Sulla pubblicità dei lavori:
Dal Lago Manuela, Presidente ... 3
Seguito dell'audizione del Ministro dello sviluppo economico, Paolo Romani, sulle linee programmatiche del suo Dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Dal Lago Manuela, Presidente ... 3 4 5 12
Froner Laura (PD) ... 3
Golfo Lella (PdL) ... 3
Lulli Andrea (PD) ... 4 11
Romani Paolo, Ministro dello sviluppo economico ... 5 11
Testa Federico (PD) ... 4
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Iniziativa Responsabile (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): IR; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.
Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 9,45.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, il seguito dell'audizione del Ministro dello sviluppo economico, Paolo Romani, sulle linee programmatiche del suo Dicastero.
Ricordo che nella seduta del 27 gennaio scorso il Ministro ha svolto una relazione sui temi dell'audizione, al quale sono seguiti gli interventi di alcuni colleghi volti a chiedere chiarimenti e integrazioni che il Ministro renderà nella seduta odierna.
Do la parola ad alcuni colleghi che la settimana scorsa non hanno avuto modo di intervenire, chiedendo loro di formulare domande molto brevi perché il Ministro ha già comunicato che la sua replica sarà piuttosto elaborata e circostanziata.
LAURA FRONER. Grazie, saluto anch'io il signor Ministro e approfitto di questa occasione. Dal momento che nella sua relazione non ha parlato delle professioni non regolamentate, che sono ritornate a essere oggetto dei nostri lavori in Commissione da qualche tempo, vorrei conoscere la sua posizione rispetto a un problema che si sta trascinando invece da più di quindici anni e che vede molte persone prestare i loro servizi ed attività al di fuori di una regolamentazione; ciò non permette a questi soggetti di essere riconosciuti e, quindi, sarebbe importante che finalmente si possa giungere a realizzare tali legittime aspettative.
Sappiamo che purtroppo questo problema si è trascinato nel tempo perché è stato erroneamente considerato in contrapposizione alla riforma degli ordini e delle professioni regolamentate. Ciò non dovrebbe essere, proprio perché sia coloro che esercitano le professioni ordinistiche che coloro che svolgono le c.d. professioni non regolamentate hanno pari diritto di dignità e soprattutto di opportunità di prestare i propri servizi, tenendo presente l'esigenza di incrementare o comunque di offrire occasioni di lavoro anche a tutti i giovani che stanno fornendo sul mercato risposte a domande nuove e che quindi hanno, in questo modo, l'opportunità di vedere non solo riconosciuta la loro funzione, ma anche le tutele dal punto di vista fiscale e previdenziale, che in questo momento non sono garantite anche per questo settore.
LELLA GOLFO. Grazie presidente, ringrazio il Ministro per la sua presenza. Volevo porre l'attenzione sulla legge n. 215 del 1992, che è un provvedimento importante per quanto riguarda l'imprenditoria femminile.
Qualche giorno fa l'Unioncamere ha presentato un rapporto e ha analizzato gli effetti positivi e ha testimoniato quanto sia
importante questo segmento, rilevando che si tratta di un grande elemento di vitalità per il nostro Paese.
I sei bandi hanno finanziato 16 mila progetti, con agevolazioni per 757 milioni di euro e quindi hanno creato 90 mila posti di lavoro. L'indagine ha anche evidenziato la positività di questa legge e, nello stesso tempo, che le imprese che hanno goduto di questo sostegno crescono e l'andamento è molto positivo.
Oggi abbiamo 1 milione 400 mila imprese al femminile, una su quattro, e devo dire che hanno retto molto meglio molto l'urto della crisi economica e soprattutto hanno raggiunto presenze importanti nel Mezzogiorno d'Italia. Di fronte a questi dati, signor Ministro, le chiedo se non sarebbe auspicabile il rifinanziamento della legge n. 215.
Secondo noi, secondo tutte le statistiche e anche in base a quanto emerge dal rapporto dell'Unioncamere, si creerebbe quel circolo virtuoso in termini di sviluppo, soprattutto in direzione del rilancio dell'economia del Mezzogiorno che consideriamo una priorità e contribuirebbe così a quel 60 per cento di occupazione femminile come ci chiede il Trattato di Lisbona, che farebbe balzare il PIL del 7 per cento.
Nella sua relazione lei ha giustamente sottolineato che il tema della piccola e media impresa è il secondo pilastro della strategia di sviluppo di questo Governo, così come una priorità è il riequilibrio dello sviluppo tra le aree del Paese.
La legge n. 215 potrebbe, a questo proposito, entrare di diritto tra gli strumenti agevolativi nazionali rivolti alla creazione e allo sviluppo dell'impresa, di cui lei ci ha parlato e che saranno gestiti da Invitalia nell'ambito del Piano per il Sud.
