Sulla pubblicità dei lavori:
Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3
Audizione del Commissario europeo per gli affari economici e monetari, Olli Rehn, e del Ministro dell'economia e delle finanze, Giulio Tremonti, in merito alla riforma della governanceeconomica europea (ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 2, e dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, nonché dell'articolo 46, comma 1, e dell'articolo 144-quater, comma 2, del Regolamento del Senato della Repubblica):
Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3 9 10 16 18 20
Bitonci Massimo (LNP) ... 12
Borghesi Antonio (IdV) ... 13
Cambursano Renato (IdV) ... 14
Cesario Bruno (Misto) ... 13
Ciccanti Amedeo (UdC) ... 12
Fassino Piero (PD) ... 11
Formichella Nicola (PdL) ... 15
Gozi Sandro (PD) ... 13
La Malfa Giorgio (Misto-RAAdC) ... 13
Marsilio Marco (PdL) ... 15
Mecacci Matteo (PD) ... 15
Milanese Marco Mario (PdL) ... 14
Morando Enrico (PD) ... 14
Pescante Mario, Presidente della XIV Commissione della Camera dei deputati ... 10
Rehn Olli, Commissario europeo per gli affari economici e monetari ... 5 16
Toccafondi Gabriele (PdL) ... 13
Tremonti Giulio, Ministro dell'economia e delle finanze ... 9 18
Vannucci Massimo (PD) ... 15
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l’Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia, I Popolari di Italia Domani: Misto-Noi Sud-PID; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Repubblicani, Azionisti. Alleanza di Centro: Misto-RAAdC.
Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 11,05.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 2, e dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, nonché dell'articolo 46, comma 1, e dell'articolo 144-quater, comma 2, del Regolamento del Senato della Repubblica, l'audizione del Commissario europeo per gli affari economici e monetari, Olli Rehn, e del Ministro dell'economia e delle finanze, Giulio Tremonti, in merito alla riforma della governance economica europea.
Avverto che la presente audizione deve concludersi entro le ore 12,45 e che, pertanto, dobbiamo organizzare i nostri lavori secondo modalità ordinate e disciplinate.
Secondo quanto convenuto, quindi, gli interventi del Commissario europeo e del Ministro dell'economia e delle finanze avranno una durata di 20 minuti ciascuno. I tempi per porre domande o formulare osservazioni da parte dei deputati e dei senatori componenti delle Commissioni - complessivamente pari a 35 minuti - sono stati ripartiti tenendo in considerazione la consistenza dei gruppi parlamentari. Prego i rispettivi capigruppo di organizzare, nell'ambito di questi tempi, gli interventi dei colleghi che desiderino prendere la parola e di far pervenire i nominativi al tavolo della presidenza. In base alla consistenza dei gruppi i tempi a disposizione degli stessi sono i seguenti: Popolo della Libertà 10 minuti, Partito Democratico 9 minuti, Lega Nord Padania 4 minuti, Futuro e Libertà per l'Italia 3 minuti, Unione di Centro 3 minuti, Italia dei Valori 3 minuti, Gruppo Misto 3 minuti. Ciascun gruppo potrà ripartire come ritiene il tempo disponibile tra i
propri componenti. Il tempo restante sarà, ovviamente, a disposizione per la replica del Commissario Rehn e del Ministro Tremonti.
Desidero rivolgere un sentito ringraziamento al Commissario europeo per gli affari economici e monetari Olli Rehn, che, nonostante gli impegni alquanto intensi di queste settimane, si è dichiarato disponibile a svolgere l'audizione odierna presso il Parlamento italiano.
L'audizione è stata originariamente programmata dalle Commissioni bilancio e politiche dell'Unione europea della Camera dei deputati, nel quadro dell'attività istruttoria relativa alle sei proposte legislative di riforma del sistema di governance economica europea presentate dalla Commissione europea il 29 settembre scorso. Successivamente, l'audizione è
stata estesa ai componenti delle omologhe Commissioni del Senato della Repubblica, nonché alle Commissioni affari esteri dei due rami del Parlamento.
Ricordo come le Commissioni bilancio e politiche dell'Unione europea della Camera abbiano manifestato una costante attenzione per le iniziative assunte nell'ambito dell'Unione europea in relazione al manifestarsi della crisi economica e finanziaria.
In particolare, sono stati oggetto di esame da parte delle due Commissioni il documento di lavoro della Commissione europea «Consultazione sulla futura strategia UE 2020», la proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento n. 479/2009 del Consiglio per quanto riguarda la qualità dei dati statistici nel contesto della procedura per i disavanzi eccessivi e la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Rafforzare il coordinamento delle politiche economiche».
In merito a ciascuno di questi tre atti le Commissioni, in data, rispettivamente, 11 marzo, 1o luglio e 30 luglio 2010, hanno approvato un documento conclusivo recante le loro valutazioni al riguardo e lo hanno trasmesso al Governo, al Parlamento europeo e alla Commissione europea.
Inoltre, il 12 novembre 2010, la Commissione bilancio della Camera dei deputati si è espressa con una risoluzione in merito al progetto del Programma nazionale di riforma per l'attuazione della Strategia Europa 2020.
Mi si consenta inoltre di ricordare che la Commissione bilancio e l'Assemblea del Senato hanno esaminato gli schemi dei regolamenti dell'Unione europea sulle procedure di sorveglianza e coordinamento delle politiche economiche europee. L'esame si è concluso con l'approvazione di una risoluzione da parte dell'Assemblea del Senato. Il Senato, dopo una discussione in Commissione, si è inoltre espresso a favore del progetto di Programma nazionale di riforma per l'attuazione della Strategia Europa 2020.
Dal complesso degli atti che ho richiamato emerge, con chiarezza, come la riforma della governance economica venga considerata dal Parlamento italiano determinante non solo per contrastare la crisi recente, di cui si avvertono ancora gli effetti, ma anche per realizzare una stabile difesa per i Paesi dell'Unione europea nei confronti di futuri squilibri, turbolenze e manovre speculative che dovessero interessare il sistema finanziario internazionale.
A tal fine, la nuova governance dovrà rafforzare i vincoli di solidarietà politica tra i Paesi membri, manifestare una profonda unità di intenti, nonché la determinazione degli stessi Paesi nel difendere la stabilità dell'euro, dotando le istituzioni dell'Unione degli strumenti idonei a conseguire tale obiettivo.
Il Parlamento italiano ha espresso un'unanime adesione all'impostazione della Commissione europea volta a realizzare, attraverso un esame contestuale dei Programmi di stabilità e dei Programmi nazionali di riforma, il coordinamento ex ante delle politiche economiche dei Paesi dell'Unione, valutando in un unico quadro le politiche di bilancio e le politiche per la crescita e l'occupazione, in modo da garantire il perseguimento congiunto degli obiettivi di rigore finanziario e di sviluppo economico.
In questo quadro meritano particolare apprezzamento le proposte della Commissione in materia di sorveglianza macroeconomica, dirette ad assicurare un'approfondita valutazione ex ante sulla qualità e sulla sostenibilità dei processi di sviluppo, attraverso un insieme di indicatori di rischio in grado di evidenziare l'effettiva situazione economica e finanziaria degli Stati membri.
Lo stesso rafforzamento del Patto di stabilità, giustamente orientato a fornire adeguati incentivi e a ridurre il debito pubblico in tempi favorevoli, sembra poter dare i risultati attesi solo se collocato in
questo più ampio e ambizioso disegno di riforma della governance economica europea.
Prima di dargli la parola, desidero, infine, far presente al Commissario Rehn che presso la Camera dei deputati è stata presentata in questi giorni una proposta di legge, sottoscritta da me e dai rappresentanti di tutti i gruppi politici presenti in Parlamento, volta a modificare la normativa vigente in materia di contabilità e di finanza pubblica, in modo da tener conto dell'introduzione del semestre europeo. L'obiettivo di fondo della proposta è quello di realizzare uno stretto coordinamento tra programmazione nazionale ed europea, promuovendo un pieno coinvolgimento del Parlamento anche nelle nuove procedure europee.
Ringrazio di nuovo il Commissario Rehn e gli do la parola.
OLLI REHN, Commissario europeo per gli affari economici e monetari. Grazie, presidente e onorevoli parlamentari. È un grande onore beneficiare di questa straordinaria possibilità per uno scambio sul miglioramento e sul rafforzamento della governance economica nell'Unione europea, con la possibilità di farlo anche in presenza del Ministro Giulio Tremonti.
Purtroppo la crisi mi ha impedito di recarmi in visita a Roma in un momento precedente, ma in questa fase e in questo snodo cruciale per la governance economica e per la riforma economica europea annetto una grandissima importanza alla mia presenza qui e alla possibilità di uno scambio di vedute con il Parlamento italiano.
