Sulla pubblicità dei lavori:
Valducci Mario, Presidente ... 3
Audizione del Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, Corrado Passera, sulla realizzazione delle linee programmatiche dei suoi dicasteri, per le parti di competenza (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Valducci Mario, Presidente ... 3 8 11 23 31
Bergamini Deborah (PdL) ... 23
Biasotti Sandro (PdL) ... 14
Crosio Jonny (LNP) ... 11 13
Desiderati Marco (LNP) ... 14
Garofalo Vincenzo (PdL) ... 11
Gentiloni Silveri Paolo (PD) ... 15
Lovelli Mario (PD) ... 11
Lusetti Renzo (UdCpTP) ... 16
Mereu Antonio (UdCpTP) ... 21 29
Merlo Giorgio (PD) ... 8
Meta Michele Pompeo (PD) ... 17 27
Monai Carlo (IdV) ... 21
Nizzi Settimo (PdL) ... 22
Passera Corrado, Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti ... 3 24 27 29
Terranova Giacomo (Misto-G.Sud-PPA) ... 19
Velo Silvia (PD) ... 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare:
Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.
Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 14,10.
PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, Corrado Passera, sulla realizzazione delle linee programmatiche dei suoi dicasteri, per le parti di competenza.
Ricordo che, come convenuto nell'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, e come già comunicato al Ministro, nel corso dell'audizione sarà dedicata una particolare attenzione all'attuale situazione del settore postale e del settore aeroportuale, nonché alle prospettive di realizzazione in Italia delle reti di nuova generazione NGN (Next Generation Network).
Do, quindi, la parola al Ministro Corrado Passera per lo svolgimento della relazione.
CORRADO PASSERA, Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti. Grazie, presidente. Se siete d'accordo, inizierei con una breve relazione sui temi che mi sono stati indicati, per lasciare più tempo possibile alle eventuali risposte.
Per quanto riguarda il settore postale, la liberalizzazione del mercato postale deve essere iscritta nel più ampio tema delle politiche che a livello comunitario hanno per oggetto la tutela dei servizi di interesse economico generale, come già avvenuto per altri servizi di pubblica utilità, come energia, trasporti e telecomunicazioni.
Anche per i servizi postali la Commissione europea ha coniugato l'esigenza di liberalizzazione dei mercati con la necessità di garantire l'interesse generale. La Commissione Europea ha, quindi, intrapreso un processo di revisione del funzionamento del mercato postale europeo iniziato nel 1997, che in parte con alcuni di voi abbiamo vissuto, promuovendo un percorso di transizione sostenibile in grado di assicurare, però, l'universalità del servizio.
Oggi, a poco più di un anno dalla liberalizzazione, anche nel nostro Paese siamo pronti a un nuovo mercato e a nuove regole per un servizio universale trasformato e migliorato. L'evoluzione e i mutamenti in atto nel mercato postale che si stanno delineando rendono necessario, per tutte le aziende del settore, affrontare un processo di riorganizzazione del recapito. Il recapito è il primo dei punti da analizzare che, naturalmente, è in particolar modo rilevante perché tocca il tema più generale della salvaguardia dei posti di
lavoro. Questo, naturalmente, vale soprattutto per il fornitore del servizio universale.
Il Governo, attraverso il ministero, ha chiesto a Poste Italiane, in una logica di efficientamento dei processi e di miglioramento della qualità, di organizzare i servizi, con particolare riguardo alle esigenze della clientela. Il nuovo modello di organizzazione, nel rispetto dell'autonomia dell'azienda in tema di relazioni sindacali, è in questi giorni oggetto di confronto con le organizzazioni sindacali stesse. Per ora il progetto interesserà cinque regioni (Piemonte, Emilia-Romagna, Marche, Toscana e Basilicata) in quanto sono quelle che al momento presentano le migliori opportunità di assorbimento delle eccedenze che si determineranno e la migliore possibilità di ricollocazione in altre strutture aziendali regionali, soprattutto uffici postali, minimizzando in tal modo l'impatto sociale dell'intervento, che si stima intorno alle 1.700 persone. Per ora, quindi, possiamo affermare che il processo di riordino del recapito non
comporterà licenziamenti.
È bene sottolineare, inoltre, che tali interventi sul recapito rispondono anche all'obiettivo del contenimento degli oneri di servizio universale, così come previsto dal contratto di programma vigente, 2009-2011, che esiste tra il Ministero per lo sviluppo economico e Poste Italiane, un obiettivo che continueremo a perseguire anche con il nuovo contratto di programma.
Per quanto riguarda il servizio universale - secondo punto nel capitolo postale - nel nostro Paese la fornitura del servizio universale su tutto il territorio nazionale risulta particolarmente onerosa, per condizioni demografiche e territoriali caratterizzate, come sappiamo tutti, da vaste zone a scarsa o scarsissima densità abitativa, basso volume di invii pro capite, che si sono ulteriormente ridotti, ed elevati costi fissi della rete.
Giova ricordare che il Governo, in conformità alla normativa comunitaria, è deciso anche in questo settore a garantire il servizio universale, col quale intende l'insieme minimo di servizi di qualità determinata dal fornire permanentemente sull'intero territorio nazionale a prezzi accessibili a tutti gli utenti, tale da consentire attraverso la rete postale pubblica l'accesso ai servizi anche nelle zone rurali, remote e scarsamente popolate in ragione del ruolo fondamentale dalla stessa svolto in funzione di coesione sociale ed economica.
Ciò premesso, il legislatore italiano, dopo attenta analisi economica che ha coinvolto il ministero e tutti gli stakeholder di settore, ha deciso che sussistessero le condizioni per l'esclusione dal perimetro del servizio universale della pubblicità diretta per corrispondenza - questo è avvenuto con decorrenza giugno 2012 - e che, invece, per le altre tipologie di invii da parte dei clienti business fosse necessario garantire la fornitura nell'ambito del servizio universale. Nel servizio universale rimangono per ora inclusi i servizi di cosiddetta posta massiva.
La posta massiva è un prodotto dedicato alla clientela business, che permette di spedire grandi quantità di corrispondenza. La quota di mercato della massiva vale circa 800 milioni di euro all'anno ed è largamente utilizzata da banche, public utilities, compagnie assicurative per l'invio di fatture commerciali, estratti conto e così via.
È, altresì, vero che in alcuni Paesi europei - come Olanda, Germania e Regno Unito - la posta business è stata effettivamente esclusa dal perimetro del servizio universale. Ciò è stato possibile perché in questi Paesi il mercato postale è particolarmente ricco e strutturalmente poco oneroso da servire e non sussiste, pertanto, l'esigenza di garantire la fornitura dei servizi postali per gli utenti business attraverso l'imposizione di obblighi di universalità.
I Paesi che, invece, presentano maggiori similitudini con l'Italia, la Francia, la Spagna e il Belgio, hanno lasciato la massiva nel paniere dell'universale. Nel nostro Paese, l'esclusione dal servizio universale della posta massiva comporterebbe notevoli criticità connesse a una maggiore esposizione ai rischi di cream skimming,
quel fenomeno per cui il poco che si guadagna va ai privati e ciò che si perde rimane al pubblico, con conseguente incremento della postalizzazione sulla rete pubblica nelle aree geografiche a bassa densità di invii con maggiore onere per il fornitore del servizio universale. Occorre, inoltre, precisare che la dimensione aziendale degli operatori alternativi per il servizio universale è tale da non riuscire, almeno per ora, a servire tutta l'utenza sul territorio nazionale, ma solo la metà e con frequenza di consegna inferiore agli standard comunitari.
In sostanza, l'attuale rete postale pubblica risulta non replicata e non replicabile almeno in tempi brevi dagli operatori alternativi a Poste Italiane. L'esclusione dal perimetro dei servizi universali degli invii della clientela business sarebbe attuabile solo nel caso in cui fosse accertata, attraverso una misurazione da parte dall'Autorità, l'esistenza di una rete alternativa a quella del servizio pubblico di Poste in grado di assicurare la fornitura di tali servizi autonomamente e in assenza di uno specifico obbligo in capo a un operatore.
L'ultimo tema riguardante Poste Italiane di cui ci avete chiesto conto è quello degli sviluppi aziendali. Accennerò solo ad alcuni temi che, se ce ne sarà la necessità, approfondiremo. Il settore dei servizi postali sarà caratterizzato nei prossimi anni da un ulteriore forte rallentamento dei volumi di posta tradizionale, fenomeno storicamente ormai acquisito. A fronte di tale fenomeno è atteso un crescente interesse del mercato per tutti i servizi accessori e complementari all'invio postale e, più in generale, di tutta l'area dei servizi digitali e di gestione integrata di processo, di logistica, di comunicazione e servizi finanziari. I servizi postali saranno parte integrante e determinante della società dell'informazione, la società del cittadino digitale e così via. Chi tra gli operatori postali mondiali saprà raccogliere questa sfida potrà superare indenne o, comunque,
potrà superare l'inevitabile declino della posta tradizionale.
Accanto a questo sarà necessario sviluppare i servizi complementari, quali quelli finanziari che Poste Italiane, come sapete, ha sviluppato meglio di molte altre poste di altri Paesi. In tale ambito, riveste un ruolo fondamentale la diversificazione dell'offerta, unica strada possibile per gestire, assorbire e migliorare il grande valore qualitativo e quantitativo del capitale umano ereditato dai tradizionali sistemi postali.
Oggi i numeri dei ricavi di Poste Italiane sono diventati elevati, siamo oltre i 21 miliardi di euro, ma toglierei la parte prodotti assicurativi per cui va nel fatturato la raccolta dei premi, peraltro molto importante e che rappresenta circa la metà. Per tutto il resto, ormai la suddivisione è 50 per cento per servizi postali strettamente intesi come tali e 50 per cento per servizi finanziari.
Tanti, tra cui io, ipotizzano l'utilizzo di Poste Italiane come un terminale e una rete sul territorio che può contribuire a efficientare molte altre pubbliche amministrazioni. I servizi di Poste possono permettere di ridurre costi importanti di altre amministrazioni sia pensionistiche, sia della polizia, sia dei comuni, sia nella raccolta dei tributi. Il network, la rete, la struttura integrata, logistica, comunicativa e finanziaria che è stata creata da Poste è uno strumento da valorizzare fino in fondo per fare economie e migliorare servizi di altri comparti della pubblica amministrazione.
Do conto ora della situazione del settore aeroportuale. In questo settore sono intervenute rilevanti novità che hanno visto il Governo e il Parlamento impegnati nel dare attuazione alla disciplina introdotta in materia di diritti aeroportuali dalla direttiva 2009/12/CE del Parlamento e del Consiglio. Nel recepire tale direttiva con il decreto-legge sulle liberalizzazioni, si è evitata la prosecuzione della procedura di infrazione aperta dalla Commissione europea per il mancato recepimento della stessa e si è istituita l'Autorità di vigilanza in materia di diritti aeroportuali prevedendo la coincidenza di tale Autorità nel diritto nazionale con l'Autorità di
regolazione indipendente in materia di trasporti, i cui membri sono stati designati in questi giorni dal Governo.
La scelta operata consentirà l'inizio di un nuovo percorso nella politica dei trasporti del nostro Paese, in cui l'Autorità stessa si farà garante di consentire l'accesso equo e non discriminato alle infrastrutture nelle varie modalità di trasporto da parte degli operatori sia pubblici sia privati. Inoltre, nel decreto-legge cosiddetto «semplifica Italia» è stata introdotta una norma transitoria per salvaguardare il completamento delle procedure in corso rivolte alla stipula dei contratti di programma con le società di gestione aeroportuali, in particolare Roma, Milano e Venezia, nei quali sono previsti importanti investimenti infrastrutturali che faranno da volano alle economie territoriali.
Altre importanti novità riguardanti il settore sono in cantiere. In particolare, mi riferisco al piano nazionale degli aeroporti, che stiamo completando. L'adozione del piano costituirà un passo importante per lo sviluppo, necessario a garantire la fruibilità di infrastrutture adeguate alle previsioni di crescita del traffico passeggeri. Al riguardo, si evidenzia che nel 2011 gli aeroporti italiani hanno movimentato oltre 149 milioni di passeggeri e, nonostante la congiuntura economica, il traffico aereo nel nostro Paese è, comunque, tornato a crescere rispetto alla flessione del 2009 con un 7 per cento di incremento dei flussi rispetto al 2009 e un 6,5 per cento rispetto al 2010.
Il flusso dei passeggeri sul territorio genera un ritorno sull'economia nazionale che è stato stimato, mediamente, in circa 100 miliardi di euro all'anno. Le previsioni degli esperti del settore indicano il possibile raddoppio del traffico passeggeri a partire dal 2030, quindi circa 300 milioni di unità con un aumento soprattutto del traffico internazionale.
Nell'adozione del piano si terrà, naturalmente, conto della proposta in corso di revisione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti che, come è noto, ipotizza la realizzazione di una rete articolata: nel valutare dove e quali aeroporti far rientrare tra quelli strategici non possiamo non tener conto della rete europea dei corridoi e, comunque, delle infrastrutture paneuropee che si dividono, come tutti sappiamo, in una rete globale che in Europa chiamano comprehensive network, da realizzare entro il 2050 e che comprenderà tutte le infrastrutture transeuropee di trasporto esistenti e programmate a livello nazionale e regionale, che soddisfano i requisiti degli orientamenti contenuti nella medesima proposta. La rete globale contribuirà a rafforzare la coesione territoriale.
Inoltre, dovremo realizzare una rete centrale, la cosiddetta core network, a livello di Unione europea entro il 2030 che, invece, costituisce le priorità e la spina dorsale della rete transeuropea dei trasporti e comprenderà quelle parti della rete globale a maggior valore strategico per il conseguimento degli obiettivi cosiddetti TEN-T nonché i progetti a maggior valore aggiunto europeo, quali i collegamenti transfrontalieri mancanti, le principali strozzature e i nodi multimodali necessari per garantire la libera circolazione di merci e passeggeri all'interno dell'Unione.
La rete centrale, questa core network, permetterà collegamenti con le reti infrastrutturali di trasporto dei Paesi vicini. Pensare, quindi, alla collocazione di porti e aeroporti all'interno di questa rete è determinante. Nello specifico, la rete centrale interesserà 82 principali porti europei mediante collegamenti ferroviari e stradali e 37 aeroporti principali mediante i collegamenti ferroviari verso grandi città, 15.000 chilometri di linee ferroviarie ad alta velocità e 35 grandi progetti transfrontalieri per ridurre le strozzature.
