Sulla pubblicità dei lavori:
Mario Valducci, Presidente ... 3
Seguito dell'audizione del Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Paolo Romani, su questioni attinenti il settore delle comunicazioni (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati):
Valducci Mario, Presidente ... 3 11
Barbareschi Luca Giorgio (PdL) ... 10
Romani Paolo, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico ... 3 10
Zazzera Pierfelice (IdV) ... 3
ALLEGATO: Relazione del Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Paolo Romani ... 13
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.
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Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 16,20.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, del Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Paolo Romani, su questioni attinenti il settore delle comunicazioni.
Il collega Zazzera desidera porre una domanda al Sottosegretario Romani. Subito dopo procederemo, come stabilito al termine dell'ultima seduta del mese di luglio, con la replica dell'onorevole Romani ai quesiti sollevati in occasione dell'illustrazione degli indirizzi programmatici.
Ricordo che nella seduta del 17 luglio 2008, al termine della relazione del Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, onorevole Paolo Romani, erano intervenuti i colleghi Barbareschi, Gentiloni, Vimercati, Morri, Melandri, Nizzi, Ciocchetti, Butti e Montagnoli. Ricordo altresì che lo svolgimento della replica del Sottosegretario Romani era stato rinviato ad altra seduta a causa della ripresa dei lavori dell'Assemblea.
PIERFELICE ZAZZERA. Desidero chiedere al Sottosegretario Romani se può darci ulteriori informazioni in merito al taglio di 112 milioni di euro previsto dalla Finanziaria per il suo ministero.
Le chiedo, inoltre, signor sottosegretario, se questi tagli ricadranno sul fondo di 150 milioni di euro previsti nel 2008 per le emittenze private, che a noi risulta - ma mi può smentire certamente - essere stato progressivamente ridotto a 145 milioni per il 2009 e a 105 milioni per il 2010; tale riduzione significherebbe mettere in grossa difficoltà l'emittenza privata, soprattutto quella territoriale, che ha puntato su questo fondo per fare investimenti. Grazie.
PRESIDENTE. Do quindi la parola al Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Paolo Romani, per la replica.
PAOLO ROMANI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. I numeri che lei ha citato, onorevole Zazzera, sono leggermente inesatti. Per il 2007 l'emittenza locale dispone di contributi pari a 128 milioni di euro; per il 2008 erano previsti 153 milioni, per il 2009 erano previsti 145 milioni ma c'è stato un taglio che li ha ridotti a 114. Per il 2010 sono previsti, approssimativamente, posso sbagliare di qualche milione, 82,85 milioni di euro e per il 2011 siamo a 60, 62, 65 milioni circa.
È ovvio che, dal punto di vista del Ministero, 109 milioni di euro è un dato storico, anche perché è ormai risaputo che
le cifre vengono erogate, se va bene, nell'arco dell'anno successivo. Si è verificato qualche problema sulle assegnazioni, le cui graduatorie vengono stilate dai Co.Re.Com (Comitati Regionali per le Comunicazioni). Spesso ci sono problemi, ad esempio, sul fatto che molte emittenti non pagano regolarmente i contributi previdenziali, e il Ministero non sempre ha strumenti per verificarlo, pur trattandosi di un dato fondamentale, ovvero una condicio sine qua non per ottenere i contributi.
Capita frequentemente che alcune emittenti si comportino da delatrici - lo dico brutalmente - denunciando il mancato pagamento dei contributi da parte delle loro concorrenti, informazione spesso meglio nota a loro che non alla Guardia di finanza o al Ministero.
Ciò nonostante, malgrado le tante difficoltà noi abbiamo cercato di rendere sollecita l'erogazione dei contributi perché, rappresentando circa un terzo del fatturato delle emittenti locali, sono un dato fondamentale senza il quale molte di loro sarebbero destinate al fallimento.
Il contributo del 2008 è rimasto quindi invariato rispetto a quanto era stato deciso; per il 2009 c'è stato effettivamente un taglio che, tuttavia, ha consentito di avere comunque una misura finale leggermente superiore a quella dell'anno precedente. I tagli veri sono stati effettuati per il 2010 e il 2011. Per noi, come Ministero - lo dico tranquillamente - questo è un dato inaccettabile, ragione per cui cercheremo di fare in modo che questi tagli vengano superati. Ritengo che ci siano sia i tempi che le possibilità per portare a termine questo lavoro, di cui mi faccio interamente carico.
