Sulla pubblicità dei lavori:
Conte Gianfranco, Presidente ... 3
Audizione del Direttore dell'Agenzia del territorio, nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 5291: «Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita» (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Conte Gianfranco, Presidente ... 3 10 13 14 15 16 17
Albini Tea (PD) ... 11
Alemanno Gabriella, Direttore dell'Agenzia del territorio ... 3 15 16 17
Barbato Francesco (IdV) ... 13
Causi Marco (PD) ... 12 15
Cesario Bruno (PT) ... 14
Leo Maurizio (PdL) ... 10
Montagnoli Alessandro (LNP) ... 14
Pagano Alessandro (PdL) ... 10 14
Versace Santo Domenico (Misto-ApI) ... 11
Audizione del Direttore dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 5291: «Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita» (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Conte Gianfranco, Presidente ... 17 21 25 27 28 29 30
Barbato Francesco (IdV) ... 21
Carducci Fabio, Direttore della direzione per l'organizzazione e la gestione delle risorse dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ... 28
Magistro Luigi, Direttore dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ... 17 26 27 28 29
Fluvi Alberto (PD) ... 24
Giorgetti Alberto (PdL) ... 23
Ventucci Cosimo (PdL) ... 21
ALLEGATI:
Allegato 1: Documentazione consegnata dal Direttore dell'Agenzia del territorio ... 31
Allegato 2: Documentazione consegnata dal Direttore dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ... 51
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud
Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.
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Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 13,30.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Direttore dell'Agenzia del territorio, nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 5291: «Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita».
La dottoressa Gabriella Alemanno, direttore dell'Agenzia del territorio, è accompagnata dall'ingegner Franco Maggio, direttore centrale catasto e cartografia, dal dottor Gianni Guerrieri, direttore centrale osservatorio mercato immobiliare e servizi estimativi, e dal dottor Mario Occhi, responsabile dell'area comunicazione e relazioni internazionali.
Poiché l'articolo 2 del menzionato disegno di legge delega il Governo ad attuare una revisione della disciplina relativa al catasto dei fabbricati, vorremmo che il direttore ci illustrasse eventuali criticità e problematiche collegate a tale innovazione, in modo da porre la Commissione nella condizione di valutare meglio la fattibilità, la tempistica e le modalità degli interventi da realizzare.
Do la parola alla dottoressa Alemanno per lo svolgimento della relazione.
GABRIELLA ALEMANNO, Direttore dell'Agenzia del territorio. La ringrazio, signor presidente, per questa opportunità, e saluto tutti gli onorevoli deputati della Commissione.
Il disegno di legge delega, per quanto concerne il tema specifico, si prefigge di sciogliere un nodo storico e sicuramente complesso del sistema tributario italiano in ambito immobiliare.
Partirò da una descrizione dell'assetto del sistema catastale vigente, rappresentandone anche gli aspetti di iniquità, per poi affrontare l'analisi della riforma che il Governo ha in animo di attuare.
Il catasto edilizio urbano è stato istituito con regio decreto-legge n. 652 del 1939, modificato, dapprima in sede di conversione, dalla legge n. 1249 del 1939 e, successivamente, dal decreto legislativo n. 514 del 1948. Il relativo regolamento di attuazione è stato approvato con decreto del Presidente della Repubblica n. 1142 del 1949, ma il catasto edilizio urbano è entrato in vigore soltanto nel 1962. Il ventennio intercorso tra la legge istitutiva e l'impianto del sistema spiega perché quest'ultimo, già al momento della sua entrata in vigore, presentasse un disallineamento con la realtà socio-economica del territorio e, per di più, una struttura tariffaria, definita sulla base dei redditi, che risaliva al triennio 1937-1939. A oltre
quindici anni dalla fine della seconda guerra mondiale il tessuto urbanistico dei comuni era già molto diverso da quello esistente negli anni Trenta. L'attività edilizia, il mercato immobiliare, la struttura proprietaria si presentavano, inoltre, profondamente trasformati.
La prima revisione generale delle tariffe, avvenuta nel 1990 - dopo cinquant'anni -, si è sostanzialmente limitata, nel rispetto della normativa vigente, a una rideterminazione delle tariffe stesse, senza incidere sull'aggiornamento dell'ormai superato sistema valutativo del 1939.
Il patrimonio immobiliare urbano produttivo di reddito è articolato in categorie catastali, di norma rappresentative delle destinazioni d'uso, organizzate in cinque gruppi.
I primi tre gruppi (A, B e C) comprendono abitazioni, uffici e negozi e sono considerati ordinari, in quanto costituiti da unità immobiliari numerose, diffuse territorialmente e relativamente comparabili.
Gli altri due gruppi (D ed E) sono, invece, considerati speciali, o particolari, in quanto le unità in essi censite presentano caratteristiche e peculiarità che li portano a essere unici, e comunque tali da richiedere una radicale trasformazione ai fini di una utilizzazione diversa.
La distinzione tra gruppi con caratteristiche ordinarie e speciali, o particolari, è importante, in quanto connessa alla diversa metodologia di determinazione delle rendite catastali. Nel caso degli immobili speciali e particolari, infatti, la rendita deriva da un processo di stima diretto, condotto su ogni unità immobiliare. Sostanzialmente, dato un bene e un periodo censuario a cui riferire la stima (attualmente, il biennio 1988-1989), la rendita catastale è calcolata applicando i metodi dell'estimo classico: più in particolare, il metodo diretto, basato sulla comparazione di immobili con caratteristiche analoghe, ovvero il metodo indiretto, basato, ad esempio, sull'applicazione di un opportuno saggio di redditività al valore patrimoniale del bene. Nel caso degli immobili ordinari, il processo di determinazione della rendita catastale passa anzitutto per la scomposizione in categorie dei singoli gruppi. Il gruppo A, per esempio, è
suddiviso in undici categorie tipologiche - essenzialmente residenziale, signorile, civile, economica, popolare - e comprende anche la categoria A10 degli uffici privati.
In ciascun comune, eventualmente suddiviso in più zone censuarie - Roma, ad esempio, è articolata in sette zone, Milano in tre, Palermo in cinque, Bari e Torino in quattro -, per ogni categoria catastale sono stabilite diverse classi di redditività, per ciascuna delle quali è stata individuata, in fase di impianto, una cosiddetta «unità tipo».
Per ciascuna «unità tipo», sulla base di analisi economiche, viene determinata una specifica tariffa d'estimo che rappresenta la rendita catastale unitaria per unità di consistenza (vani, metri cubi o metri quadrati, in ragione dei gruppi di categorie cui appartengono le specifiche unità immobiliari). Si perviene, così, al quadro tariffario di riferimento rispetto a un determinato periodo censuario. In questo caso, si è ancora fermi al periodo 1988-1989.
Effettuare un classamento significa attribuire a un'unità immobiliare una determinata categoria in base alla destinazione d'uso, alla tipologia edilizia e a una specifica classe. Tale processo di classamento avviene per comparazione, valutando la similitudine, in termini di caratteristiche, tra l'unità da classare e l'unità di riferimento, per ciascuna classe in cui è suddivisa una specifica categoria.
Individuate la categoria e la classe di pertinenza della singola unità immobiliare, si perviene alla determinazione della rendita catastale, da attribuire moltiplicando la tariffa d'estimo corrispondente alla classe per la consistenza dell'unità stessa. La rendita catastale, com'è noto, è utilizzata per la determinazione della base imponibile dei tributi, erariali e locali, sui cespiti immobiliari.
Occorre precisare che la banca dati catastale viene aggiornata, su iniziativa dei soggetti titolari di diritti reali sugli immobili, mediante la presentazione, per il tramite di professionisti abilitati, di specifici
atti di aggiornamento, che contengono una proposta di classamento determinata in base alle modalità sopra descritte. L'Agenzia può confermare o modificare il classamento proposto.
Le rendite attualmente attribuite, sulla base del vigente modello di classamento, fanno rilevare una diffusa iniquità, essenzialmente riconducibile alla inadeguatezza delle attuali categorie, alla presenza di zone censuarie eccessivamente ampie, a un periodo di riferimento che risale a oltre venti anni fa, nonché alla persistenza di classamenti effettuati in fase di impianto del sistema catastale e, di conseguenza, ormai desueti.
L'iniquità delle attuali rendite catastali è il prodromo della riforma.
In primo luogo, si rileva che non sono state mai realizzate effettive revisioni generali, delle zone censuarie e dei classamenti, atte a recepire nel sistema le nuove configurazioni delle città, prodotte dalle dinamiche urbanistiche di mercato, e ad aggiornare, conseguentemente, le scale di merito delle diverse tipologie presenti in ciascuna zona.
In pratica, l'unica revisione generale finora operata - nel 1990 - si è dimostrata inadeguata a rispondere alle mutate caratteristiche del territorio. Infatti, non è mai stato aggiornato il quadro generale delle categorie catastali, al fine di integrare i nuovi segmenti tipologici proposti dal mercato, sicché sussiste, in talune categorie, un coacervo di immobili aventi usi e funzioni assai diversificati.
In definitiva, non è mai stata attuata una revisione generale del classamento, per aggiornare e perequare i redditi delle singole unità immobiliari. Di conseguenza, si è prodotto, nel tempo, un progressivo scollamento tra la realtà dei valori del mercato immobiliare e i valori catastali.
Inoltre, la necessità di assicurare una coerenza tra i classamenti delle nuove unità censite o variate e quelli delle unità già presenti nel medesimo ambito territoriale ha indotto un effetto generalizzato di compressione del classamento prevalente nel territorio circostante.
Nonostante alcuni interventi normativi, il tempo trascorso ha ulteriormente aggravato la situazione. A tal fine, è sufficiente rilevare che, nel decennio 1997-2007, si è assistito a un importante ciclo espansivo del mercato immobiliare, che ha prodotto non solo un aumento generalizzato dei prezzi, e quindi dei valori degli immobili, ma anche dei valori dei canoni di locazione. Conseguentemente, sono aumentati, con evidenti riflessi distorsivi, i differenziali di valore tra le diverse zone della città e tra i comuni di una stessa provincia, in quanto l'incremento non è certamente avvenuto in modo omogeneo tra i diversi territori.
Le attuali rendite catastali degli immobili censiti in catasto, come detto, sono fortemente disallineate rispetto ai corrispettivi valori di mercato. A titolo esemplificativo, possiamo fare riferimento agli ultimi dati che abbiamo pubblicato nel volume Gli immobili in Italia, del 2011, redatto a cura dell'Agenzia e del Dipartimento delle finanze. Attualmente, stiamo predisponendo una nuova edizione del testo.
Penso che quelle contenute nel citato volume siano informazioni significative. Per le abitazioni, il valore corrente di mercato è pari, in media, a 3,73 volte la base imponibile ai fini ICI, calcolata sul totale delle abitazioni di proprietà di persone fisiche. La distanza del valore di mercato da quello catastale tende a essere tanto maggiore quanto maggiore è il valore della ricchezza posseduta. I canoni di locazione sono mediamente superiori di 6,42 volte alle rendite catastali.
L'insieme delle distorsioni ha effetti sul livello di equità della tassazione.
Con l'introduzione dell'IMU e la rivalutazione dei coefficienti che consentono il passaggio dalle rendite catastali, rimaste invariate, ai valori imponibili patrimoniali degli immobili, si è ridotta la distanza tra questi ultimi e i corrispondenti valori di mercato, ma è aumentata l'iniquità delle rendite catastali.
A completare il quadro, si deve aggiungere che lo strumento selettivo per l'accesso alle prestazioni di welfare è l'Indicatore
della situazione economica equivalente (ISEE), che è determinato tenendo conto anche del patrimonio immobiliare valutato su base catastale: dunque, una valutazione catastale iniqua degli immobili trasferisce i suoi effetti anche sull'accesso alle prestazioni di welfare.
A partire dagli anni Novanta, in concomitanza con il maggiore rilievo assunto dalla tassazione immobiliare anche di carattere patrimoniale - il riferimento è all'ICI, introdotta nel 1992 -, si sono succedute numerose iniziative legislative, volte a revisionare e riformare il sistema catastale, che, tuttavia, non sono andate a buon fine. Mi sia consentito rinviare alla relazione scritta per i dettagli. Ricordo soltanto che il decreto legislativo 31 marzo 1988, n. 112, ha previsto il decentramento dei servizi e delle funzioni catastali ai comuni, ai quali veniva chiesta una forte collaborazione per realizzare la riforma del catasto. Alla fine, però, nulla è stato realizzato: i tentativi di riforma non sono andati a buon fine. Nelle more, il legislatore ha cercato di porre rimedio ad alcuni limiti dell'attuale sistema con alcuni interventi normativi. Si pensi, ad esempio, all'articolo 1, commi 335 e 336, della legge 31 dicembre 2004, n. 311. Come saprete, il
comma 335 dà ai comuni la facoltà di richiedere all'Agenzia un classamento delle micro-zone del proprio territorio nelle quali il rapporto tra il valore medio di mercato e il corrispondente valore medio catastale si discosta significativamente dall'analogo rapporto relativo all'insieme delle micro-zone comunali. Il comma 336, invece, conferisce ai comuni il potere di notificare ai proprietari dei singoli immobili l'obbligo di provvedere alla presentazione degli aggiornamenti catastali, nel caso in cui si sia verificata la sussistenza di variazioni edilizie e di ristrutturazioni comportanti una modifica del classamento e, al contempo, la mancata presentazione, da parte dei proprietari, dei conseguenti e dovuti atti di aggiornamento catastale. Si rende comunque noto - e di ciò si deve prendere atto - che solo diciassette comuni hanno attivato le disposizioni del comma 335, e circa mille quelle relative al comma 336.
