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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione VII
8.
Giovedì 29 marzo 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Frassinetti Paola, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULL'APPLICAZIONE DELLA LEGGE N. 2 DEL 9 GENNAIO 2008, RECANTE DISPOSIZIONI CONCERNENTI LA SOCIETÀ ITALIANA DEGLI AUTORI E DEGLI EDITORI, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AD ATTIVITÀ, GESTIONE E GOVERNANCE DELLA MEDESIMA SOCIETÀ

Audizione di rappresentanti di categoria ed esperti del settore:

Frassinetti Paola, Presidente ... 3 6 8
Aprea Valentina, Presidente ... 8 11 12 14 20 23 25
Avenia Cesare, Presidente di Assotelecomunicazioni - ASSTEL ... 6
Barbieri Emerenzio (PdL) ... 19
Bonaiuti Paolo (PdL) ... 19
Carlucci Gabriella (UdCpTP) ... 14
Carrisi Albano, Socio dell'Unione nazionale compositori librettisti autori di musica popolare (UNCLA) ... 13
De Biasi Emilia Grazia (PD) ... 6 10 15 16 21 22
Lavezzi Bruno Mario, Segretario generale della Federazione degli autori ... 12 23
Levi Ricardo Franco (PD) ... 7 17
Minellono Cristiano, Membro del consiglio direttivo e del comitato di presidenza dell'Unione nazionale compositori librettisti autori di musica popolare (UNCLA) ... 12 16 24
Parisi Stefano, Presidente di Confindustria digitale ... 3 8
Rapetti Mogol Giulio, Componente del comitato di presidenza della Federazione degli autori ... 11 23
Scalera Giuseppe (PdL) ... 7 17 23
Sugar Filippo, Presidente della Federazione editori musicali (FEM) ... 9 20 22 23
Zazzera Pierfelice (IdV) ... 15
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

COMMISSIONE VII
CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 29 marzo 2012


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAOLA FRASSINETTI

La seduta comincia alle 13,40.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di categoria ed esperti del settore.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'applicazione della legge n. 2 del 9 gennaio 2008, recante disposizioni concernenti la Società italiana degli autori e degli editori, con particolare riferimento ad attività, gestione e governance della medesima società, l'audizione di rappresentanti di categoria ed esperti del settore.
Nel rivolgere un saluto agli auditi, do la parola a Stefano Parisi, presidente di Confindustria digitale.

STEFANO PARISI, Presidente di Confindustria digitale. Ringrazio la Commissione per averci dato l'opportunità di illustrare la nostra posizione sulla materia oggetto dell'indagine. Confindustria digitale è la federazione che, all'interno di Confindustria, raccoglie tutte le industrie dell'information communication technology e, in particolare, dell'informatica, delle telecomunicazioni, delle aziende manifatturiere di apparato di rete, dei terminali, degli Internet service provider e dei call center, quindi di tutta l'industria interessata al digitale.
Questa occasione è molto importante per noi. Infatti, nonostante la fortissima crescita del mercato del supporto digitale, la questione della valorizzazione dei contenuti distribuiti sulla rete presenta forti rischi. Il tema in questione rappresenta, quindi, uno snodo cruciale. Desideriamo, infatti, che i contenuti sulla rete siano valorizzati e che la rete stessa sia un luogo di mercato aperto e trasparente e non di trafugazione e di pirateria. Proprio perché riteniamo che gli autori e gli editori debbano vedere nella tecnologia digitale una grande opportunità e non un rischio, riteniamo che questa audizione sia molto importante, in quanto la capacità di valorizzare i contenuti attraverso il riconoscimento dei diritti d'autore è un passaggio fondamentale nello sviluppo dell'agenda digitale.
Peraltro, in queste settimane stiamo cercando di esercitare un'azione molto forte nei confronti del Governo proprio sulla questione dell'agenda digitale. L'11 aprile si terrà un incontro a Roma, al quale parteciperà anche il Commissario europeo Kroes e i Ministri Passera e Profumo, per parlare, appunto, dello sviluppo dell'agenda digitale. In quell'occasione, oltre a me, interverrà anche il presidente di Confindustria cultura, che è la federazione della Confindustria che raccoglie i rappresentanti del mondo dei contenuti culturali. Ci stiamo avvicinando al tema, infatti, perché riteniamo che non ci sia una distinzione, né un conflitto fra


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queste due esigenze; viceversa, crediamo che ci sia un'importante convergenza che dobbiamo valorizzare.
Su questi temi, consegniamo alla Commissione un documento. In sintesi, riteniamo che sia molto importante che il sistema di raccolta del diritto d'autore sia efficiente. Difatti, la sua inefficienza, che, purtroppo, più volte abbiamo registrato, non solo scarica costi eccessivi sul sistema, ma soprattutto genera una filiera di insoddisfazione in tutto questo mondo, che poi ricade pesantemente su quello della cultura.
Abbiamo riportato uno studio svolto dall'Istituto Bruno Leoni nel 2010, su nostra iniziativa, che ha analizzato il rapporto tra la SIAE e le altre collecting society, in maniera particolare con riferimento al caso inglese. Nello specifico, ci concentriamo sul costo eccessivo della struttura della SIAE e, quindi, sulla sua inefficienza. Cito come esempio un benchmark per dirvi che la commissione per il diritto di seguito (cioè il costo dell'intermediazione a carico degli autori e degli editori) è del 10 per cento in Germania, del 15 in Gran Bretagna e del 22 per cento in Italia. In particolare, in Gran Bretagna vi è stato un trend positivo, perché questo fattore era nettamente superiore al 15 per cento, ma l'apertura del mercato nelle attività di collecting society ha portato a una maggiore efficienza.
Pertanto, vediamo con molto favore questo passo iniziale nella direzione dell'apertura del mercato, intrapreso con la legge sulle liberalizzazioni, che ha avviato, appunto, la liberalizzazione, anche se in modo molto parziale, di un ambito che era molto complesso, quello dei diritti connessi. In generale, siamo convinti che una buona dinamica competitiva e concorrenziale potrà portare a una maggiore efficienza.
D'altra parte, in questo ambito, l'innovazione tecnologica ha un ruolo fondamentale. La possibilità di registrare ciò che viene emesso da qualunque tipo di emittente, sia digitale che non digitale, attraverso gli strumenti di registrazione digitale, consente di rendere la registrazione dei contenuti meno costosa, ma anche molto più veritiera rispetto a quanto viene riportato in forme diverse, molto dispendiose, con l'intermediazione di persone che vanno nelle discoteche o a registrare quello che avviene all'interno dei broadcaster, producendo complessi reporting difficilmente leggibili e molto costosi sia per i broadcaster stessi che per il mercato.
La possibilità di sfruttare strumenti - peraltro, già disponibili - che rendano trasparente, meno costoso e molto più efficiente questo mercato premierebbe, innanzitutto, gli autori e gli editori per l'effettivo uso dei loro diritti, sulla base di ciò che è stato effettivamente emesso, spazzando via la forfettizzazione gestita all'interno della SIAE, e poi renderebbe più efficiente e meno onerosa la registrazione dell'emesso, quindi di ciò che effettivamente avviene. Questo aspetto è molto importante. Riteniamo, quindi, che le due strade maestre siano, da un lato, la concorrenza, con la possibilità di costruire altre collecting society, e, dall'altro, la adottabilità di soluzioni tecnologiche, che sono già disponibili, ma non sono utilizzate, il che non contribuisce a rendere trasparente il mercato.
So benissimo che il tema portante riguardante il diritto d'autore è costituito dalla pirateria, che infligge un drammatico colpo all'industria della cultura non solo italiana. Tuttavia, finché lasciamo maglie così larghe nei meccanismi di valutazione dell'emesso, cioè di quello che avviene su Internet, avremo una sempre maggiore difficoltà di perseguire i comportamenti criminali sulla rete. Questo clima, molto costoso e poco trasparente, favorisce, in qualche modo, la pirateria. Se, invece, il sistema fosse più trasparente, avremmo un mercato più gestibile anche in relazione alle attività di contrasto alla pirateria. Siccome siamo convinti che, più Internet è affidabile, più verrà usato, riteniamo che questo passaggio sia molto importante.
Siamo stati e siamo tuttora direttamente coinvolti nella vicenda della SIAE perché vi è un importante aspetto relativo alla copia privata che, da anni, in questo


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Paese viene risolto - peraltro, la disciplina è molto disomogenea nei diversi Paesi europei - con i Levies, che sostanzialmente sono tasse, anche se siamo stati criticati per averle così definite, che vengono imposte sia sui supporti (cd, dvd) sia sugli apparati terminali che hanno una memoria al loro interno. Nel 2009 tenemmo con il Ministero dei beni culturali una lunga discussione sul tema dell'equo compenso. D'altronde, la vicenda non è ancora chiarita, poiché su questo punto specifico abbiamo presentato un ricorso al TAR, avviando un contenzioso che recentemente abbiamo perso.
Ad ogni modo, vorrei risalire all'origine della questione, perché il modo in cui è stato affrontato e risolto il tema dell'equo compenso per la copia privata nasconde una cultura non trasparente e una gestione inefficiente di questo sistema. Inizialmente, i Levies erano imposti solo sui supporti. Invece, in quell'occasione, furono estesi a tutto ciò che ha una memoria (telefonini, computer e così sia), sia che questa fosse utilizzata per la seconda copia privata, sia che non lo fosse.
Si ebbe, allora, la netta percezione - talmente netta che mi assumo la responsabilità di riportarla in questa sede - che la definizione del gettito della misura che si adottava aveva come finalità la copertura del deficit di SIAE, a prescindere dalla equità del compenso (da ciò deriva la definizione «equo compenso») che veniva imposto. Insomma, l'obiettivo era avere un gettito di 100 milioni. Come questo dovesse essere organizzato poco interessava a chi trattava con noi la vicenda specifica.
Ovviamente, perdemmo su tutta la linea. Pur essendoci un tavolo di confronto presso il Ministero, nonché presso Palazzo Chigi, per le competenze del Dipartimento per l'informazione e l'editoria, alla fine si pervenne a una decisione che riteniamo ancora iniqua, sia perché pesa sul costo di questi apparati, sia perché paga anche chi non usa il supporto per la copia privata, sia perché essa è distorcente nei confronti del mercato. Pensate che il solo mercato dei supporti - parliamo dei dvd - ha registrato un peggioramento per l'incremento del commercio illegale, che è passato dal 18 per cento del 2004 al 36 per cento del 2008, proprio per il peso di questo onere che si è scaricato su di essi. Molte aziende italiane hanno dovuto chiudere, sia per il mercato illegale, sia perché troppo compresse dal punto di vista dei costi. Insomma, il risultato finale ha mantenuto una forte opacità all'interno del sistema.
Il secondo motivo per cui non condividiamo questa norma è il fatto che la sua implementazione e il suo controllo sono lasciati comunque alla SIAE. In pratica, la SIAE, che beneficia di questo gettito, ha, allo stesso tempo, la responsabilità di definire con maggior precisione quali sono i soggetti, il tipo di apparati e il tipo di utilizzo (ufficio o non ufficio, privato o non privato). In sostanza, controlla - con un evidente conflitto di interesse - questo ambito. Inoltre, può stipulare convenzioni con i diversi settori con riguardo all'imposizione dei Levies. Peraltro, il controllo è inefficiente, se - come abbiamo potuto registrare ex post - il gettito previsto era di 100 milioni di euro, mentre quello effettivo è pari a 40 milioni di euro. Questa inefficienza, del resto, colpisce la stessa SIAE.
In sintesi, in questo momento, l'indagine ci appare molto importante, perché riteniamo che la consapevolezza, da parte del Parlamento, dello stato dell'arte, dell'attività della SIAE e del suo benchmark a livello internazionale sia molto importante per assumere decisioni che sono in parte gestionali - tra l'altro, credo che la SIAE stessa stia cercando di adottarle - e in parte di mercato. Infatti, se in questo ambito vi fosse maggiore concorrenza, ci sarebbero maggiori opportunità, soprattutto a beneficio degli autori, degli editori e della cultura italiana.
Un ultimo appunto riguarda i temi europei. Questa, infatti, è una discussione europea, perché il mercato dei contenuti è ormai globale. D'altra parte, a livello europeo si sta riflettendo sul modo in cui omogeneizzare in maniera più netta le modalità e i comportamenti, ma anche la struttura di questo mercato. Per esempio,


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per i Levies, abbiamo operatori globali che trovano, in alcuni Paesi, queste imposizioni, mentre in altri Stati non ci sono. Il tema di fondo è, quindi, creare un'omogeneità a livello europeo del mercato e delle attività di intermediazione e di raccolta del diritto d'autore.