Per quanto concerne, in particolare, il settore aeroportuale italiano, la proposta in argomento contempla, allo stato attuale, l'inserimento, nella rete globale, di 33 aeroporti, di cui 10 facenti parte della rete centrale: Milano Malpensa, Milano Linate, Bergamo Orio al Serio, Venezia, Torino, Genova, Bologna, Roma Fiumicino, Napoli e Palermo.
Si rammenta, inoltre, che nella proposta di regolamento che istituisce il meccanismo per collegare l'Europa, Connecting Europe Facility, sono fissate le condizioni e le modalità per finanziare, nel periodo 2014-2020, le infrastrutture prioritarie nei tre settori dei trasporti, dell'energia e delle comunicazioni, che rispettino i criteri di sviluppo sostenibile definiti nella strategia di Europa 2020. si tratta del meccanismo dei project bond, l'avvio del quale sarà preceduto, nel periodo 2012-2013, da un progetto pilota che riguarda, appunto, i project bond europei, non quelli italiani, che anche nei giorni scorsi abbiamo accelerato, ossia prestiti obbligazionari per il finanziamento di progetti attraverso i quali si intende mobilitare risorse supplementari da parte di investitori privati.
Nel nuovo scenario aperto da tali possibilità ci muoveremo ai fini della definizione del piano nazionale degli aeroporti tenendo, peraltro, ben presenti gli indirizzi che sono stati forniti dalla IX Commissione Trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera nell'indagine sul sistema aeroportuale italiano approvato il 17 febbraio 2010: l'esigenza di pervenire a un piano di disincentivi per scoraggiare la parcellizzazione degli aeroporti che permetta di individuare gli aeroporti prioritari; la subordinazione nella realizzazione dei nuovi aeroporti a una valutazione attendibile e verificata della sostenibilità economica degli stessi; la necessità, in rapporto al prevedibile incremento del traffico aereo che si registrerà in un tempo relativamente limitato, di un potenziamento delle infrastrutture aeroportuali, soprattutto per quelle di maggiore rilevanza; la realizzazione di azioni di sostegno, anche sotto forma di semplificazione della relativa
disciplina, per il trasporto aereo di merci e per l'aviazione generale.
Queste erano indicazioni che venivano, appunto, dai vostri indirizzi. Peraltro, non ci si limiterà a fornire una classificazione dei vari aeroporti esistenti, ma saranno previste anche indispensabili operazioni di razionalizzazione del settore, nel rispetto della normativa comunitaria, e interventi finalizzati al risanamento delle gestioni in difficoltà economiche - più di una - affinché essi non gravino sulla collettività.
In tale ottica, saranno assunte decisioni rivolte a favorire, in linea con gli orientamenti comunitari, la costituzione delle cosiddette reti aeroportuali; a sostenere la riorganizzazione dei servizi di navigazione aerea ancora più necessaria a seguito dell'eliminazione, a partire dal 1o luglio del corrente anno, delle sovvenzioni statali alle tariffe di terminale con conseguente aumento di dette tariffe. Per raggiungere questi obiettivi si opererà in fattiva collaborazione con tutti i soggetti istituzionali competenti in materia. Gli uffici del ministero stanno portando a termine i lavori istruttori per l'adozione di tale piano avvalendosi anche delle proposte presentate dall'ENAC, per cui, probabilmente, la prossima volta che ci incontreremo, anche sulla base dei suggerimenti che vorrete darci, parleremo di questo piano.
L'ultimo tema è quello che riguarda le reti di nuova generazione. Illustrerò anche su questo argomento un appunto relativamente breve. Eventualmente, approfondiremo questo tema per le aree che preferirete. In Italia, come nel resto d'Europa, la copertura del servizio a banda larga non è uniforme. Nelle aree metropolitane è disponibile con velocità di connessione a venti megabyte non in modo omogeneo e con coperture significative di sistemi di broadband mobile, mentre nelle aree più marginali, laddove la densità di popolazione è più bassa, tali prestazioni scendono a 2, 5, 7 megabyte e, addirittura, il 5 per cento della popolazione italiana, poco più di 3 milioni di persone, risiede in area ancora in digital divide.
Il focus del lavoro sull'Agenda digitale è di garantire la copertura nell'intero territorio nazionale e accelerare lo sviluppo di reti a banda ultra larga, dai 30 megabyte in su, soprattutto nei nostri distretti industriali. Questo significa generare nuove opportunità di business sia per i settori più tradizionali sia per quelli innovativi. Il sistema produttivo e quello della ricerca hanno bisogno di strumenti all'avanguardia, di reti potenti e affidabili
che non solo garantiscano la navigazione di base, ma permettano la sperimentazione di servizi evoluti. Senza un'infrastruttura adeguata il territorio perde competitività, non è in grado di attirare aziende ed è esposto a fenomeni di migrazione di imprese.
Completeremo il piano nazionale banda larga per il 5 per cento della popolazione in digital divide. Abbiamo definito il progetto strategico per la banda ultralarga. Siamo partiti reindirizzando fondi strutturali europei verso alcune regioni del sud. Con questi fondi, pari a 700 milioni di euro, azzereremo il digital divide al sud, potremo incentivare in modo deciso lo sviluppo delle reti di nuova generazione e svilupperemo un sistema di data center che permetta di iniziare lo switch off dell'analogico della pubblica amministrazione, portandola nel mondo del cloud computing, un lavoro che stiamo svolgendo insieme al Ministro Profumo, perché inizieremo proprio dal settore dell'istruzione.
Insieme alla Commissione europea stiamo definendo il progetto strategico per la banda ultra larga, mettendo a punto una strategia operativa per garantire al mercato le migliori condizioni, e quindi per rendere conveniente gli investimenti in infrastrutture a banda ultra larga, semplificandoli al massimo per incontrare la crescente domanda di banda che si creerà con l'evolversi dei nuovi servizi e, in particolare, con l'avvento dei televisori di nuova generazione. Le infrastrutture rappresentano, dunque, un traino per incentivare l'utilizzo dell'ICT, in Italia ancora troppo basso.
Parte integrante di questa strategia è l'uso più efficiente ed evoluto dello spettro radio e puntiamo molto sul rapido sviluppo del 4G, sull'LTE e sull'LTE advanced. I nostri futuri provvedimenti terranno in debito conto l'importanza dello spettro radio nello sviluppo delle comunicazioni. L'uso in mobilità, la personalizzazione e l'interattività col mondo esterno saranno i concetti chiave della relazione tra rete e persone. Solo un adeguato e deciso mix di sviluppo delle fibre ottiche e il potenziamento delle frequenze a disposizione nelle telecomunicazioni permetterà a ciascuno Stato di essere al passo con il futuro. Gli investimenti in reti a banda larga e ultralarga rappresentano, dunque, la linfa vitale per una crescita intelligente e basata su conoscenza, ricerca, ICT e innovazione. Sull'infrastruttura saranno montati software creati dalle aziende manifatturiere che abilitano a tutti i servizi innovativi
ideati e che potranno essere utilizzati con device sempre più evoluti. Sapete di cosa stiamo parlando.
Vediamo, dunque, con favore ogni investimento che permetta lo sviluppo dell'infrastruttura. Molto spesso in questo campo è l'offerta che crea la domanda. Sia gli investimenti annunciati da Telecom Italia sia quelli degli altri operatori e quello del Piano Metroweb vanno nella giusta direzione. È auspicabile, naturalmente, che sia massima la sinergia tra questi investimenti, tenendo conto che l'accelerazione degli stessi nelle infrastrutture di comunicazioni è una delle sfide decisive sulla via dello sviluppo e la crescita di ogni Paese. L'investimento sulle infrastrutture deve andare di pari passo con quello della domanda, ma ripeto che in taluni casi è l'offerta a creare la domanda. Elemento centrale della strategia della cabina di regia è proprio quello di definire un intervento complessivo per lo sviluppo dell'e-government, dell'e-commerce, della società dell'informazione, ma su questo torniamo se poi
volete.
L'ultimo punto importante è che molto lavoro è già stato compiuto dai Governi precedenti, ma che oggi si trova fermo o non valorizzato: stiamo facendo in modo di valorizzare tutto quello che nel tempo è stato realizzato.
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro anche per la sintesi; in questo modo abbiamo uno spazio per il dibattito.
Nel dare la parola ai colleghi che intendono intervenire, considerato il numero elevato degli iscritti, invito a porre questioni specifiche.
GIORGIO MERLO. Colgo l'occasione della presenza del Ministro per porre due
temi un po' laterali rispetto alla riflessione importante da lui svolta oggi, ma che ritengo altrettanto importanti, anche alla luce dell'incarico che il Ministro Passera riveste trattandosi di materie di sua competenza.
Il primo non è un elemento riconducibile a un'interpellanza parlamentare, ma in giro per l'Italia il tema si pone, crea enormi disagi tra i cittadini, tante polemiche a livello politico e istituzionale e io lo sottopongo Ministro: nel momento in cui parliamo di grandi infrastrutture ferroviarie nazionali e internazionali e giustamente - in Piemonte, come lei ben sa, siamo molto impegnati su questo fronte - è in corso, però, un forte dibattito sul secco taglio delle linee ferroviarie, i cosiddetti rami secchi. In tutte le regioni il tema esiste, lo conosciamo bene, mancano i trasferimenti, le regioni devono far quadrare i conti e così via.
Questo crea enormi problemi, disagi, rischia di isolare interi territori e di innescare anche una guerra tra poveri. Voglio solo chiederle, al riguardo, se quella intrapresa è una strada irreversibile oppure è ancora possibile invertire la rotta e non riguardo soltanto a temi riconducibili ai cosiddetti rami secchi. Mi riferisco, per esempio, tornando alla mia regione, anche a una tratta importante, qual è la Torino-Genova-Roma, che rischia a sua volta di essere ulteriormente ridimensionata.
Inoltre, lei sta lavorando, a mio giudizio, molto bene sul profilo dello sviluppo economico del nostro Paese. Il decreto-legge sviluppo non è tema che affrontiamo oggi, però mi pare che sia un tassello importante sulla strada della crescita e dello sviluppo del nostro Paese. Lo dico senza piaggeria, ma con profonda convinzione. C'è un tema attorno al quale è bene ritornare. Glielo pongo, Ministro, oggi e so che su questo è anche impegnato riguardo la vertenza di un'azienda molto importante, che si chiama Indesit. La questione è il capitolo della delocalizzazione.
Pongo questo tema perché l'Indesit, che i colleghi forse non conoscono, è una delle tante aziende che ha messo sul tappeto un processo di ristrutturazione, 400 dipendenti di un'azienda torinese della quale si è decisa la chiusura, per trasferirsi in Polonia perché il problema è il costo del lavoro. La delocalizzazione, a parere del management di quell'azienda, è la soluzione di tutti i problemi.
È ovvio, se accettiamo di riconoscere questo tema come decisivo, che il futuro del comparto manifatturiero e metalmeccanico del nostro Paese rischia di andare alla deriva perché a qualunque azienda, settore, sito produttivo, conviene molto di più andare da un'altra parte che non restare nel nostro Paese.
So che il ministero, per quanto riguarda quell'azienda, quel problema, quel comparto elettrodomestico sta lavorando, si è aperto un tavolo, ma credo che il problema non possa non essere affrontato in termini più organici: il capitolo delocalizzazione rappresenta anch'esso una deriva inesorabile o è possibile invertire la rotta per evitare che questo problema singolo, o non tale, diventi uno stillicidio continuo e crei le condizioni per un progressivo impoverimento e desertificazione industriale del nostro Paese?
SILVIA VELO. Cercherò brevemente di fermarmi solo su una delle questioni trattate dal Ministro, che peraltro era stata oggetto di una nostra specifica richiesta di audizione all'inizio di maggio, ossia quella del servizio postale. Noi abbiamo avviato un percorso di audizioni e interrogazioni e poi chiesto l'audizione del Ministro sulla scorta di due emergenze esplose tra la fine di aprile e l'inizio di maggio. Una era la riduzione, fino quasi al dimezzamento, degli appalti da parte di Poste Italiane nel servizio postale, una riduzione che porta - sono dati sindacali - al rischio di 1.500-2.000 esuberi di lavoratori che comunque, anche se non direttamente dipendenti dalle Poste, sono famiglie e lavoratori.
Contemporaneamente, c'è l'annuncio di una riorganizzazione delle Poste che, ancorché smentito anche dallo stesso amministratore delegato, ha segnalato numeri preoccupanti di esuberi tra gli addetti diretti, in particolare nelle cinque regioni a cui ha fatto riferimento, tra cui c'è
anche la Toscana con la chiusura del CMP, Centro di meccanizzazione postale, di Pisa, ma c'è anche la questione di Novara e altre. Siamo, allora, di fronte a proposte di riorganizzazioni aziendali che riguardano la chiusura di strutture di distribuzione oggetto di importanti investimenti solo due o tre anni fa. Su questo sorge un primo dubbio.
D'altro canto, la rassicurazione che emerge dalle sue parole, che sottolineo, quando ci ha detto che gli esuberi saranno riallocati, che non ci saranno licenziamenti, dalle Poste non è ancora arrivata ed è, al contrario, in corso una dura trattativa sindacale. Sulla stampa toscana ho letto della protesta su Pisa, dove si sta procedendo alla selezione di 10 nuovi portalettere per l'estate, mentre è in corso una trattativa per 474 esuberi.
Una prima questione è, allora, quella dei lavoratori degli appalti che già dal 30 giugno in parecchie centinaia in tutta Italia saranno senza lavoro e quella della trattativa in corso per la riorganizzazione delle Poste che oggi lei ci dice non porterà licenziamenti, ma su cui non ci è stata data certezza poche settimane fa dall'amministratore delegato.
