Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Strumento di esplorazione della sezione Lavori Digitando almeno un carattere nel campo si ottengono uno o più risultati con relativo collegamento, il tempo di risposta dipende dal numero dei risultati trovati e dal processore e navigatore in uso.

salta l'esplora

Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

Torna all'elenco delle indagini Torna all'elenco delle sedute
Commissioni Riunite (Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e V Camera)
AUDIZIONE
10.
INDAGINE CONOSCITIVA
1.
Lunedì 28 marzo 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Causi Marco, Presidente ... 3

Audizione di rappresentanti della Svimez, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive e interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali (Atto n. 328) (ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati):

Causi Marco, Presidente ... 3 6 8
La Loggia Enrico, Presidente ... 12 13
Baldassarri Mario (Misto-FLI) ... 10 12
Giannola Adriano, Presidente della Svimez ... 3 7 10 12
Nannicini Rolando (PD) ... 7
Pica Federico, Consigliere della Svimez ... 9

Audizione di rappresentanti della Banca d'Italia, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive e interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali (Atto n. 328) (ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati):

La Loggia Enrico, Presidente ... 13 17 19 20
Baldassarri Mario (Misto-FLI) ... 17
D'Ubaldo Lucio Alessio (PD) ... 17
Franco Daniele, Capo del Servizio studi di struttura economica e finanziaria della Banca d'Italia ... 13 19
Nannicini Rolando (PD) ... 18

ALLEGATI:
Allegato 1: Documentazione consegnata dai rappresentanti della Svimez ... 22
Allegato 2: Documentazione consegnata dai rappresentanti della Banca d'Italia ... 43

[Indietro] [Avanti]

Seduta del 28/3/2011


Pag. 3


...
Audizione di rappresentanti della Svimez, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive e interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali (Atto n. 328).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati, l'audizione di rappresentanti della Svimez, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive e interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali (Atto n. 328).
Nel ringraziarlo per la sua presenza e per i materiali che ha già consegnato alla Commissione, do la parola al professor Adriano Giannola, presidente della Svimez.

ADRIANO GIANNOLA, Presidente della Svimez. Cercherò di illustrare molto rapidamente alcune considerazioni contenute nel testo presentato e, quindi, sarò molto sommario e sintetico.
Il decreto attuativo in esame ha una rilevanza particolare proprio perché si riferisce all'attuazione del quinto comma dell'articolo 119 e dal punto di vista di chi si interessa dei temi della coesione e del dualismo rappresenta un punto cruciale.
Ci sembra che il decreto, che si concentra esclusivamente sugli aspetti di coesione e di convergenza, assolva alla delega conferita dalla legge n. 42 e che i problemi ai quali fare riferimento siano problemi di governance delle ipotesi che compaiono nel decreto stesso. Sono problemi significativi, a mio avviso, sui quali va svolta una riflessione.
Contemporaneamente noi rileviamo, almeno nella prima parte del testo, un richiamo a come questa innovazione legislativa proceda di pari passo con la formulazione del Piano per il Sud. Ciò va visto anche in coordinamento a quanto previsto da questo piano e in coerenza con ciò che ne emerge, anche e soprattutto in relazione agli aspetti di governance e di organizzazione della materia.
Una valutazione non può non essere ricordata rispetto alla premessa, con riferimento agli interventi riconducibili a quelli che nel quinto comma dell'articolo 119 vengono considerati rivolti alla coesione e ad affrontare i problemi dell'emergenza sociale.
Da questo punto di vista noi sappiamo che alcuni intenti che anche a livello governativo sono stati richiamati per anni nel passato rispetto al totale delle spese in conto capitale, sia ordinarie, sia straordinarie, da destinare all'attuazione dei princìpi


