Sulla pubblicità dei lavori:
Alessandri Angelo, Presidente ... 3
Audizione del Ministro per la coesione territoriale, Fabrizio Barca, sulle iniziative per accelerare la ricostruzione del territorio della regione Abruzzo colpito dal sisma del 6 aprile 2009 (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Alessandri Angelo, Presidente ... 3
Margiotta Salvatore, Presidente ... 7 13 16
Barca Fabrizio, Ministro per la coesione territoriale ... 3 13 15 16
Dionisi Armando (UdCpTP) ... 11 15
Ghiglia Agostino (PdL) ... 11
Lolli Giovanni (PD) ... 8 15
Mariani Raffaella (PD) ... 16
Misiti Aurelio Salvatore (Misto-G.Sud-PPA) ... 7 16
Piffari Sergio Michele (IdV) ... 12
Zamparutti Elisabetta (PD) ... 12
ALLEGATO: Documentazione consegnata dal Ministro per la coesione territoriale, Fabrizio Barca ... 17
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud
Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.
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Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 15,05.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro per la coesione territoriale, Fabrizio Barca, sulle iniziative per accelerare la ricostruzione del territorio della regione Abruzzo colpito dal sisma del 6 aprile 2009.
Nel ringraziarlo per la presenza, do la parola al Ministro Barca per la sua relazione.
FABRIZIO BARCA, Ministro per la coesione territoriale. Mi fa piacere essere qui perché da alcune settimane rivesto la funzione di «inviato speciale», come il Presidente Monti ha voluto definirla, e siamo alla vigilia di arrivare ad alcune prime conclusioni, che la settimana prossima, il 16 marzo, cercheremo di trarre insieme al commissario delegato per la ricostruzione. Data anche la delicatezza dell'argomento, leggerò la mia relazione, di cui vi lascerò poi il testo.
Scopo dell'incarico che il Presidente Monti mi ha affidato a fine gennaio è di agire come «integratore» - questa è una mia parola, che uso spesso, ma che credo sia appropriata - tra Governo, commissario delegato per la ricostruzione, che è anche presidente della regione Abruzzo, e autorità locali; avendo come finalità l'accelerazione della ricostruzione e lo sviluppo della città dell'Aquila e dei comuni del cratere.
In questo senso, ho proceduto fin dai primi giorni dell'incarico a incontrare le istituzioni impegnate nell'area del sisma, con l'obiettivo di acquisire elementi utili per valutare lo stato di avanzamento degli interventi di ricostruzione, individuarne le criticità e discuterne le soluzioni con gli altri attori istituzionali.
La mia presenza offre qui l'opportunità, da un lato, di informarvi sullo stato della mia ricognizione - che è ancora parziale, come ho detto - e, dall'altro, di acquisire da voi elementi utili al mio mandato.
Come sapete - e riassumo qui elementi che presumo siano a conoscenza di questa Commissione - alla data del 28 febbraio 2012 la popolazione non ancora rientrata nelle proprie abitazioni ammontava a circa il 50 per cento delle persone senza tetto alla data del 6 aprile 2009. Di queste, due terzi erano in situazioni alloggiative a carico dello Stato e un terzo fruiva di un contributo di autonoma sistemazione.
Siete certo informati dello stato dell'arte per quanto riguarda la ricostruzione degli immobili privati ubicati fuori dai centri storici: mentre per quelli classificati nella categoria «A» lo stato è in fase assai
avanzata; quelli nella categoria «B» e nella categoria «C» sono già conclusi. Per gli immobili in categoria «E», la situazione che ho trovato era da un lato di minore certezza dell'informazione, e dall'altro, più arretrata. Il risultato tuttavia evidente è che dietro questa limitazione di informazione vi erano le condizioni affinché la filiera, che conoscete, alla quale è affidata l'istruttoria, accelerasse il proprio lavoro, cosa che stava già facendo al momento dell'avvio della ricognizione.
Già oggi risulta infatti che, rispetto al totale stimato di costo dei progetti di ripristino da finanziaria - la stima è della struttura tecnica di missione (STM) - per gli immobili di categoria «E» sono stati concessi contributi definitivi per il 42 per cento degli interventi. Secondo le previsioni, sempre dell'STM, vi sarebbero le condizioni perché entro il 31 agosto 2012 sia conclusa, da parte della filiera, l'istruttoria di tutte le domande.
Questo per il complesso dei comuni, mentre per la sola L'Aquila, sempre con riferimento agli immobili di categoria «E», la situazione è al momento di contributi definitivi per 2.540 unità e provvisori per 22, mentre negli altri casi sono ancora necessarie delle integrazioni. Questo ci conduce a un numero complessivo di interventi, cumulando gli immobili di categoria A, B, C, D ed E, di 13.437 interventi con contributi definitivi. Un quadro, questo, molto lontano e diverso da quello che è stato rappresentato, ancora di recente - se non ricordo male, ieri - sulla stampa nazionale, in un articolo peraltro pieno di errori.
Il processo di istruttoria delle pratiche finalizzate all'erogazione dei contributi per la ricostruzione degli immobili ubicati all'interno dei centri storici è, come sapete, da avviare, poiché i comuni non hanno concluso la procedura di approvazione definitiva dei piani di ricostruzione. Come sapete, ventidue comuni, tra cui L'Aquila, hanno adottato i piani.
In questo ambito, sarà necessario stabilire - ed è un punto delicato, su cui ancora lavorerò da qui a mercoledì prossimo - le priorità degli interventi, per poi formulare, sulla base di queste priorità, attendibili previsioni di spesa, cadenzate per anno.
Mi soffermo per un attimo sul ragionamento sulle risorse per la ricostruzione, se siano effettivamente disponibili oppure no. Evidentemente è possibile che le risorse finanziarie disponibili siano inferiori a quanto necessario avendo in mente un ragionevole ammontare complessivo delle risorse stesse a dieci anni o oltre.
La questione non è però questa, dato che è sempre stato così, in tutte le vicende come questa. La questione è invece se le risorse finanziarie disponibili siano adeguate alla copertura del prossimo triennio di spesa. Per poter valutare questo è necessario migliorare lo stato dell'informazione, effettuare delle previsioni di spesa e, a quel punto, individuare se e in che misura vi siano delle mancanze o, viceversa, delle eccedenze di risorse.
Qualora vi fossero delle eccedenze, diventerebbe possibile liberare parte delle risorse stanziate dal decreto-legge n. 39 del 2009, ad esempio, per interventi di sviluppo. È quanto questo stesso Parlamento ha ritenuto di fare sulla base di un emendamento proposto dal Governo, per l'intervento sul «Gran Sasso Science Institute». Si è scelto di farlo perché si è ritenuto che si potessero adoperare risorse limitate - se non vado errato, pari a 18 milioni di euro - per un'operazione di eccellenza, volta allo sviluppo dell'Aquila. Questo è un segnale positivo, all'interno di questo ragionamento, dove conta la tempistica della spesa.
