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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione III
9.
Mercoledì 27 maggio 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Pianetta Enrico, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SUGLI OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO DELLE NAZIONI UNITE

Audizione del Rappresentante speciale per l'Europa della Banca Mondiale, Cyril Muller:

Pianetta Enrico, Presidente ... 3 7 9 11
Barbi Mario (PD) ... 8
Muller Cyril, Rappresentante speciale per l'Europa della Banca Mondiale ... 3 9 11
Tempestini Francesco (PD) ... 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: (Misto-RRP).

COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI
Comitato permanente sugli obiettivi di sviluppo del millennio

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 27 maggio 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DEL COMITATO ENRICO PIANETTA

La seduta comincia alle 14,05.

(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del Rappresentante speciale per l'Europa della Banca Mondiale, Cyril Muller.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli Obiettivi di sviluppo del millennio delle Nazioni Unite, l'audizione del Rappresentante speciale per l'Europa della Banca Mondiale, Cyril Muller.
Abbiamo aperto un'indagine conoscitiva per valutare e apprendere qual è la situazione circa il raggiungimento degli Obiettivi del millennio. A seguito di queste audizioni, il nostro Comitato redigerà una relazione che sarà utilizzata in ambito parlamentare e io mi auguro che possa incidere anche verso l'esterno, in modo tale da poter dare una grande contributo al raggiungimento di un traguardo così importante, quali sono gli Obiettivi del millennio.
Do la parola al nostro graditissimo ospite che saluto a nome di tutti i colleghi, dopodiché ci potrà essere qualche considerazione, domanda o approfondimento.

CYRIL MULLER, Rappresentante speciale per l'Europa della Banca Mondiale. Grazie, presidente, è un onore essere qui.
Vorrei in qualche maniera confrontarmi con voi sulla riflessione e le analisi della Banca Mondiale a due livelli diversi: innanzitutto, lo stato di avanzamento verso il conseguimento degli Obiettivi del millennio e in secondo luogo - ed è questo forse un settore in cui siamo in una posizione di vantaggio rispetto ad altri soggetti che sono stati auditi dal Comitato - l'impatto della crisi sul processo di conseguimento degli obiettivi stessi, quindi le ripercussioni della crisi segnatamente nei Paesi a basso reddito.
Ogni anno, nel mese di aprile, la Banca Mondiale pubblica una relazione, la relazione globale di monitoraggio, e sono lieto di lasciarvene alcune copie.
Tale relazione passa in rassegna i progressi realizzati e quindi lo stato di avanzamento su ciascun Obiettivo del millennio. Ogni anno, la relazione si concentra su una tematica in particolare. Quest'anno, ovviamente il tema è stato quello relativo alle ripercussioni della crisi sul conseguimento degli obiettivi. So che questo Comitato ha lavorato approfonditamente sul tema degli Obiettivi del millennio, e sicuramente avrete elaborato delle analisi importanti.
Per me, essere qui rappresenta un'occasione preziosa per potervi intrattenere sul modo in cui la Banca Mondiale ha interpretato il proprio ruolo nei confronti della crisi. Questa crisi, per molti versi, comporta delle conseguenze anche sull'assistenza allo sviluppo, le quali tuttavia potrebbero trascendere la portata della crisi stessa determinando in qualche modo


