Sulla pubblicità dei lavori:
Palumbo Giuseppe, Presidente ... 3
Audizione del Ministro della salute, professore Ferruccio Fazio, sulle problematiche relative al trasferimento al Servizio sanitario nazionale dell'assistenza sanitaria all'interno degli istituti penitenziari (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):
Palumbo Giuseppe, Presidente ... 3 6 11
Barani Lucio (PdL) ... 7 8
Ciccioli Carlo (PdL) ... 9
Fazio Ferruccio, Ministro della salute ... 3 6
Palagiano Antonio (IdV) ... 11
Pedoto Luciana (PD) ... 8
Turco Livia (PD) ... 6 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.
Resoconto stenografico
AUDIZIONE
La seduta comincia alle 14,25.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro della salute, professore Ferruccio Fazio, sulle problematiche relative al trasferimento al Servizio sanitario nazionale dell'assistenza sanitaria all'interno degli istituti penitenziari.
Do la parola al Ministro Fazio per lo svolgimento della relazione.
FERRUCCIO FAZIO, Ministro della salute. Ringrazio il presidente e gli onorevoli deputati per l'invito ricevuto.
Ricordo che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008 ha trasferito al Servizio sanitario nazionale tutte le funzioni sanitarie svolte dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dal Dipartimento per la giustizia minorile del Ministero della giustizia. Compete, pertanto, alle regioni l'espletamento delle funzioni trasferite con il decreto di cui sopra, attraverso le aziende sanitarie locali competenti per territorio.
Al fine di attuare e perfezionare il trasferimento delle funzioni di cui sopra, sono state adottate, come allegato al predetto decreto, le linee di indirizzo per gli interventi del Servizio sanitario nazionale a tutela della salute dei detenuti e degli internati negli istituti penitenziari e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale.
Di seguito intendo, oltre a ricordare i provvedimenti governativi che hanno ridisegnato il ruolo e le competenze fra Stato e regioni nella materia in questione, che sono sicuramente già noti a questa Commissione, indicare le iniziative e le funzioni che competono allo Stato e alle regioni.
L'assistenza sanitaria ai detenuti e agli internati è organizzata secondo princìpi di globalità dell'intervento sulle cause di pregiudizio della salute, di unitarietà dei servizi e delle prestazioni, di integrazione dell'assistenza sociale e sanitaria e di garanzia della continuità terapeutica. L'amministrazione penitenziaria provvede alla sicurezza dei detenuti e a quella degli internati ivi assistiti. Il Servizio sanitario nazionale e, quindi, quelli regionali, assicurano ai detenuti, agli internati e ai minorenni sottoposti a provvedimenti penali quanto segue: azioni di protezione, di informazione e di educazione ai fini della responsabilità individuale e collettiva; azioni e informazioni complete sul proprio stato di salute all'atto di ingresso nell'istituto penitenziario e al momento dell'immissione in libertà; interventi di prevenzione, cura e sostegno psichico e sociale;
assistenza alla gravidanza e alla maternità, nonché assistenza pediatrica per i figli delle detenute.
Le funzioni di cui sopra devono essere svolte nel rispetto degli obiettivi di salute e dei livelli essenziali di assistenza. Si parla, quindi, di azioni programmatiche e interventi prioritari, di organizzare le conoscenze epidemiologiche, di promozione della salute, di garantire la salubrità degli ambienti di vita e l'igiene degli alimenti, di organizzare gli interventi di prevenzione, cura, riabilitazione e recupero sociale.
In particolare, gli aspetti sono i seguenti: medicina generale, valutazione dello stato di salute dei nuovi ingressi, prestazioni specialistiche, risposta alle urgenze, patologie infettive, prevenzione, cura e riabilitazione per le dipendenze patologiche, prevenzione, cura e riabilitazione nel campo della salute mentale, tutela della salute delle detenute e delle minorenni sottoposte a provvedimenti penali e della loro prole, tutela della salute della popolazione immigrata.
Alle regioni e alle province autonome è, quindi, assegnato il compito di organizzare i servizi sanitari in rapporto alla tipologia degli istituti di pena per garantire risposte appropriate, efficienti ed efficaci ai bisogni di salute della popolazione carceraria e dei minori sottoposti a provvedimento penale.
Segnalo quale documento di coordinamento l'accordo del 20 novembre 2008 tra Governo, regioni, province autonome di Trento e Bolzano e autonomie locali, che definisce le forme di collaborazione relative alle funzioni della sicurezza e i princìpi e i criteri di collaborazione tra l'ordinamento sanitario, quello penitenziario e quello della giustizia minorile.
