Sulla pubblicità dei lavori:
Palumbo Giuseppe, Presidente ... 3
Audizione del Ministro della salute, Renato Balduzzi, sulle linee programmatiche del suo Dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Palumbo Giuseppe, Presidente ... 3 5 14 19
Balduzzi Renato, Ministro della salute ... 3
Barani Lucio (PdL) ... 6
Binetti Paola (UdCpTP) ... 11
D'Anna Vincenzo (PT) ... 10
Di Virgilio Domenico (PdL) ... 6
Miotto Anna Margherita (PD) ... 8
Molteni Laura (LNP) ... 17
Palagiano Antonio (IdV) ... 15
Patarino Carmine Santo (FLpTP) ... 3 14
Pedoto Luciana (PD) ... 7
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia (Grande Sud): Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente
Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI.
Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 14,15.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro della salute, Renato Balduzzi, sulle linee programmatiche del suo Dicastero.
Do la parola all'onorevole Patarino, che ha chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori.
CARMINE SANTO PATARINO. Signor presidente, vorrei chiederle di farsi portavoce presso la Presidenza della Camera di un'esigenza relativa alla rilevazione delle presenze in Commissione. Riteniamo infatti che la firma del registro al banco della presidenza sia uno spettacolo assolutamente non compatibile con la serietà e con l'impegno di ogni parlamentare. La pregherei, quindi, di intervenire presso la Presidenza perché il registro possa girare per i banchi e ogni deputato possa apporre la propria firma. Grazie.
PRESIDENTE. Mi farò portavoce di questa vostra richiesta e, se i questori della Camera daranno l'autorizzazione, non avrò nessun problema a far girare il registro.
Do la parola al Ministro Balduzzi, scusandomi per aver trattato un argomento non attinente allo svolgimento dell'audizione; del resto è naturale che le nuove regole creino qualche disagio.
RENATO BALDUZZI, Ministro della salute. Le firme, come gli esami, non finiscono mai.
Io sono grato di questo invito, per il quale ringrazio il presidente della Commissione e tutti voi. Spero che sia l'inizio di un proficuo cammino di lavoro insieme. Naturalmente, non spetta a me ipotizzare quanto durerà. Posso, però, assicurarvi - tornerò su questo punto alla fine di questo breve intervento - la disponibilità piena a costruire insieme i percorsi ritenuti migliori per un'ulteriore conferma del nostro servizio sanitario nazionale.
Vorrei iniziare quindi il mio intervento proprio da questo aspetto. Non credo di dire nulla di nuovo se pongo a premessa complessiva del mio impegno di questo periodo proprio lo sforzo, l'intenzione di rafforzare nelle strutture, nella consapevolezza comune, nella motivazione degli operatori, di tutti coloro che si muovono all'interno, il servizio sanitario nazionale.
È una grande opportunità e una grande ricchezza per il nostro Paese. Rappresenta, probabilmente, uno dei settori all'avanguardia del nostro Paese. Si cerca di raggiungere poi in altri comparti, anche se con maggiore lentezza, gli stessi obiettivi che si cerca di raggiungere nel servizio sanitario nazionale. Potrei farvi di un lungo elenco di questi settori, che non faccio perché, data l'autorevolezza della
Commissione, esso è ben presente a ciascuno di voi. Tuttavia, dalla regionalizzazione all'aziendalizzazione, alla valutazione dell'attività dei risultati, degli esiti, alle ECM, si tratta di una lunga la fila di issue, di oggetti sui quali il servizio sanitario nazionale si pone all'avanguardia. Questo è riconosciuto anche fuori dal nostro Paese.
Che sia un buon servizio sanitario nazionale non vuol dire che non sia migliorabile e forse la sua buona qualità è dovuta proprio al fatto che nel tempo è stato assoggettato periodicamente a iniziative di miglioramento che io, più modestamente, chiamerei, almeno per quanto attiene allo sforzo che dovrebbe competere al Governo presieduto dal Presidente Monti, un complesso di interventi di manutenzione delle regole e della loro attuazione.
Queste regole non sono tutte di rango legislativo perché ne esistono di carattere sublegislativo, in particolare regolamentare. Questo potrebbe significare dare priorità ad alcuni profili. Il primo, al quale so che la Commissione ha lavorato molto e, per quanto nella mia competenza, appoggerò e sono a disposizione per completare in fretta l'iter del lavoro della Commissione, è il tema della trasparenza delle decisioni politiche in sanità.
È fuor di dubbio, almeno dal mio punto di vista, che in un sistema sanitario regionalizzato e con l'impatto che la sanità ha sui bilanci regionali, la nomina fiduciaria dei direttori generali delle aziende resti un punto fermo. Nomina fiduciaria non vuol dire, tuttavia, mancanza di trasparenza, o non assoggettamento a rigorosi requisiti. Su questo esiste sicuramente un impegno pieno.
Potremmo dire che un secondo profilo in materia di regole riguarda le relazioni tra i professionisti e i pazienti. Anche in questo caso so di andare su un terreno ben noto ai presenti. In particolare, credo sia venuto il momento di cercare di mettere qualche punto fermo in ciò che viene definito come il problema della medicina «difensiva».
La medicina «difensiva», passiva, ma soprattutto quella attiva, ha infatti impatto sul sistema dell'equilibrio economico-finanziario; sia l'attiva sia la passiva hanno un impatto pesante in termini di tutela della salute e hanno - di nuovo, soprattutto quella attiva - anche sulla programmazione del sistema. Basta pensare alla diversa attrazione di questa specialità medica o di un'altra proprio in ragione di problemi essenzialmente attinenti alle preoccupazioni di conseguenze giuridiche negative.
Infine, sulle regole c'è sul tappeto il problema del completamento dell'iter dei nuovi LEA. Parliamo di regole perché si tratta di un regolamento, benché la dottrina discuta, ma non è questo il luogo per stabilire di che atto normativo si tratti. È certamente un atto normativo che ha un contenuto, in parte tecnico-professionale e in parte tecnico-giuridico, che si tratta di portare alla conclusione. Non si tratta di un provvedimento che formalmente e direttamente debba essere discusso in questa sede, ma su di esso chiederei comunque il conforto e il confronto in questa Commissione.
Non credo sia tecnicamente possibile seguire l'ipotesi avanzata in questi anni - sono ormai tre anni e mezzo che i cosiddetti nuovi LEA galleggiano con relativa larga messe di discussioni - di immaginare l'individuazione di emergenze più importanti, come l'epidurale, le 109 malattie rare, alcuni profili della disabilità, l'appostamento dei nuovi LEA solo su questi perché il ragionamento, specialmente in questa fase di risorse problematiche, deve essere sempre complessivo.
D'altra parte, le circa 6 mila prestazioni comprese nei LEA hanno bisogno di una flessibilità interna. Qualcosa che esce in quanto obsoleto, perché divenuto costoso, inutile, e qualcosa entra. Alla fine, i saldi devono essere corretti, ma questo è un impegno importante e, a mio avviso, prioritario. Non si tratta, infatti, solo della pressione di tutti coloro che da tre anni e mezzo aspettano, ma proprio della logica del sistema del monitoraggio e di questo aggiornamento periodico dei LEA. Non
farlo non significa semplicemente omettere un compito previsto, ma toccare il sistema stesso.
Per quanto riguarda, invece, gli interventi di manutenzione che riguarda l'attuazione delle regole, credo che si dovrebbe cogliere l'occasione importante di quello che viene chiamato federalismo fiscale, che ha una lunga storia. Per la prima volta, infatti, si è parlato di federalismo sanitario ormai dodici anni fa, nell'articolo 19-ter del decreto legislativo n. 502 del 1992, come modificato dal decreto legislativo n. 229 del 1999, da dove parte tutto il percorso che conoscete benissimo dei piani di rientro e che porta fino a oggi.
Il federalismo fiscale, se inteso bene, aiuta molto il sistema sanitario perché è coerente con lo sforzo che in questi anni il sistema sanitario ha compiuto. C'è, tra riforma costituzionale del 2001 e l'assetto del sistema sanitario, un parallelismo che bisogna mettere a tema.
Un secondo punto di questa manutenzione dell'attuazione riguarda - lo dico come riesco - il rapporto più equilibrato tra il tavolo dell'articolo 9 e quello dell'articolo 12 del Patto per la salute, cioè tra il momento dell'individuazione, monitoraggio e verifica della prestazione dei livelli di assistenza e il momento dell'inevitabile equilibrio economico-finanziario. Un maggiore bilanciamento e intreccio tra questi due momenti mi sembra importante e questo, più che di regole, è un problema di attuazione delle stesse.