Per quanto riguarda il reperimento dei fondi (immagino che questo sia il problema) da destinare al rifinanziamento della legge n. 215, è stato calcolato che dall'equiparazione dell'età pensionabile tra uomini e donne nel pubblico impiego potrebbero entrare nelle casse dello Stato oltre 3 miliardi e 700 milioni.
Le chiedo signor Ministro, e concludo, di valutare la possibilità insieme al Ministro dell'economia e delle finanze Tremonti di destinare parte di queste risorse al finanziamento della legge n. 215.
PRESIDENTE. Rinnovo la richiesta di brevità negli interventi. Prego, onorevole Testa.
FEDERICO TESTA. Grazie signor presidente, grazie Ministro. In questi giorni si è parlato molto di separazione di Snam Rete Gas, lei ha espresso un parere sulla stampa. Vorrei chiederle cortesemente se può in questa sede esporre con maggiore dettaglio le ragioni che portano il suo Ministero a scegliere quella opzione, che nella direttiva del 13 luglio 2009 dell'Unione europea viene considerata come ipotesi residuale rispetto a quella principale della separazione proprietaria.
Altrettanto brevemente le chiedo se non considera che possa essere opportuno per il nostro Paese spingere in sede comunitaria affinché venga portato avanti un ragionamento di mix energetico, non a livello non dei singoli Paesi ma comunitario. Noi abbiamo storicamente mix energetici che derivano anche dalla morfologia dei territori e dalla storia dei Paesi diversi.
Probabilmente, a mio avviso, è giunto il momento di cominciare a ragionare di mix energetico comunitario ipotizzando che l'eolico lo realizziamo prevalentemente dove c'è molto vento e che il solare lo attuiamo dove c'è più sole. Le chiedo quindi se non ritiene che il Governo italiano debba intervenire a livello comunitario perché sviluppando interconnessione e utilizzando anche gli eurobond, si possa cominciare a definire una politica comunitaria non solo in termini di regole che devono valere per tutti, ma anche di scelte che possono essere comuni.
ANDREA LULLI. Ringrazio anch'io il Ministro e voglio dire subito che, per quanto ci riguarda, siccome noi consideriamo questo Dicastero strategico, siamo addolorati del fatto che le vicissitudini degli ultimi tempi non abbiano permesso
un ruolo importante come merita, perché il punto principale per noi è la crescita, senza la quale non si risolvono neanche i problemi del debito pubblico.
Lei ha accennato all'iniziativa svolta insieme al Ministro Fitto, riteniamo opportuno che la questione possa investire la nostra Commissione per discutere delle cose che lei ha detto, così come mi pare molto importante il Piano nazionale per la chimica. Come Commissione abbiamo svolto un lavoro nei territori interessati e siamo ben lieti che questo possa avviarsi.
Per quanto riguarda l'auto elettrica, lei ha detto che il Governo è stato vicino a questo progetto. Sinceramente non mi interessa dare un giudizio di merito; so che l'Italia è il Paese più arretrato sul fronte dell'auto elettrica, siamo addirittura dietro a Paesi dove l'industria automobilistica non ha nessuna presenza. Vorrei capire perché.
Questo è uno dei punti essenziali, più progetti legge su questo tema stanno andando avanti, spero che possano arrivare a conclusione, però è una questione a mio avviso strategica, senza la quale sinceramente non capisco neanche come si possano salvaguardare gli stabilimenti di Pomigliano o Mirafiori. Se si continua infatti a fabbricare la Panda non so come si possa andare avanti.
Sulla questione del made in Italy, mi permetto di dire che il made in Europe è la morte del made in Italy, questo bisogna averlo chiaro. Se l'idea è quella di sviluppare il made in Europe, bisogna sapere che il made in Italy, perlomeno nei beni di consumo alla persona, rischia di avere un contraccolpo negativo che non ci consentirà di difendere la filiera produttiva, dove invece sarebbe estremamente opportuno avere un programma che tenti di coniugare il nostro saper fare di base tradizionale con le nuove frontiere tecnico-scientifiche. Lì infatti il successo è un insieme di creatività e innovazione - nel passato e anche oggi - fondamentalmente sulla meccanica, solo che ora le frontiere tecnologiche sono l'innovation technology, le biotecnologie, le nanotecnologie e qui noi abbiamo un handicap, perché non c'è una diffusione delle conoscenze nuove
adeguata a valorizzare il nostro sistema di piccole imprese nel made in Italy.
