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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VI
2.
Mercoledì 28 novembre 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME CONGIUNTO DELLA COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE EUROPEA: UNA TABELLA DI MARCIA VERSO L'UNIONE BANCARIA (COM(2012)510 FINAL), DELLA PROPOSTA DI REGOLAMENTO CHE ATTRIBUISCE ALLA BCE COMPITI SPECIFICI IN MERITO ALLE POLITICHE IN MATERIA DI VIGILANZA PRUDENZIALE DEGLI ENTI CREDITIZI (COM(2012)511 FINAL) E DELLA PROPOSTA DI REGOLAMENTO RECANTE MODIFICA DEL REGOLAMENTO (UE) N. 1093/2010 CHE ISTITUISCE L'AUTORITÀ EUROPEA DI VIGILANZA (AUTORITÀ BANCARIA EUROPEA) PER QUANTO RIGUARDA L'INTERAZIONE DI DETTO REGOLAMENTO CON IL REGOLAMENTO CHE ATTRIBUISCE ALLA BCE COMPITI SPECIFICI IN MERITO ALLE POLITICHE IN MATERIA DI VIGILANZA PRUDENZIALE DEGLI ENTI CREDITIZI (COM(2012)512 FINAL)

Audizione del Presidente dell'Associazione nazionale fra le banche popolari, Emilio Zanetti:

Conte Gianfranco, Presidente ... 2 6 7 12
De Lucia Lumeno Giuseppe, Segretario generale dell'Associazione nazionale fra le banche popolari ... 2 7
Del Serrone Carlo, Dirigente dell'Associazione nazionale fra le banche popolari ... 3
Fogliardi Giampaolo (PD) ... 6
Ventucci Cosimo (PdL) ... 6

ALLEGATO: Documentazione consegnata dai rappresentanti dell'Associazione nazionale fra le banche popolari ... 13
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Intesa Popolare): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Autonomia Sud - Lega Sud Ausonia - Popoli Sovrani d'Europa: Misto-ASud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL; Misto-Diritti e Libertà: Misto-DL.

[Avanti]
COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di mercoledì 28 novembre 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO CONTE

La seduta comincia alle 14.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente dell'Associazione nazionale fra le banche popolari, Emilio Zanetti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla Comunicazione della Commissione europea: Una tabella di marcia verso l'Unione bancaria (COM(2012) 510 final), della Proposta di regolamento che attribuisce alla BCE compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (COM(2012) 511 final) e della Proposta di regolamento recante modifica del regolamento (UE) n. 1093/2010 che istituisce l'Autorità europea di vigilanza (Autorità bancaria europea) per quanto riguarda l'interazione di detto regolamento con il regolamento che attribuisce alla BCE compiti specifici in merito alle politiche in materia di vigilanza prudenziale degli enti creditizi (COM(2012) 512 final), l'audizione del Presidente dell'Associazione nazionale fra le banche popolari, Emilio Zanetti.
Il dottor De Lucia Lumeno sostituisce il dottor Zanetti, impossibilitato a partecipare all'audizione, in rappresentanza dell'Associazione nazionale fra le banche popolari, le quali, evidentemente, dedicano maggiore attenzione agli emendamenti presentati ai provvedimenti all'esame del Senato che alle questioni riguardanti l'unione bancaria europea.
Come lei sa, dottore, stiamo svolgendo un ciclo di audizioni nell'ambito di un'indagine conoscitiva relativa, tra l'altro, alle politiche europee in materia di vigilanza prudenziale. Nel contesto di tale indagine, la Commissione ha stabilito di approfondire anche gli interventi necessari per garantire la sistemazione, diciamo così, degli enti e della vigilanza.
Il dottor De Lucia Lumeno è accompagnato dal dottor Riccardo De Bruyn, direttore, dal dottor Carlo Del Serrone e dal dottor Cesareo Pacioni.
Do la parola al dottor De Lucia Lumeno.

GIUSEPPE DE LUCIA LUMENO, Segretario generale dell'Associazione nazionale fra le banche popolari. Non ribatto alle battute del presidente, che è sempre molto spiritoso e brillante. Innanzitutto, porgo alla Commissione le scuse del presidente Zanetti, il quale avrebbe partecipato molto volentieri all'audizione. Purtroppo, però, si trova in una situazione peggiore rispetto alla mia: come potete sentire, non ho voce. Se mi perdonate, dunque, lascio la parola al dottor Del Serrone, che, essendo in una situazione migliore, dal punto di vista vocale - peraltro, egli ha anche una voce


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squillante - potrà illustrare il documento che abbiamo consegnato. Io mi limiterò a rispondere alle successive domande.
Premetto che il suddetto documento era già stato portato a conoscenza dell'Ufficio studi della Camera.