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la nostra prospettiva futura, ovvero la nostra visione futura dell'assistenza allo sviluppo.
In che modo la Banca Mondiale valuta lo stato di avanzamento, dunque il nostro cammino verso gli obiettivi? I Paesi in via di sviluppo - questo va detto in senso generale - si trovavano già prima della crisi in una situazione di ritardo rispetto agli Obiettivi del millennio, soprattutto per quanto riguarda gli obiettivi che vertono sullo sviluppo umano. Infatti, in quei Paesi c'è una maggiore distanza tra l'obiettivo formulato e il punto del percorso in cui ci dovremmo trovare. In particolare, questa distanza è fortissima per quanto riguarda la mortalità infantile e delle madri, il completamento dell'istruzione primaria, l'alimentazione e il settore igienico-sanitario. A questo proposito, credo che anche altri soggetti avranno formulato dichiarazioni in tal senso. Ebbene, sarà molto difficile raggiungere questi obiettivi, anche a livello globale. Ovviamente, occorre fare una distinzione tra il livello globale e quello regionale, ma anche a livello globale sarà difficile realizzare tali obiettivi.
Invece, è stato maggiormente realizzato l'obiettivo numero uno, ovvero la riduzione della povertà a livello globale, rispetto al quale stiamo rispettando la tabella di marcia. Sulla base dei dati statistici più recenti l'obiettivo numero uno, come misurazione della povertà estrema, è stato raggiunto all'80 per cento nel 2007-2008. Inoltre, un altro obiettivo è stato realizzato quasi al 90 per cento, ovvero l'accesso all'acqua pulita e sicura a livello globale, mentre per quanto riguarda l'obiettivo numero tre, la parità di genere, ci troviamo a due terzi del percorso.
Dunque, questi tre obiettivi, sulla base del nostro monitoraggio globale, e ovviamente sulla base di un confronto con le Nazioni Unite, si trovano in una situazione abbastanza positiva.
Per quanto riguarda l'obiettivo relativo alla povertà estrema, vorrei aggiungere qualcosa di ben documentato. Questo obiettivo, che è il numero uno, è stato quasi raggiunto grazie e soprattutto ai buoni risultati realizzati in Asia orientale, in Cina, in India e in altri Paesi. Lì, sono stati compiuti i maggiori progressi ed è qui che, ovviamente, contano di più le differenze regionali, ad esempio, con l'Africa, dove invece i progressi sono stati molto inferiori.
Attualmente, stiamo realizzando delle indagini per misurare in che modo la crisi si è ripercossa sull'obiettivo numero uno e riteniamo che nel 2009, sulla scia del generale rallentamento economico, in particolare nei Paesi in via di sviluppo, i 53 milioni di persone che avrebbero dovuto uscire dalla fascia della povertà - sulla base del parametro di un dollaro e 25 centesimi - in realtà non ne usciranno. Quindi, questi 53 milioni di persone rimarranno all'interno della fascia di povertà. Invece, se consideriamo il parametro dei 2 dollari queste persone diventano 65 milioni.
Pertanto, tra il rallentamento economico e il conseguimento dell'obiettivo sulla povertà c'è un nesso molto forte. Se prendiamo in considerazione l'Africa, il cui sviluppo economico l'anno scorso aveva raggiunto 4,9 per cento, ci accorgiamo che a causa della crisi quest'anno il tasso subirà una flessione che lo porterà al 2,4 per cento.
So che l'Italia e altri Paesi europei sarebbero ben felici di avere un tasso di crescita del 2,4 per cento, però il tasso di sviluppo in Africa si è comunque dimezzato. Questo è il colpo inferto dalla crisi. Se prendiamo in considerazione i dati di dicembre, gennaio o febbraio ci accorgiamo del fatto che l'Africa non aveva ancora risentito a tal punto della crisi, tranne in alcuni Paesi come la Repubblica democratica del Congo. Mi riferisco a quei Paesi che sono più esposti e vulnerabili, ovvero a quelle economie nelle quali gli shock sui prezzi delle materie prime o la crisi alimentare si facevano sentire maggiormente.
Negli ultimi mesi, in Cambogia il settore a maggiore intensità di manodopera, l'abbigliamento, ha perso 30 mila posti di lavoro, ossia il 10 per cento del livello di occupazione di quel settore. Invece, in Marocco, nell'arco di due mesi, ci sono