L'altra questione che voglio sollevare e poi chiudo (noi ovviamente siamo ben lieti di lavorare pur nel rispetto delle posizioni, ovviamente non abbasseremo mai la guardia rispetto ai nostri capisaldi) riguarda la legge annuale sulla concorrenza. C'è un ritardo, io posso comprendere quali siano i motivi di questo ritardo, però questo è uno degli punti centrali su cui si può tentare di rilanciare il Paese, insieme alla semplificazione ovviamente, su cui non voglio entrare perché ci porterebbe lontano. Mi auguro che finalmente si sia alla vigilia della presentazione del disegno di legge annuale sulla concorrenza.
L'ultima questione è più di dettaglio anche se ha una sua importanza. Sulle aree di crisi previste dalla legge n. 99 a che punto siamo?
PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi e ribadisco l'impossibilità di dare spazio ad ulteriori interventi. Come ho avuto modo di precisare, ho dato la parola solo a coloro che nella precedente seduta non sono potuti intervenire, in quanto il Ministro deve svolgere un lunghissimo intervento di replica e ha poi altri impegni; altrimenti dovrei riaprire la discussione per tutti.
Do pertanto la parola al Ministro Romani per la replica.
PAOLO ROMANI, Ministro dello sviluppo economico. Grazie presidente, mi perdonerete ho preso degli appunti perché alcune domande sono molto puntuali e quindi abbiamo preferito dare delle risposte puntuali.
L'onorevole Torazzi, che è stato il primo a intervenire, ha evidenziato l'opportunità di spostare progressivamente il peso della spesa per il welfare sulla tassazione indiretta incrementando i livelli e riducendo gli oneri sociali. È un tema, ovviamente, onorevoli, di grande rilievo che invita a riflettere su una strategia complessiva di politica economica, in cui siano coinvolti il sistema tributario, la
gestione e l'entità della spesa sociale, l'impatto che la riduzione dei contributi previdenziali e assicurativi può determinare sulle famiglie e sulle imprese. Sicuramente la politica del Governo è orientata verso una riduzione del costo del lavoro e altrettanto sicuro è che, di fronte alla più grave crisi dopo gli anni Trenta, il Governo ha evitato un aggravio della tassazione diretta.
Siamo infatti consapevoli di quanto il costo del lavoro e l'elevata tassazione diretta procurino un effetto frenante sulla capacità di crescita del Paese. D'altra parte, forse ancor prima del problema del finanziamento del welfare, si pone quello dei costi del welfare. Questo non significa rinunciare alle conquiste sociali dei Paesi europei avanzati. Occorre tuttavia in particolare in Italia disegnare un sistema di sicurezza sociale che eviti sprechi, elimini posizioni di rendita e sia proporzionato alle effettive possibilità del Paese. Questo è il vero senso di una politica di rigore che incida sulla quota di spesa pubblica che è iniqua, improduttiva e insostenibile.
In questo quadro può essere impostata anche una riflessione che, nell'ambito delle fonti di finanziamento della spesa pubblica, sia finalizzata a spostare gli oneri sulla tassazione indiretta, tenuto conto degli effetti negativi - si potrebbe dire di scoraggiamento - che la tassazione diretta e gli oneri sociali determinano sulla produzione del reddito.
Proposte di legge come quella presentata dall'onorevole Torazzi rappresentano quindi, da questo punto di vista, un forte stimolo e una possibilità di riflessione sulle possibili opzioni di politica economica.
L'onorevole Torazzi chiede poi notizie su Parmalat e Granarolo. Voi sapete che la situazione di Parmalat è un caso felice di ristrutturazione d'impresa; esiste un problema di azionariato della Parmalat, c'è una possibilità da parte di Granarolo di avanzare una mozione di interesse - ho parlato ieri con loro -, ancora non ufficiale e non chiarita. È ovvio che il Governo in questo caso deve osservare, essere anche attento testimone e non può intervenire nel merito dei possibili assetti azionari futuri. Però sicuramente immaginare che, da un lato, ci possa essere la richiesta da parte di Bondi (per Parmalat) di incrementare l'azionariato delle banche italiane nella compagine di Parmalat e, dall'altro, ci possa essere un maggiore interesse da parte di Granarolo per un unico, grande polo italiano in questo settore, è un'ipotesi che il Governo può anche vedere con favore. Trattandosi di problemi molto delicati per la
possibilità di ingresso di un'azienda in un'altra, è ovvio che noi siamo attenti, valutiamo le cose, però poi è il mercato che farà fino in fondo la sua parte.
