo di tale estremismo, nonché la contrapposizione tra forze politiche di destra e di sinistra. La presenza in Parlamento di rappresentanti di queste forze ha contribuito molto a verificare quanto fosse forte il dissenso politico da cui nasceva l'estremismo.
Rimangono, tuttavia, a mia opinione, alcuni gruppi, che non sono cresciuti in termini quantitativi, ma che, di volta in volta, passano il testimone ad altri. In qualche modo, qualcuno raccoglie il testimone degli estremisti degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta e ciò avviene tanto su un lato, quanto sull'altro.
Per quanto riguarda l'antisemitismo in particolare e il razzismo e la xenofobia in generale, in questo momento nella vita reale abbiamo una reazione da parte della collettività verso la presenza di immigrati nel nostro Paese, quando delinquono. Non dimentichiamo, però, che la maggior parte di essi vengono da Paesi europei, che fanno già parte dell'Unione europea e su cui si può fare poco. L'intolleranza non è, dunque, più razziale, quanto rivolta alla delinquenza. Chi ne è fautore è considerato altro.
Permangono, invece, questi gruppi. Mi piace anche citare, perché non voglio affermare che solo la Polizia opera in questi termini, che quattro giorni fa il ROS dei carabinieri ha compiuto una bella operazione a Roma. I soggetti oggetto dell'indagine dei carabinieri, però, erano gli stessi che io combattevo quando ero capo della DIGOS a Roma dal 1996 al 2001, ossia Militia Christi e altre forme estreme di integralismo religioso.
La rete ha modificato, come ho riferito all'inizio, la possibilità di propaganda di questi gruppi. Essi possiedono strumenti molto friendly e a poco prezzo, che consentono di propagandare al massimo la loro ideologia e il loro materiale e di trovare l'accordo internazionale che prima non esisteva.
Le prime indagini che ho condotto sugli skinhead risalgono agli anni 1993-1994. Tali gruppi erano collegati attraverso i concerti musicali, che venivano tenuti in Europa. Si vedevano per il concerto musicale e poi ognuno tornava al suo Paese d'origine. Studiai la consistenza di tali gruppi nel nostro Paese in un documento di vent'anni fa e riuscii a individuare circa un migliaio di persone. L'operazione che seguì alla mia identificazione portò al


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fermo e all'arresto di circa 200 skinhead. Altri 700 sono stati perquisiti e il fenomeno in Italia è finito.
Rimane, però, chi raccoglie il testimone. Il contesto storico è completamente diverso, ma rimane una fascia di estremismo. Bisogna sempre tenerlo presente. Inoltre, esso dispone di alcuni mezzi in più. Non so se sono stato sufficientemente chiaro.
L'onorevole Ferrari, in una prima domanda, mi ha chiesto di chiarire quale fosse il mio pensiero quando parlavo di efficacia o meno della legge.
La rete Internet ha posto alcuni problemi di politica criminale notevoli sotto il profilo giuridico, perché la mancanza di giurisdizione e del luogo di inizio del reato per i Paesi democratici hanno un grosso significato, nel senso che non riusciamo a procedere se mancano i presupposti giuridici, sia per caratterizzare un determinato comportamento, sia per attuare le procedure per poterlo combattere.
Laddove si parla di scene del delitto che riguardano questa stanza, è facile interrogare tutti. Come poliziotto, vi interrogo tutti e vedo chi è stato il responsabile dell'atto, ma quando la scena del delitto riguarda il globo e i sistemi di investigazione sono completamente cambiati e l'investigatore non ha più il rapporto face to face con il testimone, ma con un computer che fa volare in tutto il mondo e per il quale la lingua non è più importante, perché lo stesso sito offre la possibilità di tradurre in inglese, la situazione cambia.
Ci sono alcuni siti - porto un esempio che esula dalla pedofilia e dall'antisemitismo, che sono argomenti maggiormente sentiti anche emotivamente da tutti noi; parliamo, invece delle frodi online - che addestrano a creare le spamming per le banche nei diversi Paesi, dando esattamente la traduzione del messaggio creato realisticamente dalle banche in Italia, in Francia, in Inghilterra o in Paesi che parlano lingue differenti. Tali siti vengono tutti dall'Est europeo; c'è un'aggressione di criminalità dall'Est europeo verso i Paesi che hanno la moneta forte. Esiste, dunque, un collegamento tra organizzazioni criminali, a cui è corrisposto, ovviamente, un collegamento delle polizie.
Le ultime operazioni portate avanti dalla Polizia postale, che risalgono a due o tre mesi fa, riguardavano un'organizzazione - vi porto questo esempio - che faceva capo a un rumeno e si estendeva a cinque Paesi. È stata svolta un'indagine della Polizia postale di Pescara, che ha consentito di identificare 50 personaggi appartenenti a quest'associazione, dediti alla clonazione dei bancomat nel mondo bancario, con soggetti che agivano su cinque Paesi diversi, ma tutti collegati tra loro.
L'operazione è stata svolta dalla Polizia postale e la parte operativa coordinata a l'Aja dall'Europol, dove la Polizia postale italiana si è trasferita per coordinare tutta l'attività delle diverse polizie locali.
Parliamo poi di un'operazione svolta nel campo della pedofilia. Nell'agosto di quest'anno ci siamo accorti che all'interno di molti siti di aziende che svolgevano una normale attività alcuni pedofili si erano impossessati di una parte della memoria dei server aziendali e la utilizzavano per scambiarsi materiale pedopornografico. Tali aziende, se anche verificavano, non vedevano nulla di pedofilo, perché l'immagine di quel tipo veniva contenuta in più parti in diversi computer. Poi con un programma veniva riunita. Quando si andava a vedere, si prelevava un pezzo da ciascun computer e poi li si ricomponeva.
Gli indirizzi trovati, per farla breve, in Italia erano 50. Ci siamo recati in queste aziende e abbiamo riferito che dentro c'erano alcuni pedofili. Loro non avevano fatto nulla, ma qualcuno si era impossessato della memoria dei computer.
In America abbiamo fornito 400 indirizzi, per un totale di 2 mila indirizzi in tutto il mondo, riferiti a 2 mila aziende che erano stati infestate da questi pedofili.
Siamo riusciti, ovviamente, a risalire ad alcuni di questi soggetti in tutti i Paesi, effettuando perquisizioni. Se però pensiamo che la stessa tecnica è riproponibile per tutti i fenomeni criminali di cui abbiamo parlato fino adesso, da quello economico


