Sulla pubblicità dei lavori:
Alessandri Angelo, Presidente ... 3
Audizione del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Guido Bertolaso, su questioni connesse all'emergenza relativa agli incendi boschivi sul territorio nazionale (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Alessandri Angelo, Presidente ... 3 8 12 15
Bertolaso Guido, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri ... 3 12
Bratti Alessandro (PD) ... 10
Cera Angelo (UdC) ... 12
Ghiglia Agostino (PdL) ... 9
Libè Mauro (UdC) ... 8
Mariani Raffaella (PD) ... 10
Monai Carlo (IdV) ... 11
Mondello Gabriella (PdL) ... 12
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.
Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 12,05.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Guido Bertolaso, su questioni connesse all'emergenza relativa agli incendi boschivi sul territorio nazionale.
Ringrazio il sottosegretario per la presenza e gli do subito la parola.
GUIDO BERTOLASO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor presidente, la ringrazio per aver convocato la Commissione al fine di svolgere l'odierna audizione, che è stata richiesta per fare il punto della situazione nel corso della campagna per la lotta agli incendi boschivi dell'estate.
Si tratta di una campagna che fino ad oggi si è svolta in modo assolutamente tranquillo. Le statistiche, che vi fornirò successivamente, ci consegnano dati poco rilevanti rispetto alla dimensione degli incidenti, degli incendi e dei problemi che abbiamo conosciuto l'anno scorso.
Dico subito che le statistiche rivelano dati addirittura inferiori del 90 per cento rispetto a quelli dell'anno passato, per quello che riguarda soprattutto la superficie boscata che è stata devastata dagli incendi e in relazione al numero degli incendi registrati fino ad oggi.
Lascerò a disposizione della Commissione una documentazione estremamente interessante anche dal punto di vista dello sviluppo meteorologico, degli studi e delle analisi che la nostra struttura e, insieme, le varie realtà dell'Aeronautica militare e delle regioni hanno saputo sviluppare nel corso di questi anni.
I dati positivi, insomma, derivano da una condizione meteo-climatica indubbiamente più favorevole rispetto a quella dell'anno scorso.
Non sono qui per dire che abbiamo organizzato una campagna per la lotta agli incendi boschivi talmente efficiente, ben organizzata e ben coordinata da consentirci di abbattere le impressionanti statistiche negative dell'anno passato. Vengo a dire esattamente il contrario, ossia che quest'anno siamo aiutati da una situazione meteorologica molto favorevole fino ad oggi. Le statistiche, dunque, sono estremamente positive, ma nell'ambito delle stesse rilevo ancora una insufficiente attività di coordinamento fra le realtà, le istituzioni, le organizzazioni che hanno lo specifico compito di gestire in prima linea la lotta agli incendi boschivi.
Ho voluto chiedere al presidente di convocare questa audizione nel corso della stagione estiva non tanto per mettere le mani avanti, quanto per segnalare che le
settimane che verranno potrebbero indicare una decisa inversione di tendenza rispetto alla situazione così positiva che abbiamo riscontrato fino ad oggi. Infatti, le abbondantissime precipitazioni che hanno riguardato tutto il nostro Paese durante la primavera - in particolare durante il mese di maggio, che è stato forse il maggio più piovoso degli ultimi vent'anni - hanno fatto sì che ancora ci troviamo di fronte ad uno sviluppo ritardato della vegetazione in molte zone del nostro Paese. Pertanto, potrebbe accadere che le situazioni che abitualmente registriamo nel corso del mese di luglio quest'anno si verifichino nel corso dei mesi di agosto e settembre.
In pratica, quest'anno potremmo registrare un notevole incremento dell'emergenza legata agli incendi boschivi soprattutto nella coda del periodo estivo e all'inizio dell'autunno, sebbene le statistiche abituali indichino il mese di luglio come il più problematico.
Il presidente della Commissione e chi vi parla, non più tardi di una settimana fa, si sono recati a Peschici, in occasione dell'anniversario della tragedia che ha colpito il Gargano il 24 luglio dell'anno scorso, dove, come ricorderete, tre persone hanno perso la vita a causa di un incendio che non fu messo sotto controllo e che anzi devastò gran parte dell'area del Gargano limitrofa al comune di Peschici, con danni rilevanti, oltre alle vittime di cui ho già detto.
Devo dire, a questo proposito, che l'anniversario della tragedia di Peschici è servito, forse, anche a puntualizzare quelle che furono le responsabilità. Ricorderete le polemiche che seguirono a quell'avvenimento, con il sindaco di quel comune, che, com'è il caso di dire, «gettò benzina sul fuoco», lamentando ritardi nei soccorsi, un arrivo dei Canadair a suo dire molto lento rispetto alle esigenze e una gestione a terra delle fiamme che non fu sicuramente esemplare.
Fui anche costretto a replicare, in quell'occasione, perché sembrava che tutta la vicenda dovesse ruotare intorno alla gestione della flotta aerea, che, come voi sapete - l'abbiamo ricordato più volte in quest'aula - rappresenta semplicemente l'ultimo anello di una catena o di un'organizzazione che vede soprattutto nelle squadre di terra la struttura fondamentale per riuscire a gestire la lotta agli incendi boschivi.
Come dicevo, le statistiche, che poi vi potrò consegnare, sono estremamente interessanti. Sulla base anche dell'analisi del confronto delle condizioni di suscettibilità di innesco degli incendi boschivi fra il 2007 e quest'anno, esse dimostrano che la situazione meteorologica, sino ad oggi, ci ha aiutato moltissimo. Gli incendi, alla data odierna, rispetto all'anno scorso sono stati il 60 per cento in meno: 1.600 dal 1o gennaio 2008 sino ad oggi, quasi 4.000 l'anno scorso. La parte di bosco che è stata devastata dalle fiamme, fortunatamente, è il 90 per cento in meno rispetto all'anno passato: quasi 37.000 furono gli ettari devastati dalle fiamme l'anno scorso, meno di 5.000 quest'anno. La stessa cifra riguarda gli incendi che hanno colpito superfici non boscate del nostro territorio. È un dato estremamente positivo, che ci auguriamo possa rimanere tale anche nel corso delle prossime settimane.