CARLO DEL SERRONE, Dirigente dell'Associazione nazionale fra le banche popolari. Prima di arrivare alle nostre considerazioni sulle proposte presentate dalla Commissione europea, è necessario svolgere una piccola premessa sull'inquadramento di tali provvedimenti.
La proposta di regolamento relativo al sistema unico di vigilanza centrale, affidato alla BCE, si inquadra in un insieme di provvedimenti che rispondono all'esigenza di rafforzamento della resilienza, della stabilità del sistema bancario europeo e della moneta unica, che, come sappiamo, in questo momento sono minacciate, in particolare, dai rischi sul debito sovrano di alcuni Paesi della comunità.
Oltre alla prossima conclusione dei lavori sul corpus unico di norme in materia di requisiti patrimoniali delle banche (CRR/CRD4), è prevista la rapida adozione di disposizioni volte ad armonizzare i sistemi nazionali di garanzia dei depositi ed i quadri normativi per la risoluzione delle situazioni di crisi degli intermediari.
È importante inquadrare questi aspetti unitariamente: fanno tutti parte, infatti, di un pacchetto di provvedimenti che servono principalmente a ristabilire il necessario clima di fiducia tra gli Stati membri, considerato una condizione indispensabile per l'introduzione dei meccanismi di protezione previsti dall'unione bancaria europea.
Il presupposto è che soltanto una vigilanza effettuata a livello europeo può assicurare il controllo rigoroso e imparziale su un settore bancario ormai completamente integrato e, soprattutto, su mercati finanziari che non si fermano alle frontiere nazionali, ma operano a livello transnazionale.
Una volta costruito questo sistema, e approvati gli altri provvedimenti cui facevamo cenno, il Meccanismo europeo di stabilità (MES) renderà possibile, sulla scorta di una decisione ordinaria, la ricapitalizzazione diretta delle banche in difficoltà.
Alle banche dei Paesi che hanno problemi relativi al rischio sul debito sovrano dovrebbe bastare questa considerazione per auspicare la più rapida trasformazione in regole comunitarie anche dei provvedimenti di cui ci stiamo occupando.
Formalmente, la BCE avrà compiti di vigilanza diretta su tutti gli enti creditizi stabiliti negli Stati membri che partecipano alla moneta unica, prescindendo dal modello societario, dalla dimensione degli intermediari stessi e da qualsiasi altra ripartizione delle banche, in base alla dimensione o all'attività.
Per questo motivo, la BCE avrà tutti i poteri di vigilanza e di indagine e potrà attuare le misure necessarie riguardo gli istituti che, a seguito di verifica, saranno considerati a rischio di solidità.
È importante ricordare che il Consiglio europeo ha recentemente ribadito, superando alcune residue incertezze, che la proposta di regolamento sarà approvata entro l'anno, entrerà in vigore il 1o gennaio 2013, con riferimento alle banche di grandi dimensioni, che operano su scala nazionale e hanno rilevanza sistemica, e sarà successivamente esteso a tutte le banche europee entro il 1o gennaio 2014.
L'attuale proposta non definisce in dettaglio i compiti «residuali» attribuiti alle autorità di vigilanza dei singoli Paesi. Abbiamo parlato dell'attribuzione formale di tutti i poteri alla BCE. È evidente, però, che la BCE debba collaborare con le autorità di vigilanza nazionali. Come dicevo, nella proposta non sono chiariti in dettaglio i compiti «residuali», ma si indica, comunque, un elenco di funzioni in relazione alle quali si riconosce la necessità che la BCE si avvalga della collaborazione delle autorità nazionali.
Pare di capire che le funzioni d'ausilio debbano riguardare le «verifiche quotidiane». Tale locuzione si riferisce, probabilmente, alle verifiche attuate in base alle segnalazioni di vigilanza che le banche


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effettuano periodicamente. Queste attività continuerebbero a essere svolte - uso il condizionale, perché, come ripeto, da questo punto di vista la situazione non è chiarissima - direttamente dalle autorità nazionali. La cosiddetta valutazione continua della situazione delle banche rimarrebbe, pertanto, in capo alle autorità di vigilanza degli Stati membri, le quali attuerebbero comunque gli orientamenti e i regolamenti emanati dalla BCE. Qualora emergesse che una banca si trova in una condizione di crisi, le predette autorità sarebbero tenute a coinvolgere direttamente la BCE e a informarla della situazione. Da quel momento in poi, la BCE prenderebbe direttamente in carico il controllo sulla banca segnalata.
Svolta questa premessa, arriviamo alle nostre valutazioni, che, in una prospettiva di tipo generale, sono assolutamente favorevoli. Riteniamo, infatti, che sia senz'altro rilevante la creazione di un sistema unico di vigilanza per il controllo sull'attività di intermediari di grandi dimensioni, che operano a livello transnazionale, soprattutto perché si è avuto modo di verificare, nel recente passato, quanto le autorità di vigilanza nazionali possano essere carenti, in ragione del fatto che esse operano e vigilano su una scala insufficiente rispetto al campo di azione degli intermediari medesimi.
Riteniamo opportuno, altresì, introdurre questo tipo di controllo nei confronti delle realtà bancarie che hanno rilevanza sistemica anche a livello nazionale, pur non operando stabilmente o prevalentemente a livello transnazionale, in considerazione della dimensione dei mercati nazionali nei Paesi dell'Unione.
Soprattutto, riteniamo opportuno che questo tipo di vigilanza sia esercitato anche nei confronti di quelle banche che beneficiano dell'intervento pubblico a fini di ricapitalizzazione. Ciò è indispensabile, perché ci deve essere uniformità di attenzione su tali operazioni, al fine di evitare condizioni indebite di vantaggio competitivo.
Allo stesso modo, riteniamo appropriato il proposito di ricomprendere nell'ambito di applicazione dei futuri poteri di sorveglianza tutte le banche stabilite nell'area euro, così come la proposta di estendere gradualmente l'esercizio delle nuove responsabilità di supervisione nel corso del 2013.
Effettuate queste valutazioni generali, abbiamo da esprimere talune perplessità e da formulare alcuni auspici.
La prima perplessità riguarda il fatto che la creazione del sistema unico di vigilanza appare un risultato molto impegnativo e di grande rilevanza da realizzare in tempi brevi. Di fatto, in poco più di un anno, la BCE, che finora si è dedicata istituzionalmente soltanto a compiti di politica monetaria, dovrà essere in grado di esercitare una vigilanza «rigorosa e imparziale» su oltre 6.000 intermediari di diversa dimensione, complessità operativa, propensione al rischio e natura societaria.
Su tale aspetto appare quanto mai opportuno che la BCE fornisca sia al Parlamento dell'Unione europea, sia alla Commissione europea esaurienti informazioni circa il programma di implementazione della struttura organizzativa dedicata alla supervisione, specificatamente di quella che dovrà essere interamente costituita ex novo, in modo tale da garantire l'adeguatezza delle relative risorse, in termini sia quantitativi, sia di competenza e professionalità. In altre parole, sarebbe utile capire come la BCE pensi di ottemperare nei tempi dovuti, ossia con una grande rapidità, a un impegno particolarmente gravoso e importante.
Con l'applicazione di questi provvedimenti è auspicabile, d'altra parte, che vengano meno le sensibili differenze di interpretazione poste dalle autorità di vigilanza nazionali riguardo alle regole dei requisiti di capitale e di liquidità delle banche. Non è stato infatti raro che, soprattutto nell'ultimo periodo, l'organo di vigilanza italiano si sia dimostrato molto più rigoroso e vincolante su questi temi, cioè sui requisiti di capitalizzazione e su quelli patrimoniali in generale, rispetto alle prassi adottate negli altri Paesi europei.