L'onorevole Vico ha formulato alcune valutazioni in ordine alla gestione della Direzione generale per l'incentivazione delle attività imprenditoriali (DGIAI); voi sapete che la DGIAI nel processo di riordino è stata messa sotto il DPS (Dipartimento per le politiche di sviluppo), quindi, in un certo senso si è allungato il cordone che legava questa Direzione rispetto alle altre. Io penso che abbia lavorato bene, dovendo dare un giudizio complessivo; molto recentemente la Direzione è cambiata, nel senso che colui che fino a ieri aveva gestito questa Direzione è stato trasferito in un'altra, adesso stiamo mettendo un altro direttore e penso che la gestione della DGIAI stessa subirà sicuramente un impulso molto positivo.
Per quanto riguarda una domanda molto specifica, alla quale voglio rispondere precisamente, posta dall'onorevole Vico per quanto riguarda l'attuazione del Programma operativo nazionale ricerca e competitività, nella quale la DGIAI è organismo intermedio, va segnalato che gli impegni complessivi assunti al 30 agosto 2010 ammontano non a 600 milioni ma a 845,6 milioni. Inoltre, le spese certificate al 31 dicembre 2009 ammontano a circa 283 milioni di euro e l'avanzamento finanziario al 30 agosto 2010 ha registrato un incremento pari a 180 milioni di euro, per un totale di spesa certificata pari a circa 463 milioni di euro.
Pertanto, il Ministero ha ampiamente superato la soglia n 2 scongiurando qualsiasi
rischio di perdita delle risorse stesse. Peraltro l'importo di spesa certificato sarebbe risultato superiore alla soglia n 2, anche se non fosse intervenuta la modifica delle regole, con regolamento dell'Unione europea del 16 giugno del 2010.
In generale, comunque, nessun rischio si profila neppure per l'annualità 2011, considerato l'avanzamento di spesa nettamente superiore alla soglia n 2 per il 2010 e la fisiologica produzione di spesa in attuazione dei bandi già emanati, che hanno già suscitato grande interesse da parte delle imprese.
Per quanto riguarda il fondo di garanzia PMI, non c'è nessun rischio di perdita di risorse, ma ne parlerò più diffusamente in risposta a un'altra domanda.
Passo ora alla questione dei contratti di innovazione. Va rilevato che bisogna tener conto delle difficoltà di reperire risorse per le aree del centro-nord, come sapete è già difficile per il Sud, figuriamoci per il Centro-Nord, perché soltanto il Centro-Nord può beneficiare dei fondi comunitari. Il problema comunque è stato di recente risolto grazie all'approvazione da parte del CIPE circa un mese fa, della proposta di questo Ministero di 785 milioni; è stata anche una sorpresa positiva per certi versi, ma comunque è avvenuta e ci sono quindi 785 milioni a disposizione.
Per quanto riguarda i problemi genericamente segnalati per la legge n. 488, i patti territoriali e i contratti di programma bloccati, bisogna evidenziare, oltre ai vincoli di bilancio, gli effetti della modifica della disciplina contabile in materia di prevenzione con la riduzione da sette a tre anni del tempo consentito per effettuare i pagamenti degli impegni. Poiché i tempi per la realizzazione degli investimenti agevolati sono stati spesso maggiori dei tre anni consentiti dalla nuova disciplina contabile, si sono determinati ritardi nei pagamenti dovuti alla necessità di chiedere al Ministero dell'economia la riassegnazione delle somme perenti.
Per quanto riguarda i progetti di innovazione industriale, ci sono state delle difficoltà per quanto riguarda l'erogazione e le procedure di gestione dei programmi di investimenti, che sono dovute essenzialmente alle numerose richieste di variazione dei programmi agevolati presentati dalle imprese interessate. Però, a oggi, sono state richieste e disposte erogazioni per circa 2 milioni di euro.
Sulla delega per la riforma del sistema degli incentivi abbiamo lavorato in questi mesi; si tratta di una riforma fondamentale, voi sapete che oggi ci sono circa 100 meccanismi nazionali di incentivi e circa 1.400 regionali, è una grande riforma sostanzialmente fatta su tre livelli, quelli automatici, quelli negoziali e quelli per le situazioni di crisi. La riforma è praticamente pronta, il concerto con il Ministero dell'economia è avvenuto ieri in un lungo colloquio con Tremonti, non penso di anticipare nulla di riservato, e sono abbastanza convinto di poterla portare a una delle prossime riunioni del Consiglio dei Ministri; farà parte di quel grande pacchetto di rilancio e di ripresa che appartiene alla nostra proposta al Paese.
L'onorevole Galati ci chiede chiarimenti sulle zone franche urbane. In questo caso, il problema è più complicato, come l'onorevole Galati saprà. La delibera CIPE dell'8 maggio ha individuato 22 zone franche urbane, di cui 18 nel Mezzogiorno e 4 nel Centro-Nord e la norma ha ottenuto anche l'approvazione della Commissione europea nel 2009.