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a quello ideologico, come nel nostro caso, vi lascio intuire quanto sia importante il coordinamento delle forze di polizia in questo settore e quanto sia altrettanto importante che lo stesso comportamento sia sanzionabile in tutti i Paesi.
Quello che manca nel nostro Paese è il fatto che non possiamo agire se non ci viene indicato esattamente che cosa possiamo punire. Il revisionismo storico per noi non è reato, perché non è previsto dalla legge Mancino. Abbiamo denunciato il negazionismo e a volte va bene. Noi riferiamo comunque all'autorità giudiziaria; la polizia non può svolgere una valutazione a monte di che cosa sia reato e che cosa no, ma abbiamo l'obbligo di riferire all'autorità giudiziaria, che poi svolge le sue valutazioni.
Noi riferiamo sempre, anche quando non riusciamo a colpire, ai colleghi delle polizie straniere, attraverso il meccanismo della comunicazione della Rete interpolizie. Se tale meccanismo venisse migliorato e venissero definite, da un lato, le condotte oggettivamente sanzionabili e, dall'altro, la collaborazione internazionale allo stesso modo per i crimini informatici. Se venisse definita e velocizzata nei modi, a noi andrebbe benissimo.
Non posso svolgere valutazioni politiche su che cosa può essere definito reato: non sono in grado di farlo, non spetta a me e non ho la presunzione di poterlo fare. Ho segnalato, però, quel protocollo, che va valutato sotto il profilo politico e normativo. Occorre vedere quanto di esso può essere utile in questa situazione.
L'efficacia della legge dipende proprio da questo. Il poliziotto ragiona con l'ottica della cattura: quando mi indicavano che dovevo prendere i brigatisti rossi o i ladri, mi occupavo di questo. Qualcuno, però, mi deve indicare che chi ruba rientra in una data sanzione e che lo posso prendere.
È ovvio che molte indagini finiscono con il mancato ritrovamento del responsabile, però il piacere di esercitare questo mestiere è proprio quello di trovare i responsabili. Il successo dipende dalle possibilità investigative e anche dalle tracce che lasciano i criminali.
Per quanto riguarda questi delitti ideologici, è difficile colpire subito nel segno, perché, quando si parla di un'organizzazione, si tratta di più persone. Identificarle tutte, se appartengono a Stati diversi, è difficile e, quindi, bisogna attuare una collaborazione internazionale.
Sul piano degli interventi, di cui parlavo, che possono essere realizzati senza bisogno di leggi, un inciso sottolineato dall'onorevole Ferrari, mi riferisco - ho fatto visualizzare una slide che avevo prima dimenticato di segnalare - a un importante lavoro che sta svolgendo l'UNAR, un ufficio del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri, che si occupa della segnalazione degli atti di razzismo nel Paese, di tutti i tipi, da quelli che vanno in rete a quelli che non ci vanno.
Alimentare quest'attività è sempre positivo: occorre conoscere per denunciare e per poter poi reprimere, in un quadro normativo stabilito dal Parlamento. Tale attività viene condotta da un organo dello Stato accanto a quella della polizia. Non è compito loro fare i poliziotti, ma ci mandano tutte le segnalazioni dei siti che trovano, di qualunque tipo, che abbiano comunque uno sfondo razziale o xenofobo.
Ci può poi essere un'altra attività - ho portato l'esempio di alcune organizzazioni, come la Comunità ebraica - relativa alla confutazione passo per passo di tutto il falso che viene divulgato in rete, a prescindere dall'Olocausto, di tutte le affermazioni false che, di fatto, diventano una propaganda ideologica antiebraica. Vanno confutate e ciò può essere fatto sul piano culturale, perché bisogna combattere anche su quel piano, laddove non si riesce a colpire, indicando che le affermazioni di tali gruppi sono false e spiegandone le ragioni.
Le nuove generazioni possono, allora, avere un esempio positivo. I ragazzi sono meno sprovveduti di quanto ci sembrano. Quando svolgono una ricerca in rete, vanno a verificare diverse fonti. Se rimangono