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È auspicabile, inoltre, che nella definizione del regolamento, e soprattutto nella sua attuazione pratica, siano tenuti nella massima considerazione gli elementi distintivi di ogni singolo sistema economico nazionale.
Noi siamo attenti al nostro, con le sue caratterizzazioni tipiche, concernenti, in particolare, la tipologia di clientela, eminentemente composta da piccole e medie imprese, che, come sappiamo, sono la struttura principale del nostro sistema economico, e la conseguente connotazione dei finanziamenti, di dimensioni non particolarmente rilevanti, nella maggior parte dei casi assistiti da garanzie reali.
Allo stesso modo, si dovrà tener conto della complessa varietà degli enti creditizi europei.
Il modello di vigilanza che sarà concretamente adottato nel nuovo sistema integrato dovrà essere coerente - a ciò l'Associazione annette grande rilevanza - con le norme nazionali che identificano e qualificano la natura giuridica delle diverse forme di impresa bancaria. L'aspetto che ci interessa in particolare è la forma cooperativa. Noi riteniamo che l'esercizio dell'attività di vigilanza debba essere completamente neutrale rispetto a questi aspetti ed ogni caso, l'attività di vigilanza esercitata nei confronti degli intermediari non può e non deve in alcun modo risultare omologante.
Nel documento accenniamo ai meriti che le banche popolari possono rivendicare nel corso della recente crisi. È possibile, infatti, documentare che, anche nel corso di questa crisi, il comportamento delle banche popolari e, in genere, delle cooperative di credito, a livello non solo italiano, ma anche europeo, si è caratterizzato in senso sostanzialmente anticiclico, in virtù di un modello di business incentrato sulle relazioni di lungo periodo e su un'alta propensione ad accordare credito alle PMI e alle famiglie.
In pratica, per le nostre banche è di fatto necessario continuare a finanziare la clientela di tipo tradizionale, rappresentata dalla piccola e media impresa nel territorio. Ciò si rende necessario in quanto tali imprese rappresentano la componente principale del sistema economico in cui lo stesso intermediario, la stessa banca, opera e si sviluppa. Per le banche popolari, utilizzando una metafora, interrompere il sostegno finanziario a queste componenti del sistema economico nel territorio avrebbe l'effetto di far esaurire le «riserve d'acqua» necessarie alla loro stessa sussistenza.
Ritornando alla proposta di regolamento, noi auspichiamo una migliore definizione della qualificazione dei compiti e delle responsabilità assegnate alle autorità nazionali di vigilanza. Le nostre perplessità al riguardo sono riferite alla possibile difficoltà, per la BCE, di riuscire a possedere tutti gli strumenti tecnici e informativi necessari per la valutazione della grande massa degli intermediari europei, in considerazione proprio della loro diversità. D'altra parte, la stessa proposta riconosce che, nell'ambito del sistema unico di vigilanza, le autorità nazionali sono nella migliore posizione per svolgere le relative attività di controllo, per la conoscenza dei mercati, anche a livello regionale e locale, per le risorse comunque considerevoli di cui dispongono, nonché per motivi di ubicazione e di conoscenza della lingua.
Riteniamo, inoltre, che sia assolutamente da evitare, in qualsiasi caso, il rischio che il disegno di una vigilanza centrale coordinata con quelle nazionali si traduca nella pratica in una duplicazione di controlli, a livello sia di segnalazioni, sia di ispezioni, sia di resoconti, sia di richieste di dati, perché ciò comporterebbe anche una duplicazione di costi, che ricadrebbe sul conto economico delle banche e, in ultima analisi, sulla clientela con minor potere negoziale.
Al riguardo, avrà grande importanza l'attenzione che il Parlamento dell'Unione europea e la Commissione europea vorranno prestare non solo alla definizione del regolamento e, quindi, all'architettura del sistema di vigilanza, ma anche al concreto svolgimento, nel corso del tempo, dell'attività di vigilanza stessa.