L'offerta di agevolazioni fiscali e tributarie in favore delle imprese si è arricchita poi con l'articolo 43 del decreto-legge n. 78 del 2010, che introduce le zone a burocrazia zero (quindi da ZFU arriviamo a ZBZ) nel Mezzogiorno ed era previsto che ove queste coincidano con le zone franche urbane, già individuate dal CIPE, si possa applicare in questo caso una diversa disciplina di aiuto consistente non in esenzioni fiscali, ma in contributi concessi dai sindaci territorialmente competenti solo a beneficio delle nuove proposte e delle nuove iniziative produttive.
Per l'applicazione di questo diverso regime, occorre comunque che il Ministero dell'economia e delle finanze e il Ministero
dell'interno individuino con loro decreto le zone a burocrazia zero. Si è quindi nel frattempo sperimentata un'ipotesi particolare di zona franca urbana per i territori dell'Abruzzo colpiti dal sisma del 6 aprile 2009.
Passiamo a Invitalia, oggetto di un'altra domanda dell'onorevole Galati. Stiamo riordinando tutto il sistema, Invitalia si è sostanzialmente riorganizzata anche con una nuova governance e mi pare che le cose stiano procedendo nella dovuta direzione. La riorganizzazione ovviamente avviene in collaborazione con la regione.
Lascio, comunque, agli atti della Commissione il testo completo della replica con tutte le risposte che mi sto limitando, in questa sede, a fornire in estrema sintesi.
Per quanto riguarda l'Istituto per la promozione industriale (IPI) c'è stato il trasferimento al Ministero di tutta la struttura, parliamo di circa 400 persone, c'è ancora una piccola cosa da mettere a posto che speriamo in uno dei prossimi provvedimenti legislativi possa essere risolta. L'onorevole Galati che ha fatto questa domanda conosce bene il Ministero e quindi sa benissimo a cosa mi sto riferendo: stiamo assorbendo tutto il personale e, pertanto, non c'è nessuna possibilità che questo possa avere difficoltà, ma manca una clausoletta che poi dovremo chiarire e che è di carattere formale: c'era una piccola mancanza nel provvedimento legislativo che aboliva la separatezza fra IPI e Ministero stesso.
Per quanto riguarda l'intervento dell'onorevole Gava, siamo d'accordo su quello che lei ha detto sulla semplificazione, onorevole, non c'è nessun tipo di problema; le proposte recenti che ha fatto anche il Presidente Berlusconi pare vadano esattamente nella direzione da lei indicata.
L'onorevole Formisano ha fatto una serie di domande sul SUAP, sportello unico attività produttive. Voi sapete che c'è la scadenza del 31 marzo, quindi per il 1o aprile dovrebbero essere operativi. C'è un problema, che a oggi sono telematizzati solamente per il 25 per cento, quindi è un problema che ci riguarda indirettamente, nel senso che stiamo facendo in modo che con gli enti locali questo problema possa essere risolto. C'è anche la possibilità di intervenire in un combinato disposto fra SUAP e Agenzia delle imprese; a quella data faremo un controllo di quello che si può fare.
Con le camere di commercio ovviamente sarà organizzato un front office in collaborazione, nell'eventualità che lo sportello unico nel senso indicato dalla legge non sia funzionante: in quel caso faremo appello alle camere di commercio perché si possa intervenire.
Sull'imprenditoria femminile, oggetto di una domanda posta dall'onorevole Golfo sulla legge n. 215, ricordo che dal 2006 la gestione legge è stata assegnata al Ministero delle pari opportunità, quindi noi siamo qui a occuparci solamente della parte residuale della legge stessa.
Faccio notare che le attività che ci competono riguardano il sesto e ultimo bando della legge n. 215, che è stato chiuso il 17 marzo 2006, utilizzando risorse per 42,6 milioni di euro che furono stanziati negli anni 2004-2005. Va segnalato anche che in questo caso si sono verificati alcuni inconvenienti, legati proprio alle regole contabili in materia di perenzione.
Per quanto riguarda l'imprenditoria giovanile, ho una serie di dati che lascerei all'onorevole Formisano; evito di leggerli, ma sono dati molto precisi, corredati anche da alcuni allegati, dai quali lei può trarre una risposta assolutamente esauriente. Stiamo seguendo la vicenda relativa alla Videocon, e in particolare la possibilità del progetto presentato da questa società SIM a capitali siro-canadesi, se non ricordo male; siamo molto presenti su questo argomento come siamo presenti su tutte le aree di crisi per le società in crisi. Come voi sapete, lo ricordavo nella precedente seduta, al Ministero abbiamo 170 tavoli di crisi e 93 amministrazioni straordinarie, quindi è una gestione complessa, ma attenta da parte nostra che ci porta via molto tempo come è giusto, perché parliamo di molti dipendenti, in questo caso circa 1.500.