Nel frattempo, il servizio universale non va bene perché ci sono i 6 giorni oggetto di contratto di programma, ormai ufficialmente 5 giorni di consegna. In moltissime realtà del Paese, però, per il modo in cui esso è fatto, questi giorni non sono in realtà 5, senza che questo sia stato ufficialmente definito e le consegne avvengono a giorni alterni e, in taluni casi, pochi giorni alla settimana. Il servizio non funziona perché nelle sostituzioni per malattie o del periodo estivo non ci sono affiancamenti, i portalettere sostitutivi non conoscono il territorio e si sta giorni e giorni senza consegnare. Ci sono disservizi sulla consegna delle bollette, e quindi casi di morosità, una serie di difficoltà sul servizio universale che, accompagnato alla chiusura degli uffici marginali che sta avvenendo in tutta Italia, delinea un quadro di preoccupazioni e di proteste, che lei conosce benissimo, peraltro con le
difficoltà maggiori che si realizzano in quelle località del Paese in cui si concentra marginalità rispetto ai centri urbani, popolazione anziana, scarsità della presenza dell'ADSL e, comunque, dei servizi informatici più evoluti e tagli nel trasporto pubblico locale. Realtà, infatti, come l'Appennino, le isole o simili, sono quelle in cui si concentrano tutti questi disagi.
Vorremmo, allora, innanzitutto capire se le riorganizzazioni e le perdite di posti di lavoro sono oggetto di un'attenzione e di una iniziativa particolare del Governo in qualità di azionista di riferimento, sapendo che, anche laddove, trattandosi di dipendenti diretti, non si parla di licenziamenti, però si parla di allontanamento dal luogo originario del lavoro, che può essere molto pesante. Porto l'esempio di Pisa: è stato già oggetto di una riorganizzazione tre anni fa che ha visto lavoratori di Massa, Lucca e Livorno spostarsi in blocco a Pisa e che ora si sposteranno a Firenze se è lì che si centralizzerà, con una distanza di oltre un'ora di viaggio col treno.
Cosa si intende fare, sia sugli appalti sia sulla riorganizzazione diretta? Come si intende affrontare, più in generale, il perimetro del servizio universale? Questo è il tema. In occasione della revisione del contratto di programma, quali sono gli indirizzi del Governo per definire i livelli minimi e garantiti per tutti i cittadini italiani di servizio universale? Qual è l'intento del Governo sul tema delle liberalizzazioni?
Io ho solo ascoltato, non avendo materialmente la relazione, e ho capito che non sono alle viste ulteriori aperture nella posta massiva, nelle consegne più qualificate rispetto ai processi di liberalizzazione. Vorrei capire se abbiamo compreso bene; se, a fronte di eventuali avanzamenti nei processi di liberalizzazione, si intende compiere uno sforzo per garantire un contratto del settore. Noi riteniamo che una più spinta liberalizzazione comporterebbe l'utilità di un contratto del settore.
Inoltre, finora ho parlato al Governo in qualità di titolare del contratto di programma; al Governo socio di riferimento chiederei, se è possibile, anche in una
discussione successiva, di illustrarci i suoi indirizzi in qualità di azionista sulle prospettive aziendali.
Lei ha fatto riferimento alla riduzione del servizio di posta tradizionale, come è ovvio, alla possibilità di crescita di altri settori, la logistica, i servizi integrati, i servizi complementari e così via. Noi richiamiamo l'e-commerce, su cui abbiamo la sensazione che Poste abbia perso un'opportunità e un treno rilevanti: vorremmo conoscere le direzioni che intende dare il Governo all'azienda, fermo restando che la sensazione di noi osservatori «esterni» è che a oggi, dopo la grande innovazione del Banco Posta, l'azienda si sia orientata a interventi spot, gratta e vinci o schede telefoniche o altro, senza avere un progetto, un'idea di medio periodo, producendo la sensazione che si investa in un'opportunità per poi abbandonarla, sceglierne un'altra, e quindi di navigare un po' a vista.
JONNY CROSIO. Presidente lei fa sempre parlare esponenti del Partito Democratico!
PRESIDENTE. Onorevole Crosio, non faccia polemica, lei sa che io faccio parlare i commissari in base all'ordine di prenotazione degli interventi. Io non sono abituato a cedere a meccanismi partitocratici.
MARIO LOVELLI. Per quanto mi riguarda, sono disponibile a consentire l'intervento prima di altri colleghi. Cercherò di favorire con la brevità perché su molti temi mi hanno preceduto i colleghi che hanno parlato, per cui vorrei rivolgere delle domande puntuali al Ministro.
Alla situazione delle Poste rappresentata prima di me aggiungerei che il contratto di programma tra lo Stato e Poste italiane è scaduto alla fine del 2011. Lei ha parlato in linea di massima della sua valutazione dei problemi, in particolare sull'area del servizio universale. Ribadisco la richiesta che in merito le è già stata rivolta, segnalandole una questione che ci è stata posta in sede di consultazione, in particolare dalle imprese aderenti a Confindustria, che denunciano il fatto che il mantenimento della posta massiva e della posta business nell'ambito del servizio universale, che vale il 40 per cento del volume di mercato, produce effetti anticoncorrenziali perché eventuali deficit vanno a gravare sul bilancio dello Stato, quindi sui contribuenti, e perché la concorrenza con i privati è falsata dal fatto che su Poste italiane non grava l'IVA che grava sui privati. Vorrei conoscere, in proposito, una sua
valutazione su questa osservazione legata agli sviluppi del contratto di programma che non ci risulta sia più stato ripreso in considerazione.
La seconda domanda riguarda le reti TEN-T. Abbiamo discusso stamattina del contratto di programma tra Stato e RFI. Come succede per Poste, è un contratto di programma scaduto alla fine del 2011, non ancora impostato per il 2012-2016: le chiedo se sia a conoscenza di questa situazione e cosa ne pensa. Peraltro, il contratto di programma è lo strumento con il quale è possibile dare priorità alle reti TEN-T. Bisogna, infatti, allocare lì le risorse finanziarie che consentono di sviluppare quel programma. Vorrei sapere, quindi, cosa ne pensa e quali tempi ha in proposito.
Ne approfitto per sollecitare una risposta a una mia interpellanza del 19 aprile, n. 2-01458, già sollecitata in Aula e che ho segnalato alla sua segreteria, che riguarda gli sviluppi del terzo valico ferroviario dei Giovi. So che ha avuto un incontro questa settimana con l'amministrazione regionale della Liguria, ma penso che sappia che sul versante piemontese è in atto una presa di posizione molto forte sulla questione e un arretramento della regione Piemonte sui progetti di sviluppo logistico dell'area piemontese. Vorrei sapere se può darmi una valutazione oggi o, comunque, le chiedo di rispondere all'interpellanza il più presto possibile, come è previsto dai regolamenti parlamentari.
VINCENZO GAROFALO. Signor Ministro, aspettavamo da tempo di incontrarla, quindi gli argomenti che intendevamo sottoporle sono non pochi. Intervengo immediatamente
sulla rete aeroportuale. Lei ha già detto che ci presenterà quanto prima il piano di razionalizzazione degli scali. A tal proposito, appena si è insediato come Ministro, le ho chiesto la cortesia di affrontare la questione dell'aeroporto di Comiso, per il quale sono stati spesi parecchi milioni di euro, che ha un concessionario ma che ancora non vede l'operatività. A tal proposito, mi sento di chiederle di esprimerci il suo pensiero e, eventualmente, se per la società concessionaria inadempiente non ritenga possibile la revoca della concessione.
Rimanendo in tema di trasporto aereo, ho presentato un'interrogazione sulla fusione Alitalia-Wind Jet, oggetto di valutazione dell'Antitrust, ma comunque, da rappresentante del territorio, desidero sapere in che modo il Governo ritiene di trovare risposte all'esigenza di utenti che si troveranno quasi certamente in un regime monopolistico. Questo avviene soprattutto per l'utenza che va e viene dalla Sicilia in quanto, come lei ben sa, il trasporto ferroviario ha ritenuto da anni di non esercitare più quest'attività, anche questa sotto concessione da parte dello Stato, in un territorio che, quindi, non ha molte scelte per la propria mobilità.
Sempre rimanendo in tema di trasporti, verrei all'ecobonus. Lei sa che questo è un incentivo che ha dato grandi risultati, è stato ritenuto anche dall'Unione europea uno strumento molto utile anche per assecondare le politiche dei trasporti del Libro bianco. Chiedo che il Governo ci illustri una sua chiara posizione rispetto alla prosecuzione di questo tipo di intervento comunque collegato al più complesso problema dell'autotrasporto, rispetto al quale già abbiamo avuto modo di confrontarci con lei in Aula in occasione di un atto di sindacato ispettivo, ma anche col viceministro Ciaccia, qui in Commissione.
Arrivo al decreto-legge sviluppo, che contiene un paio di articoli che riguardano il settore del trasporto. Già in occasione della sua precedente audizione in Commissione sottopose alla nostra attenzione alcune azioni a costo zero. Lei sa, però, che soprattutto vengono fatte a noi richieste dal mondo degli spedizionieri, della logistica, che riguardano sia l'apertura delle dogane 24 ore su 24, sia lo sportello unico doganale, tra l'altro modifiche o perlomeno iniziative tra quelle considerate «a costo zero»: come mai queste disposizioni non sono state inserite all'interno di un decreto-legge che si propone proprio di generare sviluppo quando questo è fortemente richiesto in un settore senz'altro in grado di costruire grandi opportunità in termini anche di posti di lavoro?
Il collega Merlo, inoltre, ricordava che tutte queste pratiche o il favorire queste attività sotto il profilo della logistica sono anche importanti per chi sceglie uno o un altro Paese per l'insediamento di un'attività. Il mondo dei corrieri aerei, ad esempio, richiede da tempo anche specifiche attenzioni rispetto al settore merci, e quindi tariffe aeroportuali differenti in maniera da, appunto, rispondere a un settore che potrebbe generare forti investimenti nel nostro Paese e che oggi è incerto sul da farsi.
Sempre all'interno del decreto-legge sviluppo ritengo assolutamente interessante, e la ringrazio, per l'introduzione del tema dell'autonomia finanziaria dei porti, contenuta nell'articolo 14. Le chiedo cortesemente, però, di valutare una modifica che, probabilmente, non esclusivamente io, ma forse anche altri le proporranno, relativa ai porti di transhipment, che non generano direttamente incassi di IVA e di accise, ma li fanno generare al settore dei porti italiani, e quindi sarebbero penalizzati in termini di ricaduta finanziaria, dal momento che possono attingere solo al 20 per cento del monte, che mi pare si aggiri intorno a 70 milioni di euro, previsto da questo articolo.
Ancora all'interno del decreto-legge sviluppo, l'articolo 16 interviene in favore di alcune misure finanziarie urgenti in materia di trasporto. Le confesso anche in questo caso un po' di delusione nel non vedere la continuità territoriale siciliana. Parlo dei treni notte, una battaglia che continuerò a svolgere perché ritengo giusta, per un territorio che, insieme alla
Puglia e ad altri, ha visto tagli o ripristini soltanto a costo zero, a invarianza finanziaria. All'interno di questo articolo è possibile mettere una piccola dotazione finanziaria rispetto all'intero ammontare che potrebbe generare una soddisfazione di una parte del nostro Paese assolutamente non considerata nel trasporto ferroviario.
Concludo parlando del ponte sullo Stretto. Lei ha rilasciato una dichiarazione secondo la quale il ponte sullo Stretto non è tra le priorità del Governo: non le contesto la dichiarazione, ma le chiedo cosa, in alternativa, il Governo propone a un territorio che da anni, attraverso questi investimenti, ha la possibilità di costruire un piano di sviluppo che in effetti, non realizzando il ponte, verrebbe a mancare.
JONNY CROSIO. Cercherò di essere brevissimo. Signor Ministro, vorrei parlare con lei e porre alcuni temi in merito alle reti di nuova generazione e alle infrastrutture del Paese. Non le nascondo che come gruppo siamo molto preoccupati - lo stiamo dimostrando in queste settimane - per quanto sta avvenendo nel nostro Paese su questo tema. Purtroppo, devo dirle che, ascoltando attentamente le sue parole, questa preoccupazione non è passata. Lei ha parlato di Agenda digitale europea, di investimenti e quant'altro in una maniera molto chiara, ma che ritengo anche un po' distaccata.
La domanda mi viene spontanea: quello che oggi lei ha affermato, che state facendo o che volete fare, con chi volete farlo? Come gruppo, negli ultimi dieci giorni abbiamo voluto incontrare i vertici delle due maggiori aziende che in questo Paese dovrebbero investire per le reti di nuova generazione, ovverosia Telecom e Metroweb, in modo particolare, il signor Bernabè e il signor Gamberale, i due contendenti, che ci hanno fatto capire di essere pronti a investire, ma anche abbastanza preoccupati perché come si suol dire «uno la vuole cotta e l'altro la vuole cruda», perché Metroweb vuol fare l'FTTH, giustamente, fino in tutte le stanze di un condominio e Telecom vuole fare altro, vuole le FTTC, un'altra infrastruttura.
Se queste persone non avranno una guida, che abbia il ruolo di manico, come si dice dalle mie parti, il Paese corre il rischio di trovarsi con due reti sovrapposte, facendo quello che proprio non bisogna fare in questo momento in cui le risorse sono esigue. Creare un doppione o, comunque, un sistema non coeso nel suo piano industriale, ma anche nelle sue particolarità tecniche, ci sembra abbastanza improprio.
Abbiamo presentato in questi giorni una risoluzione, che credo sarà grosso modo condivisa da tutti i gruppi, in Commissione in cui chiediamo al Governo di scendere in campo e far sedere attorno al tavolo queste persone che vogliono veramente investire per sanare questo contenzioso tecnico-tecnologico e anche economico-finanziario che si è innescato. Il Governo deve scendere in campo perché è necessario che qualcuno regoli questa questione. Questi signori non possono pensare di servirsi un'altra volta del Paese a proprio uso e consumo.
Sono d'accordo che si debba investire sulle 30 città principali, perché in quelle si concentra il business, ma dobbiamo essere particolarmente sensibili alle zone a fallimento di mercato: o vogliamo caricarle un'altra volta sulla macchina dello Stato? Serve qualcuno che metta in chiaro le cose a queste persone e da quanto abbiamo capito questi signori sono disposti a trattare. Allora, signor Ministro, crediamo veramente che si possa realizzare un progetto Paese, l'Agenda digitale del Paese, ma bisogna mettersi in campo.
