Sulla pubblicità dei lavori:
Alessandri Angelo, Presidente ... 3
Audizione del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Guido Bertolaso, sugli eventi alluvionali occorsi nel Nord Italia nello scorso mese di aprile (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Alessandri Angelo, Presidente ... 3 7 12 15
Bertolaso Guido, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri ... 3 12
Foti Tommaso (PdL) ... 7
Lovelli Mario (PD) ... 8
Marantelli Daniele (PD) ... 10
Mariani Raffaella (PD) ... 11
Motta Carmen (PD) ... 9
Scilipoti Domenico (IdV) ... 11
Togni Renato Walter (LNP) ... 8
ERRATA CORRIGE ... 15
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: (Misto-RRP).
Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 8,50.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Guido Bertolaso, sugli eventi alluvionali occorsi nel Nord Italia nello scorso mese di aprile.
Do subito la parola al sottosegretario Bertolaso per lo svolgimento della sua relazione, ringraziandolo per la sua presenza.
GUIDO BERTOLASO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie Presidente. Farò alcune rapide considerazioni relative alla vicenda della piena di fine aprile. Ovviamente, come nostra abitudine, alla Commissione consegnerò poi una robusta documentazione con tutti gli elementi e i dati scientifici riguardanti la vicenda che ha interessato in particolare il Piemonte, la Lombardia e l'Emilia-Romagna. In questo interessante rapporto preliminare sull'evento verificatosi nelle regioni citate, potete trovare tutte le informazioni di dettaglio e le modalità della gestione dell'emergenza dal primo minuto fino alla conclusione della medesima.
La foto che abbiamo scelto per introdurre il rapporto preliminare credo sia emblematica di questa piena primaverile. In essa si vede il famoso ponte della Cittadella ad Alessandria - rispetto al quale dirò qualcosa in seguito - e si capisce in modo chiaro la natura del problema di questo ponte: è come se fosse una diga, più che un ponte. Quindi, fino a quando - e arrivo subito alla conclusione dell'intervento - non si risolverà questo problema, ogni volta che vi saranno delle precipitazioni intense o leggermente superiori alla media, ci troveremo a dover gestire un rischio di alluvioni che non è causato tanto dall'eccessiva precipitazione, quanto dal fatto che abbiamo un reticolo idrografico - in questo caso nel centro di Alessandria - che rischia di compromettere tutto il lavoro che si fa quotidianamente.
Si tratta, quindi, di un esempio forse emblematico, in questo momento e almeno per quanto riguarda il rischio idrogeologico nel Nord Italia, di quali siano le attività di prevenzione e di messa in sicurezza del territorio che dobbiamo cercare di portare avanti. Diversamente, infatti, continueremo a ragionare su vicende che si ripeteranno con una frequenza sempre più assidua.
Ovviamente, sappiamo che le piene primaverili ed estive nel bacino del Po non sono rare. Questa situazione di crisi si è verificata fra il 26 e il 30 aprile. Tralasciando la relazione che in seguito consegnerò, è noto che, di fatto, il Dipartimento della protezione civile dal 6 aprile mattina si sta occupando della tragedia del terremoto in Abruzzo e, di conseguenza, abbiamo trasferito il nostro quartier generale da Roma alla scuola allievi sottufficiali della Guardia di Finanza di L'Aquila da dove gestiamo il terremoto; ma, in contemporanea, ci occupiamo anche delle altre diverse problematiche.
Molto rapidamente, credo di poter affermare che, ovviamente, come è nostro dovere, abbiamo gestito anche questa vicenda di emergenza in Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna con le autorità locali, con gli enti locali, le prefetture, le regioni, le province e i comuni in modo assolutamente efficace e soddisfacente. Anche questa volta siamo stati fortunati. La mia grande preoccupazione, infatti - e proprio su questo punto avevamo lavorato durante i mesi di gennaio, febbraio e marzo -, era derivante dalla possibilità che le eccezionali nevicate dell'autunno e dell'inverno si traducessero in primavera in altrettanto eccezionali onde di piena; a tal proposito, vi lascerò a verbale un documento nel quale si legge chiaramente che essa non era una preoccupazione poi così astratta.
Il combinato disposto di eventuali pesanti perturbazioni meteorologiche con un livello di zero termico basso poteva causare delle situazioni drammatiche, perché avremmo dovuto abbinare alle piogge anche il rapidissimo scioglimento del manto nevoso, con effetti assolutamente devastanti. Avevamo lavorato soprattutto con il Piemonte, perché - come sappiamo - in alcune province e comuni del Piemonte sono caduti oltre dieci metri di neve negli scorsi mesi; avevamo, quindi, lavorato molto per mettere in piedi una serie di programmi di prevenzione, di previsione e di gestione immediata delle eventuali emergenze.
La fortuna di questa perturbazione e della situazione critica verificatasi fra il 26 e il 30 aprile è derivata dal fatto che la quota neve (lo zero termico) era abbastanza alto, grossomodo intorno ai mille e cinquecento metri. Non si è avuto, pertanto, l'abbinamento di pioggia - che pure, come dirò in seguito, in alcune zone, soprattutto della Val d'Ossola, è caduta anche in quantità di trecentosessanta millimetri nell'arco di settantadue ore - con lo scioglimento del manto nevoso. Per questo motivo abbiamo potuto gestire la situazione che non è diventata drammatica come nel 1994 o nel 2000.
Illustrato, quindi, l'aspetto positivo, possiamo dire che si è trattato comunque di una situazione molto critica che, come sapete, ha provocato notevoli danni in alcune province, soprattutto del Piemonte, con frane, allagamenti e interruzioni di viabilità di moltissime strade, specie di quelle provinciali. Purtroppo, anche questa volta, abbiamo dovuto registrare una vittima nel comune di Broni, in provincia di Pavia a causa di un fenomeno franoso che ha colpito una casa provocando due feriti e una vittima. Abbiamo dovuto evacuare oltre diecimila persone nell'arco delle tre giornate durante le quali si è sviluppata la perturbazione e, soprattutto, abbiamo effettuato l'evacuazione preventiva a scopo precauzionale di alcuni quartieri (tre, per l'esattezza) del centro storico di Alessandria proprio a causa del ponte della Cittadella.