PRESIDENTE. Prima di passare la parola al Socio di Assotelecomunicazioni, vorrei presentare i parlamentari presenti a questa audizione. Per il Popolo della Libertà, sono presenti il capogruppo, onorevole Barbieri, e gli onorevoli Mazzuca, Palmieri, Bonaiuti, Scalera, Lainati e Giro. Per l'Italia dei Valori, è presente il capogruppo, l'onorevole Zazzera. Per il Partito Democratico, sono presenti gli onorevoli De Biasi, De Torre, Russo, Lolli, Siragusa, Coscia, Levi e De Pasquale. Per la Lega Nord, è presente l'onorevole Goisis. Per esigenze di tempo, assistono alla seduta anche le persone che dovranno essere audite alle 14.
Do ora la parola al presidente di Assotelecomunicazioni, Cesare Avenia.

CESARE AVENIA, Presidente di Assotelecomunicazioni - ASSTEL. Mi limito a dire che accompagniamo il presidente di Confindustria digitale e ci riconosciamo completamente nella sua relazione.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Capisco che è molto complicato per tutti parlare di questi temi il giovedì pomeriggio. Tuttavia, i temi sollevati dal dottor Parisi sono di enorme importanza e su di essi occorre formulare alcune domande. Forse è il caso di aggiornare una delle due audizioni, poiché concentrare tutto in mezz'ora mi sembra troppo sbrigativo. Peraltro, si tratta di temi molto diversi fra loro.

PRESIDENTE. La rassicuro, onorevole, che non ho dato limiti di tempo. Considerata la serietà della questione, abbiamo a disposizione tutto il tempo per dibattere. Non si preoccupi.
Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Leggerò la memoria che ci avete lasciato. Intanto, vi ringrazio molto della partecipazione. Personalmente, sono in collegamento con l'Istituto Bruno Leoni, con cui ho intrapreso diverse iniziative e, quindi, sono da tempo disponibile a qualunque dialogo. Vorrei, però, sapere dal dottor Parisi se esistono casi europei di collecting society per quel che riguarda i diritti connessi. Non concordo con lei, infatti, in merito al fatto che quello sia stato un primo passo. Ritengo, per contro, che liberalizzare il diritto connesso - la Commissione cultura si è peraltro espressa all'unanimità in questa direzione -, non legandolo al diritto d'autore, sia stato un errore che ha risposto ad altre logiche. Ho detto pubblicamente in Commissione e ribadisco qui in audizione che le logiche non sono trasparenti né comprensibili, perché la materia doveva essere trattata in modo unitario, come anche in relazione alla direttiva dell'Unione europea sul diritto d'autore, di prossima emanazione. Difatti, se non c'è un contesto entro cui si fanno le liberalizzazioni, queste sono appese al nulla. Su questo mi permetto di interloquire con lei, anche per antica amicizia.
In sostanza, credo che questo punto debba essere riesaminato. Del resto, a noi non risulta che vi siano esempi europei di collecting society per il diritto connesso. Può darsi, però, che ci siano e non lo sappiamo. Dal Governo nessuno ci ha dato risposta in questo senso. Ad ogni modo, per quanto ci risulta, il tema della liberalizzazione del diritto d'autore e del diritto connesso è assai complesso. Penso, quindi, che avremo bisogno, se siete disponibili, di riesaminare la questione assieme a voi in Commissione cultura, non appena sarà possibile contestualizzare questo ragionamento. Sarà mia cura chiedere all'ufficio di presidenza che venga svolta un'audizione in materia.
D'altra parte, l'audizione di questa mattina è stata molto interessante per me, perché apre a molte riflessioni e tocca in modo tangente la motivazione per cui stiamo conducendo un'indagine conoscitiva. Lei ha citato, infatti, alcuni elementi


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importanti in relazione al fatto che non c'è un sistema efficiente. Del resto, il tema dell'efficienza è molto legato a quello della trasparenza. Siccome - come tutti avranno letto - sono stati pubblicati sui giornali articoli contenenti una polemica molto forte, ci siamo risolti a chiedere che, al termine dell'indagine conoscitiva, sia istituita una Commissione parlamentare d'inchiesta. Penso, infatti, che le due cose stiano insieme, nel senso che l'inefficienza si accompagna alla mancanza di trasparenza.
Concordo, quindi, con lei, in relazione a tutti i temi che ha posto, dei quali mi piacerebbe discutere in modo più approfondito in una sede più opportuna. Al di là di questo, però, abbiamo bisogno di contestualizzare il suo ragionamento sulla digitalizzazione, sul quale io, peraltro, concordo in larghissima parte, perché si tratta di una questione che ormai riguarda non soltanto l'editoria, ma l'intero mondo della comunicazione. Occorre, tuttavia, una sede più propria. Pertanto, mi permetto di avanzare alla presidente la proposta di individuare una sede specifica, con Confindustria e con altri soggetti, per discutere il tema della liberalizzazione del diritto d'autore, che è molto importante e che ci riguarda molto da vicino.

GIUSEPPE SCALERA. Non vorrei sottrarre tempo a un'audizione di estremo interesse, quindi mi limito a dire che condivido l'impostazione che l'onorevole De Biasi ha illustrato, cioè la necessità di una sede propria per una riflessione ulteriore rispetto ai temi che Confindustria digitale ha avuto modo di sottolineare nella sua ampia relazione.
Inoltre, sono argomento di ulteriore riflessione le considerazioni dell'Istituto Bruno Leoni sugli aspetti connessi al diritto di seguito. In questo momento, è un tema di straordinaria valenza, soprattutto per quanto riguarda l'intero mondo dell'arte italiana, che è particolarmente segnato dal diritto di seguito anche a livello europeo. Infatti, progressivamente, questa scelta finisce oggettivamente per bypassare un elemento essenziale della filiera del mondo dell'arte. Mi riferisco, in particolar modo, alle gallerie d'arte. Recentemente grandi artisti internazionali hanno volontariamente offerto all'attenzione di case d'asta più di cento loro opere, annullando il diritto di intermediazione, che spesso le gallerie finiscono per svolgere.
Tra l'altro, questo è un elemento molto sentito in Italia, anche per le particolari difficoltà che la SIAE registra nell'ambito della concessione del diritto di seguito agli eredi. Ci sono molti laccioli, difficoltà e perplessità spesso collegate all'assegnazione di questi fondi.
Questo è - ripeto - un tema di estrema valenza, sul quale si gioca una fetta importante del futuro delle arti visive in Italia. Pertanto, associandomi alle valutazioni della collega De Biasi, ribadisco - al di là delle risposte che, mi rendo conto, saranno forzatamente parziali - l'opportunità di una seduta specifica per l'approfondimento critico di questi temi.

RICARDO FRANCO LEVI. Ringrazio gli auditi che ci consentono di approfondire questo tema. Vorrei anch'io collegarmi a quanto affermato dall'onorevole De Biasi, sottoscrivendo in pieno la richiesta da lei formulata alla presidenza. A questo punto, però, l'Ufficio di presidenza di questa Commissione dovrà immaginare una sessione di lavoro - in seguito si vedrà come articolarla - sul grande tema del diritto d'autore, che tocca non solo l'industria digitale, ma l'intero mondo della cultura italiana, essendo il diritto d'autore sul crinale della grande discussione sull'equilibrio da trovare tra i grandi principi della tutela del frutto del lavoro intellettuale e l'altrettanto valido principio della necessità della circolazione del sapere.
Questo tema si pone su una scala europea, ma forse anche più ampia, trattandosi di un fenomeno che travalica le frontiere. Ritengo opportuno, quindi, interrogarsi sul punto, sapendo che su questa materia c'è una grande fragilità istituzionale: all'interno del Governo, infatti, non esiste un'autorità unica responsabile di questa fattispecie, essendo le competenze parcellizzate tra il Ministero dei beni


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e le attività culturali e il Dipartimento per l'editoria presso la Presidenza del Consiglio, ragione per la quale è difficile persino trovare un referente all'interno dell'Esecutivo. In particolare, questo sarà uno dei temi di cui ci si dovrà occupare, perché ridare unitarietà alla capacità del Governo di intervenire è una premessa per un'efficiente regolazione della materia, posto che sia effettivamente una materia su cui si riesca a predisporre una regolazione.

PRESIDENTE. Do la parola a Stefano Parisi per la replica.