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stati grossi spostamenti anche per quanto riguarda l'abbigliamento. Dunque, con l'aumento della competitività, si è verificata una perdita di occupazione.
A questo punto, vorrei soffermarmi su un altro fattore molto importante. Nelle crisi precedenti le contrazioni dell'economia hanno avuto gravi ripercussioni anche sul settore della sanità. Ieri ho partecipato ad una conferenza, e in quella sede ho affermato che la mortalità infantile potrebbe aumentare da 200 a 400 mila all'anno, a causa del rallentamento economico di quest'anno.
Dunque, oggi la crisi fa sentire il proprio peso sugli obiettivi connessi allo sviluppo umano. Noi, come Banca Mondiale, seguiamo con grande preoccupazione questi sviluppi. Naturalmente, questo vale anche per i governi, per le altre organizzazioni e per i Paesi in via di sviluppo. Si tratta di un motivo di grande preoccupazione.
Ebbene, cosa ci hanno insegnato le crisi del passato? Prendiamo il periodo che va dal 1980 al 2004 nei paesi in via di sviluppo, nel corso del quale ci sono state delle crisi che hanno comportato una contrazione dell'economia del 10 per cento, tutte le crisi di quel ventennio hanno peggiorato la mortalità infantile. Infatti, c'è chi ha calcolato un milione di bambini morti in più, proprio a causa di questi fenomeni economici.
Inoltre, l'aumento del tasso di mortalità infantile colpisce in particolar modo le bambine, che sembrano più vulnerabili alle conseguenze delle crisi economiche. Infatti, il cambiamento dell'1 per cento nel PIL pro capite modifica la mortalità dei bambini dello 0,28 per cento, mentre lo stesso 1 per cento comporta un aumento dello 0,77 per cento della mortalità delle bambine. Quindi, l'impatto di queste crisi sulla mortalità infantile dei maschi corrisponde ad un terzo dell'impatto sulla mortalità delle femmine. Questo, lo ripeto, vale in particolar modo nel settore della salute, e non siamo i soli ad evidenziarlo.
Pertanto, se si verifica una contrazione dell'economia, l'esito della crisi sulla parte della popolazione più povera e più vulnerabile corrisponderà ad un impatto maggiore rispetto alla portata della crisi stessa.
Tuttavia, ciò potrebbe non valere in tutti i casi, per quanto riguarda il settore della scuola. Ad esempio, in America Latina sembra che in periodi di crisi economica aumenti la scolarizzazione e questo sembra valere per la maggior parte dei Paesi a medio reddito. Al contrario, l'impatto sulla scolarizzazione in caso di crisi economica è negativo nei Paesi più poveri e in alcune economie dell'est asiatico.
Se andiamo a cercare i motivi di questo fenomeno, vediamo che nei Paesi a reddito medio, di fronte alle crisi dell'economia esistono degli ammortizzatori, ovvero dei programmi di mense scolastiche, che proteggono i bambini iscritti alle scuole dalla crisi. In particolare, abbiamo due programmi molto noti, Oportunidades in Messico e Bolsa Familia in Brasile, che rappresentano esempi che sono stati imitati in altri Paesi a medio reddito con un grande successo.
Ovviamente, questo non vale per i Paesi più poveri. Quindi, l'anno scorso con la crisi alimentare i Paesi che avevano già avviato dei programmi di mense scolastiche hanno mitigato gli effetti della crisi.
Ciò è più o meno quello che volevo dire riguardo all'impatto della crisi sugli Obiettivi del millennio, distinguendo in particolare tra quelli più vicini al raggiungimento e quelli meno vicini, con riferimento agli effetti sulla povertà.
Nella nostra analisi, all'interno della relazione di quest'anno, abbiamo cercato di approfondire anche il modo in cui le crisi economico finanziarie possono costituire uno stimolo per il miglioramento della protezione sociale e per rafforzare il ruolo del settore privato, in termini di contributo alla crescita e di conseguimento degli Obiettivi del millennio. Su questo, però, non mi soffermo.
Dunque, quali risposte possono essere date alla crisi? Tra la Banca Mondiale e altri soggetti, con il sostegno del G20 di Londra - e se ne parla anche in vista del vertice del G8 a L'Aquila - sussiste un'ampia