Le rivolgiamo anche un'altra domanda: è sicuro, signor Ministro, che l'Agenda digitale europea vada bene per il nostro Paese? La signora Neelie Kroes, che dovrebbe essere il guru in Europa delle telecomunicazioni - Dio ci salvi - ha posto dei parametri, come solitamente fa l'Europa: noi siamo veramente convinti che la necessità nel nostro Paese sia soddisfare l'Agenda digitale e non, piuttosto, avere il coraggio di realizzare un'Agenda digitale nostra? Magari non collimerà
esattamente, in tutte le particolarità con l'Agenda digitale europea, ma sicuramente andrebbe a soddisfare le esigenze del mercato nazionale, dell'economia del nostro Paese e non perderemo il treno.
Noi crediamo, signor Ministro, e vogliamo condividere questo con lei, che forse è bene fare un piacere al nostro Paese, magari facendo un mezzo sgarro all'Europa. Siamo convinti che uno standard o una standardizzazione per le reti in tutta Europa sia difficilmente perseguibile per due motivi. Uno è legato alla natura geomorfologica dei territori europei, che non è simile; l'altro allo stato dell'arte, un catasto delle reti che ci vede diversi dalla Germania o da altri Paesi. È difficile, quindi, far collimare queste diversità ed è un ragionamento che vogliamo approfondire.
Concludo dicendo che come gruppo, essendo all'opposizione, cerchiamo di essere critici, ma vogliamo anche essere propositivi. Crediamo veramente che si debba fare un passo in più. In Europa sta venendo avanti una filosofia in cui Governi veramente forti e coraggiosi stanno pensando di creare dei dicasteri ad hoc per le infrastrutture di rete. Nel nostro Paese, ed è una tragedia, la politica pensa ancora che le reti tecnologiche, le telecomunicazioni siano agganciate ai trasporti. Questo non va bene.
Di un dicastero riparleremo, ma l'idea di creare una struttura di Governo sulle telecomunicazioni non così debole - non mi riferisco alla sua persona, sicuramente oberata di dicasteri - forse è meritevole di un'ulteriore riflessione.
SANDRO BIASOTTI. Le faccio i miei complimenti, signor Ministro, per la disposizione del decreto-legge sviluppo relativa all'autonomia finanziaria dei porti. Noi non ci siamo riusciti con Tremonti per tre anni, nonostante la Lega fosse assolutamente d'accordo su quest'impostazione. Ci aspettiamo adesso che siano razionalizzati anche i porti, come ha detto per gli aeroporti, perché non è possibile che l'Italia abbia 26 aeroporti tutti praticamente uguali.
La invito a occuparsi personalmente dell'aeroporto di Genova, se potesse, perché da anni vivacchia su un milione circa di passeggeri, è aperto di notte, ha una potenzialità enorme. L'Autorità portuale, che dipende da lei, è proprietaria per il 60 per cento e da 30 anni vogliono privatizzarlo con bandi assolutamente impraticabili, che infatti sono deserti.
Vengo ad alcuni altri argomenti collaterali, come la crisi del mondo dell'automobile, che so che conosce personalmente e di cui abbiamo anche parlato. Basta il titolo, 1.200.000 addetti - il mondo FIAT ha 60.000 addetti - e si tratta di una crisi probabilmente irreversibile. L'ultimo dato di maggio registra, per i veicoli commerciali, una riduzione del 42 per cento rispetto al periodo precedente, e su base annua una riduzione del 39 per cento, che in Europa crolla, assestandosi all'11 per cento. Il decreto lavoro diminuisce addirittura l'ammortamento delle società dal 40 al 27 per cento. Non è la sede per affrontare questo argomento, ma vorrei che lei potesse impegnarsi a partecipare al tavolo che ha aperto e che è stato del tutto insoddisfacente alla presenza del sottosegretario, che partecipasse nel più breve tempo possibile, come si era impegnato con il settore.
L'ultima questione riguarda l'IMU sulle imprese. Sugli immobili dell'impresa c'è stato un aumento nei giorni scorsi del 243 per cento, causato anche dall'aumento della base imponibile: sui centri commerciali, capannoni il 20 per cento in più, uffici 60 per cento in più, negozi 62 per cento in più. Non è possibile inserire, come per i privati, una sorta di prima casa, ossia una tariffa agevolata per immobili strutturalmente utilizzati dalle imprese, e magari colpire gli immobili che non sono strumentalmente usati?
MARCO DESIDERATI. Anch'io sarò abbastanza veloce perché devo confessarle, Ministro, che sono quasi in imbarazzo politico. Condivido, infatti, pienamente l'analisi che ha svolto sulla questione del servizio postale, in particolare sul servizio universale, ma come hanno anticipato alcuni
colleghi, in questo servizio universale, che in questo momento può essere garantito solo da Poste Italiane - non ci sono infatti aziende private che hanno una distribuzione capillare sul territorio e che possano accollarsi questo servizio - c'è il buono e c'è il cattivo: da una parte, Poste certamente fa uno sforzo per garantirlo, seppur coperto dal Tesoro dello Stato, dall'altra, però, ha anche la garanzia che gli altri concorrenti sono un po' fuori dal mercato.
Su questa base, signor Ministro, le chiedevo e le chiedo un intervento straordinario per la tutela dei posti di lavoro. Poste ha annunciato qualche migliaio di esuberi, i numeri non tornano mai, c'è chi parla di 12.000, chi di 6.000, ma di sicuro la più grande azienda italiana, 155.000 dipendenti, ha annunciato che ricorrerà alla misura, appunto, degli esuberi e del licenziamento.
Il debito italiano è enorme e, pur comportandoci tanti danni, forse ha anche un grande vantaggio: se aumenta di un po', non se ne accorge nessuno. Le chiedo uno sforzo straordinario perché oggi temiamo molto di più qualche decina di migliaia di lavoratori per strada, che tra l'altro si è costruita una professionalità in un settore nel quale noi stessi limitiamo il mercato, perché affidiamo il servizio universale alle Poste e questo non consente ad altri concorrenti di agire pienamente in quel mercato. So che le rivolgo una richiesta difficile, ma credo che tutti dobbiamo farci carico di questa situazione. Dalla Lega non le arriverà nessuna critica se vorrà incidere e fare in modo di evitare questi esuberi.
Inoltre, ha accennato al trasporto aereo. In effetti, forse c'è stato un piccolo incremento, un miglioramento, probabilmente non rispondente a quello che prevedeva l'Europa, che prevedeva aumenti di traffico enormi, ma è vero anche che viviamo in Italia una situazione anomala. L'ex compagnia di bandiera fino al 1996 decideva a chi affidare gli slot - si può anche pensare che abbia tenuto i migliori per sé - ma oggi abbiamo delle situazioni di oggettivo monopolio. Non essendo più Alitalia compagnia di bandiera, forse sono situazioni che non hanno più motivo di esistere. La tratta Linate-Fiumicino è gestita in monopolio da Alitalia, con prezzi assurdi, fuori mercato, che si possono verificare tranquillamente. Le chiedo, quindi, un intervento anche su questo, per consentire, a vantaggio degli utenti e del traffico complessivo degli utenti dell'aria, tariffe migliori.
È vero, infine, come ha ricordato, che abbiamo tanti aeroporti, non abbiamo mai ben definito una gerarchia di dimensioni, come è vero forse che servirebbero meno aeroporti più grandi, ma esistono oggi gli aeroporti che hanno dietro degli investitori, rivestono anche un'importanza economica per i territori sui quali insistono. In particolare, vorrei riferirmi all'aeroporto di Brescia-Montichiari, per il quale il mancato rinnovo della concessione ha causato una perdita alla società di gestione Catullo Spa, operante anche all'aeroporto di Verona, di circa 30 milioni di euro. Non si chiedono soldi, ma soltanto di consentire a questo aeroporto di stare sul mercato e giocare la sua partita. Se dovremo ragionare, lei come Governo, noi come Commissione - noi l'abbiamo già fatto con un'indagine conoscitiva sul trasporto aereo - su una gerarchia degli aeroporti, lo faremo, ma non possiamo farlo per decreto, ovviamente lasciando un aeroporto senza il
rinnovo delle concessioni in difficoltà rispetto a tutti gli altri.
PAOLO GENTILONI SILVERI. Le competenze del Ministro Passera sono tante, quindi servirebbe un'audizione no limits. In ogni caso, porrò alcune domande.
Innanzitutto, delle Poste hanno già parlato vari colleghi. Il Ministro Passera fu protagonista di un turnaround clamoroso col Ministro Maccanico, la collaborazione del sindacato, fu una grande operazione, dopodiché già 5-6 anni fa, quando ho avuto responsabilità di Governo in questo settore, era evidente che quella svolta cominciava a vivere un po' sugli allori. Penso che oggi, appunto 12-14 anni dopo quell'operazione, ci sia di nuovo un problema di definizione di una missione per
le Poste, al di là dei problemi contingenti di cui, giustamente, hanno parlato molti colleghi.
La missione di Poste Italiane si ridefinisce tenendo conto del fatto che il processo di e-substitution è assolutamente inevitabile, inarrestabile. C'è poco da fare. È una missione interamente pubblica? Si parla di Poste come motore dell'innovazione per l'intera pubblica amministrazione, mi pare che più o meno il Ministro Passera ci abbia lasciato intendere un'impostazione del genere, che sarebbe importante. Pensate allo switch off del doppio binario tra cartaceo e on line nei servizi della pubblica amministrazione e al ruolo che Poste potrebbe avere per accompagnarla, o a qualcosa di rilevante dal punto di vista del mercato, al di là dell'operatore virtuale di telefonia mobile, che può arrivare nel business di Poste Italiane.
In secondo luogo, non sono convinto di una tesi secondo la quale si tratterebbe di un monopolio naturale non replicabile, per cui sarebbe inevitabile una riserva a favore di questo monopolio nella posta massiva. Gli esempi di altri settori, al contrario, persino le ferrovie, ma nelle telecomunicazioni ovviamente, testimoniano che proprio nel caso di una rete in situazione di monopolio naturale bisogna incoraggiare la concorrenza. Il Ministro ritiene che questo possa accadere? Dipenderà dall'Authority prima che dal Governo con un meccanismo di unbundling, per usare una terminologia da TLC, nei prossimi mesi? Il privato che non ha una rete così estesa utilizza la rete che può avere e a tariffe regolate dall'AGCOM, utilizza una rete unica per distribuire.
Il collega Crosio, inoltre ne ha già parlato, per cui sarò breve. Vorrei capire l'orientamento del Governo sugli investimenti per le reti di nuova generazione. C'è stata una certa guerra, che attualmente mi pare ridotta, tra Telecom e Metroweb: a che condizioni il Ministro ritiene che sia percorribile l'ipotesi di una società unica in cui confluiscano Telecom e Metroweb, e quindi anche Cassa depositi e prestiti con un discorso che coinvolge il Governo direttamente, in cui eventualmente Telecom abbia una maggioranza? Devono esserci anche gli altri competitor? Fino a che punto questa società unica può accollarsi un debito tenendo conto che la Cassa depositi e prestiti, tendenzialmente, non può fare la risanatrice di debiti, ma lavorare sullo sviluppo, sugli investimenti?
Pongo ancora due questioni telegrafiche sulla RAI. Secondo voci di mercato, ci sarebbe un interessamento della concentrazione che si è realizzata qualche mese fa tra Elettronica industriale e DMT per gli impianti della RAI che fanno capo alla società RAI Way: il Governo ne è a conoscenza? Che opinione, se ne ha una, ha sull'argomento?
Infine, per la RAI il contratto di servizio scade, se non ricordo male, alla fine di quest'anno: la tradizione è che i contratti di servizio si rinnovino con qualche mese di ritardo, alle Poste, in RAI, un po' dappertutto, però potrebbe essere anche un'occasione per lasciare un'impronta, se il Ministro avesse questa intenzione, rinnovandolo in tempi molto rapidi. Se questa intenzione esistesse, mi incuriosirebbe sapere qual è l'impronta che il Ministro, attraverso il contratto di servizio, che non può tutto, ma può abbastanza, vorrebbe lasciare al servizio pubblico televisivo.
RENZO LUSETTI. Signor Ministro, lei guida questo dicastero da qualche mese e ci rendiamo tutti conto che non si possono colmare lacune di decenni nel settore delle infrastrutture e delle telecomunicazioni. Tuttavia, è chiaro che a volte si chiede anche l'impossibile sul tema dello sviluppo. Lei molto ha fatto e non so se il decreto sullo sviluppo sia già pubblicato in Gazzetta Ufficiale, ma vedremo come si articolerà.
La questione che pongo, sostanzialmente, è questa: la larga banda è un'infrastruttura di interesse pubblico e generale che, in qualche modo, va sottratta al gioco asfissiante degli operatori telefonici, come invece non è stato fatto in questi anni, che hanno frenato lo sviluppo in ragione anche dei loro interessi di cartello. È compito anche di questo Governo tendere a una forte liberalizzazione. Che si
può fare? La risposta può essere nella proposta di Gentiloni, la società unica, o non è il caso di adottare una sorta di project financing di terza generazione che assicuri una soluzione concreta con tempi certi su alcuni temi?
Ha citato la banda ultralarga, ma teniamo conto che sulla banda larga, come ha detto, c'è il 5 per cento del digital divide. Pensiamo al fatto che l'Expo 2015 è tra poco, che nei treni Frecciarossa non è sempre facile connettersi, come anche alla Camera, dove noi siamo, in alcuni punti è assolutamente difficilissimo connettersi, anche in alcuni punti del «Transatlantico». Che si può fare per affrontare questi temi, la banda ultralarga, le smart cities, la modernizzazione della pubblica amministrazione, open data, e-commerce, web-reputation, tutti temi che vanno affrontati con uno strumento che ci consenta veramente rapidità nelle decisioni e anche nelle prospettive, nelle scelte che facciamo?
Scendo solo sul concreto su due questioni che riguardano il settore postale. Parliamo di modernità ed è giusto, ma - è una riflessione oggetto anche di un question time un po' di tempo fa - in alcuni casi si presentano ancora difficoltà nel recapito della corrispondenza. Basta guardare il web, dove si segnalano le zone in cui c'è difficoltà sul recapito. Qual è il problema? È un problema di Poste, sono male organizzati, puntano su altro? Non dimentichiamo anche i servizi essenziali perché abbiamo ancora tanta popolazione anziana che non ha ancora dimestichezza con il web, come con la e-mail e così via.
