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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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Commissioni Riunite (Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e V Camera)
AUDIZIONE
14.
INDAGINE CONOSCITIVA
5.
Giovedì 31 marzo 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

La Loggia Enrico, Presidente ... 3

Audizione del Comitato di rappresentanti delle autonomie territoriali di cui all'articolo 3, comma 4, della legge n. 42 del 2009, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali (Atto n. 328) (ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati):

La Loggia Enrico, Presidente ... 3
Franco Paolo, Presidente ... 3 6 7 8 9 11
Bernini Bovicelli Anna Maria (PdL) ... 5 6
Causi Marco (PD) ... 6 8
D'Ubaldo Lucio Alessio (PD) ... 5 9 11
Nannicini Rolando (PD) ... 9
Perugini Salvatore, Sindaco di Cosenza e vicepresidente dell'ANCI ... 3 9
Rosati Antonio, Assessore al bilancio della provincia di Roma e coordinatore UPI assessori al bilancio ... 7 10
Tosi Flavio, Sindaco di Verona ... 6 10

ALLEGATO: Documento consegnato dai rappresentanti dell'ANCI e dell'UPI ... 12

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Seduta del 31/3/2011


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...
Audizione del Comitato di rappresentanti delle autonomie territoriali di cui all'articolo 3, comma 4, della legge n. 42 del 2009, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali (Atto n. 328).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e dell'articolo 144 del Regolamento della Camera dei deputati, l'audizione del Comitato di rappresentanti delle autonomie territoriali di cui all'articolo 3, comma 4, della legge n. 42 del 2009, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante l'attuazione dell'articolo 16 della legge 5 maggio 2009 n. 42, in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali (Atto n. 328).
Vi informo che, mio malgrado, devo allontanarmi per un impegno da cui non posso prescindere. Mi sostituirà il presidente Paolo Franco. Mi scuso, quindi, con tutti, avvertendovi che, comunque, i lavori devono essere conclusi entro le 14,55 in quanto alle 15 sono previste le votazioni alla Camera.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE PER L'ATTUAZIONE DEL FEDERALISMO FISCALE PAOLO FRANCO

PRESIDENTE. Sono presenti il sindaco Perugini, il sindaco Tosi e l'assessore Rosati in rappresentanza del presidente Zingaretti, che non è potuto intervenire per un improvviso impegno istituzionale.
Do la parola al sindaco Perugini.

SALVATORE PERUGINI, Sindaco di Cosenza e vicepresidente dell'ANCI. Proprio perché abbiamo tempi stretti, mi permetto di accennare ad alcune osservazioni di carattere generale per poi entrare nel merito della questione.
In premessa, vorrei riprendere la frase che il Presidente della Repubblica, Napolitano, ha pronunciato alla Camera in occasione delle celebrazioni del centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia. È una frase che ho appuntato e che credo adatta alla situazione, infatti egli ha detto testualmente: «il Comune è la nostra istituzione più antica e radicata, tradizione storica e fulcro dell'autogoverno democratico di ogni assetto autonomistico». Ecco, credo che questa sia una verità molto importante e molto utile alla discussione di queste giornate.