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convergenza sui tre elementi che devono caratterizzare una qualsivoglia risposta alla crisi.
In primo luogo, bisogna concentrarsi sul concetto di vulnerabilità, quindi sui gruppi e sui segmenti più vulnerabili della società. Ovviamente, mi ricollego a quanto ho detto con riferimento alla crisi alimentare dell'anno scorso, ma anche il miglioramento dei programmi di previdenza sociale, trasferimenti in contante, se sussistono determinate condizioni. In altre parole, si eroga un finanziamento a favore delle famiglie purché quella famiglia si impegni a mandare a scuola i propri figli: dunque, una condizione cui è legata l'erogazione della prestazione. Si tratta di un fondo di risposta sociale rapida - per così dire - per migliorare i nostri programmi, renderli più efficaci e ampliare gli ammortizzatori sociali nei Paesi più poveri e anche nei Paesi a medio reddito. Pertanto, la vulnerabilità è intesa in questo senso, per proteggere i più poveri e i più vulnerabili.
Un altro punto sul quale ci siamo concentrati è continuare a rafforzare le infrastrutture. Negli ultimi dieci anni, abbiamo assistito ai migliori risultati economici di tutta le economie più arretrate. Mi riferisco ai Paesi non esportatori di petrolio o che non hanno importanti risorse naturali.
Se prendiamo in considerazione l'Africa, essa è cresciuta nell'ultimo decennio a un ritmo di oltre il 5 per cento, e questo elenco comprende 23 Paesi, se non vado errato.
Quando si interloquisce con i governi o si realizzano delle indagini demografiche, si riscontra la volontà di continuare lo sforzo di consolidamento delle infrastrutture: rete elettrica, strade, rete idrica e così via. Con il miglioramento dei risultati economici, i vincoli infrastrutturali crescono, perché l'economia ha bisogno di maggiori infrastrutture. Ci sono molti casi in cui delle piccole aziende riescono ad esportare o a espandere la loro quota di mercato interno, ma perdono il 50 per cento della produzione a causa dei vincoli e delle limitazioni infrastrutturali.
Ad esempio, in Ruanda le merci per le esportazioni debbono essere trasportate fino al mare, ma il 50 per cento dei prodotti viene lesionato prima di arrivare alla costa, oppure i prodotti freschi, come fiori e ortaggi, deperiscono perché non è possibile conservarli al fresco. Dunque, una gran parte della produzione va dispersa a causa dei limiti infrastrutturali.
In realtà, la crisi si ripercuote anche sulle infrastrutture per una serie di motivi. Innanzitutto, i Paesi in via di sviluppo realizzavano le proprie infrastrutture con un finanziamento misto pubblico-privato, ma negli ultimi sei mesi entrambe le fonti di finanziamento private sono crollate. In secondo luogo, anche le priorità nella realizzazione di infrastrutture sono state in qualche maniera influenzate, perché con il crollo dell'economia si perde un po' la motivazione, la pressione e l'impulso a realizzare grandi progetti infrastrutturali. Il terzo elemento è il seguente: i flussi finanziari verso i Paesi in via di sviluppo si ridurranno del 50 per cento nell'arco di un anno. In riferimento a ciò, i dati sono diversi, si parla di 1.000 miliardi, di 500 miliardi, ma attualmente siamo a 300 miliardi, quindi una riduzione del 70 per cento, una percentuale enorme.
Dunque, improvvisamente è cambiato di molto il ruolo della Banca Mondiale, la quale finanziava programmi di lungo periodo ma ora deve anche poter rispondere a programmi di risparmio che sono in corso e che sono urgentissimi, per mantenere in piedi l'economia.
A questo proposito, c'è un esempio sorprendente di finanziamento da parte del settore privato. Nel 2008 e nel 2009 i flussi finanziari privati, nell'ambito della microfinanza, sono stati di 3 miliardi di dollari. Dunque, le istituzioni finanziarie private hanno erogato 3 miliardi di fondi come microprestiti; e questo dato è enorme. Magari, dieci anni fa erano briciole, ma questi fondi si sono prosciugati o stanno prosciugandosi.
Noi abbiamo ricreato un fondo che è stato rifinanziato da alcuni Paesi donatori, con la Banca Mondiale e IFC (International Finance Corporation), che rappresenta