Un'altra attività condotta dall'Agenzia, impegnata nell'ultimo anno e mezzo per il recupero di mancati aggiornamenti catastali, è quella riconducibile all'identificazione dei cosiddetti «immobili fantasma».
È tempo di svolgere alcune considerazioni di principio in merito al disegno di legge delega oggetto di questo incontro.
Prima di illustrare i contenuti del disegno di legge, è opportuno sottolineare che esso affronta la riforma del sistema estimativo, non del catasto tout court. Si rappresenta, al riguardo, che l'istituto catastale svolge una duplice funzione: da un lato, quella di inventario georeferenziato dei beni immobili con rappresentazione delle loro caratteristiche tecnico-fisiche, anche con risvolti civilistici; dall'altro, quella di valutazione degli stessi beni a fini fiscali.
Ebbene, l'oggetto della delega riguarda questa seconda funzione del sistema catastale. La finalità dell'articolato in argomento è, dunque, quella di operare una riforma del sistema estimativo del catasto, tale da consentire l'attribuzione a ciascuna unità immobiliare del valore patrimoniale e della rendita utilizzabile per le diverse tipologie di tassazione; ciò al fine di migliorare i livelli di equità, perequazione, trasparenza e qualità delle informazioni reddituali e patrimoniali nel settore immobiliare.
Questa impostazione significa affiancare al sistema delle «rendite catastali», ovvero al principio di un catasto costituito per valutare il reddito medio ordinario ritraibile dalle unità immobiliari, un catasto anche dei «valori patrimoniali» degli immobili. La costituzione di un catasto anche dei valori è divenuta un'esigenza sempre più evidente allorché la tassazione immobiliare si è progressivamente spostata dal reddito al patrimonio. Questo è conseguente all'introduzione dell'ICI, alla successiva esenzione dalle imposte sul reddito delle abitazioni principali e, infine, all'introduzione dell'IMU, che sostituisce, per la componente immobiliare, l'imposta
sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati.
Il passaggio a un catasto anche dei valori rappresenta la sostanziale novità. Nella letteratura economica è ampio il dibattito intorno al tema della valutazione del valore degli immobili anche rispetto ai fini fiscali. A tale riguardo esistono diverse posizioni. Il disegno di legge delega, tuttavia, mediante i suoi criteri direttivi, ha indicato le modalità da seguire per attuare la riforma. La scelta dei criteri è data dalla necessità di contemperare il perseguimento della massima equità e perequazione con il rispetto di vincoli di tempo e di risorse.
Il disegno di legge delega fissa quindici criteri direttivi, articolati in due commi.
Al primo comma sono fissati i criteri volti a definire le linee tecnico-metodologiche e procedurali su cui deve essere incardinata la riforma del sistema estimativo e del catasto edilizio urbano.
I primi quattro criteri indicano, innanzitutto, che occorrono procedure di collaborazione, nel processo revisionale, tra Agenzia e comuni nei quali sono ubicati gli immobili. In secondo luogo, si devono definire gli ambiti territoriali del mercato immobiliare di riferimento all'interno dei quali dovranno essere considerati i valori medi ordinari (il termine valori va inteso nel senso sia di valori patrimoniali sia di valori reddituali). Inoltre, si deve far riferimento ai valori medi ordinari espressi dal mercato in un arco temporale triennale. Infine, si devono rideterminare le destinazioni d'uso catastali ordinarie e speciali, per tenere conto della mutata realtà tipologica edilizia.
I due criteri successivi entrano nel merito della determinazione dei valori patrimoniali e delle rendite delle unità immobiliari. Al riguardo, si evidenza l'indicazione di modelli di stima diversificati per le unità immobiliari a destinazione catastale ordinaria e diffusa (per esempio, abitazioni, negozi e uffici) e per quelle a destinazione speciale (per esempio, impianti industriali).
Nel primo caso, il procedimento di stima dei valori patrimoniali catastali medi ordinari, indicato nell'articolo 2, comma 1, lettera e), numero 1, del disegno di legge, è quello che viene normalmente denominato nella letteratura sull'argomento come mass appraisal. Si tratta di elaborare, su campioni significativi di beni immobili, e con riferimento alle condizioni di ordinarietà, la relazione statistica tra i prezzi di mercato e le variazioni che spiegano tali prezzi, quali la posizione sul territorio, le caratteristiche edilizie dell'edificio e quelle delle unità immobiliari (per esempio, la diversa collocazione sui piani del fabbricato). L'elaborazione di queste funzioni richiede l'utilizzo di numerosi dati, che non sempre sono disponibili, attualmente, presso gli archivi catastali. Si tratta, dunque, di operare un significativo cambiamento del modo di determinare il valore catastale, al fine di rendere quest'ultimo trasparente, verificabile e
agevolmente aggiornabile. Si consideri che, tra il 2003 e il 2005, l'Agenzia ha effettuato numerosi studi e sperimentazioni sull'impiego di tali procedimenti, in base agli indirizzi dell'autorità politica pro tempore, che hanno avuto esiti sostanzialmente positivi. Tra l'altro, la disponibilità di informazioni sul mercato immobiliare è nettamente migliorata da quando, ai fini dell'imposta di registro, sono in vigore le norme sul cosiddetto prezzo-valore, ovvero da quando l'imponibile per l'unità immobiliare adibita ad abitazione è dato dal valore catastale e non da quello dichiarato nell'atto di compravendita, che comunque è sempre presente. Nondimeno, possono sussistere ambiti territoriali, o addirittura interi comuni, per i quali il ricorso a questo procedimento può non essere adeguato a causa dell'esiguità del mercato immobiliare. Si consideri che il 70 per cento delle compravendite di abitazioni avviene
in circa 1.300 comuni. In tali casi, è previsto l'impiego di altri procedimenti di stima. Si fa rinvio a quelli indicati al numero 2 della medesima lettera e) del disegno di legge delega, con particolare riferimento a metodi standardizzati a diversi parametri.
Per gli immobili a destinazione catastale speciale, l'articolo 2, comma 1, lettera e), numero 2, del disegno di legge indica procedimenti classici di stima, quali quello per comparazione diretta, ovvero quelli basati sul criterio del costo (per gli immobili a carattere prevalentemente strumentale) o del reddito (per gli immobili per i quali la redditività costituisce l'aspetto prevalente). Per la determinazione della rendita i criteri indicati nella lettera f) fanno riferimento, anche in questo caso, alle funzioni statistiche descritte in precedenza e utilizzate con procedimenti di mass appraisal. Tuttavia, laddove non sussista un consolidato mercato delle locazioni, è evidente che le informazioni economiche necessarie per utilizzare questo approccio non potranno che essere scarse; di conseguenza, risulterebbe impossibile l'impiego dei procedimenti statistici sopra indicati. Al riguardo, la soluzione è quella di individuare, sulla base dei dati
riferiti ad ambiti territoriali più ampi, un saggio di redditività desumibile dal mercato, da applicare al valore per ottenere la rendita. Quale ulteriore criterio, infine, la lettera g) indica l'adozione di meccanismi di adeguamento periodico dei valori e delle rendite delle unità immobiliari urbane, da effettuarsi necessariamente sulla base dei dati gestiti dall'osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia. Tale criterio evidenzia che il nuovo catasto prefigurato dalla riforma dovrà essere caratterizzato dalla dinamicità dei valori e delle rendite a fronte della sostanziale staticità dei valori reddituali censiti dal sistema vigente.
Il secondo comma stabilisce ulteriori otto criteri direttivi, cinque dei quali, dalla lettera a) alla lettera e), riguardano le modalità del processo di riforma.
In particolare, dovranno essere ridefinite funzioni, competenze e composizione delle commissioni censuarie, anche al fine di ridurre gli strumenti deflativi del potenziale contenzioso. In effetti, le nuove modalità di determinazione delle rendite richiedono, ad esempio, anche la presenza di competenze in grado di poter valutare significatività e coerenza delle funzioni statistiche.
In secondo luogo, il legislatore delegato dovrà articolare il processo di riforma del sistema catastale in modo tale da assicurare la collaborazione tra Agenzia e comuni, prevedendo, all'occorrenza, la possibilità di impiegare ai fini delle rilevazioni, mediante apposite convenzioni, tecnici indicati dagli ordini professionali.
La lettera d), inoltre, evidenzia l'importanza di una governance unitaria del processo di riforma, attribuendo all'Agenzia il compito, a livello nazionale, di garantire l'uniformità e la qualità dei processi e il loro coordinamento e monitoraggio, nonché la coerenza rispetto ai dati di mercato dei valori e dei redditi nei rispettivi ambiti territoriali.
Poiché sarà modificata la totalità delle rendite oggi vigenti, la lettera e) dispone che, per ragioni di tempi e di costi, per portare a conoscenza dei cittadini i nuovi valori e le nuove rendite catastali saranno utilizzati, oltre alla notifica mediante affissione all'albo pretorio, adeguati strumenti di comunicazione anche collettiva, in deroga alle disposizioni previste dall'articolo 74 della legge n. 342 del 2000, che richiede la puntuale notifica al contribuente delle variazioni di rendita.
Gli ulteriori tre criteri riguardano: la previsione di una complessiva attività giuridica di riordino; la variazione e l'abrogazione delle norme che attualmente regolano il sistema catastale, attesa la completa riscrittura delle modalità di determinazione dei valori e delle rendite catastali; l'individuazione del periodo di decorrenza dell'entrata in vigore delle nuove rendite e dei valori; la revisione dell'entità dei tributi, al fine di garantire la neutralità per il carico fiscale medio degli effetti della riforma.
È ipotizzabile che il processo di attuazione della riforma che il legislatore delegato avrà cura di delineare possa articolarsi attraverso tre principali aree di intervento: la determinazione, a cura dell'Agenzia del territorio, delle funzioni-valori, ovvero delle funzioni statistiche che,
per ciascuna zona territoriale e tipologia di beni immobiliari, correlano le caratteristiche ai valori di mercato (ciò dovrà avvenire sia per i valori patrimoniali, sia per le rendite); la rilevazione massiva delle informazioni occorrenti sull'intero patrimonio immobiliare, per l'applicazione delle suddette funzioni-valori alle singole unità immobiliari a destinazione ordinaria; la stima diretta delle unità immobiliari speciali o, in via residuale, delle unità ordinarie per le quali non sia possibile utilizzare funzioni statistiche.
Subordinati e complementari a questi tre principali filoni, esistono altri ambiti di attività: il radicale adeguamento dell'informatizzazione attraverso la realizzazione di un sistema informativo territoriale georiferito; la determinazione di zone territoriali e delle tipologie immobiliari; la realizzazione di processi formativi, con particolare riguardo al personale dei comuni; la gestione dei processi di pubblicazione prima delle funzioni-valori e, poi, dei valori e delle rendite; la gestione di una fase precontenziosa, mediante le commissioni censuarie, e dell'eventuale contenzioso derivante dell'attribuzione delle nuove rendite. Sarà, inoltre, importante favorire un doveroso confronto con le associazioni di categoria e con le parti sociali, in concomitanza con le diverse fasi attuative.
Un nodo essenziale è, tuttavia, quello della governance e del rapporto di collaborazione con i comuni. Gli strumenti che l'Agenzia ha sviluppato e reso operativi negli ultimi anni - il portale e i processi telematici di interscambio - rappresentano una solida base a supporto dell'efficace implementazione dei rapporti di collaborazione con gli enti locali. È, altresì, importante il fatto che, allo stato attuale, l'Agenzia dispone di una rete territoriale articolata di uffici provinciali, che storicamente hanno sempre avuto un rapporto di collaborazione operativa con le autonomie locali. Basti pensare anche agli oltre 1.300 sportelli decentrati catastali.
Con riferimento agli scenari temporali della riforma, si è già evidenziata la relazione tra proporzionalità dei tempi di realizzazione ed equità del sistema. Si tratta di un processo articolato che, solo per citare le attività principali, prevede la definizione preventiva di complesse funzioni statistiche da parte dell'Agenzia e di una successiva fase di rilevazione puntuale delle informazioni sul territorio, in collaborazione con i comuni e con gli ordini professionali, per l'elaborazione e l'attribuzione delle nuove rendite e dei nuovi valori agli immobili. A ciò si aggiunga l'ingente numero di stime dirette necessarie per le unità a destinazione speciale.
Le funzioni e l'attribuzione delle rendite alle unità immobiliari, per garantire l'uniformità, non possono essere delegate dall'Agenzia del territorio a soggetti terzi. In particolare, considerato, come detto, che le rendite sono utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi erariali locali sui cespiti immobiliari, il principio della terzietà suggerisce che tali funzioni siano esercitate da un soggetto diverso dall'ente impositore, come avviene per la generalità dei Paesi europei.