Sto portando avanti dei colloqui con tutte le emittenti locali, giustamente molto preoccupate, e ritengo pertanto di poter confermare responsabilmente, davanti al Parlamento, che mi assumo questo impegno e che intendo essere molto determinato.
Poiché mi sono state rivolte numerose domande molto approfondite e impegnative, ho voluto rispondere a tutte. Consegno quindi un documento scritto affinché rimanga agli atti della Commissione che, tuttavia, non posso leggervi per intero perché richiederebbe troppo tempo. Intendo, quindi, farvene una rapida sintesi, che potrà forse sembrarvi eccessivamente sbrigativa, ma rinvio al testo integrale della mia relazione.
L'onorevole Gentiloni ha parlato di continuità fra i governi, riferendosi ad una continuità di tipo amministrativo, non certamente alla maggioranza parlamentare. Tuttavia, ci sono anche approcci diversi. Per quanto riguarda la sezione telecomunicazioni, noi siamo convinti che lo Stato italiano possa intervenire direttamente sul mercato avvalendosi di società come Infratel Italia SpA (Infrastrutture e Telecomunicazioni per l'Italia S.p.A.), ma che costruire tratti di rete che poi vengono affittati agli operatori è un modello che, francamente, riteniamo superato. Attualmente, nel mercato ci sono tre punti di crisi: il primo consiste nel fatto che il mercato della telefonia fissa vive una situazione difficile, per i motivi che ho indicato nella mia relazione. Il secondo punto di crisi riguarda il fatto che, avendo noi l'obiettivo di costruire nei prossimi anni la NGN (Next Generation Network), in tempi abbastanza ravvicinati, l'investimento
sarebbe pari ad una cifra che si aggira intorno ai 10 o 15 miliardi di euro; aggiungo però che, se dovessimo completarne la costruzione, l'incremento annuo del PIL sarebbe di circa l'1,5-2 per cento, un dato fortemente positivo per il sistema Paese.
Il terzo elemento critico, invece, è rappresentato dal rallentamento globale, in Europa, degli investimenti, dei nuovi servizi e nelle reti Telecom. Ho già spiegato nella mia introduzione, in maniera ragionevolmente ampia, il progetto-Paese che abbiamo in mente per quanto concerne le telecomunicazioni, ma vorrei aggiungere alcune informazioni.
In tutti i tagli messi in atto, non sono stati modificati i 255 milioni di euro già stanziati per Infratel - di cui 80 milioni stanziati dalla legge finanziaria e 175 milioni a disposizione della banda larga,
secondo le delibere CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) -, che daranno anche continuità agli accordi di programma stipulati con le regioni. Nell'arco dei prossimi due anni pensiamo di concludere quanto previsto da tali accordi e di riuscire anche a spendere i fondi stanziati.
In sintesi, il nostro modello, che la stessa Commissione europea ha giudicato il più opportuno, trasparente ed efficace, consta di gare su reti aperte in public private partnership. È vero che, in seguito all'eliminazione dell'ICI, sono stati tagliati 50 milioni di euro nella Finanziaria 2008, ma è altrettanto vero che nel decreto-legge n. 1441-bis, che a breve sarà presentato in Parlamento, è previsto uno stanziamento, già deliberato in sede CIPE il 2 aprile, di 800 milioni di euro, con cui dovremmo tendenzialmente recuperarli, nel giro di quattro anni.
Nel contempo, farò in modo che al Ministero si costituisca una task force per lo sviluppo di reti di nuova generazione, che sarà sostanzialmente un gruppo di lavoro che detterà gli indirizzi tecnici ed economici relativi a tutte le attività finalizzate allo sviluppo della banda larga. L'idea, tuttavia, non è quella di coinvolgere solamente i soggetti che noi abitualmente chiamiamo i «telefonici», ma anche altri. Stamattina, al convegno dell'e-Content abbiamo sottolineato quanto sia importante che non siano solamente coinvolte le ex incumbent come Telecom, o il nuovo soggetto Vodafone - nuovo nel senso che si è dedicato più alla telefonia mobile - ma che ci possano e ci debbano essere anche altri protagonisti, broadcaster italiani ma anche stranieri.
