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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite (Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e V Camera)
AUDIZIONE
13.
INDAGINE CONOSCITIVA
4.
Mercoledì 30 marzo 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

La Loggia Enrico, Presidente ... 3

Audizione del professor Gianfranco Viesti, rappresentante del CERPEM, Centro ricerche per il Mezzogiorno, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive e interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali (Atto n. 328) (ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati):

La Loggia Enrico, Presidente ... 3 5 6 7
Calvisi Giulio (PD) ... 5
Duilio Lino (PD) ... 5
Viesti Gianfranco, Rappresentante del CERPEM ... 3 6

Audizione di rappresentanti della Corte dei conti, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive e interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali (Atto n. 328) (ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati):

La Loggia Enrico, Presidente ... 7 12 14 15 16
Bernini Bovicelli Anna Maria (PdL) ... 13
Causi Marco (PD) ... 12
Franco Paolo (LNP) ... 12
Giampaolino Luigi, Presidente della Corte dei conti ... 7 14 15
Mazzillo Luigi, Presidente di sezione della Corte dei conti ... 16
Meloni Maurizio, Presidente di sezione della Corte dei conti ... 16

ALLEGATI:
Allegato 1
: Documentazione consegnata dal professore Giancarlo Viesti, rappresentante del CERPEM ... 17
Allegato 2: Documentazione consegnata dai rappresentanti della Corte dei conti ... 22

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Seduta del 30/3/2011


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...
Audizione di rappresentanti della Corte dei conti nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive e interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali (Atto n. 328).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati, l'audizione di rappresentanti della Corte dei conti nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive e interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali (Atto n. 328).
Ringrazio molto e non formalmente il presidente Giampaolino, che stiamo incontrando spessissimo, il che ci fa piacere e ci onora perché questa collaborazione interistituzionale non può che portare bene sia al nostro lavoro di legislatori, sia alla migliore definizione dei testi, la quale è avvenuta finora in maniera forse non completa. Avremmo potuto, come sempre, perfezionare ulteriormente i nostri testi, ma al bene come al male non c'è mai confine. Speriamo che nel prosieguo del nostro lavoro potremo ancora migliorarli.
Ringrazio di cuore il presidente Giampaolino, insieme agli altri consiglieri che hanno voluto accompagnarlo, e gli do subito la parola.

LUIGI GIAMPAOLINO, Presidente della Corte dei conti. Grazie, presidente. Sono io a essere onorato e grato, anche perché, come ho affermato in altre occasioni, la Corte è gratificata nel vedere utilizzata la sua funzione ausiliaria nei confronti del Parlamento.
Lo schema del decreto legislativo in esame viene a confrontarsi con una fase particolarmente critica, soprattutto nel nostro Paese, per la crescita economica e per il ciclo degli investimenti pubblici. È, quindi, di particolare interesse valutare indirizzi scelti e strumenti proposti dalla nuova normativa, proprio alla luce dell'esigenza irrinunciabile di invertire le condizioni di stagnazione delle politiche per le infrastrutture pubbliche, in special modo per quelle destinate al recupero dei divari di sviluppo delle aree sottoutilizzate.
La recente comunicazione dell'ISTAT sul consuntivo del 2010, come è noto, segnala una preoccupante flessione della spesa in conto capitale delle amministrazioni pubbliche, a meno 18 per cento rispetto al 2009 e, all'interno della categoria degli investimenti fissi, a meno 16,2 per cento.
Tra il 2005 e il 2010 la caduta degli investimenti infrastrutturali in Italia è stimata in oltre il 20 per cento in termini reali, con una riduzione dell'incidenza sul PIL che colloca il nostro Paese nella fascia più bassa nel confronto europeo.