Con tale accordo sono state individuate le aree e le tematiche che necessitano di specifici protocolli di collaborazione tra le amministrazioni sanitarie e quelle della giustizia, sia a livello regionale, sia tra aziende sanitarie e singoli istituti di servizi, tenendo conto delle rispettive competenze istituzionali, allo scopo di creare le necessarie sinergie.
Il medesimo accordo prevede la stipula di specifici protocolli di collaborazione, sia a livello delle regioni e dei provveditorati regionali dell'amministrazione penitenziaria e della giustizia minorile, sia tra aziende sanitarie e singoli istituti di pena.
Si elencano le principali aree di collaborazione rispetto alle quali il responsabile del sistema sanitario e quelli dell'amministrazione penitenziaria e della giustizia minorile a livello regionale e locale devono assumere un impegno formale. Questo è il cuore della relazione. Tali aree sono le seguenti: l'individuazione degli ambienti idonei da dedicare all'attività sanitaria; il supporto necessario a garantire il corretto svolgimento dell'attività e la continuità dei percorsi sanitari; il rispetto dell'autonomia professionale degli operatori sanitari, unitamente al rispetto delle regole dell'ordinamento penitenziario e delle disposizioni previste dal processo penale minorile, con specifico riferimento al regime autorizzatorio e alle modalità di accesso negli istituti di pena e dei servizi minorili del personale appartenente al Servizio sanitario nazionale; la condivisione dei dati sanitari, quando è necessaria per consentire
l'adozione di misure appropriate per la collocazione e il trattamento dei soggetti, soprattutto riguardo i nuovi giunti con particolari problematiche sanitarie, per esempio disabilità, malattie infettive, tossicodipendenza, disturbi mentali, rischio di suicidio; il trasferimento di informazioni di dati giudiziari al personale sanitario, quando è necessario per una migliore gestione, anche sanitaria, dei detenuti; la collaborazione tra personale sanitario e penitenziario degli ospedali psichiatrici giudiziari per l'attuazione dei progetti terapeutico-riabilitativi in favore dei soggetti ricoverati negli stessi OPG; la continuità dei percorsi di cura, garantendo una continuità dal momento dell'ingresso negli istituti di pena e nel caso di eventuali spostamenti in altri istituti, anche di altre regioni, sia che i trasferimenti siano dettati da motivi di salute, sia che siano dettati da provvedimenti dell'autorità giudiziaria; l'individuazione
di sezioni o reparti a custodia attenuata per i trattamenti terapeutico-riabilitativi dei tossicodipendenti e dei soggetti
con disturbi mentali (questo punto interessa sicuramente all'onorevole Ciccioli, che si occupa di questa problematica); l'esecuzione degli inserimenti in comunità terapeutica disposti dall'autorità giudiziaria riguardanti minori sottoposti a provvedimento penale; l'attuazione di specifici programmi a carattere preventivo, come, per esempio, la riduzione del rischio di suicidi, e di programmi congiunti orientanti alla risocializzazione, anche con il coinvolgimento delle associazioni del terzo settore; l'attuazione di programmi di miglioramento continuo nella qualità dei processi di cura e di trattamento, con particolare riguardo a percorsi individualizzati socio-psico-terapeutico-riabilitativi dei minori sottoposti a provvedimento penale; l'attuazione di programmi di formazione indirizzati anche a personale non sanitario.
I documenti citati sottolineano, quindi, l'importanza di un monitoraggio costante delle azioni programmatiche e del funzionamento dei servizi sanitari predisposti in termini di efficienza ed efficacia, a fronte sia della complessità e criticità del processo di trasferimento delle risorse umane, sia della necessità di adeguamenti dei programmi regionali e aziendali per portare progressivamente a regime il sistema dei servizi.
Questo monitoraggio è attribuito agli Osservatori permanenti regionali sulla sanità penitenziaria per il territorio di competenza, mentre un ruolo di coordinamento nazionale viene assegnato al Tavolo di consultazione presso la Conferenza unificata per garantire uniformità d'attuazione nell'intero territorio nazionale.
Segnalo, quindi, che dal febbraio 2009 sono operativi in Conferenza unificata sia il Tavolo di consultazione permanente sull'attuazione del DPCM 1o aprile 2008, sia il Comitato paritetico per le problematiche degli ospedali psichiatrici giudiziari. Sia il tavolo che il comitato sono previsti dallo stesso DPCM e determinanti per un concreto indirizzo nazionale e un necessario monitoraggio sulle iniziative in atto.