Non descrivo tutta l'attività che abbiamo svolto dal primo minuto. Sapete bene, infatti, che ormai esiste un sistema standardizzato. Così come oggi, in qualità di sistema di Protezione civile, siamo tutti allertati per l'ondata di calore che abbiamo previsto da un paio di giorni e che colpirà alcune zone soprattutto del Centro Italia a partire da domani mattina, anche ad aprile, secondo uno schema ormai standardizzato, sperimentato e funzionante, sapevamo già da un paio di giorni che a partire da lunedì 27 aprile avremmo potuto avere delle situazioni critiche, cosa che poi si è regolarmente manifestata. Ormai il sistema funziona e, a seguito di
un allerta meteo, si organizzano le realtà locali come le regioni, le Protezioni civili regionali, provinciali e comunali, laddove esistono, le prefetture, le organizzazioni di volontariato, il corpo di Vigili del fuoco, eccetera. Eravamo, quindi, tutti in grado di seguire, monitorare e intervenire.
Addirittura, siccome a L'Aquila avevamo ovviamente la parte preponderante del nostro sistema - oltre diecimila funzionari e rappresentanti della Protezione civile tra Vigili del Fuoco, forze armate e volontari - abbiamo fatto rientrare preventivamente verso il Piemonte, soprattutto, e verso l'Emilia-Romagna alcune squadre dei Vigili del fuoco che erano venute a L'Aquila proprio da queste regioni e anche alcune componenti del volontariato, proprio per evitare di lasciare sguarnito il territorio che poteva essere colpito dal maltempo. Sapete che, all'inizio, le province maggiormente colpite sono state quelle di Verbania, Vercelli, Biella, Torino e Novara; poi, la perturbazione ha cominciato a spostarsi verso Est, colpendo quindi anche Alessandria. Nel corso del 28 aprile è, in seguito, entrata in Lombardia, colpendo soprattutto Pavia. È entrata, poi, in Emilia-Romagna, interessando Piacenza e, infine, la costa adriatica.
Accennavo, poc'anzi, che abbiamo avuto un valore massimo di trecentosessanta millimetri di pioggia caduti nel comune di Valstrona, in provincia di Verbania; ciò ha determinato la criticità di alcuni affluenti del Po che, in certi momenti, ha raggiunto livelli abbastanza preoccupanti: il Tanaro, infatti, la sera del 27 aprile, ha superato il terzo livello di soglia, con conseguente attivazione di varie situazioni di allarme nelle province di Cuneo, Asti e Alessandria. La piena del Tanaro è transitata poi sul ponte della Cittadella alle ore 15 e l'ha raggiunto con una portata che abbiamo stimato fra i duemilatrecento e i duemilacinquecento metri cubi d'acqua al secondo. Nelle ore successive, poi, il colmo è passato.
Il Po, che ovviamente riceveva tutta l'acqua dagli affluenti, è passato come colmo con ottomila metri al secondo all'Isola di Sant'Antonio alle ore 20 del 28 aprile. Si tratta di un tempo di ritorno di un fenomeno ventennale. Per dare un esempio, quando ci fu la famosa alluvione del 2000, la portata del Po, in quello stesso punto, fu di undicimila e ottocento metri cubi. Allora, infatti, accadde quello che sappiamo; in questo caso la situazione è stata più tranquilla.
Sulla gestione delle diverse situazioni di criticità nelle province non mi soffermo. Ho detto che vi sono state numerose frane, allagamenti ed evacuazioni, soprattutto dei pianterreni di alcune abitazioni. Abbiamo allertato subito tutto il sistema e poi, lunedì sera, quando ho visto che la situazione poteva diventare problematica, ho mandato ad Alessandria il nostro Capo dell'ufficio previsione e prevenzione, il professor Giovanni Menduni, il quale, fino a qualche mese fa, era il segretario generale dell'Autorità di bacino dell'Arno; e che è ora entrato a far parte della nostra squadra come direttore del settore rischio idrogeologico. Siamo, quindi, di fronte ad una delle massime autorità del settore, com'è nel nostro stile di scelta dei funzionari che seguono i vari lavori.
Il professor Menduni è andato ad Alessandria, si è insediato nella prefettura e, insieme alla provincia, all'assessore regionale di Protezione civile, ai Vigili del fuoco e al volontariato, ha gestito la situazione. L'evacuazione dei seimila abitanti è stata effettuata a titolo precauzionale e tutto si è poi risolto senza particolari situazioni drammatiche, se non fosse stato per la vittima che si è registrata nella provincia di Pavia.
Abbiamo seguito tutte le varie situazioni. Lentamente, fra il 27 e il 28 e fino al 30 aprile, abbiamo di fatto monitorato anche l'andamento della piena del Po nel suo percorso verso l'Adriatico, registrando il cedimento strutturale del ponte sulla via Emilia, al chilometro 263 della statale 9. Il cedimento del ponte ha provocato quattro feriti, di cui uno in codice rosso. Su questo incidente non possiamo esprimere un giudizio. C'è polemica se il crollo sia stato dovuto alla piena del fiume oppure a difetti strutturali precedenti. Ho detto subito - e potete verificarlo tramite un'agenzia
di stampa uscita un'ora dopo il crollo -, dopo aver parlato con il presidente della provincia di Piacenza che era sul posto, con il prefetto di Piacenza e con i miei tecnici che vi si stavano recando, che, essendo stato interessato il pilone in area golenale, mi sembrava particolarmente difficile che potesse essere stata la piena del fiume l'unica causa di quello che è accaduto. Comunque, fortunatamente, non abbiamo registrato vittime. Certo, il problema è grosso: si tratta, infatti, di un collegamento strategico fra Emilia-Romagna e Lombardia e abbiamo dovuto chiedere immediatamente alla società Autostrade Spa di rendere gratuito il transito dell'autostrada fra Piacenza sud e nord perché, di fatto, in questo momento, il ponte autostradale è il mezzo più importante, se non l'unico, per riuscire a collegare le due regioni.
Abbiamo proposto la dichiarazione dello stato di emergenza, cosa che il Consiglio dei Ministri ha determinato, infatti, il 15 maggio scorso per quanto riguarda le province interessate nella regione Piemonte e per quelle di Piacenza, Pavia, Ferrara, Ravenna, Forlì, Cesena e Rimini. Queste ultime, mentre accadeva quello che sappiamo in Piemonte e in Lombardia, sono state interessate anche da violentissime mareggiate che hanno gravemente compromesso la costa adriatica e sappiamo quanto essa sia per noi strategica da un punto di vista turistico, economico, sociale e quant'altro.