L'Italia è uno dei membri fondatori dell'allora Comunità europea ed è sempre stata una leader. Ha rivestito una posizione di guida nell'integrazione europea e svolge un ruolo fondamentale con riferimento alle riforme che l'Europa deve intraprendere a seguito della crisi finanziaria ed economica e della situazione di recessione attuale.
La crisi ha assunto un carattere sempre più sistemico. Abbiamo, quindi, bisogno di una risposta altrettanto sistemica e complessiva, che unisca provvedimenti di natura orizzontale ad azioni-Paese, azioni specifiche. Occorrono, quindi, misure orizzontali di rafforzamento della governance economica, che hanno un carattere fondamentale per salvaguardare la credibilità e per far riprendere l'economia europea.
La crisi ha colpito in maniera fondamentale le nostre economie e, quindi, anche la risposta a livello politico deve avere carattere fondamentale. Se gli anni Novanta sono stati il decennio in cui è stata costruita l'Unione economica e monetaria e gli anni Duemila sono stati il decennio della sua concretizzazione, oggi ci troviamo all'inizio di un decennio che ne vedrà la riforma di fondo.
Alla base di queste proposte di riforma ci sono le sei proposte giuridiche della Commissione adottate il 29 settembre e volte a migliorare la governance economica nell'Unione. Tali proposte sono scaturite da un'intensa fase istruttoria, ivi compreso il lavoro della task force sulla governance economica presieduta dal Presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy. Su questa base sono grato della possibilità di illustrarvi e presentarvi oggi le proposte della Commissione.
Prima di addentrarmi nello specifico delle misure normative, forse è opportuno collocarle in una prospettiva storica, non in quella della storia remota, ma in quella dello scorso decennio, il primo dell'euro.
Negli ultimi dieci anni si sono accumulate alcune divergenze tra le economie dei Paesi membri dell'Unione. In alcuni si è verificata una crescita della domanda interna con boom creditizi e crescita dei salari e dei prezzi. Tutto ciò ha, però, recato nocumento alla competitività.
Ieri mi trovavo ad Atene. Vi ho passato 36 ore molto intense e devo rilevare che la Grecia è proprio un caso esemplare di questo tipo.
In altri Paesi, invece, la crescita della domanda interna è stata lenta ed essi hanno in realtà guadagnato in competitività perché i loro costi sono caduti rispetto alla concorrenza. La Germania - ciò non vi sorprenderà - è un esempio di questo secondo caso.
Grazie al settore bancario relativamente solido e al debito privato relativamente basso l'Italia è riuscita a evitare l'insorgere di grandi squilibri esterni. Allargando lo sguardo a tutta l'Europa, però, in molti casi né i mercati, né la politica sono riusciti a offrire la disciplina necessaria a impedire l'insorgere di squilibri pericolosi.
Queste divergenze tra le economie dei Paesi erano veramente ampie quando, nel 2008, la crisi finanziaria le ha colpite. Il settore finanziario non è stato in grado di assorbire i rischi assunti, che si sono concretizzati in una spirale discendente, rendendo impossibile una lenta e ordinata correzione degli squilibri economici. La situazione ha provocato esposizioni particolarmente gravi dei Paesi le cui finanze pubbliche non erano in ordine, Paesi che già necessitavano di una riforma strutturale.
A mio modo di vedere, l'Italia ha fatto fronte relativamente bene alla crisi. Entro il 2012, infatti, anzi già dall'anno prossimo, le nostre previsioni di autunno, le più recenti e ampie previsioni economiche, indicano che l'Italia dovrebbe tornare ai tassi di crescita precedenti alla crisi.
Inoltre, il Governo italiano ha mantenuto una posizione di bilancio fiscale prudente per prevenire eventuali percezioni dei mercati rispetto al rischio Italia e a eventuali rischi finanziari.
Il vostro Paese è di fronte, come saprete, a una doppia sfida per quanto riguarda la politica economica. In primo luogo, vi è la riduzione del rapporto debito pubblico/PIL verso la soglia del 60 per cento, il valore di riferimento fissato dal Trattato. In secondo luogo, deve rafforzare il potenziale di sviluppo della propria economia attraverso riforme strutturali. Nelle valutazioni della Commissione questa è la duplice sfida di politica economica che l'Italia deve raccogliere.
Con questo quadro storico in mente, le riforme della governance economica si propongono di rafforzare sia la dimensione fiscale di bilancio, sia quella macroeconomica e della sorveglianza economica dell'Unione.
Signore e signori, onorevoli parlamentari, inizio con alcune osservazioni sulla sorveglianza fiscale, collegata ovviamente al Patto di stabilità e di crescita. L'idea di base di queste proposte è che politiche fondate su alcune regole possano far crescere il benessere.
Effettivamente le generazioni attuali, in assenza di regole chiare, possono esercitare pressioni molto forti sulla politica per risolvere i conflitti di distribuzione a danno delle generazioni future. Per esempio, la generazione attuale potrebbe voler consumare le entrate impreviste invece di utilizzarle ai fini della riduzione del debito e, quindi, del tasso d'interesse che le generazioni future devono pagare.
È superfluo osservare che l'Italia non ha fatto eccezione in passato, perché, dopo aver realizzato corposi avanzi primari nella fase che ha preceduto l'Unione economica e monetaria, ha utilizzato le maggiori entrate e i risparmi che derivavano dai minori tassi di interesse per aumentare la spesa anche nel momento in cui la congiuntura era favorevole e non necessitava di stimoli economici.
È in questo quadro che noi proponiamo due nuove regole. Abbiamo battezzato la prima politica fiscale prudente, politica di bilancio prudente. Si tratta di un'idea logica e semplice: gli Stati membri non devono incrementare la spesa al di sopra di un tasso medio prudente della crescita economica di medio periodo, a meno che le maggiori spese non vengano finanziate con la leva dell'entrata, per esempio aumentando la fiscalità. In questo caso le eventuali maggiori entrate verrebbero utilizzate per la riduzione del debito piuttosto che per aumentare la spesa. Questa è la prima regola.
La seconda regola riguarda l'EDP, cioè la Excessive Deficit Procedure, la procedura per disavanzi eccessivi, una procedura volta a correggere eventuali violazioni dei due valori di riferimento di Maastricht.
Il Trattato fa riferimento al criterio del disavanzo e/o del debito. Questo punto è spesso stato dimenticato prima della crisi. Le riforme proposte dovrebbero rendere
possibile aprire una procedura per disavanzo eccessivo anche solo sulla base del criterio del debito, fissando un parametro numerico per valutare se il rapporto debito-PIL stia diminuendo in maniera sufficiente, come dispone il Trattato.
Di nuovo, si tratta di una proposta intuitiva e logica. Il parametro sarà più rigoroso: quanto più alta sarà la posizione debitoria iniziale, tanto più basso sarà il tasso di crescita. Rimane, comunque, un margine di manovra per un ragionamento di natura economica, tenendo presenti eventuali fattori attenuanti, quali condizioni congiunturali ovvero passività pensionistiche implicite basse, come nel caso dell'Italia. Ne abbiamo parlato tante volte all'Eurogruppo con il Ministro Tremonti.
Inoltre, la mancanza di disciplina dovrà avere conseguenze quasi immediate ed essere meno esposta al negoziato politico. È chiaro, tuttavia, che imporre sanzioni in piena crisi non sarebbe utile, una volta che il danno è compiuto. In una fase precoce, in realtà, le sanzioni aumentano la credibilità delle regole e possono indurre correttivi tempestivi. Noi proponiamo, quindi, un approccio graduale con sanzioni via via più severe per i Paesi dell'Eurozona.
Fornisco una breve spiegazione. Si tende a pensare al caso greco, ma all'inizio dell'anno in Grecia il danno era già stato compiuto e non avrebbe avuto alcun senso imporre le sanzioni a cose fatte, prendendo fondi dalla mano destra e, al tempo stesso, erogando prestiti con la sinistra.
Il nuovo regime sanzionatorio verrebbe applicato in casi come il Lussemburgo o la Finlandia. Per esempio, se in Finlandia, dopo le elezioni del prossimo mese di aprile, il nuovo Governo avviasse politiche di bilancio totalmente irresponsabili, con un disavanzo superiore al 5 per cento anziché dell'1 per cento, già in quella fase la Commissione potrebbe suggerire e il Consiglio potrebbe deliberare l'imposizione di una sanzione che in primis dovrebbe essere un deposito fruttifero. La Finlandia eviterebbe un'ammenda adottando misure correttive volte a ridurre il disavanzo. Questo sarebbe il funzionamento del nuovo sistema, che terrebbe conto anche delle condizioni del ciclo economico e si innescherebbe in una fase precoce.