Tale attività di coordinamento è stata utile e ha già determinato l'approvazione dei seguenti accordi in sede di Conferenza unificata: la convenzione per l'utilizzo dei locali sanitari in data 29 aprile 2009 e le prestazioni medico-legali alla polizia penitenziaria in data 29 ottobre 2009. Inoltre, sono stati approvati in Conferenza unificata il 26 novembre 2009 importanti documenti di indirizzo interistituzionale, prevalentemente concordati in appositi tavoli tecnici a latere dei citati tavoli istituzionali. In particolare, sono state approvate le linee di indirizzo su strutture sanitarie nell'ambito del sistema penitenziario, su dati sanitari, flussi informativi e cartella clinica informatizzata, nell'ambito dell'informatizzazione a livello nazionale, per l'assistenza ai minori sottoposti a provvedimento di autorità giudiziaria, su definizioni di specifiche aree di collaborazione, nonché indirizzi per interventi negli ospedali
psichiatrici giudiziari e nelle case di cura e custodia.
Inoltre, è stato attivato un nuovo gruppo di lavoro sulle problematiche dei detenuti tossicodipendenti insieme con il Dipartimento della Presidenza del Consiglio e a breve ne sarà attivato un altro sulla problematica dei suicidi in carcere.
È poi imminente una rilevazione complessiva su attività programmatica delle regioni, personale dedicato all'assistenza sanitaria nei singoli istituti e servizi e organizzazione sanitaria attuale.
Invece, in una seconda fase, la rilevazione riguarderà, insieme a quelli sull'organizzazione dei servizi, dati riferiti all'attività e alle prestazioni, onde consentire una valutazione della qualità organizzativa e una della qualità dei progetti assistenziali. In questa fase, dunque, la valutazione è ex ante, poi sarà invece, sostanzialmente, ex post.
Quanto alle iniziative di natura finanziaria, informo che sono state ripartite le somme del 2008 e del 2009; si tratta rispettivamente di 35 milioni di euro per il periodo ottobre-dicembre 2008, per il trasferimento alla competenza regionale della sanità penitenziaria a far data 1o ottobre 2008, e di 135 milioni per il 2009.
I suddetti riparti sono stati effettuati a favore delle regioni a statuto ordinario,
atteso che per le regioni a statuto speciale si necessita di attendere l'adozione dei regolamenti di attuazione. Questo è stato il motivo dei ritardi che si sono verificati e di alcune problematiche dovute proprio al fatto che nelle regioni a statuto speciale si necessita dell'adozione dei regolamenti di attuazione, il che ha ritardato, come è noto, tutto il processo.
Per precisione, comunico che per la ripartizione delle somme per il 2009 è intervenuta già l'approvazione da parte del pre-CIPE a dicembre 2009 e che siamo in attesa della deliberazione finale da parte del CIPE.
PRESIDENTE. Grazie, signor Ministro. Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.
LIVIA TURCO. Di quanti soldi ha parlato?
FERRUCCIO FAZIO, Ministro della salute. Di 35 milioni in riferimento alla quota parte per ottobre-dicembre 2008 e di 135 milioni per il 2009.
LIVIA TURCO. Ringrazio il Ministro per averci proposto in modo accurato un'informazione sullo stato di applicazione del DPCM del 2008 e delle relative linee guida. La ringrazio perché tale informazione è stata molto completa e mi ha anche un po' rincuorata.
Le linee guida di questo DPCM erano state realizzate da parte del Ministero della salute con molta fatica, perché, trattandosi di togliere competenze a un ministero forte come quello della giustizia - scusate se parlo con questa franchezza - ci fu un discreto braccio di ferro. Il timore era che tale trasferimento di competenze andasse poi a scapito della qualità delle prestazioni. Non possiamo dimenticare che abbiamo a che fare con soggetti che, sulla base del valore fondamentale della dignità delle persone, hanno bisogno di cure e di attenzione. Sarebbe gravissimo che una riforma varata per migliorare la qualità delle prestazioni andasse poi a scapito di esse. Ricordo che il DPCM e le linee guida, che prevedono un trasferimento al Servizio sanitario nazionale in modo compiuto della cura delle persone in carcere, sono state predisposti con un obiettivo molto preciso, che era quello di migliorare la qualità dell'assistenza e della cura e per
garantire ai soggetti interessati - mi fa piacere che il Ministro l'abbia ricordato - una presa in carico che ha come punto di riferimento la globalità della persona, l'unitarietà dell'intervento, le politiche di prevenzione e, quindi, il concetto di salute e di cura che deve essere riservato a tutti i cittadini.