L'orizzonte temporale dell'intera operazione di revisione non potrà che essere pluriennale e, presumibilmente, non inferiore ai quattro o cinque anni. Una stima più precisa dei tempi e delle risorse, tuttavia, necessita di ulteriori analisi e approfondimenti, sui quali l'Agenzia del territorio è stata operativamente impegnata sin dal marzo del corrente anno.
Tuttavia, occorre evidenziare che le recenti disposizioni normative sulla riorganizzazione delle agenzie fiscali, recate dall'articolo 23-quater del decreto-legge n. 95 del 2012, hanno di fatto mutato il quadro organizzativo e strategico di riferimento.
Al momento l'Agenzia non può che ribadire la massima disponibilità e impegno a dedicare le proprie specifiche professionalità tecniche, nonché le esperienze già maturate sul tema, a supporto dei percorsi attuativi della riforma che il Parlamento e il Governo vorranno delineare.
Esprimo, infine, la convinzione che l'attuazione di tale epocale riforma potrà infondere nella collettività la percezione di una fiscalità immobiliare più equa e trasparente,
contribuendo al complessivo mutamento culturale che è necessario per avvicinare l'amministrazione finanziaria ai cittadini.
PRESIDENTE. Ringrazio la dottoressa Alemanno e do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
ALESSANDRO PAGANO. Ringrazio la dottoressa Alemanno, e i dirigenti che l'accompagnano, per la preziosa collaborazione che l'Agenzia ci offre.
Ho da porre due domande.
La prima riguarda l'incorporazione dell'Agenzia del territorio nell'Agenzia delle entrate, in merito alla quale, direttore, vorrei conoscere la sua opinione.
In secondo luogo, ricordo che, un paio di giorni fa, ho innescato una polemica a proposito della revisione delle rendite catastali. Si tratta di uno strumento per introdurre nel sistema un tasso di maggiore equità, di cui tutti avvertono il bisogno. È inconcepibile, infatti, che in città limitrofe vigano trattamenti differenziati in relazione a immobili aventi le medesime caratteristiche. È generalmente avvertita, quindi, l'esigenza di porre mano, dopo tanti anni, a una revisione del catasto. D'altro canto, benché dalla relazione emergano una logica ben precisa e un punto di vista tecnico, nutriamo la preoccupazione che l'aumento delle rendite contribuisca a far crescere oltre misura il peso dell'imposizione patrimoniale. Vorrei conoscere il suo parere anche su questo aspetto, direttore.
MAURIZIO LEO. Anch'io ringrazio il direttore Alemanno e gli altri dirigenti dell'Agenzia del territorio per il prezioso contributo offerto alla Commissione.
Innanzitutto, dalla relazione emerge, in maniera chiara, una difformità tra la rubrica e il testo dell'articolo 2 del disegno di legge delega: infatti, la prima fa riferimento alla revisione del catasto dei fabbricati, mentre il secondo appare incentrato sulla valutazione a fini fiscali, sulla parte estimativa. Si perde di vista, in tal modo, l'altra funzione fondamentale dell'istituto catastale, opportunamente evidenziata nella relazione: quella di inventario georeferenziato del patrimonio immobiliare, che deve essere parte integrante del sistema.
Ricollegandomi alla prima domanda posta dal collega Pagano, concernente l'incorporazione dell'Agenzia del territorio nell'Agenzia delle entrate, certamente non possiamo pretendere che organi tecnici, quali voi siete, operino valutazioni di natura squisitamente politica.
Tuttavia, dal dato normativo emergono alcune criticità. Lei, direttore, ha correttamente distinto le due tipologie di destinazione: ordinaria e speciale. Per la destinazione speciale, che interessa, in particolare, opifici e strutture industriali, il processo estimativo ha luogo sulla base di procedimenti di stima diretta, anziché attraverso l'utilizzazione di funzioni statistiche.
Ebbene, è chiaro che un organo direttamente coinvolto nell'attività di imposizione, qual è l'Agenzia delle entrate, avrà tutto l'interesse a introdurre nella determinazione dei valori delle unità immobiliari - alla base del calcolo delle relative imposte, erariali e locali - elementi che dovrebbero restarne fuori, quali i costi per manutenzioni straordinarie oppure i costi indiretti. Un ente impositore può compiere anche questo tipo di attività? La relazione dà una risposta negativa a tale quesito, ponendo in risalto, altresì, l'esigenza che la stima diretta sia affidata a un soggetto diverso dall'ente impositore, il quale potrebbe essere indotto a incrementare il valore per trarne un vantaggio in termini di gettito. Per questo motivo, riteniamo che la prevista incorporazione dell'Agenzia del territorio nell'Agenzia delle entrate non colga nel segno e, di conseguenza, debba essere oggetto di modifica.
Il terzo e ultimo aspetto riguarda le commissioni censuarie, istituite negli anni Quaranta, alla cui revisione si è provveduto con il decreto del Presidente della Repubblica n. 650 del 1972. Ai sensi del comma 2 dell'articolo 23-quater del decreto-legge n. 95 del 2012, l'Agenzia delle
entrate, incorporante, continuerà a esercitare le funzioni già attribuite all'Agenzia del territorio, tra cui quella di fornire un certo numero di membri effettivi e supplenti alle commissioni censuarie provinciali e centrale. Orbene, non è opportuno che facciano parte delle commissioni censuarie funzionari, dirigenti e tecnici i quali abbiano commistioni con l'Agenzia delle entrate.
Le evidenziate criticità mi inducono a ritenere che l'assetto delineato dal menzionato articolo 23-quater non possa essere mantenuto. Mi interessa avere una sua valutazione in merito, direttore, anche se un orientamento sembra emergere dalla parte finale della relazione.
Poiché attraversiamo una fase straordinaria, nella quale è necessario ridisegnare il sistema catastale, la mia proposta è quella di assegnare la gestione di tale fase a un organo terzo, qual è l'Agenzia del territorio.
Il suggerimento che formulerei anche al relatore sul disegno di legge delega è, quindi, quello di affrontare questa prima fase facendola gestire da una struttura in posizione di terzietà. Una volta completato il disegno, si potrà pensare a un eventuale accorpamento, nell'ottica di una revisione delle agenzie fiscali esistenti.
SANTO DOMENICO VERSACE. Fermo restando che la spesa pubblica deve diminuire, perché esagerata, agli immobili deve essere dato un peso maggiore nell'ambito della complessiva attività di recupero di entrate da parte dello Stato.
Paesi come gli Stati Uniti d'America e l'Inghilterra - notoriamente «comunisti» ... - tassano la proprietà immobiliare molto più di noi, sulla base del valore reale, aggiornato con cadenza biennale o triennale.
Poiché ci prefiggiamo il duplice obiettivo di ridurre la spesa pubblica e di abbassare le aliquote fiscali, dobbiamo tassare adeguatamente gli immobili, in base al reale valore di mercato. Questo è, a mio avviso, il principio che ci deve guidare.
TEA ALBINI. Secondo me, uno dei punti principali, ben evidenziato anche nella relazione della dottoressa Alemanno, è la necessità di risolvere il problema del disallineamento tra rendite catastali e valori di mercato. Un altro punto nodale credo sia l'aggiornamento catastale in quanto tale.
L'attuazione delle disposizioni recate dall'articolo 1, commi 335 e 336, della legge n. 331 del 2004 avrebbe costituito uno strumento formidabile per l'aggiornamento del catasto; tuttavia, come si evince dalla relazione, pochissimi comuni hanno fatto uso dei poteri e delle facoltà loro attribuiti dal legislatore. Come si suole dire in questi casi, l'Italia è stretta e lunga, e non tutto si può fare allo stesso modo ovunque.
Partendo dalla necessità di aggiornare la parte catastale, le rendite saranno riviste e, di conseguenza, il carico fiscale sui contribuenti aumenterà: che si tratti di persone fisiche o giuridiche, la procedura di cui stiamo discorrendo porterà inevitabilmente a un incremento della tassazione. I risultati, però, saranno diversi: i possessori di immobili situati nei comuni che hanno dato attuazione ai predetti commi 335 e 336 avranno una situazione sufficientemente aggiornata; gli altri partiranno, evidentemente, da un gradino più basso.
Dubito che il processo possa essere completato in quattro o cinque anni. Comunque, si porrà il problema di diluire negli anni gli effetti dell'aggiornamento del sistema catastale, per questioni organizzative, ma anche per ragioni di equità. Infatti, come ho cercato di evidenziare, il carico fiscale aumenterà in modo diseguale a seconda di cosa è già stato fatto dai comuni. Per fare un esempio, nella mia città non esiste più la categoria A5, perché il bagno fuori casa non ce l'ha più nessuno. Chi parte da un punto più elevato subirà indiscutibilmente un impatto minore.
La collaborazione che si chiede ai comuni andrebbe meglio esplicitata, anche sotto il profilo della regolamentazione. Partendo dal presupposto che la strumentazione
urbanistica è in mano ai comuni, non ci si può limitare alla semplice enunciazione di una collaborazione, poiché, come dimostra il precedente dell'attuazione dei menzionati commi 335 e 336, essa potrebbe non dare luogo ad alcunché di concreto.
Un altro fenomeno che interessa alcune città, soprattutto negli ultimi tempi, è quello dei cambi di destinazione d'uso. Questo rappresenta uno dei problemi più rilevanti, per quanto riguarda sia la conoscenza e l'urbanistica della città, sia gli adeguamenti catastali, reddituali e patrimoniali.
Le chiedo quindi, direttore, come si pensi di risolvere il problema della diversità di comportamento dei comuni - alla base delle diversificate realtà catastali - e in cosa dovrebbe sostanziarsi la collaborazione con i comuni, che, secondo me, non può essere soltanto dichiarata, ma va anche regolamentata.
MARCO CAUSI. Mi associo ai ringraziamenti già formulati dai colleghi, soprattutto perché la relazione evidenzia il ruolo non meramente fiscale dell'Agenzia del territorio e del catasto. Le funzioni catastali collegate all'attività urbanistica e alla georeferenziazione del patrimonio immobiliare sono, forse, addirittura prevalenti rispetto a quella strettamente fiscale: sono tali, a mio avviso, anche sotto il profilo organizzativo. Infatti, l'Agenzia offre al settore dell'edilizia, agli ordini professionali e ai comuni servizi tipicamente collegati a funzioni non fiscali. Se potesse fornire qualche dato ulteriore su questo aspetto, farebbe cosa molto utile alla Commissione, dottoressa Alemanno.
La necessità di tornare sulla questione degli estimi nasce dal fatto che la materia è stata praticamente abbandonata per venti anni. Nel momento in cui siamo chiamati a esaminare il disegno di legge delega in materia fiscale, dobbiamo riflettere in maniera adeguata, tra l'altro, anche sugli assetti organizzativi dell'amministrazione finanziaria. Certo, non posso chiedere alla dottoressa Alemanno e ai dirigenti che l'accompagnano di esprimersi al riguardo, ma l'idea che mi sono fatto è che proporre l'unificazione dell'Agenzia delle entrate e dell'Agenzia del territorio significhi sottovalutare che la seconda non esercita, come ho già rilevato, funzioni prevalentemente fiscali.
Non si pone soltanto una questione di terzietà. Quante volte è stato detto, in passato, che i comuni non potevano determinare le rendite catastali, perché ciò avrebbe determinato, con riferimento all'ICI, un conflitto di interessi? Dal canto suo, l'Agenzia del territorio ha sempre posto in risalto, in ordine al decentramento delle funzioni catastali, l'esigenza che tale funzione, ove attribuita ai comuni, fosse comunque svolta, a presidio dell'unitarietà del sistema catastale nazionale, in conformità a linee-guida e a metodologie fissate dall'Agenzia medesima, in quanto soggetto terzo. Nel momento in cui l'IMU è diventata un tributo semi-erariale, il conflitto di interessi dell'Agenzia delle entrate è evidente. Contemporaneamente, non dobbiamo correre il rischio che siano rese marginali, in conseguenza dell'incorporazione nell'Agenzia delle entrate, tutte le altre funzioni di servizio dell'Agenzia del territorio, che
sono, come ho già avuto modo di chiarire, molto rilevanti.
Da questo punto di vista, poiché non mi sembrerebbe corretto chiederle un parere, direttore, le pongo una domanda diversa. Poiché la finalità principale del provvedimento che dispone la predetta incorporazione è quella di ridurre la spesa pubblica a servizi invariati, potrebbe l'Agenzia del territorio proporre, nella sede tecnica, efficientamenti e razionalizzazioni atti a far conseguire i medesimi risparmi, in modo da mettere la Commissione, e lo stesso Governo, nella condizione di valutare il riassetto delle agenzie fiscali a parità di obiettivi di risparmio?
La seconda domanda riguarda un aspetto più generale. Le dico molto apertamente, direttore, che ho qualche dubbio - più teorico che applicativo, forse superabile sul piano operativo - circa la necessità di porre alla base del nuovo catasto il valore di mercato delle unità immobiliari. Ho qualche dubbio perché, come
succede ogni volta che si assume come criterio il valore di mercato, si introducono nella valutazione elementi di forte prociclicità. Dovremmo evitare, invece, che la base imponibile sia prociclica e fluttuante. Negli ultimi undici anni, infatti, persino il valore degli immobili ha avuto un andamento notevolmente fluttuante: tra il 2001 e il 2007, è andato verso l'alto; dal 2008 in poi, verso il basso.