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Noi riteniamo assolutamente basilari i principi organizzativi enunciati nella proposta, relativi all'indipendenza e alla responsabilità della BCE, affinché possa svilupparsi un sistema europeo di vigilanza vitale, con una propria autonomia e indipendenza.
Da un punto di vista prettamente tecnico andrebbe chiarito se la facoltà, riconosciuta alla BCE, di esercitare i propri poteri di controllo, a partire dal 1o gennaio 2013, nei confronti di una banca che ha già ricevuto o richiesto assistenza finanziaria, come recita l'articolo 27, comma 3, della proposta di regolamento, sia applicabile anche nei confronti di una banca che, avendo ricevuto in passato tali aiuti, li abbia rimborsati integralmente e, quindi, non sia più un intermediario sensibile.

PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Grazie per l'esposizione. Saluto il dottor De Lucia Lumeno e i dirigenti che lo accompagnano.
Ogni volta che ci si addentra nell'evoluzione del sistema della vigilanza bancaria, viene sempre più la nostalgia - apro una parentesi - della vecchia «musina» di ferro che portavamo in banca popolare da ragazzini. Capiamo, allora, quanta strada sia stata percorsa e come stia veramente cambiando il mondo, perché non si tratta, poi, di fatti così lontani nel tempo. Sono cose che abbiamo fatto non solo noi da piccoli, ma anche i nostri figli.
Messa da parte la mia battuta introduttiva, la prima domanda che mi viene è la seguente: il sistema delle banche popolari è preoccupato? Avete enunciato, giustamente, alcune perplessità in merito a taluni aspetti. Una riguarda i tempi molto brevi in cui si vorrebbe realizzare il progetto.
Avete poi aggiunto, sempre giustamente, che non vengono tenute nella debita considerazione le sensibili differenze che esistono tra i sistemi e tra le banche, nonché il rischio di una duplicazione di meccanismi di controllo, dalla quale deriverebbe un enorme aggravio dei costi.
Se, da un lato, si comprende quanto si sia evoluto in fretta il settore creditizio e finanziario, che ci ha accompagnato nei nostri primi passi nel mondo della politica monetaria, dall'altro, pur non essendo ciò nella mia formazione culturale e politica, non vorrei dovermi ricredere sul fatto che bello sia ancora il piccolo. Il fatto è che, più ci si addentra nei sistemi di cui ci stiamo occupando, più sembra di stare davanti a una torre di Babele.
Giustamente, mettete in risalto alcuni aspetti. C'è da temere? C'è da preoccuparsi? Al sistema delle banche popolari siamo molto affezionati: lo affermo da veronese, e il dottor De Lucia Lumeno può benissimo comprendermi. La banca mutua popolare era la nostra banca, era la banca dei veronesi, come molte banche popolari erano, e sono tuttora, le banche dei cittadini, della gente, dei diversi mondi economici che compongono il nostro Paese.
Possiamo affrontare tranquilli questo passaggio, indipendentemente dai tempi, dalla velocità, dalle duplicazioni? Il sistema delle banche popolari è solido a sufficienza per poter affrontare anche questo passaggio, o si teme, invece, che possano subentrare fattori tali da creare problemi nella vigilanza e nell'espletamento del controllo al quale si viene chiamati?
Negli ultimi tempi, ci sono stati Basilea 2, 2,5 e 3, nonché le fluttuazioni della Borsa, che colpiscono soprattutto gli istituti di credito. Parlo da cittadino della strada, il quale sente la gente chiedersi perché sia calato così tanto il valore delle azioni bancarie che abbiamo pagato 20, 22 o 23 e che adesso valgono 1, 1,5 o 2. È accaduto perché il sistema non è sufficientemente solido?
Possono sembrare domande scontate, ma io credo che, in questa sede e in questo ambito, dobbiamo porci tali questioni.

COSIMO VENTUCCI. Anch'io ringrazio i nostri ospiti, anche per i documenti che ci hanno consegnato.