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Da una stima basata sui risultati provvisori del rendiconto generale dello Stato emergerebbe come tale andamento sia stato molto più negativo nei conti degli enti territoriali che nel bilancio statale. Con riferimento al Mezzogiorno la flessione della quota della spesa in conto capitale appare continua a partire dal 2001: da poco più del 40 per cento si passa a un valore di stima che nel 2010 non supera il 35 per cento.
Lo squilibrio crescente tra sud e centro-nord nella dotazione di capitale per abitante sottolinea in modo sintetico, ma efficace, come e quanto si allontani l'obiettivo di riduzione del divario economico e sociale. I dati di consuntivo per il Mezzogiorno sembrano dimostrare in modo evidente come all'interno di una flessione generalizzata divengano opache, fino a scomparire, le distinzioni tra intervento ordinario e spesa aggiuntiva, quest'ultima non essendo in grado neppure di bilanciare la debolezza permanente della prima.
Alla base del rallentamento generale della spesa per investimenti nel nostro Paese e, in particolare, del cedimento dei livelli di spesa in conto capitale degli enti territoriali si collocano diversi fattori. Due in modo specifico sono gli aspetti sui quali è opportuno soffermarsi: le implicazioni delle politiche di controllo della finanza pubblica, in particolare di contenimento della spesa, e le criticità connesse alla programmazione, progettazione, finanziamento e realizzazione delle opere pubbliche, che determinano ritardi e dispersioni sconosciuti agli altri grandi Paesi europei.
Sotto il primo profilo, quello delle implicazioni delle politiche di controllo della finanza pubblica, in particolare per il contenimento della spesa, è opportuno ricordare che i cosiddetti tagli lineari non hanno risparmiato le categorie economiche della spesa in conto capitale.
Con specifico riguardo alle amministrazioni locali e al rallentamento degli investimenti non è estranea l'applicazione del Patto di stabilità interno, uno strumento che non è stato finora in grado di assicurare che il contributo degli enti territoriali ai più generali obiettivi di finanza pubblica sia perseguito senza che ciò si traduca in un indesiderato rallentamento degli investimenti.
Il formale rispetto del Patto si è reso possibile, infatti, al prezzo di una dequalificazione della spesa e con il sacrificio delle voci a minore grado di rigidità e resistenza, come le spese di investimento. È, pertanto, auspicabile che nell'ambito del processo decisionale delineato dai decreti legislativi attuativi del federalismo fiscale sia presa in opportuna considerazione una revisione delle regole del Patto tale da indurre le amministrazioni a procedere nella direzione di una vera spending review mirata a privilegiare selettivamente gli interventi capaci di massimizzare gli effetti positivi sulla crescita e sulla riduzione dei divari. Una modifica del Patto in questa direzione può essere favorita dalle nuove procedure di coordinamento delle politiche economiche europee orientata a riservare un ruolo maggiore alle misure per la crescita e lo sviluppo.
Con riguardo al secondo aspetto, quello delle criticità connesse per la programmazione, progettazione e finanziamento delle opere pubbliche, i risultati delle rilevazioni sui tempi necessari in Italia per il completamento delle opere pubbliche infrastrutturali evidenziano che per interventi superiori ai 10 milioni di euro la sola attività di progettazione può essere superiore a cinque anni e la realizzazione può concludersi dopo non meno di dieci.
Le maggiori criticità in tal senso sembrano, peraltro, riguardare proprio le opere da eseguire in virtù di procedure accelerative previste da leggi speciali, la cui gestione si è tradotta sostanzialmente in una mera prenotazione pluriennale di risorse ripartite su una platea di interventi estremamente frazionati - più cantieri, ma meno funzionalità - senza che le decisioni di investimento fossero sorrette da un adeguato livello di progettazione e da un'affidabile valutazione dei costi di realizzazione.
Con riferimento al Mezzogiorno vanno, inoltre, sottolineate le gravi difficoltà legate a fattori ambientali che ritardano o