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In secondo luogo, quando parliamo di federalismo istituzionale e fiscale, credo che non dobbiamo mai perdere di vista l'impianto costituzionale e non c'è dubbio che esso parta dall'articolo 114 del Titolo V. Il principio è chiaro: il sistema dei governi territoriali poggia sul principio della orizzontalità, della pari dignità tra le istituzioni, tenute insieme dal valore della leale collaborazione. Per quanto ci riguarda - e condividiamo questa posizione anche con le province - bisogna evitare che tra comuni, regioni e province vi siano forme di antagonismo, altrimenti contraddiciamo la «leale collaborazione» dettata dall'articolo della Costituzione.
Dopo questa premessa fondamentale, vorremmo proporre delle osservazioni in merito all'impostazione dello schema di decreto legislativo che si sta esaminando. Infatti, è vero che lo schema trae origine dall'articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42, tuttavia, la sua fonte principale è l'articolo 119, quinto comma della Costituzione. Quindi, nella legge sul federalismo fiscale si è disegnato un sistema in cui i Comuni devono avere una loro capacità finanziaria autonoma, cioè senza i trasferimenti, per sostenere le funzioni fondamentali dell'ente; si è riconosciuta poi la necessità di risorse aggiuntive per realizzare il contenuto dell'articolo 119, quinto comma, della Costituzione, ovvero lo sviluppo, la coesione sociale, la solidarietà, i diritti delle persone, agli interventi straordinari e così via. L'articolo 119, quinto comma, pone, quindi, come destinatari di queste risorse aggiuntive le regioni, le province e i comuni.
Se ci discostiamo da questo tema, rischiamo di promulgare norme che hanno il fondato sospetto di incostituzionalità o che comunque possono essere applicative al di là o al di sotto della delega rispetto ai principi fissati su questa particolare questione dall'articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42.
Pertanto, riteniamo che, così come formulato, questo testo vada ampiamente rivisto nella sua impostazione e anche nel merito poiché vi sono alcuni aspetti che, a nostro avviso, restano irrisolti. Infatti, come sapete - ma lo ribadisco come dato storico - in Conferenza unificata non abbiamo accordato l'intesa a questo provvedimento proprio perché riteniamo che nella formulazione attuale manchi il riconoscimento del ruolo, delle funzioni e del protagonismo delle amministrazioni comunali, facendo passare tutto attraverso le regioni.
Apro una parentesi per dire che mi dispiace che non sia presente il presidente Errani o gli altri governatori, ma sappiamo che sono impegnati in un'altra sede, quindi sono ampiamente giustificati. Tuttavia, occorre, a nostro avviso, un confronto che coinvolga tutte le parti.
Tornando nel merito, il quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione, che si riferisce al tema dello sviluppo e della coesione sociale, non può non vedere le città non dico al centro, ma sicuramente in un ruolo protagonista insieme agli altri livelli di governo territoriale per tutto ciò che riguarda la straordinarietà degli interventi. Per contro, com'è formulato il testo dello schema di decreto legislativo, i Comuni in questa fase sparirebbero. In realtà, c'è un'obiezione, ma non può riguardare i comuni. È vero, infatti che le risorse previste per questo tipo di interventi sono quelle dei FAS (Fondo per le aree sottoutilizzate), che sono di competenza regionale, ma nell'ambito di questa Commissione bicamerale non stiamo discutendo di come finanziare un intervento, bensì dell'esame del provvedimento, ovvero di come attuare concretamente i principi contenuti nell'articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42 sulla base all'applicazione del quinto comma dell'articolo 119.
Certamente le risorse sono strumenti importanti e necessari; tuttavia, non rientrano nell'impianto normativo, il quale deve avere determinate caratteristiche sia - cosa molto importante - per dare concreta attuazione al federalismo fiscale nel suo insieme, sia per realizzare concretamente i principi sanciti dall'articolo 16.
Solleviamo, quindi, una forte perplessità, considerando anche che - e questa è


