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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissione XIV
2.
Giovedì 20 novembre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Consiglio Nunziante, Presidente ... 3

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA PARTECIPAZIONE DELL'ITALIA ALLA FORMAZIONE E ALL'ATTUAZIONE DELLA NORMATIVA E DELLE POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA: ATTUAZIONE DELLA LEGGE N. 11 DEL 2005 E PROSPETTIVE DI RIFORMA

Audizione del ministro plenipotenziario Massimo Gaiani, coordinatore del Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (CIACE):

Consiglio Nunziante, Presidente ... 3 8 9 12
Fucci Benedetto Francesco (PDL) ... 9
Gaiani Massimo, Coordinatore del Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (CIACE) ... 4 9
Gozi Sandro (PD) ... 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE XIV
POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA
Comitato permanente per il monitoraggio sull’attuazione delle politiche dell’UE

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di giovedì 20 novembre 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE NUNZIANTE CONSIGLIO

La seduta comincia alle 9,15.

(Il Comitato approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del ministro plenipotenziario Massimo Gaiani, coordinatore del Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei presso la Presidenza del Consiglio dei ministri (CIACE).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea: attuazione della legge n. 11 del 2005 e prospettive di riforma, l'audizione del ministro plenipotenziario Massimo Gaiani, coordinatore del Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (CIACE).
L'audizione odierna presenta una particolare importanza, in quanto la valutazione del funzionamento del CIACE costituisce uno degli elementi di maggiore importanza e delicatezza ai fini della nostra indagine.
Il CIACE che è una delle più significative innovazioni della legge Stucchi, rispetto al quadro normativo previgente, ha infatti un ruolo chiave in relazione sia alla fase ascendente, sia, per alcuni aspetti, a quella discendente.
Sotto il primo profilo, ricordo che dal pieno ed effettivo funzionamento di questo organismo dipende il coordinamento tra i diversi soggetti, statali e regionali, competenti in merito ai temi e alle proposte all'esame delle istituzioni dell'UE, e quindi la coerenza e l'organicità della posizione italiana nelle sedi negoziali europee.
In questo contesto, il CIACE è un interlocutore privilegiato delle Camere, sia per quanto riguarda l'informazione sulle attività in corso, sia per il seguito da assicurare agli indirizzi di fase ascendente definiti dalle Camere.
Per quanto riguarda il secondo profilo, non va trascurato il ruolo che il CIACE svolge ai fini della corretta e tempestiva attuazione degli obblighi comunitari, in particolare in sede di verifica dello stato di conformità dell'ordinamento interno a quello comunitario.
Pertanto, credo che l'odierna audizione possa portare a questo Comitato significative informazioni e chiarimenti preziosi che possono metterci in condizione di ragionare in termini di integrazione, o modifica, anche limitatamente a qualche articolo, per quanto riguarda la legge Stucchi.
Do la parola al coordinatore del Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, dottor Massimo Gaiani.