Come sapete, ai sensi della dichiarazione dello stato di emergenza successiva alla tragedia di Peschici, adottata quindi nel corso del Governo Prodi, il capo della protezione civile è stato nominato commissario straordinario anche per gestire queste situazioni emergenziali. La relazione che ho allegato è estremamente dettagliata e, devo dire, molto puntale. Anche da questo punto di vista abbiamo raggiunto ormai un elevato grado di sofisticazione nella predisposizione delle analisi, della documentazione e delle valutazioni assolutamente obiettive che facciamo quando parliamo di incendi boschivi. Abbiamo potuto portare avanti, nel corso di questo anno, una serie di iniziative previste dalla legge n. 353 del 2000 - la legge quadro sugli incendi boschivi - che purtroppo non avevano mai trovato puntuale attuazione da parte delle strutture responsabili.
Mi riferisco, in particolare, alla vexata quaestio del catasto delle aree percorse dal fuoco. Da quando esiste la legge, quindi da otto anni a questa parte, ogni volta che c'è un incendio scoppia la polemica - al di là dello Stato che ci ha lasciati soli, al di là dei Canadair che sono arrivati in ritardo - sul fatto che non era stato ancora realizzato il catasto delle aree percorse dal fuoco. E, su questo terzo punto, sicuramente vi erano moltissimi elementi di verità se, come sappiamo, soprattutto nel centro e nel sud del nostro Paese erano circa il 10 per cento i comuni che, all'agosto dell'anno passato, avevano predisposto il catasto delle aree percorse dal fuoco. Come sapete, questo è il deterrente migliore, l'elemento fondamentale per applicare gli altri articoli della legge, che prevedono l'assoluta, totale proibizione non solo di costruire ma anche di coltivare, di pascolare o di cacciare nei territori che sono stati
percorsi dal fuoco.
Per adottare questi vincoli, tuttavia, era necessario eseguire questa mappatura delle aree percorse dal fuoco attraverso il catasto. Un compito che era assegnato ai sindaci dei diversi comuni. In mancanza del catasto, qualsiasi attività era praticamente permessa. Tale mancanza ha continuato, nel corso degli anni, a indurre molti malintenzionati ad appiccare le fiamme sapendo che poi, non essendo stata eseguita alcuna perimetrazione del territorio, essi avrebbero potuto portare avanti tutta una serie di attività che la legge, invece, non avrebbe consentito. Con la decretazione dello stato di emergenza dell'anno scorso e la nomina di un commissario, abbiamo affidato, in sostituzione dei sindaci, ai prefetti delle regioni maggiormente interessate da questa piaga il compito di realizzare il catasto delle aree percorse dal fuoco.
Ed ecco che, da una media del 10 per cento, soprattutto nel sud del nostro Paese, siamo arrivati a statistiche secondo le quali si supera abbondantemente l'80 per cento di comuni che hanno predisposto il catasto, con punte del 100 per cento, come nella regione Lazio, dove, da una assoluta inadempienza di dodici mesi or sono, oggi tutti i comuni si sono dotati del catasto delle aree percorse dal fuoco. Questo dato positivo lo individuiamo anche in Campania, in Puglia, nel Molise, in Basilicata e anche in Calabria. Un po' meno in Sicilia, perché lì il problema del catasto era legato anche a un'attività del Corpo forestale regionale, che aveva adottato sistemi di rilevazione leggermente diversi da quelli che sono stati adottati dal Corpo forestale dello Stato nelle altre regioni. Quindi, si è trattato solo di un ritardo derivante da diverse procedure per l'applicazione di quelle che erano le misure finalizzate a rilevare esattamente l'area delle zone
percorse dal fuoco.
In aggiunta alla misura relativa al catasto (sicuramente l'aspetto più positivo di questi dodici mesi di lavoro comune e condiviso con tutte le regioni), abbiamo potuto anche predisporre una mappatura e un piano operativo, per quello che riguarda i cosiddetti incendi di interfaccia, che forse rappresentano, nello schema della legge n. 353, la lacuna principale. Nella legge, infatti, non si fa esplicita menzione di chi sia competente a spegnere gli incendi, laddove esistono i cosiddetti incendi di interfaccia, che sono quegli incendi che possono originare in un bosco ma che poi possono andare a coinvolgere abitazioni, insediamenti, infrastrutture. L'interfaccia, pertanto, è quella esistente tra bosco e insediamenti. Se la competenza è chiara per quello che riguarda gli incendi boschivi - il Corpo forestale - e per quello che riguarda gli insediamenti abitativi - Corpo nazionale dei vigili del fuoco - quando vi sono le due componenti coinvolte non sempre
è chiaro chi debba avere il ruolo di coordinatore e di responsabile dello spegnimento degli incendi.
Questa ambiguità è stata in parte risolta grazie alla identificazione, in tutte le regioni d'Italia, delle zone cosiddette di interfaccia, dove si possono sviluppare gli incendi, e anche sulla base di un importante accordo, firmato fra il Ministero delle politiche agricole e forestali e Ministero dell'interno, per chiarire i rapporti e le competenze fra Corpo forestale dello Stato e Corpo nazionale dei vigili del
fuoco. Tale accordo è servito sicuramente a fare chiarezza nei ruoli di queste due amministrazioni.
Infine, un altro aspetto molto importante, che nasce anche in questo caso dalla polemica per l'incendio di Peschici, è l'essere riusciti, sempre con questo provvedimento emergenziale, a far sì che, mediamente, nel territorio del centro sud d'Italia, quasi l'80 per cento dei comuni si sia dotato di un proprio piano comunale di emergenza. Quest'ultimo, addirittura, è previsto dalla legge n. 225 del 1992, che, come sapete, dispone che siano i sindaci i responsabili della protezione civile nel proprio territorio. Questi ultimi sono anche tenuti a predisporre i piani comunali di emergenza, sulla base dei rischi che, ovviamente, possono interessare il proprio comune.
È evidente che tutti i comuni della Puglia si debbono dotare di un piano comunale di emergenza che preveda il rischio di incendio boschivo, mentre non saranno tenuti, ovviamente, a predisporre un piano comunale di emergenza per il rischio vulcanico. Ogni sindaco, in sostanza, conosce perfettamente le tipologie di rischi che possono riguardare il proprio territorio.