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Alcune perplessità sono ampiamente condivise anche da noi, soprattutto dopo l'annuncio, che abbiamo letto sui giornali, secondo cui gli Stati Uniti d'America hanno deciso di non dare attuazione a Basilea 3.
A proposito della funzione monetaria e di vigilanza da parte della BCE, in relazione alla quale essa non dovrebbe avere l'expertise che abbiamo noi, anche perché la nostra legislazione è talmente vecchia da averci consentito di non avere default - sorte toccata, invece, ad altri Paesi -, aggiungo alla vostra osservazione, estremamente pertinente, una mia considerazione.
Mi piacerebbe sapere a chi giovi un arroccamento dell'Europa su questi temi, dal momento che la politica internazionale seguita dall'Unione europea rende chiaro ed evidente l'esistenza di tre interessi, che convergono su un quarto. I tre interessi sono quelli della Francia, della Germania e dell'Inghilterra, mentre il quarto, che, a mio parere, sovrintende ai primi tre, è quello di mamma America, degli Stati Uniti d'America.
Mi domando allora se, nell'era di Internet e dell'informatica, questo arroccamento e questa forma di sfiducia nelle culture nazionali - in certe realtà, come poneva in risalto l'onorevole Fogliardi, la gente ha un contatto quotidiano con il comparto bancario - non possano essere messi a rischio, in tempi brevi, dall'affermarsi di un'altra tipologia di banche, estranee all'Unione europea.
Internet, l'informatica e i telefonini ci permettono, oggi, di avere un conto all'estero e di gestirlo direttamente su banche estere, non su banche nazionali. Poiché il rischio di un conflitto tra interessi è rilevante anche secondo le vostre affermazioni, cosa accadrebbe se ci dovesse essere un'applicazione rigorosa di un sistema che, per certi versi, può essere discutibile?

PRESIDENTE. Dottor De Lucia, le pongo anch'io una domanda un po' provocatoria. Vorrei che mi togliesse una curiosità culturale per quanto riguarda il Single rulebook in preparazione presso l'EBA: che differenza c'è tra la Landesbank e la Sparkasse tedesca, la banque mutuel francese e la banca popolare italiana?
Glielo chiedo perché credo che, in assenza di differenze sostanziali, il controllo riservato solo alle banche sistemiche sia un'operazione che potrebbe dare un vantaggio se fossero emanate regole stratificate per settori bancari. Credo che un livellamento del terreno di gioco - regole che valgano per lo stesso settore a tutti i livelli - sarebbe un fatto obiettivamente positivo.
L'altra domanda riguarda uno dei temi che sta portando avanti l'ABI. Mi riferisco al modo in cui dovrebbero essere considerati, anche al fine di evitare un'ulteriore ricapitalizzazione, gli incagli e le sofferenze. Come sono messe, da questo punto di vista, le banche popolari?

GIUSEPPE DE LUCIA LUMENO, Segretario generale dell'Associazione nazionale fra le banche popolari. Signor presidente, onorevoli deputati, devo dire, preliminarmente, che non considero provocatorie le domande rivoltemi; tuttavia, esse attengono a tematiche complesse e articolate.
Per quanto riguarda il valore delle azioni, onorevole Fogliardi, il problema riguarda, purtroppo - o, forse, per fortuna -, non soltanto le banche popolari, ma l'intero sistema bancario italiano. È vero, quindi, che le azioni delle banche popolari avevano, un tempo, un determinato valore, mentre oggi ne hanno un altro; d'altro canto, anche le altre banche si trovano nella stessa situazione. Ciò non dipende da una maggiore o minore solidità o efficienza: sono altre le motivazioni che inducono i mercati ad attribuire a un'azione bancaria, nel tempo, valori diversi (talvolta, non se ne comprende nemmeno il motivo).
Per quanto riguarda la vigilanza, svolgendo una premessa di carattere generale, non credo nei controlli, nel senso che la finanza internazionale è talmente complessa, oggi, che non è possibile immaginare di controllarla con strumenti puramente