Vorrei ora tornare e concludere il discorso sul ponte della Cittadella ad Alessandria. Io posso lasciare, a titolo esemplificativo del lavoro che facciamo quotidianamente, il cronoprogramma di tutte le attività che dallo scorso inverno fino ad oggi abbiamo intrapreso perché finalmente venisse risolto questo problema. Nel presente documento sono compresi solo gli ultimi mesi; se volete, vi mando il cronoprogramma dei passati otto anni: è una piccola enciclopedia! Per noi, infatti, il ponte della Cittadella è sempre stato un punto focale nel ragionamento dell'attività di messa in sicurezza del nostro Paese e del nostro territorio.
Dal 29 dicembre 2008 al 3 aprile 2009 abbiamo fatto di tutto: lettere, verbali, riunioni, convocato regioni e amministrazioni di vario genere. Il 27 marzo - un mese prima, quindi, del fenomeno di cui parliamo, e ciò è a verbale -, nel corso di una riunione tenutasi presso il comune di Alessandria e convocata dal Dipartimento della protezione civile (intendo, per altro, segnalare il nostro totale rispetto delle competenze e dei ruoli delle autorità locali), il professor Menduni faceva presente «l'inderogabile necessità dell'immediata sistemazione del nodo viario di Alessandria, sottolineando i rischi connessi con le imminenti piene primaverili, visto l'ostacolo che il manufatto determina al deflusso nel centro della città. Ricordo, inoltre, che eventuali condizioni di emergenza potrebbero rendere indispensabili interventi d'urgenza anche demolitivi».
Ciò significa che, come quando, al verificarsi della piena del Tevere, lo scorso dicembre, abbiamo chiamato gli incursori della Marina pronti anche a demolire il ponte Sant'Angelo per evitare che Roma finisse sott'acqua, altrettanto abbiamo fatto in questo caso. Eravamo pronti a chiamare gli incursori della Marina e a far saltare il ponte della Cittadella per evitare che Alessandria andasse sott'acqua. Il problema non è così semplice; se si fa saltare un ponte che è come una diga nel momento della piena, forse si ottengono effetti anche peggiori che se lo tenessimo, invece, nelle condizioni in cui è.
Come sempre diciamo, quindi, queste problematiche non vanno risolte al momento dell'emergenza, ma nei momenti di pace, in modo che quando insorge l'emergenza, essa si possa gestire con maggiore tranquillità e maggiore professionalità.
Il verbale appena citato è del 27 marzo 2009 e anche in quell'occasione alcune amministrazioni si opposero alla proposta di demolizione del ponte della Cittadella. La buona notizia, invece, è che a seguito della paura della piena del 27 e 28 aprile, in una riunione successiva, tenutasi il 7 maggio, finalmente tutte le amministrazioni hanno dato «luce verde» alla demolizione del ponte della Cittadella. Abbiamo
concordato che un paio di arcate saranno mantenute come ricordo di un ponte considerato importante anche da un punto di vista artistico. I due lati del ponte, quindi, li teniamo in piedi come monumento, però il ponte lo togliamo di mezzo.
In questo modo passiamo da una possibilità di transito d'acqua pari a duemilaottocento metri cubi al secondo - come è in questo momento, con il ponte che fa da diga - a oltre tremila e cinquecento metri cubi al secondo. Tale, infatti, è la portata che può reggere il Tanaro con tutte le opere di messa in sicurezza che sono state fatte nel corso degli anni e che, ovviamente, comportano un abbondante trentacinque per cento in più d'acqua che possiamo gestire senza correre il rischio dell'alluvione. Abbiamo già chiesto al Ministero dell'economia i fondi per la demolizione, ma adesso - verrebbe da dire: «ovviamente» -, anche se sono tutti d'accordo, mancano i soldi per demolirlo. Abbiamo già chiesto i tre milioni di euro che occorrono per questo intervento e, se necessario, siamo pronti a farlo noi, qualora le amministrazioni locali dovessero avere problemi o difficoltà. Tuttavia, non credo sia un grosso
problema riuscire a ottenere tre milioni di euro; mi auguro, quindi, che nel corso dell'estate si possa finalmente chiudere questa partita, che rappresenta davvero uno dei problemi principali nella gestione del rischio idrogeologico nel nord del nostro Paese.
PRESIDENTE. Grazie, sottosegretario Bertolaso.
Do ora la parola ai colleghi che intendono porre quesiti e formulare osservazioni.
TOMMASO FOTI. Signor presidente, intendo ringraziare il sottosegretario per la sua esaustiva relazione e per la conclusione della stessa, relativa alla decisione dell'abbattimento del ponte della Cittadella ad Alessandria. Mi pare, infatti, che questo sia un tema annoso e purtroppo, fino ad oggi, esso si è sempre ripetuto nella sua pericolosità, ma mai nella sua risoluzione.
Vorrei ora riferirmi un momento alla situazione determinata dal movimento di frane nella provincia di Piacenza per farle presente alcune situazioni. La prima è stata resa nota a seguito della riunione che lunedì scorso gli enti locali hanno convocato a Piacenza, relativamente allo stato di emergenza proclamato il 15 maggio 2009. In buona sostanza, ad avviso almeno della regione Emilia-Romagna, lo stato di emergenza non comprenderebbe il crollo del ponte sul fiume Po. Ciò non è molto rilevante dal punto di vista dell'eventuale approvvigionamento di risorse economiche - al riguardo, infatti, è già chiaro che l'intervento verrà effettuato dall'ANAS -, ma escluderebbe la possibilità di attivare alcune procedure che, invece, lo stato di emergenza consentirebbe. È stato detto che un'istanza in tal senso era stata presentata dal presidente della regione Emilia-Romagna e dall'assessore Bruschini, che è
l'assessore delegato alla Protezione civile. Volevo, quindi, chiederle, se possibile, di verificare se questo decreto debba o meno essere integrato; ritengo che ciò sarebbe opportuno proprio per consentire, nella fase di demolizione del manufatto del ponte sul fiume Po, di utilizzare procedure più veloci.