STEFANO PARISI, Presidente di Confindustria digitale. Ovviamente, siamo disponibili per momenti di riflessione più approfondita. Riteniamo che il tema - che, peraltro, in questi giorni sta coinvolgendo anche l'Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni) - sia estremamente delicato. Credo, in generale, che si tratti di una questione sulla quale il Paese deve prendere, pacatamente, alcune decisioni, che non devono essere assunte tirando la giacca da una parte e dall'altra al Parlamento, bensì rendendosi conto che questo è un mondo in grandissima e straordinaria evoluzione, che può essere ad altissimo rischio per la cultura italiana, oppure rivelarsi una grande opportunità.
A seconda del modo in cui assumerete queste decisioni, possiamo andare in una direzione o nell'altra. Pertanto, credo che il contributo pacato dell'industria delle tecnologie e di quella della cultura in questa materia debba essere soprattutto fattivo, ancor prima che giuridico-legale. In sostanza, deve essere un contributo di mercato e di tecnologie per capire come si sta evolvendo questo mondo. Credo che ciò possa essere di grande utilità. In caso contrario, si possono assumere decisioni inadeguate. D'altronde, onorevole De Biasi, quando ho detto che questo è un primo passo non volevo mancare di rispetto al Parlamento, ma neppure io penso che sia una buona soluzione. È un primo piccolo passo che rischia, però, di non risolvere il problema di fondo. Ritengo, in ogni caso, che la concorrenza sia uno straordinario strumento. Non ci risulta che ci siano casi di questo tipo e che i soli diritti connessi siano aperti alla concorrenza e tutto il resto, invece, no.
Ad ogni modo, non bisogna aver paura della concorrenza. Credo che sia giusto che gli stessi autori ed editori si organizzino come vogliono, con le piattaforme migliori, per poter raccogliere i loro diritti e per valorizzarli. Sull'onda di una concezione di Internet che ritengo un po' populista, c'è ancora chi si chiede se il diritto d'autore sia un diritto effettivo. Se non c'è una remunerazione per la cultura, vuol dire ucciderla. Bisogna, quindi, stare molto attenti a non farsi prendere la mano da atteggiamenti che rischiano di essere molto negativi. Noi stessi, che viviamo anche del consumo della cultura sui nostri supporti e sulle nostre tecnologie, abbiamo interesse che questo sia un valore. Se, viceversa, lo svalutassimo, sarebbe un disastro per tutti.
In sintesi, credo che si possa e che occorra fare molto di più. Siamo, quindi, disponibili ad accogliere l'invito suo, degli onorevoli Levi e Scalera e della Commissione tutta, se volesse chiedercelo, di venire qui con informazioni molto più dettagliate. Peraltro, sarebbe utile per voi audire anche l'Istituto Bruno Leoni, perché ha realizzato questo studio due anni fa e, forse, lo ha anche in parte aggiornato. Quindi, sarebbe molto fruttuoso sentire dalla loro viva voce che cosa hanno elaborato.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VALENTINA APREA

PRESIDENTE. Nel salutare tutti i convenuti, ringrazio l'onorevole Frassinetti che ha presieduto finora. Abbiamo concluso la prima fase dell'audizione; ringrazio quindi il presidente di Confindustria digitale e il presidente di Assotelecomunicazioni per il contributo offerto.
Prima di dare la parola ai rappresentanti della FEM (Federazione degli editori musicali), della Federazione autori e dell'Unione nazionale compositori librettisti


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autori di musica popolare (UNCLA) - tutti i nomi molto importanti e noti, che ringraziamo per avere accettato il nostro invito - chiederei se vi siano urgenze particolari; diversamente, possiamo ascoltare rapidamente tutti.
Do allora la parola al dottor Filippo Sugar, presidente della FEM.

FILIPPO SUGAR, Presidente della Federazione editori musicali (FEM). Vi siamo grati dell'invito, perché ci dà la possibilità di parlare di ciò che ci sta più a cuore. Avendo ascoltato l'intervento precedente del presidente di Confindustria digitale, cercherò di essere molto più breve sulla posizione della FEM e della Confindustria cultura in merito a quanto sta accadendo alla SIAE. Vorrei, infatti, tornare su alcuni argomenti discussi, fornendo una mia visione, che è lontana da quella del dottor Parisi.
Intanto, sottolineo che il presidente di Confindustria cultura, Marco Polillo, non è potuto intervenire oggi e, quindi, deposito anche la sua memoria.
Alcuni di voi ricorderanno che siamo stati invitati ad esprimere il nostro punto di vista sulla SIAE già nel marzo del 2011, poche settimane prima del commissariamento della società, evidenziando, in quell'occasione, molte delle critiche che avevamo svolto negli ultimi anni all'interno dalla base associativa in merito a diverse questioni di efficienza, di orizzonte futuro e di competitività della SIAE rispetto alle altre società di collecting europee.
Uno dei problemi riguardava l'incapacità di avere un equilibrio economico all'interno della società degli autori, nonché questioni relative alla governance. Ritenevamo, infatti, che questo statuto - cioè le regole della governance della SIAE, soggetto particolare in quanto ente pubblico economico a base associativa - impediva una corretta governance della società, limitando la partecipazione di quella parte che effettivamente vive di cultura, crea ricchezza attraverso la cultura e dà mandato alla SIAE di raccogliere i diritti.
Successivamente, c'è stato il commissariamento, che ha iniziato a lavorare su due strade, che riteniamo essere le più importanti: da una parte, per il miglioramento della situazione economica dell'ente; dall'altra, per il nuovo statuto, quindi per la determinazione de una nuova regola di governance dell'ente. Recentemente, il commissariamento si è esaurito.
Ci risulta che il nuovo statuto sia stato consegnato agli organismi vigilanti da parte del commissario Rondi e dei subcommissari. Noi non ne abbiamo avuto copia, ma nell'arco della fase di commissariamento abbiamo avuto più volte l'occasione di incontrare il Commissario e i subcommissari, ragione per cui conosciamo alcune linee di questo nuovo statuto, che condividiamo.
Faccio riferimento, in particolar modo, a quanto risulta dal decreto del Presidente della Repubblica che ha disposto lo scioglimento degli organi deliberativi della società, che contiene un aspetto che riteniamo decisivo. In pratica, in esso si stabilisce che il commissario straordinario ha il compito provvedere ad assicurare un'effettiva rappresentatività, in seno agli organi sociali della SIAE, dei titolari dei diritti in rapporto ai relativi contributi economici. Questo è un aspetto cruciale perché, a grandi linee, la SIAE conta più di 90.000 soci (un numero impressionante), ma l'80 per cento delle risorse che gestisce derivano dal lavoro di circa 2.000 soggetti, tra autori ed editori. Questo è un dato fortemente contraddittorio, perché vi è una base associativa enorme e, invece, pochi singoli soggetti assicurano l'80 per cento dei proventi della società. Ricordo a tutti, in quanto spesso ci si dimentica di ciò, che la SIAE vive esclusivamente di proventi privati, trattandosi di diritti d'autore di soggetti privati.
In generale, ciò che abbiamo saputo in relazione al nuovo statuto ci conforta, perché si parla di un sistema di governance atto alla gestione di un'azienda importante e complessa come la SIAE e dell'introduzione di un principio di rappresentanza. Sotto il profilo gestionale, le notizie che abbiamo fanno intendere che il tradizionale sbilancio tra i costi e i valori della produzione, nel primo anno di commissariamento,


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si è fortemente ridotto di oltre 9 milioni di euro rispetto all'anno precedente, scendendo da 27 a 18 milioni di euro. Inoltre, abbiamo notizie di un obiettivo ulteriormente positivo per il 2012.
Svolgo qualche osservazione in merito all'intervento del presidente di Confindustria digitale. Considero, infatti, perlomeno curioso che si cerchi di sostenere che alcune inefficienze della Società degli autori - che, per la verità, ci sono e che non abbiamo mai nascosto - possano essere una ragione della difficoltà di arginare la pirateria on line. Questo mi è sembrato il tratto estremamente diplomatico ed elegante suggerito dal dottor Parisi. Credo che si tratti di due questioni che non hanno nulla a che vedere l'una con l'altra.
Sicuramente, la SIAE deve migliorare l'efficienza della propria macchina a favore della propria base associativa, ma deve soprattutto tutelare il diritto d'autore, che è estremamente debole perché i soggetti oggi presenti - gli autori Mogol, Minellono, Albano, Lavezzi e noi editori - sono dei nani nel mercato rispetto a Google, Telecom, Fastweb o Wind. Noi, senza una SIAE fortemente autonoma, non necessariamente monopolista, ma sostenuta, secondo i principi della legge, dallo Stato e dalle istituzioni, siamo destinati molto semplicemente alla scomparsa.
Alcune considerazioni formulate oggi sono molto fuorvianti. Quando si sostiene che il costo della Società degli autori italiana è superiore più del doppio rispetto a quella inglese, questo può sembrare un elemento importante. Tuttavia, la realtà è che in Italia la Società degli autori fa un lavoro che quella inglese non fa e che è molto più oneroso. Per esempio, per i diritti che riguardano il digitale, la quota che viene pagata su ogni brano scaricato legalmente da iTunes alla SIAE costa esattamente quanto alla società inglese: non c'è alcuna differenza. Attenzione, quindi, a non fare confusione.
Esiste un mercato potentissimo, che sta guadagnando enormi somme di denaro attraverso la rete e che si rifiuta di sostenere il regolamento in discussione all'Agcom, che non è altro che un primo passo nella direzione della regolamentazione della rete. In Francia è stato fatto molto di più - una vera e propria legge - e i risultati sono eclatanti sul fronte della produzione della cultura. Invece, riguardo al lavoro dell'Agcom, stiamo parlando di un semplice regolamento amministrativo.
Vorrei concludere con un esempio molto banale che, però, spesso, con le persone con cui parlo, funziona, al fine di difendere le ragioni di chi, come noi, ha diritti nell'ambito della musica e della cultura. Immaginate che, in un mercato rionale, apra una bancarella che vende un prodotto e che paga le sue imposte, il suo dipendente, il permesso per il suolo pubblico e così via e poi, di fianco, apra un'altra bancarella che distribuisce lo stesso identico prodotto a zero. A quel punto, il soggetto regolare chiede l'intervento non di un giudice, perché ciò vorrebbe dire bloccare tutto per sette o dieci anni, mentre lui stesso morirebbe dopo una settimana di concorrenza, ma di un soggetto amministrativo, che è il vigile urbano. Ecco, chiedendo sostegno al regolamento dell'Agcom, che deve essere assolutamente votato, intendiamo rivolgerci a un vigile urbano per segnalare che il soggetto di fianco a noi non applica le regole, non paga dipendenti, né le imposte, né il permesso per il suolo pubblico. Ecco, noi stiamo facendo questo, ma non so fino a quando potremo farlo.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Signor Sugar, il suo intervento è importantissimo. Tuttavia, siccome prima lei non c'era, ribadisco che si tratta di un tema enorme che tocca soltanto tangenzialmente la nostra indagine conoscitiva. Pertanto, penso che le persone che abbiamo audito oggi, in modo un po' frettoloso, debbano essere audite nuovamente in una sede che riguarda il diritto d'autore e la pirateria, fenomeno che penso si debba assolutamente combattere. Francamente, però, non aprirei oggi un dibattito su questo aspetto, perché abbiamo bisogno di proseguire con la nostra indagine.


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PRESIDENTE. L'onorevole De Biasi mi dà l'occasione per ricordare che abbiamo iniziato la legislatura proprio parlando di questi temi, peraltro con la presentazione di risoluzioni e mozioni da parte degli onorevoli Carlucci, Barbareschi e da lei, onorevole De Biasi. In ogni caso, gli uffici mi ricordano che, tra le altre tematiche oggetto dell'indagine conoscitiva, vi sono anche l'esercizio e la tutela del diritto d'autore e le tematiche connesse. Tuttavia, pensando di interpretare il pensiero dell'onorevole De Biasi, condivido l'invito a ritornare ad affrontare questi temi con ulteriori approfondimenti.
Nell'esprimere nuovamente il piacere di averli con noi, do ora la parola ai rappresentanti della Federazione autori.