Pag. 4

di coesione sono stati costantemente disattesi. Basta ricordare la spesa in conto capitale, ma anche la stessa spesa corrente. Si tratta di un tema molto rilevante.
Ci appare anche considerevolmente rilevante il fatto che, rispetto a una prima stesura, nel decreto siano completamente scomparsi alcuni princìpi e indicazioni che tentavano di formulare una dimensione quantitativa delle risorse rispetto al PIL da dedicare a questa forma di intervento. Si tratta di un aspetto su cui occorrerebbe riflettere se valga la pena di attuare un ripristino oppure no.
Mi atterrò ad alcuni punti che, secondo noi, sono particolarmente rilevanti e che fanno riferimento soprattutto al problema della relazione tra risorse del Fondo di coesione, quello che prima era il Fondo per le aree sottoutilizzate, quindi risorse nazionali, e risorse collegate invece al cofinanziamento e ai fondi strutturali in cofinanziamento, che sono prevalentemente di gestione a livello regionale, e a quello del coordinamento tra queste fonti di alimentazione dello sviluppo e possibilmente di riequilibrio territoriale.
Apparentemente il quinto comma dell'articolo 119 tende a riferirsi prevalentemente o esclusivamente alle risorse aggiuntive e nazionali. Inevitabilmente - il decreto da questo punto di vista mette in evidenza il tema e tenta di darvi una risposta - il problema della programmazione di un intervento teso al riequilibrio e alla coesione non può rigidamente distinguere fra una fonte e altre fonti gestite soprattutto a livello regionale e che dovrebbero avere lo stesso obiettivo.
Si rende, quindi, necessario un problema di coordinamento tra queste possibili fonti di intervento ed emerge tema del ruolo che gli attori titolari di queste fonti, ossia regioni, enti locali e Governo, debbono mettere in atto, in modo da avere un'efficace programmazione delle risorse e una più efficiente utilizzazione rispetto all'esperienza passata.
Dell'esperienza passata, come sappiamo, si è sempre lamentata la frammentarietà, la non razionalità nella gestione complessiva delle risorse, ritenute più o meno ingenti. Su questo punto potremmo avere molto da osservare: in realtà, le risorse sono state non particolarmente ingenti, con riferimento sia a quelle ordinarie, sia a quelle straordinarie. In ogni caso, un problema di coordinamento tra gli enti e gli attori destinatari di questa missione di coesione e sviluppo si rende particolarmente evidente.
In merito ci sono diversi aspetti che riteniamo valga la pena di considerare. Innanzitutto - il decreto da questo punto di vista è piuttosto convincente - esiste una chiara distinzione e riaffermazione del criterio dell'aggiuntività rispetto a un criterio di risorse ordinarie, che dovrebbero essere, nel caso dei vecchi obiettivi esplicitati dal DPS, il 45 per cento in conto capitale e presumibilmente una determinata quota di spesa corrente in funzione della popolazione.
Come sappiamo, entrambe tali quote, che avevano a che vedere non con le risorse aggiuntive, ma con quelle ordinarie, sono state ampiamente disattese, per un 6 per cento almeno quelle di spesa corrente, per un 15-20 per cento quelle in conto capitale. La situazione continua tuttora e il 2009 replica ancora tale insufficienza.
Una volta definite le risorse ordinarie, occorre individuare con chiarezza quelle aggiuntive per interventi di coesione e di riequilibrio. È un tema rilevante, che nel decreto viene in parte affrontato, nel senso che si riafferma l'aggiuntività. Ovviamente occorre identificare le risorse e il richiamo al dato quantitativo scomparso è particolarmente rilevante da questo punto di vista.
Definito questo aspetto, un'implicazione di tale esigenza è che le risorse debbano essere definite in modo tale da consentire, con tutte le forme, le compartecipazioni, le risorse proprie o il fondo di perequazione, il finanziamento complessivo delle funzioni attribuite agli enti territoriali, in modo che l'aggiuntività sia un elemento chiaro e preciso. Su questo punto credo che un richiamo sia necessario.


Pag. 5


Per quanto riguarda la governance della gestione delle iniziative ai fini del riequilibrio e della convergenza, il tema che ci è sembrato molto rilevante o da considerare e da argomentare è il rapporto tra Governo, regioni ed enti territoriali, soprattutto tra Governo e regioni.
Anche alla luce di ciò che emerge nell'identificazione e nell'ipotesi di governance del Piano per il Sud e che si ritrova in questo decreto, vi è chiaramente un richiamo a un concetto di sussidiarietà a due direzioni. È vero che le risorse esclusive delle regioni vanno comunque inquadrate, comprese, quindi, quelle di pertinenza dei fondi strutturali, che comportano anche il cofinanziamento da parte nazionale. Esse vanno inquadrate all'interno di un progetto complessivo, ragion per cui si avverte un'esigenza di coordinamento. Tale coordinamento al momento, anche da parte del decreto, sembra affidato a un compito del ministro delegato e, quindi, del Governo, che opera questo tipo di coordinamento in forma biunivoca.
Noi abbiamo definito tale coordinamento «stellare», in un rapporto tra Governo e singole regioni, nell'intento di ricostruire un percorso logico e coordinato di programmazione. Nel caso del programma per il Mezzogiorno si tratta di riprogrammare in tempi molto brevi le risorse esistenti, ossia censirle, riprogrammarle e trovare una strategia complessiva.
L'impostazione che il decreto prevede è, a nostro avviso, limitante. Temo, infatti, che possa replicare gli esiti insoddisfacenti della nuova programmazione sperimentata negli anni passati, quindi non superare la mancanza di coordinamento e la situazione di dispersione e di non strategicità degli interventi nella frantumazione del rapporto programmatorio tra centro e singole regioni.
La nostra impressione è che esista un'esigenza e che ci dovrebbero essere un luogo e soprattutto una capacità forte per l'attuazione di questa parte dell'articolo 119 nel coordinare l'azione di programmazione dell'insieme delle regioni meridionali - si tratta della programmazione di uno sviluppo, quindi di orientare le grandi linee di intervento sulle risorse aggiuntive straordinarie, sia gestite dalle regioni, perché sono di competenza delle regioni, sia direttamente dal centro - in un quadro strategico che non può essere di carattere stellare, come l'abbiamo definito, cioè costituito di tanti rapporti in cui il Governo è il mozzo di una ruota e poi ci sono i raggi che portano alle diverse periferie.
Il problema non è ragionare di coesione sulle periferie, ma di coesione di un pezzo del sistema del Paese che non può essere visto in modo frammentato. Da questo punto di vista ci rendiamo conto che occorre proporre un organismo che funga da raccordo. Noi avevamo spesso ipotizzato, in via molto informale, una conferenza o un consiglio delle regioni meridionali che si confrontasse con il Governo. Anche in questa riprogrammazione del Piano per il Sud, il comportamento è quello del rapporto biunivoco e, in questo senso, asimmetrico tra un centro e una periferia, in cui ogni periferia viene consultata in modo singolo e non in connessione con tutto il resto.
Per i grandi elementi strategici questo sistema, a nostro avviso, è totalmente inefficiente e potrà essere anche inefficace, quali che siano le buone volontà del centro e della periferia. L'esigenza è, quindi, di costruire una strategia condivisa come sistema delle regioni del Mezzogiorno.
L'ipotesi di una costruzione di un'identità tra aree del Mezzogiorno nel suo complesso, che si rapportano con una strategia di coesione e di sviluppo per grandi assi, è, a nostro avviso, per alcuni versi già prevista nello stesso Titolo V. Nell'articolo 117, penultimo comma, si prevede, infatti, con chiarezza che le regioni, con legge regionale, possono prevedere di gestire in comune alcune esigenze e prevedere anche organismi ai quali delegare proprio questo tipo di esigenze. L'organizzazione che potrebbe essere più efficiente da perseguire è quella che, in una prospettiva che noi chiamiamo evolutiva, nel senso che gli interessi che emergono poi convincano nei fatti che si tratta