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contabili: chiunque pensi di poterlo fare, si illude.
Non a caso, gli Stati Uniti non si erano curati di attuare Basilea 2 e, in ogni caso, hanno subito escluso che un'eventuale applicazione di Basilea 2, o di Basilea 3, potesse riguardare le Credit union; inoltre, poiché non avevano altre banche, se non quelle di investimento, Basilea 2 non si applicava, sostanzialmente, ad alcun intermediario. Dopo che hanno avuto i noti problemi, le finanziarie multinazionali sono state trasformate in banche, ma dai controlli continuano a essere escluse le Credit union. Adesso sostengono - ma si era capito chiaramente fin dall'inizio - che non applicheranno Basilea 3.
D'altronde, una risposta chiara e inequivocabile c'era già stata un anno fa, quando il presidente dell'associazione bancaria inglese, rispondendo a Gordon Brown, affermò che, sebbene il Governo inglese avesse aiutato le banche a salvarsi, ciascuno doveva fare il proprio mestiere.
Mi dispiace affermarlo in questa sede, ma devo dire che paghiamo, a livello generale - quindi, la mia considerazione non riguarda soltanto il nostro Paese -, vent'anni di afonia della politica. Se il potere si riconosce esclusivamente alla finanza, con tutto ciò che ne consegue, non si può affermare, dopo vent'anni, di fronte a un molosso con uno strapotere straordinario, che si devono ridefinire le regole del gioco.
Un tentativo, a livello internazionale, fu compiuto da cinque grandi Paesi. Abbiamo visto com'è finita: Gordon Brown è andato a casa, Sarkozy è sotto processo per le vicende della L'Oreal, la signora Merkel fu messa da parte, e Obama fu attaccato, perché il suo «quadretto» familiare non era verosimile: sembrava, infatti, che la signora Obama avesse una relazione con la guardia del corpo, e che lui fosse più o meno come Berlusconi. Tutto è finito, naturalmente, poiché la finanza ha preso il sopravvento; di conseguenza, i personaggi che ho nominato si sono fatti da parte, avendo capito che non era possibile gestirla.
Per quanto riguarda l'efficienza della vigilanza, signor presidente, nel nostro ambito ci sono grandi banche: tra le prime dieci banche italiane, sette sono banche popolari, e due di queste, in particolare - Banco Popolare e UBI - avrebbero carattere sistemico.
Dall'introduzione dell'EBA, sono stati compiuti moltissimi controlli: non da ultimo, anche controlli incrociati da parte della Banca d'Italia e dell'EBA per validare i sistemi. Da questo punto di vista non ci sono problemi di sorta, specialmente tra le banche popolari quotate. Questo è l'altro aspetto critico rispetto al resto delle banche popolari europee.
Per quanto riguarda le banche di medie e piccole dimensioni, fortunatamente non soffrono di problemi riguardanti l'EBA. Noi abbiamo sempre affermato che, se le banche popolari di piccole e medie dimensioni potessero fornire alle grandi banche l'eccesso di capitale che hanno, si arriverebbe a una situazione di equilibrio, senza la necessità di ricorrere ad altri stratagemmi per ridurre l'impatto dell'EBA.
Se dovessimo tracciare un quadro complessivo delle banche popolari, sulla base del ROI e del ROA, ci accorgeremmo che tali banche sono solide, molto più di altre consorelle europee. In questo momento, il sistema della cooperazione bancaria austriaca sta vivendo una situazione di grandissimo disagio, tanto che è ricorso più volte a noi, pensando di poter trovare presso di noi mezzi e strumenti per avere un aiuto. Stiamo valutando la possibilità di offrirlo, ma sarà piuttosto difficile.
Complessivamente, ma tutto è relativo, il sistema regge e si confronta bene, perché abbiamo due anime: l'anima delle banche popolari grandi, ma anche quella delle banche popolari medie e piccole. Forti di ciò, ci confrontiamo con il resto del sistema. Le banche medie e piccole non hanno sofferto per quanto è accaduto.
L'arroccamento non è nostro. Le decisioni sulla vigilanza furono prese, all'epoca, a Lisbona. Mi ha meravigliato molto che a presiedere questo settore fosse chiamato l'ex Ministro dell'agricoltura francese, che io ritenevo più scaltro e


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capace degli altri nel riaffermare una tipicità della finanza europea. Lui ribadiva sempre che, se non ci fosse stata reciprocità, non ci sarebbe stata l'applicazione di Basilea 3 in Europa. Invece, com'è stato dimostrato, anche un avveduto agricoltore francese deve cedere le armi di fronte alla finanza internazionale. Lui continua a ribadire che discuterà e che farà. Di fatto, a noi queste regole si applicano, e agli altri chissà. Sono convinto che non si farà assolutamente nulla. Non si tratta, dunque, di un nostro arroccamento.
In merito all'altra questione, devo porgere un complimento alla Banca d'Italia, che notoriamente non ci è amica. Credo che la Banca d'Italia, per quanto riguarda la vigilanza, sia una delle banche nazionali più capaci ed efficaci, con una strumentazione non comparabile con quella di altre banche centrali europee, nemmeno con quella della Banca di Francia. Le altre non hanno il ruolo che ha avuto la Banca d'Italia nel nostro Paese. Svolgono più un'azione di rappresentanza internazionale. Il loro ruolo internazionale è di controllo e di verifica delle banche nazionali, anche perché, specialmente in Francia, c'è un rapporto tra la politica e le banche. Ciò vale anche per l'Olanda e per la Germania.
Non è un caso che il nostro ex Governatore Draghi non apprezzasse la cooperazione bancaria italiana, mentre quest'anno, a ottobre, è stato ospite dell'Assemblea annuale della cooperazione bancaria tedesca.
Da questo punto di vista, quindi, è scontato che gran parte dell'attività di vigilanza, anche se noi avremmo preferito che fosse più a maglie larghe - come succede in Francia, in Germania e in Olanda - rimarrà in capo all'Italia. Ho la sensazione, anzi, che in Europa si avvarranno proprio delle competenze e dei profili professionali dell'esperienza italiana. Non a caso, a capo dell'EBA c'è un italiano.
Non c'è, dunque, un arroccamento dell'Italia o dell'Europa. C'è una diversa visione del sistema bancario e finanziario, un confronto tra quella anglosassone, americana e quella europea, che un tempo si chiamava renana. Nel complesso, l'Europa ha cercato, nei limiti del possibile - sono convinto che non siano possibili controlli in campo finanziario -, di agire da mosca cocchiera, e adesso si trova in mezzo al guado. Bisognerà vedere quanto Barnier e gli altri nostri partner riusciranno a convincere gli Stati Uniti.
Sull'ultima domanda, quella cosiddetta «provocatoria», credo sia utile capire come funzionano i sistemi della cooperazione bancaria in Europa.
Storicamente e filosoficamente, i grandi filoni della cooperazione bancaria sono due, anzi tre: quello tedesco di Schulze-Delitzsch; quello francese legato agli utopisti socialisti Fourier e Prudhomme e, a seguito della Rerum Novarum, quello delle Raiffeisen in Austria e in Germania.
Si tratta di tre modelli simili. Tutti nascono per aiutare i territori a crescere: dalla solidarietà l'uno, dalla sussidiarietà l'altro e dai principi della Rerum Novarum il terzo. Ognuno ha determinate caratteristiche, che tengono conto delle realtà specifiche nazionali.
Il primo modello, quello di Schulze-Delitzsch, veniva dal pensiero liberale. Nasce molto prima della Rerum Novarum e si scontra con il modello francese. La Rerum Novarum, come sempre avviene nell'ambito della Chiesa, all'aut-aut del liberalismo e del socialismo oppone l'et-et e, quindi, coniuga queste due anime, quella utopistica-socialista e quella cattolica, e ne fa un tutt'uno.
Queste anime diverse sussistono specificatamente nell'ambito delle banche popolari italiane, naturalmente in dimensioni diverse. Rimane, comunque, questo spirito.
In Francia, la cooperazione bancaria è principalmente legata al pensiero di Fourier, tanto che, a ogni Assemblea, il segretario generale ricorda che le banche cooperative francesi non nascono da un sogno, ma dall'utopia, perché i sogni finiscono all'alba, mentre le utopie continuano e generano speranza. Hanno, quindi, caratteristiche diverse. Sono banche cooperative a mutualità non prevalente,