Infine, sul mercato postale, le segnalo il problema che sono venuti a segnalarci in Commissione - lo saprà - delle agenzie di recapito del servizio postale, un tema che lei conosce perché se n'è già occupato quando era alle Poste. È un tema che ha avuto diversi passaggi di liberalizzazione, c'è stato un memorandum nel 2006 o 2007, affrontato in questa Commissione, ma siamo ancora a «caro amico», dopo tanti anni c'è una lamentela.
Se si vuole liberalizzare davvero, anche per dare più efficienza al recapito della corrispondenza, ad esempio, bisogna compiere tutti gli sforzi possibili per liberalizzare seriamente il settore. Le sottopongo, quindi, anche un problema che ci hanno segnalato operatori del recapito postale perché il monopolista fa fatica ad aprirsi alla vera liberalizzazione.
MICHELE POMPEO META. Prendo la parola dopo tanti colleghi. Molte questioni sono state elencate. Io non ne aggiungo altre. Colgo quest'occasione per fare anche una riflessione. Questo nuovo Governo è in campo da sette mesi, alla scadenza naturale non ne mancano moltissimi e io penso che, anche rispetto alla mole delle questioni messe in campo dal programma, delle tante iniziative del Governo, forse è arrivato il momento di rifare una gerarchia delle priorità. La mia paura, infatti, è che alla fine, di fronte a tante buone intenzioni, non riusciremo a giungere a una sintesi in coerenza con i tanti sforzi straordinari che si vogliono fare anche sul terreno della crescita.
Signor Ministro, lei ha scelto una linea che, personalmente, condivido di «pianificar facendo». Eravamo, però, abituati bene in questa Commissione, il livello di interlocuzione con i dirimpettai ministeriali era continuo e costante. Non le rivolgo una critica, ma molto spesso apprendiamo gli orientamenti, le decisioni, e volontà del Governo attraverso la stampa o altri meccanismi e ci sentiamo un po' frustrati, ma questo non significa che viene meno, invece, una caparbia volontà di collaborazione.
Ora, la logica del pianificar facendo mi genera qualche preoccupazione. Lei ci ha illustrato un elenco di questioni che, sicuramente, saranno contenute nel decreto-legge sviluppo: sulla vicenda aeroporti siamo stati due anni qui a svolgere un lavoro straordinario, che lei ha richiamato, l'indagine conoscitiva, e vorremmo capire un po' meglio.
Accanto a questo, ha citato altre grandi questioni: le società e i piani di investimento di Milano, Genova, Venezia e Roma, questioni annose, sulle quali si gioca molto dello sviluppo del sistema
aeroportuale italiano, molto della nostra competitività e, sicuramente, anche molto dell'economia di quei sistemi locali.
Quanto alla vicenda porti, sappiamo di avere ereditato una situazione un po' deforme. C'è bisogno di razionalizzare, ma vorremmo anche capire se corrisponde al vero l'orientamento di modificare la governance. La legge n. 84 del 1994, che abbiamo tentato di modificare sia qui sia al Senato, è rimasta lì. Io spero che lei e il Governo vogliate cogliere quest'occasione soprattutto per fornire qualche risposta. Mi basterebbe questo tema dell'autonomia finanziaria, per intenderci, perché anche da quel versante si può contribuire a far ripartire il processo economico.
Inoltre, altre questioni erano state affrontate anche nei provvedimenti precedenti. Per il tema delle liberalizzazioni, ad esempio, abbiamo molto tifato: che ne è della liberalizzazione del trasporto pubblico locale? Ho la sensazione che, in un quadro in cui abbiamo ristrettezze finanziarie, ci sia la distrazione per gli enti locali poiché sappiamo in che condizioni versano le finanze locali, che rischiamo di gettare alle ortiche quel tema dei servizi universali, del diritto alla mobilità.
Questo Governo ha fatto tantissimo, 1,6 miliardi di euro hanno tolto l'alibi a tante regioni, a tante grandi comunità, però lì si sta soffrendo. Vedo questa pratica del rinvio del processo delle liberalizzazioni sul processo del trasporto pubblico locale come un'occasione sciupata, che può generare un clima di reversibilità.
Potrei continuare, ma quando è arrivato siamo stati felici perché nelle sue capaci mani sono rimaste le deleghe, almeno per quanto concerne il nostro comparto, su trasporti, infrastrutture, e sono arrivate anche le deleghe accorpate delle attività produttive, del ministero di via Veneto. Anche in questo caso - non è competenza di questa Commissione, non è nostro perimetro - ma abbiamo un problema serio, che spero si affronti anche organicamente, senza visioni settoriali: il rilancio dell'industria pubblica nel nostro Paese. Mi limiterei anche a citare i settori di nostra competenza.
Sono molto preoccupato, ad esempio, per lo stato di salute dell'industria pubblica, che ha rappresentato il fiore all'occhiello dell'economia italiana negli anni scorsi, che ha contribuito a far crescere questo Paese: che ne è di tutto il pianeta Finmeccanica, Alenia, Breda, Fincantieri? Se ne discuterà altrove? Sono stati presi dei provvedimenti? Vorrei capire meglio perché non è solo un problema di crescita.
Per quanto concerne il materiale rotabile, in Italia non c'è più un'industria che produca autobus, né turistici né per il trasporto pubblico. La vicenda Irisbus grida vendetta e io sono contento, al di là dei vari poteri, che la vicenda della FIAT a Pomigliano d'Arco sia stata chiusa dalla magistratura in quel modo. Non voglio utilizzare fintamente nozioni di sinistra o di rivalsa, ma certe prepotenze non possono essere tollerate né dal Governo né dal Parlamento. Quando sentivo parlare di questi desideri di delocalizzare in presenza di una situazione di debolezza del sistema Italia, mi rendevo conto che avremmo dovuto addossare la colpa a chi ne ha più di altri.
Non voglio dilungarmi, questa Commissione è a disagio a seguire alcune questioni. Più volte abbiamo sollecitato il Governo attraverso interrogazioni: signor Ministro, nel nostro Paese sta crollando tutto il settore del trasporto aereo, non riusciamo a capire lo stato di salute di Alitalia perché da sei mesi chiediamo agli amministratori vecchi e nuovi di venire a riferire in Commissione senza risultato e spero che lei ne sappia più di noi. L'altro giorno il nuovo amministratore ha ridefinito i piani di sviluppo: vorrei capire un po' meglio.
Oltretutto - lo voglio anticipare qui, ne parleremo con il presidente - penso che sulla vicenda Alitalia sia giunto il momento se non di condurre un'indagine conoscitiva, almeno di acquisire qualche elemento più organico perché questa vicenda è costata all'erario, tra mancati incassi, mancate alienazioni fatte così
come si poteva e costi sociali, circa 15 miliardi di euro - porto io i conti - con le protezioni da qui a 7 o 10 anni, con i mancati investimenti, con tutto quello che ne segue. Partiamo solo da 6 miliardi di euro di mancati incassi per l'alienazione verso Air France. Inoltre, c'è la vicenda poi di Meridiana, quella di Tirrenia e, in generale, alcune grandi vicende rispetto alle quali non riusciamo a capire qual è la situazione.
Concludo su un punto su cui abbiamo discusso anche questa mattina: le coesioni sociali, culturali e così via che possono esserci offerte dalle reti dei corridoi europei. Concordo molto, stiamo parlando di scenari per il 2030-2050, e spero che tutto quello che si metta in elenco in ordine agli interventi sia coerente con quel disegno strategico, anche se quello è un disegno strategico figlio di un'Europa dove la sovranità degli Stati e le pari opportunità dei soggetti anche costitutivi dello Stato hanno disegnato una logica di corridoi che, ad esempio - cito solo questo dato - danneggia il sud d'Europa e il sud d'Italia.
Il principio della continuità territoriale deve valere non solo per le isole e le zone svantaggiate, ma anche per la grande area storicamente svantaggiata che è il nostro sud d'Italia. Lei afferma che l'autostrada Salerno-Reggio Calabria sarà realizzata entro un certo tempo e le crediamo, che non ci sarà il ponte, l'alta velocità non arriverà a Reggio Calabria: io credo che un grande Paese, fondante dell'Europa, anche quando a Bruxelles pone la questione dei corridoi, delle reti e delle TEN-T, non debba perdere di vista, anche per ragioni di solidarietà, la grande questione meridionale d'Italia, che a mio avviso può rappresentare anche un'occasione rispetto alle novità geopolitiche per tentare, anche attraverso quella via, di puntare di più anche dal punto di vista economico.
GIACOMO TERRANOVA. Concentrerò solo su alcuni argomenti, in particolare quello del settore aeroportuale, il mio intervento, vista anche la limitatezza dei tempi che le sue enormi competenze e la quantità di deleghe determinano in riflesso alla difficoltà nel trattare con completezza tutti gli argomenti che sarebbe opportuno approfondire.
Per quanto riguarda il piano di sviluppo degli aeroporti, ricordo con esattezza quando il 9 dicembre venne in Commissione, signor Ministro, per la presentazione delle linee programmatiche e l'argomento fu trattato. Forse fui poco cortese nei suoi confronti, ma non era un riferimento diretto a lei, che arrivava appena, quanto alla consapevolezza che il piano sviluppo degli aeroporti, come dissi allora, correva il rischio di restare sepolto nei cassetti. Effettivamente, sono trascorsi 7 mesi e quel piano di sviluppo giace ancora lì. Oggi lei viene a dirci che, probabilmente, di qui a poco verrà fuori. Lo disse nella replica al mio intervento anche il 9 dicembre, garantendo che al massimo entro il mese di gennaio sarebbe stato esitato.
Comprendo le ragioni e le difficoltà nello scattare quella che altro non è se non una semplice fotografia del Paese nella sua irrazionalità per quanto tocca il tema del sistema aeroportuale, ma la fotografia produce la necessità di mettere in moto dei meccanismi consequenziali che fino a oggi sul piano politico hanno sempre trovato grandi difficoltà. La mia speranza, allora, nel cercare forse impropriamente di stimolarne l'azione, di affidare la questione a un tecnico che potesse agire con libertà - rispetto a quelle complesse situazioni che toccavano gli scali campani, quelli del Lazio e quella pletora di piste quasi tutte a fini militari diventate poi aeroporti in una parte del Paese ingestibile - probabilmente è assolutamente irrazionale.
Speravo, quindi, che sarebbe riuscito, come promesso, a conseguire questo risultato. Oggi lei reitera la promessa, ma sono passati 7 mesi e il residuo di vita di questo Governo mi appare sinceramente incompatibile con un'azione che metta chiarezza in questo campo. Quando vedremo una proposta coerente con quell'esigenza di sviluppo e di razionalità di cui il Paese ha bisogno in una delle colonne portanti della modernizzazione del Paese?
Faccio fatica a crederlo perché i problemi si intrecciano, anche con i vettori. Abbiamo visto come la vicenda Alitalia, più volte richiamata dai colleghi che mi hanno preceduto, abbia bloccato il Paese. Sappiamo perfettamente, infatti, come alcuni interventi legislativi abbiano nel tempo rallentato il processo di modernizzazione e molti di questi avessero come destinatario e beneficiario Alitalia. Ricordo la questione dei requisiti di sistema. Ricordo tutto quello che serviva per non garantire ai gestori aeroportuali una giusta capacità di fare gli investimenti necessari, ma che dovevano avere dei ricavi derivanti dalle tariffe aeroportuali, ferme rispetto al resto d'Europa.
Abbiamo creato una condizione di disagio per il Paese e questa condizione permane. Ancora oggi i gestori lamentano, come lei ben sa, la difficoltà nell'avere un recupero tariffario adeguato rispetto agli investimenti che servono per il Paese e a quella modernizzazione assolutamente ineludibile. Ripeto che ormai comincio a perdere le speranze. Le affidiamo un supplemento di fiducia affinché, però, a breve si veda una proposta, se questa tocca quello che il piano degli aeroporti fotografa e soluzioni assolutamente coerenti e consequenziali.
Andiamo a un altro aspetto: la velocizzazione di alcuni degli interventi. Restando sempre all'interno del comparto aeroportuale, sono stati citati i contratti di programma. Ricordo per esperienza diretta - sono palermitano - che il contratto di programma dell'aeroporto di Palermo è stato approvato dal CIPE il 3 agosto 2011 dopo un iter durato più di 3 anni. Teniamo conto, per quel che vale, che l'anno a base per lo sviluppo delle tariffe della programmazione è il 2008: il 3 agosto il CIPE ha approvato, ancora manca la sua firma e c'è stata una vicenda che tocca altri aspetti del gestore dello scalo di Palermo che non è materia della questione.
Tanto per citare un aspetto, tuttavia, in tema di sviluppo, quel contratto di programma, toccando la leva tariffaria, introduce meccanismi di tariffazione che avrebbero consentito al gestore, che su questo aveva anche impostato gli investimenti, 800.000 euro al mese. Bene, sono passati 12 mesi, gli 8 milioni di euro che il gestore avrebbe dovuto utilizzare per investimenti non sono stati messi in moto perché dal 3 agosto a oggi il decreto non è firmato, a causa della registrazione, del passaggio al CIPE, della verbalizzazione, della prima valutazione. Sono tutti elementi a proposito dei quali il Ministro Barca è intervenuto qualche giorno fa, quando si è parlato finalmente di accorciare i tempi di questa burocrazia asfissiante, che talvolta uccide lo sviluppo.
Allora, non soltanto non riusciamo a trovare i soldi, i fondi, ma riusciamo a perdere, per la nostra lentezza, quelli che potremmo da subito avere. Trovo inaccettabili 8 milioni buttati in un anno non si sa perché o per chi. Qualcuno forse dovrebbe risponderne, però questo regolarmente non accade.
Lascio il settore aeroportuale perché sarei capace di occupare più tempo del necessario. Faccio soltanto una considerazione: ho polemizzato, se se n'è reso conto, sulla vicenda della comunicazione sul ponte sullo Stretto. Non ne faccio una questione ideologica, come ha detto il collega Garofalo, ma da siciliano le chiedo che qualcuno ci dica definitivamente cosa si deve fare. Non è prioritario, lo accantoniamo, lo riprendiamo, lo ripeschiamo e, intanto, la società Ponte dello Stretto continua a spendere soldi, per consulenti, progettazioni. Che quantomeno si abbia una visione: cosa si vuole fare per il Meridione d'Italia? Ponte sì, ponte no. Cosa facciamo in alternativa? Cosa!? Modernizziamo la rete ferroviaria a livello regionale, rinunciamo anche all'alta velocità, ma questo Governo deve dirci qualcosa in termini dell'avvio di una serie di elementi di modernizzazione e di recupero di un gap infrastrutturale che
nel Paese esiste.