Questi piani comunali di emergenza, praticamente, non esistevano da nessuna parte nel Mezzogiorno d'Italia e, se esistevano, giacevano in un cassetto e non erano conosciuti neppure dalle autorità comunali. È il caso che ho appena ricordato. Oggi, grazie a un lavoro molto assiduo, portato avanti in prima persona dal Dipartimento della protezione civile, dalle prefetture e dalle protezioni civili regionali, ovviamente con la grande collaborazione dei sindaci, abbiamo potuto predisporre, tutti insieme, la stragrande maggioranza dei piani comunali di emergenza. Si tratta di un passo avanti molto importante nel campo della prevenzione e della gestione delle situazioni di rischio. Non solo, quindi, incendi boschivi, ma anche le altre tipologie che possono riguardare la stragrande maggioranza dei comuni del nostro territorio.
Dicevo, e concludo la mia presentazione, che, comunque, al di là del notevole lavoro che abbiamo svolto, resta ancora molto da fare, soprattutto sul piano del coordinamento, dei meccanismi automatici di allertamento e di coinvolgimento delle istituzioni che rivestono ruoli specifici in questo campo. C'è ancora molto da fare anche nell'identificazione di chi fa che cosa, nel momento dell'emergenza. Questo, purtroppo, è un aspetto per me decisivo e che registro, con rammarico, essere ancora non chiarissimo in alcune regioni del nostro Paese.
Ho portato recentemente l'esempio di interventi della flotta aerea dello Stato, dei nostri Canadair, in particolare, che sono dovuti arrivare su incendi, magari chiamati da una sala operativa regionale, senza trovare poi, a terra, squadre operative intente allo spegnimento dell'incendio stesso. Ciò contrasta nettamente con quanto, appunto, prevede la legge n. 353, che dispone che sia il cosiddetto DOS (Direttore dell'operazione di spegnimento), abitualmente un forestale, ma può essere anche un vigile del fuoco, a dare indicazioni agli aeroplani e agli elicotteri su dove lanciare l'acqua e su come gestire la situazione di spegnimento dell'incendio. Troppo spesso accade che i nostri Canadair arrivino sulle fiamme e non trovino nessuno a terra impegnato nell'opera di spegnimento. Quindi, essi rimangono assolutamente privi di qualsiasi indicazione sulle attività, sulle modalità di lancio dell'acqua o dei ritardanti e sono costretti ad
operare dall'aria, senza un collegamento e un coordinamento da terra.
Ma il discorso dei Canadair potrebbe sembrare, comunque, parziale, nel senso che questi aerei dipendono dal Dipartimento della protezione civile, sono gestiti da una compagnia aerea italiana e i piloti sono quasi tutti ufficiali che provengono dall'Aeronautica militare, quindi assolutamente di qualità eccellente rispetto allo standard internazionale. Però, per non far parlare un italiano, ho chiesto a uno straniero di rilasciare una breve relazione sulla propria esperienza nel campo specifico.
Come sapete, quest'anno abbiamo cercato di organizzare la migliore flotta aerea possibile e la più capillarmente schierata sul territorio. Siccome avevamo perso un Canadair l'anno scorso (sebbene fortunatamente con la finanziaria del 2008 siano stati, con un intervento specifico del Parlamento, stanziati fondi per acquistare nuovi Canadair), essendo preoccupati di dover rivivere un'estate simile a quella dell'anno passato, quest'anno ci siamo avvalsi anche di una piccola flotta aerea battente bandiera spagnola, composta dai cosiddetti Air Tractor.
Si tratta di idrovolanti monomotore, abbastanza rapidi, molto agili e che trasportano circa 3.500 litri d'acqua e anche liquido ritardante (quindi, la metà di un Canadair). Due idrovolanti di questo tipo equivalgono a un Canadair. Abbiamo affittato, per quest'anno, sei di questi idrovolanti, in modo da avere l'equivalente di tre Canadair in più, praticamente. Quattro di questi velivoli sono di stanza in Puglia: due a difesa del Gargano e due a Grottaglie, in modo da coprire il Salento e la Basilicata, che sono state zone, tradizionalmente, purtroppo, soggette a incendi boschivi. Ovviamente, questi aeroplani sono pilotati da piloti spagnoli, che, però, dialogano con i nostri in inglese, oppure in italo-spagnolo (ci riescono). Un pilota spagnolo, Carlos Craveiro, capo dei piloti di questa società in Italia, ha steso, dietro mia richiesta, una relazione su un incendio che aveva dovuto gestire in provincia di Taranto. Egli
conferma che, ogni volta che vanno a spegnere un incendio, trovano una scarsa presenza di addetti allo spegnimento sul terreno e aggiunge che questo problema risulta essere generalizzato in tutta Italia. Quindi, una testimonianza indipendente, di un esperto della materia da noi chiamato per darci una mano, conferma una delle nostre maggiori preoccupazioni, cioè una tendenza ad avvalersi soprattutto dei Canadair e della flotta aerea dello Stato, in sostituzione di carenze organizzative, di vario genere, che continuiamo a registrare sul territorio, soprattutto in alcune regioni del nostro Paese. Questo è il primo problema.
Il secondo problema rappresenta in qualche modo un'antitesi rispetto a quanto appena detto, giacché, in alcune situazioni, registriamo invece una richiesta di intervento della flotta aerea dello Stato con notevole ritardo rispetto alla situazione che si sta sviluppando in uno specifico territorio.
Mi riferisco, in questo caso, all'evento che ha riguardato la pineta di Castelfusano, un paio di settimane or sono, qui a Roma, dove, come sapete, alla luce di un tragico evento che colpì quella pineta nel 2000, venne costituita addirittura una sala operativa interforze. Nel corso degli anni, più volte è stata ribadita la grande attenzione che le strutture locali ponevano al problema della prevenzione e dell'intervento tempestivo nella pineta stessa. Quando alla fine del mese di luglio - è tutto scritto, in modo molto chiaro, nella relazione - si è sviluppato un incendio nella pineta di Castelfusano, dapprima sono intervenuti i volontari, poi sono intervenuti i forestali, poi i vigili del fuoco, successivamente è stato chiamato un elicottero regionale, poi l'elicottero dei vigili del fuoco e solo dopo due ore e mezza da quando si erano scatenate le fiamme (palesemente di origine dolosa, in quanto i focolai erano stati attivati
contemporaneamente in diversi punti della pineta), è stato richiesto l'intervento del Canadair. Quest'ultimo è arrivato dopo undici minuti da quando è stato chiamato! Non credo che, se chiamiamo un'ambulanza, questa arriva sotto casa in undici minuti.