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la mia ultima argomentazione di merito - così come formulato il testo è incompleto. Non si parla, infatti, dei diritti della persona, né ci sono cenni riguardo agli interventi straordinari, al tema della solidarietà e via discorrendo. Vi è, allora, una carenza che riguarda sia il requisito soggettivo, ovvero i destinatari della norma, sia il requisito oggettivo, ovvero il contenuto, che dovrebbe essere esaustivo in relazione all'applicazione dei principi stabiliti nell'articolo 16.
Se posso dare alla Commissione un contributo desunto dall'esperienza nella vita dei comuni riguardo sia alla programmazione che alla gestione di fatti emergenziali nel rapporto con la regione, porto due esempi.
Parlo come sindaco di una città calabrese, una regione afflitta dal dissesto idrogeologico, per cui ogni anno viviamo emergenze straordinarie che ci impongono di intervenire come amministrazioni locali con risorse finanziare provenienti in parte da ordinanze della Protezione civile e in parte da stanziamenti regionali. Nella mia città, in due anni, ho dovuto affrontare 3 milioni di euro di interventi di somma urgenza per consolidare frane, abitati e tutto ciò che è stato necessario. Ad oggi, in riferimento all'emergenza 2009-2010, dalla regione non abbiamo ancora avuto un euro. Questa è la prima questione.
La seconda riguarda il tema della programmazione. L'esperienza che abbiamo vissuto attraverso il rapporto diretto con l'Unione europea in relazione ai fondi Urban non è lo stesso che stiamo vivendo sul tema della programmazione con la regione. Per esempio, riguardo ai Fondi della regione per l'obiettivo convergenza 2007-2013, ormai siamo al 2011, abbiamo programmato tutto e siamo riusciti a stento a sottoscrivere, non dico un accordo di programma quadro per poi bandire la gara, ma solo un protocollo di intesa.
In sintesi, quindi, noi vogliamo che l'impianto complessivo del federalismo fiscale e istituzionale vada concretamente avanti e, a tal fine, ci mettiamo in gioco con la nostra responsabilità. Del resto, ci sentiamo attrezzati - e lo abbiamo dimostrato sul campo - per affrontare questa sfida. Ovviamente, però, le norme lo devono consentire sia attraverso un riconoscimento di pari dignità, sia attraverso un articolato normativo che fornisca princìpi e strumenti adeguati alle sfide che quotidianamente siamo chiamati a raccogliere e a giocare. Quindi, sulla base delle osservazioni che ho sinteticamente espresso e che sono contenute in un documento che lasciamo all'esame della Commissione, riteniamo che si debba ridiscutere il testo e, ovviamente, siamo pronti a dare i contributi più costruttivi possibili.

PRESIDENTE. Informo la Commissione che, purtroppo, per coincidenti impegni e alcuni ritardi, i componenti del Comitato in rappresentanza delle regioni non potranno partecipare all'audizione programmata per oggi.
Do la parola al senatore D'Ubaldo, che chiede di intervenire sull'ordine dei lavori.

LUCIO ALESSIO D'UBALDO. Secondo la nostra tempistica, i relatori dovrebbero presentare la loro relazione martedì. Ora, non credo sia capzioso rappresentare a lei e al presidente che l'assenza della componente delle regioni in seno al Comitato è - almeno per me, non so per la collega Bernini - un problema serio. Infatti, se non acquisiamo questo elemento, non possiamo impostare correttamente la nostra relazione.

ANNA MARIA BERNINI BOVICELLI. Nella mia qualità di correlatrice del collega D'Ubaldo, vorrei solo completare la sua osservazione. Soprattutto a fronte di ciò che ci stanno dicendo i nostri cortesi auditi, ovvero che in sede di Conferenza unificata è stato proposto una sorta di tema in contraddittorio tra gli enti locali, condivido - riservandomi margini più approfondita riflessione e, naturalmente, di valutare la questione con la parte politica che mi esprime, anche se stiamo parlando di un aspetto molto tecnico - la posizione del collega D'Ubaldo. Quindi, se fosse possibile senza una perdita di tempo eccessiva rispetto alla nostra tabella di marcia


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- doverosa, visto che abbiamo un termine per rendere il parere - anch'io sarei dell'avviso di audire successivamente i rappresentanti delle regioni. Del resto, penso che si sia determinato un casus, che dovremmo valutare, tra enti locali e territoriali.

MARCO CAUSI. Vorrei effettuare soltanto un richiamo al regolamento perché non vorrei che dimenticassimo - e dimenticandola la depotenzieremo - una rilevante innovazione. Infatti, non stiamo audendo ANCI, UPI e la Conferenza delle regioni, ma siamo in riunione congiunta con il Comitato dei dodici, che è un'altra cosa. Quindi è il Comitato dei dodici - in quanto tale - che ci sta comunicando che al suo interno non c'è accordo a causa di un contraddittorio tra comune, provincia e regione. Ecco, non dimentichiamo questa piccola innovazione istituzionale, i cui frutti forse non sono ancora sbocciati.
Sono, dunque, d'accordo con i due relatori per il ritorno forse non delle sole regioni, ma del Comitato dei dodici. Questo, però, deve essere valutato.