Oggettivamente, io non so più cosa dire, quando torno a casa, rispetto al sistema ferroviario che non c'è: carrozze fatiscenti, binari fermi a 80 anni fa e nulla accade, le autostrade sono fatiscenti. Sorvoliamo
su tutto, ma su cosa possiamo pensare di ottenere un recupero e un riequilibrio infrastrutturale? Vorremmo almeno sentire una parola da qualcuno. Che ci sia una speranza che questa vicenda possa essere risolta - non è una questione ideologica - che ci arrivi un segnale.
Non voglio essere polemico con lei poiché, oggettivamente, non lo merita, però diventa complicato trovare, in un Paese che si lacera e che si confronta con complicazioni crescenti, con un intero meridione che oggettivamente non trova, dalla Sicilia alla Calabria, alla Puglia, un'attenzione e una speranza. Spero che le cose possano oggettivamente cambiare, ma per la parte di sua competenza, dovrebbe offrirci un segnale piccolo, qualcosa che possa essere realizzato nel più breve tempo possibile.
ANTONIO MEREU. Sarò breve. Vorrei segnalare che viviamo un periodo particolare. Sulla stampa si legge in questi giorni addirittura della possibilità dell'abbandono della moneta unica. Al di là che siano fantasie o meno, comunque è un problema di grande attualità. Nella sua relazione ho notato che si rifà a quelle che, invece, sono le direttive europee, che secondo me qualche volta sono anche causa di grande disagio da parte dell'industria italiana.
In fin dei conti, come possiamo fermare la delocalizzazione se continuiamo, comunque, a seguire le direttive? Per quanto di mia conoscenza, moltissimi problemi che riguardano il nostro territorio sono proprio legati a queste regole micidiali e che non tengono conto del deficit strutturale che il Meridione in genere deve sopportare.
A Meridiana, ad Alitalia aggiungo Tirrenia, che non riusciamo a vendere e di cui non sappiamo cosa fare. Abbiamo la possibilità - parlo della Sardegna - di produrre carrozze ferroviarie, ma non abbiamo le navi che trasportano le stesse carrozze ferroviarie. Credo, quindi, che la politica nazionale debba sì andare incontro agli interessi più generali, e quindi investire dove ci sono i ritorni ma, come abbiamo detto anche in Commissione approvando un documento in questo senso, oggi la crisi attanaglia il Paese nella sua generalità. Devo dire anche che quello che sta cercando di fare andrà a migliorare dei settori o dei territori comunque piccoli rispetto alla grandezza di chi si trova in difficoltà. La politica ha necessità di rivolgersi di più a questi ultimi, che non può abbandonare.
Dobbiamo, quindi, fare uno sforzo per quelle potenzialità che oggi ci sono e che non emergono per difficoltà strutturali, come si è detto prima quando si è citata la continuità territoriale nel Meridione. Perché non combattere a livello europeo l'insularità della Sardegna? Risolvendo quel problema, probabilmente risolveremmo tantissimi problemi che riguardano non solo i trasporti, ma anche, ad esempio, l'energia. Credo che in questo senso si debba fare uno sforzo. A proposito della rete aeroportuale, come si può non evidenziare che non si tiene conto dell'aeroporto di Cagliari o, comunque, di un aeroporto sardo? Noi abbiamo solo quelli per viaggiare.
Per concludere, vorrei mettere in risalto un problema. La collega Velo parlava prima di assunzioni di portalettere. C'è un problema a livello nazionale che, probabilmente, è studiato proprio per favorire un maggior numero di assunzioni successivamente. Il sistema dei portalettere in Italia è stranissimo: noi abbiamo in Sardegna i settentrionali, nel settentrione ci sono i meridionali. Sarebbe l'occasione, se volesse interessarsi a questo problema, per vedere se si può ristrutturare e a mandare ciascuno di questi signori a casa propria e garantiremmo anche un grande risparmio ai nostri lavoratori.
Ritengo, signor Ministro, che uno sforzo soprattutto nei confronti dell'Europa vada fatto perché è una situazione che ormai diventa insostenibile.
CARLO MONAI. Ministro, non la invidio perché tali e tante sono le sue competenze e così gravi i problemi che ha di fronte che è sintomatico il bombardamento con cui oggi l'abbiamo serrata.
Rispetto ai tempi stretti del suo mandato, c'è il rischio che non si sappia più da dove e con cosa iniziare.
Avevo anch'io alcune riflessioni da sottoporre alla sua attenzione, ma sono stato anticipato da diversi colleghi. Mi limito a uno spunto politico che giudico centrale non solo per le iniziative che avete già preso in questa vostra missione governativa, ma perché penso abbia anche una reale forte incidenza nella percezione del Paese, delle famiglie, dei giovani, che troppo spesso si trovano privi di qualunque speranza di realizzare le loro aspirazioni.
Una delle mortificazioni più alte che ho non è tanto la frustrazione, che posso condividere con l'onorevole Meta, di trovarmi qui spesso a recitare a soggetto, ma nel contatto quotidiano con le persone, con le famiglie, con i genitori di ragazzi che magari hanno studiato e non sanno dove battere la testa. Se è vero che avete già iniziato a lanciare degli incentivi per l'occupazione giovanile per dare risposta a questa pletora di persone che, in realtà, sono anche il nostro futuro e da cui potremmo partire per creare una maggiore speranza - la vera crescita, a mio avviso, si fonda prevalentemente sulla percezione positiva e ottimistica che qualche cosa si possa fare per il futuro - allora un'attenzione particolare deve essere proprio quella di garantire, in una sinergia sempre più stretta con la formazione e l'istruzione, e quindi con il Ministro Profumo, un momento di sviluppo forte e una politica nazionale che diventi messianica,
se vogliamo. Serve un messaggio di speranza e di concreta prospettiva di impiego per questa miriade di persone che oggi veramente si trova in difficoltà e che percepisce la politica come quella cosa cattiva, quella cosa inquinata nella quale solo chi ha il santo in paradiso riesce a emergere, in barba al merito, ai sacrifici, alle possibilità.
Se riuscissimo a dare, all'interno di questa breve esperienza di Governo, un forte impulso a questo tipo di approccio, penso che tutti gli altri problemi potrebbero essere sopportati meglio e con maggiore spirito di sacrificio rispetto al dover gestire tutto in una sorta di indifferente politica che alla fine perde la bussola.
SETTIMO NIZZI. Signor Ministro, spero che in tempi brevi riesca a risolvere un problema vitale per noi, ossia la continuità territoriale. Non possiamo più muoverci. Oggi non possiamo rientrare in Sardegna perché tutti i voli sono pieni. Abbiamo problemi di costi eccessivi, il caro tariffe che riguarda le navi, non siamo riusciti a trovare un accordo per colpa di qualcuno. Non voglio mettermi a dire di chi sono le colpe, ma le chiedo, cortesemente, di porre un po' di attenzione, di risolvere il problema per l'estate. La Sardegna sta morendo. Non viene più gente. Stamattina ho appreso dal sottosegretario Improta che ci siamo anche caricati l'intero parco ferroviario. Come facciamo? Mancano tutti i trasferimenti. Siamo in trattativa da anni, ma sembrava che negli ultimi otto mesi sull'accordo relativo alle entrate dovesse esserci uno snellimento, invece ancora non si è approdati a
niente. Spero che vi mettiate una mano sulla coscienza e verifichiate esattamente.
Siamo 1.800.000 persone, la decima regione per dimensioni di popolazione e, essendo un'isola, siamo molti, non possiamo andare a nuoto, non possiamo muoverci, non possiamo fare concorrenza, non possiamo lavorare. Dovete fare qualcosa. Quello della Sardegna è un caso serio per l'Italia. Dovremmo iniziare forse a pensare all'indipendentismo in salsa corsa? A iniziare a fare cose che mai abbiamo pensato di mettere in piedi? La gente, però, è veramente disperata. Non abbiamo più lavoro, i nostri giovani non riescono più a trovare una giornata di lavoro, non un lavoro stabile. La maggior parte dei sardi è disoccupata.
Faccio riferimento al decreto-legge sviluppo dicendole che penso che, per quanto riguarda le imprese alberghiere in tutta la nazione, si debba rivedere l'IMU. Certo, quando mancano i soldi, mancano per tutti, bisogna trovarli, ma bisogna fare qualcosa.
DEBORAH BERGAMINI. Se non sbaglio, è a me l'onere di chiudere questa lunga raffica di domande che il Ministro Passera mi sembra aver sopportato con encomiabile pazienza, concentrazione e attenzione, quindi non aggiungerò ulteriore carico, soltanto due domande estremamente brevi.
La prima riguarda le infrastrutture fisiche, la seconda le cosiddette infrastrutture virtuali. La prima si riferisce all'imminente nomina dei membri dell'Authority per i trasporti su cui questa Commissione dovrà esprimere un parere. In vista di questa imminente serie di nomine, sarei per chiederle, Ministro, che cosa sarà dell'ANAS visto che sono in scadenza i vertici. Vorrei capire come e se i due organismi si integreranno.
La seconda, invece, riguarda i dati che ha fornito sullo sviluppo della banda ultra larga in generale per semplificare sulla digitalizzazione del nostro Paese: ha spiegato che saranno investiti, se non ho capito male, 700 milioni di euro in modo da, in primo luogo, azzerare il problema di digital divide che abbiamo e che, ovviamente, è prioritario. Come lei sa, in questa Commissione stiamo andando avanti con l'elaborazione di un testo unico, frutto di due diverse proposte di legge, Gentiloni-Rao e Palmieri, che riguarda l'Agenda digitale. Siamo, ovviamente, contentissimi ed è un grande privilegio poter lavorare su questo aspetto che riteniamo essere assolutamente prioritario per evitare quello che forse dovremmo definire un national divide, un grosso rischio. Mentre noi, infatti, siamo qui alle prese, appunto, col dividendo digitale, la maggior parte degli altri Paesi europei sono già molto più avanti di noi e si stanno occupando
di altre tematiche. Dobbiamo correre su questo.
Tutto sommato, inoltre, è anche legittima una valutazione sul fatto che il modello produttivo italiano, in realtà, possa beneficiare molto più di tanti altri in Europa di un rapido sviluppo digitale nel nostro Paese, e quindi sicuramente auspichiamo e auspico come relatrice di questa legge in questa Commissione che il lavoro che già stiamo svolgendo di sinergia tra Governo e Parlamento in questo ambito possa ulteriormente rafforzarsi. Lo riteniamo importante per evitare inutili sovrapposizioni e per rendere proprio più funzionale, più utile allo sviluppo del Paese, l'esito del lavoro comune.
A questo proposito - sicuramente, nel decreto-legge sviluppo che ha presentato ci saranno aspetti importanti che riguardano l'Agenda digitale, che non ho ancora avuto modo di vedere - vorrei capire un po' meglio che tipo di dead line si pone rispetto a questo problema il lavoro della cabina di regia.
PRESIDENTE. Nel dare la parola al Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti per la replica, ringraziandolo perché doveva andar via, ma ha deciso di fermarsi per dare un primo giro di risposte, anche se su molti argomenti penso che ci farà avere una nota o deciderà di tornare in una successiva audizione, vorrei ricordare degli aspetti, alcuni dei quali legati al decreto-legge sviluppo. Siccome sono lavori che questa Commissione ha svolto e sta svolgendo, chiederei la possibilità di un riscontro a breve perché, diversamente, si seguiranno altre vie.
Noi abbiamo approvato l'altro ieri la proposta di legge sulle disposizioni per favorire lo sviluppo della mobilità mediante veicoli a bassa emissione. È un provvedimento votato all'unanimità, votato anche dalla X Commissione Attività produttive. Come vedete, nel titolo si parla di sviluppo, anche se di mobilità - quindi, siamo in pieno decreto-legge sviluppo - e abbiamo visto che la copertura finanziaria attualmente inserita nel testo che abbiamo del decreto-legge sviluppo non tocca il reperimento dei fondi che sono stati utilizzati per questo provvedimento. Sarebbe importante, allora, una volta acquisito il parere delle altre Commissioni, approvato il testo, che possa entrare nel decreto-legge sviluppo attraverso un emendamento che si potrà presentare o alla Camera o al Senato. Non sappiamo ancora, infatti, dove sarà incardinato il provvedimento, ma penso che sia un fatto importante.
Inoltre, sulla proposta di legge delega sulla sicurezza stradale abbiamo stralciato alcuni argomenti che volevamo far confluire in un provvedimento legislativo da approvarsi rapidamente in sede legislativa in Commissione. Ci è stato riferito che forse c'è la possibilità di inserire queste disposizioni nel decreto-legge sviluppo: vorremmo sapere se questo è, effettivamente, possibile. Diversamente, procederemo, così come avevamo pensato.
In occasione della presentazione del rendiconto ENAC, signor Ministro, ha parlato del 31 dicembre 2012 come di una scadenza per i tre contratti di programma, cui già altri colleghi si sono richiamati, di Milano, Venezia e Roma. A mio modo di vedere, è una data troppo lontana e sarebbe importante riuscire ad anticiparla anche di diversi mesi.
Voglio sottolineare di nuovo il problema con Alitalia, un problema istituzionale, non personale. Alitalia da dicembre dell'anno scorso continua a rinviare la data di una possibile audizione in Commissione, volta a riferire di una situazione del mercato aereo complessa e anche di una situazione di Alitalia stessa complicata. Abbiamo atteso pazientemente il passaggio di consegne da un amministratore delegato a un altro, ma oggi ci troviamo in gravi difficoltà. Ritengo, Ministro, che lei debba sapere di questa nostra posizione complicata, non preconcetta, ma di rispetto dell'istituzione parlamentare.
Sul tema dell'indagine conoscitiva degli aeroporti è già stato detto: lei saprà meglio di me, essendo anche della stessa zona geografica di provenienza, che esiste ancora un grosso problema su Malpensa per la riduzione, nonostante il traffico aereo in Italia sia cresciuto, del polo aeroportuale di Milano. Purtroppo, infatti, avendo dato la possibilità a Linate di fare da sponda ad altri HUB europei, il traffico complessivo di Milano - non è un problema, quindi, di trasferimento tra Milano Linate e Milano Malpensa con una relativa crescita del traffico passeggeri globale, che sarebbe un bene - si è fortemente ridotto nonostante i grandi investimenti per infrastrutturare e collegare al meglio quest'importante aeroporto italiano con la città di Milano e non solo.