Poiché l'intento era questo e non un gioco delle parti, meno che mai un gioco di potere tra amministrazioni, sarebbe stato e sarebbe paradossale se, invece, tali cure si fossero addirittura ridotte.
Questo timore era motivato sia dai ritardi che ci sono stati nel trasferimento delle risorse - ora il Ministro ha fatto chiarezza in proposito - sia anche dal fatto che la competenza della sanità è regionale e, ancora una volta, vorremmo che fosse evitata la disparità di interventi che purtroppo vediamo in molti ambiti.
Avevo dunque una duplice preoccupazione: capire come era proceduto il trasferimento e verificare un'assunzione di responsabilità uniforme da parte delle regioni.
Il Ministro ci ha comunicato, e lo apprezzo dal punto di vista personale, che intanto il trasferimento di risorse c'è stato, che le risorse che erano state stanziate non sono state decurtate, il che mi sembra già importante, e poi che sono in atto tavoli tecnici e un lavoro congiunto con le regioni.
Faccio una prima raccomandazione, ritenendomi soddisfatta delle informazioni ricevute. Sappiamo bene qual è lo stato delle carceri, legato a problemi strutturali e non certo a quelli del sistema sanitario; tuttavia, la situazione delle carceri ha un impatto forte sulla salute e, quindi, la raccomandazione che rivolgo al Ministro e al Governo è quella di assumere il tema della salute all'interno delle carceri come un grande problema di sanità pubblica e, quindi, come una grande priorità. Non è
una di quelle priorità che creano molto consenso nel Paese in questi tempi, però credo che sia compito della buona politica assumersi le cause giuste, anche quando non sono quelle più prettamente popolari.
Sarebbe veramente drammatico se nel nostro Paese passasse l'idea che in carcere si muore, che ci sono suicidi. Si sono verificati episodi allarmanti e per questo penso che il Governo e il Parlamento debbano assumere questo tema come una grande questione di sanità pubblica, che appartiene all'indivisibilità del diritto alla salute e del valore della dignità della persona.
Una seconda raccomandazione è che ci sia davvero il concorso e la piena assunzione di responsabilità da parte di tutte le regioni e che i tavoli tecnici interistituzionali, tanto più se sono articolati per aree di lavoro - mi sembra che sia un metodo produttivo - possano portare a un'adeguata attenzione e a un'uniformità di prestazioni davvero su tutto il territorio nazionale.
Infine, la terza raccomandazione è quella di porre attenzione ai temi che sono stati qui ricordati e che ho visto fare già parte di tavoli di lavoro. Mi riferisco agli ospedali psichiatrici giudiziari. Peraltro, tale questione faceva parte dell'atto di indirizzo e delle linee guida sulla promozione della salute, sull'assunzione e sulle attività di cura. Auspico che questo processo vada avanti, certamente con tutte le cautele, perché sappiamo benissimo che stiamo parlando di persone portatrici di problematiche molto difficili. Ci sono, però, esperienze in Italia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari che dimostrano quanto questa sia una strada non soltanto praticabile, ma anche che offre maggiori chance di cura, nonché di risparmio di risorse. La via della presa in carico da parte del territorio, della comunità, dei servizi si dimostra sempre, anche nelle situazioni più problematiche, quella
più adeguata, per quanto riguarda sia la cura delle persone, sia la tutela della sicurezza, sia anche i costi.
L'altro aspetto davvero problematico della salute nelle carceri è quello relativo alla tossicodipendenza. Se c'è un sovraffollamento nelle carceri e queste sono diventate anche il luogo del contenimento del disagio sociale è perché spesso si preferisce lo strumento penale all'intervento sociale. Ciò crea, però, grandissimi danni.
Non voglio sollevare un tema che non è di competenza di questa audizione, anche se lo è di questa Commissione, ossia la legislazione in materia di prevenzione e di cura delle persone tossicodipendenti. Credo che forse la Commissione dovrà riaprire tale tema, non tanto in termini di uno scontro, che ha riguardato il passato, però sicuramente il numero di persone e soprattutto di giovani tossicodipendenti nelle carceri ci deve fare riflettere.