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bloccano il processo di realizzazione. A testimonianza di quanto sopra le opere completate a fine 2009 risultano meno del 10 per cento dei progetti approvati dal CIPE contro circa il 30 per cento del centro-nord.
È significativa, in proposito, la vicenda del Fondo per le aree sottoutilizzate, il FAS. Una rilevante parte delle risorse assegnate negli anni 2000-2006 a valere sul predetto fondo in favore delle regioni del Mezzogiorno, oltre 6 miliardi, pari circa al 40 per cento degli stanziamenti complessivi, non risulta ricompresa nell'interno dei programmi operativi.
L'attuale periodo di programmazione, 2007-2013, è stato poi caratterizzato dal reiterato utilizzo di risorse presenti nel FAS a copertura di oneri previsti in successive leggi di spesa per interventi non sempre riconducibili alle finalità della politica di riequilibrio e sviluppo territoriale. A ciò si è aggiunta la necessità di rivedere e riorientare l'originaria destinazione dell'intera quota del FAS destinata nel quadro strategico nazionale a interventi di rilevanza statale per sopravvenute finalità anticicliche.
Nell'esaminare il decreto una preliminare questione concerne le modalità per l'estensione delle nuove norme alle regioni a Statuto speciale e alle province autonome, per le quali l'articolo 1, comma 2, della legge delega non prevede l'applicazione dell'articolo 16, anche se tali enti sono stati finora complessivamente destinatari di una quota rilevante delle risorse del FAS, dei Fondi strutturali europei e dei relativi cofinanziamenti nazionali.
Le modalità per il coordinamento delle regioni a Statuto speciale e delle province autonome nel nuovo assetto ordinamentale del federalismo fiscale sono indicate, come è noto, dall'articolo 27 della legge delega, che al comma 7 prevede l'istituzione di un tavolo di confronto finalizzato a individuare le linee guida, gli indirizzi e gli strumenti per assicurare il concorso di tali enti agli obiettivi di perequazione e solidarietà e per valutare la congruità delle attribuzioni finanziarie intervenute successivamente all'entrata in vigore degli Statuti.
Tale momento di concertazione, al quale nello schema di decreto potrebbe essere fatto un opportuno richiamo, è visto come lo strumento attraverso il quale contemperare l'unitarietà e la coerenza programmatica delle politiche di sviluppo e di coesione territoriale con il rispetto della particolare posizione nell'ordinamento della Repubblica delle regioni a Statuto speciale e delle province autonome, alla base della previsione all'interno della legge delega di un percorso specifico per il loro pieno inserimento nel nuovo disegno ordinamentale.
Il delineato quadro per lo svolgimento delle politiche di sviluppo e di coesione va letto tenendo conto di quanto disposto dall'articolo 22 della legge delega. Tali norme, di cui sono destinatarie anche le regioni a Statuto speciale e le province autonome, prevede che ai fini del funzionamento a regime del federalismo fiscale si proceda nella fase transitoria a misurare i deficit infrastrutturali e di sviluppo tra i diversi territori del Paese e a individuare gli interventi atti a colmare i divari. La ricognizione del fabbisogno infrastrutturale dovrà essere inserita in un apposito allegato al documento di programmazione economico-finanziaria, ora Decisione di finanza pubblica.
Relativamente alle conseguenti necessarie iniziative di riequilibrio, che rappresentano una componente importante delle politiche di sviluppo e di coesione da finanziare prioritariamente con le risorse a tale scopo dedicate, il citato articolo 22 sembra ipotizzare un percorso preventivo e parallelo, per il quale risulta non chiaro il coordinamento con il nuovo quadro delle procedure di programmazione, concertazione e attuazione degli interventi speciali previsti nel decreto legislativo all'esame.
Come indicato nella relazione illustrativa, l'articolato riguarda esclusivamente gli interventi da finanziare con il fondo per le aree sottoutilizzate denominato Fondo per lo sviluppo e la coesione, con i


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fondi strutturali dell'Unione europea e con i relativi cofinanziamenti nazionali. Rimangono soggetti alla normativa vigente ai sensi dell'articolo 7 dello schema del decreto in esame i contributi speciali e gli interventi diretti dello Stato, che, seppur riconducibili al disposto dell'articolo 119, comma 5, della Costituzione, perseguono finalità in parte diverse da quelle indicate dalla norma. Di particolare rilievo è il Fondo per la montagna.
Ai decreti legislativi integrativi previsti dal citato articolo 7 resta affidato il compito di ricondurre la specifica disciplina delle iniziative in questione all'interno di un unitario disegno programmatico e procedurale.
Esaminando il contenuto dei singoli articoli dello schema di decreto, si ritiene opportuno sottolineare i seguenti aspetti principali.
Mentre l'articolo 1 si limita a enunciare l'oggetto del provvedimento, l'articolo 2 del decreto riprende e dettaglia princìpi e criteri direttivi per l'utilizzo delle risorse indicate nell'articolo 16, la leale collaborazione istituzionale, il coinvolgimento del partenariato economico-sociale, la programmazione pluriennale delle risorse, l'aggiuntività degli interventi per la necessaria costruzione di indicatori di impatto.
In relazione alle evidenziate difficoltà di assicurare un adeguato livello di investimento nelle regioni meridionali, che si attesta su valori notevolmente distanti dall'obiettivo di garantire un livello di spesa in conto capitale superiore all'incidenza sul totale nazionale della popolazione residente, si rivela opportuna l'esplicita conferma dell'obbligo di destinare un'elevata percentuale delle risorse presenti nel Fondo per lo sviluppo e la coesione, l'85 per cento, alle regioni del Mezzogiorno.
Con riferimento agli assetti organizzativi l'articolo 3 appare sostanzialmente in linea con quanto disposto dall'articolo 7, comma 26, del decreto legge n. 78 del 2010, che ha previsto l'attribuzione al Presidente del Consiglio o a un Ministro da quest'ultimo delegato delle funzioni in materia di politiche di sviluppo e coesione, al fine di garantire un impegno unitario del Governo nel suo insieme al perseguimento dei relativi obiettivi.
L'articolo 4 conferma la scelta operata dalla legge finanziaria per il 2003 di costruire un unico strumento contabile, il Fondo per lo sviluppo e la coesione, finalizzato a dare unità programmatica e finanziaria, in un'ottica pluriennale coincidente con il ciclo di utilizzo dei Fondi strutturali europei, agli interventi nazionali aggiuntivi volti al riequilibrio delle diverse aree del Paese.
Con riferimento alle modalità di programmazione del Fondo per lo sviluppo e la coesione, il successivo articolo 5 codifica e rende stabile la regola, già applicata in sede di predisposizione per la manovra finanziaria del 2007, in base alla quale la legge di stabilità relativa all'esercizio antecedente l'avvio della programmazione comunitaria deve contenere la quantificazione complessiva del fondo e l'articolazione annuale delle risorse in relazione all'andamento stimato della spesa.
La più volte enunciata necessità di garantire il principio di addizionalità delle risorse da destinare alla politica di riequilibrio non risulta, peraltro, supportata dalle indicazioni di parametri per la determinazione dell'entità complessiva delle risorse legate all'andamento di variabili macroeconomiche.
Proprio il decreto all'esame avrebbe potuto, peraltro, rappresentare la sede per meglio definire il principio di addizionalità, che presuppone una più chiara individuazione del perimetro dell'ordinarietà all'interno del nuovo assetto del federalismo fiscale.
Il comma 2 del citato articolo 5 limita l'intervento delle leggi di stabilità relativo ai singoli esercizi finanziari alla sola articolazione annuale delle risorse, prevedendo la possibilità di una revisione delle disponibilità complessive solo decorso il primo triennio del periodo di programmazione, previa intesa da raggiungere in sede di Conferenza unificata. La presenza di un'analoga previsione nella legge finanziaria per il 2008 non ha, peraltro, impedito l'utilizzo in precedenza evidenziato di risorse