Ho l'impressione che siamo finalmente giunti alla conclusione di tale vicenda, anche se l'onorevole Formisano mi segnalava il fatto che qualcuno potesse non dire sempre esattamente la verità. Tuttavia le dico che anche in questo caso con il mio intervento, come le segnalavo riservatamente, che ho fatto in una sede appropriata per le problematiche tipiche di Videocon, spero che il processo vada verso la soluzione auspicata.
Sul Fondo centrale di garanzia, che è uno dei meccanismi che ha funzionato meglio, i numeri sono a nostro favore, si tratta di 75 mila interventi accolti nel periodo 2009-2010, vi è stato un incremento esponenziale dell'attività. L'unico problema che ha il Fondo centrale di garanzia è di non essere ancora abbastanza conosciuto dalle imprese, nel senso che ne parlo spesso e volentieri in tutte le situazioni, però non sempre si è a conoscenza diretta di quello che può fare. Ribadisco, tuttavia, che solo nel 2010 sono stati fatti finanziamenti per oltre 9 miliardi di euro e la cosa buona di questo meccanismo del Fondo di garanzia è che noi attiviamo il finanziamento alle imprese con un rapporto fra garantito e finanziato che viaggia intorno alla proporzione di 1 a 16. Voi conoscete il meccanismo, un'impresa va presso la sua banca, fa l'istruttoria, chiede di ottenere un finanziamento, il 50 per cento è garantito
dal Fondo di garanzia dal momento in cui vengono rispettati i parametri. Il Fondo di garanzia garantisce, ma proprio per il meccanismo interno, la garanzia del 50 per cento in effetti è un ottavo dell'importo complessivo; quindi se va in porto, come spesso accade, l'operatività del finanziamento, alla fine l'importo garantito da parte dello Stato è pari ad un sedicesimo.
A volte si fa riferimento a Confidi, anzi molte imprese mi dicono che si interviene anche con una controassicurazione di Confidi e quindi questo meccanismo complessivamente funziona, anche perché l'entità complessiva nell'anno scorso è stata molto rilevante: le operazioni effettuate nel 2010 mi pare siano state 50 mila. Quello che veniva anche detto circa la non disponibilità è una cosa che, almeno nella nostra percezione diretta, non esiste come problema.
Voi sapete che è stato fatto il bando per l'assegnazione del nuovo servizio, dove la gara sostanzialmente ha stabilito un'assegnazione temporanea di impresa, tutte le grandi banche si sono messe d'accordo, quindi abbiamo Mediocredito artigiano, Mediocredito centrale, Artigiancassa e i gruppi delle Banche popolari, quindi abbiamo un unico gestore e questo mi sembra importante.
Mi pare che si sia risposto in maniera sollecita, a parte i ragionamenti di carattere generale, a tutte le questioni poste. Vi lascio comunque il testo scritto della replica.
Tornando alle domande formulate questa mattina, parto da quella dell'onorevole Lulli sul made in Italy e made in Europe. È un argomento fondamentale e sono abbastanza d'accordo su quello che ha detto, sul fatto che il made in Europe possa essere la tomba del made in Italy, però su questo punto noi ci siamo battuti come leoni. Devo dire che in ogni incontro internazionale che abbiamo avuto con i miei colleghi francesi, tedeschi, slovacchi, abbiamo sempre ribadito l'importanza del voto in Parlamento europeo sull'etichettatura dei prodotti che vengono da Paesi extra europei, che è un primo aspetto fondamentale. La codecisione in base al Trattato di Lisbona del Consiglio europeo può essere abbastanza ravvicinata, sapete che dobbiamo però raggiungere una maggioranza nel Consiglio che al momento non c'è.
Voi sapete che quando abbiamo mandato i decreti attuativi della cosiddetta legge Reguzzoni-Versace a Tajani perché è lui che li deve approvare come commissario europeo competente, è stato per certi versi obbligato a respingerli, perché sapete benissimo che la legge italiana era sostanzialmente in contraddizione con la regolamentazione europea. Pur tuttavia, in quella sede l'Ungheria, perché è attualmente la Presidenza vigente, ma anche la Francia aveva manifestato delle perplessità. Interpellato direttamente il ministro
francese sul perché la Francia, che ha problemi tendenzialmente simili ai nostri, volesse interpretare in maniera minuziosa e puntuale questa legge italiana, che sicuramente andava in contraddizione con la legislazione europea, ma che era comunque a difesa del prodotto italiano, come potrebbe esserci una legge francese a difesa del prodotto francese, mi veniva fatto rilevare che questa risposta negativa era più effetto di un burocratismo del Ministero francese che della volontà politica stessa.