Da ultimo, tutti i livelli di governo dovranno adottare politiche finanziarie sane. Dobbiamo garantire un minimo di coerenza e di qualità nel quadro dell'Unione economica e monetaria, ma ricordiamo bene che non esiste una soluzione adatta per tutti. Nella nostra proposta di direttiva sul quadro finanziario gli Stati membri hanno, pertanto, un'ampia scelta per quanto riguarda le modalità attuative.
Per esempio, l'Italia ha migliorato il proprio quadro di bilancio recentemente, riformando la contabilità pubblica e il processo di bilancio, anche se è auspicabile una maggiore efficienza ai livelli più bassi di governo, per esempio a livello locale.
Come ho affermato nella mia introduzione, ci siamo trovati di fronte a gravi difficoltà perché, proprio durante la crisi, si sono concretizzati alcuni squilibri macroeconomici che sono sfociati in alcune spirali discendenti, addirittura trasformando il debito privato in debito pubblico. Questo è successo in Irlanda, per esempio.
Dobbiamo essere in grado di rilevare e di individuare i problemi, ma anche di agire, quando ci troviamo di fronte a squilibri macroeconomici gravi. Per questo motivo proponiamo di concepire un quadro di valutazione di indicatori macroeconomici, che ovviamente avrà carattere indicativo e dovrà essere corredato da un'analisi economica, nonché da un'analisi specifica sui singoli Paesi.
Se questo sistema dovesse poi sfociare in raccomandazioni, siamo consapevoli che uno squilibrio può avere una molteplicità di cause e può essere affrontato in diversi modi. Ci concentreremo sulla qualità della risposta politica e non tanto su un mero criterio numerico che preveda un determinato disavanzo delle partite correnti o un determinato livello del debito privato.
Per riassumere, questi due pilastri, da un lato la politica fiscale di bilancio e dall'altro gli squilibri macroeconomici,
hanno una natura diversa. Da un lato c'è la sorveglianza di bilancio a carattere preventivo, volta a prevenire casi come quello greco, dove ci siamo trovati di fronte a una crisi multipla, ma essenzialmente fiscale e di bilancio, dall'altro il secondo pilastro, quello della correzione degli squilibri macroeconomici, mira a identificare e a prevenire l'accumularsi di squilibri, come abbiamo visto nel caso irlandese o in quello spagnolo.
Onorevoli parlamentari, signori e signore, ho già sottolineato come la crisi abbia colpito in maniera particolarmente grave Paesi che avevano già bisogno, di per sé, di riforme strutturali. Dobbiamo affrontare con grande determinazione la sfida sul fronte della crescita, perché è l'unico modo di uscire dalla crisi. Al tempo stesso, nel momento in cui i bilanci statali debbono essere consolidati, dobbiamo anche accelerare il ritmo delle riforme strutturali, che possono produrre sviluppo e creare occupazione.
Le nostre priorità di crescita sono individuate e stabilite nella Strategia Europa 2020. Inoltre, gli Stati membri sono attualmente nella fase di preparazione e presentazione dei loro Programmi di riforma nazionali.
Prima di concludere svolgo alcune osservazioni su un altro elemento molto importante della nostra proposta di riforma, che sussume in sé tutte le dimensioni fondamentali della politica economica, in un quadro di equilibrio che ci dà una prospettiva complessiva della formulazione delle politiche in Europa.
Una proposta della Commissione approvata dal Consiglio è quella per cui, a far data dal prossimo anno, la sorveglianza economica vedrà un significativo cambiamento con l'introduzione del semestre europeo da gennaio a luglio. Si tratta di un periodo molto intenso per quanto riguarda la politica economica in Europa, che comprende e abbraccia tutti gli elementi della sorveglianza, ivi incluse le politiche volte a garantire la disciplina di bilancio e la promozione della stabilità macroeconomica e di una crescita sostenibile, ovviamente con un allineamento temporale. Il semestre europeo vuole, infatti, definire una posizione comune di politica economica e di bilancio a livello europeo fornendo input in maniera tempestiva nei processi di bilancio a livello nazionale.
C'è un punto che forse suscita le vostre preoccupazioni, che vorrei fugare. Ho sentito voci preoccupate del fatto che la Commissione europea inizierà a controllare o addirittura ad approvare ogni singolo capitolo di bilancio. Voglio assicurarvi che questa non è affatto la nostra intenzione. Non abbiamo né la volontà, né le risorse per farlo. La nostra analisi si concentrerebbe su ampie categorie di spesa e di entrata per individuare le linee di tendenza e di fondo del bilancio. Lo scopo del semestre europeo è proprio di dare a voi, come autorità di bilancio, un'analisi e una prospettiva europea comune.
Faremo partire il semestre europeo il 12 gennaio prossimo con l'Annual Growth Survey, l'indagine annuale sulla crescita, che esporrà la posizione della Commissione sulle priorità più urgenti, sia dal punto di vista del bilancio e della crescita, sia per quanto riguarda le priorità di politica economica negli Stati membri e a livello dell'Unione.
Onorevoli parlamentari, per concludere, alcuni anni prima della firma del Trattato di Roma, Alcide De Gasperi, uno dei padri fondatori dell'Europa, ha affermato che fare politica significa garantire risultati. Sono pienamente d'accordo. Le nostre politiche debbono produrre risultati concreti. Vi ho illustrato le proposte che abbiamo presentato a settembre tramite la task force e i contributi degli Stati membri. Siamo arrivati, quindi, a raggiungere un'ampia convergenza.
Secondo me, non solo come Commissario, ma anche come convinto europeo, il modo migliore per passare ai risultati concreti è il metodo comunitario, in base al quale la Commissione presenta le proposte, il Consiglio le approva a maggioranza qualificata e adotta decisioni in codecisione con il Parlamento europeo. Questo è, a mio avviso, il metodo che
assicura il funzionamento dell'Europa e che le consente di garantire risultati. È su questo metodo che faccio affidamento anche in questo contesto.
Il Parlamento europeo è fortemente impegnato in una tabella di marcia molto ambiziosa. Il Consiglio dovrebbe presentare ben presto una linea generale per avviare i negoziati e sono fiducioso che entro l'estate del 2011 il nuovo sistema di governance economica sarà realtà.
Complessivamente, posso affermare che queste proposte a volte possono sembrare troppo dettagliate, con emendamenti troppo minuziosi, oppure ritocchi al bilancio o alle tecniche di bilancio un po' tecnicistici, ma in realtà queste riforme ci consentono di integrare l'unione monetaria con un'unione economica autentica e funzionante. La crisi ha evidenziato che è veramente giunto il momento di infondere nuova vita all'unione monetaria con una dimensione economica autentica per rafforzare l'euro e il nostro amato e prezioso progetto politico europeo. Grazie dell'attenzione.
PRESIDENTE. Ringrazio il Commissario Rehn. Do ora la parola al Ministro Tremonti.
GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Europa, figlia di Agenore, entra sulla scena della mitologia a seguito di un trauma che ne marca il destino. L'Europa che viviamo, il nostro comune destino, entra sulla scena della storia a seguito della tragedia di una guerra. La fase che viviamo, dopo mezzo secolo, al principio di un millennio, è marcata da una crisi. «Crisi» in greco, significa «rottura di continuità, discontinuità, cambio di paradigma», per dimostrare l'intensità storica del tempo che viviamo.
È questa la ragione dell'importanza di questa riunione e del discorso tenuto dal Commissario europeo Olli Rehn, che ringrazio personalmente; la ragione e l'importanza della discussione che svolgeremo qui insieme.
Siamo tutti sufficientemente anziani per ricordare il vecchio mondo del G7 e sufficientemente giovani per vedere il nuovo mondo del G20. Se posso usare un'immagine, il vecchio mondo G7 era strutturato come un vecchio mainframe computer, rigido, verticale, geometrico, dominato da meccaniche top-down. Il mondo che viviamo è, all'opposto, flessibile, orizzontale, interattivo, federale, più simile a Internet.
Il vecchio mondo - credo sia importante ricordarlo per comprendere le cause e gli effetti della crisi che viviamo - vedeva l'80 per cento della ricchezza controllato da sette Paesi unificati da tre codici: un codice linguistico, l'inglese, un codice monetario, il dollaro, e un codice politico, la democrazia occidentale.