Ancora con riferimento all'attuazione - ma è all'attenzione di tutti - la circostanza per cui il decreto-legge cosiddetto salva Italia attualmente in discussione, non contiene previsioni attinenti all'equilibrio economico-finanziario specificamente rivolte alla sanità non significa che il nostro compito non sia importantissimo. Abbiamo, infatti, davanti a noi la scadenza del 30 aprile 2012 per l'attuazione della manovra estiva e all'interno del nuovo Patto per la salute 2012-2014 tutte le problematiche più importanti, l'equità, la trasparenza, l'omogeneità della compartecipazione, il controllo sull'acquisto di beni e servizi, l'omogeneità delle procedure e, più in generale, tutto quello che può consentire a un sistema sanitario necessariamente differenziato di funzionare al meglio, troverà e comincia già da questi giorni a trovare attuazione.
Comincia un percorso che, evidentemente, coinvolge Ministero della salute e regioni - concludo su questo - ma nell'ottica che, personalmente, preferisco e che mi sembra imposta dalla complessiva situazione del Governo di cui faccio parte, che non a caso ha visto ieri un passaggio nelle Aule parlamentari di questo importante decreto-legge, intenderei muovermi, presidente, in maniere analoga, se è lecito paragonare questioni più piccole a questioni più grandi. Quello tra Ministero della salute e regioni, infatti, non è un rapporto bilaterale, ma deve essere per forza un rapporto triangolare che vede Ministero della salute, regioni e Commissioni parlamentari. Dovremo trovare insieme le modalità di questo lavoro. Vi ringrazio per l'attenzione.
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Balduzzi per queste sue dichiarazioni, per questi spunti che hanno in parte confermato alcuni indirizzi di lavoro che già avevamo in questa Commissione. Mi riferisco in particolare, come lui stesso ha fatto rilevare, ai LEA, al governo clinico - benché il Ministro non l'abbia chiamato così - e ad altri temi importanti. Tra gli altri, è soprattutto importante affrontare il problema che spesso troviamo in questa Commissione del confronto, tramite il Ministero della salute - non possiamo essere altro che favorevoli - con le regioni. Più volte è successo che le decisioni di questa Commissione siano state contestate ovvero ridimensionate da parte delle regioni.
Se può nascere un rapporto non direi di mediazione ma di collaborazione tra le tre parti, ben venga perché siamo convinti che questa collaborazione sia necessaria nell'interesse, evidentemente, di tutti i problemi della salute a cui lei in parte ha accennato e di cui questa Commissione si è sempre occupata.
Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
LUCIO BARANI. Ringrazio il signor Ministro, ma è proprio dalle sue ultime parole, signor presidente, che vorrei partire. Quello che muoverà il gruppo del Popolo della Libertà verso il Ministro sarà senz'altro un spirito di collaborazione, ma vorrei anche sottolineare che oggi non è il primo giorno di scuola. Abbiamo già tre anni e mezzo di lavoro alle spalle, ai quali, signor presidente, ha fatto riferimento. Sono state fatte buone cose, la programmazione e la realizzazione di molti obiettivi sono giunti a buon fine, anche se ovviamente il lavoro va completato.
Ci rendiamo conto che l'equità, la trasparenza e l'omogeneità sul territorio nazionale della regionalizzazione della sanità è difficile perché dalle Alpi alle Piramidi, dalla Val d'Aosta alla Sicilia abbiamo 22 sanità regionali, quelle delle 20 regioni con l'aggiunta di quelle delle due province autonome. Ci troviamo quindi di fronte ad una situazione difficile.
Ci rendiamo conto che il pianeta sanità regionale assorbe dal 70 all'80 per cento delle risorse regionali e che in due, tre o quattro province del Mezzogiorno si sommano oltre 40 miliardi di euro di deficit sulla sanità. Ovviamente, non si sono accumulati solo in questi ultimi anni, ma anche negli anni precedenti.
La manovra è di 20 miliardi di euro e noi abbiamo bruciato, rispetto ai costi standard, all'assegnazione del fondo sanitario internazionale, addirittura il doppio di quello che stiamo chiedendo adesso agli italiani, sudore, lacrime e sangue. Conosciamo nome e cognome delle regioni che li hanno bruciati in pochi anni. Non stiamo a ripeterci, sarà il tavolo c.d. Massicci che monitorerà le spese delle regioni.
È ovvio che ci rendiamo conto che non è solamente una questione del passato, ma in questi giorni si sta parlando di un buco della regione Liguria che è circa di 30 milioni di euro. Come Commissione d'inchiesta stiamo discutendo di un buco solamente di una ASL nella virtuosa Toscana di 300 milioni di euro. Ci sono problemi in Veneto, in Piemonte, in Toscana, nel Lazio, in Sicilia, dappertutto. Forse quella modifica del Titolo V della Costituzione andava programmata meglio. A lasciare, infatti, sullo stesso livello regioni, province, comuni e Stato sarà difficile anche per lei, Ministro della sanità, riuscire a uniformare nella conferenza Stato-regioni decisioni che vengono dal Parlamento, da questa Commissione, dalla Commissione omologa del Senato.
Noi abbiamo discusso per mesi, se non per anni, su alcune questioni che vorremmo arrivassero a vedere la luce, come il governo clinico, il testamento biologico, la sperimentazione clinica approvata all'unanimità da questo ramo del Parlamento e adesso in discussione al Senato della Repubblica, la riforma degli ordini professionali per la quale ieri abbiamo visto il Presidente Monti darci la scadenza del 13 agosto prossimo, per cui o si fanno le riforme o si sciolgono gli ordini. Avremo, quindi, da confrontarci su questi temi.
Concludo dicendole che dal nostro gruppo troverà pieno sostegno in questo solco riformista e anche innovativo di una sanità di qualità, ma non dobbiamo dimenticare - l'ha detto lei - che, se non arriviamo a depenalizzare il lato medico, la medicina difensiva sarà sempre più costosa perché il medico dovrà difendersi. Crediamo soprattutto che ormai la riforma Bindi sia datata e che sia giunto il momento di rimetterci mano, di modificarla e renderla attuale e adeguata alle necessità e ai bisogni dei cittadini.
DOMENICO DI VIRGILIO. Innanzitutto, la ringraziamo veramente, signor Ministro, della sua disponibilità. In secondo luogo, a lei va l'augurio di un lavoro proficuo, che discende anche dalla sua esperienza come presidente dell'AgeNaS.
È stato già accennato dal nostro presidente e anche da lei alle difficoltà dei rapporti tra Stato e regioni. Credo che tutti sappiate come prima del referendum del 2001 le contestazioni tra Stato e regioni erano minime, mentre adesso sono
decuplicate. Questo deve far molto pensare a quanto lei ha già accennato, ossia all'aspetto economico del servizio sanitario nazionale. Noi vogliamo come PdL mantenere l'universalità e la solidarietà del servizio sanitario nazionale, classificato, come lei sa bene, al secondo posto al mondo dall'OMS, con i suoi aspetti chiari e oscuri, a seconda delle regioni e anche all'interno delle stesse regioni virtuose.
In ogni caso, quanto agli aspetti finanziari della sanità, contiamo molto che lei difenda il servizio sanitario nazionale perché si possono fare economie in tanti altri campi, ma non si possono pretendere dai cittadini, e specialmente da quelli meno abbienti, nel campo della salute, tutelata dalla nostra Costituzione.
Io ho sempre sostenuto, per la mia esperienza di medico ospedaliero e poi di parlamentare, che le economie si possono fare in altri campi, ma nel settore della salute, nella sanità non bisogna guardare a questo aspetto anche perché l'aspetto economico-finanziario nel settore della sanità rappresenta un elemento assolutamente instabile. Pensiamo alle nuove tecnologie: noi facciamo oggi una determinata previsione di spesa, domani sono disponibili un nuovo trattamento o una nuova indagine diagnostica che i cittadini reclamano e che i medici possono attuare. Possono, quindi, saltare le previsioni di spesa che erano state inizialmente calcolate. Per queste ragioni noi ci aspettiamo da parte sua una grande sensibilità, una grande occasione di valutazione accurata degli aspetti di sostenibilità economica del servizio sanitario nazionale.