Quando ho avuto occasione di incontrare James Murdoch e di chiedergli notizie sui futuri investimenti che la sua azienda multimediale e multinazionale intende fare nel nostro Paese, gli ho sottoposto anche il problema banda larga e lui mi ha risposto di essere interessato.
Quindi la sua azienda non è interessata solamente alla pay TV via satellite ma, nel caso dovessimo costituire un board di tutti i protagonisti, potrebbero parteciparvi anche loro; ma non solo: le Ferrovie dello Stato possiedono oltre 30.000 chilometri di sedime ferroviario lungo il quale hanno già installato della fibra, che serve per un meccanismo di comunicazione interna ma che potrebbe tranquillamente contribuire al progetto NGN per l'intero sistema Paese.
Il problema, alla fine, è sostanzialmente politico, e cerco di riassumerlo con due slogan. Il primo appartiene al commissario Viviane Reding, la quale dice spesso: «in Europa, moins des lobbies, plus de politique a difesa del consumatore», e non mi sento di darle torto. Il secondo appartiene, invece, ai sostenitori della tesi secondo la quale un eccesso di regolazione penalizza l'investimento, preoccupazione intesa giustamente a vantaggio delle aziende. Anche in questo caso, non mi sento di dar loro completamente torto.
Pertanto, se il Governo si assume la grande responsabilità di essere la cabina di regia, il forte stimolatore, a mio avviso il punto di sintesi e di equilibrio fra questi due concetti si può trovare. Non so oggi quale possa essere, ma so che il sistema-Paese ha bisogno che gli interlocutori, tutti quelli che ho citato, contribuiscano per creare, nei prossimi anni, a breve, questa NGN che vale 10, 12, 15 miliardi di euro.
So anche che un eccesso di regolazione a volte penalizza l'investimento, perché non c'è un ritorno rispetto all'investimento fatto; tuttavia, so anche che la Commissione europea e l'autorità nazionale per la regolazione e la regolamentazione sono giustamente orientate verso una soluzione che non penalizzi i consumatori, i quali non devono essere gli unici a pagare l'incremento di investimento di cui questo meccanismo ha bisogno per essere messo in moto.
Occorre, pertanto, trovare un punto di equilibrio, e questa task force serve fondamentalmente a questo scopo.
Per quanto concerne i mercati, mi si chiedeva che fine abbia fatto il Wi-Max: sta proseguendo nel lavoro che doveva svolgere. Una società, l'ARIADSL, sta già pubblicizzando il servizio Wi-Max nei sette
comuni in cui ha già la copertura (Arezzo, Siena, Perugia, Terni, Viterbo, Rieti e Roma).
Dopo il bando di gara per l'assegnazione delle licenze, concluso il 28 febbraio, c'è stato un prosieguo dell'attività che, tuttavia, è ovviamente in mano al mercato. Sarà nostro compito - lo diciamo con chiarezza - intervenire nel caso in cui, dopo 30 mesi dal rilascio dei diritti d'uso, si dovesse riscontrare un inadempimento degli obblighi previsti nell'istallazione e nell'esercizio della rete. Pertanto, lasceremo fare al mercato ciò che deve, tenendo conto anche del denaro che ha investito, ma interverremmo là dove non dovesse corrispondere agli obblighi presi con il ministero.
La separazione della rete è un problema molto complesso, che appassiona il dibattito italiano e che abbiamo esaminato, come ben sapete, in sede europea.
Mi riferisco, ovviamente, alla separazione funzionale della rete incumbent. Come è noto, l'Autorità delle comunicazioni ha un'istruttoria in corso per decidere se procedere, e in quale misura, alla separazione funzionale della rete di Telecom, mentre la competenza del nostro Ministero si dispiega, invece, nel dibattito in atto in sede europea.
A tale riguardo, non desidero aggiungere altro rispetto alle cose già dette. La legittima difesa del consumatore va assolutamente salvaguardata, così come va salvaguardata allo stesso modo - consentitemi di dirlo - l'altrettanto legittima necessità delle aziende di capire quali possano essere i ritorni in termini economici rispetto ai grandi investimenti che sostengono.