ANNA MARIA BERNINI BOVICELLI. Questo può essere fatto, se i colleghi sono disponibili. Tuttavia, non credo che si debba svolgere un contraddittorio interno, ma vogliamo solo sentire tutte le voci. Quindi, non deve nascere una questione che si dipana e si risolve davanti ai nostri occhi. Semplicemente, vogliamo sentirli tutti per una questione di politesse istituzionale.
Del resto, con il collega D'Ubaldo, siamo pienamente consapevoli di essere nell'ambito del Comitato dei dodici; la nostra era solo una forma di correttezza nei confronti degli auditi.

PRESIDENTE. Siamo stati resi edotti solo pochi minuti fa della difficoltà dei rappresentanti delle regioni di essere presenti. Colgo, naturalmente, il pensiero dell'onorevole Causi quando dice che, in seno al Comitato dei dodici, dobbiamo audire un unico soggetto, composto da diversi rappresentanti, e non una pluralità di soggetti.
In ogni caso, credo che chiederemo copia di un documento che il presidente Errani volesse o avesse voluto consegnare qui oggi, se fosse stato presente, per averlo agli atti.
Inoltre, chiedo agli uffici di verificare - anche se credo che sia difficile - se c'è la possibilità che le regioni, nell'ambito dell'unicum che è il Comitato dei dodici, potessero essere presenti martedì. Ovviamente è difficile, ma glielo chiediamo, visto che sono state loro a mancare. Tuttavia, nel momento in cui non ci fossero, martedì, al momento della riunione della Commissione, riuniremo un ufficio di presidenza nel quale eventualmente modificheremo i termini secondo le aspettative dei relatori. Chiaramente, se nel frattempo arriverà la relazione che chiederemo, ve la consegneremo.
Dopo aver discusso dell'ordine dei lavori, continuiamo l'audizione con i rappresentanti dei comuni. Quindi, prima di dare la parola all'assessore Rosati, chiedo al sindaco Tosi se vuole esprimere il suo parere riguardo allo schema di decreto oggetto dei nostri lavori.
Do la parola a Flavio Tosi, sindaco di Verona.

FLAVIO TOSI, Sindaco di Verona. Molto è stato detto dal collega che mi ha preceduto. Ovviamente, la mia posizione è ampiamente favorevole al provvedimento sia per le nuove modalità di finanziamento degli enti locali sia per le responsabilità che finalmente vengono attribuite, sia per la nuova autonomia. Questo lo dico per convinzione politica, ma anche da sindaco.
Comprendo, quindi, lo spirito positivo che c'è intorno a questa riforma. Tuttavia, vi sono alcuni punti sui quali, forse, conviene soffermarsi. È chiaro che la presenza dei rappresentanti delle regioni all'interno Comitato dei dodici potrebbe portare a un confronto e, anche se non proprio a trovare delle soluzioni, a individuare delle proposte condivise.
Resta il fatto che, come ha fatto presente chi mi ha preceduto, il ruolo dei comuni è un po' svilito all'interno dello schema di questo decreto legislativo. È


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ovvio che la regione ha un ruolo di programmazione e di coordinamento e che ha una facoltà legislativa in relazione alla quale le sono giustamente attribuite diverse prerogative, però, per quanto riguarda questo provvedimento, nell'ambito delle funzioni che vengono svolte ed assegnate, il ruolo dei Comuni - che hanno capacità di sviluppo del territorio, di programmazione, di realizzazione infrastrutture e che, quindi, gestiscono in misura importante risorse destinate a questo scopo - ne esce, a nostro avviso, un po' sminuito. È giusto che ci si confronti con le regioni rispetto - ripeto - ai compiti di cornice e di indirizzo d'insieme che esse hanno, però, in un contesto come questo, per la loro specificità e per il loro ruolo, i Comuni devono essere coinvolti, anche in relazione alle loro competenze sul territorio; ragion per cui credo che un accento in questo senso vada posto, altrimenti si rischia veramente di escluderli dalla fase di «concertazione», nella quale devono essere necessariamente presenti.
Io stesso, in passato, ho coperto dei ruoli anche all'interno del Consiglio regionale e della Giunta regionale e, avendo potuto operare nell'una e nell'altra sfera di competenza, credo che questa esclusione - non formale, ma di fatto - dei Comuni all'interno di questo provvedimento debba essere valutata dal Governo. E non lo dico per fare una rivendicazione di parte: non avrebbe alcun senso. Tuttavia, credo che, rispetto alla portata epocale del provvedimento, che dà una svolta a un'impostazione ultradecennale, sia profondamente sbagliato che i Comuni non abbiano voce in capitolo su questa tematica.