Da questo punto di vista, insisto sul campo della prevenzione. Vengo da un convegno del professor Veronesi sul tumore della mammella. Sappiamo come la prevenzione costi, ma come possa dare dei risultati notevolissimi. Costa oggi, ma fa risparmiare moltissimo domani. In tanti campi, quindi, nei tumori, nelle vasculopatie, in rapporto all'invecchiamento della popolazione nelle malattie croniche degenerative, la prevenzione è fondamentale per evitare le patologie più frequenti.
Concludo parlando della questione della trasparenza cui lei ha accennato. Lei sa benissimo che in questa Commissione, che per fortuna lavora abbastanza compatta, è in discussione il governo clinico. Vogliamo meno politica, come vogliono i cittadini, e più meritocrazia. Lo diciamo in modo convinto, l'abbiamo scritto e non vediamo l'ora che questo provvedimento sia approvato. La prossima settimana scade il termine per la presentazione degli emendamenti, le regioni hanno approvato per iscritto con una lettera un testo da me presentato, che naturalmente può essere autorevolmente modificato da questa Commissione. Vogliamo che la nomina dei direttori generali avvenga sempre nel rispetto dell'autonomia delle regioni, ma che abbiano quelle caratteristiche di esperienza nel campo sanitario, siano in possesso di una laurea, siano valutati adeguatamente, come i medici.
Anche nei concorsi è ora di dire basta al clientelismo. Vogliamo che le Commissioni siano sorteggiate, che siano dati per i direttori generali due o tre e nomi in graduatoria - vedremo cosa sarà meglio decidere su questo aspetto - in modo che si possa scegliere il migliore e dare garanzia ai cittadini di quello che loro attendono dalla sanità.
LUCIANA PEDOTO. Anch'io saluto il signor Ministro e lo ringrazio per aver voluto porre l'accento sul dialogo e sull'importanza di voler rafforzare il servizio sanitario nazionale.
In questo senso, quindi, anch'io mi unisco a quanti hanno ribadito la centralità della salute e della bontà del servizio sanitario nazionale. Vorrei sottolineare solo alcuni punti.
Nell'ambito dei LEA, cui il Ministro ha già accennato, uno è il problema dell'erogazione delle prestazioni in termini appropriati e dell'eccessiva lungaggine delle liste di attesa. La mia è, quindi, un'esortazione a fare ognuno, ovviamente, la sua parte per concorrere a individuare modalità concrete per il cittadino quando la struttura non sia in grado di erogare la prestazione entro i tempi stabiliti.
In secondo luogo, ricordo che abbiamo fatto una legge in questa Commissione un anno e mezzo fa molto cara a tutti, la legge sulle cure palliative e sulla terapia del dolore: vorremmo che fosse verificata, per quanto possibile, l'attuazione di questa legge giacché oggi, a un anno e mezzo dalla sua approvazione e anche dall'emanazione delle linee guida, ci sono ancora forti carenze e disparità territoriali, come da ultimo confermato anche da una recente indagine dei NAS.
Infine, come ha già accennato l'onorevole Di Virgilio, che ha parlato poco prima di me, ribadisco l'importanza della prevenzione con campagne di informazione e screening. Se fosse possibile, queste andrebbero intensificate e rafforzate.
ANNA MARGHERITA MIOTTO. Ringrazio anch'io il Ministro per la sua relazione e, innanzitutto, per aver fatto un'affermazione che ci sta molto a cuore come Partito Democratico: dire che la salute è un diritto fondamentale, che il servizio sanitario è il bene del Paese non è proprio scontato perché sappiamo come, a partire da un'ipotesi un po' terroristica legata a una presunta esplosione della spesa, si è affermato che questo sistema sanitario non era finanziariamente sostenibile e da ciò si sono avviate politiche di ridimensionamento nelle risorse finanziarie che hanno indebolito il nostro sistema sanitario.
Apprezzo, quindi, molto questa sottolineatura, ma allo stesso tempo non posso non ricordare, signor Ministro, pur comprendendo la circostanza dell'orizzonte temporale ristretto di un anno e mezzo, per cui va bene la manutenzione ordinaria, ahimè abbiamo alle spalle tre anni di interventi di destrutturazione parziale del sistema sanitario. È chiaro che non possono non essere presenti all'attenzione nostra e anche del Governo manifestazioni di tutte le professioni sanitarie, molto preoccupate non per contenuti economici legati alla loro professione, ma per la solidità del sistema sanitario messa in discussione dalle politiche di tagli.
I tre anni che abbiamo alle spalle, senza poter in questa sede ripercorrere il contenuto degli interventi che retrospettivamente - non avrebbe molto senso - caricano l'attuale Governo di un'eredità che io penso andrebbe assunta e possibilmente corretta. Con questa manovra ho visto che qualche correzione è stata fatta. Penso che qualcosa si debba fare anche per quanto riguarda operazioni più preoccupanti che hanno contraddistinto i tre anni di politica sanitaria del precedente Governo.
Mi riferisco innanzitutto a una qualche confusione che c'è stata a proposito di età pensionabile, una confusione tra i professionisti che ha creato vari problemi. Improvvisamente è stato necessario dimettere forzosamente chi aveva 58 o 59 anni e dopo pochi mesi è stata approvata una norma che ha consentito il trattenimento in servizio fino a 70 anni. Oggi credo che ci siano alcuni operatori che, francamente, o sono arrabbiati perché sono stati mandati via prima o sono molto più arrabbiati perché con le nuove norme sono costretti a restare in servizio. Occorre, quindi, mettere un po' di ordine su questo punto.
Le questioni più importanti, tuttavia, riguardano ovviamente l'azzeramento dei tagli per gli investimenti in sanità. Questo è un fatto molto importante. Non si può pensare di rendere effettivi i piani di rientro se si azzerano gli investimenti. Come si fa a rendere possibile un piano di rientro che comporta inevitabilmente operazioni di riorganizzazione dei sistemi regionali, e quindi la riorganizzazione innanzitutto dell'offerta strutturale delle prestazioni sanitarie se si azzerano gli investimenti?
Se è vero che questo è un Governo - il presidente Monti lo ha detto chiaro - che vuole mettere a posto sì i conti, ma vuole anche riportare l'Italia a crescere, una componente essenziale per rimettere l'Italia nel giusto binario è che gli italiani siano in salute non solo per i conti ma anche per la loro condizione biologica, e l'Italia in salute ha bisogno di servizi efficienti.
Vengo allora, signor Ministro ad alcune questioni. In relazione ai ticket, lei eredita un problema sospeso. Da quattro mesi è entrata in vigore una norma che prevede l'automatismo dell'introduzione dei ticket a seguito dell'esaurimento del finanziamento, che mi sembra sia scaduto il 31 maggio perché le risorse per quest'anno erano sufficienti fino a quella data, per cui noi siamo già in un periodo nel quale nuovi ticket si sono aggiunti a quelli che autonomamente le regioni possono applicare.
C'è il problema che lei ha giustamente citato del decreto del Ministro Turco di tre anni fa riguardante i LEA, provvedimento poi bloccato davanti alla Corte dei conti, eppure, rivisto ora, aggiornato, concordato con le regioni, è evidente che tale questione rappresenta una priorità. È stato oggetto di numerosissimi atti di sindacato ispettivo da parte di molti colleghi del nostro gruppo del Partito Democratico, ma anche di colleghi di altri gruppi e abbiamo sempre incrociato una difficoltà quasi insuperabile nel Ministero dell'economia e delle finanze. Ci attendiamo da lei un'azione più decisa di «sfondamento» su quel versante, naturalmente con strumenti e modi consoni a un Governo dal tatto diverso, dall'approccio diverso rispetto al precedente.
Esiste il grande problema delle liste d'attesa. So bene che non basta un decreto per risolverlo, che non basta la moral suasion nei confronti delle regioni - si tratta di un problema di responsabilizzazione degli amministratori regionali - ma è evidente che occorre togliere ogni possibile alibi per nascondere le proprie responsabilità magari dietro a risorse non adeguate.
Qui abbiamo 8 miliardi di euro spostati nel 2013 e nel 2014 che mancano all'appello per il finanziamento dei livelli essenziali. Non so cosa succederà di questi 8 miliardi: possiamo semplicemente dire che autonomamente ogni regione toglie un pezzo di livello essenziale? Credo che non sia possibile fare questo. So bene che così si è rotto il patto tra Stato e regioni che poggia sulla regola che chi rompe paga. Qui il Governo ha rotto il patto, ma non può essere il cittadino a pagare. Credo, allora, che su questo punto sia necessario affrontare il tema con le regioni, ma allo stesso tempo trovare delle vie d'uscita di modo che sia trasparente anche ciò che viene ridimensionato. Questi 8 miliardi, infatti, mancano.