Personalmente, non aderisco né all'una né all'altra tesi; non sono appassionato alla formula britannica, che è un caso diverso da questo, né alla formula spagnola, dove l'Autorità ha consentito a Telefonica di fare quello che ha voluto senza nessuna regolamentazione.
Probabilmente il caso italiano è specifico, è diverso, non è assolutamente anomalo, appartiene anche ad altri Paesi; tuttavia, so anche quanto sia difficile trovare in sede europea un'idea che valga per tutti, anche perché nei 27 Stati che costituiscono l'Unione europea non c'è similitudine. In molti Paesi le Autorità non intervengono come accade in Italia dall'applicazione della legge Maccanico del 1997; a volte intervengono meno, a volte di più.
Ribadisco che la mia paura è che l'eccesso di regolamentazione possa creare un meccanismo di disincentivazione all'investimento, che è invece necessario. Questo non riguarda solo l'incumbent, ma tutto.
Per concludere la parte relativa alle telecomunicazioni, in risposta ai tanti che sostengono che la rete, la fibra ottica non sia il futuro, vorrei riportare i risultati dello studio svolto recentemente dal dottor Francesco Caio per Gordon Brown, primo ministro del governo inglese; in questo studio sostanzialmente il dottor Caio riprende alcune tesi, fra le quali quella che lo appassiona di più sostiene che si possa risolvere il digital divide garantendo a tutti un accesso a internet con il mobile. Questa tesi è stata citata anche dall'onorevole Gentiloni il quale, nel corso di un recente incontro istituzionale, sosteneva che internet deve essere un servizio universale, cosa che condivido fino in fondo.
Io ho accesso a internet con l'i-Phone, ma questo non è un accesso che crea ricchezza in termini di incremento del PIL, è un accesso a internet.
Il problema, quindi, consiste nel capire e nel trovare un punto di equilibrio, anche in questo caso, fra gli enormi investimenti fatti dalle aziende sulla fibra e tutto ciò che può servire di corredo e di completamento, ovvero il Wi-Max, il Wi-fi, l'ADSL mobile e quant'altro si possa aggiungere; perché laddove vi sia un'area a fallimento di mercato, nella quale non sia vantaggioso, per chi investe, sviluppare la rete, vale probabilmente la pena di utilizzare altri strumenti tecnologici. Anche in questo caso va trovato un punto di incontro.
Il primo obbiettivo è sicuramente arrivare alla prima e seconda generazione di banda larga, per poi arrivare alla terza e alla quarta, che sono quelle a 20 e 50
megabite, ovvero ciò che crea il meccanismo di incremento del PIL rispetto alla situazione attuale.
Spero di essere stato abbastanza esaustivo su questo punto.
Passiamo al tema relativo al settore televisivo. Molte cose, in questo ambito, sono state fatte e sono state anche pubblicate sui giornali; pertanto, molte risposte sono tendenzialmente state superate dai tempi e ricordo ai colleghi che il 10 settembre è stato firmato il decreto contenente l'individuazione delle aree tecniche.
In quell'occasione è stato definito il calendario che, proprio per rappresentare un concetto di massima, prevede di coprire con un segnale digitale, entro il 2010, il 70 per cento dei cittadini italiani.
Ribadisco, tuttavia, che si tratta di un calendario concordato e condiviso da me e da tutti i presidenti di regione, con i quali ho parlato a lungo per spiegare cosa stesse accadendo.
Abbiamo raccolto la loro adesione sul fatto che la regione diventi momento di sintesi e di contributo, diventando il luogo nevralgico e strategico nel quale tutti gli operatori della comunicazione, tutti gli installatori, tutti coloro che partecipano al processo di cambiamento dovranno trovare, con accordi e protocolli stipulati con le regioni, il momento di sintesi per la soluzione dei vari problemi che si potranno presentare.
Io sono preoccupato, tanto quanto molti altri colleghi, del fatto che la signora Maria di Abbiategrasso o la signora Carmela di Palermo, nel famoso giorno in cui ci sarà lo switch off non saranno state messe al corrente del fatto che il loro televisore diventerà nero e nessuno avrà detto loro che avrebbero dovuto comprare un decoder. Per questo motivo, sono stati messi in atto alcuni meccanismi e alcuni investimenti a tal proposito. Questo risponde alle domande dell'onorevole Gentiloni.