Pag. 6

di una soluzione molto più efficiente e razionale, dovrebbe in astratto vedere un organismo delle regioni del Mezzogiorno che si confronta e si integra con la programmazione e con la riprogrammazione - è un fatto anche piuttosto di urgenza - che il Governo e il ministro delegato avranno il compito di effettuare sulle risorse disponibili.
Si tratta di un argomento molto delicato, anche perché rispetto alle urgenze attuali questa evoluzione spontanea, cioè l'applicazione dell'articolo 117 in questa direzione, chiaramente non è questione né di domani, né di dopodomani, anche perché le regioni, se avessero voluto, avrebbero già potuto adottare tale forma di interlocuzione con il centro.
Forse possono esistere metodi o modalità più intermedie per assolvere a tale esigenza, che però, a nostro avviso, è strategica e molto importante, se si vuole dare un'attuazione efficace al quinto comma dell'articolo 119.
Un'altra questione - anche su questo tema procedo in estrema sintesi - che rischia, in questo caso operativamente, di rendere inefficace qualsiasi forma di collaborazione reale fra le istituzioni è il potenziale di supporto che il centro e le periferie o l'organizzazione della periferia nel sistema possono avere per riprogrammare, riprogettare o progettare veramente. Manca, e noi sappiamo che in questi ultimi anni è stata totalmente depotenziata, la capacità di sostegno tecnico al centro e alle periferie di qualsiasi eventuale disegno di politiche di sviluppo e di coesione.
Un'altra urgenza che ci sembra necessario segnalare rispetto all'attuazione del comma 5 dell'articolo 119 è quella di affiancare alla forma, evoluta o non evoluta che sia, di rapporto nel definire il processo programmatorio o di riprogrammazione, uno strumento che noi chiamiamo Agenzia tecnica o di sostegno e di supporto che effettivamente possa essere di servizio a entrambe le parti o alle tante parti coinvolte in questo compito di riprogrammare e di rilanciare un'ipotesi di strategia di sviluppo, di convergenza e di coesione.
Mentre si apprezza la non solo formale, ma anche sostanziale riaffermazione di princìpi e di applicazioni che vengono dalla legge delega, cioè l'addizionalità, la specialità degli interventi, la concentrazione proprio sugli interventi che servono, delegando ad altri decreti attuativi ulteriori elementi di intervento relativi al problema prioritario della coesione, la parte secondo noi debole o indeterminata, rispetto alla quale diamo una valutazione di quella che dovrebbe essere la più efficace forma di determinazione, cioè il modello stellare di relazioni tra Governo e questa sussidiarietà molto particolare che il contratto istituzionale tende a determinare, è rappresentata, invece, dall'opportunità che ci sia un organismo, che noi già rivediamo nell'articolo 117 del Titolo V come potenzialmente e spontaneamente emergente dall'eventuale volontà delle regioni, ma che, dati i tempi e le urgenze, potrebbe essere opportuno, in forme meno cogenti e meno istituzionalmente definite, chiamare a raccolta, in modo che la programmata riprogrammazione o la programmazione futura possa avere veramente un respiro strategico, come non l'ha avuto negli anni passati.
L'ultimo elemento è il supporto tecnico, operativo e di valutazione, che non entra nel merito della programmazione, ma del supporto alle decisioni e alle realizzazioni, di cui riteniamo, oggi come oggi, che siano sguarniti tanto il centro, quanto le singole periferie. Si tratta di un altro elemento da sottoporre eventualmente anche a integrazione di ciò che il decreto attuativo propone come modello.
Il testo è molto più articolato, ma ho cercato di esporre alcuni punti cruciali che ci sembrano più significativi.