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MASSIMO GAIANI, Coordinatore del Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (CIACE). Ringrazio il presidente e questa Commissione per avermi invitato a presentare il mio punto di vista.
Sono profondamente onorato di poter contribuire ai vostri lavori, fornendo delle indicazioni utili per questa indagine conoscitiva.
Intenderei sviluppare il mio intervento iniziale, lasciando abbastanza spazio per le vostre domande, alle quali cercherò di dare risposta, articolandolo in quattro parti.
La prima di esse riguarda alcune osservazioni sull'impianto della legge, su come è organizzato il coordinamento; la seconda è relativa alla modalità pratica di svolgimento di questo coordinamento; la terza riguarda, invece, le attività che sono state svolte sin dalla sua istituzione. Passerei poi a fornirvi alcune indicazioni su come viene svolta l'attività di informativa alle Camere e alle regioni, concludendo con la parte relativa alla partecipazione delle regioni nella formazione della posizione italiana nella fase ascendente.
Quanto al primo punto, relativo all'impianto della legge e alla costituzione del coordinamento, sapete bene che, in base alla legge n. 11, è stata scelta l'impostazione, che peraltro è prevalente anche negli altri Paesi europei, di un coordinamento collocato presso la Presidenza del Consiglio (questo avviene in Francia e nel Regno Unito).
Svolgerò tre osservazioni riguardo alla struttura della legge. In primo luogo, gli articoli 1 e 2 della legge n. 11 istituiscono essenzialmente un foro di coordinamento presso la Presidenza del Consiglio, ma non forniscono un potere vincolante, una forza, un valore aggiunto rispetto a quello che ha già la Presidenza del Consiglio, in quanto organo generale di coordinamento.
Situazione ben diversa si verifica ad esempio in Francia, dove questa forma di coordinamento è particolarmente consolidata e dove l'organismo che gestisce il coordinamento è deputato a inviare delle istruzioni che sono vincolanti per le altre amministrazioni, nell'ottica di impostare quella che sarà la posizione del proprio Paese.
Il secondo elemento abbastanza rilevante è che la legge non individua una sfera di materie in cui si deve attuare il coordinamento che è quindi di carattere generale.
Anche da questo punto di vista, si evidenzia qualche differenza con gli altri Paesi. Ad esempio, sempre nei principali Paesi, sono state previste diverse modalità di coordinamento, a seconda delle tipologie di attività. In genere, c'è un coordinamento, collocato presso l'equivalente della Presidenza del Consiglio, che può essere anche l'ufficio del primo Ministro, sulle materie di carattere generale, quelle di tipo comunitario, lasciando a un secondo tipo di coordinamento, che solitamente è collocato all'interno del Ministero degli esteri, le materie attinenti alla politica estera e di sicurezza comune.
In Italia, l'impianto della legge n. 11 non definisce sfere precise, né indica una priorità nella trattazione di queste materie.
Ovviamente, come andremo a vedere analizzando ciò che ha fatto il CIACE, è stato necessario essere selettivi, indirizzare l'attività di coordinamento verso alcuni settori e dare una priorità nell'ordine dei lavori.
Il sistema previsto dalla legge n. 11 funziona attraverso un comitato interministeriale, il CIACE, che è collocato presso la Presidenza del Consiglio, è presieduto dal Presidente del Consiglio o dal Ministro per le politiche europee e opera a geometria variabile, nel senso che non è necessaria la presenza in ogni riunione di tutti i Ministri, ma semplicemente di quelli interessati alle materie oggetto di trattazione, sulla base quindi dell'ordine del giorno.
Vi è un nucleo stabile, costituito dal Ministro degli esteri e dal Ministro delle politiche regionali, proprio perché c'è una componente, il contributo delle regioni e delle autorità locali alla definizione della posizione;


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mentre la presenza degli altri è decisa in funzione degli argomenti trattati.
Il comitato interministeriale è assistito da un comitato tecnico permanente, punto focale del coordinamento, rappresentato da delegati di ogni amministrazione centrale, attraverso un membro titolare e un supplente.
Anche in questo caso, le riunione hanno una geometria variabile, ma con una partecipazione generalmente assai più ampia.
Infine, il comitato tecnico permanente, laddove discute materie di interesse regionale, è integrato dai rappresentanti delle regioni, quindi diventa un organo che normalmente ha una partecipazione massima di una ventina di soggetti. Quando si discutono materie di interesse regionale, quindi nella forma del comitato tecnico integrato, il numero dei partecipanti sale a oltre il doppio e rappresenta un organo piuttosto ampio composto da oltre quaranta soggetti.
Il sistema è completato da un ufficio di segreteria, collocato presso il dipartimento per il coordinamento delle politiche europee della Presidenza del Consiglio, che definisce l'ordine del giorno del comitato tecnico permanente, propone al Presidente del Consiglio l'ordine del giorno delle riunioni del comitato interministeriale, redige i verbali delle rispettive riunioni e predispone dei documenti che poi vengono approvati e discussi nell'ambito dei due organi.
Nel dare attuazione al dettato della legge, c'è stata una certa evoluzione, nel senso che, per la trattazione di materie specifiche che richiedevano una attività di coordinamento più intensa, ravvicinata nel tempo, che seguisse il lavoro negoziale svolto a Bruxelles, si è deciso di operare attraverso dei gruppi di lavoro che rappresentano delle formazioni specifiche del comitato tecnico permanente.
In determinati casi, questi gruppi di lavoro hanno avuto delle riunioni piuttosto ravvicinate con una cadenza che ha potuto raggiungere la frequenza di una volta a settimana nei periodi di maggiore intensità negoziale. Questo è il caso che si sta presentando adesso in relazione al pacchetto «clima-energia», per cui c'è un gruppo specializzato che cerca di assistere anche chi è chiamato a negoziare a Bruxelles, fornendo delle indicazioni specifiche man mano che escono i nuovi documenti e che si delinea la strategia e l'evoluzione negoziale a Bruxelles.
Per quanto riguarda l'attività che è stata svolta, le risorse poste a disposizione dell'ufficio di segreteria sono state molto limitate. Ricordiamoci che la legge non ha previsto alcuno stanziamento. Quindi, è stato fatto tutto a costo zero. Parte del personale del Dipartimento per le politiche comunitarie è stato coinvolto. Sono stati riorganizzati gli uffici ed è stato costituito l'ufficio di segreteria.
Quindi, potendo contare su risorse estremamente contenute, l'attività del CIACE è stata necessariamente rivolta ad alcuni ambiti specifici. Non si è potuto trattare l'insieme delle materie che venivano affrontate in sede europea.
Questa selezione è stata effettuata essenzialmente su due criteri. Il primo è stato quello della interdisciplinarietà. Si è ritenuto che il vero valore aggiunto del coordinamento intervenisse laddove vi erano ambiti di competenza di più amministrazioni.
Quindi, si è intervenuti, laddove la competenza non risiedeva chiaramente, in maniera prevalente, in un'amministrazione, ma erano coinvolti più attori; situazione dalla quale derivava la necessità di un foro di coordinamento.
Devo dire che, dopo una diffidenza iniziale da parte delle amministrazioni più direttamente coinvolte, si è compreso presto lo spirito e il vantaggio che poteva venire dal coordinamento ed è stata riscontrata una piena collaborazione da parte di tutte le amministrazioni.
L'azione di coordinamento ha cercato di operare in più direzioni. In primo luogo, ha tentato di definire precocemente una posizione italiana, talvolta anche prima che l'atto normativo venisse proposto dalla Commissione, potendo mandare dei segnali sulla posizione italiana che portassero anche la Commissione a tenere