Tutto quello che vi ho narrato è registrato: il Canadair è intervenuto e, dopo un'ora, l'incendio è stato spento. Ebbene, il giorno dopo, sui giornali, si è scritto che il Canadair era arrivato in ritardo, come se i piloti, o chi doveva disporre di questo velivolo, avessero dormito, avessero trascurato la situazione che si era creata nella pineta di Castelfusano, e quindi avessero un po' sottovalutato la dimensione e la serietà della vicenda.
Il giorno successivo a questo incendio, se ne è verificato un altro, sempre nella zona di Castelfusano. Ovviamente, tutto il sistema era in massima allerta, visto ciò
che era accaduto ventiquattro ore prima. Non appena è stato avvistato l'incendio non si è chiesto l'intervento di un elicottero regionale, né di quello dei Vigili del fuoco e neanche altri tipi di intervento, ma si è chiamato subito un Canadair che è arrivato dopo quattordici minuti. Dopo venti minuti l'incendio era spento.
Abbiamo dunque due situazioni opposte che, tuttavia, a mio modesto avviso, rivelano, o ribadiscono, l'esigenza - ed è questa la ragione della mia richiesta di essere audito oggi - di mettere mano alla legge n. 353 del 2000.
Sarebbe necessario, infatti, individuare i punti vulnerabili, non chiari o di possibile equivoco, nell'ambito di questa norma, che continuo a considerare estremamente positiva, ma che evidentemente richiede una piccola «sistematina», anche alla luce delle numerose esperienze che la Protezione civile ha sviluppato nel corso di questi anni, nel settore degli incendi boschivi in modo specifico, ma non solo.
A livello europeo, ormai, siamo visti come un punto di riferimento. Una settimana fa, ci siamo recati a Rodi per spegnere un incendio che stava devastando l'isola.
Come sapete, nello scorso mese di aprile abbiamo fatto la prima grande esercitazione europea con i Canadair provenienti da tutto il Mediterraneo e anche con i vigili del fuoco e le guardie forestali del Portogallo, della Spagna, della Francia e della Grecia.
Ormai, dal punto di vista delle competenze, delle conoscenze e delle esperienze, il nostro Paese non deve davvero imparare da nessuno.
A mio parere, è bene che tutto questo bagaglio di esperienze utili possa essere messo a disposizione del nostro territorio. Quindi, è opportuno individuare le possibilità di miglioramento di questa normativa, in modo da evitare: conflitti di competenze, possibili equivoci fra le amministrazioni che hanno responsabilità, il solito tentativo di scaricare il barile dopo l'eventuale svolgimento di una vicenda negativa e ritardi da parte delle regioni nelle convenzioni, previste dalla legge, con il Corpo forestale dello Stato e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Tutto questo genere di disattenzioni, infatti, può costringerci un giorno a polemizzare o ad avere rimpianti, per qualche altro avvenimento estremamente negativo che è sempre dietro l'angolo quando si gestiscono fatti del genere.
Non voglio mettere le mani avanti da questo punto di vista. Segnalo che, con pochissimi interventi e nessuna esigenza aggiuntiva di carattere economico - lo voglio sottolineare -, ma soprattutto puntualizzando chi fa che cosa e in quale momento, potremmo avere una normativa, per l'anno prossimo ormai, sicuramente più valida ed efficace, senza dover ricorrere a una dichiarazione di stato di emergenza e alla nomina di un commissario per supplire alle carenze e alle lacune della normativa vigente.
Spero di essere stato esaustivo, signor presidente.
PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario Bertolaso per la sua esaustiva relazione. A tale riguardo avverto che il testo scritto è già in distribuzione, mentre gli allegati verranno messi a disposizione in un momento successivo.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
MAURO LIBÈ. Signor sottosegretario, la ringraziamo per questa relazione che, purtroppo, rischiamo di ascoltare ogni anno.
Quest'anno la situazione è stata sicuramente migliore e lei ha specificato anche perché. Questo ci impone di non sederci sugli allori, ma di operare in modo che non si debba agire sotto pressione per gestire un'emergenza.
Al di là del riconoscimento che voglio rivolgere anche io alle capacità dei piloti dei Canadair che ho la fortuna di aver frequentato e di conoscere, desidero in primo luogo dire che sono del tutto convinto che lei non voglia mettere le mani avanti. L'ha sempre dimostrato nel comportamento.
Proprio il fatto che venga a parlarci di tali eventi dimostra che trattiamo un problema che, a mio avviso, è migliorato di anno in anno - ne abbiamo parlato anche l'anno scorso e negli anni precedenti -, anche se rimane ancora tanto da fare.
Forse - è un appello che rivolgo al presidente - come Commissione dovremmo lavorare per riuscire ad ascoltare tutti i soggetti coinvolti. A settembre, dovremmo formarci un'idea chiara circa la soluzione - semplifico - da dare alla famosa questione della catena di comando, che ho sentito citare anche in altre occasioni.
Vengo ora alla domanda che vorrei formulare e che riguarda i rapporti pratici tra Protezione civile, Corpo forestale e Vigili del fuoco. In alcune audizioni tenute al Senato, ho sentito dire che molte turbative - passatemi il termine, sono leggermente brutale - derivano anche da azioni di gruppi volontari locali che intervengono e a volte acquisiscono una specie di comando locale per gestire le operazioni. Ecco, vorrei sapere all'incirca quale sia lo stato di queste due situazioni riguardanti i rapporti e come potremmo intervenire.
AGOSTINO GHIGLIA. Vorrei ringraziare il sottosegretario Bertolaso per la relazione esaustiva e positiva, vivaddio! Infatti, se le condizioni meteorologiche aiutano in qualche caso, non dobbiamo necessariamente essere tristi.
Certo, purtroppo in Piemonte vi è stata un'alluvione, uno dei fatti calamitosi più drammatici dell'anno, tuttavia, per il momento, per quanto riguarda gli incendi, la situazione è positiva; e dobbiamo esserne felici.