Per quanto riguarda l'edilizia pubblica, oggi risultano individuati 360 interventi, che si articolano in una serie di programmi di intervento prioritari. Li ho citati tutti nella relazione, ma qui li richiamo solamente, perché immagino che siano a vostra conoscenza.
Il primo programma di interventi prioritari che fu approvato dal commissario delegato, e più volte rimodulato, riguarda gli edifici pubblici di proprietà del comune dell'Aquila, le reti idriche e fognarie e il patrimonio culturale. Un secondo, il cui titolo recitava «Un'opera per ogni comune
del cratere», approvato nel 2011, era relativo a trentanove edifici pubblici che sono stati finanziati, localizzati ognuno in un comune diverso del cratere.
Un terzo programma di interventi ha riguardato le aree cimiteriali; un quarto 270 edifici scolastici; un quinto l'università dell'Aquila, che è molto antica, che già era presente tra gli interventi urgenti sugli immobili pubblici della città previsti nella legge n. 77 del 2009, di conversione in legge del citato decreto-legge n. 39 del 2009.
Vado ora a chiudere questo quadro ricognitivo, per poi formulare alcune brevi considerazioni finali.
Faccio osservare che, come sapete, sono state di recente emanate disposizioni normative, in data successiva alla presentazione delle proposte di legge che sono all'esame di questa Commissione, dettando misure di semplificazione e accelerazione degli interventi di richiamo.
L'OPCM n. 3996 del 17 gennaio 2011, contiene disposizioni in grado di accelerare il processo di ricostruzione per gli edifici ubicati nei centri storici e ricompresi nei piani di ricostruzione. In particolare, l'articolo 1, è relativo alla possibilità molto importante di realizzare piani di stralcio (strumento che, con ogni probabilità, si presterà a essere utilizzato non appena approvati i piani); mentre l'articolo 4 definisce la procedura per accedere al contributo per la riparazione o la ricostruzione di edifici privati che ricadano in ambiti assoggettati ai piani di ricostruzione, prevedendo che il sindaco, entro novanta giorni dalla presentazione della domanda, autorizzi gli interventi di riparazione, ricostruzione o acquisto dell'abitazione sostitutiva. Il resto lo trovate nella relazione.
Infine, l'articolo 16 del decreto-legge n. 216 del 2011, successivamente convertito in legge, sempre relativo ad assicurare maggiore rapidità ed efficacia al programma di ricostruzione in Abruzzo, consente inoltre agli enti previdenziali di proseguire, per l'anno 2012, gli investimenti già previsti dall'articolo 14 del decreto-legge n. 39 del 2009, da realizzare anche in forma diretta, ovviamente nel rispetto dei vincoli autorizzativi e sulla base delle compatibilità di finanza pubblica previste dalla Ragioneria generale, oltre che di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Sulla base di questo insieme di informazioni, solo una parte delle quali vi ho riassunto, e delle altre che abbiamo raccolto e del lavoro che ancora ci resta da compiere da qui a martedì, ho individuato sin dall'inizio cinque priorità, che ho subito indicato, e in considerazione delle quali abbiamo lavorato, dandone notizia al commissario delegato e ai sindaci di cinquantasette comuni.
La prima priorità è l'informazione. Occorre assicurare che il sistema informativo sullo stato di attuazione fisica e finanziaria degli interventi, affidabile e trasparente. Abbiamo riscontrato che in molti casi - è l'opinione anche del commissario Chiodi - al fare non ha corrisposto un comunicare e che molto del lavoro fatto non è stato comunicato. Lo si è visto, ad esempio, con un articolo apparso ieri sul Corriere della sera, che riportava come notizia il fatto che non ci sarebbe stata fino ad oggi alcuna rimozione delle macerie, il che non è vero, perché la rimozione ha toccato il 5 per cento delle macerie. È poco, ma la rimozione è partita ed è in fase di accelerazione, il che è diverso dal dire che è pari a zero.
Le macerie sono tantissime, conoscete la gravità della situazione, che è stata affrontata dal precedente Governo, ma non è vero che non è stato fatto nulla. Per non parlare poi di altre affermazioni errate come quella per cui le chiese restaurate sarebbero pari a zero, mentre le chiese il cui restauro è stato avviato sono 119. Se un giornale nazionale può dare questa informazione al proprio pubblico, è sicuramente per responsabilità dei giornalisti che lo scrivono, ma anche per responsabilità delle autorità pubbliche che non stanno mettendo i cittadini nella condizione di sapere che le cose non stanno in quei termini.
La prima priorità è quindi l'informazione e io spero che, entro cinque giorni,
col lavoro che abbiamo fatto, potremo presentare delle tavole che consentiranno di conoscere l'intero ammontare delle risorse finanziarie mobilitate dai cittadini, attraverso fonti dirette, pubbliche o private, e gli impieghi che ne sono stati fatti. Non stiamo inventando nulla, noi del team, stiamo semplicemente rendendo intellegibili le informazioni che fino ad oggi non lo sono state.
Sulla base di questo schema informativo, occorrerebbe avere anche un'informazione aggiornata sull'avanzamento di spesa e sull'avanzamento procedurale. Lo dicevo prima, con riferimento alle case di «categoria E» su cui l'informazione procedurale è scarsa.
La seconda priorità è stabilire un flusso di comunicazione: comunicare non vuol dire dare informazioni, ma trovare una modalità di comunicazione con i cittadini che ristabilisca, nella città, quel dialogo a due direzioni che aveva caratterizzato le prime fasi, straordinarie, dell'emergenza aquilana, con il coinvolgimento della cittadinanza. Se volete, l'imprint che abbiamo tutti imparato, prima dal Friuli Venezia Giulia e poi dalle esperienze umbra e marchigiana.
La terza priorità è lo snellimento del sistema di governance. Non entro qui nel dettaglio, perché sono temi che stiamo affrontando in questo momento. Ci sono elementi di snellimento da realizzare a bocce ferme, cioè a commissariamento dato, prima di affrontare la questione dell'uscita dal commissariamento.
La quarta priorità, sulla base di un sistema informativo più solido, sta nell'effettuare delle previsioni, che sono fondamentali per comprendere l'adeguatezza, a determinate scadenze, delle disponibilità finanziarie esistenti e della disponibilità a determinati obiettivi di sviluppo, non solo di ricostruzione.
La quinta e ultima priorità - essendoci stata segnalata unanimemente, da parte di tutti, l'esistenza di alcuni profili che invitano alla severità - è l'introduzione di alcuni elementi di maggior rigore riguardo al rapporto fra i cittadini e le ditte da loro individuate; alla certezza che le ditte non cumulino lavoro oltre la loro capacità, finendo poi per non essere in grado di svolgere i lavori che si sono presi in carico e ad altri problemi simili. Si tratta di cose piccole, che però riguardano l'efficacia degli interventi.