Per quanto riguarda, invece, la situazione delle frane nella provincia di Piacenza, che sembra un bollettino di guerra, mi permetto soltanto di farle presente che abbiamo almeno sette fronti di frana, concentrati in tre comuni, tra cui i Pianoni a Piozzano, Fravica a Pianello e una serie di luoghi come Montemartino, Salenzo, Saliceto, Marzonago, Lubiate, Casa Stracina a Pecorara, che effettivamente appaiono in una situazione ormai quasi irrecuperabile: la parte dell'alta collina, o della montagna, infatti, sta arrivando a valle. Occorrono, quindi, degli interventi per fronteggiare la frana, soprattutto a Fravica, dove - l'ho visto io - si stanno formando dei laghetti che in questo momento possono essere anche un fattore positivo, ma all'improvviso potrebbero diventare un fattore esplosivo.
Non voglio esagerare, ma i danni fino ad oggi sono stati calcolati, su questi fronti
di frana, come pari a settanta milioni di euro. Occorre, quindi, oltre alla dichiarazione dello stato di emergenza, anche l'emissione di alcune ordinanze, almeno le più urgenti, per riuscire non tanto a ristabilire i collegamenti, quanto ad effettuare gli interventi immediati che queste zone reclamano.
Non intendo invitarla a compiere un sopralluogo che, probabilmente, verrebbe anche malvalutato a fini elettorali; le dico, però, signor sottosegretario, che la situazione è molto più grave di quanto si possa ricavare da un'acquisizione di informazioni sic et simpliciter da parte degli enti locali; questi ultimi, infatti, solo nella giornata di domenica hanno deciso di fare dei sopralluoghi, mentre già da una settimana la frana proseguiva nella sua evoluzione con tutti gli effetti negativi che questa ha prodotto.
Le chiederei, quindi, se potesse farci avere un appunto anche su ciò che i suoi uffici pensano di poter fare e che hanno rilevato.
RENATO WALTER TOGNI. Ringrazio, intanto, il sottosegretario. Naturalmente, anch'io sono soddisfatto della relazione che ci ha presentato. Vorrei solo chiederle una precisazione. Il 15 maggio scorso - diceva - è stato decretato dal Consiglio dei Ministri lo stato d'emergenza. A ieri, però, così ci comunicano da Alessandria per essere chiari, non era ancora stato ricevuto il decreto firmato. Vorremmo, quindi, chiarezza su questo punto.
Quel che è accaduto, inoltre, evidenzia una volta di più - come abbiamo già detto spesso in questa sede - la necessità di intervenire prima per risolvere queste problematiche. Ancora una volta, dunque, esorterei tutti noi a prendere in considerazione seriamente un piano di prevenzione per questi problemi, per i quali, naturalmente, coinvolgeremo la Protezione civile e il sottosegretario perché ci diano una mano per capire come affrontarli.
MARIO LOVELLI. Ringrazio anch'io il sottosegretario per la ricostruzione molto puntuale degli eventi. D'altronde, rispetto all'intervento sul campo del sistema della Protezione civile non possiamo che dare un giudizio positivo; esso è un fatto ormai sperimentato.
Venendo io dalla provincia di Alessandria - sono, infatti, di Novi Ligure e il sottosegretario è stato in quella località ai tempi del terremoto; io allora ero sindaco e ci siamo conosciuti in quell'occasione -, ho avuto la possibilità di riscontrare la diversità di intervento fra l'evento del 1994 e quello di oggi. Evidentemente, gli anni non sono passati inutilmente. Il sistema oggi è più oliato, sia per quanto riguarda il sistema preventivo di allarme che l'organizzazione dell'emergenza. Da questo punto di vista, quindi, non ho nulla da dire. Mi pare che, in particolare per quanto riguarda la città di Alessandria, la fase di emergenza sia stata affrontata in modo adeguato e non ci siano state conseguenze particolari sulla popolazione.
Naturalmente, la situazione di Alessandria e della provincia in particolare, adesso è questa. Il fatto che il sottosegretario abbia iniziato il suo intervento mostrandoci la foto del ponte della Cittadella, è indicativo. Vorrei, tuttavia, dire questo: il ponte della Cittadella è uno dei problemi, ma evidentemente sussistono situazioni sia a monte che a valle che vanno anch'esse affrontate. È evidente che il ponte della Cittadella, per le sue caratteristiche, rischia di creare conseguenze più gravi a valle, o comunque lateralmente al ponte stesso, nel momento in cui crea l'effetto diga. Rimane il fatto, però, che l'alluvione ha colpito a monte prima di arrivare al ponte: c'è, quindi, l'intero sistema di regolazione idraulica della zona di Alessandria che bisogna mettere a regime. Faccio presente ciò perché l'intervento adesso deciso di demolizione del ponte deve essere accompagnato da un intervento complessivo
con i bacini di laminazione a monte: i danni maggiori, infatti, si sono abbattuti, per esempio, sull'agricoltura, a prescindere dal ponte della Cittadella. Aggiungo, poi, che, oltre all'intervento di demolizione, bisogna naturalmente pensare alla ricostruzione, alla costruzione, cioè, di un ponte nuovo.
Io non l'ho sentita parlare di cifre o di stanziamenti e immagino che ciò non sia competenza della Protezione civile. È chiaro, però, che questo è il tema oggi all'ordine del giorno. Rilevato, cioè, che la Protezione civile ha fatto la sua parte, adesso occorrono gli stanziamenti adeguati a mettere in sicurezza tutto il territorio.
Fra l'altro, la regione Piemonte è stata colpita da eventi calamitosi a cavallo dell'autunno e dell'inverno scorsi. Gli ultimi sono proprio le nevicate che lei ricordava poc'anzi e il fatto che lo zero termico abbia resistito ci ha aiutato, è vero, ma rimane il fatto che c'era già stata una precedente dichiarazione di calamità naturale per la quale mancano tuttora gli stanziamenti richiesti.
Adesso ci sono ulteriori danni per i quali occorrono ulteriori stanziamenti.
Il problema che io sollevo, dunque, e che magari in questa Commissione potrebbe essere ripreso successivamente, riguarda la possibilità di intervenire con stanziamenti adeguati a regime. Questo, infatti, è ora il punto: come far fronte ai danni che sono stati comunque sopportati dai territori agricoli, quindi dalle aziende agricole e dalle infrastrutture sul territorio.