Un'ulteriore questione riguarda i professionisti cui ho già fatto un primo accenno. Il collega Di Virgilio ha già detto che in questa Commissione c'è una volontà forte di condurre a termine un lavoro importante sul progetto di legge sul governo clinico. Su questo punto, tuttavia, lo sforzo che dobbiamo fare, attraverso norme precise, specifiche, per rendere possibile che la politica stia fuori dalla sanità, o meglio che stia dentro la sanità una politica sanitaria che ha a cuore davvero il servizio sanitario e non gli incarichi, le nomine, i primariati per usare una vecchia terminologia, sarà un impegno sul quale peraltro abbiamo già a suo tempo espresso un preciso orientamento.
Pensiamo sia forse arrivato il momento di interrogarsi se il rapporto fiduciario nella nomina dei dirigenti del servizio sanitario possa essere ancora sostenibile. Troppe e troppo diffuse sono le interferenze della politica e io credo che sia davvero arrivato il momento di dare valore al merito. So bene che questa proposizione nella sua traduzione pratica può riservare delle controindicazioni, ma credo anche che sia finito il ciclo delle scelte discrezionali.
Il quarto punto che intendo affrontare è in realtà una domanda. L'altro ieri, seguendo la conferenza stampa del Presidente del Consiglio, il suo collega, Ministro Giarda, ha fatto riferimento a dei colloqui a proposito della questione della sanità con il collega di Governo Ministro Passera. Non voglio avanzare sospetti gratuiti, ma il Ministro Giarda ha affermato che sulla sanità si sarebbe dovuto pensare a qualcos'altro, a qualche modalità: lei ne sa qualcosa?
Non vorrei, visti i trascorsi del Ministro Passera e un convegno al quale ho partecipato - eravamo invitati tutti, a suo
tempo, nella sua precedente veste promossa da Banca Intesa - e nel quale era proposta una modalità di finanziamento per sostenere il sistema sanitario fondata sul secondo pilastro, che ci fossero tentazioni strane. Il finanziamento del sistema sanitario in Italia è inferiore alla media europea: almeno su questo cerchiamo di essere europei. Mi auguro che tutto il Governo lo sia, non ho dubbio alcuno che lo sarà, ma è bene fugare possibili tentazioni.
Come ultimo punto le segnaliamo, signor Ministro, che la sanità porta dei pesi talvolta impropri per effetto dell'azzeramento dei fondi che aiutavano a realizzare sul territorio l'integrazione socio-sanitaria. L'azzeramento dei fondi del sociale trascina con sé anche un pezzo di sanità, sulla quale scarica prestazioni non appropriate. Su questo punto penso che sia opportuno un'azione collegiale di Governo per il ripristino dei fondi del sociale. Solo in questo modo è possibile un'integrazione socio-sanitaria.
VINCENZO D'ANNA. Signor Ministro, la ringrazio di averci voluto illustrare il suo programma di massima. Voglio annunciarle la massima attenzione del gruppo di Popolo e Territorio che già in Aula si è espresso a favore dei provvedimenti illustrati dal Presidente del Consiglio, ma ci sono due difficoltà oggettive.
Lei non ha molto tempo davanti a sé, noi non abbiamo vincoli di maggioranza, per cui voi dovreste essere molto veloci nel proporre gli obiettivi che volete raggiungere, noi dovremmo essere molto convinti dalla bontà delle vostre proposte. Vi do atto, dunque, di questa ulteriore difficoltà, del fatto che non godrete di una franchigia politica dove molto spesso il vincolo di maggioranza ci ha indotto a votare misure che non ci convincevano.
Datole atto di questa ulteriore difficoltà, poiché il tempo che si para davanti al Governo è al massimo di un anno e mezzo, mi permetterei di suggerirle non tanto di avventurarsi in una serie di nuove leggi e di nuove proposte, quanto di procedere con un lavoro oscuro ma prezioso, quello del mediano, cioè di far applicare le leggi e i regolamenti che oggi esistono, di chiedere a una sanità disastrata dai debiti di applicare correttamente le leggi per il pagamento a DRG dei comparti pubblico e privato, di pagare a tariffe tutte le prestazioni, sia quelle emesse dalla gestione statale sia quelle della gestione accreditata.
Possiamo, infatti, parlare di tagli e io sono d'accordo con l'onorevole Miotto, ma il primo finanziamento è quello che non consente a nessuno di sperperare il danaro, soprattutto quando questo è un bene scarso. Le sottopongo, allora una questione che lei già conosce. Ho sentito molti teorici parlare con belle parole riguardo ai LEA, di garantire l'assistenza: credo che la prima delle riforme sia quella di applicare correttamente le leggi che già esistono perché non c'è più grande ingiustizia che fare parti eguali tra diseguali, come diceva don Lorenzo Milani.
Continuo a non capire da operatore sanitario, da parlamentare, da cittadino, perché l'ospedale debba essere pagato a piè di lista ancorché una legge dello Stato imponga tassativamente che quell'ospedale sia pagato secondo i DRG così come questi sono previsti nella legge medesima, perché si debba continuare a concedere una franchigia a ciò che gestisce lo Stato direttamente mentre altri comparti sono costretti, loro malgrado, a stare all'interno di un costo predeterminato e a garantire i livelli di qualità e di efficienza che molto spesso la parte pubblica non garantisce.
Le fornisco anche un dato che credo Fulvio Moirano potrà fornirle meglio di me: l'82 per cento delle strutture ambulatoriali pubbliche sono prive del decreto di apertura e di funzionamento all'esercizio, sono quindi prive dei requisiti minimi organizzativi, strutturali, tecnologici e di personale. È una vergogna nazionale, una specie di patto tra consorterie stataliste che denega questo fatto di assoluta evidenza.
Convochi una Commissione d'inchiesta, disponga della collaborazione dai NAS. Non è possibile che il cittadino non debba godere delle stesse garanzie sulla qualità e
sull'ottimale erogazione delle prestazioni solo perché si rivolge a una struttura statale ritenuta consustanziale alle strutture statali o regionali e, come tale, gode di una liceità non consentita né dalla legge né dal buonsenso.
Voglio aggiungere qualcosa altrimenti qua dentro diciamo tutti le stesse cose. A me hanno insegnato che la verità è un po' come un coltello senza lama, da qualsiasi parte la si prende deve ferire qualcuno. Ovviamente, io non sono il depositario della verità, ma vi dico la mia verità, quello che altri, invece, tacciono. Va chiarito, infatti, che è vero che la modifica del Titolo V della Costituzione ha dato la potestà alle regioni di organizzare il servizio sanitario, ma nessuna regione ha la potestà di ignorare le leggi dello Stato, di non tener conto che è lo Stato a finanziare il servizio. Non è possibile, signor Ministro che per compiacenze politiche, non mi interessa se di destra o di sinistra, la regione Campania abbia maturato ben 10 miliardi di euro di debito senza che nessuno abbia pagato il fio di questo sfondamento, certo non imputabile a quelli che lavorano già a tariffa e con dei tetti di
spesa predeterminati.
Se dobbiamo costruire una sanità, dobbiamo costruirla sulla certezza del costo e dell'efficienza della struttura che eroga certamente una prestazione di qualità. Al di fuori di queste regole, che competono allo Stato, che finanzia e non c'è delega organizzativa che tenga, non possiamo stare a guardare gli orizzonti e a fare grandi parole.
La invito, allo stesso modo, ad affrancarsi dalla tutela asfissiante esiziale del Ministero dell'economia e delle finanze. Se tutte le regioni devono passare per il nodo scorsoio del tavolo Massicci, che impone finanche, in difformità alla legge dello Stato, criteri di programmazione fallimentare e di per se stesso foriere di ulteriore debito, facciano fare il ministro a Francesco Massicci, con tutto il rispetto che le è dovuto.
La invito anche a portare a termine i progetti di legge che questa Commissione ha già lodevolmente approvato sulla sperimentazione clinica e su altre questioni, infatti un altro degli elementi che lasciano il tempo che trovano perché i ministri inutilmente sia affardellano e si avvicendano in una sorta di «ping pong». Oltretutto, il progetto sulla sperimentazione clinica riguarda anche una rivisitazione delle professioni sanitarie.