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presenti nel FAS a copertura di oneri recati da successive leggi di spesa.
Un possibile strumento per evitare la successiva opera di ridefinizione delle priorità potrebbe consistere nell'esplicita previsione dell'obbligo, peraltro già desumibile dalle vigenti regole della copertura finanziaria di nuovi oneri recati da leggi di spesa, di integrare gli interventi e i programmi da ridurre sulla base di una verifica dello stato di avanzamento programmatico e di un giudizio sulla fattibilità e sulla tempistica delle singole iniziative.
Il successivo comma 3 definisce i contenuti e le procedure per l'elaborazione e l'approvazione di un documento di indirizzo strategico destinato a rappresentare il quadro di riferimento programmatico della politica regionale unitaria per l'intero ciclo di programmazione settennale. Su tale documento, che dovrebbe indicare in dettaglio il riparto degli investimenti per macroaree territoriali e i soggetti attuatori, è previsto il raggiungimento di un'intesa in sede di Conferenza unificata. L'importanza strategica del documento e la necessità di una sua tempestiva approvazione sollecitano l'opportunità di riferire l'intesa alla sola definizione dei criteri generali per il riparto delle risorse e dei presupposti e delle condizioni per il finanziamento degli interventi.
Con riferimento agli aspetti più strettamente operativi, in caso di mancato raggiungimento della prevista intesa, sembra opportuno ipotizzare un percorso che, fermo restando il principio della leale collaborazione istituzionale e previa esplicitazione dei motivi alla base del mancato accordo, consenta l'assunzione da parte dello Stato della responsabilità di ricondurre le esigenze dei singoli territori all'interno di un unitario quadro strategico e programmatico da attuare in coerenza con gli indirizzi dell'Unione europea per l'utilizzo dei fondi strutturali.
L'articolo 6 individua nel contratto istituzionale di sviluppo lo strumento privilegiato per accelerare la realizzazione degli interventi e assicurare la qualità della spesa pubblica. Relativamente alla dettagliata indicazione dei contenuti di questo contratto appare significativo il richiamo al principio della tracciabilità delle risorse attraverso la costituzione di appositi fondi vincolati all'interno dei documenti contabili dei soggetti attuatori. Il principio di tracciabilità dovrebbe, peraltro, essere prioritariamente garantito all'interno della classificazione funzionale del bilancio dello Stato.
Le disponibilità annuali del Fondo per le aree sottoutilizzate sono, infatti, inizialmente allocate in un capitolo dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico e ricomprese all'interno della missione 28 «Sviluppo e riequilibrio territoriale». Al momento del trasferimento ad altri capitoli del bilancio le risorse vengono ad assumere la diversa classificazione funzionale propria di questi ultimi.
Nelle relazioni relative al rendiconto generale dello Stato per gli ultimi esercizi finanziari la Corte ha più volte sottolineato come l'attuale procedura contabile determini difficoltà di raccordo tra il bilancio di previsione e il rendiconto. Occorre, pertanto, prevedere l'adozione di opportune misure volte a mantenere l'originaria classificazione delle risorse specificamente finalizzate alle politiche di riequilibrio, evitando il determinarsi di una possibile confusione con quelle utilizzate per le ordinarie politiche pubbliche.
Le caratteristiche e i contenuti del contratto istituzionale di sviluppo, già delineato come strumento attuativo di elezione del recente Piano per il Sud, sono funzionali a una strategia che privilegia la concentrazione delle risorse verso progetti di rilevante spessore, ovvero singoli interventi inseriti in un organico piano programmatico e tra loro funzionalmente connessi.
In conclusione, nei prossimi cicli di programmazione la politica di sviluppo e di coesione potrà avvalersi della nuova impostazione derivante dall'attuazione del federalismo fiscale, che prevede una revisione degli strumenti e delle procedure per le politiche di intervento pubblico specificamente in materia di infrastrutture: riordino