C'è stata una dichiarazione di emergenza arrivata, fra l'altro, dopo quindici giorni; si tratta, forse, solo di un ritardo burocratico e lo prendiamo come tale. Adesso, però, servono gli stanziamenti e fino ad ora non se ne ha notizia. Invito, quindi, il sottosegretario e il Governo, ciascuno per le proprie competenze, ad affrontare con urgenza la questione.
Per quanto riguarda il ponte della Cittadella, lei ha ricordato correttamente le vicende: si tratta di otto anni di studi e di rimbalzi di responsabilità che vanno dagli enti locali all'autorità del Po, ai ministeri competenti, eccetera. Poiché adesso si è deciso, con una sola riunione, di abbatterlo, mi chiedo come sia possibile che la vicenda sia durata otto anni. Evidentemente esistevano le condizioni giuridiche che rendevano possibile decidere questo già anni fa. Mi pare, pertanto, che qualcosa non abbia funzionato negli anni precedenti. Credo sarebbe utile se lei potesse offrire la sua opinione in proposito.
CARMEN MOTTA. Ringrazio il sottosegretario per la puntuale relazione che ha fornito alla Commissione.
Io prendo la parola perché ho notato che nel decreto che lei ha fatto distribuire stamattina la provincia di Parma non è compresa nella decretazione d'urgenza. Nel rapporto preliminare che lei ci ha cortesemente fornito, tuttavia, a pagina 13, ho letto che la provincia di Parma è segnalata in quanto interessata dagli eventi alluvionali del 27 e 28 aprile 2009 insieme alla provincia di Piacenza. Colgo, dunque, l'occasione, signor sottosegretario, per segnalarle questo. Il presidente della provincia di Parma, in data 8 maggio 2009, ha inviato al Ministero dell'ambiente e alla regione Emilia-Romagna una nota - della quale, se mi permette, le darò copia a fine seduta - in cui si segnala l'emergenza idrogeologica nel territorio provinciale, a seguito anche di una relazione più dettagliata.
Lo segnalo perché il dissesto idrogeologico di questa provincia - come lei saprà - è il secondo in Italia, con il 26,6 per cento di aree a rischio. Stiamo parlando, infatti, di diciottomila frane, di cui undicimila attive e settemila quiescenti. In questa nota la Provincia segnala come tale emergenza sia stata ovviamente aggravata dagli eventi alluvionali non solo dell'aprile scorso, ma anche da quelli registrati in novembre e dicembre 2008. Tra l'altro, si è inserito anche l'evento del terremoto del 23 dicembre 2008 con movimenti franosi importanti, interruzione di strade e smottamenti che hanno riguardato sia abitazioni civili che edifici e infrastrutture pubbliche, con interruzione della circolazione stradale per diversi giorni.
A questo si sono purtroppo aggiunti gravi danni anche alle attività produttive, in particolare al settore dell'agricoltura. La provincia di Parma, insieme all'Università e alla facoltà di ingegneria, ha stimato che occorrerebbe un piano di interventi di prima urgenza per un ammontare di circa
sessantacinque milioni di euro, divisi tra il territorio montano, la Bassa Ovest e la Bassa Est. Il Ministero dell'ambiente, a suo tempo, aveva riconosciuto circa tre milioni e cinquecentomila euro. La Protezione civile regionale ha finanziato una minima parte dei recentissimi danni; d'altronde, lei sa meglio di chiunque altro che, purtroppo, le dotazioni finanziarie delle Protezioni civili regionali sono al lumicino.
Termino segnalandole che a questi dati di emergenza e alla necessità di un intervento per le somme che ricordavo, si deve aggiungere un incremento delle criticità per un importo complessivo valutato in centoventi milioni di euro, dovuto dal dissesto idrogeologico che va calcolato a partire dal 2000. Devo dire che gli enti preposti hanno cercato di intervenire su tale questione - in primo luogo la provincia di Parma - con un finanziamento, dal 2000 in poi, di centoventicinque milioni di euro, a fronte di una stima complessiva, valutata non solo dalla provincia, ma anche dall'Università e da tutti gli enti cointeressati, di quattrocentoquarantotto milioni di euro. Queste sono, quindi, le cifre cui siamo di fronte. Chiedo, pertanto, che questa segnalazione venga tenuta in debita considerazione. I seri eventi alluvionali dell'aprile scorso hanno, infatti, determinato un aggravamento veramente sensibile della situazione, per far fronte al quale le istituzioni
locali, pur avendo investito negli anni tutte le risorse disponibili - come ho detto -, non hanno in alcun modo la possibilità di intervenire in maniera complessiva.
Per rimanere in linea con le considerazioni che lei svolgeva e che ha sempre svolto, e cioè: «meglio prevenire il più possibile», penso che, in una situazione in cui il dissesto idrogeologico è di tale portata, con movimenti franosi di questa entità, debba essere eseguito, anche a seguito di questo suo primo rapporto preliminare, un approfondimento su questa provincia per intervenire dove è possibile. Ovviamente, ciò deve avvenire con le risorse che potranno essere rese disponibili e in raccordo con le istituzioni locali, per fare in modo che una situazione già fortemente compromessa non diventi ancora più grave e non riservi, in futuro, eventi che per il momento sono stati solo tamponati. Mi creda, sottosegretario, io sono andata sul posto dopo gli ultimi eventi e ho trovato una situazione particolarmente seria, particolarmente grave.
Credo che su ciò si debba sviluppare una riflessione per tentare di aiutare un territorio che si è impegnato con tutte le sue forze ma che, evidentemente, non ha in loco tutte le risorse necessarie per intervenire e compiere un'azione di prevenzione che è ormai indispensabile. Se mi permette, sottosegretario, le lascerò tale documentazione in modo che lei possa avere tutti i numeri a disposizione.
DANIELE MARANTELLI. Anch'io ringrazio il sottosegretario Bertolaso per la puntuale ricostruzione. Per una volta, non chiederò risorse per i territori che amabilmente il collega Foti ricordava all'inizio, anche se devo dire che in Lombardia - come per altro si evince dalla relazione - gli eventi hanno riguardato anche Varese, Como, Milano, Pavia, Lecco, Sondrio, Bergamo e Brescia. Anzi - per essere puntuali -, il più alto livello di quantità pluviometrica è stato segnalato nella stazione di Cuveglio in provincia di Varese: duecentodieci millimetri, per la precisione. Detto questo, devo aggiungere che fortunatamente ciò non ha dato luogo a conseguenze preoccupanti.