L'onorevole Montagnoli chiedeva, in particolare, informazioni riguardanti la regione Veneto. Sono in grado di dare una risposta e di confermare che una vasta area, che comprende sia il Veneto che l'Emilia Romagna - perché sono tecnicamente omogenee - sarà di digitalizzata entro il secondo semestre del 2010.
Immagino sappiate che è stata conclusa la gara della cessione del 40 per cento delle reti digitali terrestri e ne è stata pubblicata la graduatoria, e quando si sarà proceduto ad assegnare la nuova capacità trasmissiva ci saranno almeno dieci nuovi canali nazionali di editori terzi, quasi tutti gratuiti, ovvero ci sarà un arricchimento reale dell'offerta televisiva in tecnica digitale.
Vorrei dare un'ultima notizia, per rispondere ad una vostra domanda: il 29 luglio l'Autorità ha approvato la delibera che contiene il piano di assegnazione delle frequenze in Val d'Aosta.
Riprendo il discorso relativo al calendario: come sapete, per la Sardegna è stato deciso il 31 ottobre come data per lo switch off, e giovedì a Cagliari faremo una conferenza stampa in cui indicheremo le modalità per il passaggio al digitale.
Per la Val d'Aosta, invece, è stato definito che 90 giorni prima dell'evento si comunicherà alla regione quando sarà messo in atto lo switch off.
Per tutte le altre regioni, già calendarizzate nell'arco temporale del semestre di riferimento, nove mesi prima dichiareremo, in accordo con i governatori, la data di switch off, scelta ovviamente all'interno del semestre nel quale è stata collocata ciascuna regione per il passaggio al digitale.
Il senatore Vimercati aveva accennato ad una contrarietà dell'attuale maggioranza - allora opposizione - all'ipotesi di spegnimento di due reti generaliste. Forse c'è stato un passaggio tecnico, e ieri ci siamo anche chiariti, parlandone: non era esattamente così. Noi utilizzeremo il meccanismo dello switch over, cioè dello spegnimento di due reti, Rete Quattro e Rete Due, in Sardegna - ma immagino che più o meno saranno le stesse reti in altre regioni - sia per consentire di capire tecnicamente poi che cosa accade, sia perché questo possa essere di incentivo all'acquisto del decoder.
Non dimentichiamoci che è stato previsto un contributo all'acquisto per le fasce deboli, ovvero le fasce di reddito familiare inferiore ai 15.000 euro annui. Qualcuno si chiederà dove sono i soldi per fare tutto questo: li dobbiamo trovare, perché altrimenti difficilmente potremo sviluppare il digitale.
È ovvio che, in questo momento, sulla collocazione precisa - lo dico senza tema di smentita - c'è un numero che sembra molto rassomigliante allo zero, ma è altrettanto ovvio che questo deve cambiare, altrimenti tutte le cose di cui sto parlando non hanno alcun motivo di essere, e il Ministero ne è ben consapevole.
D'altra parte, la tecnicalità del bilancio obbliga a inserire i dati il 5 settembre così come sono stati decisi; dopodiché, stiamo lavorando affinché tutto questo si sviluppi per il meglio. Quello che vi ho esposto non è il dato finale dei prossimi tre anni, ma è un dato di partenza sul quale poi il Ministero dello sviluppo economico si muoverà affinché ciò di cui stiamo discutendo non diventi lettera morta. Capisco, tuttavia, la possibilità di fare una polemica anche su questo punto.
In risposta all'onorevole Gentiloni, ai senatori Nizzi, Vimercati e Morri, per quanto riguarda la Sardegna stiamo seguendo con grande attenzione tutte le fasi operative del passaggio al digitale. Devo dire che la Sardegna diventa un esempio unico in Europa, perché è una regione di un milione e mezzo di abitanti completamente digitalizzata. È un esperimento in cui l'Italia, in questo caso, diventa protagonista, nel senso che è la prima volta che una regione così ampia viene digitalizzata.