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delle responsabilità istituzionali, riunificazione della normativa e delle diverse fonti di finanziamento delle opere, concentrazione degli interventi su poche priorità selezionate, rafforzamento dell'attività della progettazione con la separazione dei finanziamenti dei progetti dai finanziamenti delle opere, anche prevedendo la costituzione di due distinti fondi, potenziamento delle procedure di monitoraggio e di valutazione ex post dei risultati, anche alla luce della complessiva attività di controllo svolta dalla Corte dei conti e in virtù della quale si sono svolte le precedenti considerazioni.
Sono questi alcuni dei principali indirizzi da seguire per il rilancio della politica delle infrastrutture e, in particolare, per le azioni di sostegno delle aree sottoutilizzate. Il decreto legislativo per la sua natura e i suoi confini non può assolvere appieno a tale complessa opera di riordino istituzionale finanziario e tecnico. I princìpi e i criteri in esso definiti appaiono, tuttavia, una necessaria base di partenza nella direzione auspicata.
Del resto, la formulazione del decreto, che raggruppa in modo ordinato princìpi e criteri generali per l'attuazione della politica di sviluppo e di coesione territoriale, appare coerente con le indicazioni metodologiche e di principio contenute nei più recenti documenti dell'Unione europea e, in particolare, nella quinta Relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale.

PRESIDENTE. Grazie molte, presidente. Le sue considerazioni sono estremamente utili e offrono anche una possibile traccia di modifica migliorativa sul decreto che stiamo esaminando.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

PAOLO FRANCO. Grazie per la relazione, che è stata molto interessante. Prego anche i nostri relatori di farne tesoro, perché ci sono alcuni spunti che potrebbero essere riportati nel parere della Commissione.
Io ho notato che ci sono alcuni apprezzamenti, condivisibili in parte, sull'opportunità riconosciuta della dimensione degli importi, della percentuale del Fondo per lo sviluppo e la coesione da destinare alle regioni del Mezzogiorno per rappresentare il principio di addizionalità, in modo tale che presupponga una più chiara individuazione del perimetro dell'ordinarietà all'interno del nuovo assetto del federalismo fiscale.
Nel caso di vacanza delle capacità di impiegare queste risorse - sfondiamo una porta aperta; sappiamo qual è il problema, ossia non la dimensione o la quantità delle risorse, ma la capacità di gestirle - ritengo opportuno che ci sia un potere sostitutivo da parte dello Stato, indicato nella relazione come opportunità da ipotizzare, che affido ai relatori nel momento in cui la volessero cogliere.
Anche se sarà oggetto di un successivo decreto su premi e sanzioni, in questo contesto, conoscendo il problema della parcellizzazione o della difficoltà di dare spazio agli investimenti destinati alle aree sottosviluppate, mi piacerebbe sentire uno spunto in merito agli strumenti da adottare nei confronti di chi non consente, sotto un profilo progettuale, amministrativo o politico e per le più disparate motivazioni, che tali progetti vengano effettivamente ricondotti a realtà.
Si tratta della quarta gamba di questo tavolo. Indipendentemente dal fatto che ci sarà poi un decreto specifico, visto il tema che tratta e le problematiche sottese alla difficoltà di rendere esecutive nel vero senso della parola le risorse, secondo me sarebbe opportuno che fosse spesa una parola per incentivare e individuare la responsabilità di chi non opera secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge e non fa buon uso dei finanziamenti che gli sono destinati.