Si faccia promotore e solleciti l'approvazione alla Camera del provvedimento sul governo clinico e garante a far sì che il Senato approvi senza ulteriori modifiche quello che già ottimamente la Camera, su preventivo esame del Senato, ha già fatto. Porti loro l'invito che le faccio alla concretezza, lasci perdere gli ECM, i LEA, i massimi sistemi, si rimbocchi le maniche e metta ordine in un sistema sanitario che ha un sistema di contabilizzazione che non consente ai centri di costo pubblico di calcolare il costo della prestazione, ma solo quello del servizio. Modifichi questo andazzo. Faccia in modo che i direttori generali, quasi tutti di nomina politica, una vergognosa esperienza che non trova alcuna eccezione in Italia, di qualsiasi segno siano le amministrazioni, rispondano da una perfetta analisi dei centri di costo, ma con un programma che possa rilevare correttamente il costo della prestazione e non solo il costo del servizio.
PAOLA BINETTI. Segnalerei poche questioni sulla stessa traccia segnata nell'intervento del Ministro nei suoi punti chiave: medicina difensiva, LEA, federalismo fiscale e nuovo Patto per la salute.
Io direi che l'obiettivo che vogliamo raggiungere, se lavoreremo bene insieme, come mi auguro con tutto il cuore, è quello di riuscire a scrivere davvero il nuovo Patto per la salute 2012-2014. Il nostro obiettivo deve essere fare tesoro di una serie di esperienze con gli aspetti positivi e negativi che riusciamo a mettere in evidenza senza acrimonia, superando davvero questa sorta di contrapposizione bipolare e, nello spirito con cui questo Governo si muove, riuscire a mettere a punto insieme il nuovo Patto per la salute. Questo dovrebbe essere l'obiettivo di valore da raggiungere in modo da essere
certi che le scelte che si prendono insieme siano veramente poco ideologizzate e, invece, fortemente spese a vantaggio delle persone.
Questo permetterà di riuscire bene in quella sorta di bilanciamento, che lei ha così ben descritto, tra l'articolo 9 e l'articolo 12 del precedente Patto per la salute, quello che riguarda il rapporto tra obiettivi e risorse. Se riusciremo a lavorare bene insieme, scriveremo assieme questo nuovo Patto e quel bilanciamento sarà efficace.
Fatto salvo, quindi, questo obiettivo di qualità e di valore, vorrei tornare su alcuni altri punti della sua esposizione. Uno riguarda il tema della medicina difensiva. Credo, Ministro, che sia tutt'altro che facile risolvere questo problema per vari motivi. Lei non è un medico, viene dalla competenza giuridica e sa meglio di me quanto sulla medicina difensiva influiscano gli studi di avvocati, ossia quanto sia, in realtà, un obiettivo che sta a cuore a molti studi che si dedicano a speculare sulla mala sanità proprio cercando di venire incontro al problema che si pone nel paziente, speculando sul suo livello ridotto di soddisfazione per incoraggiarlo a mettere in atto un'operazione di responsabilità di tipo «penale», dove ciò sia possibile, ma civile quasi sempre sotto forma di richiesta di rimborsi economici. Questo non è un obiettivo semplice, non riguarda soltanto la medicina, ma è un obiettivo di
stile, di sistema, di cultura, che andrà affrontato in accordo non solo con l'ordine dei medici, ma anche, di fatto, con quello degli avvocati.
È vero anche che, però, dobbiamo muoverci in una linea effettiva di garantire al paziente quello che tutti i gruppi legati alla gestione del rischio clinico cerca di rendere operativo, ossia l'errore zero. Si tratta di un obiettivo a cui si potrà tendere sempre attraverso una doppia linea che è, da un lato, quella della formazione, dall'altro, anche quella di intervenire realmente sull'oggetto dell'errore in una chiave di miglioramento di sistema e non soltanto in una chiave di tipo punitivo.
È, quindi, un obiettivo molto complesso, culturalmente molto articolato che non è solo italiano, ma che abbiamo importato dalla cultura anglosassone, per cui ha radici lontane e complessità molto più articolate da affrontare e da gestire.
Sul secondo punto su cui si è soffermato, quello dei livelli essenziali di assistenza, a me preme mettere in evidenza due aspetti: sarà una mia percezione, sarà anche una percezione limitata, ma a me sembra che, se questo Governo ha un tallone d'Achille, è proprio nella mancanza visibile di un punto di riferimento per le politiche sociali. Questo significa che il grande tema, se le politiche sociali siano di competenza della sanità o del Ministero del lavoro, pone una cerniera molto importante, ma si può finire in una terra di nessuno, di cui nessuno si occupa.
Sappiamo benissimo che i livelli essenziali di assistenza, quando ci si muove verso il fronte dei pazienti anziani, disabili, verso il fronte delle patologie croniche, è socio-sanitario. Ciò che serve a un anziano è in parte riconducibile al fronte strettamente sanitario, ma in gran parte anche riconducibile a una serie di servizi che hanno un più forte imprinting sociale.
Si era parlato altre volte non solo dei LEA, ma addirittura dei LIVEAS, cioè dei livelli di assistenza anche di tipo sociale. Forse vale la pena prendere in considerazione questo tema perché non si può concentrarsi solo sull'acuzie, sugli interventi di stretta collocazione ospedaliera. I problemi che riguardano il territorio, che diventano di competenza dei medici di famiglia o dei medici di base, che riguardano la rete, quella rete che è stata citata e che qui ha costituito una delle forme di organizzazione e organicità più efficaci, quella delle cure palliative tra l'hospice, l'hospital e la home, la casa del paziente, va riprodotta come stile e come modello di assistenza. Penso alle residenze per anziani, ai pazienti anziani che vivono nelle loro famiglie e ai quadri di gravità che si possono creare in inverno, per alcuni motivi, in estate, per altri. Ha ben detto, quindi, lei che il tema dei
LEA va gestito
con una mentalità globale, ma in questa mentalità va mantenuto uno occhio importante anche sugli aspetti sociali.
Vengo anche a un tema che le è presente poiché ha partecipato pochi giorni fa al convegno sulle malattie rare. Quello sulle malattie rare è un intervento importante, che riguarda la possibilità di accedere ai farmaci di temporaneo utilizzo, come succede in Francia, gli ATU, perché questi malati possano avere quanto prima i farmaci disponibili anche se non sono ancora strettamente in commercio, ma sono interventi che riguardano le famiglie che hanno pazienti con malattie rare, che quindi insorgono precocemente e sono destinate a un processo di aggravamento, che non si risolveranno. Quella, quindi, nei confronti di questi pazienti a livello dei LEA è un'attenzione particolarmente importante.
Ha toccato, inoltre, un altro tema importante, quello del federalismo fiscale, e bene ha fatto a ricondurlo indietro nel tempo, cioè ben ha fatto a restituirgli una lettura tutt'altro che demagogica. Peraltro, con tutto il rispetto per la mia amica della Lega seduta accanto a me, si corre il rischio che, trovandosi la Lega all'opposizione, in questo momento tutto quello che poteva esserci di virtuoso nella problematica legata al federalismo fiscale possa essere accantonato. Aver portato indietro le lancette dell'orologio significa aver restituito a questo tema tutta la forza e anche tutta l'energia con cui merita di essere affrontato.
Il tema vero è come in termini di federalismo fiscale si possa, attraverso il rapporto costi/qualità, garantire ai pazienti parità di assistenza. Abbiamo detto tante volte e lei stesso ha ricordato che 21 sistemi regionalizzati di assistenza, 21 modalità diverse di affrontare i temi e i problemi non sono possibili perché questo contraddice agli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione.
Noi dobbiamo garantire qualità di assistenza e non è possibile che il costo degli sprechi, della corruzione, dell'emorragia economica a cui molte regioni si sono in qualche modo votate, sia pagato, di fatto, dai pazienti.
Un buon modo di legare questo tema del federalismo fiscale è quello di tornare a ragionare sulla legge del governo clinico. Mi permetto di farle presente che questa legge era nata in un certo modo, ma da questa legge è stata espunta una parte troppo importante perché, fortunatamente, mutato il quadro politico - mi spiace che non ci sia l'amico Di Virgilio, con cui il rapporto è di grande fiducia - non è possibile che nel nuovo modello di legge sul governo clinico la tematica scottante, difficile, inquietante dell'intra moenia sia accantonata.