Sulla base del quadro ricognitivo che ho accennato, redigerò un breve rapporto che conto di rilasciare pubblicamente il 16 marzo prossimo. Sulla base di questo rapporto, diventerà possibile procedere in due direzioni, di nuovo immediate e a bocce ferme, cioè a commissariamento dato: dare seguito ad alcune misure urgenti per il rifinanziamento dell'emergenza, che sono impellenti e che ci sono sollecitate dai comuni; individuare, inoltre, a questo punto, con serenità e tranquillità, senza fretta, uno dei punti che è al centro anche della vostra attenzione, quello della costruzione di un'uscita dalla situazione di commissariamento.
In conclusione, confermo quindi, alla luce di questo - e soprattutto del lavoro la cui sintesi conto di rilasciare la settimana prossima - l'interesse per qualunque iniziativa, anche di tipo normativo, orientata ad accelerare il processo di ricostruzione dell'area aquilana e a facilitare il rientro della popolazione e lo sviluppo delle attività economiche. Non parlo di «ripresa» perché la condizione dell'Aquila, quando avvenne il terremoto, non era florida. L'Aquila attende quindi qualcosa di più che non una semplice ripresa, perché se riprendiamo i ritmi precedenti al terremoto, il quadro non sarebbe roseo. Bisogna dunque rilanciare il ragionamento sullo sviluppo.
È evidentemente utile che l'esame congiunto delle proposte di legge, tutte presentate anteriormente all'emanazione delle nuove disposizioni, tenga conto delle semplificazioni e delle misure intervenute nei primi mesi del 2012, e che ho citato.
Manifesto fin d'ora, qualora lo riteniate opportuno, la disponibilità per ulteriori audizioni a valle della mia relazione, nonché l'interesse a un approfondimento congiunto delle questioni relative alla ricostruzione del territorio abruzzese.
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Barca anche per la documentazione consegnata, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
Do la parola ai colleghi che vogliano intervenire per porre domande o formulare osservazioni.
AURELIO SALVATORE MISITI. Io apprezzo molto l'approccio del Ministro, di fare dapprima una fotografia della situazione, dandoci contezza di tutto quanto è successo, per poi, in base a quello, cercare poi di prendere delle decisioni innovative, che mi pare non siano ancora maturate, per accelerare il corso degli eventi rispetto a quanto avvenuto in questi tre anni e più. Se l'approccio mi sembra giusto, è però evidentemente necessario che questa fase ricognitiva si chiuda al più presto e che si passi alla attuazione degli interventi.
Purtroppo quando si esaminano tali questioni, che riguardano un evento di questo genere, non si può non pensare a quello che è successo prima in Italia, in casi analoghi. Il fatto cioè che quasi nessuno di questi avvenimenti catastrofici, se non quelli di più piccola entità, ha avuto un percorso semplice e compiuto. Sappiamo, infatti, che quasi tutti i terremoti, nella fase di ricostruzione e poi di rilancio dei territori colpiti, hanno avuto non solo i ritardi che oggi si manifestano all'Aquila (che bisogna ammettere, perché sono trascorsi tre anni e più), ma anche la difficoltà «di investimento» nella crescita e nello sviluppo dell'area.
Avendo questa esperienza di situazioni molto importanti - parlo degli avvenimenti che vi sono stati in Sicilia, del terremoto terribile dell'Irpinia del 1980, ma parlo anche dell'Umbria, di San Giuliano - nelle quali vi sono state questioni non affrontate, né risolte, il mio timore è che, anche in questo caso, speciale rispetto ad altri, secondo me, in quanto ha coinvolto la città dell'Aquila, una grande città storica, annientata, come mai era accaduto in occasione degli altri terremoti. Non c'è mai stata una situazione come quella dell'Aquila, di una città storica distrutta e poi ricostruita, se non andando indietro agli episodi di Messina e Reggio Calabria, quando, in un tempo diverso da oggi, furono prese delle decisioni molto drastiche e molto nette rispetto alla ricostruzione.
Con una decisione molto tranchant, le due città furono ricostruite lasciando le macerie dov'erano, a fare da base della nuova Messina e della nuova Reggio Calabria. Certo, allora c'erano mezzi tecnologici molto diversi, e tutto quello che volete, però c'è il timore che la ricostruzione dell'Aquila possa rimanere ancora molto indietro, soprattutto nella parte centrale della città.
Personalmente ritengo che la causa principale di quanto accade in Italia in questi casi vada ricercata in due aspetti. Da un lato, il fatto che consideriamo questi avvenimenti come delle emergenze, mentre non sono affatto tali e tutti noi sappiamo che nei prossimi trenta o quarant'anni ci saranno altri terremoti, maggiori o minori, non importa. Non c'è mai stato infatti un trentennio senza terremoti (ci saranno, lo sappiamo, quindi non possiamo considerarli emergenze, quando si verificano). Dall'altro lato, il fatto che, per fare la ricostruzione e gli interventi ci debba essere per forza una deroga alle leggi, il che avviene sempre. Eppure, io dico, o le leggi sono sempre sbagliate, oppure vanno rispettate anche in queste occasioni.
Ritengo quindi che gli enti più adatti per la ricostruzione siano quelli che stanno sul territorio e che non debbano derogare affatto alle leggi. La deroga alle leggi si può fare solo verso i cittadini, per assisterli, ad esempio consentendo loro di non pagare le tasse. Non mi dilungo sul significato di ciò che ho detto, non potendo prendere troppo tempo, dato che giustamente ci sono gli interventi dei colleghi, ma vi assicuro che nel merito si potrebbe parlare a lungo e nel dettaglio.
Per questo dico che noi dovremo affrontare, senza indugio - mi pare infatti che stiamo esitando troppo - una modifica della legge affrettatamente approvata subito dopo il terremoto. Grazie all'iniziativa di molti parlamentari membri di questa Commissione, dovremo arrivare a una legge snella, che non sia basata sui due aspetti negativi di cui ho parlato, ma sulla valorizzazione assoluta di coloro i quali sono stati e saranno eletti dal popolo. Superando così da subito lo stato d'emergenza per rientrare immediatamente nella normalità e affrontare con leggi normali la ricostruzione dell'Aquila, evitando quelle fughe in avanti che in genere si verificano in questi casi.
Vorrei, ad esempio, avere una spiegazione più ampia sull'affermazione del Ministro che non c'è solo bisogno di crescita, ma anche di sviluppo. Questo mi preoccupa un po', perché io mi accontenterei della crescita, in questo momento.
GIOVANNI LOLLI. Ringrazio il Ministro. È consolante che il Governo dedichi impegno e attenzione a questo problema, come abbiamo sentito.