PRESIDENTE. Ringrazio il sindaco Flavio Tosi. Do la parola l'assessore provinciale di Roma, Antonio Rosati, in rappresentanza del presidente Zingaretti.

ANTONIO ROSATI, Assessore al bilancio della provincia di Roma e coordinatore UPI assessori al bilancio. Grazie, presidente. Aggiungo brevemente - visto che anche i tempi ci consigliano rapidità - che le province hanno una posizione condivisa, anche con i comuni. A questo proposito, anche noi abbiamo presentato un documento.
In generale, riteniamo che il provvedimento contenga un vizio d'impostazione. Infatti, siccome si parla dei fondi FAS, che riguardano principalmente le regioni, e si ipotizza una trasformazione nel loro utilizzo, è stato privilegiato il rapporto - pur necessario - con le regioni.
Ora, al di là del merito e della tipologia delle risorse per realizzare grandi investimenti infrastrutturali di riequilibrio, è evidente che è un fatto storico - consolidato anche in letteratura - che i comuni e le province sono gli enti locali più vicini e hanno dimostrato capacità di sviluppo locale e di investimento. C'è un'amplissima letteratura - ripeto - che dimostra che i comuni, le province e gli organismi di area vasta sono gli enti che privilegiano gli investimenti nelle loro funzioni. Quindi, dal momento che stiamo parlando di interventi che dovrebbero riequilibrare o comunque sostenere lo sviluppo e la crescita economica, non tener conto di comuni e province mi sembra un abbaglio che discende, probabilmente, proprio dal fatto che si parla di FAS. Infatti, siccome a proposito di questi fondi si è sempre - storicamente e correttamente - interagito con le regioni, si è pensato di mantenere questa impostazione. Occorre, invece, considerare che stiamo parlando di sviluppo, di investimenti e di riequilibri territoriali, per cui con questo impianto si rischia di entrare in grande contraddizione con tutto il lavoro che stiamo facendo. Tra enti locali, Governo, federalismo e legge n. 42 c'è una contraddizione enorme. Siamo portati, perciò, a ritenere che vi sia stato un piccolo errore, una piccola confusione d'impostazione, altrimenti ci sarebbe - ripeto - una contraddizione enorme.
Vi ricordiamo, infine, che in questo Paese su 100 euro di investimenti pubblici 50-60 euro sono realizzati da comuni e province. Pertanto, questo sarebbe un gravissimo errore di impostazione anche di politica economica. Ecco, basta prendere atto di questo. Credo, invece, che non si siano considerate la ricaduta, l'origine e le


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finalità di questo provvedimento che, peraltro, può essere molto interessante.