Ben venga, dunque, questo tavolo interistituzionale, ma credo che ci sia qualcosa di più da fare, che ci riguarda e riguarda, per esempio, l'applicazione di una legge che personalmente ho avversato. Mi riferisco alla legge Fini-Giovanardi, un punto della quale non vedo applicato, cioè l'affidamento ai servizi sociali e alle comunità delle persone che hanno un determinato livello di pena e hanno, quindi, diritto a essere coinvolti nelle comunità. Mi pare che questo sia un articolo molto disatteso e credo che sarebbe interessante capirne le ragioni. Non voglio, però, esulare dal tema delle audizioni, se non per raccomandare molta attenzione a queste due aree in particolare, quella dei malati psichiatrici e quella delle persone tossicodipendenti.
Ringrazio il Ministro e gli auguro buon lavoro.
LUCIO BARANI. Anche a nome del gruppo del Popolo della Libertà vorremmo ringraziare il Ministro Fazio per questa comunicazione esaustiva su un problema che è sentito a tal punto che un paio d'anni fa c'è stato bisogno di un DPCM per applicare alcune linee-guida su un modo diverso di vedere gestita la salute, sia fisica, sia psichica. Credo che sugli OPG e sulla questione psichica il collega Ciccioli sappia più di me, come lo stesso Ministro ha voluto giustamente sottolineare nella sua relazione. Ovviamente, ne parlerà lui.
A differenza della collega Turco, abbiamo fiducia sia nel Ministro della salute, sia in quello della giustizia. Non avevamo dubbi che il Ministro Alfano e il Ministro Fazio applicassero il DPCM e l'hanno fatto in maniera puntuale, seria, con il dodecalogo che il Ministro ci ha testé elencato.
Noi riteniamo di essere strasoddisfatti, però abbiamo un dubbio, che riguarda le regioni. È sotto gli occhi di tutti, infatti, che la sanità non è gestita nello stesso modo in alcune regioni rispetto ad altre. Pertanto, abbiamo la certezza che anche la sanità demandata al Sistema sanitario nazionale d'intesa con la sanità penitenziaria in alcune carceri e in alcune regioni sia gestita bene, in altre malissimo. Accetto il suggerimento dell'onorevole Turco: in Toscana viene gestita malissimo, come pure in Emilia-Romagna.
Chi delinque adesso sostiene che in Lombardia e in Veneto da un punto di vista sanitario sta bene, mentre in altre regioni sta male. Mi sembra che questa sia la dimostrazione del fallimento di chi ha modificato il Titolo V della Costituzione. È il peccato originale che ritorna.
A me ha fatto piacere sentire la fine del discorso dell'onorevole Turco, quando ha invitato a valutare l'applicazione nelle diverse regioni. Sapevamo che saremmo arrivati a questo e non poteva essere altrimenti: abbiamo venti regioni con venti leggi diverse dal punto di vista sanitario. È un caos e ce ne rendiamo conto adesso più che mai.
Riteniamo che i soldi che sono stati stanziati vadano monitorati. Sono convinto che le regioni li spenderanno assumendo, con sistemi clientelistici, personale amministrativo, che sta superando quello sanitario. Ormai questo fenomeno è certo. I soldi che inviamo sono, quindi, a fondo perduto.
Nell'audizione che abbiamo già avuto con i sanitari della penitenziaria - nella Commissione d'inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali - abbiamo avuto dimostrazione del fatto che non in tutte le carceri si applica la prevenzione, sia collettiva, sia individuale, nel modo in cui si dovrebbe, come ci ha riferito il Ministro. Ne abbiamo avuto già ampia dimostrazione.
Per questo - e ringrazio, a nome del gruppo del Popolo della Libertà, il Ministro per il suo operato - portiamo alla sua attenzione i dati, che sono veri e indicano che esiste un terzo di carcerati, di persone che non hanno più la libertà in attesa di giudizio, che sono i più critici, e che le statistiche affermano che un terzo di questi è dichiarato innocente. Dentro questo 30 per cento, vi è dunque un terzo di innocenti, il che è ancora più grave. Ci sono persone innocenti che si trovano in ristrettezza personale. A che cosa può portare tutto questo? Può portare veramente ad ammalarsi.
Di qui il senso della prevenzione. Ci sono innocenti in carcere, con tutte le conseguenze che ciò comporta, non solo sulla salute fisica, ma anche - come spiegherà dopo il collega Ciccioli - sull'integrità della salute mentale. Effettivamente, ci si ammala.
Termino ringraziando il Ministro, perché noi siamo convinti che anche in questo campo il Governo del fare stia cercando di applicare tutte le risorse a disposizione.