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il nostro braccio privato, per erogare microcredito. Infatti, l'ultima cosa che vogliamo è tagliare i micro finanziamenti in un periodo di crisi finanziaria.
Come il presidente della Banca Mondiale Zoellick spesso ricorda, le inadempienze nel caso di istituti di microcredito sono in genere del 2 per cento, mentre quelle per le normali banche negli Stati Uniti - non conosco i dati in Italia - sono sotto gli occhi di tutti, perché sono state all'origine della attuale crisi.
La comunità internazionale deve quindi finanziare questi settori abbandonati dai finanziamenti privati, le infrastrutture, la capitalizzazione delle banche e anche la liquidità degli scambi commerciali. Io sono di formazione un esperto di commercio, sono stato anche negoziatore, e non avrei mai pensato che le banche di sviluppo multilaterale si sarebbero occupate anche degli scambi commerciali. Oggi, sulla base dell'impegno assunto al G20, abbiamo una linea di credito che vuole generare 50 miliardi di dollari di finanziamento agli scambi commerciali in un triennio.
Esiste una forte domanda, e tutte le banche commerciali hanno ridotto le loro attività di erogazione di credito alle attività commerciali soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Pertanto, noi stiamo mettendo insieme le nostre risorse, con le banche europee, africane e dell'America Latina, per cercare di stimolare il trade financing, ossia il finanziamento degli scambi commerciali.
Ricapitolando, ho parlato di vulnerabilità, per cercare di garantire che vengano adottati programmi atti a proteggere i più deboli; di sostegno ai programmi infrastrutturali, per supportare la crescita di lungo periodo e di tentativi per far riprendere la crescita e il contributo del settore privato. Questi sono tutti elementi per i quali magari non si riesce a vedere una correlazione diretta con gli Obiettivi del millennio, ma alla luce di queste considerazioni potete accorgervi che esiste un forte nesso tra crisi e Obiettivi del millennio.
Da ultimo - ho già parlato forse abbastanza a lungo - cosa sta facendo la Banca Mondiale? Noi abbiamo triplicato i nostri prestiti ai Paesi a medio reddito. In passato, si parlava di 13 miliardi all'anno, ma quest'anno arriveremo a 35 miliardi. Dunque, 100 miliardi in tre anni: questo è il nostro obiettivo, triplicando i dati relativi al triennio precedente la crisi. In realtà, le richieste sono superiori.
In secondo luogo, per quanto riguarda i Paesi più poveri, abbiamo l'IDA (International Development Association), che elargisce prestiti agevolati a 78 Paesi tra quelli più poveri, senza tasso di interesse. L'Italia contribuisce a questo fondo ed ha anche contribuito al rifinanziamento della IDA. Infatti, siamo arrivati al quindicesimo rifinanziamento e l'Italia si è impegnata a versare 850 milioni di dollari. Spero che il Parlamento ratifichi presto questo contributo, perché l'Italia è ormai tra gli ultimi Paesi.
Questo ci consentirà di aumentare del 50 per cento i programmi dell'IDA nei Paesi più poveri: si tratta di 42 miliardi di dollari per 78 Paesi in tre anni.
Dunque, per rispondere alla crisi stiamo cercando di accelerare il nostro impegno facendo di più nei prossimi anni e creando delle linee di finanziamento speciali per la risposta sociale rapida, il problema alimentare, per le infrastrutture. Stiamo dando vita ad una struttura con tutti i donatori e a delle attività con il settore privato. La Banca Mondiale quest'anno raddoppierà i propri impegni rispetto ad un anno fa e speriamo di fare di più negli anni a venire.
Il nostro anno finanziario va da luglio a giugno, quindi il nostro prossimo esercizio inizierà tra poco. Mi scuso se sono stato un po' prolisso e spero comunque che le cose che vi ho detto possano essere utili.
Grazie nuovamente dell'invito. Siamo sempre felici di poter dialogare con i Parlamenti e con i parlamentari. Sono a vostra disposizione per eventuali domande.

PRESIDENTE. La ringraziamo di questa ricca esposizione, che ha toccato il tema dei rapporti con la crisi nei Paesi in


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via di sviluppo e quello relativo alle azioni da mettere in campo per quanto riguarda la vulnerabilità, le infrastrutture, l'incremento dei flussi finanziari e di conseguenza ciò che si appresta a fare e sta già facendo la Banca Mondiale.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