PRESIDENTE. Ringrazio l'assessore Rosati.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MARCO CAUSI. Pongo alcune domande veloci. Prima di tutto, voi consigliate giustamente di prestare attenzione all'articolo 16 della legge 5 maggio 2009, n. 42 che comprende molto di più delle sole politiche di sviluppo e di coesione (che, del resto, sono molto importanti per l'Italia per via del dualismo). Sotto questo aspetto, sareste soddisfatti se in questa sede il Governo prendesse l'impegno di considerare questo soltanto il primo di altri decreti, nel senso che questo riguarderebbe solo le politiche di sviluppo e coesione e vi sarebbero poi ulteriori provvedimenti per tutto il resto, oppure ritenete di mantenere l'impostazione secondo la quale l'attuazione dell'articolo 16 debba passare attraverso un solo del decreto? Questa è una prima valutazione.
In secondo luogo, dato che in Italia le politiche di sviluppo e di coesione hanno un ruolo importante e storicamente molto consolidato, anche dal punto di vista politico perché parlano ai territori a bassa capacità fiscale, vorrei richiamate l'attenzione sul tema degli investimenti ordinari di comune e provincia. Si tratta, infatti, di un argomento rilevante perché nel «decreto comuni» e nel «decreto regioni» abbiamo affrontato la questione della spesa corrente e di come smontarne e rimontarne il finanziamento - è ovvio che poi i giudizi divergono; in qualche caso lo abbiamo fatto bene, in qualche altro no - però non è stato ancora affrontato il tema della spesa in conto capitale di comuni, province e regioni. Del resto, la spesa in conto capitale delle regioni, se non si considerano i FAS, è proprio niente. Invece, affrontare il tema della spesa ordinaria di investimento è importante perché le modalità con cui questa si finanzia sono rilevanti (quanto debito, quale tipo di regola di bilancio, che fine faranno gli attuali fondi di trasferimenti in conto capitale e così via).
Vengo, dunque, alla seconda domanda. Avrebbe senso, secondo voi, e sareste in grado, come Comitato dei dodici - magari, in questo caso, anche con le regioni - di chiedere al Governo di bloccare le lancette dell'orologio su questo decreto per mettere in campo anche la parte del finanziamento ordinario che nei precedenti decreti non è stata ancora esaminata? Infatti, aggiungendo anche l'ordinario, si può verificare il funzionamento più in generale.
La terza e ultima osservazione riguarda ancora le politiche di sviluppo e di coesione, ovvero le politiche per le aree sottoutilizzate. A questo riguardo, voglio informare i colleghi relatori che sono d'accordo con la richiesta di comuni e province. D'altra parte, anch'io ho avuto la stessa esperienza del sindaco Perugini, quando il comune di Roma cercò di entrare nella spesa dei fondi FAS della regione Lazio. Ecco, è meglio non parlarne; e si tratta del comune di Roma che ha il 54 per cento degli abitanti della regione, immagino cosa possa capitare ai comuni più piccoli. Credo, dunque, che occorra incardinare meglio il ruolo dei comuni che, anche dal punto di vista della capacità di appalto e della capacità amministrativa, sono enti che coprono molti fabbisogni del territorio.
Tuttavia, ricordate che alle regioni è riconosciuto questo ruolo sulle politiche di sviluppo e di coesione perché lo chiede l'Unione europea, che lo ha attribuito a tutte le regioni d'Europa al fine di individuare un numero contenuto di interlocutori (infatti, l'Unione europea non può parlare con 50.000 o 100.000 comuni).
Nelle prossime ore, dobbiamo, quindi, ragionare per trovare una modalità attraverso la quale i comuni e le province possano stare dentro al processo delle politiche di sviluppo e di coesione, senza eliminare la regione come interlocutrice, come è stabilito dai regolamenti comunitari. Ecco, se questa è una strada su cui lavorare, lo facciamo.


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ROLANDO NANNICINI. Condivido l'introduzione e anche alcune osservazioni, tuttavia vorrei porre una domanda che ha anche un carattere politico. Si può riaprire, con il nostro sostegno, una discussione seria nel Comitato dei dodici riguardo al quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione? Infatti, quando esso recita «per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona» l'espressione «i diritti della persona» sembra troppo astratta.
D'altra parte, certe situazioni sono ben note, ma, quando la Banca d'Italia ci porta dei dati relativi alle condizioni dei servizi sanitari gestiti dalle regioni e ci consegna una carta in cui sono contrassegnate con il blu le zone in cui si realizza il 75 per cento dei parti cesarei, questo significa che si ha una carenza infrastrutturale nel settore sanitario. In un'altra pagina dello stesso rapporto della Banca d'Italia, è riportato lo stato delle scuole italiane di competenza di comuni e province: chi è senza riscaldamento, chi senza tetto, chi senza pavimento e così via. Anche qui vi è una carenza.
Allora, il quinto comma dell'articolo 119 non riguarda i fondi FAS. Infatti, questi sono relativi allo sviluppo, mentre il tema principale è un altro. A questo proposito bisogna essere netti, altrimenti si gira intorno ai problemi.
È incomprensibile come lo schema di decreto in esame sia maturato nello spirito del Titolo V della Costituzione - vituperato, perché chi dice che è fatto bene, chi male - ma è la nostra Costituzione repubblicana che dice con chiarezza «per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona», che parla di «sviluppo economico», di riequilibrio e poi conclude affermando che «lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e regioni». Il tema delle autonomie, quindi, riguarda complessivamente anche le regioni. Non si configura una separazione. Se, invece, qui si ridiscute in un momento di crisi di quale parte appartenga a ciascuno, non avviamo un processo. La domanda secca che pongo al sindaco Perugini è se è possibile riaprire una discussione su questo.
Ad ogni modo, credo che occorra un'unitarietà e che in questo schema di decreto non sia attuato né l'articolo 16 della legge n. 42, né il quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione. Ciò significa che ci dovremo battere come commissari affinché sia corrispondente al dettato costituzionale.