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solo quelle negative, vedono solo quelle: se accanto a Wikipedia rimane soltanto Nonciclopedia, che prevale con il suo tono beffardo, c'è il rischio che alcuni ragazzi più sprovveduti portino la sua versione su un fatto completamente falso. Non parlo solo di estremismo. Va, quindi, precisato e questo lavoro non spetta alla polizia, che pure fa la sua parte, ma soprattutto alla collettività che si serve della rete.
Si parlava di vicende politiche che potrebbero indurre all'estremismo. Mi pare di aver già risposto all'inizio a questa domanda. Non vedo un allarme molto forte, perché c'è comunque una riduzione anche degli atti di terrorismo nel nostro Paese. Mi sono occupato della prima parte delle indagini D'Antona e posso affermare che permangono anche nel terrorismo alcuni soggetti che hanno questa inclinazione, ma non sono forti come lo erano negli anni Settanta, né hanno dietro un substrato che possa far loro da ombra o copertura. Non esiste più questa realtà, c'è un isolamento completo in questo senso.
Il nostro Paese ha raggiunto un grado di maturità democratica per il quale credo che difficilmente assisteremo a un nostro terrorismo interno. Ci dobbiamo, invece, difendere dal terrorismo islamico, che funziona su piani diversi e dove gli ebrei sono oggetto, per motivi terroristici, di attenzioni anche ben più gravi di quelle dei siti che abbiamo citato.
Non ho parlato dei siti islamici, che colpiscono un po' tutto. Quella ebraica è una componente, ma colpiscono anche gli italiani e non era questa la sede in cui mi sembrava giusto parlare di questo tema. Esiste la parte islamica, da cui tutti i Paesi si debbono difendere, che è tutta un fiorire di siti in cui il minimo che accade è l'attacco antisemita. Non si parla più di antisemitismo, ma di processi che vanno, come ricordava lei, verso i kamikaze che si fanno saltare in aria, non soltanto davanti alla sinagoga, ma anche davanti alla stazione Termini. Non è quello il fine.
Bisogna, dunque, circoscrivere, altrimenti si amplia troppo la discussione. Ci dobbiamo difendere in questo momento da forme di terrorismo internazionale, perché questa è la realtà concreta che il poliziotto vede. Potrei anche sbagliarmi, ma questo è il rischio maggiore.
Quanto alla cultura nazirock nei gruppi, i 99 Fosse sono il prototipo di questi soggetti. Dal momento che si tratta di fatti che accadono nella vita reale, non mi sembra che ci sia una grande fioritura specifica di questi, quanto di gruppi di diversa natura, compresi quelli nazirock. Ci sono anche quelli anarcoidi, i rave party, i droga party. Non abbiamo avuto, però, quando si riuniscono concerti con migliaia di persone, segnali di particolare violenza all'interno, altrimenti li avremmo riscontrati. Esiste una componente, che ritengo però minoritaria; non abbiamo segnali di denunce di questo tipo.
L'onorevole Ferrari parlava della rete di polizie in Internet. Come ho accennato già prima, esistono. Adesso sono fuori dalla Polizia postale e non la comando più io, ma il nostro Paese è all'avanguardia anche come organizzazione. Non ci occupiamo solo di crimini informatici, ma anche della protezione delle infrastrutture critiche del Paese; abbiamo creato modelli che a mano a mano vengono riprodotti anche in altri Paesi, anche se non lo vogliono ammettere, perché in campo internazionale ogni idea italiana deve trovare lo sponsor di un altro Paese più blasonato per essere accettata.
Per esempio, sulla pedofilia siamo legatissimi agli inglesi, agli americani, ai canadesi e agli australiani. Esiste la Virtual Global Taskforce, un'organizzazione delle élite delle polizie che combattono la pedofilia online. Sono stati loro a invitarci a partecipare a questa organizzazione e siamo il primo Paese non anglosassone a prendervi parte. Esercitiamo anche un ruolo di guida, ragion per cui bisogna dare atto che la «casta» ci ha dato gli strumenti per poterlo fare.
Non è la prima volta che vengo in Parlamento, nelle Commissioni. Sono stato recentemente al COPASIR, un mese fa, a parlare di infrastrutture critiche. Sarà che tratto temi sempre molto condivisi, ma, a prescindere dalle parti politiche in quel