Il nuovo mondo vede rappresentato - seppure in modo molto asimmetrico politicamente - l'80 per cento della ricchezza escludendo l'Africa e il mondo arabo, almeno in parte, ma non è più unificato da quei tre codici: non dal codice linguistico, non dal codice monetario, perché altre monete sono apparse sulla scena, e non dal codice politico, perché a fianco della democrazia occidentale si presentano altre forme politiche intorno allo stesso tavolo. È lo scenario che ha marcato nel mondo e in Europa una discontinuità. La macchina politica dell'Europa è stata disegnata in un mondo diverso ed è entrata in un mondo profondamente cambiato.
Per noi, forse, più che per altre aree del mondo, è la fine dell'età coloniale, che è stata sempre presente, sia pure fuori dalle forme politiche classiche, nella possibilità di piazzare le nostre merci, i nostri titoli ai prezzi, ai valori e nei tempi che volevamo, e che ci ha permesso di vivere al di sopra delle nostre possibilità.
La costruzione che ha delineato nel suo importante intervento il Commissario Rehn si basa, per reazione alla crisi, su quattro pilastri stilizzabili come segue. Il primo è un ruolo diverso - ma la discussione è in atto - della Banca centrale europea, cui segue un ruolo nuovo del Fondo di stabilizzazione europeo. Su questa linea si basa la difesa esterna della nostra costruzione politica, e non solo economica, oltre che su altri due punti, i
quali sono i punti della disciplina interna, che stiamo cercando di definire. Un punto è quello delle politiche di bilancio, delle politiche economiche che si attuano in tutta Europa. Dal nord al sud, dall'est all'ovest, in tutta Europa si attuano politiche di rigore di bilancio, naturalmente graduate secondo la struttura politica ed economica dei Paesi, essendo tutti certi del fatto che il continente produce più debito che ricchezza, più deficit che prodotto interno lordo; una tendenza non più sostenibile. Naturalmente l'intensità delle politiche è diversa, ma vorrei marcare un altro punto: non esiste più un Paese che fa deficit spending. Quell'età storica è finita, non vi è la tendenza a fare spesa pubblica per avere consenso politico.
Il quarto punto è la costruzione di una governance comune che si basa sulla meccanica del semestre europeo. Dietro non c'è solo la definizione di una diversa agenda politica, ma molto di più, un trasferimento di poteri dagli Stati verso una sede comune, che non è solo una sede governativa e comunitaria, ma un insieme organico nuovo che si sta definendo. Credo che ciò sia logico: siamo un continente, abbiamo un mercato comune e una moneta comune ed è difficile continuare con ventisette governance politiche diverse; è logico unificarle.
La combinazione del semestre si sviluppa considerando, da una parte, la stabilità e, dall'altra, lo sviluppo, ma - credo - coordinandoli in una logica comune, non l'una senza l'altro e non l'altra senza l'uno e in modo diverso da Paese a Paese, secondo la realtà tipica di ciascun Paese.
Credo che in questo processo ci siano la presentazione, l'accumulazione e la discussione di materiali politici diversi e che sia dovere e potere di tutti i soggetti di questo processo formulare idee e proposte e accettare e definire, alla fine, una posizione comune comunitaria.
Per quanto riguarda il mio Paese, il Governo italiano, il Parlamento italiano, la rappresentanza nel Parlamento europeo, credo che questo processo sia attivo e in parte anche significativo. L'idea del Fondo europeo di stabilizzazione fu proposta nel 2008 dal Governo italiano, ma fu considerata non attuale. Nel maggio del 2010, tuttavia, è stata messa in atto. Altre idee che sono state proposte sono state sviluppate e sono oggetto di discussione. Credo che sia tutto assolutamente logico, perché tutto è in experimentum.
Politicamente, dovremmo capire l'equilibrio che si definisce tra crisi dei bilanci pubblici, o stabilizzazione dei bilanci pubblici, e crisi della finanza privata. La lezione che ci viene dalla crisi, anche in Europa, è nel senso che su entrambi i lati si possono presentare fattori di rischio: tanto sulle finanze pubbliche, quanto sulle finanze private. In molti casi è evidente che i debiti pubblici non sono l'input, ma l'output della crisi, trasferendo passività dal settore privato al settore pubblico.
Credo che su questo tema, soprattutto, per comprendere e definire una più equilibrata governance europea, si debba svolgere una profonda riflessione. La tendenza in atto, volta a considerare solo un lato e non anche l'altro, deve essere fatta oggetto di discussione, come quella che credo si aprirà adesso. Grazie.
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Tremonti. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, seguendo tempi e metodi europei.
MARIO PESCANTE, Presidente della XIV Commissione della Camera dei deputati. Ringrazio a nome del Popolo della Libertà il Commissario Rehn per la forte attenzione dimostrata verso il nostro Parlamento con la sua presenza odierna, che si aggiunge, e fa seguito, ad altre sue audizioni nella precedente veste di Commissario europeo per l'allargamento.
Vorrei intervenire brevemente sulla proposta del nostro Ministro Tremonti di istituire un'Agenzia europea del debito per finanziare le emissioni degli Stati membri. Si tratta di un'iniziativa che parte da molto lontano. Se non vado errato, nel 1993, l'allora Presidente della Commissione europea, Jacques Delors, avanzò un'identica proposta per finanziare, per la
verità, infrastrutture di interesse comune. Dopo diciassette anni, ma con una parentesi che mi pare coincidesse con il semestre italiano, durante il quale il Ministro avanzò appunto un'identica proposta, viene di nuovo prospettata questa esigenza, naturalmente non più collegata agli investimenti - sono quelli bei tempi passati - ma tesa a mettere in comune parte della gestione del debito dei diversi Stati, costituendo così un argine contro la speculazione.
Sul piano politico, questa proposta ha indubbiamente il merito di rilanciare l'idea di un'Europa forte, unita irreversibilmente e solidale. Attuarla sarebbe un segnale significativo per i cittadini europei, la cui fiducia per la costruzione europea è in crisi anche per l'assenza di risposte chiare e coraggiose a fronte della crisi e di molte sfide globali. Sul piano economico, per concludere, si creerebbe un mercato globale per i titoli europei, in grado di raggiungere progressivamente una liquidità comparabile a quella dei buoni del tesoro degli Stati Uniti d'America. Oltre - come ricordavo prima - a proteggere i Paesi dalla speculazione, si contribuirebbe a mantenere i capitali esistenti in Europa e ad attivarne altri, favorendo l'integrazione dei mercati finanziari europei e agevolando gli investimenti in funzione della crescita economica. A questo proposito, abbiamo preso atto della ferma e assolutamente non condivisibile opposizione del Cancelliere tedesco
Merkel: la posizione tedesca è a nostro avviso dettata, non per la prima volta negli ultimi tempi, più da logiche interne, che da motivi giuridici ed economici. Sulla linea del Ministro Tremonti abbiamo anche rilevato l'adesione del presidente dell'Eurogruppo Juncker. Riteniamo che la posta in gioco sia troppo alta per rinunciarvi, ragion per cui il mio quesito è rivolto a lei, Commissario Rehn, per conoscere il suo parere in proposito e, poi, sommessamente, al Ministro Tremonti, per chiedere quali misure intenda assumere sul piano negoziale per rilanciare e sostenere questa iniziativa. Grazie.
PIERO FASSINO. Anch'io ringrazio il Commissario Rehn, così come il Ministro Tremonti. Poiché ho pochi minuti, procedo per punti e formulo alcune domande.
Ho visto alcune dichiarazioni del Ministro Tremonti - riportate dalle agenzie stampa - che fanno riferimento al decollo della nuova governance nel 2014; ho con me un'agenzia dell'ANSA di poche ore fa. Vorremmo capire qual è esattamente l'orizzonte temporale entro cui si colloca la nuova governance. Il Commissario Rehn ha giustamente riferito che il semestre europeo decollerà - nella sua gestione - il 12 gennaio del 2011 ed è chiaro, quindi, il punto di partenza. Le nuove regole del Patto di stabilità sono, però, in via di definizione. Qual è l'orizzonte temporale entro cui dobbiamo prevederne l'entrata in vigore: il 2012, di cui si è parlato a lungo, o uno spazio temporale più ampio che arriva al 2014? È una questione che chiediamo di rendere chiara.