MARIO BARBI. Signor presidente, vorrei fare delle domande, più che delle considerazioni, visto che il dottor Muller è stato estremamente esauriente nella sua esposizione.
I dati che ci ha fornito sono, a mio parere, molto ampi per quanto riguarda sia il bilancio che possiamo fare ad ora del raggiungimento degli Obiettivi del millennio, sia gli effetti della crisi, sia le attività e il ruolo della Banca Mondiale. Assunta questa relazione come un punto di riferimento di straordinario interesse ed utilità per i lavori del nostro Comitato, io vorrei porre due questioni, una delle quali è relativa al G20, e alle ricadute del G20 di Londra di aprile sull'attività della Banca Mondiale. A questo proposito, c'è un capitolo che è dedicato proprio ad assicurare una ripresa buona e sostenibile per tutti, ed è riferito in particolare ai Paesi poveri. In questo punto si riafferma l'impegno degli Obiettivi del millennio da parte della comunità internazionale, da parte del G20, e si fa riferimento ad impegni addirittura per 550 miliardi di dollari - traduco a spanne dal comunicato - relativi al sostegno per la protezione sociale, per lo sviluppo del commercio e per la salvaguardia dello sviluppo in Paesi a basso reddito.
Inoltre, c'è un punto specifico che riguarda anche la Banca Mondiale, in cui si parla di risorse rese disponibili per la protezione sociale dei Paesi più poveri, inclusi gli investimenti per la sicurezza alimentare a lungo termine e i contributi bilaterali volontari alla Banca Mondiale per il fondo di vulnerabilità.
Verifichiamo, da parte del G20 e degli impegni che sono stati assunti in quella sede, un'attenzione particolareggiata al rapporto tra quella che viene definita «l'indivisibilità della prosperità mondiale», quindi alle questioni dei Paesi in via di sviluppo e degli Obiettivi del millennio. Pertanto, vorrei capire meglio - lei ha fatto dei riferimenti - quali sono le ricadute effettive sull'attività della Banca Mondiale, ovvero la possibilità che da queste decisioni si tragga impulso e miglioramento della capacità di azione.
Il secondo quesito è riferito al nostro Paese, cui il nostro ospite ha fatto un cenno. Per quanto riguarda la cooperazione italiana sul canale bilaterale, la Banca Mondiale è il secondo destinatario di contributi italiani, perché il primo è il Fondo europeo per lo sviluppo.
Disponiamo di dati fino al 2008, ma lei faceva riferimento anche alla conferenza di ActionAid di ieri.
In ogni caso, sappiamo quale difficoltà vi sia nel quantificare i contributi italiani, la loro prevedibilità, quindi vorrei porle una domanda in proposito. Si tratta di un aspetto sul quale non so quanto lei possa rispondere, ma è un tema che a noi interessa in modo particolare, anche per il ruolo che svolgiamo di controllo e di stimolo verso il Governo. Dunque, vorrei chiederle in quale misura il Governo italiano corrisponde agli impegni che ha assunto. Mi piacerebbe sapere quanto vi sia di previsto per il prossimo futuro e quanto vi sia invece di sospeso per il passato, relativamente alla contribuzione dell'Italia ai fondi gestiti dalla Banca Mondiale.
Pertanto, le sarei grato se ci vorrà dare delle valutazioni su questo argomento, non già relativamente alle questioni meramente quantitative e di affidabilità, ma concernenti il buon funzionamento del sistema e il buon bilanciamento degli impegni italiani nel sistema degli aiuti.

FRANCESCO TEMPESTINI. La ringrazio per la notevole dose di informazioni e di dati che ci ha fornito. Volevo porle tre rapide domande, senza collocarle in nessuna cornice.
Uno dei dati che più allarma, naturalmente, è la riduzione dei flussi finanziari esterni diretti ai Paesi del terzo mondo.


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Infatti, si tratta di una riduzione molto consistente. Ebbene, qual è la sua opinione e quali sono - se ci sono - le proiezioni sullo sviluppo della crisi in queste aree per il prossimo anno?
Nella «vulgata» giornalistica occidentale si dice che la crisi dovrebbe essere arrivata ad un punto di maggiore caduta, e quindi adesso dovremmo cominciare a vedere i segni di una possibile ripresa. Questo, per quanto riguarda i Paesi industrializzati. Dunque, in che termini tale ragionamento può essere esteso ai Paesi in via di sviluppo, nella loro totalità o in funzione di differenti loro caratteristiche? Oppure, in realtà, questa possibile previsione riferita ai Paesi industrializzati non ha invece alcun riscontro per i Paesi che io definisco, un po' impropriamente, del terzo mondo?
Vorrei sapere se, da questo punto di vista, in termini generici e macroeconomici, avete fatto, come World Bank, qualche prima riflessione.
Passando alla seconda questione, noi abbiamo sentito parlare al G20 di tanti soldi che la comunità internazionale stanzia a favore del sostegno alla domanda, del salvataggio del sistema bancario e quant'altro. Ebbene, la domanda che le porgo è molto semplice: sono tutti soldi veri o sono soltanto soldi stanziati, ma che poi vedremo con difficoltà scendere effettivamente in campo?
La terza domanda è anch'essa di carattere generale. Vorrei sapere se secondo voi, in quanto operatori che lavorano direttamente sul campo, esiste la necessità e quale può essere il vantaggio in termini generali di una differente governance dei grandi organismi internazionali (FMI e World Bank), per quanto riguarda una maggiore apertura a Paesi che - come ben sappiamo - fino ad oggi sono partecipi della governance di queste organizzazioni in maniera assolutamente non proporzionata, rispetto al loro attuale peso economico. Ovviamente mi riferisco alla Cina, all'India, ovvero ai Paesi del BRIC.