È problematico, difficile, ma non può essere accantonata per una ragione molto semplice: davanti alle restrizioni economiche a cui oggi vanno incontro gli ospedali, le istituzioni, quando si comincia a dire che i farmaci non vengono dati, che si risparmia su tutto, abbiamo veramente quel ricatto mostruoso a cui è sottoposto il paziente per il quale dopo sei mesi è possibile accedere a un accertamento, ma lo stesso trattamento erogato in intra moenia è possibile anche dopo pochi giorni. Non c'è paziente che non ceda a questo ricatto, che non si indebiti perché, nonostante tutto, la mentalità, se non della prevenzione, ma dell'intervento precoce è così a fior di pelle nella mente e nella sensibilità delle persone che i pazienti fanno di tutto.
Questo non va bene. Se decidiamo che non si assume un principio universalistico per cui non tutto è gratis per tutti, allora cambiamo il criterio, ma non sottoponiamo i pazienti a quel ricatto. Questo, Ministro, è quanto di più iniquo possa avvenire. Glielo dice chi ne ha esperienza concreta, reale, diretta e quotidiana. Non sto parlando di un fatto astratto, ma della cosa più grave a cui persone che vanno incontro a un processo di impoverimento progressivo saranno sottoposte in questi giorni.
Desidero, quindi, come tutti noi, che sia ripreso il tema del governo clinico, desidero che, a costo di discutere tutto quello
che vogliamo su questo aspetto, cerchiamo le formule più giuste, più adeguate a intercettare il bisogno reale di salute dei pazienti.
Non c'è dubbio, inoltre, che il tema vero resti quello della scelta della dirigenza, così come quello del rapporto tra la sanità e l'università. Ci sono temi di cerniera scomodi, ma che se non affrontati in questi 14-15 mesi, come tutti ci auguriamo, che ci separano dalle prossime elezioni, in un clima che vuole e che deve essere di collaborazione, non saranno affrontati mai più.
Credo che questa, invece, sia la nostra sfida: riuscire a mettere a fuoco i punti nevralgici, difficili per i quali ognuno di noi può essere sottratto dall'appartenenza a uno schieramento ed essere coinvolto in una riflessione di equità e di trasparenza. Se riusciremo a fare tutto questo, credo che avremo reso un buon servizio nella Commissione.
PRESIDENTE. Vorrei precisare che ci sono ancora molti iscritti a parlare. L'Aula inizierà i suoi lavori alle 15,30 senza immediate votazioni, per cui non sarebbe necessario concludere subito. Il Ministro, tuttavia, ha dato amichevolmente la sua disponibilità a ritornare per ascoltare la seconda parte degli interventi. Intanto, direi di proseguire fino all'orario previsto e poi vedremo.
CARMINE SANTO PATARINO. La ringrazio, signor Ministro, per la relazione che, seppure sintetica - non poteva essere diversamente, non perché i problemi siano pochi, ma per un fatto obiettivo di tempo - contiene, in effetti, diversi sottintesi anche per quanto riguarda il nostro gruppo.
Io sono d'accordo con lei per quanto riguarda gli obiettivi. Lei dice che occorre rafforzare il servizio sanitario nazionale perché ha affermato che è buono ma può e deve essere migliorato. Credo che questo sia l'obiettivo di tutti quanti noi. È passato attraverso gli interventi di manutenzione, che mi auguro non siano soltanto ordinari perché, signor Ministro, ce n'è per interventi di manutenzione straordinaria e qualche volta anche eccezionale. Noi dobbiamo entrare in una nuova e più moderna concezione della sanità, etica, morale, umana.
Ha parlato di trasparenza e quando vi si è riferito ha continuato a parlare di un rapporto fiduciario per la nomina dei direttori, che a mio modo di pensare - ho sentito anche gli altri colleghi essere d'accordo - vede invece un'esigenza di tipo diverso. Tutti avvertiamo, cioè, l'esigenza di allontanare quanto più è possibile la politica, o meglio la clientela politica perché di questo si tratta.
Le buone scelte della sana politica sono accettate da tutti, soprattutto dai cittadini. In relazione alle scelte politiche, ahimè, quasi sempre accade e in tutte le regioni, non quelle di un colore piuttosto che di un altro, che sia messo in evidenza che sono di tipo clientelare e qualche volta per accontentare qualche amico che non è riuscito a trovare altrove la ragione dell'inserimento. Parliamo di relazione tra professionisti e pazienti e del completamento del regolamento.
Lei, signor Ministro, ha parlato di un'esigenza, che noi condividiamo, di collaborazione, di triangolazione tra il ministero, le regioni e le Commissioni. Credo che sia per davvero un'esigenza che abbiamo notato in tutto questo tempo e in assenza della quale si sono accumulate delle lacune, delle disfunzioni che, invece, nella sanità non sono assolutamente più tollerabili.
Vorrei riferirmi anche ad altro in relazione alla sanità. È stato ricordato che le regioni rappresentano 21 diversità. Abbiamo da colmare delle lacune, delle differenze, delle carenze, delle criticità. Ci troviamo spesso a dover fare i conti con regioni che non garantiscono le prestazioni che i cittadini meritano, cui debbono assolutamente trovare la risposta e non per colpa dei cittadini. Stiamo parlando di molte regioni, per esempio, che hanno l'obbligo di rientro per il patto di stabilità. Quell'obbligo di rientro, al quale noi, ovviamente, non possiamo non fare riferimento, è dovuto alla mancanza di virtuosità
da parte delle regioni. La sanità in molti casi è il miglior terreno di coltura del malaffare, della corruzione, come dicevo, per alimentare il sistema clientelare.
Credo di non aver bisogno di fare riferimento a regioni, a quello che è accaduto per quanto riguarda la vendita di protesi, per esempio, e non dico altro perché, per quel che riguarda la mia regione, mi riservo, signor Ministro, di presentare un atto parlamentare di cui però non è qui il caso di parlare. Abbiamo l'esigenza di colmare differenze certamente dovute a una cattiva gestione, ma ci sono anche ragioni storiche, antiche, che vedono una regione garantire prestazioni di cui il cittadino ha bisogno, altre che non riescono a garantire neppure il minimo indispensabile.
Oggi si sta operando un po' ovunque una politica di tagli, ma non si tratta di un tagli fatti con determinati criteri. Spesso si tratta di tagli che riguardano il personale, alcune materie prime, addirittura farmaci e prestazioni. Ora, noi possiamo fare tutte le scelte che vogliamo per raggiungere il risparmio, ma tagliando il materiale, il personale, i farmaci, non tagliamo i bisogni della gente. Il cittadino che ha bisogno di cure, se non le può avere immediatamente, nel proprio comune, nella propria provincia, nella propria regione, deve spostarsi perché ha la necessità di difendere la propria salute e noi abbiamo il dovere di difendere la salute dei cittadini.
Si alimenta, in questo modo, quella mobilità passiva che non porta il risparmio, ma un aggravio di spese, non solo per la pubblica amministrazione, ma anche dei privati, con il disagio che ne segue. Un povero cittadino che ha problemi di salute e che già, per quei problemi, è costretto a vivere un una vita difficile, è costretto anche a muoversi dalla propria città e a percorrere centinaia e centinaia di chilometri per trovare un'assistenza che non trova nel proprio comune e nella propria provincia. Credo che sia opportuno intervenire, come abbiamo detto, in maniera più equa e trasparente.
Inoltre, è stato ricordato il provvedimento che abbiamo in Aula e che riguarda il governo clinico: non possiamo continuare ad andare avanti in questo modo. Signor Ministro, fino a oggi è data facoltà di nominare i primari a un direttore generale che non risponde a nessuno se non al suo datore politico - uso questo termine - e non ai cittadini, cui invece rispondono anche i primari ospedalieri perché sono sul fronte come i politici. Spesso capita che il direttore generale non sia competente, anzi quasi sempre risulta non esserlo, eppure nomina i primari non sulla base del merito, al quale noi vogliamo e dobbiamo fare riferimento, ma di altri criteri, che qualche volta sono anche obiettivi, altre volte, però, sono criteri, come dicevo, di clientela.