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momento maggioritarie, abbiamo sempre trovato il sostegno in tali questioni che riguardano gli interessi della collettività.
Credo che la parte di relazione tra le polizie - posso dare un altro messaggio rassicurante - sia seguita molto bene nel nostro Paese, anche se non possiamo coprire tutto, perché sarebbe impossibile.

PRESIDENTE. Scusi un momento solo; si è inserita anche una domanda dell'onorevole Corsini. Può concludere tenendone conto.

PAOLO CORSINI. La mia non è una domanda, ma semplicemente un precisazione. Se i colleghi e la signora presidente vorranno accogliere un'indicazione e un suggerimento per un ulteriore sviluppo della nostra indagine, vorrei evidenziare un elemento che mi ha molto colpito. Premesso che sento di doverla ringraziare perché, perlomeno per me che nel campo dell'informatica e della rete Internet sono praticamente all'età della pietra e sono un analfabeta, ho trovato molto stimolanti e interessanti le sollecitazioni e le indicazioni che lei ha proposto alla nostra attenzione. Allo stesso modo, ho molto apprezzato il complesso della sua esposizione.
Nell'intervento da lei svolto in relazione agli interrogativi che le sono stati posti, un passaggio meriterebbe, secondo me, una piccola precisazione e un approfondimento. Lei ha esposto una considerazione assolutamente condivisibile quando ha, sostanzialmente, sostenuto che il vecchio razzismo biologico oggi non è ostentato o perseguito con le stesse caratteristiche di quanto avvenisse in passato. Dopo la vicenda dell'Olocausto e i misfatti che abbiamo conosciuto, nessuno ha più il coraggio di dichiararsi apertamente razzista sotto il profilo di una classificazione gerarchica che rimandi a un criterio di natura biologica.
Ciò, tuttavia, non ci esime dal considerare un fatto estremamente preoccupante. A me è dispiaciuto non essere presente, per ragioni indipendenti dalla mia volontà, all'incontro con il professor Renato Mannheimer, che ha presentato una relazione di natura molto tecnica. Mannheimer, però, insieme a un altro studioso italiano, allora un giovane studioso, poi molto affermatosi, Ilvo Diamanti, ha pubblicato in passato uno studio che mette in luce come, in termini quasi sostitutivi rispetto al vecchio razzismo biologico, sono oggi diffuse nel costume, nella mentalità e nella cultura, altre forme di razzismo, per esempio quello addizionale, concorrenziale, neodifferenzialista e quello che gli studiosi classificano «da pregiudizio eurocentrico».
Sarebbe interessante capire - non ho mai effettuato uno spoglio ed è la prima volta che affronto una ricognizione di questi siti e strutture di divulgazione - se al vecchio razzismo biologico, che è una delle componenti costitutive, ma non l'unica, della tradizione culturale e della battaglia antisemita, anche nel campo dell'antisemitismo si accompagnano forme declinate sulla base dei neorazzismi possibili, ovvero quelli che Mannheimer, Diamanti e altri studiosi hanno classificato come addizionali, concorrenzialisti, neodifferenzialisti e da pregiudizio eurocentrico.
Poiché non conosco la produzione di questi siti, le domando se, a suo avviso, potrebbe essere interessante promuovere una verifica per valutare se anche queste forme di neorazzismo impregnano di sé la propaganda antisemita con la quale questi siti si presentano e sulla base della quale agiscono la loro battaglia politico-ideologica.