PRESIDENTE. Do la parola al nostro ospite per la replica.

CYRIL MULLER, Rappresentante speciale per l'Europa della Banca Mondiale. Ho avuto il piacere di partecipare al vertice del G20. Non rivelo nessun segreto dicendo che ci sono state delle pressioni per ottenere delle cifre consistenti. Questi 1.100 miliardi annunciati non sono soldi finti, ovvero si parla di una serie di fonti di finanziamento bene individuate.
Tuttavia, c'è un elemento sul quale non mi trovo a mio agio. Quando la comunità internazionale parla di 1.100 miliardi, nel momento in cui viene fatto questo annuncio, la gente comincia subito a telefonare alla Banca Mondiale e i vari Paesi ci chiedono quale quota spetti loro di quei 1.100 miliardi.
Pertanto, l'onere della prova incombe su coloro che hanno assunto pubblicamente questi impegni, ed è in gioco la credibilità di questi Paesi e del G20. Io parlerei di credibilità istituzionale.
Per quanto riguarda i 50 miliardi per i Paesi a basso reddito - sempre in ambito del G20 - voglio sottolineare alcuni aspetti. Si tratta di risorse supplementari, addizionali, ovvero fanno parte di un aumento dell'assistenza pubblica allo sviluppo (APS)? Non mi addentro nei dettagli, però nell'ambito di questi 50 miliardi, per iniziative collegate alla Banca Mondiale, abbiamo fatto dei passi avanti nel mobilitare i fondi. Dunque, siamo in linea con il mantenimento di queste promesse.
Ad esempio, lei ha fatto una domanda sulla sicurezza alimentare. La Banca Mondiale ha incrementato da 1,2 a 2 miliardi il proprio fondo sulla sicurezza alimentare. Inoltre, stiamo collaborando strettamente con l'Unione europea. Anche in questo caso, oltre a questi 2 miliardi avremo altre risorse, forse altri 400 milioni di dollari, che si aggiungeranno ai 2 miliardi di cui parlavo prima. Di questo andiamo orgogliosi. Infatti, degli 1,2 miliardi istituiti un anno e un mese fa, abbiamo impegnato il 90 per cento e abbiamo erogato oltre il 60 per cento: quindi, il 90 per cento rappresenta il livello degli impegni e il 60 per cento il livello dei pagamenti. Si tratta di una