PRESIDENTE. Ringrazio molto il professor Giannola per il suo intervento e per i materiali depositati. Comunico che insieme al professor Giannola sono presenti per conto della Svimez il professor Pica, il dottor Padovani e il dottor Bianchi.


Pag. 7


Non so se un altro componente della delegazione della Svimez intenda aggiungere alcune considerazioni in questa fase iniziale. Il professor Pica si riserva di intervenire, se ci saranno domande.
Do la parola ai colleghi che intendano prendere la parola per porre quesiti o formulare osservazioni.

ROLANDO NANNICINI. Professore, condivido pienamente la sua relazione. Una volta, in una discussione parlamentare, qualcuno affermò di rimpiangere la Cassa per il Mezzogiorno, sbagliando a mio avviso, perché non è quella la soluzione. La soluzione è data dalla Costituzione, dal rapporto tra gli articoli 117 e 119, che lei ha ricordato con puntualità.
In merito alla governance di cui al decreto in oggetto, al di là dei finanziamenti aggiuntivi che lei ha citato, occorre stimolare le regioni a determinare quello che può essere il concetto di «area vasta regionale» che non deve essere considerato relativamente alle regioni del Sud.
Occorre sforzarsi di pensare che queste risorse aggiuntive, sono di coesione ed hanno una dimensione che forse la singola regione - Basilicata, Molise, Puglia o Umbria - individualmente non riesce a gestire, sopratutto nel rapporto con il CIPE, che spesso risulta perverso, perché spezzetta il quadro, anziché fornirne una visione completa. Non vorrei chiederle una analisi sulla destinazione e gestione dei fondi, ma noto che si appare ben poca cosa rispetto all'impianto generale.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE PER L'ATTUAZIONE DEL FEDERALISMO FISCALE ENRICO LA LOGGIA

ROLANDO NANNICINI. Condivido appieno la sua relazione, ma sarebbe opportuno che qualcuno ci desse un altro stimolo di riflessione sull'aspetto della governance, nel rispetto degli articoli 117 e 119 della Costituzione, al fine di esortare le regioni a provare anche a coordinare tra coloro i soggetti che seguono la programmazione in ogni singola regione, magari attraverso la creazione di un Comitato tecnico che le rafforzi, di un'Assemblea dei presidenti delle Giunte regionali che li coinvolga e che li stimoli in una determinata fase.
Credo che questo sia un elemento necessario a superare certe criticità. Il mio intervento può sembrare banale, ma penso che, più si rende banale, più si possono raggiungere gli obiettivi che servono in termini generali.
Nel condividere il vostro sforzo propositivo, ritengo che abbiamo capito il concetto e spero che riusciamo a trovare risposte sufficienti anche agli stimoli e a tutte le occasioni in cui ci avete sollecitato su questi aspetti. Le cifre ci indicano che dobbiamo agire e, quindi, sulla governance dobbiamo puntare un'attenzione particolare. Grazie di nuovo, professore, anche dei vostri contributi.

ADRIANO GIANNOLA, Presidente della Svimez. Grazie a lei. Credo che questo sia uno dei temi cruciali su cui noi da sempre ci concentriamo, ma non per ricostruire il Mezzogiorno come un'entità. Lei sostiene giustamente che il problema del coordinamento non è solo un problema di queste regioni, ma particolarmente di queste, nella misura in cui esse sono le destinatarie di un'ipotesi che forse è anche l'ultima di questa vicenda.
A pagina 19 del documento da noi depositato, proponiamo proprio questo aspetto, rendendoci conto che non si può imporre alle regioni una questione che loro potrebbero attuare utilizzando, per esempio, l'articolo 117 della Costituzione, il quale prevede esattamente un'evoluzione in questo senso.
In forma più soft noi parliamo di un Comitato e di un Consiglio per lo sviluppo e la coesione che coinvolga i diversi attori. Ripeto, però, che questo aspetto diventerebbe tanto più realizzabile, quanto più fosse realizzabile e presente il discorso che citavo prima del supporto alla decisione e all'analisi, che oggi manca completamente, sia al centro, sia alla periferia. Le periferie hanno anche ottime strutture di analisi,


Pag. 8

ma che non considerano la macroregione, mentre il centro, che in teoria dovrebbe essere di riferimento, ha smantellato o perlomeno ha molto depotenziato la sua struttura di supporto.
Quando oggi il ministro delegato ci riferisce che riprogramma, lo fa senza avere alle spalle una struttura che consenta di svolgere una riprogrammazione strategica. Chiaramente il ministro riprogramma sulla base di progetti esistenti. L'aspetto di supporto, che sembra banale, diventa, quindi, un aspetto strategico.
In questo senso sono d'accordo con lei, ma per spingere le regioni in una direzione - come lei sostiene, non le si può costringere - si può prevedere un consiglio o un organismo, che non deve essere un'istituzionalizzazione di un rapporto tra regioni, come avverrebbe con l'articolo 117 se si decidesse di costruire un ente che si occupasse di queste questioni, ma un elemento di supporto tecnico, conoscitivo e di stimolo. Ciò potrebbe essere in questo momento particolarmente importante. Si tratta di un ingrediente senza il quale è difficile mettere in moto l'interesse che tutte le regioni sostengono di avere. Non so se vi ricordate, ma anni fa ci furono alcuni primi tentativi, però poi nei fatti non si è mai proceduto.