La mia impressione è che dovremmo attenerci ai valori normali. Mi rendo conto, d'altra parte, che i valori «normali» o «naturali», cui fa riferimento la teoria economica, non esistono in natura: quelli che osserviamo sono, infatti, sempre valori di mercato. Mi domando se, almeno nell'ambito delle attività preliminari, nella primissima fase dei lavori, quando dovrete impostare le metodologie di valutazione, una parte della vostra attività potrà essere dedicata anche all'approfondimento di questo aspetto. Per quanto mi riguarda, non sono convinto che si debba avere riguardo ai valori di mercato, così come non sono convinto che l'espediente di «operare con riferimento ai valori medi ordinari espressi dal mercato nel triennio precedente» possa risolvere ogni problema. Insomma, mi domando se sia possibile adottare metodologie che affrontino la questione in modo più raffinato.
PRESIDENTE. C'è da dire che tre anni rappresentano un tempo enorme nel settore finanziario, ma un periodo molto limitato nell'ambito del mercato immobiliare.
FRANCESCO BARBATO. Ho una sola domanda per il direttore dell'Agenzia del territorio.
Qualche giorno fa, ho chiesto al direttore dell'Agenzia delle entrate, in audizione, di chiarire come mai l'ex direttore delle entrate della Campania sia stato nominato direttore delle entrate dell'Emilia-Romagna, malgrado abbia amicizie tra i camorristi (l'argomento era stato oggetto di una conversazione telefonica, intercettata per disposizione dell'autorità giudiziaria, tra il dirigente in questione e il direttore Befera).
Al di là delle norme, noi di Italia dei Valori pensiamo che il tessuto della pubblica amministrazione debba essere sano, che l'attività dei dirigenti e dei burocrati pubblici debba essere improntata all'etica e alla morale già prima che intervenga la magistratura. Non a caso, si sente spesso ripetere la massima: «Fatta la legge, trovato l'inganno!», evocatrice di una certa pratica di vita, particolarmente diffusa nelle realtà in cui manca un adeguato humus sociale e culturale.
Signor direttore, il presidente Di Pietro ha presentato, qualche mese fa, un atto di sindacato ispettivo sul suo conto.
Prima di scendere nei dettagli, tuttavia, ritengo opportuno ricordare a me stesso, all'Italia dei Valori e ai colleghi parlamentari che le disposizioni recate dal disegno di legge delega in esame mirano a realizzare un sistema fiscale più equo e più trasparente. Proprio per questo motivo, vorrei capire se sia necessario, in primo luogo, intervenire sull'humus, dettando regole più stringenti contro la nota corruzione e la troppo frequente mala gestio della pubblica amministrazione.
Riferendomi all'interrogazione del presidente Di Pietro, le chiedo se sia vero che, da quando lei si è insediata, nel 2008, le spese di comunicazione e di rappresentanza dell'Agenzia del territorio sono passate da 100.000 euro a un milione di euro nel 2010 e a 1,5 milioni nel 2011. Le chiedo, inoltre, se sia vero che sotto la sua gestione siano state effettuate spese «allegre» per pranzi consumati presso l'Osteria Bottega Montecitorio o a Cortina d'Ampezzo (dove l'Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza hanno disposto verifiche fiscali), per l'acquisto di gioielli e di uova di struzzo decorate e per altro ancora.
Non pensa che simili comportamenti rappresentino, in questo momento, una vera contraddizione in termini - e in euro... -, alla luce della circolare dell'8 febbraio 2012, con la quale il Presidente del Consiglio, per assicurare l'economicità e l'efficienza nell'azione amministrativa, ha sollecitato le strutture dipendenti dal Ministero dell'economia e delle finanze e
dalla Presidenza del Consiglio a non effettuare spese non indispensabili e non ricollegabili in modo diretto e immediato ai fini pubblici?
Pensa che i predetti comportamenti siano compatibili con la spending review e con i tagli alla spesa pubblica, mentre i disabili protestano davanti a Montecitorio per i tagli subiti?
Visto che il Presidente Monti non l'ha rimossa, non ritiene di dover fare spontaneamente un passo indietro anche per motivi politici, per evitare di danneggiare suo fratello?
ALESSANDRO PAGANO. Per fortuna, è stato detto in maniera chiara...
PRESIDENTE. Il tema non è pertinente, onorevole Barbato: ci stiamo occupando del disegno di legge delega in materia fiscale.
BRUNO CESARIO. Ringrazio la dottoressa Alemanno.
In merito all'incorporazione dell'Agenzia del territorio nell'Agenzia delle entrate, la Commissione ha già approvato una risoluzione; ad agosto, inoltre, è stato accolto, durante l'esame in Assemblea del decreto-legge n. 95 del 2012, un ordine del giorno a firma del collega Antonio Pepe. Dell'argomento abbiamo discusso più volte, e penso che l'orientamento della Commissione sia chiaro: l'incorporazione in questione prospetta un problema di incompatibilità, in ragione del ruolo di garante del processo di revisione attribuito dal disegno di legge delega all'Agenzia del territorio.
Ciò premesso, desidero porre alla dottoressa Alemanno una domanda relativa ai costi. Come ipotizzato dal collega Causi, l'esigenza dell'incorporazione potrebbe essere superata mediante una proposta di consistenti tagli alla spesa, come già si sta facendo con la cosiddetta spending review. Una riduzione significativa dei costi potrebbe essere anche più conveniente per lo Stato, dal momento che l'incorporazione dell'Agenzia del territorio nell'Agenzia delle entrate darebbe luogo a un budget unico, che, oltre a rendere più confusa la gestione, ingesserebbe ulteriormente una struttura che dovrebbe produrre risultati economici rilevanti.
Se, per risparmiare, pensiamo di mettere tutto insieme, forse rischiamo di causare l'ingolfamento del processo di revisione del catasto e di creare danni sul piano delle entrate. Abbiamo visto cos'è accaduto nel settore della nautica. Rischiamo di fare danni, anziché un'operazione positiva.
A conclusione del mio intervento, tengo a dire all'onorevole Barbato che non fa bene ad accusare tutti: ci sono anche persone perbene, e una di queste è la dottoressa Alemanno. Considero sbagliato astenerci da ogni commento ogni volta che il collega si scaglia contro i nostri ospiti. Poiché sono convinto che la dottoressa Alemanno non meriti le affermazioni e le accuse che abbiamo ascoltato, invito l'onorevole Barbato a non ripeterle più.
ALESSANDRO MONTAGNOLI. Ringrazio anch'io la dottoressa Alemanno, alla quale intendo rivolgere tre domande.
Relativamente all'operazione di verifica dei cosiddetti «immobili fantasma», qual è la situazione attuale nelle varie aree territoriali? Noi riteniamo che la prospettata revisione del catasto comporterà un aumento delle imposte. Sappiamo tutti che, in una parte del Paese, mancano non soltanto gli accatastamenti degli immobili, ma anche i piani regolatori. Nell'ambito della complessiva operazione di revisione del catasto, anche nell'ottica di un abbassamento dell'imposizione, o almeno di una maggiore equità e giustizia fiscale, penso sia fondamentale imprimere un'accelerazione in una determinata area del Paese: i dati dell'IMU hanno confermato le nostre ipotesi riguardo alla situazione dei fabbricati ivi esistenti.
In secondo luogo, il settore immobiliare sta attraversando una fase di notevole difficoltà. La prospettiva di una revisione del catasto, cui seguirà, presumibilmente, un innalzamento dell'imposizione immobiliare, non incentiverà tante persone a non acquistare più in Italia e a rivolgersi
all'estero? Anche da questo punto di vista i dati sono abbastanza chiari.
Relativamente agli acquisti nel nostro Paese, si registra un notevole incremento degli acquisti da parte di cittadini e aziende stranieri, ad esempio cinesi. Molti si chiedono da dove provenga il denaro impiegato in tali compravendite. Posto che i notai sono tenuti al rispetto del dovere di riservatezza, occorrerebbe un'interazione maggiore tra Agenzia del territorio e Agenzia delle entrate, finalizzata sia a prevenire il fenomeno dell'indicazione nei rogiti di corrispettivi inferiori a quelli effettivamente pattuiti, sia ad accertare il valore reale dei beni trasferiti. Quando i nostri cittadini o imprenditori acquistano, si esige da essi l'indicazione esatta di tutti gli elementi rilevanti ai fini del trasferimento. Mi sembra che la stessa trasparenza non sia garantita, invece, nei casi in cui tra le parti contraenti vi siano cinesi.
Quale interazione c'è tra Agenzia del territorio e Agenzia delle entrate, e quale attività esse potranno svolgere insieme, nell'ottica della revisione del catasto?
PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi e do la parola alla dottoressa Alemanno per la replica.
GABRIELLA ALEMANNO, Direttore dell'Agenzia del territorio. Ringrazio tutti per le domande poste.
Un problema sentito come importante da più d'uno, a cominciare dall'onorevole Pagano, è quello del rapporto tra rendita catastale, valore di mercato e tassazione. Bisogna premettere, in proposito, che alla riforma del sistema estimativo-catastale si dovrà provvedere, ai sensi del disegno di legge delega, evitando un aggravio del carico fiscale medio. Di conseguenza, la revisione sarà realizzata con invarianza di gettito.
È importante precisare che l'unico effetto diretto della riforma del sistema estimativo consisterà in una perequazione dei valori reddituali e patrimoniali associati agli immobili. Ciò consentirà di rimediare alle iniquità connesse all'applicazione del vigente modello di determinazione delle rendite catastali degli immobili urbani. Possiamo affermare che la filosofia della riforma è proprio quella di superare l'iniquità delle attuali rendite.
Quello della tassazione è un tema di politica tributaria, in particolare per quanto riguarda le modalità di determinazione della base imponibile, la modifica delle aliquote e delle detrazioni e, più in generale, la definizione degli effetti impositivi delle nuove rendite e dei nuovi valori catastali. In proposito, vorrei tranquillizzare l'onorevole Pagano: siamo consapevoli delle iniquità dell'attuale sistema, che abbiamo bene evidenziato nella relazione.
Per quanto concerne gli aspetti sui quali si è soffermata l'onorevole Albini, occorre riconoscere che, a fronte di un tessuto urbanistico notevolmente modificatosi nel tempo, gli strumenti normativi predisposti dal legislatore - ad esempio, i commi 335 e 336 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004 - non hanno funzionato come ci si aspettava. Anche l'esperienza del Portale e del sistema di interscambio dimostra la scarsa volontà di collaborazione dei comuni: inviamo loro tutta una serie di dati, ma molti non ci rispondono. Suggeriamo, quindi, di introdurre all'interno della riforma disposizioni che disincentivino i comportamenti non virtuosi e premino, magari anche attraverso la legge di stabilità, i comportamenti collaborativi, secondo modalità che è compito della politica individuare.
MARCO CAUSI. Se posso permettermi di interromperla, direttore, i problemi cui lei ha fatto riferimento non sembrano di tipo numerico. In Italia, come sappiamo, sono pochi i comuni grandi e moltissimi, invece, quelli piccoli. Se, quindi, tra i mille comuni citati nella relazione vi fossero tutti quelli che hanno più di 50.000 abitanti, avremmo già coperto il 70 per cento della popolazione.
GABRIELLA ALEMANNO, Direttore dell'Agenzia del territorio. Con riferimento all'attuazione dei commi 335 e 336 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004, hanno risposto comuni piccoli e grandi.
Quelli più virtuosi hanno dimostrato la sensibilità di attuare le predette disposizioni. Se la Commissione lo ritiene utile, possiamo fornire dati più dettagliati.
L'onorevole Causi mi ha chiesto di fornire dati ulteriori in merito ai servizi catastali e cartografici. Posso desumerli dalla relazione predisposta a corredo del bilancio di esercizio. Nel 2011, gli atti di aggiornamento con procedura PREGEO sono stati pari a 742.000. Gli atti di aggiornamento con procedura DOCFA sono stati pari a 2.210.000. Gli atti DOCFA telematici, che hanno aggiornato le banche dati, sono stati pari a 1.150.000. Le unità immobiliari elaborate da voltura automatica sono state 3.693.000. Un altro dato importante, in termini di servizi, è rappresentato dal numero delle visure catastali, pari a circa 95.000.000.
PRESIDENTE. Probabilmente, l'onorevole Causi desiderava sapere quanta parte della macchina organizzativa dell'Agenzia del territorio serve a garantire i servizi fiscali e quanta, invece, gli altri tipi di servizi.
GABRIELLA ALEMANNO, Direttore dell'Agenzia del territorio. L'Agenzia del territorio ha 103 uffici e circa 10.000 dipendenti. Una parte del personale deve necessariamente svolgere attività di front office, ma moltissimi dipendenti sono destinati alle attività tecniche di stima, valutazione e accesso. Molti sono stati impegnati, negli ultimi anni, nello svolgimento di compiti connessi con l'emersione dei cosiddetti «immobili fantasma». L'organigramma dell'Agenzia è composto, più che altro, da personale tecnico (ingegneri, geometri e architetti); il personale con competenze giuridiche si occupa della pubblicità immobiliare.
Svolgiamo un'attività molto tecnica, soprattutto sul piano civilistico.