Passo al secondo punto. Ho apprezzato nel discorso del Commissario Rehn e nella relazione del Ministro Tremonti un'impostazione della governance europea incardinata su un binomio. È evidente che la governance europea punta a realizzare una stabilità attraverso politiche di convergenza che riducano i differenziali e che determinino un governo delle dinamiche su scala europea e non solo nazionale; però mi pare - l'ho apprezzato e vorrei una conferma su questo punto - che tali politiche di convergenza e le misure che si adottano siano ispirate da un criterio di flessibilità. Mi pare che si sia fatto riferimento a un quadro di indicatori più larghi di quelli semplicemente indicati dal Trattato di Maastricht. Il Commissario Rehn ha parlato, esplicitamente, di una valutazione flessibile degli andamenti e delle dinamiche della finanza pubblica e del quadro economico di ogni Paese nella quale gli stessi meccanismi sanzionatori
sono affidati a dinamiche flessibili a seconda dell'andamento. Penso che questo approccio sia giusto, perché dobbiamo porci il problema della sostenibilità del nuovo Patto di stabilità, soprattutto per i Paesi che sono in condizioni di maggiore
disavanzo. Chiedo conferma di ciò, perché invece spesso in questi mesi è apparso che nel dibattito europeo vi è anche chi ritiene di introdurre meccanismi molto più automatici e stringenti e parametri numerici vincolanti. Sono due approcci diversi, uno più flessibile e l'altro più rigido. È evidente che l'Italia ha interesse ad avere un approccio più flessibile, pur nel rigore dell'applicazione delle politiche, e quindi chiedo conferma di questo aspetto.
Vengo alla terza domanda. A che punto siamo con l'Autorità di vigilanza europea? Le misure sono state definite e adottate e noi pensiamo che debba essere accelerata la costituzione e l'implementazione di questa agenzia. Chiediamo che nel 2011 si possa avere un primo report sulla situazione del sistema finanziario e bancario europeo in ragione tale da avere un quadro più dettagliato di valutazione, che consenta anche di capire meglio le misure.
Non aggiungo parole alla domanda che ha già posto il collega Pescante sull'Agenzia europea per il debito e concludo con l'ultima questione: quella degli eurobond. Vorremmo sapere dal Commissario come valuta - di questo tema non ha parlato nella sua relazione - la questione degli eurobond e anche in relazione a un loro utilizzo, in una prima fase, concentrato sulla riduzione del debito e in un periodo più lungo per sostenere e attivare politiche di crescita. Noi pensiamo che le due questioni non possano essere separate. Grazie.
MASSIMO BITONCI. Innanzitutto il Gruppo Lega Nord Padania ringrazia il Commissario Rehn e il Ministro Tremonti. L'Italia, come il Commissario ha ricordato, ha affrontato bene questa crisi economica, contrastandola con appropriate politiche di rigore nei conti pubblici. La nostra grande sfida sarà rappresentata dalla riduzione del nostro grande debito pubblico e, soprattutto, dalle riforme istituzionali, come il federalismo fiscale, che diventano ora sempre più necessarie.
La crisi economica ha imposto all'Europa misure complessive e anche misure puntuali, come quelle che sta attuando il nostro Paese. Il Patto di stabilità e crescita stipulato dai Paesi europei ha evidenziato alcuni buchi, alcuni cluster, e l'introduzione di indicatori da utilizzare ai fini della sorveglianza diventa estremamente necessaria e urgente.
In passato, molte personalità hanno accusato il predecessore dell'attuale Patto di essere un Patto «stupido». A prescindere dalle responsabilità degli Stati, quanto è stato disatteso l'attuale Patto, riformato su impulso tedesco anche la volta scorsa, cinque anni fa? E soprattutto, quanto nelle vostre valutazioni sul nuovo Patto da approvare è entrata la domanda: «siamo sicuri che avremo evitato la crisi con questi accorgimenti»?
AMEDEO CICCANTI. Mi unisco ai ringraziamenti che sono stati espressi per la sensibilità del Commissario Rehn ad ascoltare anche il Parlamento italiano. Appartengo all'Unione di Centro e sono all'opposizione di questo Governo, ma condivido la proposta dell'Agenzia europea per il debito avanzata dal Ministro Tremonti e dal Presidente Juncker per le ragioni che sono già state esposte dall'onorevole Pescante. Vi è una sostanziale unità del nostro Paese a tale proposito.
Volevo porre una domanda per quanto riguarda il vertice del 16 e 17 dicembre prossimi del Consiglio europeo, in merito alle valutazioni svolte dalla task force sulle proposte giuridiche che lei ha esaminato. Esse riguardano il braccio della sorveglianza e il rilievo che potranno avere gli indicatori di rischio concernenti il debito del settore privato, le spese implicite in relazione all'invecchiamento e la stabilità del sistema bancario nel definire i nuovi parametri macroeconomici.
Noi siamo molto interessati a questi tre indicatori, perché riteniamo che il nostro Paese sia tra i migliori d'Europa per quanto concerne tali parametri che potrebbero giustificare una richiesta di mitigazione del rientro del debito pubblico, il quale rientro avrebbe effetti fortemente depressivi sulla nostra economia, come è stato ricordato da chi mi ha preceduto.
Vorrei poi sapere se l'adozione della maggioranza inversa per l'assunzione di sanzioni a seguito di raccomandazioni non richieda una modifica del Trattato, che viene invece esclusa nelle proposte di regolamento.
Passo all'ultima domanda e chiudo. Commissario, lei ha svolto ottime valutazioni sulla nostra politica di contenimento della spesa pubblica e sul mantenimento dei conti pubblici. Ritiene, quindi, di escludere che, considerato lo stato dei conti pubblici che abbiamo definito con la legge di stabilità, ci sia bisogno di una manovra aggiuntiva?
ANTONIO BORGHESI. Pongo la mia domanda al Commissario Rehn. Nella discussione in Parlamento sulla questione della Grecia abbiamo sostenuto che, in caso di default e di ristrutturazione del debito, i sacrifici per i cittadini non sarebbero stati diversi da quelli che ci saranno con il salvataggio dell'Unione europea. La verità è che i salvataggi degli Stati servono più che altro a salvare i loro creditori, che spesso sono istituzioni finanziarie, in particolare banche, per lo più tedesche e francesi, che rischiano, ma senza mai pagare, in realtà.
Non sarebbe più giusto attuare un default controllato e una ristrutturazione del debito, il che non significa per quel Paese uscire dall'area dell'euro, facendo in modo che anche chi specula paghi? Mi pare che anche il Cancelliere tedesco Merkel abbia recentemente espresso un avviso del genere. Grazie.
GIORGIO LA MALFA. Volevo salutare anch'io il Commissario Rehn, che ricordo essere stato collega nel Gruppo liberale del Parlamento europeo, in anni lontani. Mi fa molto piacere vederlo nella sua attuale funzione.
Noi comprendiamo le ragioni di un'accelerazione della stabilizzazione fiscale, della riduzione del deficit e anche della riduzione del debito, ma la Commissione europea come intende affrontare il problema di evitare che una rapida riduzione del debito porti con sé un'ulteriore riduzione della crescita e un'ulteriore crisi fiscale? Chi si occupa della crescita in Europa, se tutti i Governi sono impegnati a risanare le proprie finanze pubbliche? Grazie.
BRUNO CESARIO. Anch'io saluto il Commissario Rehn e il Ministro Tremonti e pongo una domanda rapida al Commissario.
Ha l'impressione che l'Europa si stia muovendo in maniera adeguata o l'attenzione degli speculatori per la zona dell'euro deriva da una percepita vulnerabilità, dovuta, in buona parte, a un'eccessiva macchinosità della governance e a un'azione della Banca centrale europea meno convincente rispetto a quella di altre banche centrali?
GABRIELE TOCCAFONDI. Ringrazio anche io i nostri ospiti e formulo una domanda molto breve. La crisi dell'area dell'euro ci ha mostrato di essere in grado di colpire Paesi molto differenti tra loro, come la Grecia, con i conti storicamente in disordine, ma anche come l'Irlanda, Paese considerato invece virtuoso, soprattutto negli ultimi anni. Qual è la lezione che dobbiamo trarne?
Passo a un secondo aspetto. Fra gli strumenti di analisi e gli indicatori nell'attuale riforma come sono considerati i nuovi fattori, per esempio il debito dei privati o la sostenibilità del sistema pensionistico? Grazie.
SANDRO GOZI. Formulo due domande. Commissario, dopo aver presentato il pacchetto sulla governance, lei ha presentato anche un rapporto sulle finanze pubbliche dei Paesi della zona euro, nel quale ha effettuato una valutazione del deficit italiano - per il 2011 - del 4,3 per cento. Il Governo italiano effettua, invece, una valutazione del 3,9 per cento. Ciò significherebbe uno scarto tra la previsione della Commissione europea e la previsione del Governo dello 0,4 per cento, che renderebbe necessaria, secondo alcune analisi, una manovra correttiva da 7 miliardi di euro. Lei conferma la sua analisi
e la divergenza tra la Commissione europea e il Governo italiano su questo punto?
In materia di debito privato e debito pubblico, abbiamo ascoltato, quando il Ministro è - raramente - venuto in Parlamento, una valutazione per cui debito privato e debito pubblico possono essere considerati in maniera integrata o consolidata nella nuova governance europea.