Io sono convinto, signor Ministro, che andando avanti in questa Commissione, che ha sempre dato prova di collaborazione al di là e al di sopra dell'appartenenza, e seguendo i princìpi di equità, trasparenza e merito, potremo nei prossimi mesi dare alla sanità quella spinta di cui ha bisogno tenendo conto e rispettando l'obiettivo a cui ha fatto riferimento lei di migliorare il servizio sanitario che, seppure buono in molte regioni, non buono in tantissime altre, diventi migliore e almeno raggiunga un equilibrio in tutta l'Italia perché in tutte le parti d'Italia il cittadino deve sentirsi cittadino. Come al cittadino di Brescia, devono essere garantite uguali prestazioni al cittadino di Brindisi o al cittadino di Catania.
ANTONIO PALAGIANO. Vorrei, innanzitutto, dare il benvenuto al Ministro e augurargli buon lavoro da parte del gruppo dell'Italia dei Valori. Vorrei anche congratularmi per la scelta del Presidente del Consiglio Monti di mettere al posto giusto la persona giusta con la competenza specifica. Devo anche invitarlo a frequentare assiduamente questa Commissione perché siamo, Ministro, una Commissione un po' speciale.
Lo diciamo con un briciolo di orgoglio in quanto si riesce a discutere della sanità abbastanza agevolmente, certo non nel 100 per cento dei casi, specialmente quando si parla di temi etici, ma per quanto riguarda
l'organizzazione della sanità c'è una certa sinergia che potrà essere testimoniata dagli emendamenti che sono stati accolti dal suo predecessore, il Ministro Fazio, con cui avevamo un rapporto cordiale, con ciascuna parte ferma sulle proprie posizioni, ma comunque sicuramente un rapporto costruttivo volto a determinare effettivamente dei miglioramenti significativi sulla sanità italiana. Questo, ovviamente, è possibile soltanto quando il Ministro viene in commissione, discute con noi, prende appunti, come lei sta facendo, ed effettivamente si rendono possibili quelle correzioni che garantiscono modifiche significative.
La sua relazione è stata abbastanza sintetica, ha parlato sicuramente di alcuni argomenti degni di commenti più approfonditi. Approvo e condivido la sua disponibilità a tornare anche per dare possibilità a tutti i colleghi che vogliono intervenire, di esprimersi. Credo, in ogni caso, che non sia stata una relazione esaustiva o comunque completa in quanto sono stati trascurati molti argomenti. In pratica, vorrei capire quali sono le sue priorità.
Lei, Ministro, si trova ad affrontare il problema della maggiore richiesta di sanità nel nostro Paese. Non mi riferisco soltanto alle urgenze, ma ai disabili, ai non autosufficienti, a tutte quelle fasce sociali più deboli verso le quali vorrei ci fosse da parte sua una sensibilità maggiore di quella che c'è stata da parte del suo predecessore.
Vorrei che lei affrontasse anche con noi la questione dell'individuazione delle priorità essendo consapevoli delle ristrettezze economiche e dei limiti che lei avrà. È facile suggerirle di agire in maniera disgiunta dal Ministero dell'economia e delle finanze: sappiamo bene che questo non è possibile, ma sappiamo anche che è possibile condividere le scelte. Circola voce, ad esempio, che i LEA saranno approvati in due tempi diversi, ma non so se si tratti di indiscrezioni giornalistiche. È possibile che lei voglia affrontare, ad esempio, il nomenclatore tariffario nazionale, fermo al 1999, quindi ha presìdi terapeutici del 1990, e dare la possibilità ai malati di SLA di comunicare con quelli che gli sono intorno non attraverso la lavagnetta ma con i nuovi dispositivi disponibili.
Vorrei sapere cosa pensa del controllo della qualità. Ancora una volta, infatti, sento in Commissione che si parla dei piani di rientro. Vorrei un ministro che prendesse a cuore la salute del cittadino, non soltanto i conti dello Stato, che - ci mancherebbe altro - meritano un grandissimo rispetto. Vorrei sapere come è possibile che oggi nelle regioni, ma anche a livello ministeriale, non si faccia più menzione della qualità delle prestazioni erogate.
Su quanto ha asserito inizialmente, infatti, e che a mio avviso aveva una priorità probabilmente successiva o secondaria a quella del rapporto fiduciario con i direttori generali, che non si tocca, avrei effettivamente, come altri esponenti di altre forze politiche presenti, delle perplessità. Credo che il rapporto fiduciario sia qualcosa si conquisti e purtroppo abbiamo delle regioni che non hanno dimostrato nel corso degli anni di meritare questo rapporto fiduciario. Sappiamo che tutti vogliono rompere il legame che c'è tra politica e sanità, un legame perverso che ha condotto a quanto è sotto gli occhi di tutti, e invece sappiamo che oggi non c'è, per esempio, un legame col territorio dei direttori generali. Avrei auspicato qualcosa di rivoluzionario, una conferenza tra i vari sindaci di comuni limitrofi per garantire che i livelli essenziali di assistenza fossero effettivamente garantiti e non soltanto scritti sulla carta.
Serve l'intervento del Ministro per sancire queste priorità e vorrei sapere cosa pensa della prevenzione. A nostro avviso - io ho fatto il medico fino a poco fa, ma tanti di noi sono medici - con la prevenzione si risparmiano vite umane, ma anche quattrini: che cosa farà il ministero per implementare, per attivare, per esempio, sul territorio la prevenzione? A noi sta a cuore la vita dei nostri singoli cittadini, ma anche che lo Stato risparmi.
Non so cosa farà degli ospedali con meno di 100 posti, se vorrà chiuderli e se li chiuderà tutti in massa o se, per esempio,
farà dei distinguo per comunità che si trovano su delle montagne o comunque distanti dal nosocomio più prossimo; non so cosa farà della medicina di genere, che mi interessa personalmente, ciò grazie alla sensibilità data dalla specialità che ho sempre praticato nella mia città, in relazione alle tendenze attuali delle culture internazionale più avanzate nei confronti delle donne.
Le ricordo che le donne rappresentano il numero più alto di visite presso gli ambulatori, sono quelle che comprano più farmaci, che muoiono più tardi, e quindi invecchiano di più e, di conseguenza, si ammalano di più. Vorrei sapere se il Ministro ha una sensibilità di genere diversa da chi l'ha preceduto.
A questa serie di interrogativi vorremmo una risposta più specifica su quali siano le sue priorità e su come riuscirà a intervenire in un settore che chiede di più avendo a disposizione minori risorse.
LAURA MOLTENI. Esprimo un apprezzamento per l'auspicio formulato dal Ministro circa l'applicazione di un metodo condiviso di approccio ai temi della Commissione e sul metodo della triangolazione nei rapporti del Ministero della salute, regioni e Commissioni man mano che si affronteranno i vari argomenti.
Giudico interessante l'intento del Ministro di operare interventi di manutenzione sul sistema sanitario nazionale e su gli ambiti di riduzione degli sprechi e per un miglior controllo dei piani di rientro, sia in un'ottica di rispetto dei vincoli economico-finanziari sia di garanzia della qualità dei servizi.
Giustamente, il Ministro ha evidenziato quello che è stato il percorso per arrivare al federalismo fiscale, un tema a noi della Lega molto caro e per il quale lottiamo da tempo perché si addivenga a una piena applicazione. Effettivamente, se con l'articolo 19-ter del decreto legislativo n. 502 del 1992 - come modificato dal decreto legislativo 229 del 1999 (percorso piani di rientro) -, è iniziato un percorso verso il federalismo sanitario, nel 2001, con la modifica del Titolo V e degli articoli 117 e 119 della Costituzione, le competenze nella gestione e organizzazione della sanità sono definitivamente passate dallo Stato alle regioni. Oggi lo Stato può intervenire solo esercitando un potere sostitutivo, solo ove ve n'è bisogno, ad esempio con la nomina di commissari, nelle regioni che possono essere interessate dai piani di rientro finanziario.
Allo Stato restano le funzioni di indirizzo, e il compito di delineare le linee guida e i princìpi generali legati alla materia sanitaria. Le regioni oggi, grazie a due fondamentali sentenze della Corte costituzionale, possono emanare disciplina sostitutiva di quella statale. L'ultima sentenza è quella del 2006. Nel 2009, inoltre, è stata approvata la legge delega sul federalismo fiscale e sono stati conseguentemente approvati molteplici decreti attuativi. A fronte di questo, io credo che non si possa e non sia giusto inserire oggi una sorta di retromarcia che vedrebbe ripiombare il nostro Paese in una situazione ante 2001.