Per quanto riguarda l'incorporazione nell'Agenzia delle entrate, spetta al Parlamento e al Governo trovare le giuste risposte - di natura politica - al problema della riorganizzazione delle agenzie fiscali. Siamo consapevoli della necessità di razionalizzare e riorganizzare anche le nostre funzioni, ma un'attività complessa come quella che abbiamo rappresentato in questa sede può essere coordinata in modo efficiente soltanto da una struttura specificatamente organizzata, fortemente motivata e focalizzata sugli specifici obiettivi da raggiungere. Questa esigenza appare in conflitto con le innovazioni organizzative prefigurate dal processo di incorporazione.
Mi è stato chiesto, inoltre, se sia possibile conseguire attraverso azioni diverse gli stessi risparmi di spesa cui è preordinata l'incorporazione. Posso dire che lo slittamento del relativo termine al 1o dicembre, ai sensi dell'articolo 23-quinquies del decreto-legge n. 95 del 2012, introdotto in sede di conversione, fa sì che i tagli di spesa contemplati dalla spending review si applichino anche all'Agenzia del territorio. Conseguentemente, abbiamo comunicato al Ministero dell'economia e delle finanze una prima ipotesi di riduzione di posizioni dirigenziali, da effettuare entro il 31 ottobre 2012. Ciò consentirà di realizzare economie di spesa pari a 10 milioni di euro. In un certo senso, quindi, abbiamo già attuato una nostra spending review.
Per quanto riguarda i tempi della riforma fiscale e dell'incorporazione, quest'ultima ha un termine aperto, mentre il disegno di legge delega fissa in nove mesi dall'entrata in vigore della legge il termine finale per l'adozione dei decreti delegati. Per attuare la riforma, occorreranno quattro o cinque anni, perché, come avrete capito, il processo è molto complesso e articolato. Esiste quasi un rapporto di proporzionalità diretta tra la maggiore equità da introdurre nel sistema e il tempo necessario per raggiungere tale obiettivo.
Va evidenziato, inoltre, che l'attuazione della riforma richiederà risorse. Come ho già detto, sarà necessario: determinare le funzioni statistiche per correlare le caratteristiche degli immobili ai valori di mercato; procedere a una massiva e puntuale rilevazione delle informazioni sul territorio; dare corso alla collaborazione con i comuni e con gli ordini professionali;
effettuare le stime dirette delle unità immobiliari per le quali non sia possibile utilizzare le funzioni statistiche.
Realizzare la revisione del catasto dei fabbricati senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, come disposto dall'articolo 2, comma 3, del disegno di legge, diventa problematico, anche in considerazione della presumibile onerosità delle convenzioni che sarà necessario stipulare con gli ordini professionali per le operazioni di rilevazione sul territorio.
In termini più generali, l'impiego di risorse umane e finanziarie sarà significativo, come richiede, del resto, una riforma epocale, che rappresenta un investimento per il futuro del nostro Paese.
Per realizzare il censimento, ad esempio, l'Istat ha fatto ricorso a contratti a tempo determinato.
PRESIDENTE. Ci sta dicendo che la riforma non si fa a costo zero.
GABRIELLA ALEMANNO, Direttore dell'Agenzia del territorio. Ho rappresentato le nostre esigenze, derivanti dal fatto che dovremo operare stime dirette, coinvolgere gli ordini professionali, collaborare con i comuni e via discorrendo. Si tratta di un aspetto che deve essere evidenziato.
PRESIDENTE. Dovremo mettere a fuoco tale problematica. È molto probabile che dovranno essere anticipate risorse, per arrivare a un risultato che, nella migliore delle ipotesi, si conseguirà tra quattro o cinque anni.
GABRIELLA ALEMANNO, Direttore dell'Agenzia del territorio. Vorrei rispondere all'onorevole Barbato.
L'interrogazione parlamentare cui lei ha fatto riferimento, onorevole, non è stata presentata dal presidente Di Pietro, che anzi l'ha ritirata, ma da lei. È stata data una risposta ufficiale e, inoltre, è stato pubblicato un comunicato stampa nel sito del Ministero dell'economia e delle finanze.
Ritengo, quindi, che siano state espresse, al riguardo, tutte le valutazioni di merito.
PRESIDENTE. Ringrazio gli intervenuti, autorizzo la pubblicazione della documentazione consegnata dalla dottoressa Alemanno in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato 1) e dichiaro conclusa l'audizione.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Direttore dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 5291, recante «Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita».
Il dottor Luigi Magistro è accompagnato dal dottor Roberto Fanelli, responsabile per le attività normative, legali e contenziose, dal dottor Fabio Carducci, direttore per l'organizzazione e la gestione delle risorse, e dal dottor Michele Giannarelli, capo dell'ufficio stampa.
Do la parola al dottor Magistro per lo svolgimento della relazione.
LUIGI MAGISTRO, Direttore dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Ringrazio e saluto il presidente e gli onorevoli deputati. È per me un piacere intervenire in questa sede parlamentare, all'esordio del mio incarico come responsabile dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Vi porto anche il saluto di tutti gli appartenenti all'amministrazione, che ha una grande storia e una grande tradizione.
Oggetto dell'incontro odierno è il disegno di legge delega n. 5291. Credo che l'occasione possa essere utile soprattutto per fare il punto sullo stato del comparto dei giochi, nel presupposto che un intervento normativo importante quale quello
in esame - recante, all'articolo 15, alcune disposizioni di delega in materia di giochi pubblici - debba tenere conto della situazione del comparto nei suoi vari aspetti.
Molto brevemente, vorrei offrire sullo stato attuale del settore alcuni spunti, i quali, come ho già anticipato, potrebbero essere utili per le riflessioni che avranno a oggetto il testo del disegno di legge.
I profili che connotano in questo momento il comparto dei giochi, e che ritengo di sottoporre alla vostra cortese attenzione, sono tre.
Il primo può essere considerato un risultato davvero molto importante nella più recente evoluzione dei giochi pubblici: la contrapposizione netta tra gioco legale e gioco illegale. La finalità principale dell'esistenza di una riserva statale nell'organizzazione dei giochi è proprio quella di avere un comparto in cui vigano precise regole, rese indispensabili da talune particolarità e anche dalla possibile insorgenza di forme di devianza (tornerò più avanti su questo aspetto, tuttora di forte attualità; mi riferisco in special modo al gioco minorile e alle ludopatie).
In secondo luogo, ritengo importante fornire alla Commissione un quadro della più recente evoluzione del mercato dei giochi e del connesso gettito erariale, la cui importanza ben comprendiamo, essendo stati raggiunti, negli ultimi tempi, livelli finanziari di rilevante entità.
Il terzo profilo, anch'esso di notevole importanza, riguarda lo stato del sistema dei controlli che l'Amministrazione dei monopoli e le forze di polizia mettono attualmente in campo, evolutosi in termini molto positivi e destinato a evolversi ulteriormente. Il sistema dei controlli è una garanzia fondamentale affinché la regolamentazione sia rispettata, e siano respinti, in tal modo, eventuali tentativi di riemersione del gioco illegale, con i connessi problemi che tutti conosciamo.
L'evoluzione del comparto dei giochi, in seguito a una serie di provvedimenti normativi e regolamentari, ci permette di affermare che una gran parte del gioco illegale non esiste più, nel senso che è stata recuperata alla legalità. L'affermazione è corroborata da analisi e da oggettivi elementi di riscontro, riportati in maniera più dettagliata nella relazione.
In particolare, soprattutto per gli apparecchi da intrattenimento, che costituiscono una forma di gioco più delicata da tanti punti di vista, anche per eventuali pratiche illegali contigue a contesti criminali, fino ad alcuni anni fa, la Commissione parlamentare antimafia stimava una raccolta effettiva di diverse decine di miliardi di euro, mentre il dato ufficiale era pari a poco più di quindici miliardi. Oggi, invece, la raccolta del gioco legale per questo specifico comparto ha superato di gran lunga quegli ammontari. Si tratta di un segnale chiaro che una parte consistente dell'illegalità è confluita nel sistema del gioco legale.
L'ampliamento dell'area del gioco legale ha anche favorito la crescita occupazionale, alla quale sono collegati effetti positivi dal punto di vista economico generale. Si parla del settore dei giochi come del terzo per rilevanza, e devo confessarvi che questo mi fa un po' paura; per meglio dire, mi fa capire quanto siano grandi le responsabilità derivanti dall'esercizio delle competenze dell'Amministrazione dei monopoli.
Un ultimo profilo interessante sta nel fatto che l'espansione del comparto ha portato a una crescita costante del gettito erariale, che ha raggiunto livelli davvero considerevoli, dando un non trascurabile contributo al mantenimento degli equilibri di finanza pubblica.
Dal quadro complessivo emerge l'affermazione di un'area del gioco legale nella quale si fa tutto quanto è necessario per far rispettare le regole e per garantire la prevenzione delle ludopatie e del gioco minorile.
Come dicevo, l'evoluzione del mercato è stata notevole. La novità più recente ha riguardato il gioco praticato mediante gli apparecchi da intrattenimento, che producono più della metà della raccolta complessiva. La parte più consistente di questo importante segmento è destinata a diventare quella delle video lottery terminals (VLT), gli apparecchi da intrattenimento di
ultima generazione, che richiedono molte cautele dal punto di vista della distribuzione sul territorio. Per le sue caratteristiche, questa tipologia di gioco ha avuto un appeal notevole, tant'è che la raccolta è in forte crescita, e ad essa è legata buona parte del maggior gettito atteso dai giochi anche per l'anno in corso.
In termini di raccolta complessiva, abbiamo un dato, al 31 luglio, di 51,2 miliardi di euro, con un aumento del 20 per cento rispetto all'analogo periodo dello scorso anno. Sottolineo che è forte il contributo delle videolottery e dei giochi on-line, che pure cominciano ad affermarsi. Va però considerato che, per le caratteristiche intrinseche di questi giochi, la raccolta si autoalimenta in larga parte con le vincite: poiché il payout, vale a dire ciò che ritorna in vincite, è molto alto e molto distribuito, va da sé che le vincite di minore importo inducano i giocatori a ritentare la fortuna.
Mi pare di capire che questo andamento dipende proprio dalle caratteristiche del gioco e dalla componente di svago, che vado sempre più comprendendo. Anche a me capitava, prima, di condividere certe impostazioni. Per esempio, si sente spesso parlare di «macchinette mangiasoldi». Questi apparecchi mangiano soldi, ma ne restituiscono l'85 per cento. È qualcosa che andrebbe chiarito anche a livello di opinione pubblica. Si pensa che solo pochi fortunati vincano il jackpot. In realtà, è proprio questo il meccanismo del gioco: non a caso si chiamano apparecchi da intrattenimento. La locuzione inglese, amusement with price, esprime il concetto con maggiore chiarezza: c'è divertimento, con un premio alla fine.
Non vorrei che il mio approccio sembrasse superficiale, ben sapendo che non può e non deve assolutamente esserlo. Al tempo stesso, però, vorrei puntualizzare che determinati luoghi comuni sono probabilmente eccessivi: me ne sto rendendo conto prendendo confidenza con questa nuova realtà.
Certo, c'è gioco e gioco, e c'è bisogno di cautele e di limiti. Permettetemi, tuttavia, di sottolineare che la caratteristica fondamentale dell'impianto, dal punto di vista della prevenzione, sembra essere rappresentata dai limiti alle singole giocate, che di per sé soli contengono l'esborso: per riuscire a giocare 10.000 euro, il giocatore dovrebbe collocare una branda nella sala giochi e continuare a giocare anche di notte...
Come dicevo, la raccolta è cresciuta del 20 per cento, ma le entrate sono in calo: al 31 luglio 2012, ammontano all'incirca a 4,7 miliardi di euro, con una diminuzione di circa il 10 per cento rispetto al corrispondente periodo dell'anno scorso. È agevole spiegare perché si stia verificando tale fenomeno: il notevole aumento della raccolta dagli apparecchi da intrattenimento non genera un corrispondente aumento di gettito poiché, rispetto ad altri giochi, il payout è più alto e il prelievo erariale è più basso.
Un riferimento specifico va fatto ai giochi on-line, segmento in cui è stato privilegiato un sistema di tassazione che incide sul margine lordo del concessionario, cioè sulla differenza tra la raccolta e quanto distribuito in vincite. Applicata sul margine, un'aliquota pur notevole, come il 20 per cento, genera un prelievo, rapportato alla raccolta, dello 0,6 per cento. Ciò significa che anche miliardi di raccolta generano introiti limitati di poche decine di milioni di euro.
Per concludere sulla contrazione delle entrate che si registra in questo momento, essa è principalmente determinata dalla sorte, perché riguarda, in particolare, il Lotto e il Superenalotto: rispetto al periodo corrispondente dell'anno scorso, mancano oltre 500 milioni di euro. È la dinamica del gioco che ha portato a questo risultato. Ad esempio, l'anno scorso ci sono stati, per il Lotto, forti ritardi, di cui abbiamo letto tutti sui giornali, che hanno determinato un incremento delle giocate. Attualmente, nel Lotto, il differenziale è molto elevato.