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conto delle nostre esigenze e dei nostri desideri. Peraltro, è molto più semplice influire in quella fase, piuttosto che dopo che la proposta è stata presentata sul tavolo e deve essere negoziata a 27, quando ovviamente ognuno tira dalla propria parte.
Il secondo elemento consiste nel fornire un foro dove si scambiano tutte le informazioni.
Oramai operiamo in un sistema europeo particolarmente complesso, in cui è difficile prendere conoscenza di tutto ciò che accade contemporaneamente.
Le amministrazioni si sono subito rese conto che era utile per loro avere un sistema che scambiasse rapidamente, a Roma - oltre a quello che avviene in provenienza da Bruxelles e dalla rappresentanza permanente - una serie di informazioni e che valutasse su un determinato dossier ciò che potesse essere di interesse e lo facesse circolare.
Inoltre, ci si è resi conto che un solo Ministro è meno equipaggiato a fronteggiare e a influire sul negoziato di quanto non lo sia una compagine governativa coesa che invia segnali univoci, molto più forti e più percepiti a Bruxelles quando hanno questo carattere coerente.
La nostra stessa organizzazione ci ha quindi portato a non intervenire in quei dossier che, pur essendo importanti e pur trattando temi di forte interesse, rientravano nella sfera di competenza di una sola amministrazione, perché a quel punto il valore aggiunto era certamente minore.
La singola amministrazione era in collegamento diretto con i fori che trattavano questa materia e aveva tutti gli elementi per valutare, quindi esprimere, la posizione italiana.
A seguito di questa impostazione di carattere generale, i dossier che abbiamo affrontato in maniera prevalente sono stati quello dell'innovazione e della ricerca - che ha costituito, tra l'altro, in un determinato momento, una delle priorità dell'Unione europea, poiché ci sono cicli anche in funzione degli interessi della presidenza di turno -, di tutta la materia legata all'energia e ai cambiamenti climatici, dell'immigrazione e una serie di altri dossier che, senza avere una valenza globale come quella di queste grosse questioni che hanno attirato l'interesse dei mass media e dell'opinione pubblica, una singola amministrazione era meno equipaggiata ad affrontare. Pertanto, si sono operati diversi coordinamenti spot che hanno funzionato.
La modalità di funzionamento, all'interno di questo sistema di coordinamento, è essenzialmente per consenso. Non si è mai verificata una votazione, ma si cerca, attraverso un'opera di mediazione, di arrivare a una posizione che sia accettabile da parte di tutte le amministrazioni. Laddove ciò non è possibile al livello inferiore, si sale al livello superiore cercando questa mediazione.
Al termine di ogni discussione, vengono tratte, a cura dell'ufficio di segreteria, delle conclusioni che vengono accettate in sala e poi confermate in un verbale scritto che viene fatto circolare a cura dell'ufficio di segreteria.
Al di là delle riunioni, tutto avviene per via elettronica. Non circola nessun documento cartaceo.
Questo verbale viene diffuso nel giro di un giorno, massimo due, dalla riunione, viene rapidamente approvato, eventualmente con modifiche da parte delle amministrazioni, e vale come la posizione consolidata di tutte le amministrazioni che hanno preso parte all'esercizio.
Inoltre, in un certo senso, vincola anche le altre. Infatti, mentre la partecipazione è limitata ai soggetti direttamente coinvolti; tutti i documenti, come i verbali e gli ordini del giorno, vengono fatti circolare tra tutti i componenti del comitato tecnico, in modo che possano avere una visione di quanto sta accadendo in termini di coordinamento.
Un altro strumento utilizzato è rappresentato da alcuni documenti di posizione di carattere generale. Di solito, questi ultimi vengono predisposti all'inizio di un negoziato e poi vengono stilati con una certa cadenza per fornire indicazioni sulla posizione italiana, in merito a una determinata questione.