GIULIO RAPETTI MOGOL, Componente del comitato di presidenza della Federazione degli autori. La cultura popolare, per quanto ho capito nel corso della mia vita, è fondamentale, perché è la cultura della gente. Tutti possono evolversi se la cultura popolare ha una qualità. Invece, se la qualità non c'è, le generazioni recedono dalla cultura. Oggi, tutto è minacciato in maniera imprevedibile rispetto a dieci o vent'anni fa, quando vi erano trenta case discografiche, mentre mi sembra che attualmente ve ne siano due o tre, tutte in difficoltà.
Una sentenza del Consiglio di Stato ha stabilito che gli autori non sono suddivisibili in soci della SIAE o iscritti, perché hanno tutti la stessa importanza. Speriamo che il nuovo statuto modifichi la situazione, perché adesso un amatore che scrive una canzone e si iscrive alla SIAE ha la stessa importanza di un autore che ha dedicato alla musica tutta la vita ed è riuscito ad ottenere successi, come Albano, Lavezzi ed altri autori qui presenti. Insomma, non c'è nessuna differenza, secondo un principio di natura ideologica, che quindi non è equo, visto che tutte le professioni hanno un criterio di professionalità, come ad esempio gli agricoltori. Ciò ha fatto sì che, durante la scorsa elezione alla SIAE, i voti degli iscritti contassero in modo straordinario: come risultato si è determinato il disastro al quale abbiamo assistito. La SIAE è stata commissariata e ha accumulato circa 27 milioni di debito. Chi si accolla questi debiti: gli autori?
Abbiamo avuto una gestione - lo dico per correttezza - che ha dovuto ereditare decisioni come quella di prevedere fondi integrativi per le pensioni, come se la SIAE fosse la più ricca delle società, mentre invece versava in condizioni difficili. Praticamente, noi apparteniamo ad una società che, per quanto incassa, si trova in difficoltà per mantenersi. Come ha detto giustamente Filippo Sugar, essa non è sorretta da nessuno, se non dagli autori. Non riceviamo nessun tipo di ausilio, quindi adesso speriamo che la SIAE possa continuare a vivere, nonostante le difficoltà, con l'emanazione del nuovo statuto.
Svolgo un'altra osservazione, che riguarda una questione gravissima. Molte persone si domandano perché, un tempo, si affermavano canzoni di successo che la gente cantava, nascevano artisti importanti e così via, mentre oggi il più giovane dei grandi artisti, Jovanotti, ha circa 45 anni. Ciò è successo perché la promozione non si indirizza più alla qualità: le radio private trasmettono la musica che conviene loro trasmettere. La legge è quella del profitto e la cultura popolare non è tutelata. Nessun Governo ha avuto le informazioni necessarie per capire che la cultura popolare deve essere garantita.
Vi riporto un esempio. Ci sono potentati televisivi definiti «scuole televisive», che, però, non hanno al loro interno docenti e che scelgono, per poi lanciarli, gli artisti che più conviene loro, non quelli che hanno studiato. Ad esempio, «Arriva a Sanremo» lancia artisti di questo tipo. Similmente, le radio private non hanno più i disc jockey che, come una volta, si appassionavano ed ascoltavano i dischi: insomma, prima c'era passione, si ricercavano le cose belle, mentre adesso i disc jockey non possono più agire, non hanno più diritto, sono degli impiegati, perché tutto viene determinato da Music Control e dalle imposizioni che arrivano dall'alto, dal padrone.


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Praticamente, è come se un giardino con fiori fosse stato colmato di cemento, dove però la qualità non passa. Proprio per questo motivo, mi sono sentito in dovere di costruire una «cittadella», per la quale ho speso proprio tutti i soldi che ho guadagnato nella mia vita: è una cittadella grande, un'associazione no profit, che ha già permesso di diplomarsi a 2.500 allievi. Ogni volta che a qualcuno di loro è capitato di entrare nel mondo della promozione, questi allievi hanno dato dimostrazione della loro valenza. Per esempio, sia Arisa che l'autore delle sue canzoni sono stati nostri allievi. Tuttavia questo lavoro, non è bastato, perché se la promozione non segue la qualità, è inutile cercare di creare artisti.

PRESIDENTE. Grazie per la sua testimonianza. Do la parola al maestro Bruno Mario Lavezzi.

BRUNO MARIO LAVEZZI, Segretario generale della Federazione degli autori. Mi aggancio alla questione relativa alla mancanza di un albo degli autori, cioè di una condizione che li renda professionisti a tutti gli effetti. Sulla nostra carta identità c'è scritto, come ad esempio nel mio caso, «musicista», o qualche altro appellativo. Ciò determina, inoltre, un'altra gravissima mancanza, ossia quella di una cassa previdenziale.
A questo proposito, nella memoria che vi abbiamo consegnato è contenuto un nostro appello, attraverso il quale sollecitiamo una nostra audizione presso i ministeri vigilanti. Come sapete, il fondo di solidarietà della SIAE è stato soppresso, perché ritenuto illegale. Di conseguenza, molti autori si sono sentiti totalmente scoperti, perché, avendo prodotto successi in giovane età - come avviene per molti iscritti -, attualmente contavano sul piccolo assegno di circa 500 euro, che consentiva loro di tirare avanti; per contro, in questo momento essi si trovano in gravissime difficoltà. Pertanto, abbiamo chiesto che vengano costituiti una cassa o un fondo, gestiti dagli autori. Vi sono fondi, che ammontano a circa 90 milioni di euro, che sono stati congelati e che possono essere trasferiti in questa cassa, per poter attribuire, nei termini che potremmo stabilire con il legislatore, a coloro che ne hanno bisogno un assegno non di solidarietà, ma di professionalità.
Vi abbiamo consegnato una memoria e speriamo di essere ascoltati al più presto, affinché sia riconosciuto questo principio fondamentale che permetta ad un autore - come avviene per gli avvocati, per gli agricoltori o per i metalmeccanici - di essere tale a tutti gli effetti, anche giuridici.

PRESIDENTE. La informo che abbiamo già ricevuto interventi di parlamentari che reagiscono a questa sua denuncia.
Per l'Unione nazionale compositori librettisti autori di musica popolare è un onore avere con noi Minellono, membro del consiglio direttivo e del comitato di presidenza, Guariso e Carrisi. Do loro la parola.

CRISTIANO MINELLONO, Membro del consiglio direttivo e del comitato di presidenza dell'Unione nazionale compositori librettisti autori di musica popolare (UNCLA). Signor presidente, anticipo che svolgeremo un intervento unico: inizio io e concluderà Albano. Non posso che essere d'accordo con quanto affermato da Filippo Sugar e da Mogol. Tuttavia, vorrei partire da un errore di base. La SIAE è un ente pubblico a base associativa. Ciò vuol dire che siamo persone private che si sono riunite fra di loro e che hanno deciso di costituire una società per raccogliere i guadagni. Cosa c'entra l'ente pubblico? Non pesiamo sul welfare; non abbiamo una pensione; non abbiamo mai chiesto risorse al Governo e il Governo non ce le ha mai date. Per di più, sotto l'aspetto fiscale, quando arriva una liquidazione semestrale, contemporaneamente ne ha notizia l'Agenzia delle entrate, quindi siamo gli unici a pagare tutte le tasse, essendo la SIAE un ente pubblico a base associativa. Per giunta, non ci viene più erogata la pensione, chiamata anche assegno di solidarietà, anche se si tratta di


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soldi che abbiamo versato. Perché, quindi, il Governo arriva a dire che non possiamo più averla?
I commissari hanno iniziato la loro attività ed hanno agito sul bilancio. Secondo noi, hanno agito bene su tante questioni, ma per tante altre non siamo in grado di giudicarlo, in quanto non siamo tecnici del settore. C'entra addirittura la magistratura, che sta effettuando le sue valutazioni. Sicuramente, però, nella gestione della SIAE, nell'arco degli ultimi cinquant'anni, ci sono luci, ma anche molte ombre.
Sottolineo che in Europa tutte le società di collecting hanno una governance composta per terzi da autori e per un terzo da editori. In Polonia è composta interamente da autori; in Spagna, per tre quarti da autori e un quarto da editori, come in Francia, in Germania, in Olanda e in tutti gli altri Paesi. In Italia, 50 per cento è costituito da autori e 50 per cento da editori. Ciò deriva da un concetto giusto, ossia il fatto che gli editori hanno i loro meriti e fanno il loro lavoro e noi autori abbiamo i nostri meriti e facciamo il nostro lavoro. Tuttavia, la governance è irrealizzabile, perché per un grande editore, come Universal, Sony, Warner e così via, è facile comprare un autore, mentre per quest'ultimo è impossibile comprare una multinazionale. Basta che una multinazionale proponga a un autore un contratto di esclusiva, chiedendogli in cambio di comportarsi in un certo modo in assemblea.
Ha ragione il maestro Mogol: la cultura in Italia sta morendo. Per sette anni sono stato direttore artistico di Canale 5. Oggi mi vergogno a vedere ciò che si trasmette su quella rete: ho avuto occasione di dirlo anche al nostro presidente, che mi onora della sua amicizia. La televisione in Italia non esiste più, come avviene anche per il cinema. Dove sono i Monicelli, i Fellini, i De Sica? La musica dov'è finita? Ha ragione Mogol. A parte «X Factor» e «Amici» non c'è altro.
Tuttavia, il maestro Mogol, quando dice che in Italia c'erano trenta - a mio avviso erano centotrenta - etichette discografiche, mentre adesso ce ne sono due, dimentica di dire che le case discografiche hanno chiuso perché le multinazionali hanno preso tutto il mercato. D'altra parte, le multinazionali hanno una prevalenza di repertorio estero, che è il loro vero fatturato. Noi, come autori, chiediamo che la SIAE - Società italiana degli autori, diventata poi anche società degli editori - torni a essere una società con una governance di due terzi di autori e un terzo di editori, che non sono, non devono essere e non saranno mai nostri nemici. A nostro avviso, questa deve essere la SIAE.

ALBANO CARRISI, Socio dell'Unione nazionale compositori librettisti autori di musica popolare (UNCLA). È la prima volta che intervengo in un luogo come questo. Mentre parlava il grande maestro Mogol, vi erano persone che gli parlavano addosso, ma ritengo che ciò sia riferibile alla fase politica. La mia non è un'accusa, ma soltanto una constatazione.
Apprezzo molto ciò che ha affermato il maestro Mogol, uomo saggio, di spettacolo, che prima di tutti noi ha vissuto molto l'ambiente della musica leggera e lo conosce fino in fondo. Quindi, nessuno meglio di lui ne può discutere. Apprezzo anche ciò che ha detto il maestro Minellono. Personalmente, è la prima volta che parlo di questo tema. Ho chiesto cosa fosse opportuno dire in questa sede e sono stato edotto in merito. È chiaro, infatti, che, essendo solo cantante, non posso interessarmi anche dell'altra parte, anche se ci sono dentro perché qualche canzone l'ho scritta. Peraltro, qualche brano l'ha pure preso in prestito Michael Jackson, che Dio l'abbia in gloria.
Posso aggiungere che agire con il senso dalla giustizia in questo meraviglioso carrozzone chiamato SIAE sarebbe un bene per tutti, per l'Italia, per gli autori, per i compositori e per tutti coloro che possano sempre gioire di ciò che gli autori e compositori potranno dare alla SIAE, la quale deve difendere i nostri diritti. Infatti, il dramma è iniziato quando questi diritti sono stati calpestati. Allora, anche chi non è addentro alle situazioni userà il suo urlo


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di dolore e di rabbia: evitiamolo, se possiamo. L'intelligenza non manca a nessuno di noi e, quindi, cerchiamo di metterla in pratica. Evviva la SIAE e che ritorni sana, come è stata per moltissimi anni.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che desiderano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