Sottosegretario, il tema centrale della sua relazione - sul quale, peraltro, lei ha insistito molto - è legato alla mancanza di coordinamento.
In proposito, il collega Libè parlava di una catena di comando. Ebbene, si ha quasi l'impressione di non avere una catena, ma solo alcuni anelli che girano per conto loro. È evidente che a settembre dovremo audire i vigili del fuoco e tutti i soggetti coinvolti. Tuttavia, visto che - se non sbaglio - il cuore del suo messaggio è volto a sottolineare la necessità di mettere mano alla normativa per semplificarla e per trovare dei referenti unici, al di là delle audizioni che dovremmo indire e che terremo, quale può essere lo strumento adatto per raggiungere tale scopo?
Lei ritiene che sia necessaria la creazione di una struttura ad hoc? Crede che sia necessario un disegno di legge, un decreto o un'ordinanza che si limiti a regolamentare esattamente le singole responsabilità, i singoli doveri di ciascuno o, come dicevo all'inizio del mio intervento, si tratta semplicemente di dare un'interpretazione autentica di norme già esistenti?
Dico questo, anche perché ognuno di questi filoni di pensiero, per così dire, comporterebbe necessariamente l'assunzione di atteggiamenti diversi.
Chiaramente, al di là del Governo, anche il Parlamento può fare la propria parte. Tuttavia, è inaccettabile che, nell'anno del Signore 2008, si senta ancora parlare - nonostante le tristi esperienze in tema di incendi che questo Paese ha vissuto, come peraltro tanti altri dell'area mediterranea - di mancato coordinamento tra i soggetti che si devono occupare di tale settore.
Tutto questo è assolutamente incomprensibile, non solo per il cittadino, ma anche per tutti noi che ci chiediamo se sia possibile che la situazione non sia ancora cambiata.
Pertanto, dal momento che non è possibile andare avanti in questo modo, chiediamo che - a settembre, a ottobre, o quando lo riterrà - il Governo ci dica quale strada intende seguire, per cercare di risolvere quantomeno il problema dell'organizzazione in tale ambito. Non mi riferisco all'impegno, alla qualità, all'attenzione o alla lungimiranza - alcune operazioni sono state poste in essere, come l'accatastamento e quant'altro - ma proprio all'organizzazione, di fronte alla quale non ci possiamo fermare.
RAFFAELLA MARIANI. Ringrazio il sottosegretario Bertolaso per le buone notizie che ci ha comunicato.
Per quanto riguarda quest'anno, al di là del fatto che le condizioni meteorologiche hanno favorito la situazione, lei ha riconosciuto il ruolo che il Parlamento ha svolto nell'ultima vicenda, quella di garantire le risorse per i Canadair.
Intanto, trovo interessante che lei abbia sottolineato che anche il Parlamento può svolgere il proprio ruolo. Ne abbiamo discusso anche in queste ultime settimane e riteniamo di poter dare un contributo alle modifiche necessarie, anche rispetto ad alcuni provvedimenti che ci sentiamo di poter condividere, indipendentemente dalle posizioni politiche.
Il fatto che il richiamo alla legge n. 353 del 2000 sia un riferimento, da quello che possiamo percepire, alla semplificazione e soprattutto al coordinamento, mi sembra molto plausibile.
Spesso abbiamo discusso delle risorse e delle competenze. Forse uno Stato moderno deve avere al suo interno l'efficienza necessaria per apportare queste modifiche, come lei chiedeva, senza urtare le suscettibilità dei differenti Ministeri.
Quando ci siamo trovati in difficoltà in occasione delle discussioni che abbiamo svolto - in primis per la protezione civile e per la gestione delle emergenze - è stato sempre perché era necessario contemperare i ruoli di tutti: tra lo Stato e le regioni e, all'interno dello Stato, tra i vari organismi competenti.
Questo passaggio - per la sua gestione, ma anche nel caso delle competenze in occasione di catastrofi - è ormai un dato acquisito, in misura di gran lunga maggiore rispetto a pochissimi anni fa. Questo ci fa sperare che possiamo essere costruttivi nella direzione di semplificare e chiarire la linea di comando, come tutti hanno detto.
Sono anche io curiosa di capire se in questa Commissione, insieme anche al Ministero dell'agricoltura e alla Commissione competente, possiamo dare un segnale veloce, in termini di efficienza. Prima di ascoltare la sua relazione, ci eravamo chiesti se non fosse il caso di consultare le regioni, per capire a che punto fossero con il catasto dei rifiuti. L'anno scorso, in questo approfondimento, ci eravamo posti seriamente il problema relativo al fatto di come poter costringere le regioni, nel caso in cui avessero deciso di non agire in questa direzione, magari addirittura toccando alcuni aspetti del patto di stabilità. Ne avevamo ragionato in Commissione, per cercare di essere più incisivi.
Effettivamente, attraverso la protezione civile e il ruolo dei prefetti, in questo caso si è stati anche più veloci. Alla fine, anche chi non li aveva fatti, mi sembra di capire che li ha prodotti successivamente.
Siamo ben contenti di poter partecipare a questo riordino - chiamiamolo così - che fa riferimento a una legge non vecchissima, ma che, grazie alle tecniche e all'esperienza, può essere modificata e aggiornata in maniera costruttiva.
Se siamo un esempio per l'Europa, dobbiamo esserlo anche per le diverse parti del Paese, in alcuni casi tramite un coordinamento più efficiente con tutte le regioni. Purtroppo, infatti, in questa Commissione abbiamo dovuto spesso verificare come ogni regione sia un mondo a sé, con caratteristiche differenti, per cui risulta difficile difendere complessivamente il ruolo delle regioni, se sono così differenti l'una dall'altra anche nel rispondere alle esigenze dello Stato centrale.
ALESSANDRO BRATTI. Volevo semplicemente porre una domanda fondamentale.