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Inoltre, a differenza delle attività del gruppo di lavoro e del comitato tecnico, questi documenti non seguono l'andamento spicciolo del negoziato a Bruxelles, ma fissano la posizione italiana anche per fornire un'indicazione ai molti stakeholder che ovviamente seguono con grande interesse l'andamento del negoziato. Talvolta, essi sono frutto di consultazioni con soggetti come le parti sociali o come alcune grosse imprese che possono avere interesse nella materia.
In questo caso, si chiedono indicazioni sull'impatto che una determinata normativa, o questione, in discussione a Bruxelles può avere sulla nostra economia e si possono raccogliere delle indicazioni da chi può essere direttamente coinvolto o toccato dalle norme in costruzione.
Grosso modo, questa è la modalità di funzionamento. Le riunioni del comitato interministeriale hanno avuto una cadenza di un paio di incontri a semestre e sono state funzionali a decisioni abbastanza rilevanti, laddove il comitato tecnico non era ritenuto sufficientemente rappresentativo ed era utile una conferma a livello politico.
Il comitato tecnico permanente si è riunito con una cadenza all'incirca mensile. Ovviamente, in alcuni periodi il comitato non si è riunito per un tempo più lungo.
I gruppi di lavoro, invece, hanno adattato la periodicità delle loro riunioni all'andamento del negoziato a Bruxelles e, in determinati casi, hanno avuto scadenze molto ravvicinate, anche di una settimana e talvolta anche più frequenti. Laddove c'era una circolazione di indicazioni o non era possibile procedere a una riunione, si è operato attraverso una specie di consultazione elettronica, dando delle indicazioni su una linea che si poteva seguire e chiedendo l'approvazione delle amministrazioni interessate.
L'altro punto che volevo affrontare con voi è quello dell'informativa fornita al Parlamento.
Come sapete, sulla base dell'accordo interistituzionale che è stato sottoscritto circa un anno fa, si è proceduto a un affinamento delle modalità di trasmissione degli atti e si è potuto ridurre in parte il numero degli atti trasmessi, pari ora a circa un quarto dell'insieme della documentazione che riceviamo da Bruxelles. Speriamo di poter procedere a una trasmissione ancor più qualificata, cercando di mettere in evidenza gli atti normativi più rilevanti e di poterli accompagnare con alcune schede.
In proposito, credo che, come organismo che segue questo coordinamento, dovremmo accollarci l'onere di far pervenire sistematicamente al Parlamento delle schede descrittive dell'atto, con una prima indicazione dei contenuti del medesimo, della posizione dell'Italia, laddove esiste già, di come si dovrebbe sviluppare la sua procedura di approvazione e ogni altro elemento di informazione che può essere utile al Parlamento.
Ovviamente, tutto questo cozza con l'esiguità delle risorse che abbiamo a disposizione. Tuttavia, c'è certamente un forte impegno da parte del Ministro, al quale cercheremo di dare attuazione.
L'ultimo punto, forse il più complesso da risolvere, è quello della partecipazione delle regioni.
Come sapete, nell'impianto della legge n. 11 è prevista la partecipazione delle regioni al sistema CIACE in se stesso, attraverso la loro presenza nel comitato tecnico, anche quello permanente e non integrato, e nei gruppi di lavoro. Le regioni, che assicurano il coordinamento tra le regioni stesse circa le materie trattate, sono sistematicamente invitate a tutte le riunioni dei gruppi di lavoro.
Alcune riunioni del comitato tecnico integrato si sono concentrate in particolare sul tema di Lisbona, che pure non rientrava nella fase ascendente vera e propria, perché non è un atto normativo. Tuttavia, si è deciso di far svolgere all'interno del sistema CIACE il coordinamento per la preparazione dei documenti nazionali relativi alla strategia di Lisbona.
Quindi, trattandosi di un elemento che riguarda tutti, anche le regioni hanno partecipato alla definizione dei vari documenti; da ultimo, anche al piano nazionale