La invito, signor Ministro, tuttavia, a cercare di raccordare il lavoro che voi state facendo con il lavoro che qui si è già fatto e si dovrà fare, perché in questa Commissione noi stiamo lavorando a una legge in materia. Le debbo dire che lei qui trova un ambiente un po' particolare, che io definirei una sorta di «zona franca politica». Qui noi siamo riusciti a tenere fuori dalla porta della nostra discussione le questioni politiche che pure incombono attorno alla vicenda. Questo è un merito di tutti i commissari, del relatore Ghiglia e anche del rappresentante del Governo precedente, che adesso siede qui tra noi: tutti quanti ci siamo attestati su un ragionamento comune.
Alcuni di noi sono presentatori di proposte di legge - io, per esempio, sono il primo firmatario della legge di iniziativa popolare - e tutti quanti ci siamo messi al lavoro, facendoci guidare dal buonsenso e dalla concretezza; questo mi fa dire oggi che le proposte di legge che abbiamo predisposto, compresa la mia, essendo state preparate due anni fa, contengono naturalmente intere parti che, nel frattempo, sono state superate dagli eventi. Noi dobbiamo dunque tenere conto delle cose che cambiano, perché non si possono descrivere percorsi che non tengano conto dell'esistente.
Deve essere però chiara una cosa: per noi, per tutti - credo davvero di poter parlare a nome degli altri, ma a breve li sentirà direttamente - questa legge è una necessità, perché non si è mai dato un evento di questo genere che non sia successivamente stato organizzato attraverso una normativa nazionale e regionale. Noi stiamo muovendoci con una legge che è stata fatta in piena emergenza e che naturalmente, obiettivamente soprattutto tale emergenza era finalizzata a gestire. Anche se non voglio qui discutere del perché si sia scelto di affrontare la ricostruzione con gli strumenti dell'emergenza e anche se ritengo che davvero lo si sia fatto in buona fede, ci troviamo oggi di fronte alle difficoltà legate a questa scelta che, nei fatti, nelle cose concrete, si è dimostrata impraticabile.
Vede, è vero che nell'articolo del Corriere della sera - può immaginare quanto male abbia fatto a me leggerlo: mi sono perfino un po' vergognato, da aquilano - ci sono molte esagerazioni, tuttavia, parliamoci chiaro tra di noi: nelle cose che sono lì sono state scritte c'è un fondo di verità. Sono passati oltre tre anni! Lei ha citato qui, e ha fatto bene, i dati della struttura tecnica di missione, presieduta e diretta da una persona alla quale io sono legato da amicizia, ma quei dati vanno letti un po' meglio, perché chi glieli fornisce così aggregati le fa apparire una situazione diversa da quella reale. Certo, se lei somma gli edifici delle categorie A, B, C ed E, allora ottiene quelle percentuali; ma se è vero che le case delle prime tre categorie, quelle con danni più lievi, sono state sistemate - il che era forse anche un po' più semplice, non lo so - il problema restano le case di
categoria «E», che rappresentano la metà delle abitazioni dell'Aquila.
Di questa metà, 8.000 si trovano fuori dal centro storico e tra le 10.000 e le 13.000 sono nei centri storici, quello della città e quelli delle frazioni. Per queste circa 20.000, mal contate, abitazione di categoria «E», sono stati presentati 8.800 progetti, tutti fuori dal centro storico. Di questi 8.800, dal comune ne sono stati licenziati solo 2.500. Altri 1.300 circa sono semplici progetti di singole abitazioni o di condomini, ai quali manca però il progetto delle parti comuni: giacciono al comune e questo dato è secondo me impressionante.
Lei sa, Ministro, che nella «filiera FINTEC» si lavora a cottimo e si viene pagati 1.000 euro a progetto. Forse si è trovato più conveniente liquidare prima i progetti più semplici, come quelli delle singole abitazioni, ma i cui lavori non possono comunque essere iniziati perché non vengono rilasciate le autorizzazioni e nessuno è così matto da incominciare i lavoro in una casa per la quale manca la progettazione delle parti comuni. Abbiamo visto approvati circa 2.500 progetti, in poco più di due anni, eppure lei ci riferisce che secondo la STM, entro luglio, si dovrebbe invece completarne l'approvazione. Speriamo che succeda un miracolo e che si mettano a correre, ma finora andiamo a un ritmo di 1.000 all'anno. Dato che sono 20.000, occorrerebbero vent'anni! Evidentemente, qualcosa non funziona e a me non interessa trovare il colpevole, ma semplicemente rimuovere il problema.
Una cosa verissima che lei ci ha detto qui riguarda il lavoro e l'attività economica, rispetto ai quali la legge fatta in quel momento di emergenza non prevede niente, salvo l'intervento sulle tasse, anche se c'è voluto tutto quello che c'è voluto.
Anche oggi, come lei sa, abbiamo dovuto correggere una cosa scritta in quella legge, che indicava la «zona franca urbana», perché la «zona franca urbana» è morta: abbiamo perso tre anni, adesso ci arriva il de minimis di cui lei si sta occupando. La ringrazio, ma potevamo averlo fatto tre anni o due anni e mezzo fa. La cosa importantissima che lei ha prodotto ieri, anche evitando qualche incidente che stava succedendo - e per questo la ringrazio - è sul Gran Sasso Science Institute, su cui è stato fatto un primo investimento. Lei sa che L'Aquila non sta messa tanto bene, ma lì noi abbiamo due settori industriali importantissimi: uno è quello aerospaziale e l'altro è quello delle biotecnologie farmaceutiche, con aziende che già con il terremoto si sono comportate benissimo, ma che anche ora sono pronte a investire: in questo caso, finanziare due accordi di programma vorrebbe dire
incentivare l'occupazione, tra l'altro in due settori importantissimi.
C'è infine il discorso dei beni culturali. Lei ha parlato di 100 chiese avviate al restauro, ma le chiese sono 1.040 e ci sono 770 palazzi e un centro storico di 170 ettari! Anche in questo caso, se faccio una proiezione, considerate 100 chiese in due anni, per oltre 1.000 chiese servirebbero vent'anni: c'è da essere un po' preoccupati.
Lei ha parlato di «accelerazione»: bellissima parola. Noi qui - lo dico all'onorevole Ghiglia - avevamo individuato un'altra parola d'ordine: «semplificazione». Tutto il sistema deve essere semplificato, anzitutto stabilendo chi prende le decisioni. Questo fatto che continua ad esserci il commissariamento, per di più in parallelo alle strutture ordinarie, ha fatto sì che a L'Aquila poteri e responsabilità sono ormai separati. In qualunque sistema che funzioni, chi ha la responsabilità, deve avere il potere. Siccome a L'Aquila sono separate, succede invece che non è mai colpa di nessuno, ognuno ha sempre la possibilità di scaricare su qualcun altro la responsabilità delle cose che non vanno.