LIVIA TURCO. Siamo in campagna elettorale!
LUCIO BARANI. Lo siamo sempre, onorevole Turco, ma dimostriamo sempre ampiamente che le situazioni non si lasciano solo in teoria, ma che dobbiamo riparare anche ai danni causati dai Governi precedenti. Cito per tutti il Governo Prodi, ma potrei risalire anche al Governo Amato, che conosco meglio di voi e che ha causato forse più danni che l'ultimo conflitto bellico.
LUCIANA PEDOTO. Anch'io ringrazio il Ministro per la sua relazione molto puntuale, nella quale, secondo me, traspariva la volontà di recuperare i ritardi che si sono accumulati. Nel passaggio dal vecchio al nuovo, effettivamente, i mesi che sono passati, i due anni che sono trascorsi sicuramente non hanno fatto altro che
aggravare le difficoltà che, nel caso delle regioni a statuto ordinario, sono quelle di sovraffollamento, tanto che il Governo è stato costretto a varare il DPCM per lo stato di emergenza, e che arrecano tutti i pregiudizi alla salute delle persone, nonché i ritardi dei trasferimenti, che nelle regioni a statuto speciale creano anche difficoltà connesse alla programmazione.
Mi sembra che ci sia, dunque, molta volontà da parte del Ministro a recuperare tali ritardi. Mi associo a tutte le considerazioni del mio capogruppo Turco. L'unica sottolineatura che mi sento di svolgere è la seguente: sicuramente la responsabilità dei ritardi è stata determinata da difficoltà o disattenzioni da parte sia del Governo, sia delle regioni, o comunque nei passaggi potrebbe anche essere fisiologico che ci siano tempi che rendono più lunga o difficoltosa l'attuazione di quanto si potesse immaginare.
Temo, però, che in questa fase alcune regioni - immagino quelle che vanno al voto -abbiano un po' meno attenzione nelle priorità delle iniziative da realizzare. È una sensazione. Se così fosse, potrebbe essere sicuramente un'idea insistere, da una parte, senz'altro nelle regioni a statuto speciale e in quelle in cui non si vota, dall'altra, visto che la volontà del Ministro nel recuperare i ritardi effettivamente esiste, attivarsi presso il CIPE, sia per il riparto effettivo delle risorse delle 2009, sia per quello dell'anno 2010.
CARLO CICCIOLI. Anch'io ringrazio il Ministro, che ha fatto una fotografia correttissima dello stato dell'arte, delle procedure e degli incontri in atto e programmati per arrivare a una corretta gestione del passaggio.
Mi sento di affermare, però, che ci troviamo di fronte a un problema che ha un punto di partenza: la legge Bindi, che all'epoca trasferiva alle regioni, alle aziende sanitarie, la gestione della sanità all'interno degli stabilimenti carcerari di pena. Si tratta di un provvedimento sul quale in passato il sottoscritto ha nutrito forti dubbi, perché bisogna comprendere che cosa significa curare in condizioni in cui la custodia è il problema principale.
Per capire e toccare con mano, ho partecipato quest'anno al congresso dei medici di medicina penitenziaria, che afferivano ed erano pagati dal Ministero della giustizia.
Il problema numero uno è la custodia. Ovviamente, all'interno di questa deve essere assicurata la salute della persona, come sostengono la Costituzione, la cultura e i nostri convincimenti. Tuttavia, curare in condizioni di restrizione della libertà e dell'agire della persona diventa complicato. Uno dei problemi che le vecchie procedure di cura accusavano era il seguente: la persona che denunciava una patologia doveva attendere per alcuni tempi, che non erano guidati dalle necessità, ma dalla burocrazia carceraria, ragion per cui già la semplice richiesta del medico all'interno del carcere doveva passare attraverso il personale di custodia, quindi ai superiori, attraverso una filiera che molto spesso ha comportato vicende, anche gravi e di natura dolosa, in cui la persona, quando era raggiunta dall'intervento sanitario, era addirittura in condizioni molto gravi o deceduta.
Evidentemente, questa situazione non era più accettabile e bisognava andare verso una svolta. Il passaggio alle regioni e alle aziende, però, ha comportato l'assoluta impreparazione da parte del personale relativo e la mancanza totale di mentalità custodialistica (voglio usare questo termine). Mentre per gli ospedali psichiatrici la custodia era un problema da superare, in questo caso non è da superare, ma da mantenere. Ciò complica moltissimo la situazione e implica la necessità di avere personale specializzato a gestire tali situazioni.