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di riforma per il prossimo triennio che è stato da poco presentato a Bruxelles e che, subito dopo la sua approvazione da parte del Consiglio dei Ministri, è stato trasmesso dal Ministro Ronchi ai due Presidenti di Camera e Senato.
Accanto al sistema previsto del CIACE, ve ne è un altro, delineato dall'articolo 5, comma 7, che individua tavoli nazionali, nei quali le regioni parteciperebbero in maniera paritaria: da un lato le amministrazioni interessate; dall'altro, le regioni.
Se non in qualche raro caso, questo sistema non è ancora veramente decollato e certamente occorre svolgere ancora molto lavoro.
Da questo punto di vista, si pone un problema non semplice da risolvere, a mio parere, in quanto il sistema decisionale delle regioni è abbastanza complesso e, soprattutto nelle fasi finali delle varie negoziazioni, non consente loro di partecipare al ritmo molto veloce impresso dal negoziato a Bruxelles.
Come ho detto, tale questione è difficilmente risolvibile. Si può prevedere una partecipazione delle regioni laddove si affronta dall'inizio un determinato tema, quindi si costituisce una posizione nazionale in una fase precoce del negoziato, ma poi diventa difficile immaginare, dato il loro sistema decisionale, attraverso il coordinamento che le regioni hanno tra loro, la fase finale.

PRESIDENTE. Ministro, la ringrazio per l'illustrazione che ci ha fornito in merito al funzionamento del CIACE.
In primo luogo, vorremo sapere se, e in quale misura, il CIACE tiene conto degli atti di indirizzo adottati dalle Camere. Lei, ministro, ha richiamato le informazioni che il CIACE fornisce alle Camere, tuttavia ci è meno chiaro se la crescente attività in fase ascendente delle Camere sia tenuta in considerazione dal Governo.
Per quanto riguarda invece la questione sull'articolo 4, una delle maggiori novità della legge Stucchi è la riserva di esame parlamentare. Tuttavia, non risulta che il Governo abbia posto sistematicamente la riserva di esame sugli atti avviata dall'esame parlamentare.
Come si può risolvere questo problema? C'è forse qualche lacuna?
Il CIACE ha la possibilità di dare qualche indirizzo a questo Comitato per poter modificare l'articolato della legge Stucchi, per aggiornarla e individuare cambiamenti da apportare anche sotto l'aspetto legato al trattato di Lisbona quando sarà in vigore?

SANDRO GOZI. Signor presidente, voglio innanzitutto ringraziare il ministro Gaiani, perché, come al solito, è stato esaustivo, preciso e di grande utilità per i nostri lavori.
Ho una serie di punti da sottoporre alla vostra attenzione che riguardano sia il funzionamento del CIACE che i rapporti tra questo e le regioni e tra questo e le Camere.
Quanto al funzionamento del CIACE, al momento ritenete soddisfacente il vostro rapporto con la rappresentanza permanente? Ritenete che si possa rafforzare ulteriormente?
In particolare, una dipendenza funzionale della rappresentanza permanente dalla Presidenza del Consiglio in materia comunitaria potrebbe aiutare a rafforzare il ruolo di coordinamento del CIACE, oppure no?
Ministro, riterrebbe utile la creazione di una sorta di nuclei comunitari presso le varie amministrazioni?
Lei anche oggi ci ha ricordato che si pone una questione legata alle risorse per il CIACE. Per ovviare a tale problema, che sappiamo essere una costante, come vedrebbe la creazione, presso ogni Ministero, di nuclei comunitari, di funzionari che rimangono presso l'amministrazione, ma che sono preposti all'attività comunitaria?
Sempre da questo punto di vista, avevamo già parlato nella sua prima audizione della questione degli esperti nazionali distaccati. A questo tema aggiungo - perché ne ho parlato informalmente con il Ministro - la questione relativa ai vincitori dei concorsi.