MARCO CAUSI. Volevo chiedere alla Svimez qual è la sua posizione sul rapporto fra lo schema di decreto legislativo e il decreto interministeriale sulla perequazione infrastrutturale ex articolo 22 della legge delega.
Visto che nella legge delega si capisce che la ricognizione preliminare agli interventi di perequazione infrastrutturale presenta alcuni elementi preliminari e prioritari, una delle domande che cominciamo a porci in queste prime ore di lavoro riguarda il legame che si può instaurare fra la ricognizione ai fini della perequazione infrastrutturale e la promozione di interventi speciali. Vorrei sapere se da questo punto di vista potrebbe essere sensato, per esempio, assumere alcuni elementi di tale ricognizione anche all'interno del decreto degli interventi speciali.
La seconda domanda che volevo porle, presidente, attiene alla questione della governance. Credo che tutti noi comprendiamo essere quello il vero tema su cui, se possibile, si può produrre un'innovazione in questa fase. Si pone certamente anche un tema di quantificazione delle risorse e di riserve. Abbiamo perfettamente capito qual è il punto di vista della Svimez e credo, peraltro, che anche altri soggetti che verranno auditi riporteranno tali temi.
Accanto a questo aspetto, però, tutti guardiamo con grande attenzione alle difficoltà di governance che si sono verificate - chiedo se voi mi potete aiutare a confermare questo punto - anche negli organismi centrali e non soltanto in quelli regionali. Risulta infatti dai dati che gli organismi centrali investiti di risorse aggiuntive per specifici programmi nell'ambito delle politiche di sviluppo e di coesione abbiano avuto la stessa bassa efficienza, perlomeno nell'erogazione della spesa - non so se lo stesso si possa affermare per l'efficacia del risultato e se sia presto ancora per farlo - delle amministrazioni regionali.
Mi domando, quindi, se non si ponga un problema di aiutare solo le regioni, ma anche lo Stato, o perlomeno se l'idea che le regioni del Sud debbano essere aiutate e che possa essere questo Stato ad aiutarle, non vada forse superata dall'idea che occorre uno strumento che aiuti entrambi a entrare nella governance per interventi tanto complessi.
Ragioniamoci un attimo, ma in merito vorrei capire meglio la proposta che la Svimez avanza in termini di un'ipotesi di agenzia. Se si tratta di un'agenzia - il mio è un dubbio - che si limita ad effettuare la fase preliminare di valutazione, in realtà sostanzialmente svolge i compiti che oggi attengono al DPS, e pertanto non ha senso creare un tale modello alternativo. Se arriviamo alla conclusione che il DPS non è riuscito esercitare i suoi compiti fin dal 1998, compiti di coordinamento di tutti, comprese le altre amministrazioni statali, un'alternativa non può essere quella di creare un upgrading del DPS, inserendo, per esempio, il DPS in una


Pag. 9

collocazione governativa più forte e non dentro il Ministero dello sviluppo economico? Una volta il DPS rientrava nel Ministero dell'economia e delle finanze. Forse un DPS che ritorni all'interno di tale ministero può esercitare più facilmente i suoi poteri di coordinamento, perché il Ministro dell'economia e delle finanze è più primus inter pares di altri ministri o ci possono essere anche altri modelli, restando in uno schema di dipartimento governativo? Non è il caso, prima di esaminare ipotesi di esternalizzazione di tali funzioni, esaminare ipotesi di rafforzamento dello schema governativo già esistente?