La domanda che le vorrei rivolgere, invece, è di carattere generale. Di fronte a una condizione come quella del dissesto idrogeologico, che riguarda un po' tutto il Paese, le chiedo come il Governo intenda darsi un piano di prevenzione. Io non so come si intenda agire da noi, ma conosco abbastanza bene come il meccanismo della prevenzione funziona negli Stati Uniti, attraverso l'agenzia FEMA e il suo rapporto con gli Stati federali.
Sebbene io comprenda che ciò non è competenza diretta del sottosegretario Bertolaso, egli in questo momento rappresenta il Governo e vorrei, pertanto, che il Governo, non so se attraverso il Ministro dell'ambiente o quello delle infrastrutture,
o magari tutti e due insieme, ci dicesse qual è il piano di interventi e il piano di lavoro che intende darsi per affrontare questo tema in termini di prevenzione. È del tutto chiaro, infatti, - come è stato ricordato dal collega Lovelli - che ormai, fortunatamente, la macchina della Protezione civile ha una sua professionalità che è stata sperimentata in più occasioni, ma io non ho dimenticato, però, quando lei, nella scorsa legislatura, venne a mostrarci la mappa dei comuni che sorgono intorno al Vesuvio. Ci fu un'impressione notevole e, tuttavia, pallida rispetto a quella che ho avuto quando, dalla cima del comune di Vico Equense, ho avuto la possibilità di vedere con i miei occhi, e non attraverso le carte, quella realtà. Fu impressionante.
È chiaro, quindi, che noi dovremmo cercare, non con le bacchette magiche o coi miracoli, ma con un'iniziativa incisiva, di individuare le modalità e le risorse per intervenire sul versante della prevenzione. Non so se sia ipotizzabile una tassa di scopo o quali altre modalità, tuttavia è necessario che si affronti questo problema al di fuori dall'emergenza e con un minimo di respiro che guardi avanti, magari anche alle prossime generazioni.
DOMENICO SCILIPOTI. Il mio sarà un brevissimo intervento. Vorrei, infatti, solo chiarire un passaggio, anche se credo di aver capito bene. Il Governo ha ormai deciso di abbattere il ponte della Cittadella ad Alessandria. Quel che le chiedo è se non ci siano altre possibilità - sicuramente saranno state valutate -, magari una pulitura del letto del fiume potrebbe abbassarlo di qualche metro e conseguentemente evitare l'abbattimento del ponte. A mio giudizio, infatti, all'abbattimento del ponte dovrebbero corrispondere anche dei fondi per ripristinarlo immediatamente. Forse potremmo entrare nel merito di soluzioni che non siano così drastiche ma che potrebbero ottenere lo stesso risultato dell'abbattimento.
Questa è la domanda e la riflessione che mi permetto di svolgere. Non conosco il fiume, né conosco la zona; dalle immagini e dalla fotografia che ho visto, tuttavia, mi sembra che qualcosa di diverso possa essere fatto.
RAFFAELLA MARIANI. Torno a porre una richiesta che ho già avanzato a margine di un'indagine conoscitiva che stiamo conducendo sulla difesa del suolo - indagine che ormai va avanti da numerosi mesi -, e che ci ha consentito di raccogliere anche un appello da parte di tutti i soggetti auditi circa le difficoltà delle politiche per la difesa del suolo che il nostro Paese trova in ogni regione. Più o meno, la fragilità dell'assetto idrogeologico è ormai nota; le statistiche mostrano cifre che, in alcune delle nostre regioni, vanno addirittura dal settanta all'ottanta per cento del territorio esposto a rischio idrogeologico e in particolare al rischio frane. Io torno a domandare, dunque - e lo chiedo al sottosegretario come membro del Governo - se non sia il caso di organizzare un'occasione complessiva, più generale, in cui poter avere un confronto anche con il Ministro
dell'ambiente, se del caso congiuntamente con il sottosegretario Bertolaso. Ricorriamo, infatti, alla Protezione civile e al ruolo del sottosegretario Bertolaso ogni volta che, a seguito di un'emergenza, è necessario liquidare le risorse a favore dei territori colpiti da emergenze ambientali (naturalmente, questo è ciò che sta più a cuore alle nostre regioni e istituzioni locali). Non dobbiamo dimenticare, però, che esiste un altro pezzo di questa partita che pertiene al Ministero dell'ambiente, presso il quale esiste una specifica Direzione generale per la difesa del suolo.
Dal mio punto di vista, rispetto a questi temi - senza parlare dei tagli dell'ultima legge finanziaria che hanno toccato tutti i settori -, rilevo che non esiste ancora, da parte del Ministero dell'ambiente, neanche una presa di coscienza della serietà della situazione, e ciò l'abbiamo verificato più volte.
Noi non abbiamo mai potuto ascoltare il Ministro su questo tema e vorremmo, quindi, fare appello al sottosegretario, anche come membro del Governo, perché si possa seriamente affrontare, insieme al
Ministro dell'ambiente, questo tema nella sua interezza.
Voglio ricordare che quando si è esaminato il decreto-legge n. 185 del 2008, il cosiddetto «decreto anticrisi», io provai, con un emendamento, a inserire tra le misure per sbloccare la crisi attraverso la realizzazione delle infrastrutture e la ripresa dello sviluppo, anche il tema dell'assetto idrogeologico. Come abbiamo ribadito anche in questa sede, infatti, il problema delle frane comporta anche dei lavori e delle opere di salvaguardia. Bene, quella proposta venne presa in considerazione e fu, quindi, inserita nel provvedimento, però a costo zero perché si disse che non c'erano risorse. Io penso, però, che sia giunto il momento di chiedere realmente al Governo quali siano le sue intenzioni. Per questo, più che una domanda, rivolgo appello al sottosegretario perché si possa, in un'occasione, trovare il modo di sapere anche cosa pensi di ciò anche il Ministero dell'ambiente.
PRESIDENTE. Do la parola al sottosegretario Bertolaso per la replica.