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Credo che, se riuscissimo a compiere dei passi in avanti nell'utilizzo degli END (esperti nazionali distaccati), il primo beneficiario potrà esserne proprio il CIACE.
Occorrerebbe organizzare un sistema di flusso in uscita, e soprattutto in entrata, che passi dal CIACE. Dal momento che, come ho detto, avevamo già affrontato questo argomento, volevo sapere se avevate compiuto ulteriori progressi da questo punto di vista.
Lo stesso discorso vale per i vincitori di concorso. Vale a dire che si potrebbe pensare di offrire a coloro che hanno vinto un concorso comunitario un anno, un anno e mezzo di esperienza, sotto forma di tirocinio, presso il CIACE.
Rispetto ai rapporti con la Commissione europea, che ruolo svolgete sui libri bianchi e i libri verdi, su tutte le attività che la Commissione svolge a livello europeo?
Quanto all'informativa al Parlamento - già il presidente vi faceva riferimento - visto anche come abbiamo avanzato i nostri lavori, credo che sia ormai urgente che voi rivediate e ci forniate delle schede sulle priorità politiche e sui nodi negoziali per l'Italia, non su tutto. A noi interessano i nodi per il nostro Paese.
È importante inoltre verificare quale sia il feedback, ossia vedere in che modo si è tenuto conto degli orientamenti e tenersi costantemente aggiornati sui negoziati.
Da questo punto di vista, le sembrerebbe utile che la Commissione politiche dell'Unione europea della Camera, anche attraverso i Comitati, si organizzasse in maniera corrispondente alle attività del CIACE?
Voi avete creato dei gruppi di lavoro tematici. Le sembrerebbe utile, per facilitare questo dialogo regolare, che anche noi ci organizzassimo intorno a gruppi tematici, proprio per avere un'interlocuzione regolare anche quotidiana, senza necessariamente tenere un'audizione o avere dei contratti al più alto livello?
Vengo ora alla strategia di Lisbona. Siamo rimasti abbastanza sorpresi, anche perché il Ministro Ronchi sembrava aver assunto un'altra posizione, del fatto di non essere stati coinvolti nella revisione della strategia di Lisbona 2008-2011. Abbiamo quindi bisogno di capire perché le Camere non siano state coinvolte e se le regioni saranno coinvolte nell'elaborazione e nello sviluppo della strategia di Lisbona.
Infine, affronto l'ultimo punto rispetto alle regioni. Lei faceva riferimento a problemi di funzionamento amministrativo. Ritiene che sia necessario coordinare la legge n. 11 del 2005 e la legge La Loggia? Pensa che si ponga la necessità di un coordinamento legislativo, oppure no?

BENEDETTO FRANCESCO FUCCI. Mi associo ai ringraziamenti per la chiara ed esaustiva relazione del ministro.
Vorrei chiedere, in maniera abbastanza telegrafica per non andare oltre il tempo consentito, se esiste un gruppo di lavoro, all'interno del CIACE, sulla proposta relativa all'assistenza sanitaria transfrontaliera.
Inoltre, ribadendo quanto esposto dall'amico Gozi, vorrei sapere come è strutturata la cooperazione con le regioni e chi le rappresenta nelle riunioni del CIACE.

PRESIDENTE. Ministro, le pongo un'ulteriore domanda, prima di lasciarle la parola per la replica. È possibile che un rappresentante della XIV Commissione, magari un relatore su questioni specifiche, partecipi ai gruppi di lavoro del CIACE?