DOMENICO VULPIANI, Dirigente generale della Polizia di Stato, coordinatore della sicurezza informatica e per la protezione delle infrastrutture critiche informatizzate sul territorio nazionale. Parto dall'ultima domanda. La sua considerazione è importante, perché, come ricordavamo, nella realtà attuale ci sono alcuni movimenti politici aggregativi. Parliamo di Europa, dove ci sono popolazioni che diventano sempre più integrate e, quindi, si possono creare da questi presupposti forme di intolleranza razziale dovute più


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a un fatto culturale, che potrebbero essere poi superate.
Mi preme sottolineare che tali siti si possono dividere in due grosse parti, una culturalmente più avanzata, che fa riferimento ai cosiddetti revisionisti, in cui troviamo soggetti culturalmente ferrati, e una molto meno acculturata di fondo, molto violenta sulle idee, ma senza grossi argomenti, né di tipo biologico, né di tipo scientifico, né di tipo culturale o storico, ma soltanto un odio per tutte le razze diverse dalla loro, con argomentazioni di non grande significato né impatto sull'opinione pubblica. Sono, infatti, talmente barbare che non le prendo neanche in considerazione.
Molto più grave, sotto certi aspetti, è l'attività che viene svolta dai revisionisti, sotto tutti i punti di vista, perché tendono a dare un'interpretazione della storia completamente distorta da quella comunemente sentita. Essa va contrastata più sotto il profilo culturale, anche perché non è neanche possibile farlo sotto il profilo penale, se non specificando bene quali sono le idee che possono essere perseguite. Quella parte potrebbe suggestionare le nuove generazioni. La parte intollerante va solo repressa, individuandone i responsabili.
È una lotta continua, come la lotta tra guardie e ladri. Questo è il rapporto che si può avere con i soggetti che hanno siti come Holy War. Basta guardare il sito per capire che dietro non c'è nulla, solo una violenza di fondo e un'intolleranza verso tutti, in particolare verso gli ebrei, che nasce, a prescindere da Internet, come tradizione di luoghi comuni e stereotipi come quelli della razza ebraica che deve dominare il mondo, i Protocolli di Sion e via elencando. Siamo a un livello molto basso.
Per rispondere all'onorevole Pianetta, il consenso internazionale purtroppo, come riferivo prima, è quello dei Paesi democratici, dei Paesi europei, dei Paesi oltre Atlantico. Su alcuni temi, in Paesi che sono appartenenti anche a una determinata parte del mondo si può trovare un accordo e poi si possono vedere alcuni aggiustamenti.
È diverso il discorso per Paesi che si distinguono anche per motivi politici, ma soprattutto religiosi, e professano una fede diversa, che propugna forme di predominio. La jihad islamica è un fenomeno molto più serio della guerra santa a cui si rifanno questi soggetti per giustificare l'antisemitismo. In questo momento, essa è attiva con forme di terrorismo, non di estremismo.
Il consenso si può trovare in tutti i Paesi che hanno una visione del mondo parallela, comune. Non sono in grado adesso di esplicarli, ma sono facilmente immaginabili. Bisogna allora seguire gli accordi internazionali che nascono in Europa, che comunque, sotto tutti i profili, è molto più attiva degli altri Paesi, anche sotto il profilo culturale avanzato di legislazioni che tendano, pur nel quadro democratico del rispetto di alcuni princìpi di base, a colpire in modo chirurgico comportamenti criminali via via che si approfittano dei nuovi mezzi di comunicazione.

PRESIDENTE. Nel ringraziare molto sentitamente il nostro audito per la disponibilità manifestata, mi sembra di poter dichiarare chiusi i lavori di questa mattina. Faremo tesoro di tutto quanto il dottor Vulpiani ci ha comunicato e ci rivolgeremo a lui per ulteriori consultazioni.
Mi unisco, in particolare, a quanto ha affermato l'onorevole Ferrari a proposito del fatto che siamo fieri e contenti di avere una polizia così competente e - mi permetto di rilevare - anche così appassionata su un tema così importante.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 11,30.

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