Bisogna allora riportare poteri e responsabilità in capo alle stesse persone. Sono ovviamente d'accordo con Misiti, anche secondo me dovrebbero essere assegnate ai Comuni, ma arrivo addirittura al paradosso che, se proprio bisogna tenere i commissari, allora facciamo decidere tutto a loro e leviamo di mezzo i comuni. Questo naturalmente mi troverebbe sulle barricate, ma almeno avrebbe un senso, mentre così la situazione è davvero assurda.
Le potrei raccontare l'episodio della piccola chiesetta della Madonna Fore, che
si trova su una montagna e che non ha un grande pregio. Ma all'Aquila le vogliamo tutti bene. Per rimetterla a posto sono stati trovati i soldi della Fondazione della Cassa di risparmio. Dopo due anni, i lavori non possono però ancora partire perché la Sovrintendenza e il commissario ai beni culturali non si mettono d'accordo. È una cosa assurda, veramente!
Per prima cosa risolviamo quindi questo problema. Naturalmente io capisco che ci vogliono i dovuti tempi, la fase transitoria e tutto quello che lei vuole, ma l'iter autorizzativo è troppo complicato: è possibile che noi dobbiamo avere tutte queste autorizzazioni a monte? Questa cosa chiaramente non sta funzionando. Non si può semplificare questo sistema - mantenendo, per carità, tutti i controlli necessari - ma, per esempio, responsabilizzando un po' di più anche i tecnici, che spesso sono diventati grandi imprese, nella mia città? Un piccolo rischio di impresa se lo potrebbero prendere anche loro, per esempio con una perizia asseverata, firmando e poi essendo controllati a valle. Insomma, semplifichiamo!
Un altro aspetto da semplificare sono gli strumenti normativi. Lei ha fatto cenno ai piani di costruzione, uno strumento che rimane un oggetto misterioso e complicato. Posso io, da cittadino aquilano, accettare il fatto che, dopo due anni, assisto ancora a litigi tra chi dice che si tratta di uno strumento urbanistico e chi dice che invece è uno strumento di altro tipo, senza che se ne esca fuori? E ancora noi cittadini aquilani - faccio l'esempio di casa mia, che sta nel centro storico, in un aggregato che dobbiamo ricostruire esattamente com'era e dov'era, senza poter aprire finestre, né aumentare le volumetrie - non possiamo partire con i lavori, perché stiamo aspettando che si risolva la mitica procedura. Queste cose vanno semplificate, ridotte alle norme più semplici possibile!
Va poi fatta la cosa a cui lei ha accennato: va corretta quella norma assurda per la quale non si possono toccare i soldi del terremoto per promuovere lo sviluppo economico, tanto che lei ieri ha dovuto fare un intervento normativo primario, per prendere quei benedetti 6 milioni per tre anni che pure servivano e che sono una risorsa essenziale. Lo stesso vale anche per i beni culturali.
Tra l'altro, sulle attività economiche - sicuramente lei ne avrà preso visione - esiste una piattaforma, fatta da tutte le associazioni di categoria e da tutti i sindacati, unitaria, molto ragionevole, piena di proposte concrete, una parte delle quali, quelle che potevamo, noi avevamo peraltro introdotto nella proposta di legge.
Quanto ai beni culturali si era poi discusso, per esempio, se una parte dei fondi della Società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo (ArCuS) potessero essere messi a disposizione.
Non è però possibile pensare di affrontare il problema dei beni culturali dell'Aquila, di un patrimonio nazionale come quello, con le donazioni, per cui la fonte di gran lunga più importante sono i soldi raccolti da Laura Pausini. Adesso esagero un po', naturalmente, ma lo faccio per dire che ci vuole un'attenzione diversa.
Vorrei evidenziare due aspetti che avevamo già previsto nella bozza di Ghiglia. Sono due cose apparentemente un po' marginali, ma io la prego di considerarle, perché secondo me sono molto importanti. La prima riguarda il centro storico dell'Aquila, dove tutti i piani terra sono attività commerciali e produttive, ma sono tutti trattati come seconde abitazioni, non potendo quindi ricevere più di 80.000 euro per la ricostruzione.
Quelli che hanno la fortuna di stare in una struttura più ampia, vedono risarcite le parti comuni, ma molte realtà sono singole e con 80.000 euro non si possono risistemare. Noi avevamo suggerito qui di considerare le attività produttive nel centro storico come abitazioni principali. Così come avevamo proposto di considerare tutti le vittime e i feriti del terremoto, come caduti o invalidi sul lavoro, come è sempre avvenuto per le vittime dei terremoti passati, il che potrebbe dare una risposta a una parte di popolazione abbastanza sofferente. Grazie.
AGOSTINO GHIGLIA. Sarò molto breve, anche perché ovviamente su questo argomento non posso avere la stessa passione dell'onorevole Lolli.
Abbiamo cercato, nei mesi passati, di fare un lavoro il più serio possibile, cercando di trovare, apoliticamente, una sintesi tra tutte le esigenze e tra i vari progetti di legge presentati dai vari gruppi. Rispetto a questa prima sommaria audizione del Ministro, che completerà la sua ricognizione il 16 marzo prossimo - come mi è sembrato di capire - noi dovremmo a questo punto comprendere se e come andare poi avanti con la nostra proposta di legge d'iniziativa parlamentare.
Io non sono né un parlamentarista eccessivo, né un esecutivista eccessivo. Non so se, a questo punto, anche rispetto a quanto diceva l'onorevole Lolli, non sia forse opportuno prenderci una pausa di riflessione, anche rispetto a quelle che saranno le risultanze definitive del Ministro, la prossima settimana, e rispetto anche a quello che il Governo intenderebbe fare. Nulla toglie al fatto che l'iter parlamentare può andare avanti, però dobbiamo capirci e non dobbiamo fare cose inutili. Io ritengo che nessuno di noi debba fare cose inutili, tanto meno il Parlamento. Qui non è in gioco una questione di primazia o di gelosia sul chi fa le cose meglio o chi le fa prima. L'importante è farle bene e il prima possibile: dico una banalità, ma credo che nella banalità, talvolta, vi sia un fondo di ovvia verità.
Attenderei quindi la relazione definitiva del Ministro, che noi potremo poi in qualche modo acquisire. A quel punto, potremmo eventualmente fare un incontro anche soltanto tra il Comitato dei nove e il Ministro, o il sottosegretario che il Ministro delegherà, per vedere come e se procedere anche con l'iniziativa parlamentare.
La ringrazio per la disponibilità, signor Ministro.
ARMANDO DIONISI. Ringrazio il Ministro per avere comunque fornito un'informativa, anche se si è riservato di presentare, il 16 marzo prossimo, un rapporto più dettagliato e organico rispetto alla vicenda.