GABRIELLA CARLUCCI. Vi ringrazio della partecipazione. Purtroppo, a causa di un impegno non ho potuto ascoltare gli interventi svolti nella prima parte dell'audizione. Tuttavia, ho potuto ascoltare degli interventi rilevanti. Personalmente, mi sono battuta - non solo io, ma la Commissione nel suo complesso - per l'affermazione del diritto d'autore. Di recente, nel corso di un'audizione abbiamo chiesto al Ministro di intervenire sulla delibera dell'Agcom, proprio per aiutarvi. In questo senso, l'esempio della bancarella è il più calzante possibile: si continua a rubare e nessuno fa niente; non c'è alcun modo per intervenire.
Sappiamo che non si tratta di un problema italiano, ma abbiamo sentito che la Francia ha potuto approvare una legge. Anche su questo aspetto, purtroppo, devo citare di nuovo me stessa, perché ci ho provato durante la precedente legislatura, ma non è stato possibile raggiungere l'obiettivo. Con l'accordo di tutti i commissari, questa Commissione ha chiesto al Ministro di impegnare il Governo affinché questa risoluzione dell'Authority veda la luce. Quindi, manteniamo il nostro impegno. Peraltro, visto che la settimana prossima terremo alcune riunioni con il Governo, confermeremo la nostra richiesta di portare a compimento questa risoluzione.
Detto questo, mi dispiace che non sappiate quanto succede in questa Commissione. Infatti, sono anni che tentiamo di arrivare a una conclusione favorevole, anche se non ci siamo ancora riusciti. Tuttavia, nelle prossime settimane vedrà la luce la legge sullo spettacolo dal vivo. Ebbene, in questa legge c'è la risposta a due dei vostri quesiti.
In primo luogo, anche se oggi non è più possibile istituire albi (ormai seguiamo le direttive europee, quindi non è più possibile costituire nuovi ordini professionali), abbiamo avvertito comunque la forte esigenza di avere un riconoscimento, non solo da parte del mondo degli autori, ma di tutte le categorie professionali dello spettacolo. Nella legge citata si comincia proprio dando questo riconoscimento. Finalmente, definiamo una categoria di persone che sono lavoratori e lavoratrici in campo artistico, che però viene sempre considerato in modo molto aleatorio.
Ad ogni modo, in uno degli articoli della legge, sottoposto alle Commissioni competenti - sapete che alla Commissione cultura la proposta di legge è assegnata in sede referente, ma poi il testo dovrà essere sottoposto al vaglio dalla Commissione affari costituzionali e della Commissione attività produttive, che potranno porre alcune condizioni od osservazioni - si prevede l'istituzione di una banca dati professionale, che verrà gestita con l'INPS (Istituto nazionale della previdenza sociale), non essendoci più l'ENPALS (Ente nazionale di previdenza e di assistenza per i lavoratori dello spettacolo e dello sport professionistico).
La banca dati sarà nutrita dai dati della previdenza sociale, inseriti attraverso l'INPS, che verranno incrociati con quelli del Ministero dei beni culturali. Ci sarà la possibilità per l'artista, l'autore, il professionista, il lavoratore dello spettacolo di autocertificare la propria professionalità. Sotto questo aspetto, abbiamo indicato al Ministero la via di un decreto che indichi alcuni criteri, proprio per evitare che qualcuno dica di essere un cantante solo per aver cantato sotto la doccia o si definisca autore per aver scritto una canzone amatoriale. Abbiamo creato, quindi, una banca dati professionali. Ormai l'ENPALS non c'è più perché è stato assorbito dall'INPS. Insomma, la data la banca dati professionali risponde proprio all'esigenza che avete manifestato.
Un altro dato importantissimo riguarda la previdenza sociale. Non capiamo perché sia stato «scippato» il vostro vitalizio. Nella proposta di legge avevamo previsto alcune norme che riguardano la pensione tout court


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degli artisti e dei lavoratori dello spettacolo, che, purtroppo, non abbiamo potuto inserire per la mancanza di fondi per la copertura. Sapete che, ad oggi, i lavoratori dello spettacolo sono obbligati a versare contributi per 120 giornate annuali e per 20 anni, ma nessuno di loro riceve la pensione. Anche su questo tema abbiamo chiesto un appuntamento prima con l'INPS e poi con il Ministro Fornero, perché occorre una risposta al gravissimo problema degli artisti e dei lavoratori dello spettacolo che non ricevono la pensione, senza contare che diverse altre tutele non sono mai state considerate per i lavoratori dello spettacolo.
Un'ultima questione concerne lo statuto della SIAE. In un anno, il commissario non ha fatto nulla, neppure un'azione che qualunque studio legale avrebbe potuto mettere in piedi in un mese, ma, soprattutto, non vi ha consultati. Vi chiedo, quindi, perché non siate stati consultati.

PIERFELICE ZAZZERA. Ringrazio i presenti per il loro contributo. Vorrei, però, riportare la discussione al tema di oggi, cioè alle ragioni per le quali l'indagine conoscitiva sulla SIAE è nata. Abbiamo messo insieme molti argomenti importantissimi che riguardano il futuro dalla cultura. Tuttavia, questa indagine conoscitiva nasce perché è emerso da alcuni articoli di stampa che la SIAE stava effettuando un'operazione immobiliare - veniva descritta così - che avrebbe portato a un indebolimento della sua struttura, fino a determinare non solo la perdita dei diritti acquisiti per chi ha versato soldi e chiede la restituzione delle giuste somme, ma anche una eventuale privatizzazione dell'ente.
Stiamo cercando, attraverso questo percorso, di capire come stanno le cose. Vi chiedo, per esempio, se finora questo ente è stato gestito in modo corretto e trasparente e se sono state rispettate le regole statutarie. A me risulta che, prima del commissariamento, un autore abbia lasciato l'assemblea, in dissenso con l'applicazione del regolamento statutario.
In pratica, dobbiamo interrogarci sul modo in cui sono stati gestiti i soldi degli autori e su questa operazione, perché - come è stato detto in questa sede - non era pensabile un fondo pensioni solo ed esclusivamente di natura immobiliare, senza creare altro. Occorre, quindi, stabilire se questa operazione garantisca comunque i diritti di chi ha versato soldi e se non sia il caso di pensare che dal Parlamento e, quindi, da questa Commissione possa venire essere assunto un impegno di natura normativa per istituire - come diceva il maestro Lavezzi - un fondo di solidarietà atipico, che, però, non si può fare se non attraverso un passaggio di natura normativa. Dovremmo, anche ascoltando voi, stabilire se è necessario impegnarci per una modifica normativa al fine di garantire quel fondo di solidarietà o di professionalità, come preferite chiamarlo, che oggi è scomparso. Chiedo scusa per le imprecisioni, ma manifesto tutta la mia ignoranza in questo settore, del quale cerco di imparare qualcosa. Essendo un medico, vi vedo dall'altra parte, da utente.
Ricapitolando, vi chiedo se ritenete ci sia il rischio di una privatizzazione della SIAE. In secondo luogo, in merito al regolamento, in una delle audizioni, l'avvocato Stella Richter parlava di modifica dei rapporti di voto all'interno della SIAE. Da incompetente, vi chiedo se non ci sia il rischio che non valga più il principio «una testa, un voto», ma prevalga chi ha di più sul piano economico. Lo chiedo senza pregiudizi. So che gli editori fanno tanto e che c'è bisogno di loro, ma so anche che ci sono gli autori: vi domando, quindi, se non si rischi di creare una condizione di disequilibrio.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Sono anch'io ansiosa di avere delle risposte. Ringraziando nuovamente i nostri ospiti, svolgo alcune considerazioni.
In primo luogo, in merito al fondo di professionalità, vorrei che fosse chiaro che questa Commissione ha agito. Infatti, sia nel parere al decreto sulle liberalizzazioni sia in un ordine del giorno presentato nel dibattito e accolto dal Governo, si è posto


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in evidenza il tema del passaggio normativo, di cui siamo perfettamente a conoscenza. Il punto è un altro, poiché, secondo noi, questo sarebbe potuto essere fatto direttamente dal vertice della SIAE. Invece, così non è stato ed è molto grave. Se esiste una normativa che stabilisce che è illegittimo un fondo impropriamente previdenziale, a quel punto, il vertice di un istituto così importante - per di più anche pieno di soldi - avrebbe dovuto, non potendo avere un istituto previdenziale, cercare la strada affinché lo diventasse, visto i contributi li avete versati voi.
So che non è una consolazione, ma la stessa cosa è successa anche per i lavoratori dello spettacolo, che hanno assistito al versamento di 2 miliardi di euro dall'ENPALS nelle casse dell'INPS, senza che abbiano poi ricevuto una pensione, perché - ciò vale specialmente per gli attori - non è previsto che maturino i giorni e così via. Quindi, mal comune, mezzo gaudio, visto che questa è una normativa che va messa in ordine.
Sappiamo, però, di cosa stiamo parlando. Allora, la scelta è se avanzare al Governo la richiesta di approvare velocemente un decreto, magari inserendolo nel dibattito del disegno di legge sul mercato del lavoro - lo ritengo importante - oppure approvare una normativa specifica, sapendo, però, che questa richiederebbe tempi allucinanti. Stiamo seguendo la questione; tuttavia, abbiamo dovuto rilevare, con un certo sconcerto, un'acquiescenza da parte del vertice SIAE rispetto a un problema enorme che è sollevato da moltissimi autori. In definitiva, non si tratta di fare beneficenza, ma di dare risposta a un diritto. Poi, possiamo chiamarlo come vogliamo. Se si vuole, le soluzioni si trovano. Peraltro, desideriamo capire - questo è uno dei motivi per cui abbiamo richiesto di istituire una Commissione d'inchiesta - dove finiscono quei soldi. Se finiscono in un fondo pensione, è bene che lo si dica; altrimenti, ci dicano - non l'hanno ancora fatto - dove sono finiti.