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reazione rapida alla crisi. Se facciamo un confronto con i ritmi di erogazione tradizionali dell'assistenza, siamo molto avanti.
Per quanto riguarda le domande sul fondo di vulnerabilità, il nostro fondo di risposta sociale rapida ha ricevuto contributi da Paesi come il Regno Unito, i Paesi Bassi e siamo in trattativa con altri Paesi, come il Canada, che darà un forte contributo. I vari programmi sulla sicurezza alimentare e il fondo di risposta sociale rapida prevedranno dai 2 ai 3 miliardi in più, rapidamente erogabili.
Tornando ai 50 miliardi di cui si è parlato al G20, all'interno di questo pacchetto c'erano anche risorse per le quali - 2 miliardi in particolare - la Banca Mondiale sta accelerando i ritmi di erogazione.
Direi, e lo dico con serenità, che per quanto riguarda la Banca Mondiale, sulle dichiarazioni fatte durante il G20, stiamo andando avanti abbastanza bene.
Passando alla questione dei soldi veri o non veri, si è parlato di 750 miliardi che provengono dai trasferimenti a riserve, però qui la situazione non è chiara perché si tratta di fondi di riserva che potrebbero non diventare reali, perché magari non saranno necessari.
Vorrei sottolineare un ultimo punto sul G20, sul quale occorre riflettere. Bisogna adottare un po' una prospettiva progressiva. Ad esempio, al vertice di Washington effettivamente al centro dell'attenzione c'erano i Paesi OCSE, ovvero le economie più sviluppate.
Il 90 per cento del vertice di Washington si è concentrato su temi quali il coordinamento delle politiche, le politiche per il settore finanziario e così via. Invece, il vertice di Londra ha risposto all'altra ondata, ovvero quella dei Paesi a medio reddito. Mi riferisco, ad esempio, all'Europa dell'est. Io mi sono occupato dei Paesi baltici e non avrei mai pensato che la Banca Mondiale sarebbe dovuta tornare nei Paesi baltici ad erogare grossi prestiti.
A Londra, dunque, ci si è occupati dei Paesi a medio reddito più che delle economie meno avanzate. Tuttavia, già si sentiva l'impatto della crisi sui Paesi più poveri, ed erano già emersi degli elementi di analisi. Dunque, immagino che i Paesi a reddito più basso saranno in qualche modo al centro del prossimo vertice G20, dal momento che la crisi li sta colpendo più duramente e stanno emergendo dei dati al riguardo. Abbiamo già visto che l'impatto della crisi in Africa sta colpendo il tasso di crescita e le esportazioni, quindi la stessa crisi sta passando più per l'economia reale che per il settore finanziario, mentre emergono i dati per i Paesi più poveri.
Dunque, c'è stato un impatto sull'economia nel primo mondo, sono calate le importazioni e il calo delle importazioni ha colpito i Paesi in via di sviluppo. In seguito, il ridimensionamento dei finanziamenti privati ha avuto, a sua volta, un impatto indiretto. Il prossimo G20 potrebbe occuparsi maggiormente dei Paesi a basso reddito.
Mi è stata fatta una domanda sulla riforma della governance a livello globale e sul ruolo della Cina e dell'India. Quindi, perché questa crisi viene affrontata dal G20 e non dal G7 o dal G8? Ebbene, credo che ciò avvenga proprio in virtù del riconoscimento del ruolo, come motore di crescita, di questi due Paesi, Cina e India.
Dunque, per quanto riguarda la ripresa a livello mondiale credo che queste economie saranno una locomotiva anche per le economie più sviluppate.
Invece, per quanto concerne le proiezioni di crescita, noi pubblichiamo le proiezioni per le economie in via di sviluppo nel mese di ottobre, ovvero una volta all'anno, e da ottobre abbiamo avuto due aggiornamenti. Il Fondo monetario ha aggiornato le proprie proiezioni ogni mese, ma da aprile e maggio non c'è stato un aggiornamento e non ci sarà nemmeno a giugno, perché si sono delineati i primi elementi di ripresa nei Paesi industrializzati. Infatti, si parla di questi primi germogli di crescita.
Per l'anno in corso, prevediamo che i Paesi in via di sviluppo cresceranno ad un ritmo del 2,1 per cento a fronte del 5,8 per cento dell'anno scorso: ovvero un terzo, il che rappresenta uno shock massiccio per questi Paesi. Il commercio mondiale calerà


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del 6 per cento e la crescita del PIL a livello mondiale si ridurrà dell'1,7 per cento.
È difficile valutare l'impatto sulle rimesse degli emigranti. Attualmente, secondo noi, le rimesse stanno calando del 5,8 per cento. In prospettiva, ci potrebbe essere una ripresa che arriverebbe per prima nei Paesi che si avvantaggerebbero maggiormente. Quindi, i Paesi che avranno più difficoltà a riprendersi saranno quelli a basso reddito, perché lì l'impatto della crisi si fa sentire sull'economia reale.
Per quanto riguarda i contributi italiani, non so se il contributo alla Banca Mondiale sia secondo per ordine di grandezza, ma mi sembra plausibile. In ogni caso, i contributi italiani arrivano per due canali diversi. Il primo è l'IDA (International Development Association), il fondo principale per i Paesi più poveri; in esso la quota parte dell'Italia, per quanto riguarda il rifinanziamento, è del 3,8 per cento. Nel quindicesimo rifinanziamento dell'IDA l'equivalente in dollari è 1,18 miliardi, ovvero 850 milioni di euro. Questa è stata la somma impegnata dal Governo italiano, ma lo stanziamento non è stato ancora approvato dal Parlamento, quindi è in sospeso. L'Italia si trova in una situazione di arretrato anche con i contributi passati dell'IDA. Gli arretrati ammontano a 132 milioni di euro e speriamo che il Governo proporrà al Parlamento un provvedimento per recuperare questi arretrati.
Invece, per quanto riguarda il secondo canale, quello dei contributi volontari italiani, non ci sono arretrati. Spesso l'Italia contribuisce ai programmi globali della Banca Mondiale, ad esempio per il settore della sanità oppure per i contributi all'Afghanistan.

PRESIDENTE. La ringrazio di questo grande contributo che ha dato al nostro Comitato. Ci auguriamo di continuare la collaborazione.

CYRIL MULLER, Rappresentante speciale per l'Europa della Banca Mondiale. Grazie mille per avermi invitato.

PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15.

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