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per cui c'è una componente di solidarietà e di sussidiarietà e una di natura privatistica profittevole.
Le Raiffeisen, invece, sono banche a mutualità prevalente e, quindi, non offrono dividendi e non hanno la componente privatistica e profittuale che hanno le altre banche.
In Italia, la specificità delle banche popolari rispetto al resto delle banche sta nel fatto che esiste una parte di banche popolari, in numero di otto, che sono quotate. Il fenomeno non esiste in altre parti d'Europa. Non è detto che, un giorno, questa rappresentazione non diventi un'anticipazione di quello che sarà. Forse, non sarà più possibile mantenere una banca in una regione, anche perché l'Unione europea chiede sempre di più, lavorando sulla concorrenza, di far venir meno alcuni vincoli, che noi fortunatamente non abbiamo mai avuto, in quanto le nostre banche popolari si fanno concorrenza sui territori (ciò non succede, invece, in Germania, in Olanda e in Francia). Negli ultimi anni, l'Unione europea è sempre stata molto attenta ai livelli di concorrenza, e spinge perché alcuni legami vengano allentati.
Dall'altra parte, la motivazione alla quotazione fu dovuta al fatto che si erogava un servizio in più al socio, il quale, ove non credesse più nella banca, non doveva più sottostare ai vincoli stretti della banca stessa, ma poteva liquidare la sua partecipazione in borsa. Otto banche hanno condiviso questa iniziativa e si sono quotate. Le altre sono rimaste banche popolari non quotate.
In Germania, esistono le Landesbank, che nulla hanno a che fare con la cooperazione bancaria. Sono banche regionali possedute dallo Stato, mentre le Volksbanken e le Sparkassen hanno un'associazione comune, a differenza dell'Italia, e si riconoscono o nel credito cooperativo o nelle banche popolari di origine Schulze-Delitzsch.
In Francia, la cooperazione bancaria, anche se noi conosciamo la Société générale o la Paribas e altre realtà che consideriamo inferiori da un punto di vista della visibilità, ha in mano più del 60 per cento del mercato francese. Il Crédit agricole e il Crédit mutuel sono banche della cooperazione bancaria.
Nel caso delle banche popolari, esse hanno usufruito, l'anno scorso, o un anno e mezzo fa circa, del fatto che le casse di risparmio in difficoltà sono state trasformate da Sarkozy in banche popolari. Ciò è avvenuto perché le banche popolari francesi non sono contendibili per legge. Temendo che ci potesse essere un'entrata in massa di grandi banche, attraverso la privatizzazione delle casse di risparmio, Sarkozy ha trasformato per legge le casse di risparmio in banche popolari e, quindi, in quanto tali, non contendibili. Questa è la forza che deriva da un sistema Paese, da un rapporto tra politica, banche e industria. Anche questo fa della Francia una nazione che ha un'unità dal 1400 e dell'Italia un Paese ragguardevole, molto interessante e simpatico, ma con scarsa forza, perché non ha, al contrario della Francia, un sistema Paese.
Svolgo un'ultima notazione, sperando di aver risposto a tutte le domande. Possiamo anche ribadire i concetti.
Siamo stati ospiti della cooperazione bancaria francese il mese scorso, insieme ai miei collaboratori. L'incontro è incominciato alle 9 ed è finito alle 15. Sono intervenute le autorità francesi, Moscovici e il brillante giovane Ministro dello sviluppo industriale. Ebbene, non ho mai sentito parlare di Europa, ma solo di Francia. Più che un'assemblea di banche cooperative, sembrava un Consiglio dei ministri allargato.
In quella circostanza, si è discusso su quale potesse essere il ruolo della cooperazione bancaria nei Paesi in via di sviluppo, nella convinzione che i Paesi non potessero essere sempre conquistati con le armi e che andassero conquistati, invece, con la rappresentanza economica e con la creazione di banche cooperative. In particolare, si è parlato di una realtà che non conosco (pensavo all'influenza inglese in Kenya), ossia al Mali. I francesi pensavano di poter intervenire militarmente, ma erano consapevoli che non fosse sufficiente,