All'interno degli stabilimenti di pena quello della manipolazione è un meccanismo normale: cercare di utilizzare a proprio vantaggio la malattia - è il cosiddetto vantaggio secondario della malattia; chi sta male è guardato, coccolato e gode di diritti in più rispetto a chi non sta male - comporta alterazioni delle vicende difficilissime da gestire.
Se adesso si vuole mantenere questa scelta, che secondo me era da valutare e che non condivido appieno, nel momento in cui la legge è stata emanata, le regioni devono creare personale proprio che operi all'interno degli stabilimenti carcerari. Non è pensabile che il personale che presta servizio in una qualsiasi delle discipline mediche si rechi estemporaneamente all'interno di uno stabilimento carcerario a seguire i pazienti, in quanto ciò determina imprevisti, problemi, incidenti - li chiamo così, ma in realtà sono complicazioni - che vengono denunciati, da una parte, da coloro che hanno la responsabilità del carcere stesso, che accusano ovviamente alcuni problemi, dall'altra dal personale medico, che spesso si trova in difficoltà.
Bisogna procedere a una revisione della legislazione in materia. Innanzitutto, abbiamo una carenza, da troppi anni c'è un tassello mancante: esistono l'ospedale psichiatrico giudiziario ed eventualmente altri provvedimenti di sicurezza, mentre la legislazione prevede da sempre la casa di cura e custodia, che sarebbe una fase attenuata di cura e custodia e che manca assolutamente.
Ovviamente, non esercito più la professione, ma per tanto tempo ho collaborato con magistrati come CTU o consulente di parte. Il magistrato stesso comunica di voler evitare l'ospedale psichiatrico giudiziario, ma aggiunge anche che la situazione complessiva pone responsabilità e impone cura e custodia. A quel punto, si informa sull'esistenza di tali strutture intermedie. La risposta è che non sono mai esistite. Ve ne è stata una sola, creata - in questo caso mi sento di parlar bene - dalla regione Emilia-Romagna, dal SerT di Rimini, che gestiva, solo per i tossicodipendenti condannati a pene detentive, una struttura di cinquanta posti in convenzione con il Ministero della giustizia. Non c'è nient'altro, mentre tutti sanno che un terzo delle persone detenute hanno problemi di tossicodipendenza o gravi disturbi di personalità. Quando sono gravissimi, sono all'ospedale psichiatrico giudiziario.
Anche in questo caso, abbiamo condizioni estremamente diverse. Gli ospedali psichiatrici giudiziari in Italia sono quattro. Uno si trova a Mantova, per l'esattezza a Castiglione delle Stiviere. Nel tempo è diventato una struttura aperta, sperimentale e molto avanzata. Esiste solo un'area chiusa, la quale è comunque gestita in maniera molto avanzata ed è in un'ottima situazione. Questo vale per il nord.
Per l'Italia centrale il centro è a Volterra, per l'esattezza a Montelupo Fiorentino, ed è stato diviso in due sezioni, una parte completamente chiusa e una sperimentale, dove ci sono diversi programmi di riabilitazione. Siamo in una situazione già intermedia.
Poi ci sono al sud due ospedali psichiatrici giudiziari, uno ad Aversa, in Campania, e uno a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. Sono strutture terribili, in quanto vi sono prevalentemente ospitate persone associate alla criminalità organizzata. Mentre nel nord ci sono persone che hanno tagliato a pezzi qualcuno, che hanno commesso otto omicidi e via elencando, ma che non hanno l'organizzazione dietro, ad Aversa ci sono invece molti camorristi, che, attraverso manipolazioni o effettivamente, hanno patologie gravi e vi sono ricoverati. Lo stesso vale per Barcellona Pozzo di Gotto, con altre filiere di criminalità organizzata, in genere 'ndrangheta e mafia.
Non c'è stata alcuna sperimentazione perché la forza esterna è talmente potente che è bene che ci sia una custodia più rigida; è difficile articolare programmi sperimentali e comunque ci sono situazioni che bisognerebbe superare attraverso provvedimenti che non sono previsti dalla legge Bindi del 2008.
È, quindi, un terreno veramente difficile, minato e complesso, che, secondo me, bisogna affrontare. Occorre, però, tenere presente che il problema è curare persone in restrizione della libertà e dell'agire, in condizioni in cui la manipolazione e il vantaggio secondario della patologia è strumentalizzato ai fini di provvedimenti
di libertà o di attenuazione delle pene e, quindi, complicatissimo da questo punto di vista.