Da quanto lei ci ha riferito questa mattina, ho capito, invece, che il debito pubblico è un criterio vincolante e che le procedure per disavanzo, deficit e debito, si apriranno sulla base del debito pubblico, mentre il debito privato è uno tra i diversi fattori di cui terrete conto nella valutazione. Giuridicamente, quindi, debito pubblico e privato sono due questioni ben distinte, se ho ben capito.
RENATO CAMBURSANO. In occasione dell'approvazione dei due documenti, nel mese di marzo e di luglio scorso proponemmo aggiuntivamente due considerazioni: la prima sull'allineamento delle politiche e dei sistemi fiscali su base europea, la seconda, riprendendo la proposta Delors, sull'emissione di e-bond, finalizzati esclusivamente alla crescita, quindi alle grandi infrastrutture, alla ricerca, allo sviluppo, all'innovazione e alla formazione.
Il Commissario non ritiene necessario allineare in tempi brevi le politiche fiscali dei Paesi, almeno quelli della moneta unica? Non ritiene, inoltre, a rischio l'uso degli e-bond al fine del contenimento del debito, della prima parte del famoso 60 per cento, vista anche la ricollocazione a livello europeo di questo enorme debito pubblico di tutti i Paesi? Esiste il rischio che la rimanente parte del debito fatichi a essere collocata se non a prezzi maggiori, perché evidentemente i primi titoli sarebbero più appetibili dei secondi.
MARCO MARIO MILANESE. Innanzitutto ringrazio il Commissario Rehn per essere venuto qui in Italia su nostro invito. Siamo veramente lieti che lei sia qui per la prima volta. Se mi permette una battuta, siamo contenti che sia venuto su invito e non di sua iniziativa, anche perché in questi mesi è stato sicuramente impegnato in visite molto più impegnative e urgenti e, probabilmente, neanche su invito.
Grazie anche al Ministro Tremonti, che con la sua presenza garantisce e conferma la centralità del Parlamento. Sappiamo che negli ultimi tempi è stato più all'estero che in Italia e lo ringraziamo per essere con noi.
La sua relazione, Commissario, è stata particolarmente importante per tre motivi. Ha messo, infatti, in evidenza come l'Italia abbia dei fondamentali economici - il sistema bancario e il debito privato molto basso - nonché dei fondamentali politici. Essa ha seguito la linea del rigore e della stabilità dei conti pubblici, nonché la strada di un miglioramento normativo. Dobbiamo ricordare la nuova legge di stabilità, che ha sostituito un meccanismo di costruzione della legge finanziaria molto più dispersivo.
Possiamo affermare, e mi sembra di capirlo dalla sua relazione, che l'Italia abbia prospettive migliori anche degli altri Paesi, sempre che continui sulla linea del rigore. Lei sostiene ancora che per la crescita servono riforme strutturali, ma che la base di tutto resta la stabilità dei conti.
La domanda che vorrei porgerle è la seguente: lei ritiene che il nuovo Patto di stabilità, così come è riformato, sia in grado di poter monitorare le vicende interne di un Paese, in modo da evitare quanto è successo con controlli ex ante e non ex post?
ENRICO MORANDO. Signor Commissario, lei ha ricordato che lo squilibrio italiano sul debito pubblico, il più grave dei nostri squilibri, si è aggravato quando abbiamo prima peggiorato, poi addirittura azzerato, e, infine, a causa della crisi, reso addirittura negativo l'avanzo primario.
Qual è il livello minimo di avanzo primario per il 2011, il 2012 e il 2013 che lei considera necessario per l'Italia, anche al fine di rendere più praticabile, in particolare
agli occhi della Germania, la proposta di una gestione europea di quote di debito sovrano?
MASSIMO VANNUCCI. Intervengo sulle politiche fiscali di bilancio. Signor Commissario, quali strumenti intende assumere l'Europa per misurare la qualità dei programmi dei singoli Stati e non soltanto la semplice riduzione della spesa pubblica? Se questa riduzione si traduce, come purtroppo accade nel nostro Paese, nel calo della sola spesa in conto capitale senza nessuna diminuzione della spesa corrente, ciò deprime la crescita. Non si è mai visto nessuno rimborsare debiti senza crescere.
A proposito del debito, non ritiene che l'eccessiva attenzione per il debito pubblico, che spesso è un dato storico, anziché sui trend di squilibrio del deficit e dell'avanzo primario, rischi di produrre una svendita di patrimoni pubblici o uno smobilizzo non conveniente delle recenti partecipazioni bancarie che sono state acquisite dagli Stati? Grazie.
MARCO MARSILIO. Sostanzialmente il mio quesito è stato assorbito dall'intervento dell'onorevole Pescante. Aggiungo solo una valutazione alla riflessione sugli eurobond, chiedendo se anche lei condivide l'opinione di molti osservatori, i quali valutano che la calma relativa sugli spread che si sta registrando in questi giorni sia in parte legata anche a una valutazione positiva dell'ipotesi degli eurobond da parte dei mercati e dei principali osservatori economici.
NICOLA FORMICHELLA. Grazie presidente, signor Ministro e signor Commissario. Anche noi siamo convinti, signor Commissario, della frase di De Gasperi per cui la politica deve portare dei risultati e per questo motivo voglio esprimere il nostro apprezzamento per l'operato del Ministro Tremonti, sia nell'azione di correzione dei conti pubblici italiani, sia nella capacità di negoziare con pragmatismo soluzioni avanzate nella riforma della governance economica europea.
Onestamente, bisogna dire che chi attacca il Ministro dimentica sia la situazione delle finanze pubbliche italiane, sia il quadro negoziale in cui il Governo si muove a livello europeo. Dimentica, altresì, che l'Italia non si trova nella situazione di Grecia, Irlanda, Portogallo e della tanto decantata Spagna di Zapatero, solo grazie al rigore della nostra politica di bilancio e che il nostro Paese ha già ottenuto - insieme alla task force di Van Rompuy - significativi miglioramenti alle proposte della Commissione, nel senso di una maggiore flessibilità dei meccanismi correttivi e sanzionatori e di un maggiore rilievo al parametro del debito privato. Ha avuto, inoltre, la forza di coagulare un ampio sostegno sulla proposta di istituire un'Agenzia europea per il debito.
Il prossimo Consiglio europeo sarà decisivo per sciogliere i numerosi nodi esistenti e siamo certi che il nostro Governo interverrà per affermare le ragioni del nostro Paese.
Vorrei chiedere, in primo luogo, al Ministro Tremonti e al Commissario Rehn di delineare con realismo quali sono le prospettive del negoziato in seno al Consiglio europeo.
In secondo luogo, vorrei sapere se sono già stati assunti contatti con il Parlamento europeo, che - non dimentichiamolo - dovrà approvare secondo la procedura legislativa ordinaria ben quattro delle sei proposte della Commissione al nostro esame. Grazie.
MATTEO MECACCI. In entrambi gli interventi, sia del Commissario Rehn, sia del Ministro Tremonti, sono state delineate alcune proposte necessarie per il rafforzamento dell'unione economica europea. Il ministro, però, ha accennato come ciò comporti necessariamente anche un rafforzamento della dimensione politica unitaria europea.
Signor Ministro, questa prospettiva di tipo federale nei giorni scorsi è stata anche sottolineata da Emma Bonino, con un intervento che ha riguardato la necessità della creazione di una federazione leggera, attraverso l'istituzione di un bilancio federale
europeo, che abbia anche funzioni di Governo, dalla difesa, alla diplomazia, alla ricerca scientifica, e che possa aumentare le dimensioni del bilancio europeo dall'attuale 1 per cento del prodotto interno lordo europeo al 5 per cento.
Le chiedo di commentare questo tipo di proposta, se è vero, come lei ha sostenuto, che occorre andare anche verso un'integrazione politica dell'Europa.
PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi per i numerosi interventi e per aver rispettato i tempi.
Do la parola al Commissario Rehn per la replica alle osservazioni e ai contributi dei parlamentari italiani.
OLLI REHN, Commissario europeo per gli affari economici e monetari. Grazie per queste domande concentrate, mirate e ricche di sostanza. Questo era veramente lo scopo della presente audizione. Ho ascoltato con grande attenzione diversi messaggi e interrogativi e ho cercato di accorparli per tema per rispondere in maniera più strutturata.
L'onorevole Pescante ha sollevato la questione dell'Agenzia europea per il debito, in collegamento con gli eurobond, titoli del debito per progetti europei, un tema riecheggiato in diversi interventi, sia per quanto riguarda l'emissione di questi titoli del debito sia per finalità di riduzione del debito, sia per stimolare la crescita.