FEDERICO PICA, Consigliere della Svimez. Proverò a rispondere, ma poi naturalmente il presidente si esprimerà meglio e più estesamente.
Il problema è molto semplice, a mio avviso. Noi abbiamo un sistema che si compone di tre pezzi: il Piano per il Sud, lo schema di decreto che state discutendo e la legge n. 42. In realtà, il problema della governance è sia nel decreto, sia nel Piano per il Sud, sia nella legge n. 42.
Mettere insieme questi tre pezzi come un patchwork diventa difficile, perché, per esempio, nella legge n. 42 è prevista la Conferenza permanente. La Conferenza permanente sul funzionamento della macchina avrebbe la funzione di monitorare i comportamenti effettivi di spesa, raffrontarli con gli obiettivi a monte e poi specificamente monitorare gli interventi ex articolo 16.
La domanda è la seguente: questa Conferenza permanente esiste, esisterà e, quando esisterà, che struttura tecnica avrà? In realtà, noi abbiamo messo insieme tanti pezzi, con una scommessa molto pesante per il sistema Italia nel suo complesso. Il fatto che si sposino fra di loro è una totale scommessa.
Tutto ciò riguarda, in particolare, la prima domanda che è stata posta, ossia la questione di come far stare insieme la perequazione infrastrutturale e gli interventi ex articolo 16. Noi abbiamo sempre pensato che la questione fosse unitariamente definita. L'articolo 16 non riguarda soltanto il Mezzogiorno, ma tutte le ipotesi nelle quali vi è un'esigenza di intervento al fine di orientare meglio lo sviluppo. Per di più, tale orientamento è rafforzato dal Piano per il Sud, che riguarda la maggior parte degli interventi. La coerenza andrebbe trovata proprio in tale Piano.
Anche questo altro oggetto, che si trova in mezzo a interventi ordinari e interventi ex articolo 16 - e la cui collocazione andrà definita - è un problema di non agevole soluzione. La Svimez a suo tempo aveva quasi proposto che non si facesse nulla dell'articolo 22.
Allo stato attuale svolgiamo il monitoraggio. La verifica dei divari infrastrutturali richiede un monitoraggio. Svolgiamolo, mi pare assolutamente essenziale. Io dispongo dei dati dei comuni, per esempio, e sono impressionanti: il divario per la spesa in conto capitale sul territorio è impressionante ed è un divario che si accumula negli ambienti. Come affermava giustamente il presidente Giannola, bisogna vedere come si colloca questo tema rispetto all'ordinario e che senso ha l'aggiuntività, che è prevista dalla Costituzione. Si definisce correttamente un importo e poi si somma, ma, se non si è definito correttamente l'importo base, tutta l'operazione di somma non funziona.
Personalmente continuo a sostenere che siamo nella dimensione della scommessa e che la speranza è che in questo periodo di tempo in cui la vicenda progredisce sulle questioni fondamentali si risolvano alcune questioni aperte. Restano aperte, infatti, la questione della perequazione e, a mio avviso, anche quella della flessibilità fiscale. Il differenziale pro capite dell'importo dei tributi tra Centro-Nord e Mezzogiorno è del 3 per cento. Nel lungo periodo si è verificato, quindi, che alla fine le imposte pagate dal Mezzogiorno sono cresciute tanto per i comuni che il differenziale è stato azzerato. Paghiamo più imposte con aliquote più elevate, ragion per cui bisognerà eseguire poi i conti in termini di aggiuntività.


Pag. 10

ADRIANO GIANNOLA, Presidente della Svimez. Credo che questo punto ponga un problema molto complesso e complicato, su cui si discute tanto, tra il reale e il virtuale. La perequazione infrastrutturale, come previsto nella bozza del decreto interministeriale sul tema, prevede di definire quale sia lo standard. Fino a raggiungere tale standard, non c'è nulla di addizionale. È ordinario, in teoria. L'addizionale è quando dobbiamo recuperare molto o accelerare lo sviluppo per la coesione. Si tratta di un problema molto complesso e credo che comunque queste due questioni vadano raccordate strettamente, perché il contenuto di questi interventi ulteriori è legato in gran parte a tali aspetti.
Su quella che noi abbiamo chiamato l'agenzia o l'upgrading del DPS il problema è molto rilevante. Non si tratta solo e soltanto dell'operato del DPS, che aveva un compito quasi didascalico di trasferire alla periferia un modo, un controllo, uno stimolo e un metodo di lavoro, oltre che di programmazione. Il problema è anche di progettazione e di sostegno, è veramente un elemento in più, di cui il centro è totalmente sguarnito. Le periferie forse lo sono meno relativamente rispetto al centro, ma sono totalmente scoordinate tra di loro.
In questo senso occorre una forte agenzia tecnica, non una Cassa del Mezzogiorno, che aveva le risorse e le utilizzava - quella era la differenza - ma un'agenzia tecnica di supporto dalla progettazione e al controllo dell'esecuzione agli attori che sono in campo. È una realtà diversa e, mi rendo conto, molto complicata da pensare, ma comunque molto differente dal concetto del DPS. È un organismo che deve intervenire, attuare e programmare sulla base di una strategia.
Rientra in tale ambito il discorso del Consiglio delle regioni meridionali e dell'applicazione dell'articolo 117. È necessaria una volontà politica che faccia ricompattare attorno a una strategia pezzi del territorio che stanno andando per i fatti propri. Se ognuno va per i fatti propri l'esperienza della nuova programmazione, che cadeva poi nell'eccesso opposto, il localismo per il localismo ci mostra che si compie poca strada, nonostante l'atteggiamento didascalico di supporto, che poteva essere più efficiente e molto più strutturato di quello che è oggi il DPS, che rientrava nel Ministero dell'economia e delle finanze e che aveva tutte le caratteristiche citate. Tenete conto che è un tema molto complesso.

MARIO BALDASSARRI. Colgo l'occasione per chiedervi una valutazione che emergeva anche nell'ultimo intervento. Cerchiamo di capire di che cosa stiamo parlando e che cosa stiamo facendo.
In relazione a ciò di cui stiamo parlando occorre mettere insieme numeri, dati e provvedimenti. I provvedimenti sono il Piano per il Sud, il decreto che stiamo analizzando adesso e quello sul federalismo municipale, nonché quello sul federalismo regionale, altrimenti non abbiamo il quadro completo. Inoltre, si aggiunge il ruolo della Conferenza permanente prevista dalla legge n. 42.
Avendo avuto la circostanza fortunata di essere viceministro dell'economia dal 2001 al 2006 e segretario del CIPE e, quindi, di aver visto, con tutti i limiti, la concretezza e l'operatività del Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica, per cinque anni francamente credo di aver toccato con mano un po' di nodi veri su questo problema.
Le vostre prime due pagine andrebbero trasformate in un manifesto di informazione, non politico: con fatica introducemmo numeri e riserve pensando di porre alcuni paletti, e ciò venne fatto, peraltro, in un momento di transizione tra centrosinistra e centrodestra, che però su questo tema aveva una sua continuità. Avendo svolto quel ruolo in prima persona, ricordo che l'allora capo del Dipartimento, Fabrizio Barca, pur con i suoi pregi e limiti, segnava la continuità del precedente Governo rispetto a quello del quale io mi onoravo e mi onoro di aver fatto parte.
A distanza di otto anni, essendo i vostri dati storici del 2008, c'è la totale smentita,