Oggi, a fronte dei gravi disavanzi delle regioni prevalentemente collocate al sud, bisogna spingere semmai l'acceleratore sull'attuazione dei meccanismi dei costi standard per far sì che regioni che si trovano in situazione di disavanzo, per mancanze particolari, per una cattiva gestione degli amministratori, per situazioni di spreco, per altri meccanismi, siano obbligate a comportarsi come tutte le altre regioni che, pur trovandosi in un mare di difficoltà, malgrado la particolare congiuntura economica, rispettano il patto di stabilità e il pareggio di bilancio.
In tema di governo clinico, trovo improprio pensare a una formula di governance della sanità ispirata a una visione «romanocentrica», in base alla quale a livello romano si creano le nuove regole che riguardano la gestione e l'organizzazione della sanità, compiti questi che sono propri delle regioni da un decennio, pensando magari di applicarle anche alle regioni virtuose che hanno una propria legislazione in materia, che rispettano il patto di stabilità, il pareggio di bilancio. Regioni quelle che devono essere libere di
applicare il loro modello gestionale-organizzativo e che, grazie al federalismo fiscale, insieme alle altre regioni dovranno responsabilmente rispondere concretamente dei loro atti compiuti in tale comparto.
Non si può pensare di sperimentare un modello di governo clinico deciso in Parlamento che non si sa cosa produrrà solo perché è deciso in una situazione decontestualizzata rispetto a quella reale di regioni che computando oggi circa 21 milioni di abitanti sono virtuose e in pareggio di bilancio. Mi riferisco alle regioni del nord, alla Lombardia, al Veneto, al Piemonte, come anche ad altre regioni virtuose, che hanno amministrato in modo sano, proficuo, virtuoso.
Io credo che sia importante, qualora si procedesse sulla legge relativa al governo clinico, per la quale si è giunti a un testo unificato, che si tenga conto anche di una norma di cedevolezza, ovvero che il testo del governo clinico non riguardi le regioni che hanno già legiferato in materia, le regioni virtuose che rispettano il patto di stabilità e il pareggio di bilancio, alle quali le norme del provvedimento sul governo clinico che emanerà il Parlamento, giustamente, non vanno e non devono essere applicate.
Si tratta di una formula che abbiamo proposto più volte in questa Commissione nel corso dei tre anni come Lega Nord, aderente e costituzionalmente adeguata alla normativa attuale.
Quanto alla ripartizione del fondo sanitario nazionale, è vero che vi sono regioni virtuose, regioni che hanno già dato, rispettando con sacrifici enormi il pareggio di bilancio e che sono allo stremo. Per garantire il diritto alla salute così come previsto dall'articolo 32 della Costituzione, queste regioni, che hanno efficacemente prodotto fino a oggi una sanità di qualità, di eccellenza, rispettosa del principio dell'appropriatezza, non devono oggi essere toccate da eventuali tagli o ulteriori riduzioni. Piuttosto, vanno recuperate le somme in modo più efficace dalle regioni che hanno creato buchi di bilancio e sprechi.
Io non credo che erogare più soldi a regioni che si trovano in disavanzo per gestioni improprie possa corrispondere a una maggiore appropriatezza nella risposta di cure alle necessità di salute dei cittadini di quella regione. Dall'erogazione di altri soldi chi ha dimostrato di gestire male non credo derivi più sanità o più offerta di cure ai cittadini di quella regione.
Credo che la ripartizione del fondo sanitario nazionale non debba essere soggetta c.d. di indice di deprivazione, di cui si discute e che riguarda gli aspetti sociali e non gli aspetti sanitari. È un indice statistico che riguarda il grado di istruzione della popolazione, la redditualità. Peccato che per quanto riguarda, ad esempio, la regione Calabria, vi sia una intensità di evasione fiscale - parlo di un report dell'Agenzia delle entrate pubblicato, se non ricordo male, nel 2009 - intorno all'93,89 per cento.
Che dire? È molto semplice: se collegassimo l'indice di deprivazione anche agli aspetti reddituali, viste certe situazioni legate ai sistemi evasivi ed elusivi della fiscalità, secondo me non faremmo il bene di questo Paese ma, essendo le risorse scarse, dando a una parte togliamo a un'altra. Andremo a togliere risorse finanziarie di nuovo al nord? Non mi sembra giusto.
Ribadisco ancora che, se da un lato il sistema socio-sanitario spetta alle regioni, il sistema socio-assistenziale è proprio dei comuni. In quel caso l'indice di deprivazione può essere correlato alle risorse legate a un ente territoriale come il comune per intervenire sugli aspetti dei bisogni sociali della propria popolazione.
Oggi, tra l'altro, nel nostro Paese non vedo la significativa presenza di patologie legate alla povertà, ma semmai il contrario, di patologie legate a una civiltà di opulenza, per cui trovo altrettanto impropria e assurda l'ipotesi di introduzione dell'indice di deprivazione.
Si parlava, inoltre, della manovra finanziaria per il 2012, ispirata appunto ai temi dell'equità, della trasparenza e dell'omogeneità sul controllo della prestazione
e delle procedure. Si tratta sicuramente di un approccio interessante, positivo, ma voglio evidenziare come, proprio in occasione del dibattito sulla legge di stabilità del 2012 per il ridimensionamento delle risorse statali trasferite alle regioni, i vincoli derivanti dal rispetto del patto di stabilità, hanno comportato una riduzione della capacità di spesa delle singole regioni che, per quanto riguarda la Lombardia, si stima, ad esempio, in circa il 25 per cento.
Peccato che in questo quadro si inserisca, appunto, la situazione assai differenziata in cui versano le regioni del nord e quelle del sud, sia sotto il profilo della gestione di bilancio, che vede le regioni del centro-sud alle prese con significativi disavanzi, sia sotto il profilo delle situazioni debitorie e creditorie derivanti dalla mobilità sanitaria regionale.
A fronte di una riduzione del 25 per cento della capacità di spesa delle regione Lombardia, ci troviamo con la stessa regione in credito per 769 milioni di euro legato alla mobilità sanitaria e il Veneto in credito per 93,7 milioni di euro. Vi è un grande divario, quindi, tra le regioni debitrici e creditrici. Si stima che siano quasi un milione gli italiani che ogni anno si fanno ricoverare in un'altra regione anche per semplici colicestomie, interventi all'ernia o per partorire.
A questo proposito mi aspetto di sentire dal Ministro quali iniziative intende assumere al fine, appunto, di monitorare in modo più efficace la mobilità sanitaria regionale anche sotto il profilo dell'appropriatezza delle prestazioni e, soprattutto, per garantire che le regioni creditrici possano rapidamente vedere soddisfatti i propri crediti in modo da poter programmare la propria spesa sanitaria pur nelle difficoltà imposte dall'attuale crisi economica. Credo che, nel momento in cui si va a verificare la ripartizione della quota del fondo sanitario riferita a queste regioni creditrici, sia doveroso tenerne conto.
Infine, faccio presente al Ministro, visto che nella manovra Monti sono previsti interventi per le strade relative alla regione Campania e quant'altro, che nel 2015 la Lombardia sarà interessata dall'Expo e che, in occasione della discussione del disegno di legge relativo alla sperimentazione clinica approvato alla Camera, è stato accolto anche un ordine del giorno relativo alla possibilità di prevedere un contributo da erogarsi alla Azienda regionale emergenza urgenza AREU 118 della regione Lombardia.
Se i miei colleghi parlavano di depenalizzazione dell'atto medico, io parlo invece di obbligo, per le assicurazioni, di stipulare contratti assicurativi a favore dei medici e del personale sanitario. Questo mi sembra importante perché significherebbe dare più garanzie, da un lato, ai medici e, dall'altra parte, ai cittadini che, quando è il momento non riescono ad ottenere i giusti risarcimenti qualora riconosciuti vittime di errori sanitari dopo anni trascorsi nei tribunali.
Questo è soltanto un primo approccio al suo intervento e la ringrazio per il modo costruttivo e fattivo con cui sta affrontando questa materia e i nodi della sanità per il nostro Paese.
PRESIDENTE. Sono ancora iscritti a parlare gli onorevoli Mancuso, Burtone, Testa, Grassi, Farina Coscioni, Mosella e Rondini. Il Ministro ci farà conoscere la sua disponibilità in modo tale da poter concludere la prossima settimana l'audizione con la sua replica sulle questioni sollevate.
Ringrazio il Ministro e rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.
La seduta termina alle 15,45.