L'onorevole Pescante ha fatto riferimento all'Agenzia europea del debito evocata da Jacques Delors nel 1993, diciassette anni fa. Ovviamente in politica i tempi sono tutto. Si tratta di un'idea aleggiata a lungo nel dibattito europeo, un'idea importante, ma anche un concetto molto ampio, perché questi titoli del debito, questi eurobond, potrebbero servire sia a mettere parzialmente in comune il debito pubblico, sia a stimolare la crescita degli investimenti.
Qual è la posizione della Commissione? Su questo tema sono pienamente consapevole della proposta avanzata da Giulio Tremonti e da Jean-Claude Juncker e la mia Direzione generale ha realizzato un'attenta analisi di questa proposta.
Da un punto di vista intellettuale l'idea mi attrae molto, ma, al tempo stesso, mi sia consentito ricordare che la Commissione stessa aveva avanzato una proposta soltanto sei mesi fa, nel mese di maggio, su uno strumento comunitario per creare un meccanismo di stabilità finanziaria basato su alcune garanzie per i prestiti degli Stati membri, proposta respinta, però, dagli Stati membri stessi, perché per alcuni di essi era troppo simile all'idea degli eurobond.
In altri termini, proponendo il meccanismo di stabilità europeo, che è creato fino a concorrenza delle risorse proprie determinate dal bilancio europeo, per cui possiamo utilizzare queste garanzie per i prestiti, come facciamo appunto per l'Irlanda, avremmo esteso tale meccanismo utilizzando garanzie degli Stati membri che sarebbero state convertite in capacità di erogare prestiti da parte dell'Unione, rendendole uno strumento comunitario. Si sarebbe trattato di una comunitarizzazione delle garanzie degli Stati membri, una maniera molto elegante di collegare l'erogazione di un prestito ad alcune condizioni. Di questo è rimasto soltanto uno strumento intergovernativo, cioè il meccanismo di stabilità finanziaria.
Tutto è oggetto di un dibattito molto attuale. Esaminiamo con grande attenzione le proposte serie che promanano dagli Stati membri, come quella appena avanzata. Ora, dobbiamo passare in rassegna tutte le opzioni in questa fase di preparazione di una risposta sistemica a una crisi che, a sua volta, è sempre più sistemica a sua volta.
Per quanto riguarda, invece, i bond mirati a finanziare progetti europei infrastrutturali collegando parte dei rischi legati a questi progetti anche all'Unione europea e alla Banca europea per gli investimenti attraverso un sistema di garanzie, una sorta di partenariato pubblico-privato, per mobilitare fondi destinati agli investimenti in Europa, attualmente stiamo preparando una proposta concreta.
Si tratta di una proposta che dovremmo essere in grado di sottoporre nella prima metà del prossimo anno. Il mio obiettivo è far sì che nel prossimo anno si possano far partire i primi progetti pilota, perché è molto importante mirare anche sulla crescita e sugli investimenti e non soltanto sul risanamento dei bilanci.
L'onorevole Fassino ha sollevato un interrogativo sui tempi dell'attuazione della nuova governance, una domanda importante, ma molto insidiosa, perché i diversi elementi del nuovo sistema di governance economica si trovano su coordinate temporali diverse.
Per esempio, per quanto riguarda le proposte legislative della Commissione per rafforzare la governance economica in materia di disciplina fiscale e di squilibri macroeconomici, abbiamo intenzione di farle entrare in vigore entro la prossima estate, quella del 2011, il che significa che il semestre europeo inizierà subito, immediatamente. Ci stiamo lavorando e presenteremo l'analisi annuale sulla crescita il 12 gennaio, come calcio di avvio per il semestre europeo.
Il primo esercizio pilota si svolgerà, dunque, nel primo semestre del prossimo anno e il primo semestre europeo vero e proprio sarà nel 2012, con la nuova normativa e i nuovi strumenti.
Al tempo stesso, si pone un'altra questione, quella della riduzione del debito, e so che si tratta di una questione sensibile e delicata in Italia. Dall'entrata in vigore del nuovo pacchetto legislativo sulla governance economica, nell'estate del 2011, partirà un periodo di transizione di tre anni prima del passaggio a regime e della piena attuazione delle nuove regole. Il 2014 come data di entrata in vigore è parzialmente vera, perché è in quel momento che si raggiungerà la piena operatività in esito al periodo di transizione.
Per quanto riguarda un'altra questione di grande delicatezza, le politiche fiscali di bilancio e gli eventuali interventi addizionali, dispongo di alcune cifre e cercherò di essere chiaro per non creare, invece, confusione con nuovi dati.
Innanzitutto, è stato appena approvato il bilancio per il 2011, che è compatibile con gli obiettivi fiscali del prossimo anno e anche con il criterio del disavanzo del 3 per cento nel 2012.
Secondo noi, non si renderanno necessari nuovi interventi ora, ma, al tempo stesso, sarà necessario un monitoraggio rigoroso dal lato della spesa e delle entrate affinché gli obiettivi fiscali vengano raggiunti nel corso dell'anno. Non si ravvisa la necessità di misure aggiuntive nel caso in cui vengano rispettate le previsioni di crescita.
È stato fatto riferimento a una discrepanza tra le previsioni della Commissione e quelle del Governo italiano. Vi devo rivelare un segreto: non è un evento raro nell'Unione europea. Quasi tutti i Paesi membri presentano scenari lievemente più ottimisti rispetto a quelli della Commissione.
Questa volta la differenza è piccola, soltanto dello 0,4 per cento del PIL, di cui lo 0,2 per cento è imputabile a uno scenario macroeconomico leggermente diverso sotteso a questa previsione. L'altro 0,2 per cento è imputabile a una valutazione ex ante lievemente diversa dei risultati della lotta contro l'evasione fiscale.
In realtà, è piuttosto normale riscontrare queste discrepanze sui dati di previsione. Non va considerato, quindi, un fatto eccezionale. Non si avverte l'esigenza di interventi aggiuntivi, né adesso, né durante l'esercizio successivo, tranne nel caso in cui ci siano grosse deviazioni dalle previsioni di crescita e di entrata.
Le domande erano tante e cerco di rendere giustizia a tutte. Non è possibile rispondere ai singoli quesiti, ma tento di raggrupparli.
Per quanto riguarda l'insolvenza controllata, non ci sarà un default controllato. I pacchetti di salvataggio approvati per la Grecia e per altri Paesi sono adesso destinati all'Irlanda. Questi pacchetti sono stati approvati e i due Paesi stanno adottando azioni molto incisive per quanto riguarda il risanamento del bilancio e le
riforme strutturali e stanno rispettando la tabella di marcia. Non vedo la necessità di una proposta di default controllato.
Giorgio La Malfa, il mio vecchio amico del Parlamento europeo, ha fatto riferimento a una questione di importanza critica, cioè al rapporto tra il consolidamento e il risanamento del bilancio e la crescita economica e a come evitare un rallentamento della crescita economica.
Su questo tema la nostra strategia di rientro finanziario è molto equilibrata e ben calibrata, con un approccio graduale, differenziato e articolato, secondo il quale soltanto nei Paesi dove non c'è margine di manovra fiscale si dà avvio a una strategia di rientro accelerato: mi riferisco a Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna.
I Paesi che, invece, hanno più margine di manovra fiscale e finanziaria, come la Germania e i Paesi dell'Europa centro-settentrionale, comprese l'Italia e la Francia, inizieranno a combattere in maniera intensa sul fronte del rientro a partire dal 2011 in poi.
Una parte più piccola dell'Eurozona ha, quindi, iniziato quest'anno, mentre la parte più ampia inizierà l'anno prossimo. L'impatto negativo complessivo di queste misure di rientro sarà significativamente attenuato, tenendo conto anche del fatto che il ciclo economico di ripresa è in corso, si sta allargando anche alla domanda interna e sembra più sostenuto. La strategia di rientro rimarrà ben equilibrata e calibrata nell'ottica di una crescita sostenibile per l'Eurozona e per l'area dell'euro nel suo complesso. Sono molto felice del fatto che gli Stati membri dell'Unione, ivi inclusa l'Italia, stiano concorrendo a questa strategia di consolidamento fiscale così ben equilibrata e calibrata.
Non voglio dimenticare un'altra questione importante nell'ottica del vostro Paese, ossia il debito privato, che è stato riecheggiato in molti interventi degli onorevoli parlamentari. L'indebitamento del settore privato diventerà una variabile molto importante nella nuova procedura per gli squilibri eccessivi, nella misura in cui si parla della parte della prevenzione.