Pag. 11

politica prima che economico-finanziaria, di tali indicazioni. Le prime due pagine della vostra relazione andrebbero fatte conoscere, non per polemizzare verso qualcuno, ma per partire dai dati di fatto.
I dati di fatto indicano che i tre numeri magici, in valori percentuali, 45 (totale della spesa in conto capitale), 30 (spesa ordinaria in conto capitale) e 85 (risorse aggiuntive da destinare al Sud), non si sono realizzati, non per decimali, bensì per la metà. Ricordo personalmente un confronto molto serrato tra il sottoscritto, che, in quanto segretario del CIPE, doveva, attraverso l'organo CIPE ovviamente e non personalmente, esaminare e varare i piani di investimento, e le Ferrovie dello Stato: per tre volte fui costretto a rimandare alle Ferrovie, all'allora ingegner Cimoli, il piano, perché non rispettava la legge, non per altre ragioni. Mi fu risposto che non avevano i progetti per il Sud. Ricordo che, con una battuta forse cattivella, sostenni che spettava a loro e non a noi elaborare tali progetti: se non esistevano, avrebbero dovuto elaborarli.
Sono passati dieci anni, non so se ci rendiamo conto delle dimensioni del tempo, e, pur sui dati storici del 2008, questi numeri rappresentano la clamorosa smentita dell'impegno che la politica ha assunto in generale nei confronti dell'intero Paese, perché svolgere questo ragionamento sulla perequazione Nord e Sud è interesse nazionale: è interesse del Nord, se non è miope e se non guarda al Sud solo come a un mercato di consumo al quale vendere bottigliette di succhi di frutta o automobili.
Prendo atto di questa vostra audizione, ma vorrei sottolineare ai colleghi, sia a quelli presenti, sia agli altri che leggeranno il resoconto, che, se non si parte da questi numeri, non si capisce di che cosa stiamo discutendo e di che cosa stiamo decidendo. A questo punto, preso atto di ciò, vorrei sentire le vostre valutazioni.
Sappiamo tutti che in questi dieci anni abbiamo strozzato i comuni e i ministeri, e lasciato dilapidare le regioni, al di là dei colori politici. Conoscete questi dati meglio di me, sono noti. Su questa base, sulla vostra base specifica sulle quote Sud e sul dato storico dell'effettivo trasferimento di risorse alle diverse tipologie di enti - lo considero un problema territoriale e di livelli di Governo che riguarda tutto il Paese - noi abbiamo calato il federalismo municipale e quello regionale.
Siamo consapevoli di ciò che è stato fatto, perché con quei due decreti, almeno così come sono passati, i dati che voi rilevate al 2008 sono assolutamente destinati a peggiorare ulteriormente. Non è possibile che possano essere rispettati i parametri 45, 30 e 85, ma soprattutto che i dati 2008 siano migliori di quelli degli anni prossimi.
Questa è la valutazione che vorrei chiedervi, che non è una valutazione di parte politica, ma tecnica e oggettiva. Avete evidenziato tale situazione al 2008. Alla luce dei provvedimenti assunti in questa Commissione anche recentemente, negli ultimi due mesi, pensate che nel 2015-2020 i dati saranno migliori o peggiori di quelli che avete rilevato nel 2008?
Discutere nello specifico di questo decreto dal titolo piuttosto roboante «disposizioni in materia di risorse aggiuntive e interventi speciali per la rimozione degli squilibri economico-sociali» fa tremare le vene ai polsi in relazione agli obiettivi da perseguire. Io credo che, se siamo minimamente seri e responsabili, dobbiamo constatare che tale titolo è assolutamente inadeguato rispetto al dato storico e, di fatto, a ciò che stiamo decidendo.
Rispondere a questa domanda affermando che esistono il Piano per il Sud, questo decreto e la Conferenza permanente prevista dalla legge n. 42 ritengo personalmente che sia una presa in giro, nel senso tecnico del termine e non per polemizzare. È una presa in giro collettiva, non personalizzata. C'è una responsabilità di classe dirigente complessiva, alla luce di ciò che è poi avvenuto sul federalismo regionale trasversale, in cui l'accordo è stato sostanzialmente quello di trasformare i costi storici in costi standard, in modo che tutti siano tranquilli per i prossimi vent'anni.