Su questo punto, tornando agli esempi riferiti alla signora Maria e alla signora Carmela, di cui parlavo prima, abbiamo fatto molta attenzione, perché ovviamente riteniamo che questa scelta, condivisa in «democrazia di prossimità» con i governatori, deve essere condivisa da tutti, e per farlo devono essere allestiti determinati meccanismi di conoscenza. Mi riferisco, ad esempio, all'attivazione di un call center per i cittadini - che fornisca dal lunedì al sabato informazioni e assistenza - e di un call center per i rivenditori; all'invio di comunicazione informativa a tutti gli abbonati del servizio radiotelevisivo che non hanno ancora usufruito del contributo statale; alla disponibilità, sul sito, dell'elenco dei comuni, dei rivenditori, dei modelli di decoder, della guida per la sintonizzazione dei canali e di un messaggio scorrevole visibile esclusivamente nei comuni dove si effettua il passaggio allo swich
off; all'attivazione di collaborazione con associazioni di consumatori.
Nel Comitato Nazionale Italia Digitale, quello che comunemente viene chiamato CNID, c'è una sezione dedicata alla protezione degli utenti, con la collaborazione delle associazioni dei consumatori che, quindi, diventano anch'esse protagoniste per la loro capacità di informare e di aiutare il passaggio al digitale. Sono previste, quindi, conferenze stampa, campagne stampa e televisive che saranno formidabili, fatte quasi esclusivamente su mezzi televisivi, radiofonici e di stampa locali.
Abbiamo cercato di tenere conto dell'attenzione alle scadenze elettorali sottolineata dall'onorevole Gentiloni; ovviamente non sempre siamo riusciti ad evitarla, anche perché il 2010 è una data abbastanza frequente nelle elezioni regionali.
Per quanto riguarda la procedura di infrazione presso la Commissione europea, tutto ciò che ho detto è stato oggetto di una informazione alle competenti responsabili del settore della Commissione europea, la signora Viviane Reding e la signora Neelie Kroes.
Il 30 luglio scorso mi sono incontrato con loro e con i loro collaboratori, ed ho avuto la possibilità di spiegare che cosa stavamo facendo e di discutere della procedura di infrazione della legge n. 112 (la cosiddetta legge Gasparri).
Riteniamo di aver spiegato con sufficiente completezza quanto è stato fatto attraverso l'emendamento chiamato comunemente Romani, il quale ha dato risposta a molte delle questioni sollevate dalla Commissione.
Quanto poi al questionario inviato alla Commissione, che qualcuno, con una certa punta di malizia, ha definito molto «sfidante» - credo che si tratti di un francesismo - posso rassicurare che, pur trattandosi di documentazione su cui siamo vincolati all'obbligo di riservatezza, le risposte del Governo sono state chiare ed esaustive, e con la dovuta evidenziazione delle nuove norme emanate in accoglimento delle istanze avanzate dalla Commissione.
In ogni caso, gli incontri con la Commissione proseguono, sia di persona che telefonicamente, e sono fiducioso - lo dico tranquillamente - che ci sarà una chiusura con archiviazione della procedura in tempi ragionevolmente brevi.
Per quanto concerne Centro Europa 7, stiamo lavorando per rispondere entro il 15 ottobre alla richiesta del Consiglio di Stato. La materia è sicuramente delicata, ed è da tempo oggetto di attenta valutazione. Ho trascorso molte giornate impegnato su questo argomento. Potrei anticipare solo in parte i contenuti e le relazioni, ma questo significherebbe venir meno al dovere di riservatezza e rappresenterebbe una grave mancanza nei confronti del Consiglio di Stato. Vi pregherei, pertanto, di voler attendere il 15 ottobre, data abbastanza ravvicinata sulla quale stiamo lavorando.
L'onorevole Ciocchetti, che non vedo in sala, ha parlato di radiofonia. Le imprese radiofoniche italiane sembrano essersi finalmente convinte della necessità di passare ad una tecnologia digitale. Il ministero è pronto; valuteremo ogni cosa in piena collaborazione con il servizio pubblico e con gli operatori privati.
Non so se il senatore Butti, che ha parlato dell'incremento alle misure di sostegno - che condivido - ha avuto modo di sentire la mia risposta al primo intervento sui contributi che hanno un decremento nel corso degli anni, nella quale illustravo la situazione in cui ci troviamo in questo momento.