Sottosegretario, in precedenza lei faceva cenno all'importanza che hanno i dati meteorologici per il lavoro che svolgete. Inoltre, lei evidenziava che i soggetti che acquisiscono tali rilevazioni sono diversi tra loro. Infatti, da un lato c'è il servizio dell'aeronautica; dall'altro, l'istituzione dei vostri centri funzionali presso le regioni. Tra l'altro, tanti di questi centri funzionali sono stati demandati dalle regioni alle agenzie tecniche (vedi le agenzie regionali per la protezione e l'ambiente). Credo,
pertanto, che l'esperienza dei centri funzionali sia stata, e sia tuttora, assolutamente positiva.
Visto che questa Commissione - credo nel mese di settembre - si troverà a discutere della questione della riorganizzazione dell'Agenzia nazionale per la protezione ambientale, ma credo che toccherà anche tutto il sistema delle agenzie ambientali, vorrei capire da lei quale sia il giudizio rispetto a tale attività. Dico questo tenendo presenti le considerazioni che si svolgevano precedentemente anche riguardo alle diverse realtà regionali. Le chiedo dunque un parere sull'utilizzo di questi centri funzionali, che a mio avviso è assolutamente positivo.
Tuttavia - lo ripeto -, siamo in sede di audizione e gli elementi conoscitivi che raccogliamo sono importanti per affrontare discussioni successive, mantenendo una costanza di ragionamento. Mi spiego: non vorrei che, da un lato, mettessimo mano a un pezzo e svolgessimo un lavoro egregio per poi, da un'altra parte, mettere mano a un altro pezzo, senza capire - chi non è addetto ai lavori non le conosce - che esistono sinergie assolutamente fondamentali in questo senso, ad esempio, tra il sistema delle agenzie ambientali e quello della protezione civile.
Lo ripeto, credo che in alcune regioni, come il Piemonte o l'Emilia-Romagna, tali situazioni abbiano funzionato molto bene.
CARLO MONAI. Anche io voglio associarmi al plauso rivolto al sottosegretario Bertolaso, per questa interessante relazione che dà conto dello stato dell'arte relativo alla problematica legata agli incendi boschivi nella nostra nazione.
D'altra parte, nelle sue conclusioni mi pare di cogliere una valutazione quanto meno perplessa sull'opportunità di una fedele applicazione del federalismo, nel momento in cui la natura non conosce i confini regionali e necessita, spesse volte, di politiche uniformi e di pratiche di intervento omologabili, piuttosto che frammentate nel contesto delle singole regioni. Queste ultime, con la legge costituzionale n. 3 del 2001, hanno avuto competenza concorrente a legiferare su materie quali quelle della protezione civile che, in qualche modo, sono a cavallo della problematica degli incendi boschivi.
Da questo punto di vista, sarebbe forse opportuno riflettere anche sulla possibilità di valorizzare le migliori pratiche che sono state già avviate dalle singole esperienze regionali e verificare se queste ultime possano diventare paradigmatiche di un modello di intervento che possa essere eletto a sistema nazionale e magari anche «imposto», o quanto meno caldamente suggerito, alle altre regioni, affinché diventino compartecipi.
Provengo dalla regione Friuli Venezia Giulia che - se il dottor Bertolaso me ne dà atto - è forse una delle più virtuose dal punto di vista della protezione civile. Anche nella lotta agli incendi boschivi, ricordo che la regione ha stipulato convenzioni transfrontaliere (con la Carinzia, ad esempio) per mettere in sicurezza la grande foresta di Tarvisio, che ha festeggiato i mille anni (alcuni anni fa, nel 2005-2006, se ricordo bene).
Quindi, da questo punto di vista, occorre svolgere una valutazione comparativa di quali siano le regioni che abbiano un modello organizzativo più efficace e vedere se questo possa essere elemento di proposta, o quanto meno di intervento per il sistema nazionale.
Sull'efficacia dell'esperienza dei gemellaggi devo esprimere qualche dubbio. Infatti, che la regione Sicilia sia gemellata alla Lombardia e il Friuli Venezia Giulia all'Emilia-Romagna deve avere una sua logica, che però mi sfugge rispetto al gemellaggio fra Piemonte e Puglia.
Forse, potrebbe avere più senso mettere in collegamento sinergico le regioni limitrofe, piuttosto che costringere i volontari a peregrinazioni impegnative, che magari avranno anche la piacevolezza della scoperta di nuove realtà locali, spesso anche amene, oltre che da sorvegliare, ma che, forse, non rispecchiano la norma di contenere i costi e di ottimizzare i risultati dell'intervento dei volontari.
ANGELO CERA. Signor presidente, vorrei ringraziare il sottosegretario Bertolaso, intanto per le sue numerosissime presenze sul Gargano, che testimoniano un impegno personale non di poco conto. Questo è un fatto che ci riempie di gioia e, contestualmente, ci rassicura rispetto a un tempo passato in cui, ahimè, la nostra natura ha purtroppo subito danni ingenti.
Onorevole sottosegretario, vorrei chiederle di aiutare i vigili del fuoco di Foggia ad essere più numerosi e a poter essere dislocati sul territorio in maniera diversa. Lei sa che il Gargano è un promontorio che, per essere attraversato, richiede un'ora e mezza di auto. Si va molto più velocemente da San Severo a Roma, che non da San Severo a Vieste. Chiediamo il suo aiuto, per esempio, per avere una caserma stabile dei vigili del fuoco a San Giovanni Rotondo, una a Vico del Gargano potenziata, nonché un aiuto per potenziare Foggia, che vede anche il sub appennino dauno, un'altra parte importante del territorio, la Capitanata, anch'esso fortemente boscato. Credo che, per la prima volta, tocchiamo punti concreti, volti a risolvere i problemi.
Infine, alcuni villaggi di Peschici, purtroppo, hanno dovuto ricostruire da subito, mettendo mano al portafoglio. Successivamente sono venuti fuori i POR che, purtroppo, relativamente al modo di operare, prevedevano l'obbligo innanzitutto della progettazione, preventiva all'intervento.
Le chiedo se sia possibile, attraverso un suo intervento presso l'Unione europea, cercare di risolvere almeno il caso di alcuni villaggi di Peschici. Altrimenti, al danno si aggiunge la beffa. Avremmo avuto, infatti, persone che si sono indebitate e che oggi, una volta uscito il POR, non possono chiedere finanziamenti perché quest'ultimo non prevede l'intervento immediato, bensì la progettazione e, solo successivamente, l'intervento. Queste persone, però, avrebbero perso sicuramente questa stagione e forse anche altre stagioni successive.