GUIDO BERTOLASO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Sono d'accordo con l'onorevole Mariani. Esiste una Direzione generale che si occupa di difesa del suolo presso il Ministero dell'ambiente... Poi non si venga a dire che la Protezione civile si vuole occupare di tutto. Noi ci occupiamo dei problemi per i quali veniamo chiamati. È ovvio che, nel momento in cui dobbiamo gestire delle possibili situazioni di rischio idrogeologico, a livello preventivo e previsionale, cerchiamo di mobilitare tutto il sistema. Se poi questo ci costringe anche ad una certa trasversalità, nel rispetto delle nostre competenze e dei rapporti con le altre amministrazioni, lo facciamo. Ma non lo facciamo perché vogliamo prevaricare o entrare nelle competenze altrui; lo facciamo perché cerchiamo di affrontare situazioni critiche e, forse, con il nostro impulso e con il
nostro spunto, è possibile portarle a buon fine.
Il ponte della Cittadella ad Alessandria è, sotto questo profilo, un esempio fra i tanti che potremmo citare. A tal proposito, vorrei chiarire all'onorevole Scilipoti che non è stato il Governo a decidere di abbattere il ponte della Cittadella, ma si tratta di una decisione condivisa con gli enti locali.
Tutte le riunioni - come ho ricordato prima - sono state tenute a livello di ente locale, nella sede del comune o della provincia di Alessandria o, a livello di Protezione civile regionale, con la presenza della prefettura. Sapete che la Protezione civile è materia di legislazione concorrente; tuttavia, non c'è mai stata nessuna funzione come quella della Protezione civile dove, invece, si sia fatto un gioco di squadra fra lo Stato centrale e gli enti locali. Quando si prende una decisione, la si prende in piena e totale condivisione con le amministrazioni locali.
È ovvio che - come ho già detto - se ci fossimo trovati di fronte a una situazione di vera emergenza, magari con una portata del Tanaro di quattromila metri cubi d'acqua al secondo nel centro di Alessandria, come capo della Protezione civile, e non come sottosegretario - sono, infatti, sottosegretario per l'emergenza rifiuti in Campania, non alla Protezione civile - avrei preso la decisione di abbattere il ponte della Cittadella. In quel caso, essa sarebbe stata una scelta del Governo, in quanto un funzionario dello Stato si rifà alle direttive e alle determinazioni governative. In questo caso, invece, l'abbattimento del ponte è stato pienamente condiviso.
Vorrei rispondere, ora, a chi mi domandava come mai, per otto anni, non si sia deciso l'abbattimento. Perché ci sono i soliti veti incrociati. Mi pare che non sia, purtroppo, una novità. Si tratta del solito problema di dover prendere una decisione che nessuno vuole prendere, per un motivo o per un altro. Da ultimo, nelle riunioni dei mesi precedenti al 26 aprile, le obiezioni venivano formulate dalla Sovrintendenza ai beni culturali. Verosimilmente - anzi, posso confermarlo -, negli anni precedenti, le obiezioni erano state avanzate dalle diverse amministrazioni locali. L'onorevole Lovelli, inoltre, sa benissimo
che ci sono i soliti giusti comitati di quartiere e dei cittadini; c'è il comitato per la difesa del ponte della Cittadella e c'è il comitato per l'abbattimento del ponte della Cittadella. Tutto questo, in una democrazia, implica ovviamente una serie di dibattiti e di confronti che sono andati avanti per diversi anni. Ma non credo che questo sia l'unico caso.
L'aspetto positivo - come dicevo poc'anzi - è invece che la paura del 26 aprile ha ovviamente richiamato tutti alla riunione del 7 maggio. Nel corso di tale riunione la Protezione civile nazionale ha sollecitato la risoluzione del problema del ponte della Cittadella; la memoria era ancora fresca e quindi tutti, questa volta, hanno dato un parere favorevole. Attenzione, sto parlando di un parere favorevole espresso nel corso di una riunione che si è tenuta il 7 maggio. Non si trattava della conferenza dei servizi ufficiale definitiva e non posso pertanto escludere che, una volta che si siano ricevuto i tre milioni di euro da parte del Ministero dell'economia, al momento di convocare la conferenza dei servizi per avere l'approvazione da parte di tutti gli enti competenti all'abbattimento, magari qualcheduno alzi la mano - nel frattempo, infatti, saranno passati alcuni mesi, saremo magari a luglio e il Tanaro sarà quasi in secca - e chieda: «ma
è proprio necessario abbatterlo questo ponte?». Così, potrebbe anche accadere che si riprenda la partita dei negoziati e delle discussioni. Speriamo, ovviamente, che anche questo dibattito e questi ragionamenti siano utili.
Per quanto riguarda la ricostruzione del ponte, giustamente, voi stessi avete ribadito che ciò non dovrebbe essere compito della Protezione civile. È noto, tuttavia, che ci sono dei fondi stanziati da diversi anni per l'abbattimento e la ricostruzione. È ovvio che la cifra necessaria sarà diversa se mi rivolgo a Calatrava per la ricostruzione, o a qualcun altro, ad esempio a Meyer. Mi sembra difficile che Meyer ricostruisca un ponte con quattro o cinque milioni di euro; magari ne vuole venti. Queste, però, sono scelte che competono alle autorità locali; non è la Protezione civile che si occupa di questo problema.
Riguardo, invece, alla provincia di Parma, vorrei ricordare all'onorevole Motta che, tornando al discorso della materia concorrente nei rapporti con gli enti locali, la regione Emilia-Romagna ci ha mandato la richiesta di dichiarare lo stato di emergenza per alcune province. In tale richiesta non ricordo di aver letto la provincia di Parma, ma posso anche sbagliarmi. Siccome non ho con me la lettera di Vasco Errani, dico ciò col beneficio d'inventario.
Come lei ha sentito, onorevole, ho citato anche le province di Forlì, Ravenna e Ferrara a causa delle mareggiate verificatesi in concomitanza; direi di potere, quindi, escludere che la regione Emilia-Romagna abbia chiesto di dichiarare lo stato di emergenza anche per la provincia di Parma e che sia stato il Dipartimento ad accantonarla. Abitualmente noi recepiamo in toto le richieste degli enti locali: sa bene, infatti, che, alla luce del decreto legislativo n. 112 del 1998, noi dichiariamo lo stato di emergenza, ma lo dichiariamo quando ce lo chiede la regione. In questo caso, quindi, abbiamo seguito questa procedura.