CRISTIANO MINELLONO, Membro del consiglio direttivo e del comitato di presidenza dell'Unione nazionale compositori librettisti autori di musica popolare (UNCLA). Sono congelati.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Bene. Vogliamo, però, sapere anche quanti sono, a che cosa servono e così via, ma tale questione ha a che fare con i vertici SIAE, a cui chiederemo le risposte.
Il secondo punto riguarda lo statuto. L'avvocato Stella Richter ci ha preannunciato che ci sarebbe stata una modifica nella modalità di voto, ma di questo discuteremo quando avremo l'opportunità di leggere lo statuto, cioè solo dopo che l'avranno esaminato gli enti vigilanti. Ad ogni modo, mi pare di capire che lo vedremo prima di voi: ciò è gravissimo, perché è un diritto di tutti sapere come si viene rappresentati. Non comprendo perché siano state adottate forme di consultazione dispari; alcuni soggetti sono stati consultati e altri no. Tuttavia, anche di questo avremo modo di discutere appena ci sarà consegnato un testo, visto che non è molto corretto ragionare su contenuti che non si conoscono.
A questo proposito, vorrei chiedere a Filippo Sugar qualche delucidazione riguardo al tema della rappresentanza. Infatti, superando il concetto di «una testa, un voto», si è vincolati al contenuto economico. Potrebbe fornirci qualche chiarimento ulteriore su questo aspetto, visto che dai vertici SIAE non ne abbiamo avuti?
Infine, vorrei dire al signor Mogol che la cultura popolare non va tutelata, ma va sostenuta. Mi permetto di correggere un grande poeta come lei. Ritengo, infatti, che se vogliamo moralizzare la SIAE e farla tornare sana come una volta - discuteremo nelle sedi opportune se mantenere il monopolio o meno, ma questi aspetti sono conseguenze di atti che devono essere compiuti prima, a partire dalla trasparenza -, abbiamo bisogno del riconoscimento delle figure professionali, cosa che in Italia non avviene. Occorrono leggi di contorno e di contesto che consentano alla musica popolare di esistere. Diversamente, se rimane solo il rapporto economico fra


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l'autore e la casa discografica, facciamo un'operazione a metà sulla cultura.
Proprio per questo motivo, la proposta di legge Carlucci, che il Comitato ristretto sta esaminando, è finalizzata al riconoscimento della dignità dello spettacolo, e quindi anche della musica popolare, come parte essenziale della cultura. Questo passaggio è essenziale, perché manca nella legislazione italiana. Voi non esistete: siete soggetti da tutelare. Pertanto, penso che quel passo sarà molto rilevante perché vi aiuterà. È importantissimo, infatti, riconoscere innanzitutto che esistete. Nessuno sa - forse dovremmo dirlo con maggiore insistenza - che oggi le figure dell'artista, dell'autore, del cantante e così via non esistono.
In sostanza, le vostre esigenze si intrecciano molto con il lavoro che stiamo facendo, e questo ci fa molto piacere. In parte, ciò è legato soltanto ai problemi della SIAE, a proposito della quale ci occupiamo prevalentemente delle vicende che abbiamo letto sui giornali e che stiamo cercando di approfondire con gli strumenti che abbiamo a disposizione, ossia l'indagine conoscitiva o la Commissione d'inchiesta. Insomma, non possiamo fare tutto; per questo è importante che ci raccontiate la vostra realtà.

RICARDO FRANCO LEVI. Svolgo alcune brevi riflessioni. Innanzitutto, avrei un annotazione per il maestro Minellono. La natura di ente pubblico della SIAE e la ragione della vostra presenza qui deriva dal monopolio di legge attribuito alla società. Il monopolio sulla raccolta attribuito dalla legge a questo ente giustifica il carattere da ircocervo, mezzo pubblico e mezzo privato, della SIAE, ancorché i soldi che essa amministra siano tutti i privati. La logica della natura di ente pubblico sta, quindi, nel fatto che la raccolta avviene sulla base di un monopolio attribuito per legge.
In secondo luogo, sullo statuto, sarò curioso di riascoltare sia il dottor Sugar (alla cui famiglia devo rendere il merito di essere ormai l'unica portabandiera dell'industria musicale italiana, dopo che tutto il resto è sparito) che il maestro Minellono. Infatti, debbo constatare - se non ho capito male - che permane ancora intatto il contrasto tra editori e autori nella valutazione del possibile peso all'interno del sistema di voto della SIAE, che è stato all'origine del commissariamento. Ricordo che la SIAE è stata commissariata perché per tre volte l'assemblea non ha potuto essere convocata in quanto una parte, considerando non accettabile il sistema di voto, ha reso impossibile la riunione dell'assemblea stessa. Mi pare che questi contrasti siano ancora in atto.
Il terzo punto riguarda il fondo immobiliare, che è stato all'origine della nostra indagine conoscitiva e che potrebbe essere alla base di un'ulteriore fase di lavoro parlamentare, ove fosse istituita una Commissione di inchiesta. Credo che la questione riguardi, nello specifico, il fondo immobiliare della SIAE. Tuttavia, siamo di fronte a un problema molto più ampio che riguarda il tema dei fondi immobiliari ed i loro rapporti con il mondo della previdenza, delle assicurazioni e, più in generale, anche delle società quotate. Insomma, lo spostamento delle proprietà immobiliari in fondi di gestione e in fondi immobiliari è un problema che travalica quello della SIAE.
L'ultima osservazione - che avrei desiderato fare fuori verbale, ma ciò non è possibile - è che trasmetterò alla mia grande e larga famiglia l'emozione di aver ascoltato Albano, ancorché in prosa e non in musica, come forse avremmo preferito.

GIUSEPPE SCALERA. Torno ai temi in discussione, pregando i nostri interlocutori di offrirmi due minuti di attenzione. Con una certa fatica, ho cercato di recuperare le posizioni storiche delle associazioni presenti quest'oggi nell'ambito del confuso labirinto dei rapporti con la SIAE. Su questo piano, ho avuto modo di ritrovare una lettera pubblicata, tra l'altro, dal Corriere della Sera, il 16 gennaio del 2011, che porta molte delle vostre firme, indirizzata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministero per i beni culturali, al direttore Blandini, al consiglio di amministrazione


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e all'assemblea della SIAE, che mi sembra un punto di partenza importante e di grande valenza.
Alla luce di questa lettera, che lascerò agli atti della Commissione, mi sono permesso di preparare qualche domanda. La vostra risposta sarà particolarmente importante perché - lo dico con assoluta umiltà - su questi elementi si gioca una parte del futuro della nostra valutazione, ovvero se potrà o meno essere istituita una Commissione d'inchiesta.
Nel gennaio del 2011, scrivevate al Governo che «chi negli ultimi anni ha gestito la SIAE, grazie a una solida maggioranza sia in assemblea che nel consiglio di amministrazione, ha inesorabilmente smantellato la società, sia in termini economici che in termini etici». Più avanti, nella lettera, si legge: «dopo due anni dobbiamo prendere atto che, purtroppo, chi ha gestito a colpi di maggioranza la SIAE ha ignorato le nostre preoccupazioni, portando la società a una situazione sempre più grave». Vi chiedo, allora, di spiegarmi quali erano le persone e le associazioni a cui vi riferivate nel gennaio 2011. Sempre nella nota di cui sopra, scrivevate al Governo che «il bilancio passivo della SIAE è, infatti, il frutto di decisioni, delibere e stanziamenti di risorse che, da una parte, hanno eroso le finanze della società e, dall'altra, non hanno portato nessun miglioramento in termini di qualità e di efficienza».
Nell'analisi che i commissari e il direttore generale hanno effettuato in merito al dissesto generale della SIAE, si indicava quasi esclusivamente nel fondo pensioni la causa del deficit della società. Tuttavia, stando alla lettera inviata al Governo, viene da chiedere quali fossero, più precisamente, a vostro avviso, le decisioni, le delibere e gli stanziamenti di risorse - riprendo le vostre parole - che hanno eroso le finanze della società. Citando sempre il vostro testo, quali erano le ingiustizie e le malefatte che si sono quotidianamente perpetuate all'interno della SIAE? Sotto questo aspetto, potreste farci qualche esempio specifico?
Sempre facendo riferimento alla vostra nota del gennaio 2011, scrivevate che «la SIAE è diventata la più costosa tra le società di collecting europee, con un aggio superiore rispetto a tutti i suoi diretti competitor. A fronte di un maggior costo per gli autori e gli editori, per tutti, dai più grandi ai più piccoli, vanta la peggiore performance in termini di servizi e una maggiore lentezza delle ripartizioni». Invece, nelle audizioni del commissario straordinario e del direttore generale delle scorse settimane abbiamo sentito solo espressioni di grande compiacimento sull'efficienza della SIAE. Cito per tutte un'espressione del dottor Blandini del 15 febbraio scorso: «La SIAE è una punta di diamante. Rispetto a tutte le altre società di collecting nel mondo, la SIAE è quella che raccoglie meglio sul territorio il diritto d'autore, per la profonda conoscenza del mercato e per la sua capillare diffusione attraverso sedi, filiali e agenti mandatari». A questo punto, avrei un'ulteriore domanda: la SIAE è efficiente o meno? Ripartisce quanto è dovuto a tutti? Grandi o piccoli autori ed editori sono sufficientemente garantiti?
Infine, tra le altre cose, nella lettera sviluppate una considerazione che - se mi consentite - definirei oggettivamente inquietante. Infatti, dite testualmente che «SIAE ha un debito verso gli associati, autori ed editori, che raggiunge cifre da manovra finanziaria, circa 800 milioni di euro, una cifra enorme se comparata con il debito che hanno le altre società europee». Tuttavia, nei conti della SIAE che abbiamo potuto vedere non c'è traccia di questo debito. Pertanto, mi permetto di chiedere se i 800 milioni di euro di cui si parla nella lettera esistono realmente.
Ovviamente, le domande dovrebbero essere ancora più significative, ma il tempo me lo impedisce. A ogni modo, per concludere, i firmatari della lettera - tra cui il dottor Sugar, che è qui presente - sottolineavano con orgoglio di essere contribuenti, con una percentuale del proprio fatturato, del fondo di solidarietà SIAE destinato agli autori italiani. Di questo tema si è già discusso. Vorrei, però, chiedere


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soprattutto agli editori qual è la posizione delle case editrici nei confronti dell'abolizione del fondo di solidarietà, decretata dai nuovi commissari e difesa a spada tratta dal direttore generale.

PAOLO BONAIUTI. Si associa a me l'amico onorevole Rocco Crimi. Direi di uscire dal campo delle emozioni, che sono state, tra l'altro, splendidamente rese dal maestro Mogol con le meravigliose «discese ardite e le risalite» che tutti abbiamo ancora in mente e di cui gli siamo grati, per affrontare un tema, ben più grave, che esula dal labirinto neanche troppo piacevole della SIAE e che noi, come deputati, avremmo l'onere di fronteggiare.
Mi riferisco all'affievolimento della voce della canzone come parte integrante della cultura popolare. Ciò che ci avete detto è preoccupante. Per esempio, è grave la diminuzione del ruolo delle radio locali e popolari in questo settore, ma anche il fatto che la televisione - come lei ha detto in maniera molto precisa - si sia spenta e che queste voci abbiano un modo molto limitato di esprimersi, per via dell'ingresso delle multinazionali nel settore della musica.
Questo è un aspetto che non possiamo trascurare, perché nella cultura la canzone popolare svolge un ruolo che nell'Ottocento era svolto da alcune opere liriche. Non dobbiamo e non possiamo non accogliere questo grido d'allarme e di dolore che si associa anche a quello che riguarda i problemi della SIAE e al fatto che non abbiate ancora una forma di previdenza. Certamente, ci dobbiamo muovere e impegnare su questi temi, ma forse dovremmo anche riprendere in esame la questione del modo in cui possiamo aiutare, con i nostri limitati strumenti, la canzone a continuare a svolgere il suo ruolo essenziale nell'ambito della cultura popolare italiana.