Io ritengo, Ministro, e non per polemizzare, che al di là della cattiva informazione, tra la gestione del post-sisma, la ricostruzione e i cittadini, abbiamo indubbiamente una città completamente ferma. Per motivi politici, io la frequento spesso e in questo momento mi sarei aspettato una città in grande sviluppo, in movimento, mentre è piuttosto ferma e i cantieri aperti sono pochi.
Questo per dire che è evidente che responsabilità e ritardi ci sono stati, Ministro, anche se ovviamente non sono a lei attribuibili perché lei fa il ministro da poco tempo. C'è poi una rissa continua, dobbiamo dirlo con molta franchezza, nel rimpallo di responsabilità tra il comune dell'Aquila e la presidenza della Regione, che indubbiamente non fa chiarezza nemmeno nei confronti dei cittadini, che dovrebbero poter capire qual è la difficile situazione.
Non c'è dubbio però, e questo lo voglio sottolineare, che si siano accavallate ordinanze, disposizioni della protezione civile, decreti del commissario, delibere del comune, circolari del comune, che spesso - Lolli le conosce meglio di me, sicuramente - contrastano l'una con l'altra. Dico questo per segnalare che, al di là degli sforzi fatti sull'emergenza, oggi bisogna rilanciare questa città, ricostruire le abitazioni, il centro storico, ma anche la periferia. Ci sono troppe abitazioni ferme. Lolli ha citato in merito dei dati che, tra l'altro, erano riportati dal Corriere della Sera e che non sono facilmente smentibili, mi pare.
Credo allora che noi dobbiamo esaminare con grande attenzione la questione di una nuova legge - le leggi già depositate non sono necessariamente il massimo o l'ottimo - anche con il Governo, per mettere ordine a questo susseguirsi di disposizioni che ha finito per inceppare il meccanismo della ricostruzione.
Se arrivo all'Aquila da Roma, Ministro, io mi rendo conto che qualcosa si è inceppato. Non so se sia per responsabilità della regione o del commissario o dell'amministrazione
o del sindaco, ma resta il fatto che il meccanismo si è inceppato. Io credo allora che sia necessario riprendere questo ragionamento politico, su un ordine da dare alle cose, per snellire le procedure della ricostruzione. Snellire però non significa soprassedere al rigore e alla trasparenza, che bisogna usare; io credo anzi che le due cose possano andare di pari passo, se si danno disposizioni chiare.
Questa città sta morendo, diciamolo francamente. L'altra settimana sono andato a prendere un caffè nella piazza del centro storico e mi sono reso conto che solo pochi studenti giovani si avventurano ormai nel centro storico.
Di fronte ad una città che sta morendo, io credo che la grande occasione di questo Governo - l'ho già detto altrove, in presenza del suo sottosegretario - è quella di riuscire a fare poche cose essenziali, dando dei segnali concreti di ripresa, di ripartenza. Basterebbe questo per fare una grande cosa!
Da parte della Commissione credo ci sia tutta la disponibilità per ragionare insieme. Sulle proposte depositate, Ministro, possiamo anche soprassedere, nel senso che sono state depositate molto tempo fa, però questo è uno spunto per innestare un ragionamento sul quale, anche il Governo deve convenire con noi, è necessario fare qualcosa.
Rimanere così è inaccettabile. Quelli che lei ci ha letto poc'anzi sono dati aridi, ma la realtà è un'altra: purtroppo la ricostruzione dell'Aquila è ferma!
SERGIO MICHELE PIFFARI. Ringrazio anch'io il Ministro. Interverrò velocemente, anche perché il collega Lolli ha già detto molto. Intanto, non scandalizziamoci se i giornali dicono zero e invece abbiamo il 5 per cento di macerie rimosse in tre anni, perché altrimenti ci vorranno ancora altri sessant'anni per rimuovere le macerie.
Prendo però atto dell'impegno a rispettare le cinque priorità che vi siete dati: l'informazione, il flusso di comunicazione, lo snellimento della governance. Effettuare delle previsioni però non basta, occorre prendersi degli impegni, quando ci si pongono degli obiettivi. Vorremmo avere delle informazioni regolari su cosa fanno localmente il commissario Chiodi e il Governo, per capire esattamente se e come la macchina si mette in moto.
Nell'opinione pubblica, ma anche in chi opera e abita in città all'Aquila, c'è l'idea che i soldi non ci siano. Passa cioè l'idea che in realtà non siamo in grado di reagire e dar loro un aiuto. Questa sensazione dobbiamo rimuoverla, perché lo sconforto è già alto.
Vorrei che nella sua risposta il Ministro prendesse un impegno con la Commissione, a tornare, fra venti giorni o fra un mese, quando potrà, intanto per informarci di come si è chiusa la ricognizione, ma anche di cosa è riuscito a ottenere su questi impegni, altrimenti credo che concluderemmo poco.
Terrei in considerazione le proposte di legge che sono state nel frattempo elaborate dalla Commissione, anzi comincerei a esaminarle, in modo tale che, se non adesso fra dieci o venti giorni, le potremo riprendere in mano. Se poi non serviranno o saranno superate, le metteremo da parte, oppure le aggiusteremo. Credo che in questo senso ci sia sempre stata disponibilità da parte di tutti. Aspettavamo il contributo del Governo. Se il Governo si prendesse questo impegno, per noi sarebbe già sufficiente, in questo momento.
ELISABETTA ZAMPARUTTI. Le problematiche sono moltissime e per lo più sono già state illustrate. In merito alla sua relazione, credo che non abbia considerato a dovere il punto di fondo posto dalle nostre proposte di legge, ossia l'uscita dalla gestione commissariale. Dalla sua relazione sono emerse cinque priorità, rispetto alle quali la questione di fondo del ritorno all'ordinarietà e quindi dell'uscita dal sistema commissariale mi pare sia solamente in fase di considerazione, non rappresentando una delle cinque priorità, tant'è che lei ha parlato di snellire la governance, ma non mi pare si sia espresso sul punto di fondo del superamento del sistema commissariale; al contrario mi
pare si sia espresso per il mantenimento, almeno momentaneamente, del sistema dei commissari.
Io credo che il confronto sulle proposte di legge, sulla prosecuzione, abbia senso proprio in funzione di questo e vorrei capire quale sia la vostra posizione rispetto a tale proposito e che cosa aspettiate per rientrare nell'ordinarietà. Grazie.
PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Barca per la replica.
FABRIZIO BARCA, Ministro per la coesione territoriale. Grazie molte. Come sempre, quando si viene in Parlamento, si capisce che ci si dovrebbe venire più spesso.