MASSIMO GAIANI, Coordinatore del Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (CIACE). Partirei dalle domande che mi ha rivolto il presidente.
Ovviamente, il CIACE nei suoi lavori tiene conto delle indicazioni pervenute dal Parlamento che, di norma, sono molto generali. È difficile applicare delle indicazioni molto generali a un negoziato spicciolo che deve poi concentrarsi su un singolo articolo, una singola direttiva che riguarda un dettaglio molto minuzioso della questione.
Quindi ovviamente, nella misura in cui parliamo di un'indicazione di carattere


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generale, è difficile cristallizzarla ed adattarla all'evoluzione negoziale. Del resto, a Bruxelles si parte da una proposta, poi c'è una discussione in Consiglio e la reazione del Parlamento europeo. Quindi, parliamo di un negoziato in grande evoluzione che, mentre è lento nella fase iniziale, subisce spesso una grande accelerazione in quella finale.
Credo che questa sia anche la spiegazione del perché non sia stata posta frequentemente la riserva parlamentare. All'inizio della discussione in sede europea questa non è neanche necessaria, nel senso che, dopo che una proposta viene presentata, passa parecchio tempo prima che la discussione entri nel vivo. Quindi, trascorre molto più tempo rispetto al termine massimo che è stato posto dalla legge per la riserva parlamentare.
Credo che sia questo il succo della scarsa applicazione dell'istituto della riserva parlamentare.
Per quanto riguarda l'ultima domanda posta dal presidente, dico che sarebbe per noi un onore poter ospitare un rappresentante del Parlamento. Tra l'altro, il modo di operare dei gruppi di lavoro è abbastanza elastico. Spesso si entra nel dettaglio, in modo molto specifico, di questioni tecniche, in cui anche il rappresentante abituale di quella determinata amministrazione deve essere assistito da tecnici, a volte numerosi, perché ognuno di loro conosce una piccola parte della materia in esame.
L'onorevole Gozi, che viene da questa esperienza, sa quanto, talvolta, si entri nel minimo dettaglio di una determinata questione.
Ad ogni modo, non si pone alcun tipo di problema. Saremo ben lieti di ospitare un membro della Commissione durante i nostri lavori.
Quanto alle domande dell'onorevole Gozi, dire che il rapporto con la rappresentanza permanente è stato eccellente è dire poco. Infatti, è la rappresentanza permanente che ha capito di aver bisogno del CIACE. Del resto, è il livello dei rappresentanti permanenti che costituisce il collo di bottiglia in cui si vanno ad infilare tutte le questioni dopo essere state discusse nei gruppi di lavoro. All'interno di questi ultimi infatti è prevista una partecipazione diretta delle singole amministrazioni. Tuttavia, quando i problemi arrivano al comitato dei rappresentanti permanenti, si pone l'assoluto bisogno di avere un back up a Roma e di non trovarsi nella discussione ogni mercoledì, o oramai ogni mercoledì e venerdì, con una serie di indicazioni che arrivano dalle varie amministrazioni, che chiedono che vengano filtrate da un organismo romano che dia loro una sola indicazione e non più indicazioni che talvolta possono anche essere contrastanti tra loro.
Il rapporto è stato perfetto. Non vedo nessun tipo di problema. Si potrebbe immaginare anche una diversa collocazione della rappresentanza permanente, ma dal punto di vista del funzionamento del coordinamento, non credo che questo crei nessun tipo di problema.
Tra l'altro, la rappresentanza permanente è un ufficio che raccoglie funzionari di tutte le amministrazioni, ivi comprese quelle regionali, quindi opera già come il CIACE, attraverso il contributo attivo di tutte le forze esistenti a livello nazionale.
Venendo alla questione degli END, è certamente utile quanto è stato detto in precedenza. Allo stesso modo, è opportuno individuare e creare presso ogni amministrazione un piccolo nucleo che rappresenti un ufficio, o una direzione generale, che segue le questioni comunitarie.
Direi che le grosse amministrazioni sono già organizzate e strutturate in questo modo.
I rappresentanti all'interno del comitato permanente costituiscono una sorta di primo passo verso la costituzione di questi nuclei. Credo che, con il progredire del tempo, tale questione potrà essere considerata necessaria e indispensabile.
Pertanto, è certamente utile avere presso ogni amministrazione un referente - chiamiamolo così - per le questioni comunitarie.
Il problema può sorgere, perché, soprattutto in alcune grosse amministrazioni, ci sono più referenti; mentre in