Chiedo quindi se si possa intervenire, a livello di Unione europea, per questi casi specifici, a favore di coloro che hanno già speso per riattivare i villaggi, anche se in maniera provvisoria. Nel concreto, chiedo se, prevedendo una apposita eccezione sia possibile poter recuperare tali casi nei POR e nei finanziamenti europei.
GABRIELLA MONDELLO. Desidero associarmi anch'io, anche se può apparire ormai rituale, all'apprezzamento per il lavoro svolto dal sottosegretario Bertolaso, tra l'altro in molteplici campi. Più che altro, avendo dato un'occhiata veloce alla relazione (approfondita e molto ricca di dati), ho soltanto una domanda da porre. Vedo che la relazione è quasi tutta incentrata sulle regioni centro meridionali. Vorrei chiedere, allora, se ci si è limitati all'esame delle regioni meridionali, per quanto riguarda l'incidenza degli incendi. Provengo dalla Liguria, dove il fenomeno degli incendi in estate è comunque molto accentuato. Negli anni scorsi abbiamo vissuto momenti di grande difficoltà, anche se non paragonabili, fortunatamente, a quelli che hanno coinvolto altre regioni.
Mi sembra anche, guardando i programmi sui campi (che sono ben 120), che in alcune regioni non ne siano previsti. Mi balza all'occhio che sono previsti dieci campi nella regione Abruzzo. È vero che lì ci sono le montagne, ma, confrontando con i soli due campi in Liguria, mi sembra, obiettivamente, che esista una sproporzione. Non dico ciò in senso critico, bensì solo per avere un'informazione. Ne concludo che, forse, la mia è una regione virtuosa, in cui si provvede all'emergenza con i mezzi locali.
PRESIDENTE. Do la parola al sottosegretario Bertolaso per la replica.
GUIDO BERTOLASO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, presidente. Partendo proprio
dalla Liguria, voglio sottolineare un aspetto molto positivo che riguarda questa regione, perché è l'unica in Italia che ha pensato bene di affidare la competenza della lotta agli incendi boschivi e della protezione civile allo stesso assessore.
Non ho portato oggi con me una immagine in cui il nostro paese appare come il vestito di Arlecchino, immagine che abitualmente porto con me e che in passato ho anche presentato in quest'Aula, per dimostrare che il problema che sta venendo fuori è proprio quello già segnalato da alcuni di voi: ogni regione, ovviamente, alla luce della riforma costituzionale, si organizza come meglio crede. Se ciò è legittimo, più problematico è il fatto che in questo modo vi sono diversi assessorati che condividono competenze molto simili.
Ribadisco che la Liguria è l'unica regione in Italia che ha accorpato nell'ambito di un solo assessore lotta agli incendi boschivi, volontariato di protezione civile, volontariato che si occupa di lotta agli incendi boschivi e struttura regionale di protezione civile, ivi inclusi i centri funzionali. A proposito di questi ultimi, ringrazio chi li ha ricordati: mi fa piacere che siano stati citati, poiché si tratta di un nostro fiore all'occhiello.
Tutte le altre regioni - e purtroppo i risultati si vedono - hanno affidato la lotta agli incendi boschivi a un assessore, mentre la protezione civile è compito di qualche altra struttura. In certi casi, un altro assessore ancora ha la responsabilità di coordinarsi o di collegarsi con il Corpo nazionale dei vigili del fuoco e i forestali, per quello che riguarda gli aspetti di bilancio, per la predisposizione delle convenzioni e quant'altro. Ne consegue la frammentazione delle competenze e quindi, inevitabilmente, nel momento dell'emergenza, la poca chiarezza nella linea di comando. Ed è questo, come sapete bene, quello che siamo riusciti invece ad evitare nell'ambito della protezione civile: alla luce del decreto legge del 2001 e delle successive norme che hanno un po' puntualizzato alcuni compiti e responsabilità, non credo che ci sia un solo italiano, oggi, che dubiti su chi abbia la responsabilità della gestione di un terremoto, di
un'eruzione vulcanica, di un'alluvione, di una frana, comunque di quelle che possono essere le fattispecie che rientrano nell'ambito della previsione della legge n. 225 del 1992.
Sappiamo bene che la responsabilità è assegnata al Dipartimento della protezione civile, operante nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri. L'avere unificato tutte queste competenze in una struttura che dipende direttamente dal Presidente del Consiglio dei ministri ci ha consentito di risolvere i problemi di coordinamento con le varie amministrazioni - Difesa, Interno, Agricoltura, per citarne solo alcune - e anche di mantenere un rapporto privilegiato con le regioni, a livello di presidenti, che spesso ci consente di bypassare le difficoltà all'interno della stessa regione.
La stessa cosa non accade per gli incendi boschivi, poiché essi diventano calamità naturali nel momento stesso in cui si fa la dichiarazione dello stato di emergenza, come è successo appunto l'anno scorso, dopo Peschici. Tuttavia, non possiamo rimanere permanentemente in stato di emergenza per evitare carenze di coordinamento e di linea di comando. Questo è il caso specifico degli incendi boschivi, che non sono emergenza fino a quando non muore qualcuno, fino a quando non abbiamo incendi tipo quello di Peschici, di Patti, ma anche della provincia di Savona di alcuni anni or sono, oppure situazioni come quelle che hanno riguardato la Sardegna. Alcuni giorni addietro mi sono recato a ricordare le nove vittime di un incendio a Tempio Pausania, risalente ad alcuni anni fa. Fortunatamente oggi siamo in grado di limitare i danni, ma certamente occorre fare chiarezza.
I rapporti fra la protezione civile e il Corpo forestale dello Stato e dei vigili del fuoco sono semplicemente eccellenti. Il problema, in questo caso, sono i numeri. Vorrei tanto essere utile per migliorare e per far aumentare di numero i distaccamenti
dei vigili del fuoco; tuttavia lei sa, onorevole, che i vigili del fuoco in Italia sono 30 mila, contro i 300 mila vigili del fuoco operanti in Francia. In quel Paese, almeno nel territorio nazionale, non hanno vulcani; la zona a rischio sismico della Francia è semplicemente la Savoia e da un punto di vista di incendi boschivi, alluvioni e frane, non sono sicuramente messi peggio di noi. Lì, però, ci sono - ripeto - 300 mila vigili del fuoco. In Italia abbiamo un decimo della pianta organica di quel Paese limitrofo, sebbene abbiamo il record mondiale dei rischi naturali. Non c'è Paese, al di là dell'Indonesia e qualche altro, che possa vantare nove vulcani attivi sul proprio territorio, il 60 per cento del territorio a rischio sismico e via dicendo. Questa è la dimostrazione che facciamo i miracoli ogni giorno.