La prima osservazione è che una parte non rilevante delle mie considerazioni, di quello che scriverò e anche dello spirito con cui ho affrontato questo incarico, non mi derivano dal ricevimento, da parte di uffici lontani, di carte o di altro. All'Aquila ho messo piede sette giorni dopo il terremoto e non ho mai smesso di tornarci. L'ho fatto per il Ministro Tremonti, con cui lavoravo; l'ho fatto convocando sessanta partner del territorio al Ministero dell'economia.
E se sullo sviluppo noi saremo in grado, il giorno dopo il 16 marzo (quando parleremo di ricostruzione), di parlare di sviluppo, è perché quell'iniziativa fatta dal Ministero dell'economia, avviata con Giulio Tremonti, ci ha consentito di acquisire una credibilità nei confronti del sistema territoriale, tale che a un certo punto Confindustria, CGIL, CISL e UIL, mentre litigavano a livello nazionale, hanno ritenuto di chiedere e di mettere fondi dei lavoratori e delle imprese a disposizione di un ragionamento sulla strategia del futuro; risorse quindi di cittadini, private, non pubbliche, che io ho fatto in modo arrivassero, a un grosso centro internazionale europeo di ricerca, che il 17 marzo racconterà una storia, una sua idea, fuori dai giochi, dai collegamenti e dagli interessi, che consentirà al popolo e ai cittadini dell'Aquila di dire la loro. Tra l'altro il progetto verrà discusso in un'assemblea cittadina, il giorno prima
dell'incontro con le istituzioni. Lo voglio dire perché questo è lo spirito, e anche lo spirito svolge la sua parte, oltre ai numeri che a volte sono aridi.
Restando alle vostre domande, è vero che mi sono dato, prima di tutto, l'obiettivo di capire, per poi decidere, però l'ho fatto convinto che il solo fatto di segnalare quelle cinque parole potesse già di per sé, e per il solo fatto che stavamo lavorando, iniettare degli elementi positivi in un territorio dove le cose, come avete detto, non sono ferme, ma molto lente; e in una città che è sempre meno convinta di sé stessa.
Penso che certe categorie passate servano ancora per capire il mondo: per questo parlo ancora della «borghesia» di quella città, che dopo essere stata tentata di mettercela tutta, ha adesso molti dubbi e può quindi precipitare in un approccio da borghesia immobiliare, che al massimo può aspirare ad avere la casa (cosa che farei anch'io, se pensassi che la mia casa al centro di Roma dovesse cadere), ma si comporterebbe diversamente se le venisse offerta la possibilità di ricostruire L'Aquila.
Farò tre esempi concreti per non rimanere alla filosofia.
Il fatto di essere arrivati, giocando il nostro ruolo, ha dato un po' più di certezza alla filiera - senza esagerare - della quale si diceva che se ne sarebbe andata o forse no, che se ne volesse andare o forse no. Noi abbiamo dato certezza che la filiera non se ne va perché, qualunque decisione di cambiamento prenderemo, non possiamo più fermare la macchina, altrimenti ripartiremmo fra sei mesi. Ai cittadini della periferia dell'Aquila non possiamo chiedere scusa per le interruzioni «perché stiamo riprogrammando». La certezza della filiera è stato quindi un primo risultato.
Una delle cause del ritardo è la scarsa fluidità dei rapporti, prima di tutto, fra amministrazioni centrali. Scusate se dico queste cose banali, ma nella mia vita normale, quando non faccio mestieri speciali e temporanei, faccio l'amministratore pubblico. Se mi chiedete dove risiedano le
criticità, rispondo nella scarsa fluidità dei rapporti a Roma, prima ancora di andare a vedere le responsabilità locali, che pure ci sono.
Seguono poi la scarsa fluidità dei rapporti fra le amministrazioni centrali e il territorio e la litigiosità tra loro subentrata, che tra l'altro ha coinvolto persone straordinariamente appassionate a quello che fanno. Si tratta di una litigiosità che non scaturisce da preconcetti o pregiudizi ideologici, ma dalla rabbia, dal non riuscire a vedere i risultati del proprio fare. Ho conosciuto le persone che oggi vivono queste tensioni e sono tutte straordinariamente motivate.
Uno dei compiti che ci siamo dati è proprio di favorire la fluidità dei rapporti, il che richiede l'esistenza di reciproca fiducia. Quando un soggetto dice una cosa ad un altro durante una riunione, il fatto di poter essere certi che non stia dicendo il contrario del vero è un elemento importante, perché poi succeda qualcosa.
Ci sono quindi alcuni effetti di riaccelerazione che credo siamo riusciti a produrre solo con un metodo di lavoro che non ci ha visto calati in loco a dire agli altri che cosa fare, ma anzi è stato volto a ricostruire un sistema informativo dei rapporti. Ci siamo anche detti, scherzando, che non volevamo sapere perché fossimo arrivati a quel punto, ma che avremmo semplicemente dovuto ripartire.
La questione delle previsioni è molto importante perché presuppone la distinzione tra situazione a bocce ferme e dopo l'uscita dal commissariamento. L'idea è cioè proprio di ripartire a bocce ferme e di ragionare sull'uscita, senza però che questo blocchi le piccole cose da fare subito, perché la macchina riparta già a commissariamento esistente.
Anche perché, se si vuole - io lo condivido - avere il trapasso agli enti, a cui evidentemente a un certo punto si dovrà arrivare, bisogna attuarlo ritravasando loro la conoscenza che quella filiera ha acquisito. A bocce ferme, fare delle previsioni di tiraggio è importante, perché quello che ci risolve il problema delle risorse è togliere dal tavolo l'idea che non ci siano i soldi: è la prima cosa da fare. Quando si pensa che non ci siano i soldi, infatti, nessuno investe, perché nessuno rischia. Levare rapidamente, già a partire dal 16 marzo, l'idea che non ci siano i fondi è prioritario. Lo si può fare facendo delle previsioni, ma anche se non ci sono certezze sul denaro disponibile - i 12 miliardi per L'Aquila sì o no - non ha senso farlo, perché molti di questi fondi verrebbero usati chissà quando.
Facciamo quindi una previsione a bocce ferme e un ragionamento sul superamento della gestione commissariale, che si potrà fare quando saremo tutti sicuri e tranquilli che la macchina si è ormai rimessa in moto.
La legge, da questo punto di vista, è evidentemente - l'ho detto nella mia relazione - un'opportunità su cui ragionare per capire in che modo possa esserne veicolo, tenendo conto di quello che è avvenuto nel frattempo eccetera.
Passo ora alle conclusioni. Penso che la soluzione prospettata di un incontro, direi ragionevolmente a venticinque o trenta giorni da oggi, con il Comitato ristretto o con altra formula che voi riteniate appropriata, sia interessante, se da voi condivisa, anche per poter avere uno scambio più disteso e più puntuale.