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quelle piccole, paradossalmente, la situazione è diventata di più semplice gestione.
Gli esperti nazionali distaccati sarebbero certamente una grossa risorsa. Noi avevamo immaginato, anche grazie alle indicazioni fornite dal Parlamento, di prevedere prioritariamente, al loro ritorno dal periodo di quattro anni presso le istituzioni comunitarie, un rientro presso l'ufficio di segreteria del CIACE. In realtà, proprio per l'esiguità delle risorse, per il fatto che non ci sono soldi da nessuna parte e che anche il collocamento fuori ruolo presso la Presidenza del Consiglio costa - già questo limita la portata di questa norma -, credo che tale soluzione possa servire, almeno così è stato per me, per aiutare chi rientra da un periodo di quattro anni a non essere collocato in una posizione marginale e non attinente al lavoro che ha svolto, facendo balenare la possibilità che venga a lavorare all'ufficio di segreteria del CIACE.
Indirettamente, in maniera molto pragmatica, abbiamo utilizzato un piccolo strumento messoci a disposizione dalla legge che, devo dire, ha facilitato una migliore collocazione di questi funzionari, i quali devono costituire un embrione di personale specializzato, con una conoscenza diretta e approfondita delle tematiche comunitarie, senza le quali le amministrazioni non possono sopravvivere.
È necessario l'apporto di persone altamente specializzate in queste tematiche. In proposito, devo dire che è molto difficile trovarne in Italia. Non è comune trovare persone con una specifica competenza in queste materie.
Sui vincitori di concorso, devo dire che abbiamo fatto una scoperta abbastanza stupefacente, nel senso che siamo finalmente riusciti - tramite un meccanismo indiretto, ossia una lettera inviata dall'ufficio di reclutamento della Commissione europea a tutti i vincitori di concorsi italiani - a far sapere che il Governo italiano, nella fattispecie il Dipartimento per le politiche comunitarie, voleva avviare delle iniziative a favore dei vincitori di concorso.
Tra l'altro, abbiamo organizzato un apposito seminario a Bruxelles e abbiamo scoperto che si tratta di persone di età abbastanza avanzata, in media tra i 35 e i 45 anni, che lavorano già tutti e che quindi è molto difficile poterli interessare ad un periodo di stage.
Peraltro, eravamo riusciti ad ottenere da Confindustria e da alcune regioni, degli stage retribuiti a Bruxelles, ma l'offerta è stata rifiutata dal momento che queste persone avevano già un lavoro. Ci hanno invece chiesto di aiutarle ad entrare all'interno della Commissione; cosa che stiamo facendo, ma che non è certamente semplice.
Una domanda alla quale non posso rispondere è quella relativa ai suggerimenti da dare per apportare delle modifiche legislative. Mi permetterò di presentare delle proposte al Ministro. Spetterà poi a lui formulare suggerimenti di questo genere.
Quanto a Lisbona, non è stato effettuato un intervento specifico su questo argomento. Tuttavia, alcune delle audizioni che il Ministro ha svolto hanno riguardato proprio Lisbona ed è stata fornita al Parlamento un'indicazione specifica sulla strada che il Governo intendeva percorrere nell'elaborazione del piano.
Il Parlamento è stato quindi informato dal Ministro in più occasioni. Le regioni hanno contribuito alla preparazione del piano e vi è una parte del programma nazionale che è proprio frutto dei contributi forniti dalle regioni stesse.
Il coordinamento fra la legge La Loggia e la legge n. 11 è certamente auspicabile. Una parte della normativa non è ancora stata realizzata, quella relativa alla partecipazione concreta delle regioni ai gruppi di lavoro. Le regioni hanno preso parte a qualche seduta di Consiglio, ma è tutto bloccato, perché devono ancora decidere quali impostazioni intendono dare.
Credo che sia una componente importante. Una volta che questo sistema entrerà in funzione, si renderà ancora più necessario il coordinamento.


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Ho spesso esortato gli amici delle regioni a cercare di risolvere questo problema, a definire una loro posizione. Mi sono anche permesso di suggerire che questa debba essere pragmatica e non massimalista. Cominciare da pochi elementi concreti, a cui dare un contributo fattuale, renderebbe più costruttiva la collaborazione tra le due entità.

PRESIDENTE. Nel ringraziare il ministro Gaiani per la disponibilità manifestata e la chiarezza del suo intervento, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10.

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