MARCO CAUSI. Nel ringraziare il presidente della Corte per un contributo molto importante, gli pongo un paio di domande.
Lei opportunamente mette in luce, soprattutto a pagina 10 della sua relazione, che non saremo in grado di dare regole sull'addizionalità, se prima non è chiara la


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spesa ordinaria. Se non abbiamo prima fissato l'asticella ovvero le modalità dell'ordinario, ovviamente è difficile poi definire le caratteristiche dell'aggiuntivo, quindi dell'addizionale.
Visto che in sede di attuazione della legge n. 42 non sono ancora stati affrontati i temi relativi ai trasferimenti ordinari in conto capitale, perché i decreti legislativi relativi a comuni, province e regioni affrontano la spesa corrente, ma non la spesa in conto capitale, ragion per cui ancora non è stato fissato l'ordinario, vorrei sapere che cosa risponderebbe alla seguente affermazione: fermiamo l'orologio su questo decreto, perché non è possibile valutarlo, essendo relativo soltanto all'aggiuntivo, prima di aver affrontato l'ordinario, ma affrontiamo prima l'ordinario e solo dopo questo decreto, considerato anche che esso non ha un impatto immediato, avendo una prospettiva di applicazione da qui al 2013. Vorrei avere una reazione immediata a una proposta di questo tipo, che poi eventualmente mi riserverò di proporre ai colleghi e alle colleghe della Commissione.
Passo alla seconda domanda. Mi è sembrato molto interessante il punto che la Corte ci propone sulla questione della tracciabilità.
In sede di primo approfondimento a livello tecnico delle questioni poste dal decreto in esame è emersa, sulla base dell'esperienza esistente, la seguente problematica, ossia che il Patto di stabilità su questi fondi morde più volte: morde quando lo Stato eroga i soldi alle regioni e poi ancora quando le regioni trasferiscono i soldi al soggetto beneficiario o all'attuatore finale dell'intervento. Questo è considerato, nella pratica attuativa delle precedenti fasi di programmazione, uno dei problemi, ma naturalmente mi pare di capire - chi meglio di voi ci può indirizzare? - che dipenda dal fatto che, se il trasferimento non è dotato di un'apposita contabilità che non consenta all'ente decentrato di utilizzarlo per cassa o per tesoreria, se non per le finalità definite, non si possa ovviare al problema. Qual è la modalità con cui possiamo far incidere su questi trasferimenti il Patto di stabilità solo una volta e non più volte? Chiedo se la tracciabilità abbia un senso in questa direzione.
Infine, mi associo anch'io alla domanda del senatore Franco e aggiungo una considerazione in più. Visto che la Corte dei conti è l'organismo che meglio di ogni altro sa come funzionano i ministeri e le grandi società in-house dello Stato, i concessionari di servizi pubblici, per i compiti storici e istituzionali di vigilanza che la Corte esercita nei confronti dei grandi concessionari pubblici e dei ministeri, come potremmo, ai fini dei poteri sanzionatori o sostitutivi, far sì che l'articolo 120 si applichi a essi, oltre che nei confronti delle regioni? Quali potrebbero essere i meccanismi di vigilanza, monitoraggio, controllo e sanzione da applicare non già alle regioni, ma al ministero ovvero al concessionario di pubblico servizio inadempiente e come si potrebbe intrecciare eventualmente tale questione con le attuali ordinarie attività di vigilanza di monitoraggio e di controllo esercitate nei confronti di questi organismi? Un'area nuova di intervento non è soltanto quella nei confronti delle regioni, ma anche quella nei confronti degli enti nazionali deputati alla spesa dei fondi.

ANNA MARIA BERNINI BOVICELLI. Sono correlatrice del testo insieme al collega D'Ubaldo e mi scuso con i signori auditi per non essere riuscita a partecipare all'intera audizione. Ho solamente scorso il testo scritto rassegnato dagli auditi.
Si tratta solo di un carotaggio, però uno dei temi che mi interessava approfondire e sottolineare era proprio quello della tracciabilità, che il collega Causi ha appena evidenziato, ovviamente collegato al contratto istituzionale di sviluppo e ai margini di responsabilità sempre condivisa. Si è identificato un canale lungo, in realtà non discendente, come capita di solito, ma ascendente, della responsabilità, che arriva fino al ministero per la perdita di chance di utilizzo del fondo.


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Io sarei però - in questo senso solleciterei un parere del presidente - più problematica rispetto allo stop all'orologio dell'aggiuntivo rispetto all'ordinario. In realtà, come vedo essere stato evidenziato anche dal testo scritto, che ho solo in parte consultato, esistono impegni europei ormai imprescindibili. Noi siamo già entrati nel semestre finanziario europeo e questo documento, parte integrante del Piano per il Sud, della legge di stabilità e convergenza e del Programma nazionale di riforma, deve avere la definizione dell'aggiuntivo per poter operare anche in termini di identificazione di chi fa che cosa, come, con quali risorse e con quale impiego e ottimizzazione delle risorse e degli indicatori di performance.
Prima di tutto la nostra dimensione domestica e, quindi, la verifica europea che le nostre scelte domestiche subiranno deve essere operata non già entro il 2013 - capisco la data che il collega Causi ha in mente parlando del 2013, indicandolo come D-Day - ma entro la scadenza rappresentata dall'esercizio finanziario 2012, rispetto al quale il documento è estremamente conferente.
Scusandomi ancora di non aver partecipato all'intera audizione, solleciterei un parere del presidente e dei colleghi auditi sul punto, ringraziando naturalmente tutti per aver dedicato alla Commissione il vostro tempo.

PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, svolgo una mia considerazione. Visto che questo decreto si occupa prevalentemente di interventi aggiuntivi, ossia addizionali, mirati al superamento del gap infrastrutturale tra nord e sud e che, quindi, è rivolto in particolare alle regioni meridionali del nostro Paese, mi domando se non sia il caso di aggiungere anche in questo caso - volevo l'opinione del presidente Giampaolino in merito -, pur essendoci diverse normative che si occupano della materia, una specifica previsione antimafia con un significato non puramente simbolico, ma proprio per esprimere una precisa volontà tra tutti i livelli istituzionali del Paese, non solo lo Stato, ma anche regioni, comuni e province.
Si va a spostare un'enorme quantità di capitali che, se correttamente utilizzati, potrebbero - è il nostro auspicio - far diminuire sino ad annullare il gap tra il sud e il nord. È ovvio che essi diventerebbero un materiale particolarmente appetibile per la criminalità organizzata. Da siciliano, pur non essendo un meridionalista, ma conoscendo purtroppo la realtà di molte zone del Paese, comprese la Calabria, la Campania e altre zone, nonché recentemente anche parti più al nord del nostro Paese, domando se in particolare nelle regioni del Mezzogiorno non sia il caso di inserire tra i controlli e la vigilanza e quindi anche nella parte normativa sulle sanzioni una specifica norma. In tal caso il contributo di formulazione di un'ipotesi da parte della Corte dei conti ci sarebbe veramente prezioso.
Do la parola al presidente Giampaolino e ai consiglieri presenti per la replica.

LUIGI GIAMPAOLINO, Presidente della Corte dei conti. Inizio con il senatore Franco, il quale chiedeva uno spunto per i rimedi della rappresentata aporia tra aggiuntività e capacità di realizzazione in concreto da parte di coloro che possono essere i beneficiari di questa parte aggiuntiva.
I rimedi sono indicati da lei stesso e possono essere di due specie. I primi sono quelli tesi alla responsabilità, al momento sanzionatorio o ad altre forme di responsabilità che l'ordinamento attuale già conosce, ma che, in verità, in quello che potrebbe configurarsi come un momento di chiusura di tutto il procedimento federativo per la sua realizzazione con strumentazione indiretta, sono più forti e più dettagliati e nuovi anche per l'ordinamento.
L'altro rimedio è un rimedio amministrativo, di accorgimenti amministrativi. Purtroppo occorrerebbe evocare una figura che in un sistema di autonomie non è mai opportuno ed è difficile da evocare, quella del rimedio organizzatorio sostitutivo,


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che potrebbe offrire alcuni efficienti risultati.
Forse ancor prima di arrivare a questo, che è un rimedio estremo, ve n'è un altro, quello di particolari norme in tema di organizzazione. Bisogna sempre aver presente questo punto, secondo noi della Corte, ossia che l'amministrazione deve sempre prima trovare in se stessa i suoi rimedi e che, quindi, occorre un'applicazione e una guida verso una configurazione di quelle amministrazioni alle quali si faceva riferimento. Occorrerebbe dedicare un'attenzione particolare al tema.
Questo è quanto mi sentirei di poter affermare. Sono due i rimedi, uno di carattere sanzionatorio, che non è mai auspicabile, con la responsabilità nelle sue diverse accezioni, fino a quelle del tutto nuove previste nello schema di decreto, e un rimedio amministrativo, fino all'estrema formula eccezionale del potere sostitutivo.
Per quanto riguarda l'onorevole Causi, il quale ha posto due problemi, ossia come può quantificarsi un'aggiuntività laddove l'ordinario non è ancora stato definito e come garantire la tracciabilità dei diversi fondi nell'ambito delle procedure contabili, lascerei quest'ultimo argomento al collega Meloni, che, presiedendo le sezioni riunite proprio sulla rendicontazione, ha avuto modo anche nei precedenti referti di occuparsi del problema.
Con riguardo al primo tema, invece, l'intervento successivo dell'onorevole Bernini compensa la problematica posta dall'onorevole Causi. La Corte non può che richiamare lo schema generale per cui sarebbe forse preferibile una fissazione dell'ordinario, ma con un'approssimazione, ossia con la capacità propria dei politici di accostarsi a ciò che è fattibile e praticabile, può indicare una via di mezzo, restando ovvio per la Corte che il problema è quello della fissazione dell'ordinario affinché poi si passi all'aggiuntivo.
Il Presidente La Loggia suggeriva l'inserimento di una specifica previsione antimafia. In verità, nel decreto è richiamato il Codice degli appalti, il decreto legislativo n. 163 del 2006, in cui dovrebbe trovarsi la citata norma. Pertanto, nel sistema la norma esiste.
Noi abbiamo fatto riferimento nel nostro documento alle gravi difficoltà ambientali che spiegano il ritardo dell'attuazione delle opere di tutto il Mezzogiorno. In verità, ci riferivamo proprio a questo problema. Le opere della Salerno-Reggio Calabria sono diventate paradigmatiche di tale difficoltà.
Mi si consenta di rilevare che in un provvedimento come questo, che assume quasi il carattere di un cesello ordinamentale per via di queste misure aggiuntive, un riferimento così dettagliato a un fenomeno tanto grave suonerebbe come un'ulteriore aporia, anche tenendo presente che tutto ciò va inquadrato nel più vasto disegno europeo. Formalmente, dunque, il riferimento esiste ed è nel richiamo del Codice degli appalti.
Sulla tracciabilità contabile passo la parola al collega.