In definitiva sulla etichettatura extraeuropea, sul made in che viene da fuori, ho l'impressione che ci si stia rapidamente avviando a una decisione europea che va nella direzione da noi auspicata. Ritengo che all'interno di questo meccanismo, avendo sensibilizzato i Paesi europei su questo punto, adesso proviamo a ripresentare al Commissario Tajani un testo dei decreti attuativi che siano accettabili in sede europea, avendo però allentato la tensione sul provvedimento che andiamo a emanare e quindi auspico che anche sul made in Italy si possa fare qualcosa. Sono d'accordo sulla premessa che lei ha fatto, che il made in Europe in questo caso non difenderebbe per nulla il made in Italy.
Altro argomento di carattere generale. Sul disegno di legge relativo alla concorrenza stiamo lavorando, tempo una settimana, massimo due, penso che avremo pronto il testo. Ha ragione a sorridere perché siamo in ritardo e quindi interpreto il suo sorriso, è l'ennesima rassicurazione, però onorevole Lulli, in tre mesi mi pare sia stato fatto molto e quindi adesso faremo anche questo.
Per quanto riguarda l'intervento dell'onorevole Testa sul mix energetico, anche questo è un ragionamento sicuramente molto complesso. Abbiamo un piccolo problema, per necessità di riservatezza sarò sintetico. C'è una discussione molto forte in sede europea sulle fonti energetiche, questo lo sapete, e ci sono i convincimenti di alcuni commissari in particolare di Oettinger che è Commissario per l'energia. Nella verifica fatta con i grandi Paesi, Francia e Germania che hanno problemi analoghi ai nostri (il Regno Unito è fuori perché ha già risolto per conto suo i problemi) i due Paesi manifatturieri, Germania e Italia, hanno problemi simili, quindi mi sembra corretta e condivisa la scelta di mettere in comune le esigenze di questi grandi Paesi e verificare quale possa essere la soluzione.
Parlo del Commissario Oettinger perché la sensazione che ho rilevato, riscontrata positivamente anche presso i colleghi di Francia e Germania è che le decisioni, o la tendenza di decisione del Commissario, fossero tendenzialmente unidirezionali, mi riferisco al gasdotto Nabucco. Il gasdotto Nabucco va a prendere il gas nelle stesse parti dove altri vanno, in Azerbaijan e Turkmenistan e voi sapete che qualsiasi iniziativa nel campo delle risorse energetiche può avere senso se alla fonte c'è un accordo relativamente al prelievo della quantità di metri cubi di cui si ha bisogno. Quando ci riferiamo a Nabucco parliamo di 40-60 miliardi di metri cubi di gas all'anno, ma l'Azerbaijan è per noi, ad esempio, la fonte di rifornimento per l'ITGI (gasdotto Turchia, Grecia, Italia) e ciò vuol dire che quegli 8 milioni di ITGI potrebbero teoricamente essere in contraddizione rispetto a Nabucco. Se voi andate più a est, le risorse
del Turkmenistan potrebbero essere dedicate anche ai Paesi che sono più a est del Turkmenistan e quindi c'è un famoso progetto TAPI, Turkmenistan, Afghanistan, Pakistan, India, che consta di altrettanti 37 miliardi di metri cubi.
Sottoterra ci sono molte riserve, ma non è obbligatorio che ce ne siano per tutti.
La decisione quindi è strategica, avendo l'Europa già attivato la North Stream, che «bypassa» l'Ucraina; l'ipotesi italiana South Stream, si può dire quello che si vuole, ha per noi da un punto di vista industriale un follow out positivo incredibile, a parte perché è al 50 per cento con Eni Gas, ma anche perché Saipem, come voi sapete, ha un'eccellenza nella progettazione e messa in opera dei tubi sottomarini; siccome South Stream passa sul Mar Nero, sarebbe per noi un'occasione
industriale straordinaria. Abbiamo, inoltre, anche la possibilità alternativa di Galsi (il Ministro Prestigiacomo ha firmato o sta per firmare ad horas la VIA per la Sardegna), che è il gasdotto marino che parte dall'Algeria, passa per la Sardegna e finalmente metanizza questa regione, rasenta la Corsica e sfocia poi vicino Piombino. Quindi c'è anche questa possibilità alternativa.
Abbiamo fatto l'accordo con la Svizzera quando si era interrotto il TransGas, c'era stato questo problema che sembrava potesse essere drammatico per quest'inverno, ma gli svizzeri, anche sotto nostra pressione, sono stati abbastanza bravi e hanno posto un rimedio veloce ma provvisorio al TransGas e il prossimo anno lavoreranno per la riparazione definitiva.