LUCIO ALESSIO D'UBALDO. La questione che pongo si trova sulla stessa lunghezza d'onda delle osservazioni, che considero molto importanti, del collega Nannicini. Vorrei avere la vostra opinione in merito alla riduzione del dispositivo di applicazione dell'articolo 119 della Costituzione ai soli investimenti, mentre a me pare che - FAS o meno - qui non parliamo solo di spese in conto capitale. Infatti, i diritti della persona non si risolvono solo sulla base di un intervento speciale, quindi, evidentemente, l'articolo 119 recita qualcosa di diverso. Allora, forse, dobbiamo ragionare in modo più sofisticato.

PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

SALVATORE PERUGINI, Sindaco di Cosenza e vicepresidente dell'ANCI. L'onorevole Causi, per ragioni regolamentari, ha chiarito la nostra funzione in questa sede. Secondo me, è giusto ribadire che siamo qui in quanto sindaci designati dalle nostre associazioni, ma non siamo né l'ANCI né l'UPI. Pertanto può darsi che io abbia un'idea e il sindaco Tosi ne abbia un'altra, ma ci rispettiamo reciprocamente, così come con il collega di Roma.
Rapidamente, anche se in maniera disordinata, vorrei dire che credo sia giusto così: i diritti della persona toccano, più che la spesa in conto capitale, la spesa corrente, perciò credo vada riaperta la discussione. Del resto, qui non si parla di diritti della persona - e questa è una delle lamentele che avanziamo - per cui, se li inseriamo, occorre spiegare bene con quali risorse si realizzano.


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Più in generale, abbiamo sempre sostenuto un principio di contestualità, che non possiamo che ribadire, ovvero, applichiamo la legge n. 42 nel modo più complessivo e uniforme possibile, anche se ci sono momenti di accelerazione e rallentamenti, ossia un iter governativo e parlamentare rispetto al quale non esprimiamo valutazioni di censura, ma ne prendiamo atto e, di volta in volta, ci apprestiamo a dare il nostro contributo.
Per rispondere all'onorevole Causi, noi vorremmo che l'articolo 16 venisse applicato compiutamente e in un'unica sede. Infatti, non so che tipo di impegni possa prendere il Governo: certamente, se ci sarà una proposta, la valuteremo. Tuttavia, crediamo che l'articolo 16 vada complessivamente applicato attraverso questo schema di decreto legislativo opportunamente adeguato in base ai rilievi che presentiamo.
Inoltre, quando parliamo di «pari dignità» rispetto alle regioni, non puntiamo a fare il gioco alla rovescia, ovvero a contare più di loro. Come ricordavano l'onorevole Causi e il sindaco Tosi, noi chiediamo la pari dignità perché sappiamo, per esempio, che sulla coesione sociale la regione deve avere un ruolo fondamentale di programmazione, quali che siano i fondi destinati a questo scopo. Per contro, lamentiamo - mi sembra sia evidente - che, rispetto a queste destinazioni di risorse, non è possibile che giochiamo un ruolo marginale. D'altronde, la coesione sociale si realizza innanzitutto attraverso le città.