Per quanto riguarda il Superenalotto, la raccolta dipende dalla frequenza con cui escono i premi più alti: se la vincita di
prima categoria - il 6 - è realizzata spesso, i giocatori hanno meno stimoli, e il gettito diminuisce.
Un fronte davvero molto importante, sul quale intendo impegnarmi nella misura massima possibile, anche alla luce della mia esperienza ormai più che trentennale, è quello dei controlli, di fondamentale importanza per motivi non soltanto di interesse erariale, ma anche di prevenzione delle infiltrazioni criminali e dei fenomeni patologici.
L'Amministrazione dei monopoli ha già compiuto un grande sforzo negli ultimi anni. Come potrete leggere nella relazione, il numero dei controlli è notevolmente aumentato nell'ultimo biennio, anche perché è aumentato il personale dell'Amministrazione. I risultati sono sempre migliori, e ci sarà un ulteriore impegno. Dell'importanza dei controlli si dovrebbe tenere conto anche nell'ambito del riordino cui si procederà in attuazione della delega. Credo che un accenno nella norma, anche in termini di rafforzamento del dispositivo sanzionatorio, potrebbe essere utile. Poiché si tratta di un tema caldo, come si suole dire, è importante agire nel migliore dei modi.
Per quanto riguarda più specificamente il disegno di legge delega, nel testo attuale si parla, innanzitutto, di riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici. In effetti, le fonti normative che disciplinano la materia dei giochi sono sparse qua e là nella normativa primaria e in quella secondaria. Un riordino sarebbe, quindi, davvero benedetto.
Come giustamente prevede l'articolo 15, comma 1, lettera b), del disegno di legge, le disposizioni vigenti dovranno essere adeguate ai più recenti principi, anche di fonte giurisprudenziale, stabiliti al livello dell'Unione europea.
Immagino sappiate che la materia dei giochi involge tutta una serie di problematiche di rilevanza comunitaria. Per questo motivo, il nostro campo di azione è disseminato, per così dire, di contenziosi di vario genere. Appena insediatomi, ho ironicamente affermato che mi sembrava di essere entrato in un ufficio legale, più che in un'amministrazione operativa. Sono stato messo al corrente, infatti, di procedimenti pendenti dinanzi al TAR, alla Corte costituzionale, alla Corte di giustizia europea. Manca solo la Corte europea dei diritti dell'uomo!...
Questo aspetto è sicuramente molto importante: a mio avviso, discutere anche di controlli e sanzioni potrebbe essere utile per sistemare in maniera compiuta il quadro normativo.
Ci sono, poi, le questioni che attengono alla misura del prelievo. Spero di aver fatto comprendere la delicatezza di tale profilo. Determinate motivazioni hanno indotto a stabilire prelievi più bassi in relazione ad alcuni giochi. Da questo punto di vista, si pone il problema di verificare se, aumentando il prelievo, si incassi di più, ovvero se si incida negativamente sul mercato, incassando, quindi, di meno. Dopo appena un mese dal mio insediamento, non sento di poter dare ancora una risposta, ma con il mio staff approfondirò questa tematica così delicata, anche per dare un contributo agli organi legislativi, ai quali spetta di scegliere la linea migliore.
Il disegno di legge delega si occupa anche di problemi di stretta attualità, quali le ludopatie e la tutela dei minori. La materia è disciplinata da un decreto-legge volto a promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute, di cui è imminente la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Per il tramite del Ministero dell'economia e delle finanze, abbiamo dato il nostro contributo al testo del provvedimento d'urgenza, suggerendo di puntare soprattutto sui controlli. Infatti, se non c'è un dispositivo di controllo adeguato, che permetta di verificare il rispetto di un divieto, questo rischia di rimanere fine a se stesso.
È chiaro che l'esame del disegno di legge delega potrà rappresentare un'occasione propizia sia per raccogliere e coordinare le nuove disposizioni - ce ne sono anche altre sul tema specifico - sia per accrescerne l'efficacia, alla luce di ulteriori valutazioni.
Grazie dell'attenzione.
PRESIDENTE. Ringrazio il direttore dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.
FRANCESCO BARBATO. Mi sia consentito rivolgere al dottor Magistro un duplice ringraziamento: per la sua partecipazione all'audizione e per la qualità della relazione, dalla quale traspaiono il suo percorso e la sua trentennale esperienza. Probabilmente, la collaborazione a «Mani pulite» è stata un'esperienza formativa importante.
La relazione è stata molto importante perché, innanzitutto, ha focalizzato il ruolo dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato in ordine alla contrapposizione netta tra gioco legale e gioco illegale e alla capacità di recuperare gran parte delle attività illegali all'area del gioco legale. Ricordo, in proposito, come fosse chiaramente emerso, da alcune audizioni e da alcune mie personali attività di sindacato ispettivo e di verifica, che i proventi del gioco illegale erano, a Palermo, equivalenti a quelli del gioco legale. Si trattava di circa un miliardo di euro l'anno!
In questi anni, quindi, l'AAMS ha progressivamente portato avanti un lavoro importante. Ciò offre lo spunto per una prima domanda.
Lo Stato comincia finalmente ad attrezzarsi in questo settore, ma non possiamo certamente affermare di essere arrivati alla fine del tragitto.
Per quanto riguarda eventuali inasprimenti del prelievo erariale, lei stesso, direttore, ha ammesso di avere bisogno di ulteriori riflessioni, prima di poter formulare suggerimenti agli organi legislativi. Ha fatto riferimento, in particolare, a un prelievo dello 0,6 per cento, che è davvero irrisorio: pur con un elevato volume d'affari, esso si traduce in entrate di pochi milioni di euro per lo Stato. Tuttavia, inasprire il prelievo potrebbe turbare il terzo settore economico italiano, creando problemi occupazionali.
Non ha molto senso chiedere all'acquaiolo se l'acqua è fresca - come si dice a Napoli -, dato che la risposta sarebbe scontata. Nel caso di specie, però, considerata la serietà degli interlocutori che ho davanti, desidero sottoporle, dottor Magistro, la questione dell'incorporazione dell'AAMS nell'Agenzia delle dogane. È come se un atleta che sta correndo i cento metri, in prossimità del traguardo, fosse fermato e invitato a uscire dalla pista. Insomma, ho seri dubbi al riguardo.
In tutti i processi di accorpamento è insito un concreto rischio iniziale di disagio, diciamo così, dovuto all'integrazione tra i due o più sistemi unificati. Questo ha ripercussioni negative sul know-how acquisito nel corso degli anni. La relazione pone in risalto il ruolo basilare dei controlli nel settore dei giochi. Le domando, allora: potrebbe l'incorporazione turbare seriamente un'attività fondamentale per assicurare il rispetto dei divieti, che senza controlli rischierebbero di essere vanificati?
Sul tema specifico ho presentato, insieme ad altri colleghi, una risoluzione in Commissione. L'audizione odierna dovrebbe servire soprattutto per aiutarci a esercitare il nostro mandato parlamentare in modo serio e autentico, nell'interesse del Paese. Per fare ciò, sono pronto a dare un contributo anche su questo tema.
A suo avviso, dottor Magistro, l'incorporazione potrebbe incidere negativamente sull'attività di controllo e sull'efficienza complessiva dell'AAMS? Inoltre, vorrei sapere quali sono gli effettivi risparmi che ne deriverebbero: in altre parole, se il gioco valga la candela.
COSIMO VENTUCCI. Anch'io ringrazio il direttore per l'esposizione estremamente chiara. Ho dato una scorsa al documento consegnato alla Commissione, che mi sembra davvero esaustivo.
Ricordo ai colleghi che i giochi pubblici nacquero, praticamente, circa quindici anni fa, quando il Ministro delle finanze dell'epoca, Vincenzo Visco, fece sì che lo Stato mettesse le mani, diciamo così, su un settore fino ad allora quasi del tutto illegale.
I suoi predecessori, dottor Magistro, hanno provveduto all'organizzazione del comparto dei giochi con coraggio - e, forse, con una dose di inconsapevolezza -, andando anche al di là della scarna normativa all'epoca vigente e, tra l'altro, avendo di fronte un parterre che sarebbe poco definire delinquenziale. I dati da lei citati - 43 miliardi di euro contro 15,4 - indicano il gap che esisteva tra gioco legale e gioco illegale. Lei ha affermato, oggi, che l'area del gioco illegale è stata fortemente ridotta: questo è un fatto estremamente positivo.
Mi pare di aver capito che anche il comparto dei giochi pubblici rifletta l'attuale configurazione - non soltanto sociale ed economica, ma anche culturale - del nostro Paese, che si presenta nettamente differenziato tra Nord e Sud. Del resto, una situazione analoga è stata rappresentata dal dottor Befera a proposito dell'evasione fiscale.
Benché nelle riunioni ufficiali evitiamo di sottolineare tale dicotomia, anche perché c'è già una forza politica che su di essa pone costantemente l'accento, sembra opportuno, in una Commissione composta da persone che hanno una certa preparazione nella materia fiscale, dire con chiarezza che la parte illegale dei giochi la si trova nelle aree più votate, per motivi prettamente storici, all'illegalità.
Credo che il centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia abbia dato modo agli osservatori più attenti di constatare come dal 1861 alcune cose siano cambiate poco, e tra esse l'attività politica. Ieri, ad esempio, e anche oggi, abbiamo assistito a un'azione legale, cioè legittima dal punto di vista regolamentare: un gruppo politico composto da 59 deputati ha sostanzialmente bloccato l'attività dell'Assemblea della Camera, avvalendosi di norme che, risalendo a centocinquanta anni fa, non tengono conto del nuovo contesto e dell'evoluzione degli strumenti a nostra disposizione.
So che lei, dottor Magistro, in quanto fedele funzionario dello Stato, difficilmente potrà esprimere un parere riguardo alla riorganizzazione delle agenzie fiscali, e per questo non voglio coinvolgerla. La mia può essere una valutazione opinabile, ma temo l'incorporazione dei Monopoli nelle Dogane. Il mio timore nasce da un fatto che sfugge a molti, compresi tanti dei governanti che hanno partecipato alle nostre audizioni: dopo il Trattato di Lisbona, la politica doganale dipende non più dai Governi nazionali, ma direttamente da Bruxelles.
Nel 2003 operammo una separazione tra la parte fiscale e la parte industriale dell'attività dell'AAMS, da cui nacque, nel 2004, la British American Tobacco Italia Spa. Oggi, la parte fiscale è estremamente ridotta, poiché i giochi rientrano nella parte industriale. Per i controlli, ci sono l'Arma dei carabinieri, la Guardia di finanza, la Polizia e altri soggetti ancora: un coacervo tale che, se non ci si mette preventivamente d'accordo su chi li deve fare, i controlli finiscono per diventare un atto vessatorio nei confronti dei cittadini.
Noi abbiamo provato a organizzare meglio alcuni ambiti della pubblica amministrazione, dottor Magistro. Ad esempio, abbiamo svolto un lavoro importante ai fini della prevenzione delle frodi nel settore dell'assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, giungendo all'approvazione, in sede legislativa di un testo unificato in materia, che è stato trasmesso al Senato. Ebbene, direttore, abbiamo scoperto, nel corso dei lavori, che gli otto o nove soggetti pubblici coinvolti nella gestione dei trasporti e degli autoveicoli non comunicavano tra loro: ciascuno aveva i propri apparati informativi e di controllo!
Tornando, quindi, all'argomento dell'incorporazione dell'AAMS nell'Agenzia delle dogane, si tratta di un'iniziativa appropriata? Sappiamo bene che quello dei giochi è un comparto industriale molto delicato. Al di là della prevenzione e cura delle ludopatie, e delle attività di contrasto ai fenomeni delinquenziali (a proposito dei quali richiamo le considerazioni già espresse in precedenza), temo che i dieci concessionari che hanno un contatto diretto con i Monopoli finiscano per dettare l'indirizzo industriale: non per carenze dei
Monopoli stessi, ma semplicemente perché i concessionari sono più organizzati e hanno disponibilità finanziarie.
Abbiamo appreso, peraltro, in occasione delle precedenti audizioni, che l'AAMS ha soltanto sei dirigenti di prima fascia, e pochi di seconda fascia. Ciò crea un problema proprio a livello di gestione dei controlli, che lei giustamente invoca, in quanto determinanti sia per la correttezza dei comportamenti delle giovani generazioni, sia per il futuro dei giochi.
Vorrei un suo commento al riguardo, dottor Magistro.
ALBERTO GIORGETTI. Ringrazio anch'io il dottor Magistro, il quale ha svolto una relazione molto interessante e puntuale, e formulo a lui i migliori auguri di buon lavoro, nell'interesse dell'Amministrazione finanziaria e del Paese.
Mi pare che le sue idee, direttore, siano già molto chiare e incontrino, peraltro, l'apprezzamento del nostro gruppo.
Il collega Ventucci ha già sottolineato alcuni interessanti elementi di riflessione. Per parte mia, vorrei tornare sul tema dei costi e del presunto risparmio derivante dall'incorporazione dell'AAMS nell'Agenzia delle dogane. Ho già dichiarato che, di per sé, l'incorporazione non mi scandalizza: ritengo, infatti, che si possa ragionare su un'ulteriore razionalizzazione delle agenzie fiscali. Avrei preferito che l'intervento trovasse spazio all'interno del disegno di legge delega in esame, ma su questo comunque deciderà il Parlamento.