Il debito privato svolge un ruolo importante nell'analisi dei fattori pertinenti che devono essere tenuti presenti nelle diverse fasi dell'iter. Come abbiamo ricordato, si tratta di fattori di mitigazione, fattori attenuanti, segnatamente per quanto riguarda i tempi degli interventi correttivi. Viene, dunque, tenuto conto del debito privato come fattore di mitigazione nel quadro della nuova governance economica.
Signore e signori, queste sono le mie risposte a tutti gli interrogativi corposi e pertinenti. Spero veramente che potremo lavorare insieme per tradurre in realtà la riforma della governance economica.
È stato chiesto quali insegnamenti possiamo trarre. Uno è che esisteva un errore di sistema nel funzionamento dell'economia dell'Unione e noi vogliamo correggerlo con alcune riforme incentrate sia sulla politica fiscale, sia sulla sorveglianza macroeconomica. Grazie.
PRESIDENTE. Do ora la parola al Ministro Tremonti per la sua replica.
GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Di rado ho assistito a un dibattito così armonioso e con un tale grado di convergenza tra le diverse parti.
Onorevole Fassino, la risposta è venuta dal Commissario. Ho anche un alibi: oggi non ho rilasciato dichiarazioni. È molto importante il punto che ha posto. Da quando si comincia con la nuova governance? Prima è, meglio è. Da quando si articola? Dal gennaio 2014, ma è evidente che il problema è da subito la meccanica applicativa sulla correzione per il debito.
Vorrei anche rispondere a un'obiezione che francamente non considero del tutto precisa. Nessuno ha mai sostenuto - credo che il Commissario potrà confermarlo - la fattibilità di un esercizio di consolidamento tra il debito privato e il debito pubblico, un esercizio che ritengo ignoto anche con la partita tripla. Nessuno ha mai immaginato un'operazione di questo tipo.
Tra gli altri fattori rilevanti, oltre al livello del debito, vi è anche l'ambiente
economico in cui si pone il debito, ambiente che considera lo stock della ricchezza, la tendenza al risparmio, la struttura di riflesso del sistema bancario e altri fattori, dalle riforme del welfare alla bilancia dei pagamenti.
Tutto ciò dà un'idea organica dei fattori che si devono considerare per sviluppare una politica di correzione, sulla quale siamo d'accordo e che il Commissario ricorda essere una variante rispetto alla lettera del Trattato. Il Trattato prevede un numero per il deficit e una formula semanticamente più articolata per il debito. Introdurre un numero anche per il debito è un passaggio impegnativo. Il compromesso che abbiamo trovato prendendo lezione dalla crisi ci sembra molto equilibrato e, peraltro, è il metodo che viene seguito nelle analisi delle banche di investimento e delle agenzie di rating, un metodo organico e non focalizzato solo su una delle voci.
Sappiamo quanto siano rilevanti anche la dimensione e la dinamica del debito. Sulla dimensione credo che ci sia poco da discutere, mentre apprezziamo che la dinamica italiana sia inferiore ad altre dinamiche, il che non è ragione di consolazione, ma di oggettiva considerazione. Il nostro debito non è salito tanto in valore assoluto, ma è sceso il PIL e ciò pesa sul rapporto.
Sul punto importante degli eurobond sia il Commissario, sia molti interventi hanno chiarito la dialettica. Tutto parte fuori dall'Europa, altrove e in altri tempi, da Alexander Hamilton e dal suo discorso per cui con una piccola quantità di denaro si sarebbe creata una grande nazione.
Il piano Delors della fine degli anni Novanta viene ripreso politicamente durante il semestre italiano, il secondo semestre dell'anno 2003. La proposta era una nuova versione dell'antico e glorioso piano Delors, mirato a emettere titoli per finanziare settori industriali o infrastrutture. L'idea era che avrebbe creato maggiore unità e avrebbe funto da moltiplicatore economico in alcuni settori in modo organico.
Ricordo che la discussione fu ampia in sede di Eurogruppo e di Ecofin e che la tendenza di un Paese fu di dire no ad alto debito, né privato, né pubblico. La reazione di un amico importante, il cancelliere dello Scacchiere Gordon Brown, fu che era «nice», un'idea interessante, ma che eurobond significava anche eurobudget ed eurobudget significava Euro superstate, ragion per cui si oppose.
La discussione fu molto ampia e vivace e la variante - forse è un antenato del piano che ci presenterà la Commissione - fu l'Action Plan for Growth, un meccanismo pubblico-privato, un mezzanino con la Banca centrale europea per finanziare le TEN, le dieci grandi infrastrutture.
Aggiungo, sulla logica del finanziamento per le infrastrutture, che può a sua volta essere un parente del piano, il Fondo Margherita, l'idea - credo italiana - di mettere in rete le Casse depositi e prestiti per finanziare infrastrutture nazionali o europee. Certamente è benvenuta e molto importante - aspettiamo la Commissione per discuterla e, speriamo, per applicarla - l'idea di un meccanismo per le infrastrutture.
Che cos'ha la variante degli eurobond in comune con tutto ciò? È diversa per finalità, ma ha in comune l'idea di una soluzione generale ed europea, l'idea che la crisi non si risolve solo caso per caso, ma anche, se la crisi è generale, con formule di soluzione a loro volta generali. Ciò non significa che non si debba agire caso per caso, perché è necessario farlo, ma forse è opportuno introdurre meccanismi più ampi.
Il Commissario ha ricordato che un meccanismo generale comune europeo sta nel Fondo di stabilizzazione europeo. Io mi sono permesso di rivendicare una proposta italiana del 2008 proprio sul fondo. La discussione è aperta. Credo che l'idea degli eurobond debba e possa proseguire, non solo sul piano accademico e intellettuale, ma anche su quello politico. Credo che essa debba proseguire nei Parlamenti nazionali e nel Parlamento europeo, che ha e avrà un ruolo fondamentale, e mi pare di vedere segni di posizioni molto
bipartisan su questo tema tra forze politiche di famiglie diverse, il che mi lascia pensare che il progetto continuerà. Può essere che attraversi fasi di discussione e di sviluppo, ma ciò è anche tipico della meccanica europea. Credo che ci siano molte sedi politiche e parlamentari nazionali ed europee per sviluppare questa idea.
Passo al punto dello sviluppo, che forse è una materia non solo di competenza del Commissario Rehn, ma anche della Commissione. Credo che nella crisi la Commissione abbia aiutato nella gestione anche la politica italiana. Sento parlare spesso della tenuta dei conti pubblici. Mi permetterei di aggiungere anche il tentativo di tenuta del sistema sociale. Questa non è solo politica di bilancio, ma è molto di più.
Sulla strategia di tenuta sociale, di ammortizzatori sociali, la Commissione europea è stata assolutamente flessibile e positiva, cogliendo lo spirito e la drammaticità del tempo. Vorremmo un intervento in più e nel Programma nazionale di riforma dobbiamo dare centralità alla questione meridionale. Dovremmo chiedere, se possibile, un sostegno per sviluppare politiche di maggior forza dell'intervento pubblico. Credo che l'assoluto rispetto di alcuni meccanismi possa essere un fattore di ostacolo e che l'eccezione per alcune situazioni, se consentita dall'Europa - sto parlando, per esempio, delle opere pubbliche - possa essere richiesta, opportuna e benvenuta. Lo stesso discorso riguarda la materia della fiscalità.
Quali eccezioni si possono e devono chiedere? Credo che tutti insieme dovremmo chiedere che come la Commissione è stata flessibile sugli ammortizzatori sociali, così dovrebbe e potrebbe esserlo sulla procedura per le opere pubbliche e sulla fiscalità di vantaggio o differenziata.
Affronto un ultimo punto e chiudo, in relazione all'idea politica dell'Europa. Credo che un passaggio fondamentale sarà il semestre europeo, che comporta un trasferimento di poteri su una materia non banale, no taxation without representation, ossia sulla messa in comune delle politiche di bilancio non solo ex post, come è stato finora, ovviamente con un meccanismo di vigilanza, ma ex ante. Si tratta di un passaggio politicamente molto importante.
Incrementare il bilancio europeo è una materia un po' più complicata, ma credo nella gradualità e nel compiere un passaggio alla volta. Il semestre europeo è un passaggio ad altissima intensità politica e credo che sia ragionevole per le ragioni che ho cercato di esporre all'inizio: abbiamo un mercato e una moneta comune e non possiamo continuare con ventisette politiche diverse, soprattutto sotto la pressione e verso la soluzione della crisi. Grazie.
PRESIDENTE. Abbiamo rispettato i tempi e abbiamo dato la possibilità a tutti i colleghi di intervenire. Ringrazio per questo qualificato dibattito tutti i parlamentari intervenuti, così numerosi, il Ministro Tremonti e soprattutto il nostro ospite, il Commissario europeo Olli Rehn.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 12,45.