ANTONIO ROSATI, Assessore al bilancio della provincia di Roma e coordinatore UPI assessori al bilancio. A nome dell'UPI, credo che potremmo anche valutare un eventuale impegno del Governo in tal senso, anche se l'articolo 16 va considerato contestualmente.
Tuttavia, dobbiamo aver chiaro che certamente i diritti della persona sono, a livello di bilancio, il titolo primo per chi amministra, mentre il titolo secondo sono gli investimenti, a cui mi riferivo quando parlavo di sviluppo locale. D'altra parte, sappiamo che in sede comunitaria il punto di riferimento sono - e guai se non fosse così - le regioni; ciò nonostante non vorremmo che si pensasse di far tornare le regioni sedi appaltanti, perché questo è stato un errore storico sul versante del titolo secondo, ovvero degli investimenti. Per essere realizzati presto e bene - poi giudicheranno i cittadini - gli investimenti devono riguardare i comuni, le province e gli enti di area vasta. Dunque, fermo restando l'ineludibile ruolo regionale di programmazione, noi insistiamo per questa funzione.
Ciò detto, è evidente che possiamo valutare altre proposte; abbiamo fatto uno sforzo e un cammino comune, quindi ci mancherebbe che ci sottraessimo a questo punto. Ci permettiamo, però, di ricordarvi che se si introduce la questione dei diritti della persona - aspetto molto impegnativo - dobbiamo capire bene, come diceva il sindaco, quali sono le risorse e da dove provengono. Questa è la questione.
In sintesi, si potrebbe partire dallo sviluppo locale e dagli investimenti, importanti soprattutto in questa fase delicata dello sviluppo del Paese. In ogni caso, non possiamo prescindere dagli enti locali: sarebbe un errore, un ritorno indietro dal punto di vista concettuale e anche della letteratura.

FLAVIO TOSI, Sindaco di Verona. Credo che, evidentemente, si stia discutendo anche di modifica dell'utilizzo dei fondi FAS, in merito al rapporto 85-15 per cento. Vi sono, quindi, diversi punti da valutare.
Tuttavia - rispetto a quanto è stato sollevato prima da chi ha dovuto assentarsi per impegni che conosciamo e comprendiamo, anche se dispiace interloquire con chi è assente - bisogna tener conto, all'interno di questo provvedimento e soprattutto di quelli attuativi, che è vero che vi sono carenze infrastrutturali, come quelle citate del sistema socio-sanitario (peraltro di dati ve ne sono numerosissimi ed, essendo stato assessore alla sanità del Veneto, ne ho visti diversi in passato), ma è anche vero che questi deficit non derivano


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da scarse risorse attribuite; anzi spesso chi ha ricevuto più risorse, a prescindere dalla parte politica, peggio le ha spese. Pertanto, all'interno dei provvedimenti attuativi bisogna anche considerare questo aspetto.
Del resto, una parte dei provvedimenti attuativi riguarda anche la responsabilità, per cui credo che occorra insistere molto su questo punto per evitare che i dati riportati, relativi alle sperequazioni odierne, non possano ripetersi ulteriormente. Infatti, non si può continuare a distribuire i fondi in maniera non omogenea - certo, capisco che per un certo periodo di tempo occorra farlo per riequilibrare il sistema - e quindi nei provvedimenti attuativi dovrà esserci, come previsto, una parte importante e significativa riguardo alla responsabilità perché, purtroppo, i casi citati derivano soprattutto dall'irresponsabilità di chi ha avuto le risorse a disposizione e le ha utilizzate male.

PRESIDENTE. Vorrei informarvi, in modo che rimanga a verbale, che i componenti regionali del Comitato dei dodici, sentiti telefonicamente, hanno comunicato che invieranno entro domani la nota che avrebbero dovuto illustrare oggi. Sarà cura, quindi, della segreteria della Commissione trasmetterla ai relatori e ai membri della Commissione.

LUCIO ALESSIO D'UBALDO. Vorrei chiedere che rimanga a verbale che la nota è importante, ma che noi non lavoriamo solo attraverso l'acquisizione di note, quanto anche tramite interlocuzione. Quindi, per quanto mi riguarda, come relatore, considero che l'assenza della componente delle regioni, che in tal modo ci ha tolto la possibilità di approfondire alcuni aspetti, sia un dato da rimettere alla valutazione e all'apprezzamento dell'ufficio di presidenza.

PRESIDENTE. Vi ringrazio molto, anche a nome di tutti i componenti della Commissione.
Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna del documento consegnato dai rappresentanti delle autonomie territoriali (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,55.

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