Credo che l'opzione del Governo, pur presentando profili di delicatezza, come ricordava l'onorevole Ventucci, potrebbe anche essere percorribile. Temo, tuttavia, che molto difficilmente potrà essere rispettata la tempistica stabilita. È ragionevole pensare che si possa realizzare l'incorporazione entro dicembre 2012? Credo sia difficile. Le sottopongo questa mia riflessione, direttore, per avere rassicurazioni in merito.
La seconda considerazione riguarda i costi per il personale dipendente. Vorrei sapere, in particolare, se l'incorporazione avrà, da tale punto di vista, un impatto economico neutro. Chi conosce le dinamiche di questo settore della pubblica amministrazione ha motivo di nutrire qualche dubbio in proposito. Le chiedo, quindi, se può confortarci, direttore, circa l'effettiva neutralità dell'operazione e se, relativamente al nuovo profilo dei Monopoli di Stato, vi siano ancora elementi che sfuggono (che potrebbero anche riguardare il bilancio). A mio modo di vedere, questo aspetto della vicenda non può essere sottovalutato.
Con riferimento al disegno di legge delega, invece, credo che il programma di lavoro da lei delineato sia pienamente condivisibile e necessiti di ulteriori passi in avanti. Mi permetto di sottoporle, direttore, altri due elementi di riflessione.
In primo luogo, la delega potrebbe essere utilizzata per cercare di rafforzare ulteriormente le prospettive di un settore che, senza una manutenzione costante, come lei ricordava, rischia di registrare non tanto una diminuzione della raccolta e del fatturato, quanto una diminuzione del gettito. Dobbiamo porci tale problema, in una logica di responsabilità nei confronti dello Stato, con riferimento a due fronti: la lotta al gioco illegale e l'implementazione, corretta ed equilibrata, dell'offerta di giochi, in connessione con una revisione complessiva del loro trattamento fiscale.
Conosco benissimo la dinamica con cui è stata determinata la percentuale dello 0,6, definita irrisoria dal collega Barbato. Essa ha una sua ragion d'essere, ma è evidente che, in questo momento, la quantità rappresenta di per sé un problema: è inutile negarlo.
Propongo questa riflessione a breve distanza dall'adozione della norma in questione. Poiché ritengo necessario continuare a fare la cosiddetta manutenzione, mi chiedo - e le chiedo, direttore - se non sia il caso di cogliere l'occasione, anche se mi rendo conto che i tempi sono ristretti. Credo che sia importante conoscere la sua opinione in proposito.
Da ultimo, sarebbe opportuno soffermarsi anche su un altro tema fondamentale che riguarda l'Amministrazione dei
monopoli: i tabacchi, settore in cui vi sono alcuni problemi aperti di carattere europeo. Si tratta di un altro comparto importante e maturo, di un mercato che registra oscillazioni, in cui esistono difficoltà legate all'illegalità, alla contraffazione e al contrabbando. Poiché anche in questo campo occorrerebbe riflettere sulla fiscalità, potrebbe essere arrivata l'occasione per farlo.
Non so se l'esame del disegno di legge delega consenta di fare tutto quello che abbiamo in mente. In ogni caso, conoscere le sue opinioni in merito alle questioni sollevate potrebbe essere utile al Parlamento, anche per capire se siamo nella condizione di giungere a una sintesi che possa rafforzare questa iniziativa del Governo, che consideriamo comunque pregevole, rispetto a tutta l'attività dei Monopoli di Stato.
ALBERTO FLUVI. Mi unisco alle congratulazioni dei colleghi al nuovo direttore dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e gli auguro buon lavoro, auspicando che il tempo di cui disporrà non sia troppo breve.
Quando sono relatore su un provvedimento, come nel caso del disegno di legge delega n. 5291, non sono solito intervenire nel corso delle audizioni, perché sono molto più interessato ad ascoltare il contributo dei nostri ospiti e quello degli altri deputati. Siccome, però, i colleghi si sono soffermati sul tema della riorganizzazione delle agenzie fiscale nelle precedenti audizioni della dottoressa Alemanno e del dottor Befera, desidero ricordare - anche per togliere dall'imbarazzo il direttore Magistro, il quale non può che adeguarsi alla volontà del Governo e del Parlamento - che un accenno al tema specifico della riorganizzazione delle agenzie fiscali è contenuto nella relazione da me svolta nella seduta di due giorni fa. In particolare, dopo avere richiamato la risoluzione n. 8-00185, approvata all'unanimità dalla Commissione il 4 luglio scorso, ho preannunciato l'intenzione di presentare una proposta emendativa volta a
definire un'organizzazione delle agenzie fiscali che - posso anticiparlo - sarà molto diversa da quella proposta dal Governo. Naturalmente, poiché è stato stabilito che gli effetti delle incorporazioni decorreranno dal 1o dicembre 2012, sarà anche necessario prevedere uno slittamento di tale termine.
Per questo motivo, sono interessato a conoscere non tanto la sua opinione sul tema generale della riorganizzazione delle agenzie fiscali, dottor Magistro, quanto, piuttosto, i dati richiesti dall'onorevole Giorgetti, riguardanti i costi del personale e eventuali altri elementi relativi all'unificazione dei bilanci dell'AAMS e dell'Agenzia delle dogane.
Se non ricordo male, la relazione tecnica allegata all'emendamento 1.900 del Governo, analoga, sul punto, a quella che già corredava il decreto-legge n. 87 del 2012 (confluito nel decreto-legge n. 95 del 2012 per effetto del citato emendamento), stimava in circa 466.000 euro i risparmi di spesa derivanti dalle incorporazioni dell'AAMS e dell'Agenzia del territorio. Si tratta dei risparmi che saranno realizzati in prima battuta. L'integrazione funzionale delle due strutture, rispettivamente, nell'Agenzia delle dogane e nell'Agenzia delle entrate, farà conseguire, nel tempo, ulteriori risparmi di spesa. Sicuramente avrete fatto i vostri conti, e immagino che, per quanto vi riguarda, abbiate già preso contatti con l'Agenzia delle dogane (come l'Agenzia del territorio con l'Agenzia delle entrate). Ebbene, vorrei sapere se i vostri calcoli coincidano con quelli che già conosciamo.
Inoltre, ho da porle, direttore, una domanda specifica in merito al disegno di legge delega. Come lei ha affermato svolgendo la relazione, a un incremento della raccolta, cioè delle somme giocate, corrisponde, nel primo semestre dell'anno, una riduzione delle entrate erariali. Si è riservato di approfondire tale materia, e noi aspettiamo di conoscere i risultati dei suoi approfondimenti.
Tuttavia, un tema di cui abbiamo più volte discusso in Commissione - e che potrebbe, eventualmente, formare oggetto di delega - è l'uniformità della tassazione
sui giochi pubblici. Infatti, come lei ha rilevato, vi sono aliquote e sistemi di tassazione differenziati a seconda dei giochi. Secondo lei, direttore, è ipotizzabile uniformare gradualmente la tassazione? I titoli concessori sono stati affidati in un certo modo, ed è chiaro che non si possono cambiare le regole dalla sera alla mattina. È anche difficile accettare, però, che a ogni gioco corrisponda un'aliquota o un sistema di tassazione.
Una seconda domanda è relativa agli obiettivi di finanza pubblica. I diversi provvedimenti approvati negli ultimi tempi hanno suscitato in me - riferisco, quindi, un'impressione strettamente personale - che si sia voluto utilizzare il settore dei giochi come una sorta di bancomat, per battere cassa. Questi obiettivi si stanno raggiungendo oppure no, come mi sembra di rilevare dalla relazione? Lei non l'ha affermato esplicitamente, ma mi pare che emergano difficoltà.
PRESIDENTE. Ho anch'io alcune domande.
Ricollegandomi alle considerazioni sviluppate dal collega Fluvi, sarebbe interessante, innanzitutto, capire quali differenze vi siano tra il bilancio dell'AAMS e quello dell'Agenzia delle dogane. Bisognerebbe verificare, inoltre, se l'accorpamento delle due strutture e dei due diversi sistemi comporti oneri per il Ministero dell'economia e delle finanze. Se ciò fosse vero, l'operazione non sarebbe a costo zero, e occorrerebbe trovare le risorse per realizzarla.
Riprendendo il discorso sulle modalità di imposizione, cui ha accennato il collega Fluvi, mi piacerebbe sapere - come sa, l'argomento è addotto a sostegno delle proprie ragioni da Betfair, nell'annosa questione riguardante le sale scommesse - se sia ipotizzabile un tipo di tassazione incentrato sul margine anziché sulla raccolta. Uno dei più frequenti motivi di confusione è rappresentato dal riferimento indifferenziato alla raccolta e alle somme giocate. Chi lavora nel settore, chi lo conosce, sa bene che si tratta di entità diverse; sa anche che, come lei ha spiegato egregiamente nella relazione, direttore, più alto è il payout, più trova giustificazione la finalità di intrattenimento, ferma restando la necessità di prevenire l'instaurarsi di patologiche forme di dipendenza dal gioco.
Le dico con molta franchezza, dottor Magistro, che non condivido per nulla il modo in cui è stato formulato l'articolo 15 del disegno di legge delega, il cui testo dovrebbe essere profondamente rivisto. Non basta riordinare e raccogliere le disposizioni vigenti per mettere ordine nel settore dei giochi. Bisognerebbe, prima di tutto, interrogarsi sulla fenomenologia del gioco e sull'impatto delle diverse regole. Lei stesso, direttore, ha affermato che il calo delle entrate erariali ha una sua giustificazione. Ci ha anche detto che alcune norme non hanno prodotto il gettito che ci si aspettava. Mi interessa conoscere la sua opinione, dottor Magistro, anche sul gioco on line, che è in crescita.
Fortunatamente, il Governo non ha dato seguito all'ipotesi, inizialmente ventilata, di inserire le disposizioni in materia di giochi, di tutela dei minori e di ludopatie, temi già oggetto del disegno di legge delega in esame, in uno dei primi provvedimenti utili.
A proposito delle ludopatie, tali fenomeni si prestano a essere accertati, tramite appositi sistemi di rilevazione e anche mediante verifiche in loco. Orbene, poiché è possibile, eventualmente, disattivare l'apparecchio sul quale si registri una giocata irregolare, perché non ci si è mai incamminati con determinazione sulla strada della prevenzione, e si continua, invece, a porre l'accento su ciò che si può fare ex post, cioè sulla cura dei soggetti affetti da ludopatie?
Ho l'impressione che la lettera a) del comma 2 dell'articolo 15 del disegno di legge sia stata scritta dal Ministero della salute. Della sanità ho una mia visione: ritengo, come tanti, che sia bene non finire in quei circuiti, indipendentemente dalla riconosciuta professionalità di molte persone che in essi operano. Insomma, credo sia meglio prevenire che curare. Anche questo è un aspetto che mi interessa molto. E siccome dal 3 dicembre saranno
probabilmente operativi, tra i giochi a distanza, anche quelli che simulano dispositivi a rulli (le cosiddette slot on-line), mi sembra contraddittorio prevedere maggiori controlli nei luoghi dove si praticano i giochi e, contestualmente, incrementare le possibilità di gioco on-line, rendendo, in questo modo, più difficili i controlli.
Ipotizzando che le slot on-line saranno disponibili dal prossimo mese di dicembre, ci ritroveremo, da una parte, concessionari che hanno installato gli apparecchi versando ingenti somme e, dall'altra, operatori che proporranno giochi analoghi sui circuiti telematici senza alcun controllo e senza alcun esborso. Francamente, non credo che questa sia la strada giusta. Sarebbe opportuno, invece, avviare una riflessione complessiva sullo sviluppo del gioco on-line, sulla tassazione e sulla possibilità concreta di contrastare le ludopatie anche in circuiti obiettivamente difficili da controllare.
Infine, poiché è presente il dottor Carducci, vorrei chiedergli di chiarire quanto costa un dipendente dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e quanto uno dell'Agenzia delle dogane.
Do la parola ai nostri ospiti per la replica.
LUIGI MAGISTRO, Direttore dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Vi ringrazio per le domande rivoltemi e per gli spunti di riflessione, la cui varietà e profondità ha fatto emergere, sia pure in un breve dibattito, quanto sia complesso e delicato il settore dei giochi. Secondo me, pochi se ne rendono conto. Io stesso, prima di assumere la responsabilità di direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, non avevo un'esatta percezione delle problematiche concernenti tale comparto.
Oltre a ringraziare per le gentili espressioni di augurio e di fiducia indirizzatemi, desidero anche complimentarmi con i deputati presenti, perché il dibattito odierno conferma quanto il Parlamento sia vicino ai nostri problemi e come li conosca in profondità. Per parte nostra, siamo pronti a intervenire.
Mi pare che il tema caldo, come si suole dire, sia rappresentato dall'incorporazione dell'AAMS nell'Agenzia delle dogane. Avendo seguito il dibattito sviluppatosi in Commissione, so quante perplessità sono state manifestate, da varie parti, in merito a tale operazione. Com'è stato riconosciuto, non posso esprimere, al riguardo, alcun giudizio: la mia responsabilità di funzionario pubblico mi impone di dare attuazione a ciò che il Governo ha deciso in via d'urgenza, e il Parlamento stesso ha poi definitivamente approvato.