Abbiamo presentato stamattina una risoluzione sul tema delle reti di nuova generazione. Ne è stato ricordato solo il contenuto da parte dell'onorevole Crosio, ma è stata sottoscritta da diversi gruppi parlamentari, proprio per richiedere una presenza e una definizione del Governo su un tema che riteniamo fondamentale per l'ammodernamento del Paese più volte ricordato.
Infine, passo a un fatto di cronaca, che l'onorevole Gentiloni ha ricordato. RAI Way da un anno non ha avuto il rinnovo del consiglio d'amministrazione: trovo improprio che non sia rinnovato un consiglio d'amministrazione, che è in prorogatio. Non mi sembra da Paese civile.
Do la parola al Ministro Passera per la replica.
CORRADO PASSERA, Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti. Spero di avere scritto tutte le questioni e mi direte mano a mano se dimentico qualcosa di importante. L'onorevole Merlo parla di rami secchi nei trasporti ferroviari locali e chiede se questo processo sia irreversibile. Ovviamente, non esiste una regola generale, ma sappiamo che esistono molti casi in cui si lascia ai mezzi di trasporto sbagliati il servizio che potrebbe essere meglio svolto in altre modalità. In molti casi, talune tratte ferroviarie disastrosamente in perdita possono essere sostituite meglio con altri mezzi, come quelli su gomma. Neanche questa è una regola generale. Su segnalazioni specifiche, fornirò risposte circostanziate. Non c'è dubbio, però, che esistano molti casi in cui la ferrovia non è la risposta migliore o più sostenibile rispetto
al bisogno.
Quella della delocalizzazione è un tema grande, generale, che tocca tanti Paesi e, sicuramente, noi. Non riguarda l'industria in generale, perché tutti i settori industriali hanno una componente di costo del lavoro molto diversa. Con l'8 per cento di costo del lavoro, si possono avere, però,
vantaggi o svantaggi su altre voci di costo. Può essere irrilevante il più alto o il più basso costo del lavoro e si può misurare o si può scegliere il proprio luogo di investimento in funzione di altro.
Nell'agenda per la crescita, piano integrato che parte dal primo giorno e, mese dopo mese, si riempie, cerchiamo di toccare gli elementi che rendono più o meno interessante operare in Italia, dove il costo del lavoro è sicuramente uno di quelli che possono fare in taluni casi la differenza. Talvolta, però, è più importante il costo del credito, in altri casi quello dell'energia, in tanti altri la non attrattività o la necessita di andarsene dall'Italia deriva da quella pesantezza burocratica spesso non di tipo centralistico, ma legato all'attività delle amministrazioni locali, su cui dobbiamo intervenire. Non sarà, però, certamente un Governo di pochi mesi a poter cambiare le cose, ma non diamo in nessun modo per scontata la delocalizzazione di tutti i settori.
Possiamo addirittura essere attraenti per certi settori e il fatto che le nostre esportazioni crescano è una risposta concreta e dimostra che non è scritto da nessuna parte che l'industria nel suo insieme debba lasciare il nostro Paese. È chiaro che non c'è ragione che le industrie di un qualsiasi settore ad altissimo contenuto di costo del lavoro, a basso livello di innovazione e, magari, ad altissimo costo dell'energia, stiano in Italia, ma questo sarebbe andare contro la storia e la suddivisione globale del lavoro.
Ho un po' difficoltà a rispondere all'onorevole Velo sul settore postale perché si chiede tutto e il contrario di tutto. Si chiede di ridurre gli esuberi, aumentare l'occupazione e aumentare la liberalizzazione, ma tutto non si tiene. In passato siamo riusciti - parlo della storia precedente - a sviluppare altri servizi che non fossero legati alla corrispondenza. Per darvi un'idea di quello che intendo, alcune operazioni oggi sono svolte da singole amministrazioni con grandissimo onere: la gestione delle multe della polizia stradale, ad esempio, era un enorme onere soprattutto di personale medio impiegabile in altro. Dal punto di vista delle capacità integrate della posta, di comunicazione, di incasso, di sollecito, di rendicontazione, di rete, quei servizi potevano, invece, essere forniti con grande vantaggio.
Credo che Poste debba continuare a inventare meccanismi per fornire altri servizi. È chiaro che il recapito non potrà che diminuire e che, se vogliamo mantenerlo a livelli accettabili come costo per il pubblico, non possiamo pensare che sia quotidiano in tutta Italia. Il personale esterno difficilmente è riassorbibile come, invece, è stato fatto per tutti gli esuberi interni. Se non è poco, infatti, riassorbire 1.800 persone in altre attività, è molto difficile pensare di riassorbire anche il personale degli appalti. Ho avuto conferma che non sono in nessun modo previsti esuberi o licenziamenti. Ovviamente, su questo vigileremo, ma tutto quanto si è creato e si sta creando sul piano dell'esubero interno per ora si deve intendere come riassorbito.
Quanto al clima del servizio universale, credo che dovremo porci il tema di garantirlo, ma non nello stesso modo nel centro di una città e in cima a una montagna. Esiste un limite di costo per il pubblico che potrebbe risultare veramente troppo elevato. In ogni caso, questo discorso fa parte del prossimo contratto di servizio e piano di impresa delle Poste, su cui tutti insieme si potrà lavorare, soprattutto da parte dell'azienda. Noi metteremo la nostra parte, voi sicuramente darete il vostro contributo. Certo, è un settore importante a cui intendo dare anche la mia personale opinione e attenzione.
Non dimentichiamo che Poste Italiane è tra le aziende che hanno ridotto meno nel confronto con qualsiasi altro Paese. Soprattutto le riduzioni relative all'attività del servizio di corrispondenza sono state molto inferiori a quelle di qualsiasi altro Paese grazie al fatto che ci siamo inventati tanti altri mestieri, che altre aziende postali non hanno saputo inventarsi.
Quanto alle liberalizzazioni, come ormai sapete, il mercato è quasi completamente liberalizzato. Forse addirittura precedentemente al mio arrivo - avrei fatto la stessa cosa anch'io - si è mirato a difendere
un minimo di volume per giustificare il costo di questa rete. L'obiettivo è conservare i servizi poveri, come quello della corrispondenza, in capo a chi deve garantire il servizio universale, evitando che le uniche poche parti ricche escano, e che quindi esploda il costo per il pubblico. Credo che, nei limiti del rispetto delle direttive europee, dobbiamo farlo. Alla fine, infatti, siamo noi a firmare l'assegno degli esuberi o del costo del servizio universale. È chiaro, quindi, che dobbiamo rispettare le norme europee, non dobbiamo tirarci indietro sulla liberalizzazione, ma non trovo proprio auspicabile dar via tutto quello che c'è di profittevole per vedersi esplodere il costo del servizio universale.
Sono d'accordo che l'e-commerce sia un'opportunità. Questo va anche nell'agenda della crescita. Su questo ci saranno anche iniziative specifiche.
Anche se non riguarda più da dieci anni la mia gestione, tengo a dire che è vero solo in parte che a Banco Posta sia mancata una visione. Il tipo di servizi sviluppati, alcuni casi di iniziative di clamoroso successo, come Postepay, ma anche tutta la parte tecnologica e quella delle telecomunicazioni, sono fatti importanti. Le nostre oggi sono tra le poste più invidiate perché hanno saputo effettivamente fronteggiare un crollo inevitabile dell'attività della corrispondenza.
L'onorevole Lovelli mi richiama sul contratto di programma scaduto nel 2011, che sicuramente fa parte degli impegni che intendiamo prenderci per il 2012. Non ripeto quanto detto a proposito del fatto che la posta massiva sia una mossa anticoncorrenziale. È una mossa con una logica secondo la quale non si vuole fare esplodere il costo per il pubblico rispettando le regole europee.
Lo stesso discorso vale per il contratto di programma per le ferrovie: mi scuso per l'interpellanza dell'aprile 2012, ma ci sono arrivate 4.000 atti di sindacato ispettivo e non è stato semplice gestirne l'inondazione. Ciononostante come Ministero ne abbiamo evase ben oltre la metà, ma è nostro dovere farlo e mi scuso se così non è stato ancora.
Io credo al terzo valico. Abbiamo sbloccato una situazione che, come si sa, da tanto tempo era ferma. Non intendiamo venir meno a questo impegno.
Onorevole Garofalo, il piano aeroporti, rispetto a quello che avevo immaginato si è dimostrato un lavoro più grosso e di maggiore impegno. Ne sta emergendo un lavoro completo e credo che potrà essere utile per la pianificazione di questo settore. A questo punto, non lo vedo lontano, ma restano alcuni aspetti da completare. Certamente, non è un piano che è finito nel dimenticatoio. Su Comiso mi limito a dire che in questo momento sono in corso degli incontri, come sento di poter dire che siamo vicini a una soluzione.
Alitalia-Wind Jet è una questione che deve essere gestita dall'Antitrust. Se volete, ritorno sul tema. Potete continuare a prendervela con Alitalia, però ritorniamo un attimo a dove eravamo. Devo reagire almeno ai 15 miliardi, un'informazione davvero fuorviante. Ricordiamo gli eventi. Air France non ha comprato Alitalia. Non l'ha fatto perché è arrivata la crisi mondiale e perché ha capito che il sindacato non era disponibile a fare certe concessioni. Ha staccato la spina. Che la colpa sia della politica o del sindacato, di fatto Air France non ha acquistato e la nuova Alitalia non ha nessuna colpa del fatto che Air France abbia deciso di non comprare.
L'unico costo che ci è rimasto di quella trattativa è stato il trasferimento di tutte le attività di Malpensa a Fiumicino, operazione che è stata compiuta allora per rendere più facile la trattativa stessa. In quel periodo si è trattato di una decisione che ancora paghiamo, perché Malpensa, non unendosi a Linate e perdendo l'HUB dell'Alitalia, ha perso quasi la sua ragion d'essere. Io sono ancora convinto che possa avere un futuro. Non dimentichiamo come sono andate le cose. Si è poi messo insieme un gruppo di privati che con un miliardo di euro hanno rilevato 15.000
persone e la flotta. Il costo di una chiusura totale di quell'azienda sarebbe stato almeno il doppio.
Non si può imputare, quindi, alla nuova Alitalia il costo della liquidazione della vecchia. Lo dico solo per ragioni di verità perché non ho altri interessi a questo proposito.
MICHELE POMPEO META. Non ho parlato di colpa della nuova Alitalia. Penso che lei conosca i costi complessivi di quell'operazione.
CORRADO PASSERA, Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti. Il costo complessivo sarebbe stato il doppio se non ci fossero stati i privati a compare ciò che rimaneva di Alitalia, quindi abbiamo dimezzato il costo dopo il fallimento della trattativa con Air France. Questo è quello che è successo, dopodiché, per l'amor di Dio, tutti possono avere delle colpe e credo che sia sbagliato che Alitalia non venga a raccontarvi le sue cose. Per quanto mi riguarda, dirò di farlo. A volte, non si riesce a distinguere tra tutte le vite che si sono vissute, e quindi ci si trova magari a rispondere con un certo entusiasmo con cappelli precedenti.
Dunque, tornando alla questione Alitalia-Wind Jet, a mio avviso, è una questione che riguarda l'Antitrust. Se ne occupi: se è fattibile, bene; se non lo è, dicono di no ed è finita.
Sull'ecobonus il comportamento dell'Europa è stato sorprendente. Prima ha detto di sì e poi di no. Questo è un bel problema.
Sul decreto-legge sviluppo i due interventi, definiti a costo zero, della dogana aperta 24 ore al giorno e dello sportello unico non hanno superato la prova interna. Non sono in grado di spiegarle perché in questo momento, ma non erano costo zero, oltre all'esistenza di altri problemi. Ci assumiamo la responsabilità di fornire una risposta più definitiva.
Giudico positivamente l'autonomia finanziaria dei porti. Allargare ai porti di transhipment che non creano IVA è più problematico, ma prendiamo questo come un inizio di affrancamento del mondo portuale, molto importante anche dal punto di vista finanziario.
C'è il tema dei treni notte e della continuità territoriale siciliana: lavorare anche sulla Salerno-Reggio Calabria va in questa direzione. Metà dei 27 miliardi di contributi pubblici per infrastrutture sono per le infrastrutture del sud e, siccome tutte queste hanno nome e cognome, scadenze e responsabilità che possono essere ritrovate sul nostro sito, non dico che sia un segnale inequivocabile, ma è un segnale forte di interessamento al sud.
Onorevole Crosio, è giustissima la preoccupazione sul tema delle reti di nuova generazione. Lasciatemi dire che in parte non è vero che non sia svolto quel ruolo di manico, come giustamente lo ha definito, o comunque di Governo. Ci sono di mezzo, comunque, aziende quotate, aziende globali, e quindi non si può andare troppo oltre nella trattativa o nella negoziazione pubblica. Io son d'accordo con lei che sarebbe sprecato realizzare doppie reti, ma deve esserci un largo spazio lasciato all'iniziativa di mercato e in concorrenza. Questo è inevitabile.
Auspico che taluni investimenti di base possano essere messi a uso comune e in questa sede mi sento di dire oggi che l'impegno e l'interessamento sono forti. Nelle aree a fallimento di mercato, dove era possibile farlo, cioè nelle ragioni del sud dove c'erano i fondi anche europei, abbiamo messo quei 700 milioni, ma naturalmente non possiamo, per esempio, chiedere a Cassa depositi di intervenire in luoghi a fallimento di mercato perché sarebbe al di fuori della sua gestione.
Vedo, però, delinearsi una situazione per cui, facendo giocare tecnologie di fibra, di fibra e di rame, mobili, ruolo degli operatori italiani, di quelli internazionali, delle regioni, di talune entità locali, in tanti modi e non in un unico modo, a mio avviso l'Italia riuscirà a coprire il territorio con un servizio adeguato e stimolante della broadband. Rimango su linee generali: non appena interverrà qualche cosa di più specifico potremo dedicare magari una riunione a questo aspetto.