Per quanto riguarda la presintonizzazione del canale sul telecomando, si tratta di un problema che è lasciato agli operatori, non essendo possibile fare un provvedimento legislativo ad hoc. Nei board, nei task force che sono stabiliti e nei quali nessuno prevarica sugli altri - perché, ripeto, questa è materia che deve essere condivisa, altrimenti non si lavora - la maggior parte delle discussioni vertono esattamente sul punto che lei ha sollevato; pertanto, o si trova un accordo sulla presintonizzazione, sul bilanciamento dell'equilibrio fra emittenza locale e emittenza nazionale, oppure questo diventa sicuramente un gran bel pasticcio.
Per rispondere agli onorevoli Gentiloni, Melandri, Nizzi, Ciocchetti, Butti e Morri in relazione alla RAI, ho cercato di dare una risposta che valesse per tutti. Devo dire che nella precedente audizione non ho ritenuto opportuno parlare di RAI e della sua governance perché mi sembrava improprio ed irrituale, all'esordio della mia responsabilità di Governo, trattare un argomento da condividere con il Parlamento. Questo silenzio è stato definito «assordante» dall'onorevole Melandri, ma era del tutto voluto, e non certo per sottrarmi dal fornire indicazioni sulle intenzioni del Governo sul futuro del servizio radiotelevisivo pubblico.
Allo stato, proprio perché si tratta di una materia complessa e delicata, non è possibile entrare nel merito del futuro assetto delle reti, della loro articolazione, della composizione dell'azionariato, del sistema di finanziamento e di altre questioni. Tuttavia, un primo intervento immediato sulla governance è certamente possibile, per ridefinire i ruoli, le competenze e le strategie in un contesto di mercato sempre più multipiattaforma e concorrenziale.
Tutti concordano sul fatto che un problema di governance esiste, ed è legato a molti fattori quali la nomina politica e la conseguente politicizzazione del consiglio di amministrazione; le sovrapposizioni di compiti tra il potere di indirizzo, ovvero il consiglio, e quello di gestione, ovvero il direttore generale; l'imposizione di eccessivi vincoli, anche di tipo economico, alla direzione generale, tali da incidere pesantemente sul suo potere decisionale e sulla
funzionalità della RAI, con ricadute pesanti in termini di presenza sul mercato e sugli ascolti.
Ritengo che il primo intervento necessario ed urgente sia, quindi, quello di definire con chiarezza le competenze del consiglio di amministrazione e del direttore generale, rendendo quest'ultima figura più forte nei suoi poteri di gestione, anche in vista delle decisioni da assumere nella fase di transizione al digitale. Tutto questo, peraltro, in parziale sintonia con l'ipotesi di accentrare tali poteri in un unico soggetto, alla base della proposta sull'amministratore unico più volte avanzata da autorevoli esponenti dell'opposizione. Tutto questo si può fare da subito, anche per allentare quella dipendenza della RAI dalla politica, cambiamento da tutti sollecitato.
Mi passerete però che questa fase di dipendenza viene peraltro rimarcata dall'atteggiamento di alcuni militanti di partito presenti all'interno della RAI, soggetti fortemente ideologizzati che utilizzano il servizio pubblico per il fine personale di denigrare ripetutamente l'onorabilità di alcuni membri del Governo e, soprattutto, del Presidente del Consiglio. Mi riferisco con assoluta chiarezza ad alcune trasmissioni su Rai Tre che vanno in onda la domenica sera e che ho trovato veramente inconcepibili per un servizio pubblico.
C'è, invece, un'esigenza di ricongiungimento culturale e nazionale, auspicata da tutto il sistema al fine di riqualificare il ruolo fondamentale del servizio pubblico. In tale logica è altrettanto necessario sbloccare da subito e congiuntamente il nodo delle nomine necessarie a garantire la funzionalità della RAI: presidente della Commissione parlamentare di vigilanza, consiglio di amministrazione e direttore generale.
Sul tema dell'attività del web e dell'offerta televisiva on-line sollevato dall'onorevole Gentiloni, in allegato alla mia relazione troverete un'informativa molto esaustiva che non ho ancora avuto modo di leggere, perché mi è arrivata stamattina.