Il sistema energetico italiano quindi, parliamo in questo caso di gas che viaggia intorno agli 80-84 miliardi di metri cubi all'anno, mi sembra che complessivamente abbia una sua progettualità, nel senso che abbiamo una sensibilità complessiva per capire come possa essere strutturato.
È un mestiere complicato perché ci sono alcune determinazioni europee che francamente ci lasciano qualche volta con la voglia di verificare se altri Paesi hanno le stesse perplessità che abbiamo noi; le abbiamo riscontrate e ci sarà, lo posso annunciare, un incontro Germania, Italia, Francia, ci è stato chiesto di farlo in Germania e non ci sono problemi, per verificare insieme se tre grandi Paesi possono avere da questo punto di vista una politica comune.
Mi sembra che il Governo da questo punto di vista sia presente sui problemi, non abbia privilegi particolari per nulla, salvo gli elementi e i parametri che ho cercato di trasferirvi.
Per quanto riguarda il Piano per il Sud, verremo con Fitto a parlarne, ritengo non ci sia nessun tipo di problema.
Sull'auto elettrica mi rendo conto che il nostro Paese è molto arretrato; io parto solo da una piccolissima considerazione, noi dobbiamo risolvere il problema automobile e ciò che rappresenta l'automobile per l'indotto in Italia. Automobile più indotto rappresentano il 10 per cento del PIL, quindi per noi un pilastro fondamentale. Per quanto la sensibilità FIAT su tale questione, la FIAT non investa sull'auto elettrica. Quindi c'è questo problema.
ANDREA LULLI. Né su quella a idrogeno.
PAOLO ROMANI, Ministro dello sviluppo economico. Diciamo che loro non hanno un orientamento industriale in questa direzione.
Io oggi sono impegnato perché si mantengano le promesse fatte da una grande multinazionale italiana, che è FIAT, nel campo industriale italiano. Non ho l'impressione che in questo momento io debba fare una grande battaglia in questa direzione fino a che si sia concluso questo percorso che si sta concludendo abbastanza velocemente. Si potrà pensare quello che si vuole sul referendum di Mirafiori, però il Governo ha fatto fino in fondo la sua parte e vi dico che ieri abbiamo sostanzialmente concluso l'accordo di programma per Termini Imerese e il 16 febbraio prossimo lo presenteremo. La settimana prossima vedremo i sindacati al massimo livello e quindi anche ciò che poteva essere di ingombro per FIAT e per il sistema industriale italiano nel campo dell'automobile alla realizzazione dei piani e degli investimenti che FIAT ha detto di voler fare, si sta concludendo.
Mi sembrava inopportuno, su questo tema in questo momento, rilanciare la palla dall'altra parte dicendo che bisogna fare anche l'auto elettrica. Quando tutto ciò sarà consolidato, in un ambito di strategia industriale complessivo sarà giusto verificare se anche il nostro Paese (e sicuramente può darsi che ne abbia bisogno) possa entrare in questo settore.
Un particolare, una delle sette aziende della short list di Termini Imerese, vuole investire sull'auto elettrica, quindi l'insediamento di Termini Imerese sarà per 30 mila macchine elettriche e può essere, se volete, per certi versi, un esperimento pilota. La regione Sicilia, in accordo con noi, nell'ambito dell'accordo di programma
che andiamo a concludere, ha intenzione di creare le stazioni per consentire alle auto elettriche di funzionare. Parliamo però del sistema di car sharing, non di proprietà, un esperimento pilota che però può essere un esperimento, visto il tempo che fa in Sicilia, anche di buon viatico per il sistema Italia.
Ripeto, penso che siamo d'accordo: noi siamo interessati al fatto che innanzitutto questa grande azienda che fa parte della nostra tradizione rimanga in Italia.
Sul tema delle professioni non regolamentate, non vorrei oggi esprimere una posizione precisa; in un processo di liberalizzazione delle professioni, lei citava un altro aspetto, attendo un percorso parlamentare che spero possa essere positivo.
Per quanto concerne le aree di crisi abbiamo circa 70 milioni da mettere a disposizione, che non bastano per tutte le aree di crisi. Vanno finanziate e rifinanziate, abbiamo Biella, Prato, Porto Marghera, alcune sono molto pressanti, come Carrara.
Facciamo i conti con quello che abbiamo; la definizione delle aree di crisi ormai è ultimata, pensavamo di farle tutte insieme, invece può darsi che le faremo a pezzi, nel senso una di seguito all'altra, però onorevole Lulli, anche da questo punto di vista, nella limitatezza delle risorse che ci sono, cerchiamo di fare quello che è necessario.
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro dello sviluppo economico, Paolo Romani, e dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 10,30.