Viceversa, il problema nelle strutture ordinarie delle carceri è il discorso dei suicidi. Molto spesso, questi avvengono nel primo periodo di detenzione. Bisogna avviare progetti specifici per l'accoglienza. In alcuni stabilimenti carcerari ciò è avvenuto, però il controllo dell'inserimento del detenuto nel carcere è un progetto che, secondo me, va portato avanti e che è più finalizzato dal Ministero della giustizia che da quello della salute. Anche se il suicidio è una condotta patologica, riguarda più l'altro aspetto, quello dell'accoglienza e integrazione nello stabilimento carcerario.
ANTONIO PALAGIANO. Sarò breve, in quanto non voglio generare polemiche sul precedente operato dei Governi Prodi e Amato. È stata citata anche la Bindi. Credo che sicuramente l'idea di trasferire alle regioni il problema della sanità in carcere possa essere una soluzione, che secondo me va presa, perché finora non ha funzionato niente.
Ho partecipato il 15 agosto a «Ferragosto in carcere», insieme a diversi deputati in tutta Italia, dai radicali al PdL, e ho avuto modo, da medico, di vedere effettivamente i problemi che esistono in carcere. Innanzitutto - non scopriamo niente di nuovo - vi è il sovraffollamento; poi, ascoltando le sue parole, il Ministro Fazio ha parlato di garanzia della continuità terapeutica fin dall'ingresso in carcere, il che purtroppo per i malati di AIDS non esiste. Mi auguro che il nuovo sistema che la Presidenza del Consiglio ha introdotto possa far fronte a tali gravi carenze.
I malati di AIDS che arrivano in carcere devono interrompere per diversi giorni la terapia, perché l'ASL non ne sa ancora niente; viceversa, vengono somministrate alcune fiale, per esempio di antiretrovirali, a detenuti che sono già stati rilasciati e quindi si riesce a far fronte, a volte spezzando le dosi. Quello della continuità è uno dei problemi che, da medico, ho riscontrato e saluto ben volentieri l'idea del Ministro Fazio e il suo programma, perché penso che debba essere garantita.
Ho ravvisato poi la commistione di malattie (tubercolosi, AIDS, malattie psichiche) in detenuti che fanno parte di una stessa cella, delle dimensioni che tutti conosciamo.
Ritengo che cambiare pagina, cercare un nuovo sistema, demandare alle regioni - erogando ovviamente dei fondi - possa essere una soluzione.
Ovviamente nutro le stesse perplessità espresse dall'onorevole Barani. La sanità in Italia viene attuata con un sistema a macchia di leopardo: i posti letto differiscono molto fra nord e sud e molto spesso nel sud - ahimé, da uomo del sud, devo ammetterlo - non solo costano di più, ma l'assistenza è anche più scarsa. Il fenomeno migratorio che osserviamo dalle regioni in cui la sanità non ha la massima espressione verso i centri di eccellenza non potrà essere effettuato dai detenuti, che, quindi, dovranno necessariamente ricevere le cure di una determinata ASL di una determinata regione.
Il problema del controllo si impone, quindi, come per tutta la sanità e non basterà legiferare. Pertanto, saluto con interesse gli Osservatori permanenti regionali per la sanità penitenziaria che sono stati previsti, ma credo che ci debba essere comunque un faro e un'unità di controllo affinché i soldi che sono stati stanziati per offrire condizioni più umane e decenti ai detenuti vengano ben spesi in tutto il territorio nazionale.
PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per aver partecipato all'audizione. Anch'io mi complimento per i dati che ci ha fornito, nella speranza che nelle regioni tutti questi fondi vengano previsti.
Anch'io ho visitato spesso le carceri e in questa Commissione ci siamo occupati della questione in un'indagine conoscitiva nella XIV legislatura, insieme alla II Commissione.
I problemi non riguardano solo la sanità, ma in generale il sistema carcerario.
Il sistema carcerario, con tutti i suoi difetti (sovraffollamento, igiene e via elencando), si ripercuote, come il cane che si morde la coda, anche su quello sanitario. Spesso, dunque, molti problemi che potrebbero essere risolti non lo sono o sono risolti con difficoltà. Indubbiamente, bisogna migliorare l'intero sistema carcerario e, conseguentemente, potrà essere migliorato il sistema della sanità penitenziaria o dell'assistenza sanitaria nelle carceri.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15,15.