Onorevole Biasotti, naturalmente salto le domande a cui ho già risposto con altri. Ci occuperemo dell'aeroporto di Genova. Quello dell'automotive è un settore in grande crisi per tante ragioni: al prossimo tavolo sarò sicuramente presente. È una filiera a cui dobbiamo dare una grande attenzione.
Non mi sento di aprire la questione dell'IMU, perché è già affrontata dal Governo in molte sedi. Non dimentichiamo, però, che con un'operazione relativamente piccola, di 9-10 miliardi per salvare finanziariamente il nostro Paese in dicembre, si è intervenuto su un settore, quello della fiscalità immobiliare, in cui l'Italia è enormemente più leggera di qualsiasi altro Paese.
Ritengo di aver risposto alle prime due domande poste dall'onorevole Desiderati. In relazione al traffico aereo, da quanto so, l'Antitrust sta intervenendo sulle tratte Linate-Fiumicino e credo che ci sia stato se non un vero e proprio indirizzo, comunque una decisione di agire sulle tariffe anche per rendere più competitivo il servizio rispetto al treno. Credo anche che sia iniziata la pubblicità in tal senso.
Non mi sento di entrare nel merito della concessione dell'aeroporto di Brescia. Certamente, l'aeroporto non ha ancora trovato una sua missione. Fa parte di quegli aeroporti del nostro Paese su cui ci si interroga, ma non escludo che si possa trovare, una sua funzione magari non ai primissimi livelli di priorità.
Certamente - faccio solo un commento relativamente al piano degli aeroporti - è veramente un compito arduo riprendere in mano una situazione non facile che è andata così avanti per cercare di rimettere ordine, di creare qualche aeroporto che abbia una minima massa critica dopo che se ne sono creati così tanti che, di fatto, impediscono la creazione di altri di una certa dimensione, così decretando la sudditanza del sistema italiano rispetto a quello di altri. Con il riordino, di cui riparleremo in sede di piano aeroporti, qualche risposta ci sarà.
Con l'onorevole Gentiloni sono totalmente d'accordo. Magari è eccessivo definire Poste il motore dell'innovazione del problema della pubblica amministrazione, ma può essere un ruolo affidato a Poste quello di essere uno dei motori dell'efficientamento della pubblica amministrazione.
Sulla rete postale, sul suo costo e sulla povertà del servizio postale sono più, personalmente, dell'idea che si debba cercare di sostenerne il costo, ma certamente di non forzare nessun'altro a crearne. È impensabile. I privati al massimo si occupano delle poche aree ricche, ma non gestiranno mai il servizio nella gran parte del Paese.
Quanto a unire gli sforzi tra Telecom, Metroweb e altri, proprio perché aziende quotate, proprio perché non ancora chiaro il percorso da seguire, non mi sento neanche di darle una risposta formale sul fatto che saremmo favorevoli o meno. Vale la risposta che ho dato al suo collega sulle finalità che ci proponiamo.
Non ho notizie inerenti la questione Elettronica e DMT interessata a RAI Way, e quindi non mi sento di dare una risposta, però certamente anche in quel caso parliamo di reti importanti per il Paese ed è giusto seguirne eventuali evoluzioni. Vale il tema del 2012 per RAI. A me piacerebbe, e voi potete essere parte importante di questo lavoro, fare il rinnovo entro il 2012. Mi avete chiesto quale fosse l'intendimento: credo che il servizio universale, che è servizio pubblico, abbia un ruolo molto importante in qualsiasi Paese, compresa l'Italia, e quindi vorrei che fosse un rinnovo di contratto di servizio che valorizzasse molto il servizio pubblico.
Onorevole Lusetti, che la rete non garantisca sempre - Roma è uno di questi posti - un servizio adeguato, non c'è sicuramente dubbio: difficoltà di recapito, o meglio non continuità, e quindi necessità di assicurarsi che con una continuità prevedibile il recapito. Liberalizzare ulteriormente il recapito ricade nel discorso già affrontato: basta che sappiamo che aumenta l'assegno che dobbiamo pagare alla fine dell'anno.
Onorevole Meta, c'era un intero discorso da fare sulle priorità, sulla crescita,
ma vale per tutti che, in realtà, non stiamo pianificando o facendo: l'agenda per la crescita e i suoi capitoli sono definiti dal giorno zero e ogni mese se ne riempie un pezzo. Col decreto che abbiamo approvato qualche giorno fa molti pezzi del programma volto alla creazione delle condizioni per la crescita vanno a coprirsi.
Sui tre contratti in deroga sono d'accordo e, infatti, ci stiamo lavorando, anche con una qualche forzatura da parte mia su certe procedure. Già abbiamo firmato quello di Linate. Per arrivare a una firma con Roma e con Venezia bisogna che le due parti siano d'accordo e noi per ora con queste due controparti non abbiamo raggiunto un accordo né siamo disponibili a concedere cose che, a nostro avviso, non è giusto concedere.
Sulla governance dei porti non sono preparato. Affronterò il tema successivamente.
Tornando alle liberalizzazioni, quanto al trasporto pubblico locale, è forse il progetto che sta avanzando con maggiore determinazione. Non solo quello che prevedeva il decreto-legge cosiddetto «cresci Italia» si sta realizzando ma, come sapete, in alcune regioni già sono state aperte le gare, alcune addirittura sono in corso di assegnazione, il decreto-legge ultimo chiarisce una serie di aspetti che sono emersi come di difficile interpretazione, e non c'è nessun rinvio. Dobbiamo assicurare che quelle 1.100 aziende, in gran parte inefficienti, ovviamente non tutte inefficienti, si consolidino nel tempo in poche decine e almeno in alcune regioni ci siano operatori di qualità. Il tema, quindi, non si è assolutamente fermato.
Quanto al rilancio dell'industria pubblica, direi innanzitutto che, a mio avviso, questa non esiste. Esistono settori che possono essere posseduti da privati o da pubblici. Ritengo che esistano settori che non appaiono troppo innovativi e moderni - l'ho dimostrato recentemente, anche quando si è trattato di lavorare su Fincantieri - ma che vi resti uno spazio di crescita importante. Sto mettendo un impegno simile a quello per Fincantieri sulla filiera ferroviaria, a mio avviso un settore con un grande potenziale, purtroppo in parte gestito pessimamente negli anni scorsi. Tanto STS è un'azienda, all'onor del mondo, gestita bene quanto è stata mal gestita Ansaldo Breda che deve e può essere messa a posto.
Non ritorno su Alitalia, su cui probabilmente ho già detto troppo.
Quanto a Tirrenia, al nostro arrivo abbiamo trovato una soluzione insostenibile dal punto di vista delle regole europee, abbiamo dovuto prendere in mano la situazione e credo che abbiamo trovato la soluzione: se quanto stiamo finalizzando in queste settimane dovesse essere accolto dall'Antitrust, il problema Tirrenia, con tutto quello che si porta dietro, potrebbe essere risolto.
ANTONIO MEREU. Credo che sia di oggi la notizia della decisione da parte dell'Antitrust.
CORRADO PASSERA, Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti. Credo che sia una strada che deve essere perseguita. Se le dico che sono ottimista su questo è perché lo sono veramente. Non voglio ancora parlare di firme finali, ma le assicuro che su Tirrenia, come su un'altra quindicina di casi veramente difficili, abbiamo messo e ho messo l'impegno necessario, di faccia, non, come si diceva prima, del resto.
Io non sono convinto dell'esistenza di corridoi che danneggiano l'Italia. È verissimo quello che lei dice, non dobbiamo dimenticare pezzi dell'Italia, ma l'Italia è quella interessata da più corridoi. Nessun Paese ha quattro corridoi che l'attraversano orizzontalmente e verticalmente e, a fronte di questo impegno dell'Europa, è chiaro che non possono toccare tutte le regioni e dobbiamo integrare a livello statale. I tre corridoi verticali, da Rotterdam, dal Baltico e da Helsinki, e il corridoio del Mediterraneo, l'ex 5, vedono, però, l'Italia tra i Paesi maggiormente interessati dalla pianificazione europea.
Onorevole Terranova, il piano aeroporti non giace nei cassetti, lo stiamo finalizzando. Effettivamente, è un progetto non
facile, che però sta prendendo la sua forma. Su Alitalia non dico altro.
Quanto alla velocizzazione dei contratti di programma, e in particolare del contratto di programma dell'aeroporto di Palermo, sulle registrazioni delle decisioni del CIPE abbiamo voluto, effettivamente, intervenire anche parlando di infrastrutture. Precedentemente, prima delle norme che abbiamo introdotto negli ultimi decreti, poteva essere necessaria un'attesa di più di un anno, fatto insopportabile; adesso siamo a 30, 40, 50 giorni. Tutti insieme dobbiamo verificare quali siano quei meccanismi terribili, burocratici che fanno perdere anni alla gente e alle aziende. In campo infrastrutturale, qualcosa da questo punto di vista è stato fatto.
Il contratto di Palermo è chiuso, è alla registrazione della Corte dei conti e, a costo di andare a mettermi lì davanti finché non l'avranno registrato, vedrete che lo portiamo a casa.
Sul ponte sullo Stretto chiarisco soltanto quello che ho detto per giustizia e verità. Alla domanda che mi è stata rivolta a bruciapelo su cosa pensi del ponte ho risposto la verità, che una decisione non è stata ancora presa, ma che il mio parere personale era non sulla validità o non validità del progetto, soprattutto dal punto vista tecnologico e che non potevo considerarlo prioritario rispetto a molte altre nostre urgenze. Come risposta integrativa alla domanda dell'onorevole Terranova direi che il nostro interessamento ai problemi del sud è dimostrato dall'oltre 50 per cento di infrastrutture approvate in questo periodo in quelle regioni.
Onorevole Mereu, ovviamente non posso accogliere l'invito a non seguire le direttive europee. Noi le seguiamo e le seguiamo tutte. L'aeroporto di Cagliari non è menzionato tra i dieci di carattere strategico europeo per ovvie ragioni, ma sicuramente è tra gli aeroporti di seconda fascia su cui si investirà. Ho menzionato quelli legati ai grandi corridoi europei.
Quanto alla speranza ai giovani, di cui parlava l'onorevole Monai, la finalità di tutto quello che si sta facendo è creare lavoro per tutti, ma sicuramente per i giovani. Giustamente, oltre ai temi della crescita, si è parlato della necessità di una formazione per i giovani che li renda impiegabili. In tanti casi, infatti, creiamo disoccupati fornendo loro una formazione che non è quella di cui le aziende, le tipiche aziende italiane, hanno bisogno.
Se spingiamo tutti sull'istruzione tecnica sia normale sia superiore, andiamo a coprire un fabbisogno che in altri Paesi, come la Germania, produce quasi un terzo dell'occupazione. In tanti casi non è né il laureato né il superlaureato la risposta per la tipica azienda italiana, ma il tecnico o il tecnico superiore. Soprattutto, dobbiamo darci una strumentazione scolastica che permetta l'aggiornamento in tutte quelle categorie di aziende che non sono in grado direttamente di erogare istruzione e formazione per tutta la vita lavorativa.
Se esiste, dunque, un'area dell'istruzione e della formazione su cui concentrare gli sforzi in vista della creazione di posti di lavoro, mi concentrerei sull'integrazione e sull'istruzione tecnica e professionale e sull'evoluzione di alcuni istituti tecnici in istituti tecnici superiori.
Onorevole Nizzi, considero il fatto che non ci sia posto sugli aerei anche una buona notizia, non solo una disgrazia. Se fossero anche vuoti, sarebbe sì una vera disgrazia. Scusi se ci ho scherzato, ma ogni tanto è necessario. Io non credo che la Sardegna stia morendo, non credo che il turismo in Sardegna sia finito, ma che si debba e si possa fare di più per quanto riguarda noi in merito al tema del collegamento. Se aggiustiamo adesso Tirrenia nel modo giusto, sicuramente diamo un contributo. Credo che il governatore sappia e tocchi con mano ogni giorno che è uno dei rapporti su cui mi sono impegnato e mi impegno maggiormente. Abbiamo risolto insieme tutti i problemi che sono stati sollevati, alcuni dei quali veramente spinosi.
Onorevole Bergamini, forse quando parla dell'ANAS si riferisce alla separazione in due dell'azienda, concedente e concessionario. Prossimamente, si prevede l'istituzione della figura di un responsabile della concessionaria, praticamente
un'azienda autostradale, come tutte le altre, da valorizzare come tale; ha, invece, maggiormente funzione di agenzia ministeriale quella che dà le concessioni e che, a nostro parere, non era logico fosse confusa con chi esercita o si dà le concessioni.
I 700 milioni di investimenti sulla banda larga sono concentrati nel sud perché abbiamo potuto valorizzare i fondi europei. Quello della copertura del digital divide nel nord è forse il singolo problema più grosso che abbiamo, perché è lì che dobbiamo trovare il modo, soprattutto con le amministrazioni locali, perché i privati tendano a non andarci. Non ci sono, infatti, i fondi europei e dobbiamo trovare un modo per assicurare che nella parte industriale magari non a fortissima densità industriale, ma comunque industriale, del nord non coperta dalla banda larga, questa ci arrivi.
Quanto all'Agenda digitale e alla cabina di regia, la nostra e la mia idea personale è di sostituire il più presto possibile la cabina di regia, un organismo comunque non a tempo pieno, non dedicato e non responsabilizzato, anche se composto di Ministri molto convinti, con l'Agenzia che abbiamo proposto e che ha il vantaggio di riunire entità esistenti e che operano in maniera non coordinata in un'unica entità, la quale risponderà, se sarà approvato il decreto, del coordinamento di tutti i sei cantieri della cabina di regia.
Quanto al provvedimento sui veicoli a basse emissioni, se il Parlamento così ha deciso, è per me solo una buona notizia.
Sulla sicurezza stradale, non sono in grado di rispondere se sia meglio esaminare il provvedimento in Commissione, in sede legislativa, o legarsi a un decreto-legge. Su questo, resto a vostra disposizione.
Per quel che può valere, dirò ad Alitalia che deve assolutamente venire incontro alle vostre richieste, perché si tratta proprio di una questione di rispetto.
Forse abbiamo esaurito gli argomenti.
PRESIDENTE. Nel ringraziare il Ministro per la relazione svolta e per gli ulteriori elementi forniti nella replica, dichiaro chiusa l'audizione.
La seduta termina alle 16,40.