Ho notato una sottile polemica da parte dell'onorevole Lovelli circa i tempi della dichiarazione dello stato di emergenza da parte del Consiglio dei Ministri, avvenuta il 15 maggio. È vero che l'alluvione è avvenuta fra il 26 e il 30 di aprile. In occasione del terremoto di L'Aquila, verificatosi alle 3.32 del mattino del 6 aprile, il Governo ha dichiarato lo stato d'emergenza alle 7.30 della stessa mattina, con un provvedimento del Presidente del Consiglio dei ministri ratificato poi dal Consiglio dei Ministri straordinario tenutosi a fine mattinata del 6 aprile. È ovvio, quindi, che se l'emergenza è vera, la dichiarazione avviene ad horas; in questo caso - come avete sottolineato anche voi - l'emergenza è stata seguita e gestita in modo soddisfacente.
La dichiarazione, da questo punto di vista, è un atto formale, che, nel caso della
piena, è stato adottato dal primo Consiglio dei Ministri utile dopo che le regioni Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna avevano fatto pervenire la richiesta prescritta dalla normativa vigente. Si tratta, quindi, di tempi diversi.
È stato ricordato l'esempio degli Stati Uniti d'America. Francamente, non farei tanti paragoni fra l'Italia e gli Stati Uniti d'America. La dichiarazione dello stato d'emergenza per l'uragano Katrina, che colpì New Orleans il 26 agosto di alcuni anni orsono, venne adottata dalla Casa Bianca dieci giorni dopo l'evento. Gli sfollati di Katrina, a distanza di oltre quattro anni dall'emergenza, si trovano ancora nelle roulotte, non nelle case di legno, e non sono neanche a New Orleans, ma sono stati delocalizzati a trecentocinquanta chilometri di distanza rispetto alle loro abitazioni originarie. È vero che ciò non ha nulla a che vedere con i piani preventivi; mi pare, tuttavia, che questo argomento sia stato trattato più volte in questa sede, anche nel corso di riunioni a porte chiuse: si sono affrontate tutte le diverse problematiche, non solo economiche o finanziarie, ma di ogni altro genere.
L'onorevole Marantelli ha citato molto giustamente l'esempio di Vico Equense e del Vesuvio. Possiamo aggiungere, ovviamente, il problema della messa in sicurezza del territorio a rischio sismico del nostro Paese. Fra qualche giorno incomincerete a lavorare sul decreto-legge per l'Abruzzo e credo, quindi, che avremo modo di ritornare su questo argomento. Che facciamo sul Vesuvio? Ci sono cinquecentomila persone: le mandiamo via o non le mandiamo via? Ho la strana sensazione che se ne parlerà dopo la prossima eruzione del Vesuvio. Così come per Vico Equense: che facciamo, cominciamo ad abbattere tutte le case abusive che sono state costruite nel corso di venti, trent'anni?
Noi, conoscendo il luogo dove probabilmente si avranno gli scenari peggiori, non possiamo fare altro che mettere in piedi dei piani speditivi e cercare di effettuare degli interventi di messa in sicurezza come quelli sul ponte della Cittadella o relativi alla sistemazione delle fiumare della Calabria. Lei ha citato Vico Equense, ma se mi chiede qual è la regione a maggiore rischio frane oggi in Italia, non so dire se sia la Calabria o la Valle d'Aosta, ma è certo che la risposta da dare al rischio frane è indubbiamente molto diversa a seconda se si tratti della Calabria o della Valle d'Aosta, che sono, ripeto, le due regioni più a rischio per quanto riguarda questo problema.
Per la Calabria abbiamo previsto esigenze di messa in sicurezza del territorio per oltre mille milioni di euro; sono cifre che, probabilmente, si potrebbero anche affrontare, ma dovrebbe esserci una condivisione di tutti i vari livelli di competenza. Se, infatti, il presidente di una regione, nel bilancio regionale, stanzia lo 0,5 per cento del budget per la messa in sicurezza del territorio, non è possibile, poi, prendersela solamente con il Parlamento o con lo Stato centrale. Se il sindaco di un comune in cui il 98 per cento del territorio è a rischio idrogeologico con zone rosse R4 - come è il caso di oltre il cinquanta per cento dei comuni della Calabria -, stanzia i centomila euro che ha in bilancio per organizzare la sagra della salsiccia, invece che per sistemare il problema di un torrente, di un ponte o di una casa costruita sull'argine di un fiume, è ovvio che lì si assume delle responsabilità. Nessuno può
pretendere che tutto venga gestito solamente al vertice del nostro Paese.
A mio giudizio, il problema lo si affronterà e risolverà solo nel momento in cui tutti gli ottomilatrecento sindaci, tutte le regioni e lo Stato centrale si metteranno insieme: ognuno mette a disposizione il trenta per cento del proprio bilancio e alla fine avremo un pacchetto di interventi che, essendo realizzato da parte degli enti locali sul proprio territorio, con l'aiuto anche dello Stato a livello centrale, potrà davvero portare a qualche risultato.
Cosa si può fare, altrimenti, ad esempio a Vico Equense? Pensiamo forse che si possa andare lì e dire quali sono le sette case che devono essere battute per evitare che ci sia un'alluvione devastante? Oppure
che si possa dire che è necessario chiudere la strada provinciale costruita in territorio R4 e che è l'unica che collega Positano con Sorrento? Sono problemi drammatici. Posso anche farlo, ma poi mi ritroverei tutti i sindaci, con la fascia tricolore indosso, che si mettono di traverso in mezzo alla strada e mi impediscono di fare l'intervento. Credo che queste siano le situazioni reali che viviamo ogni giorno.
Io non credo di poter andare a Piacenza in questi giorni; manderò, però, il professor Menduni a fare un sopralluogo per constatare la situazione e suggerire gli interventi necessari.
Ritengo con questo di essere stato abbastanza esaustivo.
PRESIDENTE. Nel ringraziare il sottosegretario Bertolaso, dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 9,50.
Nel Resoconto stenografico della seduta delle Commissioni riunite VIII-IX n. 1 del 25 marzo 2009:
- a pagina 3, prima colonna, trentunesima riga, sostituire le parole: «sono venuto» con la seguente «venni»;
- a pagina 18, prima colonna, quindicesima riga, sostituire la parola «potesse» con la seguente «sarebbe potuto»;
- a pagina 22, prima colonna, quarantaseiesima riga, sostituire la parola «chiudeva» con le seguenti «sarebbe potuto chiudere».