Non ho citato, nel corso della mia presentazione, l'incendio che ha colpito Alicudi alcuni giorni fa e l'incendio che ha colpito l'isola di Santo Stefano, presso Ventotene, alcune notti fa. Devo ricordare che, purtroppo, questi incendi non li spegne nessuno: a Santo Stefano non ci sono i vigili del fuoco e a Ventotene non ci sono i forestali, che quindi devono arrivare dalla terraferma. Se l'incendio si sviluppa durante la notte, come è successo a Ventotene un paio di settimane fa, l'isola brucia tutta, come è successo, perché i Canadair durante la notte non possono agire.
È un problema abbastanza diffuso, da questo punto di vista, ecco perché bisogna ottimizzare al massimo gli interventi. Cosa bisogna fare? Vi sono delle realtà talmente articolate e talmente diverse, in Italia, che diventa complesso indicare una strada univoca. Come ha detto anche l'onorevole Mariani, ogni regione fa caso a sé. Se tutte le regioni fossero simili al Friuli Venezia Giulia - tanto per non fare nomi e per dare un riconoscimento pubblico a una regione che è perfettamente organizzata nel campo della protezione civile - allora non avremmo di questi problemi. Purtroppo, però, abbiamo regioni che non hanno neanche la sala operativa unificata, che fanno le convenzioni con i vigili del fuoco il 21 luglio e che non hanno volontari che si occupano di incendi boschivi e così via.
Bisogna, allora, individuare un meccanismo per il quale, come è previsto dalla normativa vigente, la responsabilità dell'organizzazione della lotta agli incendi boschivi sia affidata alle regioni. Se le regioni non rispettano i parametri che già la legge n. 353 individua - come possibili, mentre devono diventare, a mio modesto avviso, obbligatori - deve scattare un meccanismo di commissariamento, o comunque di sostituzione del livello regionale, in modo che la responsabilità venga affidata ad un altro soggetto; un soggetto ovviamente statale, probabilmente centrale, un prefetto, un capo dei vigili del fuoco, un capo forestale eccetera. In questo discorso non deve entrare la protezione civile, che deve garantire i Canadair e la lotta agli incendi dall'aria.
In Friuli Venezia Giulia - apro e chiudo una parentesi - vi sono 219 comuni e 219 gruppi comunali di protezione civile. Non è una questione di quattrini, né di organizzazione: è una questione di volontà politica. I volontari che noi mandiamo in Sicilia e in Puglia - che vengono dal Piemonte, per quello che riguarda la Puglia, e dal Friuli Venezia Giulia, dalla Lombardia e dall'Emilia-Romagna per quello che riguarda la Sicilia - sono fondamentali. Innanzitutto possiamo permetterci di distrarli dal nord in quanto, durante l'estate, in quella zona non ci sono incendi, quindi non sottraiamo risorse a quella parte dell'Italia. Non potremmo permetterci, invece, di inviare in Sicilia dei volontari della Calabria, considerato che già in quest'ultima regione abbiamo diversi problemi e non credo che dobbiamo aumentare i rischi. Inoltre, facciamo venire al sud i volontari dal nord perché vogliamo che ci sia integrazione e collaborazione.
Vado sempre a trovare questi ragazzi, che lavorano ovviamente insieme ai colleghi siciliani o pugliesi, come sta accadendo sul Gargano. C'è una straordinaria integrazione tra loro e scatta anche una voglia di emulazione in senso positivo. Mai come
nel campo della protezione civile è la base che deve costringere il vertice a migliorarsi, a crescere, a dialogare, a prendere iniziative, eccetera.
Questo accade, fortunatamente, e credo che noi non dobbiamo fare altro che favorire e promuovere questo genere di collaborazione e di gemellaggi, proprio perché ci permettono una trasfusione, oltre che di passione, anche di competenze e di esperienze assolutamente decisiva.
Quando un sindaco della Sicilia ebbe l'infelice idea di dirmi che i gruppi comunali volontari di protezione civile sono una pia illusione - lo disse l'anno scorso, a Custonaci, in occasione del saluto conclusivo dell'esperienza Friuli Venezia Giulia-Sicilia - io feci parlare i volontari del Friuli. Ognuno di loro veniva da un comune diverso e faceva parte dei gruppi comunali promossi dal sindaco. Quando vado in Friuli vedo 219 sindaci che, sotto la fascia tricolore, indossano la giacca a vento della protezione civile. Ecco, io spero che un giorno avremo 8.300 sindaci che si presenteranno in questo modo quando si tratta di gestire una situazione di possibile rischio del proprio territorio. A quel punto credo che saremo in grado di fronteggiare qualsiasi problema del nostro Paese.
PRESIDENTE. Prendendo spunto anche da quello che diceva prima la collega Mariani, credo che sia giusto che da parte nostra ci sia un impegno, che avremo poi modo di puntualizzare nei mesi a venire.
Credo che l'appello fatto oggi dal sottosegretario Bertolaso riguardi la revisione della legge n. 353. A mio parere, possiamo già assumere l'impegno di cominciare a vedere, insieme alla struttura della protezione civile e al sottosegretario Bertolaso, quali possono essere i punti da modificare per migliorarla. Sebbene, come si è detto, in parte la legge funzioni, si può comunque provare a migliorarla. Su questo ragioneremo a settembre, tuttavia vi invito a riflettere e a formulare eventuali suggerimenti.
Possiamo prevedere anche un ciclo di audizioni, con il personale della protezione civile, la polizia forestale e i vigili del fuoco, tra settembre ed ottobre in modo anche da avere un quadro completo di quello che è accaduto durante l'estate.
Ringraziando nuovamente il sottosegretario Bertolaso, dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 13,10.