Per quanto riguarda la sede RAI di Milano, questa è stata l'ultima domanda che mi è stata fatta anche dal Presidente Valducci, nonché dai colleghi Morri, Butti e Vimercati.
Su questo punto è difficile che il Governo possa dire qualcosa, perché rientra nell'autonomia della direzione RAI; trovo solamente un po' eccessiva la definizione «comatosa» che è stata data alla sede RAI di Milano. Se non erro, il 70 per cento - così mi dicono - delle produzioni di Rai Due vengano fatte a Milano, quindi tanto comatosa proprio non deve essere.
Tuttavia non è quello, a mio avviso, il problema. Sono convinto che la RAI debba perdere un po' di cultura «romanocentrica» e diventare di maggior cultura policentrica. Questo significa avere sede a Roma, a Milano, ma anche al sud, vuol dire rappresentare meglio il Paese.
La RAI è, comunque, un elemento unificante, essendo la più grande industria culturale del nostro Paese, della nostra lingua, del nostro popolo e della nostra nazione e ritengo che, per rappresentare meglio il nostro Paese, nella direzione di un federalismo che significhi riconoscere le realtà locali ma all'interno di un sistema unificato e unificante, la RAI debba incominciare a considerare che non c'è solo Roma, non ci sarà probabilmente solo Milano, ma potrebbe esserci anche una sede altrove, nell'ambito di un policentrismo culturale.
LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Vorrei pregare il sottosegretario di rispondere anche al mio quesito circa il contenuto delle piattaforme
PAOLO ROMANI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Mi scuso con l'onorevole Barbareschi per la mia dimenticanza cui pongo subito rimedio.
Fra le modalità di trasmissione delle televisioni digitali, ciascuna con peculiarità così diverse, volendo tracciare un possibile scenario futuro è insensato immaginare la cannibalizzazione di una tecnologia nei confronti di un'altra già esistente, o l'egemonia di una piattaforma su tutte. Il dibattito concreto, infatti, non si basa su una tecnologia vincente o su quella che
per prima offrirà la killer application a una nuova tv. Il nodo da sciogliere, legato al tema dei contenuti, è la creatività, la qualità con cui i prodotti audiovisivi riescono a farsi spazio nel mercato globale, un mercato ancora inesplorato sia per dimensioni di riferimento, sia per le innovative modalità di consumo di prodotti mediali.
È condivisibile, quindi, l'intervento dell'onorevole Barbareschi, che esorta la creazione e la diffusione di contenuti multipiattaforma, soprattutto quelli dedicati alla televisione satellitare e digitale terrestre.
Tuttavia, l'obbligo di RAI, Mediaset e Telecom Italia Media di riservare il 40 per cento delle loro capacità trasmissive in tecnologia digitale terrestre a società indipendenti sembra portare, a nostro avviso, al pluralismo auspicato, aprendo il mercato, quindi, a nuovi operatori.
In risposta alla perplessità circa la produzione di contenuti italiani, ricordo che la legislazione in materia è già molto generosa. Il comma 3, dell'articolo 44 del testo unico n. 177, come modificato dalla legge finanziaria dello scorso anno, obbliga i concessionari televisivi a riservare alle opere europee e a quelle italiane realizzate da produttori indipendenti, sostanziosi obblighi di investimento e di programmazione.
Vorrei dare un'ultima risposta all'onorevole Montagnoli, che mi ha posto una domanda sul settore postale. Nella relazione scritta troverà una lunga risposta, che sintetizzo brevemente. Alla fine di tutto il percorso degli uffici postali, ci dovrà essere un ufficio postale operativo ogni tre chilometri per il 75 per cento della popolazione residente, ogni 5 chilometri per il 92,5 per cento e ogni 6 chilometri per il 97,5 per cento. Questo è un impegno che la Poste Spa si sente di assumere in merito alla prossimità degli uffici postali rispetto alla popolazione.
Con questo spero di aver risposto in maniera esaustiva a tutte le domande; mi scuso per l'eccessiva sintesi e per i termini forse vagamente sbrigativi, ma potete trovare ogni dettaglio nella relazione che ho lasciato agli atti della Commissione.
PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario Romani per la replica svolta, dichiaro conclusa l'audizione e autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico del testo integrale della sua relazione.
La seduta termina alle 16,55.
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