Vorrei fare cenno a due segnali, che poi riprenderemo in una sede più distesa: uno inerente la filiera e uno concernente il piano della ricostruzione, che è il punto più delicato.
Sulla filiera, se è stata costruita in questo modo, evidentemente aveva un senso e ci si dovrebbe chiedere quale fosse; perché si è scelto di basare la ricostruzione su una soluzione iper-individualista, ancor più di quella friulana o umbro-marchigiana, per cui ogni condominio decide cosa fare, trova il suo progetto, trova il suo costruttore e si fa la sua cosa. Tale soluzione aveva dei pregi, ma quella aquilana, benché sembri friulana come taglio, ha qualcosa che non è friulano né umbro. Quella procedura richiedeva infatti una distanza dei soggetti valutatori che non vedo se guardo alla filiera e mi domando perché sia stata creata,
rispondendomi che l'hanno fatto perché non volevano che il comune rimanesse impelagato, considerata la sua enorme vicinanza alle pressioni di cittadini che dicono di aver avuto questo o quell'altro problema.
La lontananza dalla filiera, a mio parere, aveva un senso per la soluzione iper-individualista che è stata trovata per L'Aquila. Se però ci rinunciamo, stiamo attenti alle conseguenze che ciò potrebbe avere in termini di ulteriore aumento dei costi di costruzione, che già oggi appaiono alti. La prima cosa che tutti mi dicono è che pagano i costi il 33/35 per cento in più. Un Ministro della Repubblica non può non sentire che viene maturata una rendita, suddivisa fra i condomini, che si fanno costruire delle cose in più, e le ditte, che pagano di più. Questo io non lo posso non sentire. L'ho sentito dire da tutti e quindi bisogna provvedere, e in qualunque modo si intervenga, bisogna tenerne conto.
Ve lo dico con molta sincerità, che sia in sede legislativa o in altre, noi faremo subito qualcosa, perché non possiamo accettare una cosa di questo genere, che i soldi degli italiani vengano spesi con un 38 per cento di costi in più. Non sarà il 38 per cento, sarà il 20 o il 15 per cento, ma la verità è che i cittadini dell'Aquila sono comunque scontenti per i ritardi e i costi....
ARMANDO DIONISI. Scusi, Ministro, ma questo si può però risolvere. Il disegno di legge, con la regia del Governo, potrebbe andare anche in questa direzione. L'importante è che ci siano sempre la trasparenza e il rigore nella spesa, perché quello è un tema sul quale ragionare.
GIOVANNI LOLLI. Scusi, Ministro, ma siccome so da dove nasce questa storia del 38 per cento, allora le dico che questo aspetto va chiarito, perché se è la risultante della differenza fra il costo del centro storico e quello della periferia, allora bisognerà dire a Gaetano Fontana che tra le due zone c'è qualche piccola differenza!
FABRIZIO BARCA, Ministro per la coesione territoriale. No, ho sbagliato numero e ho detto 38 per cento, rivelando che avevo in testa due numeri. È l'eccesso di costo unitario tra pubblico e privato.
Un'ultima battuta - e mi scuso, perché anch'io mi sono fatto prendere dallo spirito della discussione - vorrei riservare alla questione del piano di ricostruzione, che tocca un punto delicatissimo e che so essere nata (perché non ero lontano, ma al Ministero dell'economia) come un tentativo di ridare un ruolo agli enti locali, mentre ci siamo poi ritrovati con una cosa la cui funzione non si capisce bene.
Bisogna subito chiarire che funzione abbia, per evitare che divenga un ostacolo anziché un elemento di facilitazione.
C'è però un punto delicato sottostante, che vorrei citare: si può anche procedere utilizzando la norma già introdotta, operando degli stralci, e offrendo un modo per ripartire immediatamente. Questo è evidente la traccia per agire subito, ma si può poi voler fare qualcosa di più.
Un punto delicato da considerare, già citato dal deputato Misiti, è l'eccezionalità di una vicenda che riguarda un'intera città. Anch'io sono andato a riguardarmi, in questi giorni - non si può non farlo e non imparare dal passato - l'esperienza friulana, che ha portato tanti benefici ma ha avuto anche un difetto, ha cioè assecondato una tendenza di spopolamento in atto dei centri urbani. Questo è quello che, più o meno, dopo tanti anni, si constata da parte di chi esamina l'esperienza friulana, che pure è stata tutta un'altra storia, considerato che il massimo centro colpito fu Gemona e che le dimensioni del sisma furono tutt'altre. Se ci si muovesse senza un disegno complessivo, qui si rischierebbe di assecondare processi di questo tipo ed è per questo che parlavo della necessità di un progetto complessivo di sviluppo, non per fare opera di arricchimento culturale. In questo senso voglio
dirvi di non preoccuparvi: non ci sono e non ci saranno svolazzi.
AURELIO SALVATORE MISITI. Il problema principale è di non cambiare il piano regolatore.
FABRIZIO BARCA, Ministro per la coesione territoriale. Esattamente. Allora, a piano regolatore dato, ci sono gli spazi per introdurre in questa città degli elementi di innovazione, dal punto di vista dell'uso dei materiali e della modernità delle attrezzature. Questi sono i problemi semplici sul tavolo, non quello di ridisegnare un'altra L'Aquila, bensì di intervenire all'interno di quel sistema. Questo punto è secondo me quello più interessante di tutti, in definitiva, perché da ciò dipende quello che succederà.
Data la mia disponibilità a tornare in Commissione, mi farete poi sapere.
RAFFAELLA MARIANI. Grazie, signor Ministro. È stato molto interessante conoscere la sua impostazione e riscontrare il riconoscimento di una serie di problemi che in questa Commissione avevamo già registrato. Proprio per la preoccupazione emersa da tutti circa talune questioni - alcune che si possono affrontare subito e altre rispetto alle quali è necessario avere un quadro definitivo - a noi sembra che rivederci tra un mese significherebbe lasciar trascorrere troppo tempo. Forse c'è anche un fattore psicologico, che però non va trascurato in questo momento.
Ci sono stati rimpalli, rinvii, non si sapeva chi seguisse la cosa; noi avevamo la necessità di stringere, ma qualcuno aveva invece quella di allungare i tempi: dopo tutto questo, il fatto che ci si possa rivedere un po' prima - è poi vero che ci sono di mezzo le vacanze pasquali - potrebbe apparire come un segnale positivo. Non sarebbe male se lei, o chi per lei, tornasse anche in questa Commissione, anche solo per dare modo alla Commissione di condividere le misure urgenti che probabilmente, come lei ci ha detto, il Governo potrebbe assumere.
FABRIZIO BARCA, Ministro per la coesione territoriale. Sono d'accordo anche per l'eventuale accorciamento dei tempi.
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Barca per la disponibilità e per la puntualità delle risposte che ha voluto darci.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 16,10.
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