Tuttavia, alcune tra le perplessità oggi espresse possono essere da me commentate da un punto di vista tecnico.
L'onorevole Barbato ed altri deputati hanno chiesto se l'incorporazione potrà incidere negativamente sull'attività di controllo, se potrà rallentarci o crearci altri problemi. La mia risposta è che dipenderà da come l'incorporazione sarà operativamente realizzata. La norma contiene un'indicazione generale molto sintetica - forse troppo -, ma dovranno seguire i provvedimenti attuativi.
L'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e l'Agenzia delle dogane si sono mosse da tempo. In particolare, si è occupato delle problematiche connesse con l'incorporazione il dottor Carducci, in quanto direttore della direzione per l'organizzazione e la gestione delle risorse. La parte amministrativa e il personale costituiscono gli aspetti critici di un passaggio che dovrà avvenire senza soluzione di continuità. Dovremo fare molta attenzione. L'esito dipenderà anche da come saranno regolamentati, in sede di attuazione, i profili inerenti all'attività amministrativa e al personale.
Abbiamo istituito alcuni tavoli tecnici, al fine di operare congiuntamente le più opportune valutazioni.
Credo sia molto importante il preventivo «dimagrimento» delle amministrazioni. Per quanto riguarda i nostri organici, ci stiamo già adoperando in tal senso. Per la verità, l'articolo 23-quater del decreto-legge n. 95 del 2012 prevede il cosiddetto «passaggio delle teste», che per l'Amministrazione dei monopoli non va
molto bene. Per risalenti problematiche relative al reperimento dei dirigenti, il nostro organico non annovera, in questo momento, molti dirigenti di ruolo. Bisognerà vedere, quindi, come sarà interpretata la norma. Ci stiamo lavorando. Ho anche discusso dell'argomento con il Ministero dell'economia e delle finanze. Dovremo trovare una soluzione, perché questo potrebbe diventare effettivamente un problema (a conferma del fatto che tutto dipende dalle modalità concrete di attuazione dell'incorporazione).
PRESIDENTE. Scusi, dottor Magistro, ma bisogna essere estremamente chiari. Se lei stesso rileva un problema relativo ai dirigenti, è lecito chiedersi se quella di cui stiamo discutendo sia una riforma a costo zero. Come si rimedia alla carenza di dirigenti?
Per completare l'organico, l'Agenzia dei monopoli sarebbe stata autorizzata ad assumere un certo numero di dirigenti. In seguito all'incorporazione, anche alla luce delle previste riduzioni del numero di dirigenti di prima e di seconda fascia, da dove arriveranno i dirigenti che mancano? Da qualche altra amministrazione? L'operazione non comporterà costi? Sarete autorizzati ad assumere dirigenti in esubero di altre amministrazioni, ammesso che ci siano?
Va chiarito, inoltre, con molta franchezza, che le riduzioni del 10 e del 20 per cento riguarderanno i posti in organico, e non il personale effettivo.
Credo, altresì, che un eventuale accordo con il Ministero dell'economia e delle finanze in merito all'adeguamento dei quadri dirigenziali comporterebbe oneri, che dovrebbero essere palesati. Il Parlamento non starà a guardare. Nelle relazioni tecniche depositate dal Governo è precisato che si otterranno risparmi per meno di 500.000 euro. Si fa riferimento al costo del direttore generale di un'agenzia? È questo il risparmio? E tutto quello che ne deriva?
Non possiamo approvare una norma senza avere cognizione dei costi effettivi che essa genera. O si elabora un quadro di risparmi che permetta di risolvere i problemi a costo zero, oppure ci prendiamo in giro.
LUIGI MAGISTRO, Direttore dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Non è che l'organico o gli effettivi dell'Amministrazione dei monopoli generino un problema di costi. Non sarebbe stato così nemmeno se fosse nata l'Agenzia dei monopoli, per il semplice fatto che l'organico è di per se stesso finanziato attraverso le risorse e il loro riequilibrio.
Le riduzioni del 20 e del 10 per cento sono operate sugli organici, ma riguardano tutti i Ministeri. Anche noi stiamo facendo i nostri calcoli, perché dobbiamo attuare le disposizioni in materia di spending review. Per quanto riguarda il personale non dirigente, abbiamo un leggero esubero di effettivi rispetto all'organico rideterminato in base alle nuove disposizioni. Non accade lo stesso per il personale dirigente, perché il numero degli effettivi è molto inferiore alle cento unità della dotazione organica. Prima di stabilire la misura delle riduzioni da operare, sarà stata valutata la compatibilità, dal punto di vista finanziario e di bilancio, dei costi derivanti dagli organici ridotti.
Provengo dall'Agenzia delle entrate, presso la quale - immagino lo sappiate - non sono banditi concorsi per dirigenti da molto tempo. Si può provvedere, quindi, diversamente. In particolare, i posti disponibili potrebbero essere occupati da reggenti, o da personale proveniente da altre amministrazioni. Del resto, la figura del dirigente formato presso la Scuola superiore della pubblica amministrazione è polivalente, giusto o sbagliato che sia tale indirizzo formativo. Oggi, un dirigente che abbia percorso la prima parte della carriera presso l'Agenzia delle entrate potrebbe assumere l'incarico di provveditore agli studi. La scelta è stata fatta pensando a un dirigente manager.
Non vedo un problema di costi. Il profilo di criticità che individuo è legato al fatto che il nostro personale, avente un determinato inquadramento nell'ambito del comparto Ministeri, dovrà amalgamarsi
in maniera corretta con il personale dell'Agenzia delle dogane, della cui famiglia andrà a far parte. Da questo punto di vista, bisognerà valutare una standardizzazione dei trattamenti, perché non si può pensare a diversificazioni.
PRESIDENTE. Ha idea di quale sarebbe la differenza?
LUIGI MAGISTRO, Direttore dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Dimenticavo di evidenziare che l'incorporazione va a innestarsi sul processo, ormai quasi giunto a destino, della costituzione dell'Agenzia dei monopoli. Anche i provvedimenti attuativi erano stati emanati. Mancava soltanto il vaglio della Ragioneria generale dello Stato, arrivato quando ormai non serviva più. Il processo evolutivo originariamente concepito avrebbe probabilmente comportato, come ricordava lei, signor presidente, una rivisitazione dell'organico. Comunque, riducendo determinati costi, sarebbe stato possibile coprire eventuali gap, anche grazie alla flessibilità che il modello agenziale garantisce.
È sopraggiunta, adesso, l'incorporazione. In proposito, sento di poter affermare, anche in base a un'esperienza di dodici anni maturata presso l'Agenzia delle entrare, che la cosa più importante è l'adozione del modello agenziale. Che avvenga tramite l'istituzione di un'agenzia autonoma, oppure attraverso l'incorporazione nell'Agenzia delle dogane, è assolutamente fondamentale che il modello resti lo stesso, soprattutto per un'amministrazione quale quella dei Monopoli.
Ciò è importante non soltanto per il comparto dei giochi, ma anche per quello dei tabacchi, basato su una rete capillare di rivendite e su una propria filiera produttiva. Il settore dei tabacchi ha implicazioni aziendali che possono essere gestite nel modo migliore soltanto attraverso il modello agenziale.
Con riferimento a una considerazione svolta dall'onorevole Ventucci, secondo il quale i concessionari dei giochi farebbero valere una maggiore organizzazione, posso affermare che, fin dal mio primissimo impatto con la realtà dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, ho trovato eccellenti professionalità. Il comparto è difficilissimo, perché richiede la conoscenza di tecnologie particolari. Personalmente, mi sto impegnando molto per acquisire, nel più breve tempo possibile, una sufficiente comprensione di meccanismi di funzionamento con i quali molti dirigenti e funzionari dell'Amministrazione hanno già grande dimestichezza.
Per quanto riguarda la tempistica dell'incorporazione, il 1o dicembre è alle porte, e noi ce la stiamo mettendo tutta per rispettare il termine stabilito. L'operazione è fattibile, così com'è stata prevista. Dovremo procedere a marce forzate, ma ce la faremo, perché così ci viene chiesto. Ci impegneremo al massimo. Forse, il problema riguarda più l'incorporante. Come avviene in occasione delle fusioni societarie, il soggetto incorporato collabora al massimo con l'incorporante. Da quando mi sono insediato, ho assicurato la massima collaborazione di tutto il personale dell'AAMS. Anche il direttore dell'Agenzia delle dogane, Giuseppe Peleggi, potrà dare un contributo da questo punto di vista.
PRESIDENTE. Il personale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato costa di più o di meno rispetto a quello dell'Agenzia delle dogane?
LUIGI MAGISTRO, Direttore dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Su questo specifico aspetto, come da lei richiesto in precedenza, signor presidente, cedo la parola al dottor Carducci.
FABIO CARDUCCI, Direttore della direzione per l'organizzazione e la gestione delle risorse dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. In valore assoluto, non so quanto costi il personale dell'Agenzia delle dogane. La norma più volte citata prevede che il personale dell'incorporata transiti nell'incorporante con lo stesso trattamento economico in godimento. Ciò evita nuovi costi.
Può essere utile sapere che la differenza è a favore del personale dell'Agenzia delle dogane, nell'ordine di 300-500 euro lordi mensili, a seconda dei livelli. Comunque, il personale dei Monopoli, che già fa parte del comparto delle agenzie fiscali dal punto di vista contrattuale, transita con lo stipendio in godimento, compresi gli accessori.
PRESIDENTE. In genere, quando il personale transitante gode di una retribuzione superiore, la differenza è imputata a un assegno ad personam riassorbibile. Qui, invece, ci troviamo di fronte al caso opposto, perché il vostro personale guadagna meno di quello dell'Agenzia delle dogane. Credo che ciò creerà qualche problema, anche sotto il profilo dei rapporti con le organizzazioni sindacali.
Rivolgeremo la stessa domanda al direttore dell'Agenzia delle dogane.
LUIGI MAGISTRO, Direttore dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. A proposito dei bilanci delle due strutture, nel nostro affluisce anche la raccolta, che riversiamo. Forse, l'operazione più complessa è proprio quella riguardante i bilanci. Bisognerà decidere cosa del bilancio dei Monopoli dovrà confluire nel bilancio dell'Agenzia delle dogane, e come.
La questione del trattamento economico del personale richiede soluzioni chiare. In considerazione delle caratteristiche del modello agenziale, della nuova convenzione da stipulare con il Ministero dell'economia e delle finanze e delle risorse che arriveranno, l'attuale disallineamento potrà essere riequilibrato, ma senza ulteriori costi, perché così è stabilito. Nelle pieghe dei bilanci delle singole strutture, e nell'ambito dei rapporti con il Ministero, si potrà trovare il modo di allineare le posizioni retributive, risparmiando su qualcos'altro.
PRESIDENTE. Lo ritengo molto complicato.
LUIGI MAGISTRO, Direttore dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Avviene così anche in altri contesti. Le agenzie godono di una flessibilità che rende molto più snella la gestione, fermo restando che le assegnazioni sono quelle stabilite.
PRESIDENTE. Le necessità della spending review inducono a ragionare diversamente: se l'Amministrazione è in grado di riequilibrare i differenti trattamenti retributivi del personale mediante risparmi di spesa, ciò significa che tali risparmi potrebbero essere conseguiti anche a prescindere dal predetto riequilibrio. Mi chiedo, allora, se sia legittimo fare un'operazione simile utilizzando risparmi che, invece, potrebbero affluire all'erario.
LUIGI MAGISTRO, Direttore dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Escludo che la differenza possa essere enorme: il personale dell'Agenzia delle dogane non guadagna il doppio rispetto al nostro.
PRESIDENTE. In un momento in cui è difficile reperire anche un milione di euro, se so che un'operazione produce un risparmio inferiore a 500.000 euro, ma nel contempo comporta la necessità di trovare una decina di milioni di euro, allora metto in dubbio l'opportunità di procedere.
LUIGI MAGISTRO, Direttore dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Per concludere, signor presidente, presentano sicuramente profili di delicatezza i giochi on-line, che, sebbene autorizzati da poco tempo, stanno avendo uno sviluppo abbastanza veloce. Come si può immaginare, non è semplice esercitare i controlli in tale settore, dovendosi monitorare il web.
In particolare, la scelta di consentire giochi on-line in grado di sfuggire a determinati controlli, che la filiera dei concessionari, invece, potrebbe garantire, richiede senz'altro ulteriori riflessioni, per eventuali, futuri interventi limitativi. Comunque, ci stiamo già muovendo.
A mio avviso, per quanto riguarda le ludopatie, si potrebbe ottenere molto responsabilizzando
i concessionari e tutta la filiera del gioco, fino all'ultimo esercente, il quale potrebbe intervenire per frenare chi voglia esagerare, come fa il barista coscienzioso con chi tende ad abusare di alcolici. Diversamente, non potremo avere una vigilanza costante. Come si fa a sapere chi gioca troppo?
Quella del gioco minorile è un'altra storia: occorrono un presidio fermissimo e molti più controlli, che sicuramente faremo.
PRESIDENTE. Ringrazio gli intervenuti e autorizzo la pubblicazione della documentazione consegnata dal direttore dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato 2).
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 16,20.
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