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se poi non si fossero create le condizioni per una presenza che non poteva essere solo ed esclusivamente militare, ma doveva essere anche economica.
Così accade nell'Assemblea della cooperazione bancaria tedesca. Non a caso, Draghi da noi non sarebbe mai venuto, mentre è andato difilato quando è stato invitato dalla cooperazione bancaria tedesca.
In Olanda e in Francia c'è questo rapporto. Due anni fa, fummo ospiti della cooperazione bancaria tedesca. Il Presidente della Repubblica Federale di Germania intervenne ponendoci tre richieste, ossia di aiutarlo nel patto generazionale tra giovani e anziani, di portare contributi e finanziamenti all'artigianato, perché la Germania per crescere aveva bisogno di artigiani, e di compiere interventi nell'housing sociale.
Quando noi, un giorno, nella nostra Assemblea potremo parlare con la classe politica italiana in questi termini e ascoltare queste richieste, probabilmente questo Paese sarà un po' più normalizzato. Noi, invece, dovremo sempre discutere nei Parlamenti di chi siamo, di cosa facciamo, se abbiamo diritto di esistere, se siamo figli di un dio minore, dimenticando che nel nostro piccolo, senza che nessuno ce lo chiedesse, già a metà del 1800 abbiamo deciso che una parte dei nostri utili andassero ai territori e che ogni anno, crisi o non crisi, erogassimo 200 milioni di euro ai territori in cui le banche popolari insistono.
Secondo me, il sistema bancario tedesco, se non fosse tedesco, sarebbe già fallito. Svolgo una considerazione anche temeraria: la Deutsche Bank non era molto diversa dalla Lehman. Non a caso, la Lehman è fallita. La Lehman era una banca che operava sui mercati internazionali, ma era legalmente ubicata in Germania. La sede legale era ad Amburgo, non a New York.
Quando la Deutsche Bank, negli anni Ottanta, decide di diventare global player, naviga per gli stessi mari in cui c'erano la Goldman Sachs, la Lehman e tante altre banche. Se non ci fossero la Russia e tutte le sue esigenze, che passano attraverso attività finanziarie intermediarie con la Deutsche Bank, ho difficoltà a immaginare come sarebbe sopravvissuta.
La Germania, però, è un sistema Paese, per cui, pur essendo le sue banche disastrate, pur avendo ancora un mare di derivati, ha costituito una bad bank in cui ogni anno stanzia dai 300 ai 400 miliardi, operazione che in Italia non sarebbe stata possibile. Non sia mai che si costituisca una bad bank! Se soltanto pensassimo di farlo, subito l'Unione europea interverrebbe per aiuti di Stato erogati in modo indiretto, e noi ci preoccuperemmo del pensiero dell'Europa in merito. In Germania, si preoccupano della Germania, in Francia della Francia, in Olanda dell'Olanda, mentre in Italia siamo europei.
Racconto un ultimo aneddoto. Il Presidente della Repubblica federale di Germania, mentre all'assemblea di banchieri della cooperazione erano presenti circa 1.200 partecipanti, ha affermato: «Perché dico queste cose a voi?» - si trattava di un incontro a Berlino, che si teneva in un grande palasport. Neanche a farlo apposta, accanto c'era la sede generale della Deutsche Bank - «Perché la Deutsche Bank ha i palazzi» si è risposto il Presidente, indicandoli. Intorno al palasport c'erano tutte le agenzie delle Volksbanken e delle Sparkassen, mentre noi, in Italia, abbiamo le agenzie e i territori. Dunque, il Presidente si rivolgeva a noi sulle questioni dei giovani e degli anziani, sull'housing sociale e sul finanziamento, perché queste sarebbero state pressoché incomprensibili ai tedeschi.
Il mio augurio è che un giorno, con qualsiasi Governo e con qualsiasi sistema politico, si possa parlare nell'interesse di un sistema Paese in maniera tranquilla e serena, sapendo che dall'altra parte ci sono interlocutori attenti e sensibili, che considerano il territorio nazionale come sommatoria dei singoli territori in cui noi siamo presenti, dalla Valle d'Aosta fino alla Sicilia. Sappiamo che l'interesse della sommatoria è l'interesse del territorio nazionale, perché siamo legati al nostro Paese.


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Auspico che un giorno, nell'Europa unita, si abbiano maggiormente a cuore le vicende italiane e si parli di più dell'Italia. Dobbiamo essere consapevoli che non ci sono pasti gratis, che nessuno ci regala nulla e che, se usciremo dalla crisi, sarà solo perché saremo stati capaci di farlo. Non ci sarà nessuno che verrà ad aiutarci in nome della solidarietà.
Noi italiani, animati da spirito cristiano, abbiamo pagato, insieme ad altri, l'unificazione tedesca. Da questa unificazione gli italiani, e forse anche altri Paesi, nulla hanno ricevuto in cambio.

PRESIDENTE. Colleghi, come avete visto, il dottor De Lucia Lumeno parla poco e scrive molto, ma ha evitato di rivolgerci un endorsement come quello di Guzzetti alla Giornata del risparmio, che non abbiamo per nulla apprezzato.
La ringrazio per la sagacia della sua esposizione, dottor De Lucia Lumeno, e anche per la documentazione consegnata alla Commissione, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,55.

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