Pag. 12


Questo è quanto è avvenuto. Dopodiché, qualcuno più accorto osserva che nel 2013 cambieremo, vedremo e aggiusteremo. Il giorno dopo aver assunto una decisione sostenere che è sbagliata, ma che comunque entro l'entrata di fatto in vigore, ossia nel 2013, essa andrà modificata non mi sembra un comportamento corretto.
La domanda per voi è, considerati i dati storici, le decisioni assunte e gli obiettivi individuati, pensate che l'esperienza che avete rilevato tra il 2000 e il 2008 possa migliorare, peggiorare o restare costante al 2015-2020, alla luce dei provvedimenti che nel frattempo il Parlamento ha assunto? Grazie.

PRESIDENTE. Do la parola al presidente Giannola per la replica.

ADRIANO GIANNOLA, Presidente della Svimez. Il senatore Baldassarri affermava correttamente che le nostre prime due pagine dovrebbero costituire un manifesto. Personalmente da tempo sostengo che esiste un grande bisogno di un'operazione di controinformazione.

MARIO BALDASSARRI. Mi correggo: l'alternativa è un monumento all'ipocrisia collettiva.

ADRIANO GIANNOLA, Presidente della Svimez. La Svimez produce evidenze che ci consentono di correggere l'informazione, però è anche vero che quello in cui si lavora portando questi dati è un ambiente in cui emerge una visione esattamente opposta, cioè che il Mezzogiorno abbia ottenuto grandissimi trasferimenti e che li abbia sprecati tutti - possiamo essere d'accordo sul fatto che ciò che ha ottenuto in parte sia stato sprecato - ma sul fatto che tra il reale e il virtuale, tra ciò che si immagina e ciò che esiste, vi sia un gap tutto a sfavore delle possibilità di queste aree è innegabile.
Le considerazioni del professor Pica sono sintomatiche. Nei comuni o a qualsiasi livello locale la pressione fiscale al Sud è più elevata, tanto che c'è un 3 per cento di differenza contro un 40 per cento di reddito pro capite. È un elemento drammatico di questa situazione.
Noi abbiamo già alcuni dati 2009 provvisori che ci confermano, con un leggero miglioramento o con un leggero peggioramento, la situazione del 2008. In questo senso siamo in linea.
D'altra parte, sul federalismo abbiamo da tempo, fin dall'inizio, evidenziato i possibili approdi e l'ultima intesa in tema di federalismo regionale ci rende più pessimisti ancora, nel senso che definire costo standard e livelli delle prestazioni adeguati ai livelli delle prestazioni essenziali e ai dati storici di alcune regioni più o meno virtuose implica - abbiamo svolto alcune simulazioni ed è in corso un dibattito al nostro interno - di fatto sfuggire al problema e sicuramente abbassare i livelli di assistenza, il che, peraltro, forse si rende necessario per la sostenibilità finanziaria di tutta l'operazione.
Il nostro problema di fondo, nonché un tema da sollevare a tutti, è che un federalismo coerente con la legge n. 42 e con tutte le definizioni di livelli essenziali di assistenza e costi standard correttamente definiti è finanziariamente insostenibile. La sostenibilità dell'operazione che si cerca di costruire attraverso la trasformazione dei livelli storici in alcune realtà assunte come emblematiche di esempi che soddisfano i livelli essenziali di assistenza in regime di virtù finanziaria di per sé determina un peggioramento delle situazioni relative. Il problema della perequazione sarà, quindi, particolarmente complesso.
La nostra è una visione, se volete, preoccupata di quello che sarà il processo, la quale non può che trovare conferma. Non so giudicare la valenza di sincerità o di ipocrisia sottesa alle soluzioni istituzionali che si individuano nell'applicazione con i decreti delle norme di legge, però sicuramente tutte le nostre ipotesi e simulazioni, dato ciò che si è determinato, ci rendono molto scettici sulla sostenibilità finanziaria. Poiché la sostenibilità finanziaria deve essere mantenuta, siamo molto preoccupati sull'effetto redistributivo, che peggiora


Pag. 13

le distanze relative all'interno del Paese. È un elemento molto allarmante.
D'altra parte, in termini più ottimistici, noi siamo convinti - non è una visione volontaristica e vorremmo che ci fosse la controinformazione necessaria per aprire un dibattito - che il Mezzogiorno sia una risorsa e una realtà in cui potenzialmente alcune politiche sensate e accorte possono fruttare molto e, ovviamente con tutti i sacrifici necessari, rimettere nel circuito dello sviluppo questa realtà stessa, che altrimenti diventa la palla al piede del sistema, non perché antropologicamente lo sia, ma perché noi lo determiniamo.
Le mie sono considerazioni a margine, che però ci mostrano il quadro entro il quale perlomeno noi stiamo cercando di ragionare, un quadro realistico e, per alcuni versi, ottimistico su alcune potenzialità, alle quali, però, non mi sembra che si dedichi grande attenzione.

PRESIDENTE. Vi ringrazio molto anche a nome di tutti i componenti della Commissione. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dai rappresentanti della Svimez (vedi allegato 1).
Dichiaro conclusa l'audizione.

[Indietro] [Avanti]
Consulta resoconti delle indagini conoscitive
Consulta gli elenchi delle indagini conoscitive