EMERENZIO BARBIERI. La Commissione cultura si sta occupando della SIAE dal 2000, cioè da 13 anni. Chiunque di voi abbia tempo da perdere e voglia sfogliare gli atti della Camera, troverà che abbiamo dedicato moltissime ore alla vicenda. Per quanto riguarda gli interventi odierni, devo confessare che non ho ascoltato, perché preferisco leggere e, quindi, ho letto le memorie che le tre associazioni convocate ci hanno consegnato. Devo dire che noto qualcosa di positivo.
Nel memoria della FEM c'è un passaggio molto importante anche per lo sbocco di questa indagine conoscitiva, che consiste nel pubblicare gli atti di tutte le audizioni, offrendo materiale prezioso a chi vorrà occuparsi ancora di SIAE in futuro, con alcune indicazioni che la Commissione - mi auguro all'unanimità - potrà dare anche nei confronti del Governo, oltre che della governance della SIAE. La FEM ritiene che l'azione di risanamento della società sia cominciata: lo reputo francamente un fatto positivo. Ciò nonostante, nel corso di un'altra audizione, svoltasi ieri l'altro, sulla storia del fondo pensioni della SIAE abbiamo ascoltato di tutto e di più (per citare l'espressione con cui la RAI fa la sua pubblicità).
Se è vero che si è avviato il risanamento, è certamente un fatto positivo. Infatti, la FEM ne dà atto al commissario Rondi e ai sub commissari, che, peraltro, abbiamo maltrattato, dal punto di vista politico, mettendoli di fronte alle loro responsabilità. Se avessimo la possibilità di usare argomenti e termini che andavano di moda nel secolo scorso, quando prevalevano le dottrine ideologiche, direi che la SIAE è da sempre in preda a una questione strutturale, riassunta molto bene nell'appunto della Federazione degli autori. Si tratta, infatti, di cifre sconvolgenti. Quando si scrive, arrotondando, che, su 79.000 associati, 19.000 generano diritti d'autore pari allo 0 e 44.000 da 1 centesimo a 500 euro annui, la questione è strutturale.
Oltretutto, per il momento ancora non conosciamo lo statuto. Per inciso, auspico che nessuno faccia l'errore di pensare che questa Commissione o il Parlamento abbiano poteri sulla SIAE: la Commissione ha solo il potere di svolgere l'indagine conoscitiva e di istituire un'eventuale


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Commissione d'inchiesta, ove essa fosse deliberata. Per il resto, lo scarso controllo è - come sapete - affidato al Governo. Da questo punto di vista, il Parlamento non c'entra nulla. Tornando allo statuto, mi auguro che abbia affrontato la questione. In Commissione abbiamo ascoltato commissari come Masi, che è stato in carica per lunghi anni (non giudico le conclusioni del suo commissariamento) e presidenti come l'avvocato Assumma; abbiamo bocciato proposte di candidatura da parte del Governo subito dopo il commissariamento del dottor Masi; tuttavia, lo statuto non è mai stato oggetto di valutazione da parte nostra, perché non è possibile che ciò accada.
Come capogruppo del PdL, dico, però, che intendiamo inserire alcune indicazioni nelle conclusioni dell'indagine. Difatti, se non si affronta la questione, il commissario della SIAE potrebbe essere il Presidente Monti o la Cancelliera Merkel, ma non riuscirà mai a cavare un ragno dal buco, visto che su questo nodo gordiano si affondano commissari e presidenti; peraltro, non potrebbe essere altrimenti. Dunque, daremo alcune indicazioni in questo senso.
Abbiamo un termine per la conclusione dell'indagine conoscitiva, che è il 30 giugno. Speriamo di non dover chiedere ulteriori proroghe perché altrimenti diventa una solfa che non finisce mai. Comunque, credo che, rispetto alle questioni che avete sollevato, stando anche agli interventi dei colleghi di tutti i partiti, si possa ricavare l'impressione che c'è una sostanziale convergenza per andare nella direzione indicata nelle tre memorie.

PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.

FILIPPO SUGAR, Presidente della Federazione editori musicali (FEM). Innanzitutto, svolgo una breve precisazione sullo statuto. Come base associativa, abbiamo avuto tre incontri con i commissari, quindi conosciamo le linee guida. Dopodiché, abbiamo lasciato i nostri pareri e li abbiamo rivisti successivamente. È vero che non conosciamo lo statuto, che per una forma di rispetto istituzionale credo sia stato inviato prima agli enti vigilanti. Al momento, non ce l'abbiamo, ma contiamo di poterlo avere, anche se non so precisamente in quali tempi.
Sulle varie questioni poste sul tema del fondo di solidarietà, preciso che non è un fondo di professionalità. Mi dispiace non essere d'accordo con il maestro Minellono. A ogni modo, il fondo di solidarietà è un problema molto complesso. Ricordo che vent'anni fa una sentenza del Consiglio di Stato, proprio in merito al contributo al fondo di solidarietà, ha stabilito che la discriminazione tra soci e iscritti non era più applicabile. A quel tempo, infatti, c'era una distinzione. I soci erano coloro che per molti anni avevano avuto un certo ammontare di introito garantito dal loro lavoro, che avevano versato alla società nel tempo. Questa differenziazione fu cancellata dalla sentenza del Consiglio di Stato, secondo la quale, siccome tutti pagavano il fondo di solidarietà, non era giusto che a beneficiarne fossero soltanto i soci. Questa è l'origine di molti dei problemi di governance della società, perché, di fatto, ha reso l'autore che si iscrive e che conta zero uguale, in termini elettorali, a Giulio Mogol o a Minellono.
Da quel momento, la SIAE avrebbe dovuto porre rimedio al problema del fondo di solidarietà, che oltretutto non era economicamente gestibile. Invece, per vent'anni non lo ha fatto e nessuno l'ha obbligata a farlo, perché coloro che prendevano questo assegno erano circa un migliaio di soggetti sui famosi 80-90.000 e hanno continuato a prenderlo in un regime di proroga. Se per assurdo dovesse essere esteso alla platea degli associati della SIAE, la società chiuderebbe nell'arco di tre anni perché non è in grado di sostenerlo. Ciò vorrebbe dire che la commissione che la SIAE dovrebbe trattenere dagli autori e dagli editori - quelli che producono, ovviamente, perché per chi non produce la commissione è neutra - sarebbe pari al 50 per cento, se si volesse mantenere quel tipo di trattamento.


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Ritengo, quindi, che i commissari non solo abbiano giustamente interrotto questo meccanismo - assumendosi responsabilità non facili, che nessuno negli ultimi vent'anni ha voluto fare, considerando, peraltro, che era illegale, visto che la SIAE non può fare previdenza -, ma lo abbiano trasformato in quello che esso dovrebbe essere. Difatti, non è la SIAE che deve risolvere il problema della pensione per gli autori, che resta, ovviamente, una giusta rivendicazione. La SIAE deve fare la solidarietà. Ci sono autori in difficoltà: la SIAE deve aiutarli ad affrontare la vita.
In definitiva, le risorse di quel fondo sono congelate: nessuno le tocca. Tra l'altro, sono risorse provenienti per la maggior parte da editori che non hanno mai beneficiato di quegli introiti e che non ne chiedono la restituzione, essendo risorse destinate a uno scopo solidaristico degli autori. Questo è un principio che manteniamo. Tuttavia, il vero problema è che per vent'anni non si è voluto affrontare questo tema, che esplode oggi in tutta la sua complicazione, prestandosi ad essere fortemente travisato. Pertanto, vi invito a dare una lettura attenta alla storia di questa situazione.
A proposito del fondo pensione, vorrei precisare che si tratta di un fondo integrativo per i dipendenti, istituito negli anni in cui in molte aziende pubbliche non si facevano queste cose. Poi, a un certo punto, è stato chiuso, però c'è un numero di soggetti - peraltro, alcuni ancora lavorano - che hanno maturato il diritto a questa pensione integrativa.
È stato affidato, dalla SIAE al fondo pensione, un patrimonio immobiliare che doveva essere gestito in maniera efficiente, tramite la vendita o l'affitto di qualche immobile, ma per vent'anni tutto questo non è avvenuto e, quindi, gli immobili costavano di più di quanto rendessero; probabilmente, venivano anche dati in affitto, ma non si pensava alla necessità reddituale, perché c'era «mamma SIAE» che avrebbe colmato la differenza. Quindi, non solo la SIAE ha fornito gli immobili per garantire le prestazioni del fondo, ma, anno dopo anno, continuava a pagare al fondo pensioni 7-8 milioni all'anno affinché potesse erogare le sue prestazioni, senza toccare il patrimonio immobiliare affittato non si sa a chi.
Anch'io ho letto gli articoli sui giornali in merito e sono sconsolato e amareggiato, perché quei 7-8 milioni sarebbero dovuti essere distribuiti agli autori e agli editori oppure investiti per ammodernare la struttura informatica, per poter contrastare, ad esempio, in maniera migliore la pirateria digitale. Invece, li abbiamo spesi, oltre agli immobili che dati in gestione.
Per quanto mi riguarda, sono favorevole all'idea di poter interrompere questa costante emorragia, valorizzando il patrimonio immobiliare. Non conosco i dettagli - del resto, non sono un dirigente, né un responsabile, né un amministratore della SIAE - ma questa idea mi trova favorevole perché vorrebbe dire che, anno per anno, invece di spendere i soldi degli associati, possiamo usare quelle risorse per altri fini.
In merito alla rappresentanza statutaria e al principio «una testa, un voto», il discorso è stato centrato perfettamente dall'onorevole Barbieri. Purtroppo, i dati sono inequivocabili. La verità è che ci sono 2.000-2.500 soggetti che, di fatto, consentono la vita economica della società. Il nostro richiamo, anche usando gli strumenti delle pagine dei giornali, sta a significare che non è più sostenibile una situazione del tipo «una testa, un voto», perché le problematiche e i cambiamenti del mercato che sia le aziende che gli autori devono affrontare, visto che vivono di mercato, sono di tale portata che dobbiamo trovare un modo di eleggere persone competenti, non professionisti dell'associazionismo che possono beneficiare di vantaggi personali.
Questa è la mia posizione, che è condivisa dalla mia associazione e credo anche dalla Federazione degli autori.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Vorrei soltanto che lei mi fornisse qualche spiegazione, visto che le parole hanno un peso.


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Lei ha parlato di «professionisti dell'associazionismo» che vivrebbero di questo o avrebbero dei vantaggi?

FILIPPO SUGAR, Presidente della Federazione editori musicali (FEM). Mi riferisco all'associazionismo che, attraverso un meccanismo elettorale che prevede una testa un voto, riesce a coagulare consensi non dei professionisti, ma di quella platea enorme che sta tra i 2.500 soggetti che veramente producono, mentre tutti gli altri, pur essendosi iscritti legittimamente, tuttavia non sono professionisti che vivono di diritto d'autore.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Chi sono - per capire - i professionisti dell'associazionismo?

FILIPPO SUGAR, Presidente della Federazione editori musicali (FEM). Per esempio, ci sono moltissime sigle di sindacati e parasindacati - che sono riusciti, alle ultime elezioni, ad avere un fortissimo peso elettorale -, all'interno delle quali non ci sono aziende o autori veri e visibili. Questo è grave, perché se si vuole parlare, per esempio, di digitale ed essere in grado di contrastare o di discutere i temi affrontanti in questa sede dal dottor Parisi, bisogna avere anche un'adeguata conoscenza del mercato.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Certamente. Ma vorrei capire a quali sigle si riferisce. Ne citi qualcuna.