PRESIDENTE. Se posso permettermi di intervenire su quest'ultimo tema, conosco bene il riferimento al Codice degli appalti, ma non lo riterrei sufficientemente garantista. L'ipotesi sulla quale stavo ragionando è se l'esercizio del potere sostitutivo potrebbe diventare, invece, uno degli oggetti della sanzione, cioè della sostituzione. Esso darebbe, in una fattispecie ampia come quella della quale stiamo parlando e in aggiunta al Codice degli appalti, una forza di deterrenza adeguata.
È ovvio che la mafia non può nulla, se non trova collegamento da parte dell'amministrazione. Se da parte dell'amministrazione si aumentano le cautele, sapendo che, laddove non le si dovessero adottare, scatta addirittura il potere sostitutivo, cioè la sanzione estrema, al di là del fatto penale, contabile e amministrativo, forse ciò potrebbe costituire un ulteriore elemento di controllo. Immaginavo un intervento molto forte, anche simbolicamente.

LUIGI GIAMPAOLINO, Presidente della Corte dei conti. Ciò soddisferebbe la nostra segnalazione sulla difficoltà ambientali.


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MAURIZIO MELONI, Presidente di sezione della Corte dei conti. In risposta all'onorevole Causi, il tema della tracciabilità è caro alla Corte, perché ogni anno ci troviamo in difficoltà in sede di giudizio di parificazione nel valutare il bilancio di previsione e il rendiconto. Credo che la prima soluzione sia sempre quella di una classificazione funzionale del bilancio dello Stato molto corretta e l'invito a una maggiore specificazione è rivolto agli uffici tecnici del MEF, cioè alla Ragioneria generale dello Stato. Il principio di tracciabilità dovrebbe, peraltro, essere prioritariamente garantito all'interno della classificazione funzionale del bilancio dello Stato.
Portiamo l'esempio emblematico del Ministero dello sviluppo economico, in cui figura la missione 28. Poi avviene il trasferimento delle risorse a capitoli di bilancio di altro tipo e si perde il dato, perché noi tra bilancio di previsione e rendiconto, anche con il migliore impegno, difficilmente riusciamo a trovare il collegamento.
Credo che questo tema sia una questione che la Corte va sollevando da alcuni anni, anche auspicando un codice specifico per individuare determinate tipologie di intervento. È una questione che noi continueremo a ribadire anche quest'anno in sede di relazione, avendo già apprezzato come significativo il richiamo al principio di tracciabilità inserito tra i contenuti del contratto istituzionale di sviluppo. La Corte apprezza, infatti, che tale contratto richiami il principio della tracciabilità.
Sul piano operativo molto è devoluto anche alla formulazione della classificazione funzionale del bilancio, in merito al quale la Corte svolge le sue osservazioni. La Corte afferma, e l'ha rilevata più volte, che esiste una difficoltà per attuare il raccordo tra bilancio di previsione e rendiconto. Naturalmente la tracciabilità renderebbe estremamente più agevole questo raccordo preciso.

LUIGI MAZZILLO, Presidente di sezione della Corte dei conti. Volevo ricordare, in termini di principio, che un criterio di ordine generale per stabilire l'aggiuntività di un intervento, come previsto dall'articolo 22 della legge delega e dal decreto legislativo in esame, non può non partire dalla considerazione che proprio l'articolo 22 della legge delega mira a una perequazione che non è riferita alla minore capacità fiscale dei territori, ma piuttosto a una logica di perequazione dei bisogni. Questo potrebbe essere un criterio di per sé già fortemente discriminante.

PRESIDENTE. Vi ringrazio molto anche a nome di tutti i componenti della Commissione. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dai rappresentanti della Corte dei conti (vedi allegato 2).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,35.

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