FILIPPO SUGAR, Presidente della Federazione editori musicali (FEM). Sinceramente, al momento non so quali siano: mi sono sconosciute perché non lavoriamo con loro e nessuno di noi le conosce, però posso fargliene avere conoscenza.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Certamente. Lei fa affermazioni molto delicate.

FILIPPO SUGAR, Presidente della Federazione editori musicali (FEM). Naturalmente, mi assumo la responsabilità di quello che dico. A questo proposito, le porto un esempio. Nell'ultima legislatura, il costo degli organi sociali, compresi gettoni, era di oltre 3,5 milioni di euro, che è un costo sproporzionato. Ebbene, questa è una voce di risparmio su cui si può incidere fortemente. Peraltro, mi pare di capire che questo messaggio sia stato recepito da parte dei commissari e introdotto nel futuro regolamento statutario affinché impedisca un sistema nel quale gli organismi, i comitati e le commissioni si autoalimentano e diventano un lavoro. Non devono essere un lavoro; noi dobbiamo fare gli editori e gli autori.
In merito alla lettera al giornale firmata da tantissimi autori e artisti, il problema è questo. Eravamo di fronte a una società di autori che, all'epoca, era sorda rispetto alle richieste, provenienti dalla nostra associazione e anche dalla Federazione degli autori, cioè di chi stava soffrendo sul mercato e chiedeva maggiore velocità nei pagamenti e nella ripartizione dei diritti digitali, nonché la riduzione dei costi degli organi sociali. All'epoca, molti di quei firmatari avevano valutato che la società era - ripeto - sorda rispetto alle nostre richieste.
Voglio chiarire che abbiamo un mercato in cui domina la pirateria digitale. Cito un dato interessante, pubblicato proprio oggi dalla più autorevole rivista mondiale del settore, secondo il quale in Italia il 95 per cento del mercato digitale è pirata. Nel mercato fisico è, invece, pirata il 23 per cento. Per cui, di fronte a questo mercato in cui i veri professionisti si confrontano tutti i giorni, non si poteva avere una SIAE che si autoalimentasse e fosse sorda alle richieste di adeguamento rispetto al mercato. Questo fu il motivo di quell'intervento. Intendevamo richiamare l'attenzione di tutti i vertici istituzionali su questo problema.
Il discorso del debito verso gli associati è molto semplice. La SIAE incassa da diversi soggetti e poi ripartisce le somme, dopo aver abbinato le esecuzioni, con i titolari dei brani o delle opere. Questo processo fa sì che si incassi in un mese e si ripartisca dopo un anno. Peraltro, questo è abbastanza naturale. La somma


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impressionante di debiti verso gli associati è data da quel denaro in attesa di abbinamento e della successiva ripartizione. Possiamo provare, però, a essere ambiziosi e ripartire tre volte all'anno, invece che due, come accade in alcune società estere. All'epoca della lettera, le somme ammontavano a 800 milioni di euro.

GIUSEPPE SCALERA. Se considera 2.000 gli associati che sono realmente operativi, basta fare una divisione e si rende conto che il debito verso ognuno è particolarmente significativo.

FILIPPO SUGAR, Presidente della Federazione editori musicali (FEM). Per esempio, ci sono degli aventi diritto come la Ricordi, che ha tutta la musica classica italiana.

PRESIDENTE. Vi pregherei di concludere. Potete, eventualmente, integrare con note scritte.

GIULIO RAPETTI MOGOL, Componente del comitato di presidenza della Federazione degli autori. Vorrei rispondere ad alcune domande. In particolare, l'onorevole Scalera ha domandato come mai, da una parte, la SIAE risulta essere una società molto efficiente e, dall'altra, si assiste a problemi di questo tipo. Dobbiamo chiarire che ci riferiamo a due momenti diversi, ossia quello antecedente e quello successivo al commissariamento.
In particolare, prima del commissariamento le cose sono andate piuttosto male: abbiamo chiesto il commissariamento proprio per questo motivo. Dopo questa fase, la situazione è migliorata sotto ogni profilo. Immagino abbiate letto che sono stati venduti appartamenti con mutui agevolati di quarant'anni, ma non voglio entrare in dettagli che non conosco bene.
In secondo luogo, il confronto tra autori ed editori è antichissimo, ma non ha più ragione di essere vivo oggi, perché gli editori sono con noi nella trincea. I problemi sono talmente numerosi e gravi che se non ci fossero gli editori che ci aiutano in questo compito, noi autori ci troveremo in condizioni ancora peggiori. Secondo me, questa tensione è tenuta viva: tutto ciò mi ricorda quanto avvenuto in Albania, dove il famoso dittatore Oxa, avendo problemi interni, aveva creato 800 bunker verso l'Italia: in Albania, quindi, sulla strada verso l'Italia, ogni trenta passi c'è un bunker. Ciò significa che questo problema sorge oggi, pur non essendo di grande attualità, solo perché altri problemi sono stati ignorati. Insomma, la questione decisiva è quella che il dottor Filippo Sugar ed io abbiamo esposto.

BRUNO MARIO LAVEZZI, Segretario generale della Federazione degli autori. Vorrei svolgere un intervento del medesimo tenore, prima di tutto per sottolineare che forse vi sembrerà strano o quantomeno singolare che due autori che hanno scritto canzoni insieme, come me ed il maestro Minellono, si trovino su due fronti opposti. Ciò avviene perché apparteniamo a due associazioni diverse, mentre dovremmo essere tutti uniti.
Comunque, ribadisco quello che ha affermato il maestro Mogol. In un momento di emergenza un settore si compatta, che si tratti di editori o di autori. Se c'è un problema serio da affrontare, in un Paese ci si associa, come abbiamo fatto noi. In sostanza, pensiamo che la SIAE sia in un gravissimo guado e che debba essere tutelato, per statuto, il diritto degli autori e degli editori, tramite il recupero dei diritti da coloro che non li pagano più. Questo è per il motivo principale per cui non poniamo la differenza tra autori ed editori.
Inoltre, è falso dire che gli autori sono comprati. Gli autori stipulano contratti con società sia nazionali che multinazionali e sono lautamente pagati perché preferiscono avere un compenso per le canzoni che scrivono, da integrare ai propri diritti, che potrebbero ricevere nella totalità (ventiquattro ventiquattresimi). Invece, preferiscono dividerli con gli editori, a fronte di un compenso. Molti autori, come me ed il maestro Mogol (non so se anche il maestro Cristiano Minellono) hanno una società editrice, anche perché non abbiamo


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il tempo e nemmeno la capacità di amministrare, ragione per la quale ci rivolgiamo a società che si occupano di questo lavoro. La differenza ideologica, quindi, non è molto marcata perché, fondamentalmente, abbiamo i medesimi interessi.
Prima qualcuno ha detto che un membro è uscito dall'assemblea: si tratta di Gino Paoli, il nostro presidente, che se n'è andato perché non si sentiva rappresentato da un'elezione che era avvenuta con le caratteristiche che prima ha illustrato il dottor Filippo Sugar. In sostanza, non c'erano i presupposti per essere rappresentati. Infatti, la SIAE è stata infine commissariata.
Per parte nostra, abbiamo in animo di svolgere un'azione di responsabilità, perché in questi anni abbiamo visto flettersi significativamente i nostri diritti. Ci sono state carenze di vario tipo - ad esempio, visto che sono membro della commissione musica della SIAE, non implementare l'ufficio multimediale, che tuttora sembra non esistere. Tuttavia, abbiamo in animo, ripeto, di fare un'azione di responsabilità verso coloro che hanno amministrato la SIAE in questi anni, senza mettere in sicurezza i fondi di solidarietà, il fondo pensioni, l'assegno di professionalità e così via.

CRISTIANO MINELLONO, Membro del consiglio direttivo e del comitato di presidenza dell'Unione nazionale compositori librettisti autori di musica popolare (UNCLA). Vorrei dire che sia con il maestro Mogol sia con il maestro Lavezzi siamo stati concordi su diverse questioni. Infatti, quando si è trattato di intervenire, come avvenuto in occasione della lettera pubblicata sul Corriere della Sera in relazione alla questione Agcom, siamo stati uniti. Su altre questioni, tuttavia, non possiamo concordare.
L'editore, per noi, è la controparte: non è il nemico, ma un amico, tuttavia è la controparte. Io ho un a casa editrice piccola. Peraltro, nessuna delle multinazionali incide una mia canzone, se non concedo le edizioni. Una volta l'editore era una persona presso la quale un giovane autore si recava per proporre le sue canzoni. L'editore le ascoltava e, nel caso, proponeva un contratto di esclusiva per un anno con un compenso mensile. Poi, se diventava più bravo, con il tempo avrebbe guadagnato di più. Era l'editore, però, che promuoveva questi dischi. Invece, oggi l'editore non esiste, fatte pochissime eccezioni: è diventato un discografico che, pur apprezzando un pezzo, lo incide solo se ottiene l'edizione. Questa è una delle ragioni per cui la musica sta morendo.
In secondo luogo, la SIAE era divenuto ente pubblico perché una volta, per conto del Governo, fungeva da esattore anche presso lo stadio, al cinema e così via. Oggi ciò non avviene più. Attualmente la SIAE prende solo i diritti d'autore specifici. Qualcuno diceva che la SIAE diventerà un ente privato. Ebbene, deve essere un ente privato, di proprietà degli autori e degli editori.
Con riferimento alla citata lettera, mi auguro che si giunga alle misure che il maestro Lavezzi ha paventato, se necessario anche giudiziarie. Ad ogni modo, alle ultime elezioni, tre o quattro anni fa, la parte che rappresento - l'UNCLA (Unione nazionale compositori librettisti autori) e le altre associazioni, come la CREA, che rappresenta la maggioranza del cinema, degli autori televisivi e teatrali, e l'AudioCoop - ha vinto le elezioni: ciò non è stato accettato, pur trattandosi di elezioni che non serve a niente vincere o perdere, perché sedici membri erano autori e sedici membri editori; in consiglio d'amministrazione c'erano due autori, due editori e tre parlamentari. Insomma, se avessimo preso 20.000 voti e loro dieci, o viceversa, non sarebbe cambiato niente; il problema sarebbe rimasto. A ogni modo, hanno perso le elezioni, ma non le hanno sapute perdere in modo dignitoso e, perciò, sono partite tutte queste accuse. D'altra parte, la SIAE era gestita comunque in un regime presidenziale. Senza contare che i danni della SIAE non sono imputabili agli ultimi due, tre o quattro anni, ma alla gestione. Per esempio, bisognava cominciare


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a pensare a Internet quindici, non due o tre anni fa, ma nessuno ci ha pensato. All'epoca, non c'eravamo noi alla SIAE, ma il dottor Masi e non so chi ci fosse prima di lui, perché ero bambino.
In breve, siamo giunti a livelli allucinanti di accuse. È bruttissimo vedere gli autori divisi. Ci sono, però, autori che vanno a braccetto con persone degnissime, con cui, a livello amichevole, vado volentieri anch'io. Tuttavia, per quanto riguarda la governance della SIAE, il mondo ci è testimone: deve essere composto per due terzi da autori, per un terzo da editori.

PRESIDENTE. Faremo tesoro delle vostre testimonianze. Vi ringraziamo per questo straordinario pomeriggio che abbiamo vissuto insieme.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,55.

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